Branca, 2012, Across the Broad Atlantic

October 16, 2017 | Author: Domenico Branca | Category: Halloween, Republic Of Ireland, Globalization
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Halloween in Sardegna e Irlanda

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Archivio di Etnografia • n.s., a. VII, n. 1 • 2012 • 00-00

Derry, Irlanda (del Nord). Cominciò il 28 ottobre. Immaginatevi di essere atterrato col vostro zaino in un posto tutt’altro che familiare, solo. Immaginatevi di avere limiti con la lingua e di capire il 10% di quello che vi dicono. Immaginatevi di vagare per le strade della città murata, Derry, senza ben sapere cosa fare, cosa cercare, ma con l’intenzione di volerlo trovare, poiché il tempo è prezioso. Allora ci si lascia trasportare dal flusso degli eventi, dalla quotidianità di una cittadina del Nord, e piano piano anche i suoni diventano parole, le strade conosciute, le facce viste. I negozi vendono maschere, costumi, accessori per Halloween; i supermercati espongono nelle vetrine zucche, streghe e pipistrelli; i pub con le insegne arancioni e nere sono popolati dagli scheletri che ammiccano. Come recita il ritornello di una canzone dance di dubbio gusto: «This is Halloween», questo è Halloween. Il commercio, il consumo anche qui non sono diversi. Ad un primo sguardo, Halloween a Derry è solo questo. Ma parlando coi ragazzi, nei pub, scopro qualcosa di più. Lo dicono anche loro che Halloween è un fenomeno molto consumista e commerciale; ma questo è il contorno di quello che è veramente importante: la festa, la sfilata, la parata, il mascherarsi, l’ubriacarsi, senza controllo, ma in maniera accettata. Allora aspetto la parata per capire e nel frattempo intervisto, chiacchierando, la gente, molto disponibile. «Trick or treat?». No, noi dicevamo «anything for Halloween»; «trick or treat» non è irlandese ma americano, mi rispondono due anziani che guardano con faccia disgustata un concerto pop, uno dei tanti eventi per il Carnival di Halloween organizzato dal Derry City Council. «Hai già ascoltato musica irlandese nei pub? Vai vai, altro che questa roba», mi dice uno dei due. La gente continua a comprare, e si cominciano a vedere i primi superman e zombies che gironzolano per le strade o si riparano dalla pioggia nei pub. Una signora mi informa: «Quando ero piccola chiedevamo “any nuts for Halloween” (qualche noce per Halloween), o “anything for Halloween” (qualcosa per Halloween). Ci mascheravamo, ma più spesso ci pitturavamo la faccia, e andavamo in giro per le case. Ci davano noci, mele, e quando eravamo fortunati un penny e qualche dolce. Ma tu aspetta la sfilata e la notte».

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Domenico Branca

■ Across the Broad Atlantic. Halloween in Sardegna e Irlanda

Quando parlo coi ragazzi la parola che più ricorre per descrivere la parata è crazy, qualcosa di folle. Patrick O’Donnel, 70 anni, di Derry, mi scrive sul taccuino la canzone che cantava da bambino quando andava a festeggiare Halloween con gli amici:

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Halloween is coming and the geese are getting fat. Please put a penny in the old man’s hat. If you haven’t got a penny a ha’ penny will do if you haven’t got a ha’ penny GOD BLESS YOU.

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Dopo tre giorni di manifestazioni per turisti e “indigeni” (tra le altre, lettura di fiabe di terrore, anche in gaelico, tours guidati per la città, di notte, eventi sportivi) ecco la sfilata. Non avevo idea materiale di cosa potesse essere. Pensavo a una invasione di fantasmi, vampiri e morti-viventi: certo, c’erano anche loro. Ma c’erano soprattutto Gheddafi e Bin Laden, infermiere sexy e Babbo Natale, Stalin e un cavallo vestito da imprenditore, soldati e Batman. E ancora “carri”, congegni costruiti e mossi dai partecipanti stessi, assurdi, ingegnosi. Un ragno gigante che camminava, un motociclista stile Easy Rider, zucche giganti, per citarne soltanto alcuni. Poi i fuochi d’artificio sul fiume Foyle. L’atmosfera era inebriante, nonostante una ragazza mi dicesse che quell’anno la manifestazione era sottotono per via dei problemi economici della regione. Finiscono i fuochi e l’enorme marea si dirige compatta verso i pub o il palco dove suona una “famosa” band irlandese. Migliaia e migliaia di maschere si rintanano nei pub. La mia maschera favorita era un bagnante: un ragazzo che, con 6° C circa di temperatura, indossava solo il costume da bagno. Nei pub musica irlandese e pinte di birra: è il carnevale di Halloween, decisamente distante dalla considerazione che noi italiani abbiamo della festa. Qualche giorno prima, un uomo sui quarant’anni a cui avevo chiesto indicazioni mi rispose: «quando ero piccolo io non si faceva questo festival. Andavamo solo in giro, la notte, mascherati a chiedere “anything for Halloween”, a casa ci divertivamo coi giochi tradizionali, come prendere con la bocca una mela che galleggia in una tinozza, e mia madre faceva sempre la torta di mele. Io non sono contro il cambiamento, ma voglio che anche le nostre feste e tradizioni non vengano perse. Io voglio che le mie figlie vadano a chiedere “qualcosa per Halloween”, è la nostra tradizione». In Irlanda o in Sardegna è sempre Halloween che muta. O che è mutata. Il presente articolo è il risultato di una ricerca sul campo multi-situata su Halloween condotta in Irlanda, nella città di Derry, e in Sardegna, nella fattispecie in cinque paesi della Gallura1.

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Tempio Pausania, Olbia, Telti, Santa Teresa e la frazione di San Pasquale.

L’interesse nasce dalla volontà di valutare la reale penetrazione di Halloween in Sardegna e il suo rapporto con le questue infantili tradizionali2, alla luce del recente dibattito3 volto a indagare in che misura la festa di Halloween sia “diventata italiana”, abbia cioè sostituito le tradizioni preesistenti. Anche in Sardegna questo dibattito risulta quanto mai aperto: si accusa Halloween di essere una festa consumista, una festa della globalizzazione e dell’imperialismo culturale americano, complice di quella “metodologia dell’uniformità” che starebbe annullando le differenze e le peculiarità a favore di una omogeneità di matrice specificamente americana. Il disegno della ricerca, dunque, è stato costruito cercando di privilegiare le modalità con cui Halloween è entrata in rapporto con le questue tradizionali e il grado di accettazione da parte degli attori sociali che la animano (i bambini). Dalle prime interviste è subito emerso un dato: Halloween non sta sostituendo le questue tradizionali, ma le due celebrazioni si stanno ibridando. In questa direzione è emersa la necessità di «allargare il campo» (Falzon 2001). Infatti, se in Sardegna si sta definendo questo fenomeno ibrido, anche in Irlanda – luogo da cui Halloween è emigrata alla volta degli Stati Uniti4 – la festa non può essere rimasta esente da trasformazioni, non può cioè non aver subito una modificazione peculiare, diversa rispetto a quella della Sardegna, ma pur sempre una modificazione. È a partire da queste considerazioni contestuali che l’apparato teorico ha preso corpo, ragionando, cioè, sull’opposizione manichea riguardo la positività o la negatività con cui partigiani e detrattori guardano al concetto di “globalizzazione”, nella fattispecie quella culturale, ovvero, secondo una interpretazione sicuramente superficiale, quel processo tendente all’omologazione delle differenze in un’unità imposta tanto politicamente quanto economicamente dagli Stati del Primo mondo. In realtà, questa “uniformazione” non risulta creare un mondo unico, in cui le differenze culturali, le peculiarità locali e le specificità scompaiono, fagocitate all’interno di un macro-organismo uniformante5. Come è stato sostenuto da vari autori6, il modello centro vs periferia non appare più adeguato alla descrizione e alla comprensione di un mondo diasporico (Clifford 2008), sempre più interconnesso, tramato da disgiunture che attraversano quelli che l’antropologo indiano 2 Per uno sguardo generale sulle questue infantili cfr. Clemente 1982: 101-105; Lévi-Strauus 2004; Buttitta 2006. 3 In merito al dibattito sulla festa di Halloween in Italia cfr. Lombardi Satriani 1999: 9; Mugnaini 2001: 216-227; Baldini, Bellosi 2006; Niola 2007: 37; Niola, 2009: 39; Lombardi Satriani 2009: 2-5. 4 Per una ricognizione storica sulla festa di Halloween, la sua nascita, l’emigrazione e il ritorno in Europa cfr. McGregor 1901; McCulloch 1911; R. Linton, A. Linton 1950; Johnson 1968: 133-142; Santino 1983: 1-22; Santino 1994; Santino 1995; Rogers 1996: 461-477; Santino 1998; Rogers 2002; Markale 2005; Bonato 2006; Tiberini 2008. Per gli aspetti riguardanti Halloween e il consumismo cfr. Belk 1990: 508-517. Per Halloween in rapporto al Día de los Muertos cfr. Brandes 1998: 359-380. 5 La letteratura su questo argomento è vasta; a titolo esemplificativo cfr. Sahlins 1999: i-xxiii; Bauman 2001; Hannerz 2001; Friedman 2002: 13-32; Amselle 2007: 79-94. 6 Cfr. tra gli altri Appadurai 2001.

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Arjun Appadurai ha definito landscapes (Appadurai 2001). In questo panorama globale la differenziazione è più forte dell’uniformazione. I messaggi culturali, infatti, non vengono passivamente accettati dagli individui, dalle comunità, dai gruppi, ma – come per le pratiche di consumo studiate da de Certeau (2010) – vengono selezionati in base alle proprie esigenze, vengono scelti i caratteri più utili ai propri scopi, o non vengono accettati per niente, come nel caso del McDonald’s in Bolivia dove, dopo quattordici anni e con i conti in rosso, la multinazionale americana ha chiuso i battenti perché i boliviani non hanno ritenuto utile accettare quel particolare stile di alimentazione culturale. Da quando in antropologia è mutato il paradigma “conservativo”, quello delle despondency theories7, si è cominciato a valutare realmente gli effetti della globalizzazione sulle culture altre. Concetti quali “indigenizzazione”, “creolizzazione”, “ibridazione”8 restituiscono le dinamiche di appropriazione di fenomeni e/o oggetti originariamente altri, ma divenuti infine autoctoni9. Allo stesso modo, anche in Sardegna e a Derry il “pacchetto Halloween” non è stato passivamente accettato, né interamente, né ugualmente, ma è stato sottoposto a tagli, aggiustamenti, giustapposizioni, modifiche in maniera dinamica e creativa, producendo qualcosa che è uguale solo a livello formale, ma distantissimo in quello sostanziale.

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Halloween in Sardegna Gli attori sociali che animano le questue di li molt’e molti in Gallura sono i bambini con un’età compresa tra i 5-6 anni e gli 11-12 anni circa, la stessa età dei bambini che questuano per Halloween. Essendo interessato a capire quanto Halloween stesse sostituendo – o meno – la questua infantile tradizionale, ho avuto la necessità di parlare con coloro che la animano. Per questa ragione ho contattato diversi dirigenti scolastici delle scuole primarie, i quali mi hanno dato la disponibilità a intervistare i bambini. L’iter burocratico è stato, in ogni caso, lungo, dal momento che è stato necessario far comprendere chi fossi e cosa volessi. Superata la prima fase burocratica, è cominciata quella della ricerca vera e propria. Ho quindi preso appuntamento con le insegnanti e mi sono recato nelle scuole. Le interviste coi bambini – sempre in presenza dell’insegnante – sono state portate avanti a mo’ di chiacchierata, domandando e allo stesso tempo rispondendo io stesso alle curiosità dei bambini. Mi sono concentrato, in primo luogo, sulla reale penetrazione di Halloween, sulla continuità o meno della questua tradizionale, e sulla convivenza delle due celebrazioni. In sèguito sono entrato più nello specifico cercando di comprendere le modalità con cui vengono celebrate le due feste at-

Cfr. Sahlins 2000: 44-61; Favole 2010. Per “creolizzazione”, cfr. Hannerz 1987: 546-559; Friedman 1990: 311-328. Per “ibridazione”, cfr. García Canclini 1989. 9 Howes 1996; Amselle 2001; Appadurai 2001; Lai 2006. 7 8

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tualmente e sulla preferenza da parte degli attori sociali in merito a una delle due celebrazioni. Dalla ricerca sul campo condotta nella primavera del 2011, in diverse scuole primarie della zona, sono emersi una serie di aspetti interessanti in merito alla penetrazione che la festa di Halloween ha avuto nella regione e, soprattutto, alla sua “manipolazione” da parte degli attori sociali. Anzitutto è da sottolineare un fattore essenziale: fondamentalmente gli attori sociali celebrano entrambe le feste. La prima domanda in aula, infatti, si è focalizzata sulla conoscenza del numero totale dei bambini che, l’autunno precedente, hanno festeggiato solo Halloween, coloro i quali hanno festeggiato solo la questua tradizionale (morti-morti) e, infine, quelli che hanno festeggiato entrambe le feste. Tabella 1. Percentuali della celebrazione delle feste nei comuni interessati dalla ricerca.

Tempio Pausania

Solo Halloween

Solo morti-morti

Entrambe le feste

Totale intervistati

5 (8,4%)

33 (54,4%)

22 (37,2%)

61 (100%)

Santa Teresa

10 (45,5%)

2 (9%)

10 (45,5%)

22 (100%)

San Pasquale

1 (5,5%)

9 (50%)

8 (44,5%)

18 (100%)

Olbia

12 (12,2%)

54 (55,1%)

32 (32,7%)

98 (100%)

Telti

- (0%)

10 (90,9%)

1 (9,1%)

11 (100%)

28 (13,4%)

108 (51,7%)

73 (34,9%)

209 (100%)

Totale

Fonte: Elaborazione su dati raccolti sul campo.

Ciò che emerge da questi dati, complessivamente, è la netta predominanza sul totale (209) della questua di morti-morti (108, il 51,7%), seguita dalla celebrazione di entrambe le feste (73, il 34,9%), mentre risulta essere di molto inferiore il numero di bambini che festeggiano solo Halloween (28, il 13,4%). Come si evince dalla tab. 1, i dati confrontati mostrano, indipendentemente dal contesto, uno scarto significativo tra chi festeggia solo Halloween e chi solo i morti-morti. La situazione si presenta simile (ad eccezione di Santa Teresa) in tutti i luoghi considerati, a significare che nella zona permane tuttora, in maniera abbastanza forte, l’uso di festeggiare la questua tradizionale, mentre l’esclusivo festeggiamento di Halloween appare un fenomeno ancora marginale. L’aspetto antropologicamente più interessante è comunque il festeggiamento da parte dei bambini di entrambe le feste, ma soprattutto la supremazia numerica dei morti-morti non deve indurre a credere che in Gallura Halloween non sia penetrata. Se si leggono i dati aggregati, relativamente ad Halloween e ad entrambe le feste, si noterà che il totale (101) risulta essere poco più che la metà di coloro i quali festeggiano (sola o unita ad Halloween) la questua tradizionale (181). Halloween è penetrata in Gallura, ma non è stata accettata passivamente. Sono in gioco fenomeni più complessi, di selezione dei caratteri che paiono più utili, all’interno di quella dinamica che, come afferma Lombardi Satriani, proprio a proposito di Halloween, vede nella trasmis-

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sione di una festa un arricchimento per la società ricevente (Lombardi Satriani 1999). È sulla celebrazione di entrambe le feste che è necessario concentrarsi. Fino a quindici anni fa Halloween era appannaggio di pochi “pionieri”, più sensibili al fascino d’oltreoceano e meno attaccati alle tradizioni del posto. È possibile che i primi a festeggiare Halloween, e a conoscerla, siano stati i bambini dei ceti medioalti, che disponevano di parabole satellitari per il televisore o delle prime connessioni a internet. I morti-morti, comunque, erano per i bambini uno degli appuntamenti più importanti del ciclo dell’anno. I morti-morti sono una questua infantile del periodo autunnale, condotta, limitatamente alla Gallura, il 2 novembre, il giorno della ricorrenza dei defunti. Gli attori sociali che partecipano alla questua sono i bambini, la cui età oscilla, come detto, tra i 5-6 anni e gli 11-12 anni. Con variazioni minime relative ai diversi contesti, è possibile affermare che esiste un’unità sostanziale tra luogo e luogo riguardo le modalità di attuazione; gli attori sociali escono, preferibilmente, la mattina del 2 novembre, solitamente in gruppi più o meno numerosi, tra i due e i dieci individui circa, o – più raramente – anche da soli. I bambini questuano di casa in casa con una busta in mano e, suonato il campanello, recitano la formula «ce li déti li molt’e mmolti». La prassi tradizionale viene tuttora rispettata, per cui – in quasi tutte le case – si preparano gli oggetti da distribuire ai bambini. Dolci, sia fatti in casa che comprati, noci, arachidi, nocciole, castagne, ma anche melograni, mandarini e spiccioli. Terminato il giro di questua, sempre in base ai contesti, i bambini si riuniscono per dividersi e consumare insieme i dolci e gli altri oggetti ricevuti durante la questua. Da alcuni anni a questa parte, invece, Halloween è penetrata in maniera più forte, fino a diventare un appuntamento fisso. Questa celebrazione in Italia è intesa in maniera differente in base all’età di chi la festeggia; nel nostro paese, infatti, la festa è occasione per frequentare la sera locali e discoteche (Bravo 2001), come dimostrano le numerose pubblicità che cominciano a comparire all’avvicinarsi del 31 ottobre. Resta fermo il fatto che, come afferma Luciano Morbiato, gli insegnanti delle elementari sono stati fondamentali nel far conoscere Halloween ai bambini, mediando la festa come modo per presentare più semplicemente ai loro alunni la lingua inglese (Morbiato 2000: 155-156). In Sardegna non è avvenuta, a oggi, quella sostituzione da parte di Halloween delle tradizionali questue, come si paventa da tante parti. Dalla ricerca è emerso, invece, che Halloween viene reinterpretata, così come i morti-morti. Praticamente in tutti i contesti si consumano forme di modificazione della tradizionale struttura sia della questua sia di Halloween. L’aspetto più evidente in questo senso è il mascheramento – secondo le modalità tradizionali di Halloween – soprattutto da streghe e fantasmi. Tuttavia, questa “commistione” non è stata riscontrata in tutti i casi esaminati, che sono comunque un numero considerevole. Per esempio, a Santa Teresa è emerso «chiaramente un intreccio tra Halloween e i morti-morti, dal momento che spesso ci si traveste in entrambi i casi e si ricevono le stesse cose» (Note di campo, aprile 2011, Santa

Teresa). Ancora a Santa Teresa una bambina si è travestita da fantasma ad Halloween e da strega ai morti-morti; nella stessa località un bambino si è travestito da fantasma sia per i morti-morti che per chiedere “dolcetto o scherzetto”. Solitamente i bambini vanno in gruppo, in entrambi i casi, e dalle interviste è risultato che anche gli altri bambini si travestivano ai morti-morti. Allo stesso modo si è riscontrata una tendenza simile a Tempio dove «la maggior parte dei bambini hanno festeggiato entrambe le celebrazioni nello stesso giorno, mascherati» esclusivamente da fantasma i maschi, da strega le femmine. Molto interessante un altro esempio, sempre relativo a Tempio: «è stata riscontrata la tendenza a mischiare i morti-morti ed Halloween. In alcuni casi, infatti, i bambini travestiti chiedevano, il 31 ottobre, prima “dolcetto o scherzetto” e poi – casualmente – “ce li déti li molt’e mmolti?”. Chi ha fatto solo i morti-morti non si è travestito» (ibid.). A Olbia la situazione appare simile: una bambina, travestitasi da vampira la sera di Halloween per chiedere “dolcetto o scherzetto”, ha deciso di fare lo stesso per chiedere i morti-morti. C’è da rilevare che il travestirsi per i morti-morti è meno presente che negli altri due contesti, mentre risulta assente nei due paesi più piccoli, Telti e San Pasquale. Relativamente all’anno 2011, una nostra interlocutrice di Olbia ci ha segnalato che il 1° novembre, intorno alle 12:00, tre bambini mascherati da fantasmi e mostri hanno suonato il campanello della sua casa chiedendo “dolcetto o scherzetto”; il mattino seguente un altro gruppo di bambini è passato per la stessa casa a chiedere morti-morti. Fra questi vi era uno dei bambini che il giorno precedente chiedeva “dolcetto o scherzetto”, a testimonianza della continuità e della convivenza – a livello diacronico – delle due questue infantili. Un altro fattore interessante nell’ottica delle modificazioni occorse alla tradizionale questua e alle implicazioni connesse ad Halloween consiste nell’apporto culturale e di differenza che danno i bambini immigrati. Numerosi, o comunque presenti in tutti i contesti, sono stati un utile e puntuale aiuto, sia per me che per i compagni di classe. A questo proposito desidero citare il caso di un bambino rumeno, il quale ha spiegato che in Romania Halloween dura tre giorni e i bambini chiedono per le case: «ne dazi sau ne dazi?» (letteralmente «ce li date o no?») in riferimento a soldi e dolci. Sempre lo stesso bambino ha tenuto a precisare che in Sardegna, sebbene fosse arrivato pochi mesi prima, ha festeggiato con gli amici a Telti i morti-morti. Relativamente a Olbia, è interessante riportare il caso – segnalatoci nel novembre 2011 – di un uomo senegalese che accompagnava la figlia piccola a chiedere i morti-morti. La città di Olbia è una città multi-culturale, e non è raro assistere a fenomeni di questo tipo; l’integrazione in città passa – ed è storicamente passata – anche per questo tipo di esperienze socio-culturali. Il contesto di Telti, fra quelli indagati, è risultato essere il meno toccato dalla festa di Halloween, il più conservativo per quanto riguarda la tradizione. In un quartiere di Olbia, Isticadeddu, è stato rilevato il caso di un bambino, con parenti a Telti, che è andato per le campagne del paese, la notte alle 22:00, mascherato da spettro, a chiedere “dolcetto o scherzetto”. Nelle case vicine nessuno sapeva che

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volesse il bambino e, per assonanza si potrebbe dire, gli hanno dato gli oggetti già preparati che si distribuiscono ai morti-morti. Si è riscontrata, inoltre, la tendenza, in maniera diffusamente generale, a consegnare, da parte delle persone visitate, le stesse cose (frutta secca, spiccioli, dolci, melograni ecc.) sia che i bambini chiedessero i morti-morti, sia che chiedessero “dolcetto o scherzetto”. Anche questo aspetto, che può apparire marginale, non è da sottovalutare; anche quando gli attori sociali chiedono “dolcetto o scherzetto”, la comunità risponde “tradizionalmente” accettando la nuova ed “esotica” festa, ma riconnettendone il significato alla tradizione conosciuta. Per ultimo è da segnalare il fatto che, soprattutto fra gli adulti ma spesso anche tra i bambini, influenzati dai genitori, esista una forte opposizione alla festa di Halloween, vista come imposizione culturale americana – una in più – di cui diffidare; «noi abbiamo la nostra storia, le nostre tradizioni, anche da riscoprire», si afferma, «perché privarcene per festeggiare qualcosa che ci è estraneo, perdendo le nostre radici?» (ibid.). L’altra interpretazione, invece, risulta essere più conciliante, vedendo in Halloween una festa simile ai morti-morti, con cui possa convivere, a patto che non si rinunci al proprio essere.

Halloween a Derry Derry è una città del Nord Irlanda, posta al confine tra la Repubblica Libera d’Irlanda, stato sovrano dal 1922, e l’Irlanda del Nord, una delle province che costituiscono il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord. È la seconda città dell’Ulster – la provincia storica più settentrionale dell’isola –, con oltre 85.000 abitanti e una delle cinque città più grandi dell’intera regione. Nel tratto che separa l’aeroporto cittadino dalla città, circa 14 chilometri, il paesaggio sembra confermare la connotazione tipica irlandese, col cielo instabile, le pecore onnipresenti e le colline verdi. Arrivato in città la mattina presto, intorno alle nove, la gente era indaffarata nelle faccende quotidiane, per cui spaesato ho deciso di visitare il centro storico che avevo letto essere interamente cinto di mura. La parte più antica della città è posta su una collina in forte pendenza che si affaccia sul fiume, il Foyle, che attraversa la città di Derry. Spesso ci si riferisce a Derry come “The Walled City” (la città murata), “The Foyle City” (la città del Foyle), “The Maiden City” (la città vergine) o Derry-Londonderry. Questa pluralità di nomi è dovuta ai problemi (Troubles10) tra le due anime della città, cattolici filorepubblicani e protestanti lealisti filo-inglesi. Soprattutto dagli anni Sessanta agli anni Novanta del Novecento, la tensione tra le due comunità è stata altissima11 10 La bibliografia relativa ai Troubles è sterminata; daremo qui dei riferimenti essenziali per inquadrare il problema: cfr. Butler 1985; Downing 1989; Bell 1990; Bew, Gillespie 1993; Ó Dochartaigh 1997; Kerr, Grimaldi 1998; Walsh 2000; O’Brien 2002; Feeney 2005; Melaugh 2005; McKittrick, McVea 2011. 11 La locale squadra di calcio, il Derry City Football Club, giocava nella lega calcistica nordirlandese, ma a causa dei problemi di violenza e settarismo ricevette una speciale dispensa dalla FIFA per poter giocare nella lega dell’Irlanda Repubblicana. Per uno sguardo al fenomeno del calcio come marcatore

«con violenza continua all’interno e tra queste due comunità fino ad oggi» (Wilson, Donnan 2006). Culminò tutto il 30 gennaio del 1972 quando i Parà inglesi aprirono il fuoco durante una manifestazione pacifica per i diritti civili, la Bloody Sunday. Nelle conversazioni con la gente nei pub, per strada, spuntava sempre un riferimento ai Troubles, una ferita evidentemente ancora aperta e temporalmente vicina per gli abitanti di Derry. Città in cui è avvertibile – anche se notevolmente affievolita rispetto al passato – la presenza di due anime, due comunità ben distinte. A questo contribuiscono i simboli e i colori: nella zona storicamente abitata dalla comunità protestante, i marciapiedi e i lampioni, ad esempio, sono dipinti di rosso, bianco e blu, i colori dell’Union Jack, la bandiera del Regno Unito che, inoltre, sventola da vari pennoni o è appesa fuori dalle finestre. È noto il murale lealista che recita: «Londonderry west bank loyalists still under siege no surrender» (i lealisti della sponda occidentale di Londonderry ancora sotto assedio non si arrendono). Ma la comunità cattolica, quella che storicamente ha sentito in maniera più decisa e traumatica – anche come numero di vittime – la situazione, è di sicuro più forte, almeno come impatto simbolico e di memoria. A parte i celeberrimi murales nel Bogside (il quartiere dove si è consumata la Bloody Sunday) e il Free Derry Corner («Now you are entering Free Derry»; state entrando nella Libera Derry), anche i cattolici hanno le loro zone colorate di verde, bianco e arancione, e il tricolore irlandese sventola in diversi luoghi. Ad esempio in tutti i pub dov’erano esposti simboli politici (e di conseguenza qui a Derry anche religiosi) si poteva trovare il tricolore irlandese, foto con Che Guevara su sfondo verde (il rivoluzionario argentino aveva una nonna irlandese), richiami alla Palestina, keffie e simboli del Celtic Football Club di Glasgow, la squadra storicamente dei cattolici irlandesi emigrati in Scozia (Burdsey, Chappell 2001). Pur essendo, fortunatamente, terminata quella stagione di sangue, è comunque ancora forte in città il suo ricordo, che si manifesta in maniera identitaria proprio attraverso questo genere di simboli. La scelta di condurre una parte della ricerca etnografica nella città di Derry è dovuta a più ordini di motivi, riconducibili a esigenze conoscitive di molteplice natura. Anzitutto l’Irlanda è uno dei luoghi da cui la festa di Halloween è partita alla volta degli Stati Uniti, in sèguito alla forte emigrazione dovuta alla Great Famine (la grande carestia) degli anni Quaranta dell’80012. L’emigrazione irlandese – ma anche scozzese, gallese e inglese – produsse un movimento di idee e cultura dalle isole britanniche agli Stati Uniti. Gli immigrati nei loro bagagli portavano anche le

identitario in Scozia e Irlanda, cfr. Burdsey, Chappell 2001: 94-106; Burdsey, Chappell 2003. Stessa cosa era successa negli anni Quaranta del Novecento al Belfast Celtic, società che però fu costretta, a causa della continua violenza subita, a ritirarsi. Sulla storia del Belfast Celtic cfr. Flynn 2009. 12 Negli anni Quaranta dell’800, l’Irlanda e la Scozia furono duramente colpite da una carestia, in seguito a una malattia della patata. Quest’alimento era alla base della povera dieta di quelle popolazioni, che furono costrette all’emigrazione. Sull’influenza storica e sociale della patata in Irlanda e Scozia cfr. Salaman 1985. Sull’emigrazione irlandese cfr. Miller, Wagner 1998. Riguardo la Great Famine nella letteratura cfr. Kelleher 1995.

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tradizioni della propria terra d’origine, determinando, quindi, uno spostamento di concezioni culturali da un luogo a un altro. In seconda istanza la celebrazione – meglio, il carnevale13 – di Halloween a Derry risulta essere il festival dedicato a tale ricorrenza più grande in Europa, capace di attrarre nella seconda città del Nord Irlanda un numero considerevole di turisti (si parla di 40.000 presenze), e nel 2011 è arrivato alla venticinquesima edizione. Inoltre la presenza sul campo per l’intera durata della festa – dal 28 ottobre al 3 novembre, ma con appuntamenti addirittura dal 25 ottobre – costituiva un indispensabile strumento per la comprensione del fenomeno che non si fermasse alla semplice constatazione e descrizione di cosa sia Halloween per Derry, ma ne favorisse una conoscenza più approfondita che potesse permettere poi, a chi scrive, di riportare, in maniera valida e autorevole (Geertz 1990), il “punto di vista dei nativi”, il loro modo di vivere e sentire la festa di Halloween. Nelle prossime pagine si cercherà, quindi, di restituire nella maniera migliore possibile come il fenomeno si presenta a Derry e quali siano le motivazioni e i sentimenti dei Derrymen, relativamente ad Halloween. Sono arrivato “sul campo” il 28 ottobre, intorno alle dieci, dopo una notte passata all’aeroporto di Londra-Stansted in attesa dell’aereo per Derry. La prima cosa che ho notato in città (dopo le mura, considerate patrimonio dell’Unesco, che cingono il centro storico) è stata la presenza massiccia, quasi ossessiva di Halloween. Per rendere l’idea propongo di pensare all’atmosfera di Derry, nei giorni precedenti Halloween, paragonandola a quella di qualsiasi città italiana in periodo natalizio (Note di campo, 28 ottobre). Ogni esercizio commerciale, qualunque prodotto vendesse, esponeva in vetrina zucche, fantasmi, scheletri e l’immancabile “Happy Halloween”. Non facevano esclusione pub, ottici, ristoranti ecc. Addirittura il bancomat della Bank of Ireland durante l’erogazione del contante pubblicizzava Halloween. I centri commerciali, invece, oltre la pubblicizzazione e la vendita di oggetti di Halloween, ospitavano diversi appuntamenti14 relativi alla festa, nei giorni immediatamente precedenti. Per ultimo, ho visto diversi esercizi commerciali – anche di dimensioni notevoli – specializzati esclusivamente nella vendita di maschere, costumi e trucchi per Halloween, i cosiddetti “Halloween Stores”, presi letteralmente d’assalto dalla gente. Il prezzo medio di una maschera era di £ 20, circa 23 euro. In questo senso Halloween a Derry risulta essere un evento principalmente di tipo commerciale, ma comunque parte integrante del calendario festivo e dell’immaginario collettivo; un evento atteso e pervasivo. Halloween a Derry non si limita al 31 ottobre. Quando cominciai a informarmi sulla festa in città notai subito che le manifestazioni non si concentravano in modo esclusivo sulla All Hallow’s Eve, ma cominciavano invece già dal 28 ottobre. Il nome ufficiale della celebrazione è Banks of the Foyle. Hallowe’en Carnival. Ecco alcuni esempi: dalle 9am alle 7pm il Mask making Workshop & Skeleton Hunt al Foyleside Shopping Center (il 29, 30 e 31 ottobre); dalle 9am alle 7pm il Nightmare Manor Hunted House al Richmond Center (il 29, 30 e 31 ottobre). 13 14

La festa di Halloween in città è organizzata ormai da diversi anni dal Derry City Council, il municipio di Derry. È una manifestazione orientata nella duplice direzione di pubblicizzazione turistica, da un lato, e offerta per la cittadinanza dall’altro; si concentra molto sulle famiglie e su un’offerta verso questo target. Il 28 ottobre, ad esempio, il turista poteva decidere di fare una full immersion di attrazioni di Halloween dalle 9 del mattino alle 10 di sera, con ben sette appuntamenti diversi, alcuni anche in contemporanea. Più ci si avvicinava al 31 più l’offerta diventava maggiore con 19 manifestazioni il 29 ottobre, 16 il 30 e ben 27 il 31 ottobre, col culmine nella sfilata e i fuochi artificiali, un concerto e le discoteche e i pub per i più giovani (opuscolo Banks of the Foyle. Hallowe’en Carnival 2011: 29-30-31). Le manifestazioni sono distinguibili in cinque macro-categorie: 1) Hallowe’en Build Up; 2) Hallowe’en Indoor Celebrations; 3) Hallowe’en Outdoor Celebrations; 4) Hallow’een Night Itself; 5) Hallowe’en Parties. Questa divisione è stata proposta nell’opuscolo gratuito messo a disposizione dal Derry City Council, organizzatore dell’evento, e riflette un’offerta variegata e trasversale, sia da un punto di vista economico che di pubblico. Si andava, infatti, dai £ 39.95 per assistere al Mama Mia it’s Murder il 28 ottobre in un Hotel di Derry (ivi: 8), un musical con hits degli Abba in chiave orrorifica, ai più accessibili £ 2 per partecipare a manifestazioni sportive comprendenti diverse discipline (dance, judo, calcio, sport gaelici e Hallowe’en-Style Games), patrocinato dal Derry City Council’s Sports Development Section (ibid.), il 29 e 31 ottobre, fino alle manifestazioni gratuite come i concerti o la sfilata. Diverse erano le offerte in base alle esigenze del pubblico che partecipava agli eventi; per esempio, il Ghostbusters Tours proponeva un prezzo per le famiglie di £ 25, o per genitori coi bambini rispettivamente di £ 8 e £ 5. Una manifestazione, questa, riservata alle famiglie. Ancora, una manifestazione indoor intitolata Young At Art Present: The Butterfly and The Caterpillar, il 29 e 31 ottobre, gratuita, era dedicata ai bambini dai 2 ai 6 anni. I giovani, invece, partecipavano di solito ai numerosi concerti nella piazza principale della città, o uscivano nelle discoteche la notte, già dal 29 ottobre, molti dei quali mascherati. Dunque, manifestazioni di ogni tipo, per diversi target di pubblico; si può notare come Halloween a Derry sia un evento che col tempo si è trasformato da mera questua infantile dei bambini in una celebrazione molto più grande e complessa, da diversi punti di vista: quello commerciale e turistico su tutti. L’appuntamento più atteso era però la sfilata, il cui nome ufficiale era Carnival of Lights Parade, seguito dai fuochi d’artificio, Carnival Fireworks, organizzati anch’essi dal Derry City Council, che hanno visto la partecipazione anche del sindaco della città. Come afferma Jack Kugelmass, in riferimento ad una sua ricerca etnografica riguardo una parata di Halloween al Greenwich Village di New York, le parate non sono semplici da documentare, in particolare le sfilate notturne che attraggono centinaia di migliaia di persone, come la Village Halloween Parade nella quale molti partecipanti indossano costumi che hanno solo una sottile connessione con gli spiriti e i mostri che normalmente associamo ad Halloween (Kugelmass 1991: 444; traduzione. mia).

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Nei tratti essenziali la parata di Halloween a Derry e New York appare distante, oltre che per il numero di partecipanti e l’importanza storica che essa ricopre, anche per il significato semantico della Village Halloween Parade, in cui, come ha documentato l’antropologo americano, è forte l’ostentazione sessuale (ad esempio di trans e gay) dei partecipanti (ivi: 445). A Derry, invece, questa ostentazione non appare così marcata. A Derry la sfilata in sé sembra più orientata alle famiglie, con la presenza come figuranti anche di bambini. Per meglio comprendere l’atmosfera riporterò le Note di campo prese durante la parata. Si tratta ovviamente di annotazioni disordinate, scritte in maniera frenetica durante la sfilata:

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La sfilata parte dal Derry City Council Car Parking. Tutti sono vestiti e mascherati. Avrà inizio fra meno di un’ora. Si preparano i “carri”. Si sente musica di cornamuse in sottofondo. Le maschere non sono solo quelle di mostri, ma la maggior parte son di qualunque tipo, anche solo un cappello o delle corna da diavolo. Ci sono delle bambine vestite da strega con dei pon pon da cheerleaders. Si suona All the Saints go marching in e marcette tradizionali. Parte musica da un carro. Ci sono delle persone mascherate da ninja per esempio. Un’orchestrina composta solo da ragazzine – alcune con la fisarmonica – suonano musica tradizionale irlandese. Coloro che sfilano sono sia adulti che bambini (Note di campo, 31 ottobre).

Le Note rimandano a circa un’ora prima dell’inizio della sfilata, quando coloro che animavano la manifestazione cominciavano ad assemblarsi nel luogo dell’incontro. Per quanto riguarda i “carri” ho chiesto a un ragazzo mascherato da mostro chi li avesse costruiti e mi ha risposto che ogni carro è costruito da chi sfila, con «davvero molto lavoro»: il primo iniziato a giugno (un ragno gigante), mentre il secondo un paio di settimane prima della parata (una sorta di testa di mostro) (ibid.). Sempre dalle Note di campo: Questo carnevale è patrocinato dal municipio di Derry, quindi ci sono delle persone pagate per sistemare gli sfilanti in un certo ordine. Ci sono anche l’uccello gigante e i mostri verdi. I suonatori di cornamusa scozzesi e i trampolieri. La piazza si va riempiendo di gente. Alcune maschere con lanterne di cartapesta vestite da morte, mostri ecc. Dietro di me bambini coi genitori vestiti come mostri. Si alza la musica da un carro con un ritornello che dice It’s Halloween. Gente vestita da puffo, sangue in altre maschere, risate malefiche e grida dai carri (ibid.).

«L’uccello gigante e i mostri verdi» a cui mi riferisco nelle Note sono due maschere che animavano diverse manifestazioni nei giorni immediatamente precedenti il 31 ottobre, manifestazioni soprattutto per bambini organizzate in Guildhall Square, la piazza principale subito fuori le mura della città vecchia. Alle diciannove puntuali, come annunciato nell’opuscolo distribuito dal Derry City Council, è iniziata la sfilata. Il pubblico si è sistemato sui due lati della strada per guardare passare la parata, mentre io l’ho seguita camminando davanti alla folla. Il corteo è molto lungo composto soprattutto da adulti con bambini. I carri hanno

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Nella parata le maschere sfilavano per gruppi. Il pubblico era davvero numerosissimo, mascherato e non, ma comunque ordinato nel seguire la sfilata che è durata circa un’ora. Al termine di questa il pubblico si è riversato sul lungo-fiume per vedere i fireworks, i fuochi artificiali, che sono cominciati alle otto. Sono partiti i fuochi accompagnati da musica di diverso genere, per esempio anche i Rolling Stones. I fuochi sono durati circa un quarto d’ora e li ho commentati con una ragazza polacca che viveva da quindici anni a Derry. Ha detto che sì sono belli, ma che si vede che quest’anno tutto è sottotono, per via dei problemi economici dell’Irlanda. Terminati i fuochi la marea di gente si è dispersa chi per andare a vedere il concerto di chiusura dei festeggiamenti, in Guildhall Square, chi per raggiungere i pub o le discoteche. In ogni caso la città era come impazzita, con gente dappertutto, la maggior parte mascherata. Al concerto di una nota band irlandese erano presenti soprattutto ragazzi molto giovani, mascherati nei modi più diversi, ma fedeli al personaggio che rappresentavano fino alla fine, nonostante i circa sei gradi di quella notte; ad esempio le suore sexy giravano in minigonna con le gambe nude. Nei pubs l’atmosfera era abbastanza diversa, con ragazzi più grandi rispetto a quelli presenti al concerto, e adulti, tutti rigorosamente mascherati. Il consumo di alcool, soprattutto di birra, quella sera era superiore di molto alla già alta media dei giorni feriali. Nelle discoteche la gente ballava mascherata, e anche qui il consumo di alcoolici era a dir poco elevato. Il giorno successivo la città dormiva. Era silenziosa e deserta e, stranamente per Derry, il cielo era sereno ed era spuntato il sole. L’attesa spasmodica dei giorni prima di Halloween, che cresceva ogni giorno di più per culminare nell’orgia collettiva la notte del 31 ottobre, era solo un ricordo, indispensabile per pensare e aspettare un altro Halloween l’anno prossimo. Ma per ora rimarrà il ricordo, e mentre questo si affievolisce si avvicina già l’ottobre. Data la difficoltà di studiare questo tipo di fenomeno in maniera “convenzionale”, dal momento che è circoscritto nel tempo, ho dovuto cercare una serie di escamotages che mi permettessero di comprendere il “punto di vista dei nativi”, attraverso le loro narrazioni. Per cui molto spesso partecipavo alle diverse manifestazioni organizzate dal Derry City Council e cercavo di conversare con i partecipanti a queste. Altre volte, invece, era il pub, il luogo di ritrovo per eccellenza, a essere teatro delle interviste, la maggior parte delle quali informali. Ho avuto la fortuna di essere avvertito come elemento estraneo, quasi – paradossalmente – “esotico” e quindi motivo di interesse da parte degli abitanti di Derry. Ad esempio, in un pub tre ragazzi abbastanza ubriachi hanno attaccato discorso con me, e quando ho detto che ero lì per studiare Halloween si sono incuriositi e hanno cominciato a parlare; mi hanno detto che è il festival più grande d’Europa e che è una crazy night dove le ragazze sono – parole loro – non poco succinte. Lo aspettano ogni anno perché possono travestirsi e divertirsi, e la città è piena di gente (Note

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casse per musica e spesso sono di tema mostruoso. Accanto ai bambini che suonano musica brasiliana con tamburi, un carro che manda musica dei Nirvana e, dietro, i musicisti scozzesi (ibid.).

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di campo, 28 ottobre). Il giorno successivo, sempre in un pub, guardavo una partita di calcio in televisione; segna la Juventus e ho iniziato a chiaccherare con un ragazzo seduto vicino a me: abbiamo cominciato a parlare di Halloween e mi ha detto che «qui Halloween è una cosa pazzesca, incredibile, che le strade sono ingombre di gente pigiata e sono tutti ubriachi. Gli domando se a lui piace e mi risponde che ama Halloween, ma che quest’anno non sa ancora come mascherarsi» (ivi, 29 ottobre). Lo stesso giorno chiacchero con altri due ragazzi che mi ripetono che Halloween è una crazy night e che è il modo per festeggiare mascherandosi. Arriva un terzo che non avevo mai visto e mi dice: «Tu sei quello che studia Halloween, vero? Bene, preparati!» (ibid.). Gli chiedo perché e anche lui mi dice che sarà una notte pazzesca. Il giorno successivo, il 30, un altro ragazzo mi dice la stessa cosa, che Halloween è una notte pazzesca e incredibile che tutti aspettano da un anno all’altro. Gli dico che a me sembra essere il carnevale e lui mi dice che è praticamente la stessa cosa. Molto interessante quello che mi ha detto un uomo di quarant’anni, che ha vissuto in Italia, a cui ho chiesto indicazioni stradali:

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Gli ho parlato delle ragioni per cui mi trovavo a Derry ed abbiamo cominciato a chiaccherare su Halloween, mentre mi accompagnava per Ebrington al Workhouse Museum. Mi ha detto che quando lui era piccolo i bambini non chiedevano «trick or treats», ma «any nuts for Hallowe’en?» e se erano fortunati ricevevano qualche dolce, frutto, spiccioli. Trick or treats è tipicamente americano, mi dice. Inoltre, ha continuato a raccontare dicendomi che quand’era piccolo si facevano in casa i giochi con le mele [delle mele immerse nell’acqua dentro una tinozza da prendere con la bocca], a volte si invitata qualche amico, e sua madre [della contea di Fermanagh] preparava sempre una torta con le mele. «Adesso Halloween – continua – è una scusa per ubriacarsi»›, è una sorta di carnevale. I bambini però continuano ad andare in giro travestiti da mostri, chiedendo “dolcetto o scherzetto”. Lui vuole che le sue tre figlie vadano con i cugini a fare Halloween perché è una cosa tradizionale.

Il racconto termina con una frase molto interessante: dice l’intervistato: «Io non sono contro il cambiamento, contro il fatto che Halloween sia una cosa grossa oggi, però voglio che si conservino anche le nostre tradizioni, perché fanno parte della nostra storia» (Note di campo, 28 ottobre). Ho cercato conferma di quello che mi è stato detto da quest’uomo per cui ho chiesto a una signora se quanto dettomi corrispondesse a verità. Ho parlato del Trick or treats ed effettivamente sono stato corretto dalla signora, la quale mi ha riferito che lei quand’era bambina diceva «anything for Halloween» o «Any nuts for Halloween» (ibid.). In un pub ho incontrato un signore anziano (settant’anni) con cui ho iniziato a conversare. Mi ha recitato una canzone per Halloween che si diceva quando lui era piccolo e che mi sono fatto scrivere di suo pugno sul taccuino. Recita la filastrocca: «Halloween is coming and the geese are getting fat. / Please put a penny in the old mans hat. / If you haven’t got a penny a ha’ penny will do / if you haven’t got a ha’ penny GOD BLESS YOU». Ha continuato a raccontarmi dicendo che «da bam-

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bini ci pitturavamo la faccia e cantavamo questa canzone. Chiedevamo qualche noce, mele, penny, mele candite. Non esisteva il Trick or treats». Altri due signori anziani che ho intervistato mi hanno detto che Halloween ai loro tempi «era completamente diverso, senza musica, si andava in giro per le case a chiedere “anything for Halloween”, con la faccia pitturata e con qualche maschera».

Come emerge dalle testimonianze ci si trova di fronte ad uno stesso fenomeno, Halloween, declinato in maniera differente nei due contesti. Relativamente alla Sardegna ci troviamo di fronte ad una realtà fenomenica fortemente ibridata, tanto da risultare difficoltoso distinguere “i frutti puri” (Clifford 2010). Forti intrecci tra la questua tradizionale e Halloween stanno provocando quello che possiamo definire un “fenomeno terzo”, con importanti prestiti ora da una ora dall’altra celebrazione. A Derry, Halloween ha cessato di essere “solo” una festa infantile per diventare un appuntamento turisticamente ed economicamente rilevante nell’economia cittadina. Lungi dall’essere tradotto nell’identica maniera in contesti così distanti e differenti, il “segno” Halloween viene creativamente reinterpretato e piegato alle esigenze contestuali delle due comunità. A Derry la questua tradizionale faceva già parte del paesaggio culturale; questo ri-disegno è maturato in virtù delle sollecitazioni esterne, venute in gran parte dagli Stati Uniti, in un ritorno della festa al luogo di origine. Anche in Sardegna, chiaramente, questo ibridarsi di tradizioni solo parzialmente simili (Niola 2009) si ricollega a sommovimenti globali, producendo questa particolare mescolanza di caratteri tra i morti-morti e Halloween. Gli individui, le comunità, non accettano passivamente quello che gli viene imposto, ma manipolano in modo più o meno coerente i nuovi significati culturali adattandoli al loro habitat di significato.

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