Avviare Una Gelateria
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Avviare una gelateria artigianale
è ancora il desiderio di molti. Per tutti coloro che fossero interessati ad avviare un’attività di gelateria o che soltanto desiderano avere un primo approccio, ecco una analisi sufficientemente indicativa, anche se, come è ovvio, le “variabili” sono infinite.
Non è più l’ eldorado. Quattordici chili a testa. E’ la quantità del gelato mangiato dagli italiani in un anno. Il giro d’affari totale delle gelaterie artigianali, nel 2002 è stato di 2,1 miliardi di euro (Cogel-Fipe). Fatturato medio: 140 mila euro, ma c’è chi arriva a 40 mila. Il settore è in buona salute: “Il consumo del gelato artigianale, cioè fatto direttamente in gelateria, è in crescita” spiega Giancarlo Timballo, presidente del Cogel, il Comitato di Coordinamento Esercenti Gelatieri di Fipe Confcommercio. “Ma sono finiti i tempi d’oro di vent’anni fa, quando erano affari sicuri”. Oggi una gelateria anche piccola deve incassare almeno 100-150 mila euro per coprire tutte le spese. Si fanno? “Chi punta tutto sulla qualità può arrivare a incassare anche molto di più” dichiara Mario Rivaro, proprietario di una gelateria nel centro storico di Genova. I numeri parlano chiaro: 124 mila tonnellate di gelato artigianale prodotti nel 2002 (dati Cogel), + 15-16% l’aumento dei consumi nel 2003 (Sigep 2004), dovuto sia alla stagione calda e prolungata, sia alla ricerca di nuovi gusti come il gelato alla pesca o alla pera con vini dolci italiani. “Tra i gusti che vanno, i gelati senza glutine, quelli senza zucchero, ai cereali e il gelato soft, gonfiato con aria” dichiara Timballo. “Bene anche il biologico, una valida nicchia per il futuro, soprattutto nelle grandi città. Un’idea per differenziarsi dalla concorrenza e ci si spunta qualche euro in più al chilo”. Le imprese del settore sono 18 mila, comprese le stagionali. La maggior parte è a conduzione familiare.
Il nostro pensiero
“Per fortuna è finito il turnover che ha caratterizzato gli anni Novanta, quando molti improvvisati si erano buttati nel settore senza alcuna professionalità o con scarse capacità imprenditoriali. Il risultato? Hanno chiuso poco dopo, con grosso danno d’immagine per l’intera categoria”. Oggi per una nuova attività il successo è sempre più difficile. “Da non credere, se si considera che un chilo di gelato, prodotto con latte e panna freschi, zucchero, uova e frutta, comunque con ingredienti di alta qualità, ha un costo medio, solo relativo alle materie prime, di circa 2 euro, e viene venduto mediamente a 10-12 euro al chilo”. “Coni, vaschette di polistirolo, carta, tovaglioli e palettine, all’apparenza costi banali, incidono tra il 5 e il 10%. Dato l’incasso, sono però soprattutto le spese di gestione a condizionare i guadagni dell’attività. I costi fissi ci sono tutto l’anno mentre 3/4 del fatturato li si fa da marzo ad ottobre. Costi che continuano ad aumentare. Così il personale: in una gelateria anche piccola servono 2-3 persone”. Difficile trovare manodopera tra i giovani a cui fare più economici contratti di apprendistato: il sabato e la domenica voglion far festa. Gli immigrati? “Pochi, anche se in leggero incremento. Insomma, per un dipendente bisogna mettere in conto all’incirca 30.000 euro all’anno. Gli affitti delle posizioni migliori sono andati alle stelle: anche qualche migliaio di euro al mese, sebbene una gelateria su due è proprietaria dei locali. Inoltre, ci vogliono anche più di 6-7.000 euro all’anno per corrente e luce, e poi il commercialista, qualcuno (pochi) fa pubblicità radio, Tv, volantinaggio… Il reddito lordo, i ricavi al netto dei costi delle materie prime e delle spese di gestione, è sempre inferiore alla metà del fatturato. Dopo aver pagato le tasse l’utile può essere anche del 25-30%”. E quelli che usano i semilavorati? “In questi ultimi anni il rapporto di collaborazione e stimoli reciproci tra aziende trasformatrici di materie prime in ingredienti per gelateria e operatori, ha consentito d’innalzare immagine e qualità complessiva del gelato artigianale. L’offerta del mercato di semilavorati per gelateria è enorme e la concorrenza è, come in ogni campo, serrata. Ci sono prodotti ottimi con picchi d’eccellenza ed altri, diciamo, di buona qualità, che i gelatieri più preparati sanno comunque perfettamente riconoscere”.
MI BUTTO NEL GELATO
Una premessa
La maggior parte dei quesiti di chi desidera avvicinarsi a questo settore è finalizzata a comprendere quanto occorre investire per attrezzare un laboratorio. “Almeno 50 mila euro se si acquistano macchinari usati, 100 mila euro se si opta per quelli nuovi”, potrebbe essere la nostra risposta immediata. Come esperti del settore specializzati, però, abbiamo il dovere di informare che la decisione di avviare o meno una gelateria non può essere condizionata soltanto da fattori economici e finanziari. Ecco qui allora, oltre al piano degli investimenti di un’attività “tipo”, anche una rassegna delle problematiche da analizzare per affrontare questa scelta in maniera davvero consapevole. E soprattutto per non arrivare a pentirsi di averla effettuata. Un settore promettente a condizione di…
“Discrete opportunità di guadagno”, “un lavoro soprattutto stagionale”, “la possibilità di dedicarsi ad un mestiere affascinante, pulito, da imparare però con impegno”. E ancora: “il desiderio di svolgere un’attività in proprio e quello di operare in un settore che offre buone opportunità di riuscita”. Sono diversi e tutti altrettanto validi i motivi che possono indurre una persona, in particolare un giovane, ad accarezzare l’idea di dare avvio ad una gelateria. In effetti, il settore è promettente e offre ancora discreti spazi di manovra a chi vuole entrarvi, soprattutto se si considera che, nelle grandi città, la stagione tende ad allungarsi e i consumi sono in aumento (nel 2003, ad esempio, complice anche una caldissima estate, sono saliti del 15% rispetto all’anno precedente). Ma è bene andarci piano, è infatti sbagliato pensare di aprire una gelateria soltanto perché attratti dai guadagni e ritenendo che l’unica difficoltà dovuta all’avvio consista nel reperire il denaro necessario per attrezzare il laboratorio e l’area di vendita. Gli aspetti da prendere in considerazione sono diversi, più complessi e occorre analizzarli con grande attenzione.
...offrire un prodotto di qualità e di conoscere gli ingredienti Il primo aspetto da valutare riguarda senz’altro la propria capacità di ottenere un prodotto di qualità, la conditio “sine qua non” per riuscire. Una gelateria deve il suo successo per la bontà del prodotto, per la simpatia e capacità di chi lo serve, per l’ubicazione e l’ambiente accogliente. Ottenere un gelato di qualità non significa “soltanto” saper miscelare le materie prime secondo le ricette che si possono imparare frequentando i corsi organizzati da chi vende i macchinari e le attrezzature. Vuol dire anche lavorare “a bottega” per molti mesi. E soprattutto studiare da autodidatti, con l’aiuto di un buon manuale, le materie prime. Un gelatiere non può ignorare, per esempio, la differenza esistente fra il latte di qualità, quello intero e quello scremato. Deve vantare buone conoscenze anche per quanto riguarda gli zuccheri e i grassi, la preparazione delle basi e saperne il più possibile per quanto concerne, per esempio, l’utilizzo degli ingredienti. Sono tutti aspetti fondamentali per sapere sempre che cosa si compera, anche quando ci si rivolge a fornitori di semilavorati e per acquistare gli ingredienti al giusto prezzo, riconoscendo le differenze fra un preparato e l’altro. Fatta questa debita premessa, è evidente che (anche se nella nostra tabella del “piano degli investimenti” non è contemplato), una voce significativa sarà da dedicare alla formazione, che dovrà essere tanto più incisiva quanto meno si è già addentro in settori prossimi alla gelateria (pasticceria, ristorazione). Ipotizzare dunque un impegno economico per la formazione prossimo ai 3000 euro non è lontano dalla realtà.
Laboratorio artigianale o locale pubblico? Un ulteriore aspetto da valutare ancor prima di mettersi in contatto con i fornitori di macchinari e attrezzature è se si vuole avviare un semplice laboratorio o un bar gelateria con il servizio ai tavoli. In quest’ultimo caso, non sono solo gli investimenti di avvio il parametro da prendere in considerazione (accertato che, per rilevare un pubblico esercizio con la relativa autorizzazione amministrativa, occorre quantificare un esborso pari al fatturato realizzato dal cedente nell’ultimo esercizio più quello per l’acquisto degli arredi e delle attrezzature). Occorre valutare soprattutto l’impegno e la possibilità di coinvolgere i propri familiari o altro personale. Se, infatti, un laboratorio può essere condotto anche da una sola persona con l’aiuto di uno o due collaboratori stagionali, un bar gelateria coinvolge almeno 3 o 4 addetti a tempo pieno, per 12 mesi all’anno e con orari di apertura più estesi. La gestione, quindi, non solo è più impegnativa di quanto si possa pensare, ma indubbiamente è più costante e complessa. Non bisogna mai dimenticare, inoltre, che il lavoro di un gelatiere è molto più faticoso di quanto si possa pensare a prima vista. Porta infatti alla necessità di lavorare anche più di 12/13 ore al giorno, con una maggiore concentrazione nelle festività, un motivo che rende davvero complesso reperire il personale dipendente al quale, fra l’altro, proprio per l’irregolarità dei flussi di lavoro, è molto difficile offrire un contratto full time per dodici mesi all’anno, un fattore che rende elevato il turn over dei collaboratori. E soprattutto non si può più pensare di limitarsi a lavorare intensamente solo per una stagione, assicurandosi un reddito soddisfacente anche per gli altri mesi. Occorre mettere in preventivo di specializzarsi in produzioni che continuino a portare fatturato anche nel periodo invernale, quando i consumi di solo gelato si contraggono almeno di un buon 30%. Si potrà puntare sulle vendite del prodotto da asporto, per esempio, oppure, come accade sempre più frequentemente, affiancare all’offerta del mantecato anche quella di semifreddi, monoporzioni, praline, cioccolato o affini. E occorre operare sempre a prezzi competitivi. In un’epoca in cui la crisi dei consumi si fa comunque sentire e il prodotto industriale si vende a prezzi bassi, in molti casi a discapito di quello artigianale, occorre saper fare bene i propri conti. Converrebbe, forse, in altre parole, mirare di più all’incremento della quantità del venduto piuttosto che a quello dei prezzi, come si è verificato in questi ultimi anni, accontentandosi, magari, di margini di guadagno più limitati.
Il locale: affitto o acquisto La prima scelta da affrontare riguarda l’acquisto o l’affitto. Se si opta per l’acquisto, è possibile ammortizzare l’investimento in una ventina di anni, tenendo comunque presente che quando si chiude l’attività o la si cede insieme ai locali occorre pagare anche le tasse per il passaggio di proprietà. Per quanto concerne la metratura dei locali, le normative igienico sanitarie, che variano da comune a comune, prevedono una superficie minima del laboratorio di 12 metri quadrati ai quali vanno ad aggiungersene almeno altrettanti per l’area di vendita ed i servizi igienici. La metratura minima consigliata complessiva è comunque di almeno 30 metri quadrati.
Le superfici dei muri del laboratorio devono essere piastrellate e comunque in materiale lavabile fino all’altezza di 2,20 metri da terra; il laboratorio deve inoltre essere dotato di servizi igienici con bagno ed antibagno e spogliatoio. Deve infine essere provvisto di un’adeguata aereazione. Indipendentemente dalla decisione di acquistare o di affittare i locali, prima di assumersi qualunque impegno, è consigliabile richiedere la visita preventiva dei vigili sanitari della ASL di zona, per sapere anticipatamente quali sono le opere di ristrutturazione da effettuare per il rilascio dell’indispensabile autorizzazione e poter così definire il budget relativo tenendo comunque presente che, a lavori avviati, gli imprevisti sono all’ordine del giorno. In caso di affitto, le opere di ristrutturazione dovrebbero essere a carico del proprietario dei locali. Ma, spesso, occorre giungere ad un accordo di compromesso. Per esempio, il 50% a carico del locatore e il rimanente 50% del locatario. Se non si spunta questa condizione, è consigliabile negoziare almeno la non corresponsione del canone nei mesi in cui si effettuano i lavori.
La localizzazione dell’iniziativa La localizzazione del locale è un importante fattore di successo. Nella scelta sono diversi i parametri da tenere in considerazione. Se il locale, per esempio, si trova in una zona commerciale o ad intenso passaggio pedonale, inevitabilmente il prodotto che andrà per la maggiore, sarà, il cono da passeggio. Se, invece, si trova in una zona di passaggio automobilistico, a “tirare” saranno più facilmente le torte gelato e il prodotto confezionato da asporto. Da preferire sempre la possibilità di parcheggio, il doppio senso di marcia automobilistica, l’opportunità, per i clienti di parcheggiare momentaneamente l’auto in seconda fila e la vicinanza ad altri punti vendita al dettaglio. Ottimo il posizionamento nei pressi di stabilimenti balneari, di passeggiate a mare, di giardini, di panchine, di isole pedonali e di fermate dei mezzi di trasporto pubblico. In vie commerciali è bene osservare inoltre l’andamento dei flussi pedonali: normalmente c’è un lato del marciapiede più facilmente frequentato dell’altro. E non sempre i negozi che si trovano all’inizio di un’arteria pedonale di grande passaggio lavorano a pieno ritmo. Dimostrano, infatti, una maggiore vivacità commerciale quelli ubicati verso la metà o la fine della stessa arteria. Per analogia di prodotto, si può rivelare infine vincente la localizzazione nei pressi di una gastronomia, di una rosticceria o di un laboratorio di pasta fresca.
Le attrezzature e gli arredi
Nel laboratorio, meglio se a vista dei clienti, non possono mancare il mantecatore e il pastorizzatore. Dovrebbero inoltre esserci due armadi frigo, uno a temperatura positiva, per la conservazione degli ingredienti e delle materie prime per la preparazione del gelato, e uno a temperatura negativa per la conservazione del prodotto rispettivamente della capienza di almeno 600 e 700 litri ed un lavaoggetti. Necessaria anche la presenza di un tavolo da lavoro, scaffalature, pensili e un lavello in acciaio inox. Per quanto riguarda le attrezzature minute, occorrerebbe prevedere una bilancia ad ago, un fornelletto, uno spremiagrumi industriale, un frullatore ad immersione, coltelli e fruste di varie misure, un tagliere, contenitori graduati e un numero di carapine, cioè di vaschette portagelato, pari ad almeno quelle contenute nella vetrina espositiva. (per approfondire l’argomento si veda anche alle pagine http://www.gelatoartigianale.it/laboratorio/index.htm) Un abbattitore di temperatura può essere utile soprattutto se si prevede di produrre torte gelato e semifreddi. Un abbattitore piccolo, cioè da cinque teglie da 40 per 60 centimetri, ha un costo che si aggira sui 4.500 euro. La principale attrezzatura che deve essere presente nell’area di vendita è l’area refrigerata per la conservazione del prodotto. Può trattarsi di una vetrina espositiva (la più diffusa è quella a 24 gusti) oppure di un banco a pozzetto. A preferire quest’ultimo, di solito, sono i gelatieri che possono contare su una clientela affezionata e puntano soprattutto sulla vendita del prodotto da asporto. Gli operatori, infatti, assicurano che il banco a pozzetto garantisce condizioni di conservazione del prodotto ottimali. Ma, a differenza di quanto accade per la vetrina espositiva, non consente ai clienti di vederlo. Un punto di debolezza non da poco, soprattutto se si considera che i consumatori acquistano il gelato quasi sempre per impulso. Sia il banco a pozzetto sia la vetrina espositiva dovrebbero essere a doppia temperatura. I semifreddi e le granite, infatti, si conservano a 10 gradi sotto zero, a meno 15 le creme. Nell’area di vendita della stragrande maggioranza dei laboratori si trovano anche una macchina per montare la panna, una bilancia, arredi per il retrobanco, un piccolo lavandino e un banco cassa. Per approfondire l’argomento:
IL PIANO DEGLI INVESTIMENTI Riportiamo un esempio di piano degli investimenti di un laboratorio di gelateria con una superficie di 40 metri quadrati. I prezzi indicati sono al netto dell’IVA. E si ipotizza che a dare avvio all’iniziativa siano due soci che costituiscono una società in nome collettivo. Investimento Durata in euro ammortamento
Ammortamento annuo
Immobilizzazioni immateriali Notaio per costituzione s.n.c.
1.800,00
20
90,00
Consulenza commercialista per la costituzione della società Studio del logo
500,00
20
25,00
1.000,00
20
50,00
Allacciamento utenze
2.000,00
12
166,67
Consulenza geometra per ristrutturazione
2.500,00
12
208,33
Permessi e autorizzazioni vari
1.000,00
12
83,33
Promozione di avvio
3.000,00
2
1.500,00
Parcella agente immobiliare
1.500,00
12
125,00
Ristrutturazione locali
20.000,00
12
1.666,67
Insegna
2.000,00
12
166,67
Pastorizzatore 60 litri
17.000,00
12
1.416,67
Mantecatore a 63 litri/ora
25.000,00
12
2.083,33
Frigo positivo 600 l
1.500,00
12
125,00
Frigo negativo 700 l
1.700,00
12
141,67
500,00
12
41,67
Lavello
1.000,00
12
83,33
Pensili
600,00
12
50,00
Immobilizzazioni materiali
Arredi e attrezzature laboratorio
Tavolo da lavoro
Deposito cauzionale (tre mensilità di affitto) Anticipo conversazioni Telecom TOTALE INVESTIMENTO TOTALE ANNUO
AMMORTAMENTO
4.500,00 100,00 123.200,00 11.023,68
Glossarietto Investimento. Detto anche costo di investimento, è il costo che viene sostenuto per l’acquisto di beni la cui durata è superiore ad un anno. Durata dell’ammortamento. In questo contesto, per durata dell’ammortamento, non si intende quella fiscale che viene definita appunto dal Fisco bensì quella reale, cioè quella relativa all’effettiva durata dei beni oggetto di investimento. Ammortamento. E’ la quota, dei beni pluriennali che viene imputata a ciascun esercizio. Immobilizzazioni materiali. Si riferiscono agli investimenti necessari per l’acquisto di beni tangibili come, appunto tutti quelli riportati nell’ipotesi di piano degli investimenti sopra descritta. Immobilizzazioni immateriali. Fanno riferimento agli investimenti per l’acquisto di servizi e comunque di beni non tangibili. Immobilizzazioni finanziarie. Sono gli oneri dovuti a cauzioni e anticipi, non sono soggette ad ammortamento poiché si tratta di denaro, come per esempio, quello dovuto per il deposito cauzionale al momento della stipula del contratto di locazione che saranno restituiti alla risoluzione dello stesso.
Attrezzature revisionate, per contenere i costi di avvio
Di solito, a proporre le attrezzature revisionate, sono gli stessi fornitori di attrezzature nuove. Le attrezzature revisionate, infatti, sono macchinari, come il mantecatore o il pastorizzatore, già utilizzati da gelatieri che, per migliorare ed ampliare la capacità produttiva del proprio laboratorio e beneficiare delle agevolazioni fiscali di “fine ammortamento”, decidono di acquistarne di nuovi. A seconda della loro “anzianità”, arrivano a costare anche il 50% in meno del nuovo e, se acquistate da fornitori di fiducia, possono essere comunque un buon affare, a maggior ragione se si considera che le attrezzature normalmente in uso in una gelateria, se ben manutenute, possono durate oltre 10 anni. I rivenditori, inoltre, nel trattarle, hanno comunque la loro convenienza. Prima di tutto, possono offrire a chi acquista da loro i macchinari nuovi il ritiro dell’usato e riconoscere, grazie a questo, forti sconti sul prezzo di acquisto. In secondo luogo, hanno comunque la possibilità di soddisfare un cliente che vuole contenere gli investimenti di avvio, proprio acquistando attrezzature usate. E’ sempre loro interesse fare in modo che funzionino bene perché, una volta decollato il locale in cui sono state installate, sarà lo stesso gelatiere a volerle sostituire con attrezzature nuove e più sofisticate da acquistare dallo stesso fornitore, offrendogli così l’opportunità di ripetere il ciclo con altri operatori. Sconti e agevolazioni di pagamento Tutti i fornitori di macchinari e attrezzature prevedono sconti e agevolazioni di pagamento. Difficile darne una quantificazione poiché dipendono da moltissime variabili. Ci sono, per esempio, fornitori, che, in accordo con i propri clienti, preferiscono agevolarli offrendo loro l’opportunità di essere affiancati nella gestione della loro attività, per un periodo di tempo che può variare da uno a tre mesi, da un gelatiere esperto. Altri che preferiscono fare omaggio di alcuni arredi, come, per esempio, una mensola. E altri ancora che, avendo appena terminato una fiera di settore, optano per vendere le attrezzature in esposizione con sconti che possono arrivare anche a un 25/30% del prezzo di listino. In linea di massima, è possibile spuntare sconti del 20% a cui si può aggiungere un altro 3% se si paga in contanti, al momento dell’acquisto. Come finanziare l’inizio dell’attività? Una volta definito l’investimento di avvio attività, occorre attivarsi per reperire il denaro necessario. Ottenere i fondi pubblici è spesso un’impresa ardua, non soltanto perché le domande accolte sono una percentuale molto bassa sul numero di quelle presentate. Ma anche perché i fondi, ammesso che arrivino, per problemi di natura burocratica, arrivano anche due anni dopo la presentazione della domanda. La stragrande maggioranza dei gelatieri artigianali, per finanziare l’avvio della propria attività, ricorre quindi alle seguenti fonti di finanziamento: • capitale proprio • dilazioni di pagamento da parte dei fornitori • finanziamento bancario
Il capitale proprio.
Chi apre una gelateria, di solito, utilizza per almeno il 30% dell’investimento previsto il capitale proprio o quello dei soci. Se ad avviare l’attività è un giovane privo di capitale, diventa inevitabile il ricorso alla cosiddetta “banca di famiglia”, la principale fonte di finanziamento delle piccole imprese nazionali, soprattutto se avviate sotto forma di ditte individuali. Le dilazioni di pagamento. In genere, ammontano fino ad un massimo del 30% dell’investimento previsto per l’acquisto dei macchinari e delle attrezzature indispensabili allo svolgimento dell’attività. A seconda del rischio che è disponibile ad accollarsi il fornitore e della fiducia che riconosce al suo cliente, possono concretizzarsi in semplici dilazioni di pagamento oppure, come accade più frequentemente, in vere e proprie cambiali. Il finanziamento delle banche. I mutui, solitamente arrivano a coprire il 40% dell’investimento previsto per l’acquisto dei macchinari e delle attrezzature. Vengono rilasciati dalle banche ai clienti in grado di offrire loro le necessarie garanzie. Consistono in ipoteche su beni immobili come, per esempio, il locale in cui svolgere l’attività oppure l’abitazione di proprietà in cui si risiede o in fidejussioni. I finanziamenti di Artigiancassa I finanziamenti Artigiancassa consistono in contributi in conto interessi, cioè a tasso agevolato, e sono il principale strumento a favore di chi già gestisce o avvia una gelateria artigianale. Con la nuova disciplina che regolamenta l’accesso ai fondi operativa dal luglio 2003, le imprese hanno la possibilità di effettuare, grazie a questi finanziamenti, una più ampia tipologia di investimenti rispetto a quanto accadeva in passato. Che cosa finanziano. Alle già esistenti tipologie di spesa ammissibili alle agevolazioni - l’acquisizione di attrezzature e di macchinari produttivi nonché l’acquisto del laboratorio e le opere di ristrutturazione da effettuare al suo interno – ne sono, infatti, state inserite altre tra cui: l’acquisto di software, di diritti di brevetto, di licenze, di know how, di sistemi di qualità, di scorte, di prodotti finiti e di autovetture fino ad una cilindrata massima di 2.000 cc. A quanto ammontano i contributi. Un’impresa artigiana può ottenere un fido il cui ammontare massimo può arrivare a un milione di euro. Nell’ambito di questo fido, l’importo massimo ammissibile ai contributi in conto interessi può ammontare a 500.000 euro. L’abbattimento del tasso di interesse. Può arrivare fino al 90% del tasso di riferimento nel caso di imprese ubicate in un’area in OB. 2; fino all’80% nel caso di imprese costituite da donne in base a quanto prevede la legge a favore dell’imprenditoria femminile (n. 215 del 1992) e fino al 100%, se ad avviare l’impresa sono giovani di età non superiore a 30 anni. Per ottenere i contributi. E’ abbastanza farraginoso. In prima battuta, bisogna, infatti, presentare la richiesta di un prefinanziamento alla propria banca Poi ottenuto il denaro e pagate le fatture relative all’acquisto
dei beni per i quali si richiede il finanziamento, è possibile presentare la domanda per ottenerlo. Le garanzie da offrire prevedono soprattutto l’analisi delle opportunità di riuscita dell’azienda già esistente o da costituire. A chi rivolgersi Alle sedi locali della Confartigianato, (www.confartigianato.it), della Confederazione Nazionale dell’artigianato e delle Piccole e Medie Imprese (www.cna.it) e della Confederazione Autonoma Sindacati Artigiani (www.casartigiani.it).
I COSTI DI GESTIONE Qualche premessa Si guadagna di più vendendo il gelato da asporto o il classico cono? Quanto incide il costo delle materie prime sul prezzo di vendita del prodotto? E dopo quanti anni si riescono a recuperare gli investimenti di avvio attività? E’ ancora possibile permettersi di chiudere nei mesi invernali? Come si calcolano le tasse e i contributi da pagare sul reddito dell’attività... Sono solo alcune domande che più comunemente ci si pone. Per fornire una risposta concreta e soprattutto per fare in modo che ciascuno acquisisca le conoscenze per effettuare tutti i calcoli della situazione in autonomia, ci poniamo l’obiettivo di esporre un metodo per impostare il conto economico di una gelateria artigianale. Sarà poi cura di ogni operatore riportare l’esempio al caso suo, per arrivare a rispondere ad ogni quesito che desidera e per gestire l’attività con un più attento controllo dei costi. Lo scopo, soprattutto per i più giovani, quelli meno esperti e che non possono contare su dati “storici” dovuti alla gestione del laboratorio, è avere un più attento controllo della gestione dell’iniziativa, per poterla mandare avanti con maggiore tranquillità, senza andare incontro a cattive sorprese come, per esempio, non avere messo da parte il denaro per pagare le tasse, oppure ritrovarsi a dover corrispondere alla propria banca onerosi interessi passivi perché il proprio conto corrente è perennemente in rosso. In questa sezione, lo ribadiamo, offriamo un approccio organico al tema in questione, una traccia indicativa, in grado di offrire un riferimento utile che, per tutte le variabili possibili, dovrà poi essere verificata in ogni singola situazione. La crisi economica, la concorrenza dei prodotti industriali in vendita nella GDO a prezzi estremamente competitivi e più di 18/19.000 gelaterie attive a livello nazionale. Oggi gestire un laboratorio artigianale non è più come 20 anni fa: per avere successo, non basta offrire un prodotto di qualità. Bisogna anche essere buoni imprenditori, persone, cioè, in grado di effettuare un attento controllo dei ricavi e soprattutto dei costi. In tempi di crisi, infatti, può essere il caso di abbattere il margine di contribuzione per mantenere inalterati i guadagni puntando di più sulla quantità del venduto. Per raggiungere questo obiettivo strategico, è necessario impostare in maniera corretta i conti dell’iniziativa, a cominciare da una precisa quantificazione dei costi fissi e variabili per finire con la stima del punto di pareggio e delle opportunità di ricavo. Per sapere poi quanto rimarrà effettivamente in tasca a fine anno, è inevitabile imparare a meglio rapportarsi anche con il fisco, un “socio” con cui è possibile arrivare a dividere i propri guadagni anche al 50%. Ecco quindi in questa sezione un vademecum per comprendere quali sono i costi diretti e indiretti perché un cono di gelato sia remunerativo.
I principali costi fissi di una gelateria Gli ammortamenti Sono la quota, dei beni pluriennali (macchinari, attrezzature, arredi, ristrutturazione locali etc.) che viene imputata a ciascun esercizio. In maniera ancora più semplice, rappresentano la cifra che ogni anno un gelatiere deve accantonare per recuperare gli investimenti effettuati al momento dell’avvio dell’iniziativa. Si calcolano dividendo il costo sostenuto per l’acquisto di ciascun bene per il numero degli anni in cui si prevede di poterlo utilizzare. Il canone di affitto Il suo ammontare, che di solito comprende anche le spese di amministrazione, varia in funzione dell’ubicazione del laboratorio e della sua superficie. In linea di massima, si possono prevedere costi che variano da un minimo di 1.000 euro al mese ad un massimo di 7.500, una cifra alla quale, se la localizzazione è all’interno di un centro commerciale, è possibile dover aggiungere anche una spesa per le iniziative promozionali comuni a tutti gli operatori che lavorano nel centro, ciascuno dei quali contribuisce, di solito, in funzione del fatturato realizzato. L’imposta di registro E’ pari al 2% del canone di affitto annuo corrisposto al proprietario dei locali. Salvo diverse disposizioni previste dal contratto di locazione, spetta per il 50% al locatore e per il 50% al locatario. Il personale Insieme all’affitto è indubbiamente uno dei costi che più incide nella gestione dell’attività. La retribuzione dei collaboratori varia in funzione dell’anzianità, dell’esperienza e del livello di inquadramento. In linea di massima, tuttavia, un apprendista appena assunto percepisce una retribuzione lorda mensile di circa 500 euro al mese per 13 mensilità. Per il gelatiere il costo del lavoro è pari a questa cifra, considerato che a farsi carico dei contributi, come prevede proprio il contratto di apprendistato, è lo Stato. A partire dal sesto mese successivo all’assunzione, hanno inizio gli scatti di anzianità ed aumenti progressivi di stipendio che arrivano, dopo cinque anni - la durata dell’apprendistato nel settore della gelateria artigianale - ad un importo mensile pari a quello di un terzo livello, il più alto degli operai, che è 1.130 euro lordi mensili. Per un gelatiere, fra contributi e oneri vari, rappresentano un costo di 2.260 euro al mese, sempre per 13 mensilità. Il commercialista Per la tenuta della contabilità, il cui costo dipende dal professionista a cui ci si rivolge, si può quantificare una cifra annua a partire da 1.300 euro al mese. I costi burocratici Prevedono almeno l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane e alla Camera di Commercio nonché il rinnovo della tessera sanitaria. Possono essere quantificati in almeno 250 euro annui. Le manutenzioni e le riparazioni Fra riparazione delle attrezzature e manutenzione dei locali, è possibile quantificare un costo di almeno 1.000 euro all’anno, tenendo presente che, nel caso dei locali, sono a carico del locatario tutte le spese di ordinaria manutenzione come, per esempio, la riparazione delle saracinesche o l’imbiancatura.
Gravano, invece, sul locatore tutte le spese di straordinaria amministrazione come, per esempio, il rifacimento dei prospetti o del terrazzo. Sulle spese sostenute per queste opere, il locatore ha diritto a rivalersi sul locatario richiedendogli gli interessi passivi (nel 2004 ammpontano al 3%) sull’importo pagato per la realizzazione dei lavori che diventano parte integrante del canone di affitto. La promozione E’ una voce di costo che non dovrebbe mai mancare nel conto economico di un gelatiere. Per il successo dell’iniziativa, infatti, non è sufficiente produrre un gelato di qualità ed avere una buona localizzazione. Occorre prevedere anche l’organizzazione di iniziative specifiche per l’acquisizione di nuovi clienti, come per esempio, serate a tema, la distribuzione di materiale promozionale, la presenza di espositori nell’area di vendita e la messa a punto di strumenti per la fidelizzazione della clientela. Il gelatiere può considerare i costi promozionali sia come un costo fisso da predeterminare annualmente, sia un costo variabile, da definire in percentuale sulle vendite realizzate. L’assicurazione RC, furto e incendio Al momento non sono obbligatorie ma è consigliabile stipulare una buona polizza di responsabilità civile e una contro il furto e l’incendio. L’ammontare del premio annuo può variare in funzione della compagnia assicurativa scelta, dei massimali e della superficie dell’area di vendita. E’ possibile prevedere tuttavia un costo base di circa 600 euro all’anno. Gli interessi passivi Occorre metterli in preventivo, non soltanto nel caso in cui si siano accesi mutui per ottenere il denaro necessario alla ristrutturazione dei locali o all’acquisto delle varie attrezzature. Ma anche se si utilizzano fidi o scoperti di conto corrente come strumenti di finanziamento a breve termine. La tassa sui rifiuti Il suo ammontare cambia da comune a comune ed ha un costo che varia in funzione della superficie del laboratorio. Gli imprevisti Nell’arco dell’anno, un gelatiere può trovarsi di fronte alla necessità di sostenere costi imprevisti come, per esempio, l’acquisto di una nuova attrezzatura che si è rotta irreparabilmente, oppure la sostituzione di un tubo, la riparazione di un guasto nell’impianto elettrico etc. E’ sempre bene metterli in preventivo per essere in grado di coprirli. Le spese bancarie Per evitare commistioni fra la gestione del proprio denaro e quello del laboratorio, sarebbe sempre opportuno prevedere l’apertura di un conto corrente ad hoc per l’attività. Le spese per mantenerlo variano dal tipo di banca a cui ci si rivolge e dal particolare rapporto che si instaura con essa. A fine anno, fra bolli, operazioni e tenuta conto, anche il conto corrente ha un suo costo che va in ogni caso quantificato. L’aggiornamento professionale E’ un costo che può consistere nell’acquisto di libri e riviste specializzate, nella partecipazione a corsi di formazione professionale e nella visita a fiere e manifestazioni di settore.
I principali costi variabili Consistono nei costi necessari per acquistare non solo gli ingredienti per ottenere il gelato. Ma anche nei prodotti per servirlo e confezionarlo, come coni, tovaglioli, cucchiaini e contenitori. E poi nel costo dell’energia elettrica per far funzionare i macchinari e le attrezzature, compresa la vetrina espositiva. Rilevanti anche i costi di acqua considerato che i motori delle attrezzature in uso in una gelateria vengono raffreddati proprio ad acqua. In generale tutti i costi variabili appena citati, dovrebbero incidere sul prezzo di vendita del prodotto nella misura massima del 22/25%. Occorre tuttavia tenere presente che l’incidenza, soprattutto per quanto riguarda le materie prime, non è la stessa per tutte le specialità proposte in una gelateria. I costi di produzione del gelato alla frutta, che possono rappresentare un 40% delle vendite, sono, per esempio, inferiori rispetto a quelli necessari per produrre le creme. Tasse, imposte e contributi: Iva, Irap, Inps, Inail, Irpef... Un gelatiere è costretto a misurarsi con una serie di sigle il cui significato è spesso sconosciuto, ma che portano a veder ridurre, e di molto, il proprio guadagno. Ecco una rassegna estremamente orientativa di ciò a cui ognuna fa riferimento e una indicazione di massima di come quantificare l’importo dovuto, per sapere ciò a cui si va incontro quando si gestisce una gelateria.
I.N.P.S. E’ il contributo che occorre versare all’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale per avere diritto, raggiunta l’età pensionabile, a percepire una pensione il cui ammontare verrà calcolato in base all’entità dei contributi versati. I gelatieri la pagano in parte in misura fissa in parte in percentuale sull’utile. Sono cioè tenuti a versare circa 2.000 euro all’anno fino ad un utile di circa 11.000 euro. Se l’utile supera questa cifra, si paga una ulteriore quota da calcolare in percentuale nella misura di circa il 18% dell’utile eccedente che, a breve, dovrà arrivare ad essere il 20%. I.V.A. E’ l’imposta sul valore aggiunto. Colpisce cioè l’apporto di valore che il gelatiere aggiunge, svolgendo la propria attività, alle materie prime ai servizi e, più in generale, a ciò che utilizza per arrivare ad ottenere i prodotti che propone ai suoi clienti. Per calcolare l’imposta dovuta, a cadenza periodica (mensile o trimestrale), occorre sottrarre dall’Iva incassata con le vendite del mantecato (il 10% del prezzo di vendita del prodotto), quella pagata acquistando le attrezzature, i macchinari e i servizi utilizzati o da utilizzare per produrre (di solito al 20%). Viene da sé che l’Iva, per un gelatiere non è un costo, ma soltanto una partita di giro. I.R.A.P. E’ l’imposta regionale sulle attività produttive che ha sostituito la vecchia I.c.i.a.p.
(Imposta comunale sulle arti e professioni), la tassa di concessione governativa sulla Partita Iva e la cosiddetta ‘tassa della salute’. Si calcola nella misura del 4,75% sull’utile annuo prodotto dall’attività, cioè la cifra che rimane al gelatiere dopo aver sottratto ai ricavi i costi di gestione, compresi gli ammortamenti. I.N.A.I.L. Consiste in un premio annuo da riconoscere all’Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro per avere diritto ad un ‘rimborso’ in caso di incidente sul lavoro che impedisca al gelatiere temporaneamente o vita natural durante di svolgere la sua attività. Il suo ammontare si aggira sui 400 euro all’anno. I.R.P.E.F. L’imposta sulle persone fisiche si paga a scaglioni progressivi che vanno da un minimo del 23% (fino a 15.000 euro di reddito annuo) ad un massimo del 45% (oltre ai 70.000 euro di reddito annuo). Viene calcolata sul reddito generato dall’attività. Se, quindi, la gelateria è intestata ad una ditta individuale, si pagherà sull’utile, se è, una società, in funzione del reddito spettante a ciascun socio in base alle quote sociali in suo possesso.
Conviene di più vendere coni o gelato confezionato da asporto? E’ una domanda “classica” e, parlando con gli operatori, si comprende che ha una risposta meno semplice di quanto si possa pensare: c’è chi afferma con decisione che rende di più vendere il gelato da passeggio e chi ritiene con altrettanta sicurezza che è su quello da asporto che occorre puntare per totalizzare maggiori margini di guadagno. In effetti, può non esistere una risposta univoca poiché dipende da diversi fattori, come, per esempio, la quantità di gelato contenuta in ogni cono o il prezzo a cui viene venduto. Ci sono comunque alcuni aspetti su cui è bene riflettere. Perché i ricavi siano uguali, occorre fare in modo che con un chilo di gelato che può essere venduto in una confezione da asporto al prezzo di 12 euro, si preparino 8 coni da rivendere a 1,50 euro ciascuno contenenti circa 125 grammi di prodotto ognuno. La differenza di guadagno è data dalla differenza per il gelatiere del costo della confezione in polistirolo fra quello della cialda, dei tovagliolini e di eventuali cucchiaini. E soprattutto da quella dovuta alla maggiorazione di tempo necessaria per confezionare il prodotto. A proposito di coni e confezioni d’asporto, l’esperienza di numerosi operatori ci porta ad affermare che molto dipende anche dalla collocazione della gelateria. Se essa si trova lungo una passeggiata, in un’isola pedonale o in luoghi che richiamano molti turisti, sicuramente saranno richiestissimi i coni, per cui bisognerà organizzarsi anche con adeguato personale in grado di far fronte alle… improvvise “ondate” di clienti. Se invece la gelateria si trova lungo una strada di grande passaggio, meglio ancora se in una zona dove è facile trovare parcheggio per l’auto, allora sarà più probabile che una significativa percentuale di gelato verrà venduto in confezioni d’asporto. Margini di guadagno: I ricavi di una gelateria sono difficilmente quantificabili. Dipendono, infatti, da svariati e non prevedibili fattori: la qualità del prodotto, l’ubicazione del laboratorio in una città o in una località di riviera - in città i consumi in inverno si contraggono di un buon 30 per cento, anche del 70% nelle località turistiche - la simpatia del gelatiere o comunque di chi si occupa del servizio al cliente, la presenza di altri concorrenti, le iniziative promozionali realizzate dal gelatiere, le condizioni climatiche dell’annata e persino l’aspetto e la pulizia del locale. Niente da stupirsi, quindi, se, a fianco di gelaterie che producono 40 chili di gelato al giorno, ce ne sono altre che arrivano a commercializzarne anche 200 chili. Per poter quantificare i ricavi di una gelateria, una interessante indicazione di massima proviene dal Comitato di Coordinamento Esercenti Gelatieri della Federazione Italiana Pubblici Esercizi della Confcommercio che ha stimato che, nel 2003, il fatturato medio delle circa 18 / 19.000 realtà presenti a livello nazionale è stato di 140.000 euro. Una nota azienda produttrice di macchinari e attrezzature per gelaterie considera che, in media, ogni persona che rientra nel bacino di utenza di una gelateria, cioè l’insieme di possibili clienti che, orbitando nelle sue vicinanze, hanno tutte le potenzialità per diventarne clienti, possa consumare circa 4 chili di prodotto artigianale all’anno. Il punto di pareggio (break even point) Calcolare il punto di pareggio, cioè il momento a partire dal quale si sono coperti tutti i costi fissi di gestione, è senz’altro un ottimo modo per avere il controllo dell’attività e per verificare, anche mese per mese, se gli affari stanno andando come si vorrebbe o se è il caso di prendere provvedimenti come, per esempio, un maggiore investimento in promozione, per migliorarne l’andamento.
Il punto di pareggio si calcola con una formula matematica in base alla quale ‘Q’, cioè il numero di prodotti/servizi da vendere equivale ai costi fissi annui totali diviso il prezzo di vendita di ciascun prodotto/servizio meno i costi variabili necessari per produrlo. Prendendo l’esempio di conto economico, che fa riferimento ad una gelateria “tipo”, si può ipotizzare che, per mandare avanti il laboratorio, sia necessario sostenere costi fissi annui pari a 56.340,00 euro. Applicando la formula del punto di pareggio si può calcolare che ‘Q’, cioè il numero di chilogrammi di gelato da vendere per arrivare a coprire i costi, sia pari a 56.340,00 euro: 12 euro (il prezzo di ogni chilo di gelato) – 2.76, cioè il costo delle materie prime e delle utenze necessarie per produrre ogni chilo di gelato. Facendo i debiti calcoli, il titolare della gelateria in esame, per coprire i costi, deve arrivare a vendere circa 6.100 chili di gelato all’anno ovvero fatturare 73.200 euro, cioè 6.100 chili di prodotto per 12 euro cadauno. A questo punto, sarà facile, mese per mese, calcolare se si è raggiunto il fatturato di pareggio. Sarà, infatti, sufficiente dividere il fatturato annuo da totalizzare così calcolato per il numero di mesi in cui l’attività resterà aperta. Esempio di conto economico L’ipotesi di conto economico qui riportato è relativo ad una gelateria artigianale della superficie complessiva di 40 metri quadrati nella quale lavora il titolare dell’attività coadiuvato da due giovani apprendisti assunti regolarmente. I ricavi sono stati calcolati considerando che, in media, nell’arco dell’anno, in 250 giorni di apertura, la gelateria venda 50 chili di gelato al giorno al prezzo di 12 euro al chilo. CONTO ECONOMICO (esempio) Ricavi Vendite
50 Kg
12 €
250 giorni
Totale vendite Costi variabili Materie prime Utenze Totale costi var. Costi fissi Ammortamenti Affitto Imposta di registro Personale Commercialista Costi burocratici Manutenzioni e riparazioni Promozione Assicurazione Interessi passivi Tassa sui rifiuti Spese bancarie Aggiornamento professionale
150.000,00 150.000,00
16% 7% 23%
11.000,00 2.000,00 24.000,00 500,00 1.500,00 250,00 1.000,00 3.000,00 600,00 0 350,00 400,00 1.000,00
24.000,00 10.500,00 34.500,00
1 12 1% 13 1 1 1 1 1 1 1 1
2
11.000,00 24.000,00 240,00 13.000,00 1.500,00 250,00 1.000,00 3.000,00 600,00 0 350,00 400,00 1.000,00
Totale costi fissi TOTALE (fissi + variabili) UTILE LORDO
56.340,00 COSTI
90.400,00
59.600,00
Glossarietto Ammortamenti. E’ la quota, dei beni pluriennali che viene imputata a ciascun esercizio. Costi fissi. Sono tutti i costi di gestione che occorre sostenere indipendentemente dal fatturato prodotto. Si tratta, per esempio, dei canoni di affitto, degli ammortamenti dei beni, del costo del personale dipendente e degli interessi passivi. Costi variabili. Sono costi che, a differenza dei costi fissi, variano in misura direttamente proporzionale al fatturato. Si tratta, per esempio, del costo delle materie prime, della merce da vendere etc. A differenza dei costi fissi, quelli variabili si calcolano in percentuale sui ricavi ottenuti. Utile. E’ il guadagno derivante dallo svolgimento dell’attività. E’ la base imponibile sulla quale occorrerà poi pagare tasse, imposte e contributi.
Dieci regole per non sbagliare
1) Attenzione alla localizzazione in aree in cui sono presenti altri laboratori artigianali. Il gelato è un prodotto che incorpora aria. Tende quindi ad assorbire gli odori e i sapori dell’ambiente in cui si trova. Meglio evitare perciò, per esempio, la localizzazione in un grande centro commerciale, magari, vicino ad una rosticceria… 2) Prevedere l’esistenza di un fondo cassa. Coperti gli investimenti iniziali ed acquistate le attrezzature indispensabili, non si è risolto il problema del denaro. Per condurre l’iniziativa in tutta tranquillità e poter fare fronte ad eventuali imprevisti, soprattutto per chi l’ha appena avviata e, quindi, non può ancora contare su entrate certe, è consigliabile disporre di un fondo cassa di almeno 15.000/20.000 euro 3) Accertarsi che tutti i macchinari siano provvisti di una sicurezza “black out”. E’ utile non soltanto per proteggere i motori nel caso mancasse la corrente elettrica e per non interrompere eventuali processi di pastorizzazione in atto. Ma anche per evitare che il prodotto, una volta ottenuto, perda le sue caratteristiche organolettiche a causa dell’interruzione del ciclo del freddo. 4) Attenzione al mix dei prodotti da vendere. Occorre definirlo anche in funzione della localizzazione dell’attività. Torte gelato e prodotti da asporto possono funzionare moltissimo se si lavora soprattutto su una clientela locale e tendenzialmente fedele sia nei mesi estivi sia in quelli invernali. Coni e coppette rappresentano il 90% delle vendite delle gelaterie ubicate in isole pedonali o comunque in zone di grande passaggio. 5) Personalizzare il prodotto. Per definizione, il gelato artigianale non può essere omologato. Ogni gelateria, in altre parole, pur proponendo gli stessi gusti delle altre, dovrebbe avere una offerta completamente diversa rispetto a quella della concorrenza. Le ricette, quindi vanno personalizzate, anche se prevedono l’utilizzo di semilavorati. 6) La pulizia e l’igiene del locale devono essere una priorità. Per i consumatori, la scelta del gelatiere è una scelta di fiducia. Si basa non soltanto sulla qualità del prodotto, sulla simpatia e sulla serietà del gelatiere. Ma anche su altri aspetti tangibili del locale come, appunto, l’igiene e la pulizia. 7) Continuare ad investire nell’ acquisizione di competenze. La formazione e l’autoformazione sono utili sempre nella vita di un gelatiere. Non necessariamente devono riguardare soltanto le tecniche di produzione.
Ma anche quelle di gestione dell’attività che vanno dalla conoscenza del marketing a quella degli aspetti contabili e fiscali. 8) I prezzi possono variare in funzione della localizzazione dell’attività. La qualità del prodotto, i prezzi della concorrenza ed il ricarico da operare sulle materie prime non sono i soli parametri da valutare nella definizione del prezzo. Occorre tenere nella debita considerazione anche l’ubicazione del locale. In piazza Navona, in piazza San Marco o in prossimità del Colosseo, per esempio, un cono può essere venduto ad un prezzo maggiore rispetto a quello che è possibile spuntare se ci si trova in una via alla periferia di una qualunque città. 9) Dare spazio alla propria creatività. La creatività del gelatiere è essenziale per il successo dell’iniziativa. Serve non soltanto per inventare nuovi gusti capaci di suscitare la curiosità di un certo tipo di clientela. Ma anche per sviluppare un merchandising nell’area di vendita capace sia di incrementare genericamente le vendite sia per spingere un prodotto piuttosto che un altro. 10) Ripulire con molta attenzione le attrezzature. Le attrezzature in uso nel laboratorio possono durare anche 20 anni. Perché questo obiettivo sia raggiungibile è indispensabile un’adeguata e periodica manutenzione, oltre ovviamente ripulirle con la massima cura ogni volta che si usano.
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