Astori Dispense 1 Geroglifici Egiziani

November 23, 2017 | Author: tormael_56 | Category: Egyptian Hieroglyphs, Notation, Symbols, Languages, Semiotics
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BIBLIOTECA COMUNALE Passerini- Landi Sezione Didattica Via Carducci 14 29100 PIACENZA tel.0523/492404,492423 fax 0523/492400

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I Geroglifici egiziani

Relatore: prof. Davide Astori UNIVERSITA‘ DEGLI STUDI di Parma Dipartimento di Filologia Classica e Medievale mercoledì 3 ottobre 2007

DISPENSA di M.Elena Roffi

INDICE

♣ L’ANTICO EGITTO IN BIBLIOTECA

♣ NEL WEB http://it.wikipedia.org/wiki/Geroglifico http://www.geroglifici.it/segniger.htm http://www.anticoegitto.net/

- 1 –

L’ANTICO EGTTTO IN BIBLIOTECA PL = Passerini-Landi (Sede centrale) titolo

autore

edizione

collocazione

Il segreto dei geroglifici: come entrare nel magico mondo degli antichi egizi

Christian Jacq

Piemme 1999

493.1 JAC

Le chiavi dell'Egitto: svelare il mistero dei geroglifici: un'ossessione che cambiò la storia

Biblioteca PL

Lesley e Roy Adkins

Piemme 2000

493.1 AdkL

Podenza no

17P.06.18

PL

709.32 TIR

PL

932 GER

PL

Sergio Donadoni Arte egizia Arte egizia Bestiario egizio La civiltà egizia Il libro dei morti degli antichi egizi: testo e raffigurazioni del papiro di Ani La religione egizia I segreti dell'esodo: [l'origine egizia degli ebrei] Testi religiosi egizi I costruttori delle piramidi: un'indagine sugli operai del faraone Dall'età della pietra ai misteri eleusini La donna nell'antico Egitto Le donne dei faraoni: il mondo femminile dell'antico Egitto Egitto: la terra dei faraoni Egitto: l'epoca faraonica

Einaudi 1982 Francesco Tiradritti Giunti 2002 Philippe Germond, Jacques Livet Le lettere 2001 Alan Gardiner

Einaudi 1971

16L.01.30

PL

A cura di Guy Rachet

Piemme 1997

299.31 LIB

PL

Siegfried Morenz

Il Saggiatore 1968 Tropea 2005

16G.04.74

PL

221.9 SAB

PL

MAGAZZ. 2L.02

PL

Messod e Roger Sabbah a cura di Sergio Donadoni

UTET 1970

A. Rosalie David

Einaudi 1989

18P.06.57

PL

Mircea Eliade

Sansoni 1979

17L.09.27 19B.05.44

PL

305.420932 LEO

PL

305.420932 JAC

PL

Enrichetta Leospo, Mario Tosi Christian Jacq

Giunti 1997

Mondadori 1998

a cura di Regine Konemann, c1999 Schulz e Matthias Seidel Alessia Fassone, Electa 2007 Enrico Ferrarsi

- 2 -

709.32 EGI PL 930 DIZ PL

titolo Egitto Egitto e Nubia

autore Irmgard Woldering Maurizio DamianoAppia Pierre Montet

edizione

collocazione Biblio-

Il Saggiatore 19A.03.36 1962 A.Mondadori 1995 VT 916.2 DAM

teca PL PL

Il Saggiatore 1964

16G.04.69

PL

Einaudi 2005

135.3 BRE

PL

I re pastori: gli hiksos

Edda Bresciani Nicola Santoro

Tamari 1975

17L.07.59

PL

La religione dell’antico Egitto

Silvia Maria Chiodi

Rusconi 1994

299.31 CHI

PL

Jacques Pirenne

Sansoni 1967-68

16E.04.0910-11

a cura di Francesco Tiradritti

Electa 1999

17E.02.43

Egitto eterno La porta dei sogni: interpreti e sognatori nell'Egitto antico

PL

Storia della civiltà dell'antico Egitto Sesh: lingue e scritture nell'antico Egitto: inediti dal Museo Archeologico di Milano

PL

♣ NEL WEB http://it.wikipedia.org/wiki/Geroglifico I geroglifici sono i segni pittorici che compongono il sistema di scrittura utilizzato dagli antichi Egizi, che combina elementi ideografici, sillabici e alfabetici. Un sistema simile venne utilizzato anche dalla civiltà minoica, tra il 2000 a.C. e il 1650 a.C. circa. Etimologia Il termine geroglifico deriva dalla parola greca ιερογλύφος (hieroglúphos), composta da hiero- (Υερός), che significa "sacro", e glypho (γλύφειν), che significa "incidere". La frase egiziana per geroglifici è traslitterata come mdw n_tr (spesso trascritta medu netjer; letteralmente "parole divine"). Storia ed evoluzione Per molti anni, la più antica iscrizione geroglifica è stata la Paletta Narmer, trovata durante gli scavi a Hierakonpolis (la moderna Kawm al-Ahmar) alla fine del XIX secolo, databile al 3000 a.C. circa. Nel 1998 una equipe archeologica tedesca durante gli scavi ad Abydos (la moderna Umm el-Qa'ab) scoprì la tomba Uj di un sovrano predinastico e rinvenne trecento tavolette d’argilla iscritte con proto-geroglifici. Questo sepolcro è stato datato al 3400 a.C. circa. In seguito allo sviluppo ed alla diffusione della scrittura tra la popolazione egizia, le forme dei glifi si andarono semplificando nei due tipi di scritture derivate: lo ieratico (usato fin dai tempi più antichi per la scrittura su papiro) e il demotico (derivato dallo ieratico, prima come semplice stenografia e diventato poi di uso comune a partire dalla XXVI dinastia). La scrittura geroglifica rimase in uso come forma cerimoniale ed epigrafica. - 3 -

I geroglifici continuarono ad essere usati anche dopo la conquista dell’Egitto ad opera di Alessandro Magno ed anche per tutto il periodo della dominazione romana. È indicativo che la Stele di Rosetta, testo di epoca tolemaica, contenga lo stesso testo sia in forma geroglifica che demotica (oltre che in greco). È probabile che la scrittura geroglifica tarda divenne più complessa, almeno in parte, come risposta al cambiamento della situazione politica. Alcuni ipotizzano che i geroglifici avessero la funzione di distinguere i 'veri egiziani' dai conquistatori stranieri (ed i loro alleati locali). Questo aspetto potrebbe spiegare il travisamento che si evidenzia nei commenti superstiti degli scrittori greci e romani riguardo ai geroglifici. Gli autori greco-romani interpretarono, infatti, la scrittura geroglifica come un sistema allegorico, se non addirittura magico, di trasmissione di conoscenze segrete e mistiche. Sarebbe così spiegata anche l’inesatta traduzione creata da Clemente Alessandrino per descrivere la pittografia egizia, interpretata come scrittura 'sacra'. Dal IV secolo furono pochi gli Egiziani capaci di leggere questa scrittura, ed il "mito" dei geroglifici si sviluppò. L’utilizzo monumentale dei geroglifici cessò dopo la chiusura di tutti i templi non cristiani voluta nel 391 dall’imperatore romano Teodosio I; l’ultima iscrizione a noi nota, proveniente da un tempio di File, è databile al 394. Sempre nel quarto secolo apparsero gli Hieroglyphica di Orapollo, una 'spiegazione' di quasi 200 segni. L’opera, autorevole ma ricca di errate interpretazioni, fu un ulteriore impedimento alla decifrazione della scrittura egizia. Mentre gli studiosi del passato hanno enfatizzato le origini greche dell’opera, ricerche recenti hanno messo in risalto residui di conoscenze genuine ed interpretato il lavoro come un disperato tentativo di un intellettuale egiziano di recuperare un passato ormai sepolto. Comunque gli Hieroglyphica esercitarono una notevole influenza sul simbolismo del Rinascimento, ed in modo particolare sul libro degli emblemi di Andrea Alciato ed anche sulla Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna. Molti studiosi moderni tentarono di decifrare i geroglifici nei secoli, soprattutto Athanasius Kircher nel XVII secolo, ma questi tentativi fallirono o quanto meno giunsero a trascrizioni fittizie basate su presupposti errati, basandosi sull’ipotesi che i geroglifici avessero esclusivamente un valore simbolico. Si deve a Thomas Young e Jean-François Champollion la decifrazione della scrittura egizia agli inizi del XIX secolo. La scoperta della Stele di Rosetta da parte delle truppe napoleoniche durante l’invasione dell’Egitto fu l'evento che fornì le informazioni necessarie che permisero a Champollion di giungere alla comprensione dei geroglifici.

- 4 -

Scrittura Segni monoconsonantici Segno Traslitterazione Pronuncia Note

o

o

chiamato aleph, avvoltoio egiziano

3

a



i/a

y

y

doppio yodh un paio di canne o due barre

̒

a

chiamato ayin, fricativa faringale sonora braccio

chiamato yodh canna

chiamato waw pulcino di quaglia o sua abbreviazione ieratica

w

w/u

b

b

piede

p

p

stuoia di canna o sgabello

f

f

vipera cornuta

m

m

civetta

n

n

acqua

r

r

bocca

h

h

tettoia di giunchi o cortile

h

h enfatica, fricativa faringale sorda, treccia di lino o lucignolo

̒

kh

suono gutturale, fricativa velare sorda, placenta o palla di stringhe (?)

̒

kh

suono dolce, fricativa palatale sorda, ventre di animale con coda

s

s

̒

stoffa piegata o chiavistello

o

š

sh

̒

k

k enfatica, occlusiva uvulare sorda, pendio

k

k

cesto con manico

g

g

supporto di vaso

t

t

focaccia

̒

ch

d

d

mano

̒

j

cobra

stagno

pastoia

È un sistema complesso, una scrittura figurativa, simbolica e fonetica insieme, nello stesso testo, nella stessa frase, potrei addirittura dire nella stessa parola. Jean-François Champollion. Lettera a M. Dacier, 27 settembre 1822 I geroglifici consistono di tre tipi di caratteri: caratteri fonetici, inclusi quelli di un unico fonema, come un alfabeto, ma anche molti caratteri rappresentanti una o più sillabe, ideogrammi, rappresentanti una parola, e determinativi, i quali indicano la categoria semantica della pronuncia di una parola senza specificarne il significato preciso. La scrittura geroglifica consta di 24 caratteri principali (simboli per un singolo fonema), alle quali si aggiungono molti più segni biconsonantici (simboli per due fonemi combinati). Vi sono anche segni triconsonantici (tre fonemi), anche se sono meno comuni degli altri. In totale la scrittura geroglifica consta di circa 800 caratteri. L’orientamento dei geroglifici scritti sinistrorsa secondo destra la lettura verticalmente vanno

segni geroglifici può essere in linea od in colonna. I in orizzontale possono essere letti in maniera destrorsa o l’orientamento delle figure descritte (se sono rivolte a è da destra verso sinistra). Nel caso fossero disposti letti dall’alto verso il basso.

Da notare che le vocali non sono trascritte nei geroglifici, la pronuncia è aiutata dall’aggiunta di una e interconsonantica. Per esempio: nfr -> nefer = bello, buono. - 6 -

Il termine egizio per 'Tolomeo' è scritto in geroglifico nel seguente modo:

Le lettere nel cartiglio sottostante sono: P L O E E S T M dove EE è considerata una lettera singola ed è traslitterata I o Y. Un altro esempio della modalità di scrittura geroglifica può trovarsi nei due significati della parola egizia pr (solitamente pronunciato per). Il suo primo significato è 'casa', e la sua rappresentazione geroglifica è:

In questo caso il geroglifico di 'casa' funziona come un ideogramma: esso rappresenta la parola con un singolo segno. La barra verticale sottostante il geroglifico è un modo comune di indicare che un segno sta funzionando come ideogramma. Il termine pr può anche significare 'uscire'. Quando questa parola è scritta, il geroglifico 'casa' è utilizzato come simbolo fonetico:

In questo caso il geroglifico 'casa' sta per le consonanti pr. Il segno 'bocca' sottostante è un complemento fonetico: si legge come r, rinforzando la lettura fonetica di pr. Il terzo segno grafico è il determinativo, è un ideogramma che fornisce al lettore il significato generale di cosa è scritto: qui implica un verbo di movimento. Demotico Il termine Demotico si riferisce sia all'antica scrittura egiziana derivata dalle forme settentrionali di ieratico usate nel Delta, sia allo stadio della lingua egizia successivo al tardo egiziano e precedente al copto. Per convenzione, il termine "Demotico" si scrive con l'iniziale maiuscola per distinguerlo dal greco demotico. Scrittura La scrittura demotica (in precedenza chiamata Egiziano enchoriale) fu usata per più di mille anni e durante questo periodo si succedettero un certo numero di stadi di sviluppo. Demotico antico Il Demotico antico (spesso chiamato con il termine tedesco Frühdemotisch) si sviluppò nel Basso Egitto durante il periodo finale della XXV dinastia, in particolare sulla stele del Serapeo a Saqqara. È generalmente datata tra il 650 a.C. e il 400 a.C. così come molti testi scritti in Demotico antico sono datati alla XXVI dinastia e il seguente periodo persiano (XXVII dinastia). Dopo la riunificazione dell'Egitto sotto Psammetico I, il Demotico rimpiazzò lo Ieratico - 7 -

nell'Alto Egitto, in particolare durante il regno di Amosis quando divenne ufficialmente la scrittura amministrativa e legale. Durante questo periodo, il Demotico fu usato solo per testi amministrativi, legali e commerciali, mentre i geroglifici e lo ieratico erano riservati per altri testi. Demotico medio Il Demotico Medio è la fase di scrittura usata durante il periodo Tolemaico. Dal IV secolo a.C. in poi, il Demotico crebbe in prestigio, come si può vedere nell'incremento del suo uso per testi letterari e religiosi. Dalla fine del III secolo a.C., il greco fu più importante, perché era la lingua usata dagli amministratori della regione; i contratti in demotico persero molto della loro forza giuridica finché non ci fu una nota scritta in greco che attestava il fatto che fosse stato registrato dalle autorità. Demotico Tardo (romano) Dall'inizio della dominazione romana in Egitto, il Demotico fu usato sempre meno nella vita pubblica. Ci sono, però, un certo numero di testi letterari scritti il Demotico tardo (circa 30 a.C.–452), specialmente del primo e secondo secolo, sebbene la quantità di testi demotici decresca rapidamente verso la fine del secondo secolo. In epoca successiva il Demotico fu usato solo per alcuni ostraca, sottoscrizioni a testi greci, etichette di mummie e graffiti. L'ultimo esempio datato di scrittura demotica risale all'11 dicembre 452 e consiste in un graffito sulle mura del tempio di Iside a Philae. Linguaggio La lingua demotica è una tarda varietà del tardo Egiziano e ha molto in comune con la più tarda lingua copta. Nelle prime fasi del Demotico, come i testi scritti nella scrittura demotica antica, rappresentava probabilmente l'idioma parlato a quel tempo. Ma, essendo sempre più usato solo per scopi letterari e religiosi, la lingua scritta cominciò a divergere sempre più dalla forma parlata, dando così un carattere artificiale ai testi in Demotico tardo, similmente all'uso del Medio Egiziano classico durante il periodo tolemaico. Decifrazione Il Demotico è la seconda scrittura che si trova sulla Stele di Rosetta. Fu decifrata prima della scrittura geroglifica, inizialmente con gli sforzi di Silvestre de Sacy. La lingua egizia è una lingua che appartiene al gruppo linguistico delle lingue afro-asiatiche, imparentata con il gruppo delle lingue berbere e con quello delle lingue semitiche. Le prime testimonianze scritte della lingua dell'Antico Egitto risalgono all'incirca al 3200 a.C. e la lingua sopravvisse fino al V secolo nella forma dell'egizio demotico e fino al medioevo nella forma della lingua copta; la sua lunga durata, oltre quattro millenni, la rende una delle lingue storiche più antiche conosciute agli uomini moderni. La lingua ufficiale dell'Egitto è attualmente l'arabo, che progressivamente, nei secoli successivi alla conquista arabo-musulmana, sostituì l'egizio e la lingua copta come lingua quotidiana. Il copto viene ancora usato come lingua liturgica nella chiesa cristiana copta. Gli studiosi raggruppano la lingua egizia in sei grandi suddivisioni cronologiche: • • • •

Egizio Egizio Egizio Egizio

arcaico (prima del 2600 a.C.) antico (2600 a.C. - 2000 a.C.) medio (2000 a.C. - 1300 a.C.) tardo (1300 a.C. - 700 a.C.) - 8 -

• •

Egizio demotico (VII secolo a.C. - V secolo d.C.) Copto (IV - XIV secolo d.C.)

La scrittura ideografica egizia risalirebbe al 3000 a.C. e i testi in essa redatti sono generalmente raggruppati nella denominazione di "egizio arcaico". L'egizio antico fu parlato per oltre 500 anni, dal 2600 a.C. in poi. L'egizio medio fu parlato a partire circa dal 2000 a.C. per altri 700 anni, fino all'apparire dell'egizio tardo; sopravvisse ancora fino ai primi secoli dell'era cristiana come lingua scritta, in modo simile al latino durante il Medioevo. Il demotico apparve intorno al 650 a.C. e sopravvisse come lingua scritta fino al V secolo d.C.. Il copto, il cui dialetto bohairico è tuttora utilizzato dalle chiese cristiane egiziane, apparve nel IV secolo e sopravisse come lingua scritta di uso corrente fino al XIV secolo e probabilmente fu utilizzato ancora come lingua parlata nelle campagne ancora per qualche secolo. L'arabo rimpiazzò gradualmente il copto parlato e venne utilizzato come lingua dell'amministrazione politica musulmana da subito dopo le invasioni arabe del VII secolo. L'egizio antico, medio e tardo utilizzavano la scrittura geroglifica e quella ieratica. Dalla scrittura ieratica deriva anche quella utilizzata per il demotico, la cui apparenza è vagamente simile alla moderna scrittura araba, sebbene non ci sia alcuna parentela. Il copto fu scritto utilizzando l'alfabeto copto, una forma modificata dell'alfabeto greco, con alcuni simboli presi in prestito dal demotico per i suoni che non comparivano nel greco antico. Struttura della lingua L'egizio presenta diverse caratteristiche proprie delle lingue afroasiatiche. È formato da parole con radici prevalentemente triconsonantiche (come /nfr/ ("bello"). Sono tuttavia presenti anche termini con radici biconsonantiche, come per esempio il suono /r'/ ("sole"; l'apostrofo indica una fricativa faringale sonora), e alcuni con un numero di consonanti ancora maggiore, ad esempio cinque come /sxdxd/ ("essere sotto-sopra"). Le vocali e le altri consonanti venivano poi aggiunte alla radice per dare origine alle parole della lingua, in modo simile a quanto tuttora avviene nell'arabo o nell'ebraico. Nella maggior parte dei casi ignoriamo quali fossero le vocali aggiunte, in quanto l'egizio, in modo analogo alle lingue afroasiatiche moderne, non scriveva le vocali: di conseguenza, il termine "ankh" potrebbe significare "vita", "vivere" o "vivendo". Nella moderna trascrizione, "a", "i" e "u" rappresentano delle consonanti egizie: per esempio il nome di Tutankhamen era scritto in egiziano come "twt 'nkh ymn" (l'apostrofo rappresenta sempre una fricativa faringale sonora). Gli esperti hanno attribuito a questi segni dei suoni generici, per imitarne idealmente la possibile pronuncia originale. Si tratta tuttavia di una convenzione e non della pronuncia effettivamente utilizzata, come molti credono. Fonologicamente, l'egizio differenziava consonanti bilabiali, labiodentali, alveolari, palatali, velari, uvulari, faringali e glottali, in una distribuzione simile a quella dell'arabo. L'ordine delle parole è "Verbo-Soggetto-Oggetto"; laddove noi scriveremmo "l'uomo apre la porta" (Soggetto-Verbo-Oggetto), gli Egizi avrebbero detto "apre l'uomo la porta". Morfologicamente, come in altre lingue semitiche, viene usato il costrutto detto "status constructus" che combina due o più vocaboli: in questa trasformazione il primo vocabolo subisce spesso variazioni (ad esempio una -h finale diventa -t nei nomi femminili e in mlkt shba ("la regina di Saba"), mlkt è la trasformazione dal termine mlkh. - 9 -

Inizialmente non erano conosciuti gli articoli, né quelli per "il", né quelli per "un"; le forme più tarde utilizzarono invece a questo scopo le parole /p3/, /t3/ e /n3/ (dove il segno "3" sta per il suono emesso con il colpo di glottide). Erano utilizzati due soli generi grammaticali, il maschile e il femminile, in modo analogo a quanto oggi accade nelle lingue romanze e nell'irlandese; erano inoltre utilizzati tre numeri grammaticali e come molte altre lingue afro-asiatiche, si differenziavano forme singolari, plurali e duali. Infine in una frase come "l'uomo è rosso", la parola "rosso" (dSrt in egizio) si comporta come un verbo predicativo. Traslitterazione della lingua egizia Nel campo dell'egittologia, per traslitterazione dei testi scritti in lingua egizia si intende il processo di conversione (o mappatura) dai geroglifici (o dai loro equivalenti ieratici e demotici) a simboli alfabetici che li rappresentano. Questo processo facilita la pubblicazione dei testi, nei quali l'inclusione di fotografie o disegni di un documento egizio è poco pratica. Bisogna sottolineare il fatto che traslitterazione e trascrizione non sono la stessa cosa: la trascrizione, infatti, cerca di riprodurre il modo in cui le parole erano pronunciate. Ad esempio, il nome del fondatore della XXII dinastia è traslitterato ššnq ma trascritto Shoshenq in inglese, Chéchanq in francese, Sjesjonk in olandese, e Scheschonq in tedesco. Poiché la fonetica dell'antica lingua egizia non è ancora conosciuta completamente, la maggior parte delle trascrizioni è solamente teorica. Gli egittologi, pertanto, si affidano alla traslitterazione nelle pubblicazioni scientifiche. Sistemi standard di traslitterazione Nonostante l'importanza che la traslitterazione riveste nel campo dell'egittologia, non esiste un unico sistema standard in uso per i testi geroglifici e ieratici. Qualcuno potrebbe argomentare che esistono tanti sistemi di traslitterazione quanti sono gli egittologi. Ad ogni modo, ci sono alcuni sistemi, tra loro correlati, che possono essere considerati convenzionali. Molti egittologi usano il sistema descritto da Alan Gardiner nel 1954, mentre la maggior parte degli egittologi di lingua tedesca opta per quello usato nel dizionario standard della lingua egizia, il Wörterbuch der aegyptischen Sprache (Erman e Grapow 1926-1953). C'è comunque una tendenza crescente, anche tra gli studiosi di lingua inglese, ad adottare una versione modificata del metodo usato nel Wörterbuch (ad esempio, Allen 2000). Sebbene questi approcci convenzionali siano stati ampiamente accettati ed utilizzati a partire dalla seconda metà del XIX secolo fino ai giorni nostri, recentemente ci sono stati alcuni tentativi di adottare un sistema modificato che si basi in un certo modo sull'alfabeto fonetico internazionale (IPA). Tra questi, quello che ha avuto più successo è il sistema sviluppato da Wolfgang Schenkel (1990), utilizzato piuttosto ampiamente in Germania e in altri paesi di lingua tedesca. Più recente è una proposta di Thomas Schneider (2003), ancora più vicina all'IPA, ma non ancora diffusamente utilizzata. La principale critica che viene mossa contro questi sistemi è che danno l'impressione di essere scientificamente più accurati rispetto alla pronuncia della lingua egizia, accuratezza che è però molto discutibile. Infatti, il sistema si basa sulla pronuncia teorica che avrebbe dovuto avere l'egiziano medio e non tiene in considerazione le fasi più antiche e più recenti della lingua, che andrebbero traslitterate anch'esse con lo stesso sistema. - 10 -

Traslitterazione elettronica Nel 1984 un sistema di traslitterazione standard, basato sul codice ASCII, fu proposto da un gruppo internazionale di egittologi alla prima Table ronde informatique et égyptologie, ed in seguito fu pubblicato nel 1988 (Buurman, Grimal, et al., 1988). Questo sistema è conosciuto oggi come Manuel de codage (o MdC), dal titolo francese della pubblicazione (Inventaire des signes hiéroglyphiques en vue de leur saisie informatique: Manuel de codage des textes hiéroglyphiques en vue de leur saisie sur ordinateur). È ampiamente utilizzato nelle mailing list e nei forum di discussione in internet, sia da egittologi professionisti come da un pubblico interessato. Il sistema del Manuel de codage non fornisce solamente delle semplici traslitterazioni alfabetiche, ma specifica anche un complesso metodo per codificare elettronicamente interi antichi testi egizi, indicando caratteristiche come il posizionamento, l'orientamento e la dimensione dei singoli segni geroglifici. Questo sistema è usato (anche se spesso con modifiche) da vari pacchetti software sviluppati per comporre testi geroglifici (come WinGlyph, MacScribe, InScribe, Glyphotext, WikiHiero, e altri). I progressi dello standard Unicode hanno reso possibile la quasi completa traslitterazione dei testi egizi utilizzando un font Unicode relativamente completo, senza dovere utilizzare un font specifico per la traslitterazione (come si faceva spesso in passato). Demotico Essendo l'ultimo stadio della lingua egizia prima del copto, il Demotico è stato a lungo traslitterato utilizzando gli stessi sistemi adoperati per i testi geroglifici e ieratici. Nel 1980 però i Demotisti adottarono uno standard di traslitterazione uniforme ed internazionale basato sul sistema utilizzato per i geroglifici, ma con l'aggiunta di ulteriori simboli per le vocali (che sono indicate frequentemente nel Demotico) e per altre lettere che erano scritte nei testi Demotici. Questo metodo è utilizzato dal dizionario Demotico dell'istituto di studi orientali dell'Università di Chicago (in inglese, Demotic Dictionary of the Oriental Institute of the University of Chicago, vedi anche il sito CDD). Poiché questo sistema è di interesse solamente per gli specialisti dello studio del Demotico, per maggiori dettagli si può fare riferimento alla bibliografia che segue: • • • • •

de Cenival, Françoise. 1980. "Unification des méthodes de translittération." Enchoria: Zeitschrift für Demotistik und Koptologie 10:2–4. Johnson, Janet H. 1980. "CDDP Transliteration System." Enchoria 10:5–6. Johnson, Janet H. 1991. Thus Wrote 'Onchsheshonqy: An Introductory Grammar of Demotic. 2nd ed. Studies in Ancient Oriental Civilization 45. Chicago: University of Chicago Press. Tait, William John. 1982. "The Transliteration of Demotic." Enchoria 11:67–76. Thissen, Heinz-Josef. 1980. "Zur Transkription demotischer Texte." Enchoria 10:7–9.

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Esempio di testo

"un'offerta che il re consegna; e Osiride, Primo degli Occidentali [cioè i morti], il Grande Dio, Signore di Abydos; e Upuaut, Signore della Terra Sacra [cioè la necropoli]." Può anche essere tradotto "un'offerta reale di Osiride, Primo degli Occidentali, il Grande Dio, Signore di Abydos; e di Upuaut, Signore della Terra Sacra" [Allen 2000:§24.10].) Bibliografia • •



• • • •

James Paul Allen. 2000. Middle Egyptian: An Introduction to the Language and Culture of Hieroglyphs. Cambridge: Cambridge University Press. Jan Buurman, Nicolas-Christophe Grimal, Michael Hainsworth, Jochen Hallof e Dirk van der Plas. 1988. Inventaire des signes hiéroglyphiques en vue de leur saisie informatique: Manuel de codage des textes hiéroglyphiques en vue de leur saisie sur ordinateur. Terza edizione. Informatique et Égyptologie 2. Mémoires de l'Académie des Inscriptions et Belle-Lettres (Nouvelle Série) 8. Paris: Institut de France. Adolf Erman e Hermann Grapow, ed. 1926–1953. Wörterbuch der aegyptischen Sprache im Auftrage der deutschen Akademien. 6 volumi. Leipzig: J. C. Hinrichs'schen Buchhandlungen. (ristampa Berlin: Akademie-Verlag GmbH, 1971). Alan Henderson Gardiner. 1957. Egyptian Grammar; Being an Introduction to the Study of Hieroglyphs. Terza edizione. Oxford: Griffith Institute. Rainer Hannig. 1995. Großes Handwörterbuch Ägyptisch–Deutsch: die Sprache der Pharaonen (2800–950 v. Chr.). Kulturgeschichte der antiken Welt 64 (Hannig-Lexica 1). Mainz am Rhein: Verlag Philipp von Zabern. Wolfgang Schenkel. 1990. Einführung in die altägyptische Sprachwissenschaft. Orientalistiesche Einführungen. Darmstadt: Wissenschaftliche Buchgesellschaft. Thomas Schneider. 2003. "Etymologische Methode, die Historizität der Phoneme und das ägyptologische Transkriptionsalphabet." Lingua aegyptia: Journal of Egyptian Language Studies 11:187–199.

Sistema di numerazione egizio Il sistema di numerazione egizia è un sistema di numerazione usato nell'antico Egitto. È un sistema numerico decimale, scritto sia con i geroglifici che in ieratico. Cifre e numeri I seguenti geroglifici erano usati per denotare le potenze di dieci:

Valore

Geroglifico

1

10

100

1.000

10.000 100.000

1 milione, o infinito

o

trattino Descrizione singolo

pastoia per bestiame o giogo

rotolo di fune

ninfea o fiore di loto

dito

girino o rana

uomo con entrambe le mani alzate

I multipli di questi valori venivano espressi ripetendo il simbolo tante volte quante era necessario. Ad esempio, un'iscrizione proveniente da Karnak mostra il numero 4622 come

I geroglifici egizi possono essere scritti in entrambe le direzioni (orizzontalmente e anche verticalmente). Questo esempio è scritto da sinistra a destra e dall'alto in basso; nell'iscrizione originale, è scritto da destra a sinistra, e i segni sono perciò invertiti. Numeri scritti foneticamente Al di là del sistema di numerazione, nell'antica lingua egizia si potevano anche scrivere i numeri come parole, foneticamente, proprio come in italiano si può scrivere "trenta" invece di 30. Ad esempio, "trenta", che in egiziano si diceva m ‘b3 (maba), era scritto

mentre il numero 30 era scritto

Questa pratica era comunque rara per la maggior parte dei numeri, ad eccezione dei numeri "uno" (w) e "due" (snwj). Numerazione ieratica Visto che la maggior parte dei testi amministrativi e di contabilità erano scritti su papiro o su ostraka, piuttosto che essere incisi nella pietra (come accadeva per i testi geroglifici), la stragrande maggioranza dei testi che utilizzano il sistema di numerazione egizio sono in scrittura ieratica. Esempi di numeri scritti in ieratico possono essere trovati a partire dal periodo arcaico. I papiri di Abusir, dell'Antico Regno, sono un importante insieme di testi che utilizzano i numeri ieratici. - 13 -

Si è pensato a lungo che la scrittura ieratica utilizzasse un numerazione, disponendo di segni individuali per i numeri decine da 10 a 90, per le centinaia da 100 a 900, e per le 9000. Un numero molto grande come 9999 poteva pertanto essere segni (combinando i segni che indicano 9000, 900, 90, e 9) geroglifici.

diverso sistema di da 1 a 9, per le migliaia da 1000 a scritto solo con 4 invece che con 36

La differenza però è più apparente che reale, visto che i cosiddetti "segni individuali" derivano in realtà dalle legature usate dagli scribi. Nei testi ieratici più antichi, i singoli segni sono scritti chiaramente, ma durante l'Antico Regno fu sviluppata una serie di scritture standardizzate per gruppi di segni contenenti più di un simbolo. Mano a mano che il sistema di scrittura ieratico si sviluppò nel tempo, questi gruppi di segni furono ulteriormente semplificati per velocizzare la scrittura; questo processo continuò anche nel demotico. Pertanto non è corretto parlare di questi gruppi di segni legati come di un diverso sistema di numerazione, come, allo stesso modo, sarebbe scorretto parlare di differenti sistemi ortografici comparando gruppi di segni legati nei testi letterari ieratici con testi geroglifici simili. Due famosi papiri matematici che usano la scrittura ieratica sono il papiro di Mosca ed il papiro di Rhind. Il papiro di Rhind è il più esteso papiro egizio di natura matematica giunto fino a noi. Deve il suo nome all'antiquario scozzese Henry Rhind che lo acquistò nel 1858 a Luxor in Egitto. È anche noto come Papiro di Ahmes dal nome dello scriba che lo trascrisse verso il 1650 AC durante il regno di Aphophis (quinto sovrano della XV dinastia) traendolo da un papiro precedente composto fra il 2000 AC e il 1800 AC. Si trova attualmente al British Museum che lo acquistò nel 1865; alcuni piccoli frammenti sono conservati al Brooklyn Museum di New York. É scritto in ieratico ed è largo 33cm e lungo 3m. Contiene tabelle di frazioni e 84 problemi aritmetici, algebrici e geometrici con le relative soluzioni. Ieratico La scrittura ieratica è la forma di scrittura dell'Antico Egitto correntemente utilizzata dagli scribi. Sviluppatasi insieme o in seguito alla forma detta geroglifica (spesso per semplificazione), era maggiormente adatta ad essere tracciata con un pennello sul papiro ed anche su ostraka (pietra). Ogni glifo della scrittura monumentale (geroglifica) corrisponde ad un segno ieratico al punto che nella moderna prassi dell'egittologia i testi in ieratico vengono spesso resi in geroglifico. Il nome, che significa scrittura sacra, è di origine greca ed ha trasmesso la non corretta concezione che si trattasse di una forma utilizzata solamente dai sacerdoti. Dallo ieratico fu poi derivato il demotico, una forma semplificata della scrittura che entrò in uso solo nel I millennio a.C. Un glifo, dal greco γλύφω (glýphō), "incidere", in origine indicava un qualsiasi segno, inciso o dipinto, come ad esempio i glifi della scrittura maya o di quella egizia, tradizionalmente conosciuti meglio come geroglifici (dal greco "segni sacri"). In tipografia, un glifo è una rappresentazione astratta di un grafema, di più grafemi o di parte di un grafema, senza porre attenzione alle caratteristiche stilistiche. - 14 -

In informatica così come in tipografia, il termine carattere si riferisce (un po' ambiguamente) a un grafema, come lo troviamo nei sistemi di scrittura comuni. Mentre un grafema è un'unità di testo, un glifo è un'unità grafica. Per esempio, la sequenza contiene tre grafemi (o "caratteri") ma sarà rappresentata da un solo glifo sia in TeX che in Unicode, perché i tre grafemi saranno combinati in una singola legatura. Viceversa, alcune macchine da scrivere richiedono l'uso di più glifi per scrivere un solo grafema: per esempio due trattini per un tratto lungo, oppure un apostrofo sopra un punto per un punto esclamativo. La maggior parte dei glifi in tipografia sono l'equivalente dei caretteri tipografici, che costituiscono le serie chiamate "tipi di carattere" oppure "fonti". In tempi recenti, l'anglicismo font si è imposto, specialmente in informatica. In particolare un font, ovvero un tipo di carattere informatico, è una collezione indicizzata di glifi contenente informazioni su come associarvi un particolare codice, visualizzarli in differenti dimensioni e stamparli correttamente. Dato un particolare tipo di carattere, ogni grafema di solito corrisponde a un singolo glifo. Comunque, questa regola non è assoluta, soprattutto per tipi di carattere creati per lingue con un sistema di scrittura che prevede numerosi segni differenti, dove un grafema può corrispondere a parecchi glifi e parecchi grafemi a un solo glifo. Recentemente sono stati introdotti i tipi di carattere OpenType, che prevedono legature automatiche, maiuscoletti e altre caratteristiche avanzate.

Esempio di scrittura jeratica

Esempio di scrittura demotica

Esempio di scrittura copta

- 15 -

http://www.geroglifici.it/segniger.htm

Segni geroglifici monolitteri Il presente corso riflette soltanto la forma di scrittura geroglifica nella lingua in uso durante il medio regno il così detto medio-egiziano, la lingua classica dell’antico Egitto. Con la scomparsa, o meglio proibizione dell’antico culto egizio, decretata dai romani (l’ultimo tempio in questione fu quello di Phile dedicato ad Iside), scomparvero anche i segni geroglifici. Per oltre mille anni se ne persero del tutto le tracce. Nel XVII sec. Attanasius Kircher, un eclettico linguista tedesco, pretese di aver scoperto il segreto di tale scrittura. L’analisi di questo studioso si dimostrò poi del tutto errata qualche secolo più tardi. Verso la fine del secolo XVIII il diplomatico svedese Åkerblad ed agli inizi del XIX lo scienziato inglese Thomas Young riuscirono ad individuare diversi segni geroglifici. Ma il merito della scoperta di questa scrittura va ascritto, nel 1822, al francese Champollion il quale riuscì ad intuire, contrariamente a quel che si riteneva, che la maggior parte dei pittogrammi costituivano dei segni aventi valore di fonogramma e pertanto del tutto scevri dall’immagine che rappresentavano. Soltanto pochi segni assumevano valore di ideogramma. Riporto a mero titolo di cronaca la notizia che nel mese di ottobre 2004 lo studioso inglese Okasha el Daly ha affermato, dopo anni di studi e ricerche, che otto secoli fa un ricercatore arabo, un certo Abu Bakr Ahmad Ibn Wahshiyah, avrebbe già decodificato i geroglifici. Quanto dichiarato in base allo studio di un manoscritto esistente presso una collezione privata. Tali asserzioni devono avere ancora idoneo riscontro da parte di altri studiosi, pertanto la notizia va valutata ovviamente con le dovute riserve del caso. Comunque al di là di qualsiasi considerazione in proposito, resta il fatto che l’egittologia è materia sorta ufficialmente dall’epoca di Champollion e Young in poi. I – definizione dei segni Tutti i segni (la così detta scrittura tolemaica li fa ascendere ad oltre cinquemila) rappresentano graficamente un’immagine (animali, piante, persone ecc.) e pertanto in senso lato si può affermare che tutti i segni sono dei pittogrammi [1] . Questi segni possono assumere valore di ideogramma, fonogramma, complementi fonetici o determinativi. I segni che assumono valore di ideogramma sono quelli che effettivamente intendono voler significare o meglio rappresentare nella scrittura l’immagine contenuta negli stessi. Onde farli ben individuare o meglio differenziare dagli altri segni, gli scribi apponevano sotto il pittogramma il tratto diacritico | . Gli stessi segni possono acquisire funzione di fonogramma qualora il pittogramma esprima dei valori fonetici del tutto diversi dall’immagine rappresentata. Ad esempio i fonemi del nostro alfabeto sono dei fonogrammi perché esprimono dei suoni che nulla hanno a che vedere con la grafia degli stessi. I segni aventi funzione di fonogramma e di ideogramma vengono altresì appellati logogrammi o segni parola in quanto ciascun segno, sia esso fonogramma o ideogramma, è collegato ad una determinata parola. Esistono poi altre due classificazioni dei segni: i complementi fonetici ed i determinativi (o tassigrammi). I complementi fonetici sono dei segni monolitteri o monoconsonantici che, come si vedrà nel prosieguo, servono semplicemente a chiarire il valore semantico dei segni parola o logogrammi, pertanto questi segni non sono oggetto di lettura. I determinativi sono segni aventi la funzione di chiarire, in maniera inequivocabile, il significato del logogramma. Anche in tal caso questi particolari segni non sono oggetto di lettura. Riepilogando si può affermare che solo i logogrammi sono oggetto di lettura perché esprimenti delle parole (siano essi ideogrammi o fonogrammi), i complementi fonetici ed i determinativi al contrario sono dei segni direi muti, nel senso cioè che sono inseriti nella scrittura esclusivamente per chiarire in maniera inequivocabile il significato dei logogrammi. I determinativi seguono sempre il logogramma, i complementi fonetici possono precedere o seguire il segno parola [2].

II – orientamento della scrittura I segni geroglifici possono essere disposti in linea (come la nostra scrittura) od in colonna. Quelli in linea, cioè per rigo orizzontale, possono essere letti in maniera destrorsa o sinistrorsa a seconda dell’orientamento delle figure rappresentate nei segni. Se le figure guardano verso destra (sono le prevalenti) la lettura è sinistrorsa cioè da destra verso sinistra. Il contrario nel caso di segni orientati da destra verso sinistra. I segni possono, come detto, essere disposti in colonna, in tal caso vanno letti dall’alto verso il basso, osservando per raggruppamenti di segni sulla stessa linea quanto in precedenza accennato in tema di lettura destrorsa o sinistrorsa. Da rimarcare che nella stesura dei segni gli scribi, ossessionati dall’horror vacui, facevano molta attenzione ad evitare spazi in bianco, non armonizzati con il resto dei segni. In sostanza la scrittura doveva riempire, direi in modo quadrato, ogni spazio e per raggiungere questa perfezione di mera estetica talvolta si contravveniva anche alle regole di grammatica. Metatesi onorifiche: in presenza di nomi di divinità o sovrani, in segno di rispetto, la scrittura poteva subire improvvise inversioni nel senso di lettura e per questo la scrittura egizia in tali casi diviene bustrofedica [3] . C’è infine da aggiungere che la scrittura jeratica e demotica risultano sempre orientate verso destra e pertanto si leggono in maniera sinistrorsa. La scrittura demotica è sempre lineare mentre la jeratica talvolta è rappresentata anche in colonne. III – i segni monolitteri I segni monolitteri esprimono un solo suono o fonema e pertanto vengono altresì chiamati monoconsonantici. Il sistema di scrittura geroglifico esprime esclusivamente fonemi di consonanti. Le vocali in queste scritture, al pari naturalmente delle derivate (jeratica e demotica) non appaiono. Questo è il motivo per cui non si conosce la esatta collocazione delle stesse nel contesto di uno scritto. Se idealmente un egittologo volesse dialogare con un egiziano antico lo potrebbe fare infatti solo e soltanto per iscritto. Al contrario l’egiziano antico riuscirebbe a collocare le vocali, che nello scritto non appaiono, mediante alcuni accorgimenti di ordine tecnico che verranno evidenziati nel prosieguo. I segni monolitteri sono 24 oltre un 25° che altro non è che il raddoppio di un identico segno contenuto nei ventiquattro. Questi segni-parola costituiscono un alfabeto seppur consonantico, certamente il primo concepito al mondo anche se, come si vedrà, la funzione fondamentale del medesimo è del tutto diversa dai fonemi utilizzati nell’afabeto consonantico-vocalico in uso in occidente [4] . Segno

Trasl.ne Ebraico

3 j y 

w b p f m

‫א‬ ‫י‬ ‫ו‬ ‫ע‬ ‫ו‬ ‫ב‬ ‫פ‬ ‫פ‬ ‫מ‬

Valore fonetico

a i y a u b p f m

Computer Immagine rappresentata

A i ii a w b p f m

avvoltoio egiziano G1 foglia di giunco M17 doppia f. di giunco M17A braccio D36 pulcino di quaglia G43 piede D58 seggiolino/scanno Q3 vipera cornuta I9 civetta G17

m n

‫מ‬ ‫נ‬

m n

m n

civetta G17

r

‫ל‬ ‫ה‬

r h

r h

bocca umana D21

h.

‫ח‬

h

H

corda intrecciata V28

h˘ h_

gh ch

x X

placenta (?) Aa1

z š

‫ח‬ ‫ח‬ ‫ש‬ ‫ס‬ ‫ש‬

s z

s z, s

sh

S

bacino d’acqua N37

q k

‫ק‬ ‫כ‬

q k

q k

pendìo sabbioso N29

g

‫נ‬

g

g

giara

t t_

‫ת‬ ‫ת‬

t c

t T

pane tagliato X1

d

d

mano D46

g

D

cobra I10

h

s

d d_

‫צ‬

acqua increspata N35

recinto O4

ventre di animale F32 panno piegato S29 chiavistello O34

ciotola con manico V31 W12

pastoia V13

note in alternativa a:

M17 = z4

(doppia sbarra); G43 = Z7

(segno sconosciuto) ; N35 = S3

(corda arrotolata); G17

(corona rossa);

V31 = V31A

(sacco);. La consonante l corrispondeva probabilmente al G1 , al D21

= Aa13 ; W12 = V33

, talvolta al N35

o, almeno in epoca tarda (segni tolemaici) all’E23

.

I segni aggiuntivi (. _ ecc.) riportati accanto alle lettere della traslitterazione dei segni V28-Aa1-F32-V13-I10 devono intendersi inseriti sotto le lettere stesse e non a fianco. [1]

Il pittogramma è quel particolare tipo di scrittura per lo appunto rappresentato da immagini.

[2]

La traslitterazione dei segni, nel presente corso, viene indicata in genere con il sistema cosiddetto europeo che differisce dal tradizionale per la grafia corsiva.

Talvolta la traslitterazione appare utilizzando il Manuel de Codage per PC. [3]

Etimo greco che sta id indicare il giogo che fa il carro trainato dai buoi a destra e sinistra.

[4]

Gli egizi usarono i segni monolitteri , con lo stesso meccanismo del nostro alfabeto, esclusivamente per indicare nomi stranieri come ad esempio località geografiche, sovrani ecc. Fu proprio, in virtù di tale prerogativa, che Young e Champollion riuscirono a decifrare i nomi inseriti nei cartigli di Tolemeo e Cleopatra contenuti nella famosa stele di Rosetta (Rosetta stone). Com’è noto questi sovrani erano di stirpe greca (epoca tolemaica).

Segni geroglifici bilitteri La traslitterazione è quella di tipo europeo in caratteri normali corrispondono al sistema m.d.c.)

corsivo

(le

lettere

in

I segni bilitteri o bi-consonantici, sono logogrammi costituiti da due consonanti. I più ricorrenti sono una ottantina circa (escludendo naturalmente la copiosissima serie dei segni cosìdetti tolemaici). Si riportano qui di seguito alcuni di questi segni tra i più ricorrenti.

U23 3b = cesello/scalpello; vertebrale;

F40 3w = cassa toracica con colonna

G25 AX (mdc);

giara;

Aa15 jm =

nilotica);

costola d’animale;

D4 jr = occhio umano;

colonna di legno;

T24 aH = rete da pesca;

T21 w’ = arpione;

lepre;

M42 wn =

V25 wD =

K1 jn = pesce boulti (tilapia

M40 js = fascina di canne;

aD = spoletta per rammendare le reti; laccio;

rosetta;

pr = pianta della casa;

O29

G35 aq = cormorano;

K3 aD = mugil cephalus;

F13 wp = corna di vacca; G36 wr = rondine;

corda arrotolata su un bastone;

F18 bH = dente d’elefante;

W24 jn =

E9 jw = alcelaphus buselaphus;

V26 V4 w3 =

E34 wn =

Q2 ws = portantina;

G29 b3= uccello jabiru;

G40 p3 = ali aperte / canarino in volo; F22 pH = parte posteriore di un felino;

O1 T9 pD =

arco fatto di corno di gazzella alle estremità, con il centro in legno; m3 = aratro; d’acqua; zappa;

W19 mj = boccale di latte; Y5 mn

= pedina da gioco;

U23 mr = scalpello;

F31 ms = tre pelli di volpe; (gyps fulvus); braccio piegato;

U1

N35a mw/nw = tre strisce O5 mr = strada tortuosa;

N36 mr = canale; D52 mt = fallo;

U7 mr =

V23 mH = frusta; G14 mt = avvoltojo

V20 mD = collare per bestiame senza sbarra; W24 nw = vaso/giara;

3 =

U19 nw = ascia;

D41 nj = V30 nb =

canestro;

T34 nm = coltello da macellaio;

G14 nr = avvoltoio;

M22 nn = doppio giunco;

G21 nH = gallina faraona;

Aa27 nD = segno non identificato; di legno annodati insieme;

F20 ns = lingua di bue;

E23 rw = leone;

M16 H3 = ciuffo di papiro;

elemento del dispositivo che governa un imbarcazione; mazza/randello; = viso umano; piriforme;

V36 Hn = botte di papiro; W14 Hs = flacone per acqua;

M12 x3 = pianta di loto;

M3 xt = ramo;

pelle di cervo; macellaio;

M23

costole;

R22 xm = non F26 Xn =

T28 Xr = ceppo da

Aa18 s3= spalliera (?);

V16 s3 =

V17 s3 = rifugio arrotolato di papiro per pastori; D12 sp = tamburo

T22 sn = punta di freccia;

pelle di bue;

D2 Hr

N28 xa = colline ove sorge il sole;

K4 X3 = ossirinco del Nilo;

G39 s3 = anitra;

sw = giunco;

U36 Hm (mdc) =

T3 HD = mazza con testa

D33 Xn = braccia che remano;

pastoia per animali;

Aa5 H(3)p =

M2 Hn = ciuffo d’erba;

D43 xw = braccio e mano che impugna il flagello; identificato;

T13 rs = due pezzi

Q1 st = trono;

[1]

;

F37 sm = colonna vertebrale e

V29 sk = scopa di fibre; M8 š3 = foglie di papiro;

F29 st = H6 šw =

piuma;

V7 šn = anello di corda rivolto verso l’alto;

V6 šs = corda

ritorta

tagliata in alto;

T19 qs = testa di

arpione in osso; in cielo;

Aa28 qd = arnese da muratore;

costola di animale;

[1]

R5 k(3)p = turibolo;

T19 gn (lo stesso segno di qs);

U30 t3 = forno da vasaio;

M5 tr = combinazione di M4 e D21;

Ts = nodo della cintura; montagna; fiori.

D28 k3 = braccia sollevate

I6 km = pezzo di pelle di coccodrillo;

G28 gm = ibis nero;

= slitta;

F30 šd = otre di pelle;

U33 tj = pilone;

U15 tm

G47 T3 = anatroccolo;

U28 D3 = bastone a forma di fuoco;

M36 Dr = botte di lino;

Aa15 gs =

S24

N26 Dw =

R11 Dd = colonna imitante un fascio di

Mathieu & Grandet (pag. 715) lo indicano come Y24 . - 20 -

Segni geroglifici trilitteri I segni trilitteri sono molto meno numerosi dei bilitteri e sono formati dalla combinazione di tre consonanti, per tal motivo vengono altresì chiamati triconsonantici. I più diffusi sono:

R15 j3b = lancia da ornamento; costola di bue;

O28 jwn = colonna;

jdn = orecchio di bovino; di sandalo;

I1 aš3 = lucertola;

F21

S34 anx = cordone

M13 w3D = fusto di papiro;

Aa21 wDa = attrezzo da carpentiere;

L2 bjt = ape;

animale;

R8 nTr

F12 wsr = testa e collo di

F46 pXr = intestino di animale;

T1 mnw = mazza

T12 rwD = corda d’arco;

tacche per misurare il tempo;

[1]

F35 nfr = trachea di

F4 H3t = parte anteriore del leone;

P8 xrw = remo;

W9 Xnm = vaso con manico;

F28 s3b = pelle di bue;

N14 sb3 = stella;

S42 sxm = scettro;

W17 xnt

U34 xsf = fuso;

D61 s3H = segno

S32 sj3 = pezzo di tessuto

F42 spr = costola d’animale;

F36 sm3 = polmoni d’animale e trachea;

agrimensore arrotolata;

S38 hq3 = scettro;

S42 xrp = scettro;

rappresentante all’origine delle dita dei piedi;

spina o triangolo;

I8 Hfn =

U31 xnr = attrezzo per la cottura del pane;

= tre brocche in una rete;

M29

M4 rnp = ramo di palma con

R4 http = pane di crusca posato su di una stoja;

L1 xpr = scarabeo;

con frangia;

U26 wb3 = tipo di

= bastone inviluppato con tessuto, simbolo di divinità;

nDm = guscio di carruba;

girino;

S40 w3s

N20 wDb = striscia di terra;

M30 bnr = tubercolo;

Aa11 m3a = sezione di regolo;

P6 aHa

V29 w3H = scopa di fibre;

F25 wHm = zampa e zoccolo di bovino;

(arrotino);

F44 jw’ =

R14 jmn = stendardo ornato di piume;

Aa20 apr = contrappeso di collana;

= scettro a testa di animale;

canide;

j3m = albero (sconosciuto);

D34 aH3 = braccia che afferrano una mazza ed una fibbia;

= albero (di nave);

trapano;

M1

M44 spd =

V5 snT = corda per

G54 snD = oca con ali legate (prima di cucinarla); T32 sSm = pietra da arrotino con gambe in movimento

U21 stp = ascia da lavoro conficcata in un blocco di legno;

(segno capovolto vedere U116)

sDb = fionda

M23 sma = altra specie di giunco;

[2]

;

O30

F21 sDm = orecchio d’animale;

T18 Sms = figura stilizzata di un uomo

con

indosso un mantello e con un’arma in mano; anfora con filetto d’acqua;

;

S15 THn = pettorale a forma

S40

rete da pesca;

W15 qbH =

U17 grg = piccone che sta scavando una fossa; di perle fatto di majolica o di vetro;

F46 dbn = intestino di animale; insieme;

O42 Ssp = barriera;

S23 dmD = pezzi di stoffa annodati

Dam = scettro con testa di animale;

T25 Db3 = galleggiante con

D50 Dba = dito.

[1]

Mathieu & Grandet e qualche altro autore considera il segno T1 bilittero mn. Il segno capovolto risulta codificato U116. Il Grandet & Mathieu designano sDb od anche sdb solo U116, mentre O30 corrisponderebbe a sxnt (cfr. G. & M. pagg. 697 e 743). [2]

Determinativi I determinativi hanno la funzione di far identificare al lettore le varie parole. Sono pertanto segni che non sono oggetto di lettura ma, posti in chiusura di parola, ne consentono l’identificazione. Molti segni infatti, seppur identici sotto l’aspetto grafico, possono avere differente significato, il determinativo pertanto elimina eventuali dubbi interpretativi Esempio di frase con determinativo:

wbn ra m 3xt = il sole sorge all’orizzonte. G43-D58-N35 wbn verbo „sorgere“ con il determinativo N8 segno che identifica il sorgere del sole; D21-D36 ra = sole con il determinativo del dio Ra A40 (si rammenta che l’astro sole si identificava proprio nella divinità del dio sole cioè ra); G17 sta per al di sopra – sul; infine N27-X1&Z1 3xt indica l’orizzonte segno (N27), X1 è complemento fonetico e Z1 è il tratto diacritico stante ad indicare che in tal caso N27 assume vera e propria funzione di ideogramma. Si trascrivono quì di seguito alcuni tra i determinativi più ricorrenti:

[1]

Prima di por termine all’argomento riguardante le scritture in genere merita un cenno soffermarsi un attimo sulla particolare peculiarità dei geroglifici che li rende diversi da qualsiasi altra espressione grafica. Gli egizi appellavano questa scrittura mDw-nTr (pron. conv. megiu-necer) che significa parola di dio / verbo divino. Partendo da tale assioma appare oltremodo comprensibile che i testi in geroglifico risultino fortemente intrisi di trascendenza. Per la concezione cosmica che aveva quell’antica civiltà, per il cosiddetto ordine primordiale della dea Maat (la dea della giustizia e dell’ordine delle cose), per cui tutto ciò che apparteneva alla sfera dello jeratico, del trascendente doveva restare immutato nel tempo (concezione statica della vita), fece sì che queste particolari scritture

restassero, durante la loro lunghissima esistenza, praticamente immutate nella loro veste grafica. In seno a quella società ogni cosa, ogni evento era in sostanza predeterminato in una specie di mondo delle idee di reminiscenza platonica. Il destino non era dettato dalla casualità, bensì da un perfetto equilibrio, da una intelaiatura già concepita e governata dalla dea Maat. Ovviamente tutta la sfera della sacralità, più che qualsiasi altra cosa, doveva restare così com’era ab initio. Essendo i geroglifici sacre scritture, le scritture del dio Thoth, esse appartenevano unicamente alla sfera della trascendenza. Per tali motivi nessuna scrittura al mondo ha resistito più dei geroglifici per un tempo così lungo, oltre tremila anni, senza subire apprezzabili modifiche di ordine grafico. Da qui scaturisce un altro record nella storia della scrittura quello dell’estetica, della bellezza, le cui motivazioni vanno certamente ricercate nel valore sacro dei geroglifici, utilizzati unicamente per tali finalità e pertanto meritevoli di estrema accuratezza e bellezza. I grafologi sono pressoché concordi nell’attribuire tale primato a queste scritture in virtù sempre di un’estrema accuratezza nella realizzazione dei vari segni, della notevole quantità delle immagini rappresentate (oltre cinquemila segni, considerando anche la scrittura cosìdetta tolemaica). Segni che ci danno la rappresentazione grafica direi di tutto l’universo, dagli animali, alle piante, all’uomo, alla natura in genere. Molte di queste scritture possono considerarsi delle vere e proprie opere d’arte. Occorreva molto tempo per realizzarle, sia se scolpite nella pietra che dipinte con molteplici colori (queste ultime essenzialmente all’interno delle tombe) ed i scribi possono considerarsi dei veri e propri artisti. [1]

L’elenco dei determinativi riportati nel testo è tratto dall’opera del Gardiner “Egyptian Grammar” 3rd ed., p. 32

http://www.anticoegitto.net/

Imparare la scrittura geroglifica E' naturale chiedersi come si legga l'antica scrittura egizia e quale suono avesse. Invece dei 26 caratteri usati da noi, quelli più impiegati dagli Egizi erano circa 800 e avevano significati diversi. C'erano quelli monoconsonatici ( che indicano una sola consonante, come le nostre lettere alfabetiche), quelli bi e triconsonatici, altri che fornivano il il suoni di parole intere (fonogrammi) o indicavano idee (ideogrammi) e infine segni impiegati come determinativi (determinato la parola di cui si parla) e rafforzativi. Osserviamo il nome della regina Nefertari i cui segni sono compresi entro il cosiddetto "cartiglio", che circonda i nomi di re e regine. Per capirlo dobbiamo osservare il senso in cui guardano quelli raffiguranti esseri viventi (anche animali).

che Qui c'è l'avvoltoio della dea Mut guarda verso destra, perciò questa scritta va letta da destra a sinistra. Ora decifriamo i singoli segni letti nel giusto

ordine. L'avvoltoio (che si pronuncia "Mut" e ha vicino un simbolo a semisfera che normalmente si pronuncia "t" ma che qui è solo un rafforzativo) è messo in alto solo perchè simbolo divino. In realtà lo leggeremo in fondo alla frase. Iniziamo quindi col segno che somiglia ad uno strumento musicale (ma simboleggia la trachea) e che si pronuncia "nefer"

C'è poi la semisfera (la "t") che abbiamo già visto e dopo torniamo a destra dove troviamo l'elegante simbolo della canna in fiore (che si pronuncia

"a").

Viene quindi un gruppo formato dal simbolo di una bocca (si legge "r") e da due barre sottostanti che si leggono "y". Sotto c'è un altro gruppo di segni formato da un rettangolo (che si legge "meri") sormontato da una lunga

serpentina (che si pronuncia "en"). L'ultima "t" è la desinenza femminile e serve a far capire che stiamo parlando di una donna. Il tutto si legge NEFER-T-A-R-Y MERI(T) EN MUT. Letteralmente "La Bellissima (Nefertari) amata (meri-t) da (en) Mut(dea, in questo caso,simbolizzata dall'avvoltoio).

- 25 -

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