artroprotesi totali di ginocchio

August 18, 2017 | Author: Silvia Perina | Category: Knee, Musculoskeletal System, Nature, Wellness
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Università degli Studi di Trieste Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Presidente: Prof. Enrico Angelo Tonin Tesi di Laurea in

MALATTIE DELL‟APPARATO LOCOMOTORE

ARTROPROTESI

DI

GINOCCHIO

DI

PRIMO

IMPIANTO:

TECNICHE A CONFRONTO

Laureando:

Relatore:

Silvia Perin

Prof. Giovanni Fancellu Correlatore: Dott. Roberto Valentini

Anno accademico2010-2011 1

INDICE:

INTRODUZIONE

pag.3

CAPITOLO 1. Anatomia del ginocchio

pag.4

Biomeccanica articolare

pag.7

La cartilagine articolare

pag.8

CAPITOLO 2.

Artrosi in generale

pag.12

Gonartrosi

pag.13

L‟entità del danno

pag.15

Programmazione terapeutica nell‟artrosi di ginocchio

pag.17

CAPITOLO 3.

Artroprotesi monocompartimentale di ginocchio

pag.21

Artroprotesi totale di ginocchio

pag.23

I materiali

pag.23

Biomeccanica ed evoluzione del disegno protesico

pag.24

Le protesi di ginocchio oggi

pag.27

Tecniche chirurgiche

pag.32

Le infezioni

pag.38

CAPITOLO 4.

Obbiettivi dello studio

pag.38

Materiali e metodi

pag.39 2

Risultati

pag.42

CAPITOLO 5. Discussione pag.51 Conclusione pag.55

BIBLIOGRAFIA

pag. 56

INTRODUZIONE

L‟artrosi, le artriti e i disordini muscolo-scheletrici ad esse correlati rappresentano nell‟insieme la patologia osteoarticolare; quest‟ultima, secondo i dati dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità, è una delle principali cause di disabilità in Italia, Europa e negli Stati Uniti; seconda solo alle malattie cardiovascolari è una patologia in aumento nei Paesi in via di sviluppo. Fra le condizioni patologiche citate, la più frequente è l‟osteoartrosi (OA), un processo degenerativo articolare cronico che, se non trattato,

evolve

inesorabilmente fino a completa impotenza funzionale e che colpisce prevalentemente l‟anca, il ginocchio, le vertebre e le mani. L‟incidenza di questa malattia aumenta con l‟età, esse sono strettamente correlate anche se l‟OA non è una conseguenza inevitabile dell‟invecchiamento; dai dati oggi a disposizione, sembra che dopo i settant‟anni ne sia colpito più dell‟85% della popolazione[1], inoltre da quanto risulta dalle stime effettuate dall‟OMS, nel 2020 l‟Italia sarà il Paese più “anziano” al mondo e il 25% della popolazione soffrirà di OA, cifra destinata ad aumentare negli anni successivi [2]. Per quel che riguarda la prevalenza, la Letteratura fornisce dati discordanti in quanto le variabili OA e invecchiamento sono correlate tra loro a tal punto che una rappresenta un fattore confondente. Le discrepanze tra i risultati, oltretutto, sono influenzate dal metodo diagnostico (clinico, radiografico, anatomopatologico). 3

Dagli studi più recenti (2005) è emerso che il 18% circa degli italiani soffre di malattie del sistema osteo-muscolare, vengono colpite prevalentemente le donne. Oltre 150 italiani su 1000, secondo le stime ISTAT, soffrono per questo genere di problematiche che inducono un medesimo quantitativo di pazienti a rivolgersi ai servizi sanitari [3]. In Italia, l'OA sintomatica è la quinta principale diagnosi in ordine di frequenza dopo l'ipertensione essenziale, il diabete mellito, l'ischemia cardiaca cronica e la bronchite. Negli Stati Uniti la patologia osteoarticolare è la seconda causa di visita chirurgica, la terza causa di visita dal medico di famiglia e la quarta causa di visita dallo specialista. I dati ricavati delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO) mostrano che nel periodo 2001-2005 il numero di pazienti dimessi per sostituzione totale di ginocchio è significativamente aumentato passando da 26.793 a 44.119 La TKA (Total Knee Arthroplasty) è una delle procedure chirurgiche ortopediche più comuni effettuate oggi in Italia. I dati dei Registri internazionali mostrano che tali interventi

(sostituzione

totale

di

ginocchio

e

revisione)

coinvolgono

principalmente le donne con età dai 65 anni in su [4]. La Clinica Ortopedica di Cattinara, negli ultimi anni, ha effettuato diversi interventi di artroprotesi totale di ginocchio avvalendosi dei numerosi tipi di impianto oggi a disposizione, scelti di volta in volta in base alle esigenze anatomiche e funzionali del paziente. Data la varietà delle tipologie di protesi nasce l'idea di uno studio che ha la finalità di mettere a confronto i risultati ottenuti con le diverse tecniche ed eventualmente di evidenziarne una superiore alle altre.

CAPITOLO 1

ANATOMIA DEL GINOCCHIO L‟articolazione del ginocchio è estremamente mobile (diartrosi) ed è classificata come giglimo angolare o troclea. Essa è data dal rapporto tra l‟epifisi distale del femore, l‟epifisi prossimale della tibia e la patella, che si articola con la superficie patellare anteriore del femore. L‟epifisi distale del femore è 4

caratterizzata da due condili separati dalla incisura intercondiloidea; l‟epifisi prossimale della tibia presenta due cavità glenoidee separate dall‟eminenza intercondiloidea che è foggiata a doccia, con due spine una mediale e l‟altra laterale. Alla marcata convessità sagittale dei due condili femorali non corrisponde una pari concavità delle superfici tibiali. La congruenza dell‟articolazione è data dall‟interposizione di due menischi simili a due semianelli, con le loro estremità a corna si fissano alla porzione intercondiloidea della tibia. Dei due menischi uno è situato in posizione mediale ed è foggiato a “C”, l‟altro in posizione laterale ha una forma ad “O”; anteriormente sono uniti dal legamento trasverso del ginocchio (fig.1)[5]. Entrambi si assottigliano dalla periferia verso il centro e in sezione hanno un profilo triangolare, la parte periferica è riccamente vascolarizzata mentre quella centrale è avascolare. I mezzi di unione sono rappresentati da una capsula articolare e da legamenti di rinforzo .

Fig.1 La capsula articolare è costituita da un manicotto fibroso che superiormente si inserisce sulla cartilagine di incrostazione del femore, inferiormente sul margine infraglenoideo

della tibia, mentre a livello della rotula

si fissa ai margini

dell‟osso. La capsula articolare è rivestita internamente da membrana sinoviale e quest‟ultima si dispone in modo caratteristico: posteriormente forma una doccia a 5

concavità posteriore in corrispondenza del punto d‟inserzione dei legamenti crociati; anteriormente si estende verso l‟alto, al di sotto del muscolo quadricipite femorale, formando la borsa sinoviale sottopatellare; lateralmente, infine, si fissa alla superficie interna della capsula fibrosa per interrompersi a livello dei menischi che risultano anch‟essi strettamente adesi alla superficie interna della capsula.

La capsula fibrosa presenta degli ispessimenti che conferiscono

robustezza all‟articolazione: i legamenti. Il legamento anteriore o rotuleo, rappresenta un prolungamento del tendine del muscolo quadricipite femorale il quale avvolge la patella e si inserisce a livello della tuberosità tibiale, è separato dalla superficie della tibia e dalla capsula articolare da due strutture che sono rispettivamente la borsa sinoviale infrapatellare e un cuscinetto adiposo detto anche “corpo di Hoffa”. La stabilità della rotula è inoltre garantita da due benderelle fibrose, dette ali o retinacoli della patella, che si dipartono dalle superfici laterali e si fissano ai condili femorali. Il legamento posteriore del ginocchio è costituito da un ispessimento della capsula a livello dei condili e dal legamento mediano che occupa la porzione intercondiloidea.

I legamenti

collaterali sono due, il tibiale che si estende dal condilo mediale del femore al condilo mediale della tibia e il fibulare che si estende dal condilo laterale del femore alla superficie laterale dell‟epifisi fibulare. Infine, ci sono i legamenti crociati, anteriore e posteriore, che si incrociano ad X su un piano verticale rispetto ai condili. Il crociato anteriore origina da un‟area posta anteriormente all‟eminenza e si inserisce sulla faccia mediale del condilo laterale , mentre il crociato posteriore origina posteriormente all‟eminenza e si inserisce sulla superficie laterale del condilo mediale, essi sono intra-articolari, ma extrasinoviali (fig.2)[5]. La struttura anatomica dell‟articolazione del ginocchio consente ampi movimenti di flesso estensione con un‟ escursione dalla posizione estesa a quella flessa di circa 120°- 140°, mentre i movimenti di rotazione sono minimi e limitati dai legamenti crociati, dai collaterali e dai menischi [5] .

6

Fig.2

LA CARTILAGINE ARTICOLARE: ISTOLOGIA

Due superfici congruenti composte di cartilagine articolare ialina formano la giuntura sinoviale diartrosica. La cartilagine articolare è suddivisa in quattro strati (Fig.3) [6]: -superficiale,

ricco

di

condrociti

e

di

fibre

collagene

disposti

longitudinalmente; -intermedia, -radiale profonda, qui i condrociti e le fibre collagene sono disposte perpendicolarmente; -calcificata, unita saldamente all‟osso subcondrale sottostante. Solitamente, la zona di cartilagine calcificata sfuma gradualmente verso l‟osso a livello dei vasi midollare sottostanti. Un adeguato rapporto tra la componente proteico-polisaccaridica e le proprietà di legame con l‟acqua sono fondamentali per il mantenimento delle proprietà visco-elastiche della cartilagine. 7

Il collagene di tipo2 fa da sigillo alla giuntura articolare [7].

Fig.3

BIOMECCANICA

I movimenti consentiti all‟articolazione del ginocchio sono rappresentati dalla flesso-estensione e dalla rotazione. Durante la flessione, la faccia posteriore della gamba tocca la faccia posteriore della coscia e l‟ampiezza di tale movimento è variabile a seconda della posizione dell‟anca: ad anca estesa e di soli 120°, ad anca flessa di 140°, durante la flessione passiva l‟escursione è di 160° e permette al tallone di giungere a contatto con la natica (Fig.4) [8].

8

Fig.4

Per quel che riguarda la rotazione, essa è consentita solamente a ginocchio flesso e consiste nella rotazione della gamba attorno al suo asse longitudinale. Essa viene valutata con il paziente seduto sul bordo del lettino con le gambe che pendono, la rotazione interna (30°) porta la punta del piede medialmente e partecipa al movimento di adduzione del piede, quella esterna (40°) al contrario porta la punta del piede lateralmente e partecipa al movimento di abduzione del piede (Fig.5) [8].

Fig.5 Non sono consentite l‟adduzione e l‟abduzione della gamba. Nella posizione di riferimento utilizzata per la valutazione della rotazione interna ed esterna, la gamba presenta un lieve movimento passivo di adduzione-abduzione che però scompare del tutto a ginocchio esteso, se questo movimento persiste anche a ginocchio esteso il comportamento va ritenuto patologico.

9

La flesso estensione del ginocchio è consentita dallo di scivolamento e dal rotolamento dei condili femorali (roll back) sui piatti tibiali, che si svolge su diversi centri istantanei di rotazione piuttosto che su un unico asse fisso, i primi a descrivere questo principio furono i fratelli Weber nel 1836 (Fig.6) [8]. Una sezione del ginocchio mette in mostra che l‟arco dei condili femorali è molto più lungo del diametro anteroposteriore del piatto tibiale, così se la flessione fosse data dalla semplice rotazione, l‟epifisi distale del femore si dislocherebbe posteriormente prima ancora di terminare il movimento . In realtà ciò non accade perché alla rotazione è associato un contemporaneo scivolamento anteriore dei condili femorali che consente di mantenere la congruenza tra i capi ossei. Data l‟asimmetria dei condili lo scivolamento dapprima coinvolge l‟interno e poi l‟esterno e l‟asse del movimento di flesso-estensione giace su un piano obliquo. Un ruolo fondamentale è giocato dai legamenti crociati: nell‟estensione il condilo femorale laterale, più breve e dotato di minor raggio di curvatura, esaurisce la sua superficie articolare ed è controllato dal LCA, mentre quello mediale più largo e dotato di maggiore raggio di curvatura, continua il suo rotolamento e scivola posteriormente, assistito dal LCP; ciò determina una rotazione mediale del femore che viene limitata dalla tensione dei legamenti collaterali (Fig.7) [8]. L‟articolazione femoro-rotulea ha la funzione di variare la direzione di trazione del quadricipite durante il passaggio dalla flessione all‟estensione del ginocchio. In questa fase la rotula protrude anteriormente allungando il braccio di leva muscolare. La rotazione avviene solamente a ginocchio flesso, in questa posizione l‟eminenza

intercondiloidea

viene

disimpegnata

dal

fondo

della

fossa

intercondiloidea e la parte posteriore dei condili entra in contatto con la parte media delle superfici articolari tibiali. Durante la rotazione esterna della tibia rispetto al femore il condilo esterno si sposta in avanti sulla superficie articolare esterna, mentre quello interno si sposta verso la parte posteriore della superficie articolare interna. Durante la rotazione interna avviene il fenomeno inverso. A causa della asimmetria dei due condili i movimenti non sono del tutto identici e il condilo esterno ha un‟escursione quasi doppia rispetto a quello interno (Fig.8) [8]. Questo fatto inoltre, fa in modo che il vero asse della rotazione assiale non passi

10

fra i due tubercoli intercondiloidei tibiali, ma piuttosto a livello del tubercolo interno [8].

Fig.6

11

Fig.7 LA FLESSO-ESTENSIONE

12

Fig.8 LA ROTAZIONE

13

CAPITOLO 3

ARTROSI

L‟artrosi è una patologia degenerativa della cartilagine articolare dovuta ad uno squilibrio tra la resistenza della cartilagine e le sollecitazioni funzionali. Inizialmente il danno coinvolge solamente la cartilagine, in un secondo momento le lesioni si estendono a tutte le componenti dell‟articolazione (tessuto osseo, sinovia, capsula). In base alla principale causa eziopatogenetica riconoscibile vengono distinte tre forme di artrosi (Tab.1): -primaria: è dovuta ad un difetto intrinseco della cartilagine che potrebbe essere geneticamente determinato; -dismetabolica: alterazioni del metabolismo del calcio oppure il diabete; -secondaria: il danno cartilagineo è dovuto a traumatismi, sovraccarico articolare, deformazioni acquisite dei capi ossei oppure artriti infiammatorie.

CLASSIFICAZIONE DELLA ARTROSI IN PRIMARIA E SECONDARIA Tab.1 PRIMARIO (IDIOPATICO)

SECONDARIO

Ereditario

Trauma

Spina dorsale

Acuto

Giunture Apofisarie

Cronico (professionale, sport)

Giunture intervertebrali Sottoinsiemi

Disordini articolari di base Locali (frattura, infezione)

Osteoarosi generalizzata

Diffusi (artrite reumatoide)

Osteoartrosi infiammatoria erosiva

Disordini metabolici o endocrini sistematici 14

Iperostosi scheletrica idiopatica diffusa

Ocronosi (Alcaptonuria)

Condromalacia patellare

Matlattia Di Wilson Emocromatosi Malattia di Kashin-Bek

Iperparatiroidismo Malattia da deposito di cristalli Pirofosfato di calcio diidrato (pseudogotta) Fosfato di calcio di base Iperuricemia (gotta) Disordini neuropatici (giunture di Charcot) Tabes dorsalis Diabete melito Eccessivo uso intra-articolare di corticosteroidi Varie Displasia ossea Congelamento

Il processo artrosico comincia a livello cartilagineo con la deplezione di sostanza fondamentale amorfa e delle cellule degli strati superficiali; in corrispondenza delle lacune lasciate vuote dai condrociti degenerati si formano delle fissurazioni e da queste primitive soluzioni di continuità prende avvio il fenomeno della fibrillazione. La risposta a questo insulto è rappresentata dalla proliferazione dei condrociti che è accompagnata ad un aumento della sintesi dei proteoglicani, purtroppo le possibilità di riparare la cartilagine articolare non sono molte, infatti se vi continuano ad agire gli stressor che hanno dato luogo alla lesione primitiva, la cartilagine di incrostazione può essere completamente erosa. 15

L‟osso sottostante viene esposto e assume il ruolo di nuova cartilagine articolare e si ha così l‟eburneizzazione dell‟osso subcondrale, in altre parole le trabecole, dovendo sostenere un carico maggiore, aumentano di spessore dando luogo a fenomeni di osteocondensazione . Nonostante ciò permane la cattiva distribuzione del carico che determina non solo microfratture di trabecole sovraccaricate, ma anche la formazione di piccole aree necrotiche con rarefazione ossea, definite pseudocisti o geodi. Come la cartilagine anche l‟osso risponde alla noxa con un tentativo di riparazione dato dalla formazione di osteofiti marginali preceduta dalla superficializzazione dei vasi subcondrali . L‟ultima tappa della artrosi è data dalla degenerazione della membrana sinoviale per un insulto dovuto alla liberazione nella cavità articolare di materiale degenerato di provenienza cartilaginea. Le alterazioni sinoviali nei casi più gravi giungono sino alla capsula la quale va incontro a progressivi fenomeni di fibrosi che comportano l‟ispessimento, l‟irrigidimento e la retrazione di questa struttura. Tutto ciò, associato anche allo spasmo muscolare, comporta stasi venosa la quale favorisce l‟evoluzione del danno [9]. Radiologicamente la degenerazione della cartilagine articolare si manifesta con una riduzione della rima articolare, accompagnata da sclerosi subcondrale che è determinata dalla osteocondensazione. In una fase successiva si possono riscontrare anche geodi e osteofiti marginali. I processi proliferativi e degenerativi che coinvolgono contemporaneamente l‟articolazione portano a deformazione dei capi articolari con disassamento (Fig.9) [10].

16

Fig.9 Nel ginocchio normale, l‟asse della diafisi femorale non è situato esattamente lungo il prolungamento dell‟asse dello scheletro della gamba: forma con quest‟ultimo un angolo ottuso aperto in fuori di 170-175 che viene definito valgismo fisiologico del ginocchio(B). In presenza di un angolo di valgismo esagerato si ha il ginocchio valgo (A),quando invece l‟angolo di valgismo si inverte si ha il ginocchio valgo (C). Indipendentemente

dalla

sede,

l‟artrosi

è

caratterizzata

da

delle

manifestazioni cliniche peculiari, primo fra tutte il dolore che è determinato non solo da lesioni della membrana sinoviale, della capsula articolare e dell‟osso subcondrale, ma anche da contrattura muscolare e compressione delle radici nervose. Un altro aspetto tipico è la difficoltà a riprendere la motilità dopo il riposo notturno o dopo immobilizzazione. La limitazione funzionale è dovuta sia alla componente dolorosa della patologia sia ad un‟alterazione strutturale dell‟articolazione quest‟ultima determina inoltre deformità tipiche come le nodosità. Altri segni di interessamento articolare sono la percezione di scrosci o crepitii alla mobilizzazione passiva o attiva della articolazione da parte del paziente.

17

LA GONARTROSI

Obesità e deviazione in varismo o valgismo dell‟asse femoro-tibiale sono i fattori che hanno un ruolo chiave nello sviluppo di questa problematica perché determinano uno stress della cartilagine che si assottiglia, provocando

un

ulteriore disassiamento e l‟instaurarsi di un circolo vizioso. Il paziente lamenterà dolore, che insorge tipicamente al mattino e si attenua con la ripresa del movimento, per poi ripresentarsi in seguito a sforzo prolungato. Al dolore si associa la limitazione funzionale e negli stadi più avanzati ci sarà zoppia di fuga con ipotrofia del muscolo quadricipite femorale. In una prima fase l‟obiettività è negativa, successivamente il ginocchio può presentarsi tumefatto e in atteggiamento di lieve flessione. Alla palpazione è percepibile una pastosità dei tessuti periarticolari con positività della manovra del ballottamento rotuleo. Con la mobilizzazione passiva dell‟arto può essere percepibile una sensazione di crepitio, accompagnato a marcata riduzione dei movimenti di flesso-estensione. L‟interessamento articolare in un primo momento è settoriale per cui l‟esame radiologico dovrà prendere in considerazione singolarmente i tre compartimenti del ginocchio: femoro-patellare, femoro-tibiale mediale e femoro-tibiale laterale (Fig.10) [11]. Per lo studio del compartimento femoro-rotuleo sono necessarie due proiezioni: latero-laterale e assiale della rotula con ginocchio semiflesso, quest‟ultimo esame evidenzia una riduzione più marcata della rima articolare a livello laterale e una rima conservata o allargata a livello mediale, l‟immagine può essere così paragonata ad una pipa in cui il cannello lungo e sottile è rappresentato dalla porzione mediale e il fornello tozzo e corto dalla porzione laterale (Fig.11) [12].

18

Fig.10 Suddivisione in compartimenti del ginocchio.

Fig.11 Proiezione della rotula: A. Situazione normale. B. Si osserva una riduzione della rima articolare in corrispondenza della faccetta laterale (esterna), mentre la rima appare conservata e aumentata sul versante mediale (interno). 19

L‟esame radiologico dei compartimenti femoro-tibiale mediale e laterale viene eseguito in proiezione antero-posteriore e latero-laterale; è importante che l‟articolazione sia sotto carico per evidenziare la riduzione della rima articolare, cosa che può sfuggire se l‟esame viene effettuato in clinostatismo. Sono rilevabili anche altri tipici segni artrosici come la presenza di geodi, di osteofiti

e l‟osteosclerosi subcondrale. Una caratteristica peculiare della

gonartrosi è invece l‟appuntimento delle eminenze intercondiloidee tibiali, espressione precoce dell‟artrosi (Fig.12) [12].

20

Fig.12 1.Spiccata riduzione della rima articolare nel compartimento laterale dell‟articolazione femoro-tibiale con sclerosi sub condrale(proiezione anteroposteriore ) . 2.Grossolano osteofita aggettante dal margine superiore della rotula ( proiezione laterale ) 3.Marcata riduzione della rima dell‟articolazione femoro-tibiale nel compartimento mediale con sclerosi sub condrale . 21

4.Riduzione della rima dell‟articolazione femoro-rotulea con appuntito osteofita femorale . Sono inoltre osservabili opacità riferibili a corpi osteocondromatosi .

L’ENTITA’ DEL DANNO

E‟ importante stabilire con precisione quanto sia lesionata la cartilagine articolare perché ciò

ha rilevanza dal punto di vista terapeutico; a tal fine,

attraverso le tecniche di imaging, sono state elaborate delle classificazioni basate sull‟aspetto morfologico macroscopico, che consentono di avere un alfabeto comune internazionale e rappresentano un modo rapido per orientarsi di fronte ai diversi gradi di danno articolare [13]. Oggigiorno le classificazioni più utilizzate sono quella di Outerbridge, di Noyes-Stabler, e della International Cartilage Repair Society (ICRS) [14]. Outerbridge, nel 1961, fu il primo a classificare il danno cartilagineo sulla base dei riscontri ottenuti durante le meniscectomie effettuate a seguito di condropatia rotulea (Tab.2). Egli propose una classificazione in quattro stadi [14].

Tab.2 OUTERBRIDGE

GRADO 1 GRADO 2

GRADO 3

GRADO 4

Superficie articolare tumefatta, morbida, ricoperta di vescicole La superficie articolare presenta solchi e fissurazioni di diametro inferiore ad 1 cm La superficie articolare presenta solchi e fissurazioni di diametro superiore ad 1 cm Presenza di erosione della cartilagine articolare a tutto spessore con interessamento dell‟osso subcondrale

La Noyes-Stabler è una classificazione basata su quattro distinte variabili: la descrizione della superficie articolare; l‟estensione del danno; il diametro della lesione e la sua sede (Fig.13) [14]. Anche se la raccolta di questi dati è operatore 22

dipendente, il grading che si ottiene permette al chirurgo di registrare i cambiamenti della cartilagine articolare nel corso del tempo [16] (Tab.3).

Tab.3 NOYES-STABLER GRADO 1

Superficie articolare integra GRADO 2

Presenza di solchi e fissurazioni della superficie articolare GRADO 3 Esposizione subcondrale

dell‟osso

A.Presenza di una piccola zona di rammollimento della cartilagine articolare B.Estesa area di rammollimento con deformabilità della superficie cartilaginea A.Lesione con uno spessore inferiore a ½ della superficie articolare B.Lesione con uno spessore superiore a ½ della superficie articoale A.Superficie ossea intatta B.Superficie ossea erosa

Fig.13 La figura mette in evidenza l‟entità dell‟approfondimento della lesione cartilaginea nei diversi gradi di osteoartrosi.

La ICRS nel 2000 ha pubblicato una classificazione che prende in considerazione la profondità delle lesioni [17] (Tab.4). 23

Tab.4 ICRS

GRADO 1

La superficie articolare presenta solchi e fissurazioni superficiali

GRADO 2

Presenza di erosioni profonde con conservazione dello strato basale Presenza di erosione profonda fino all‟osso

subcondrale

che

appare

conservato GRADO 3

Erosione della cartilagine articolare a tutto GRADO 4

spessore

con

interessamento

dell‟osso subcondrale

La ICRS ha inoltre elaborato una classificazione basandosi su criteri come l‟estensione e la sede della lesione (Fig.14) [18]; ciascun condilo, i piatti tibiali e la rotula sono suddivisi in nove settori. Essa fornisce informazioni utili ai fini operatori, consente inoltre un accurato follow-up del paziente ed è complementare alla classificazione che prende il considerazione l‟entità del danno in profondità.

24

Fig.14 Rappresentazione schematica della classificazione ICRS basata su estensione e sede della lesione.

PROGRAMMAZIONE

TERAPEUTICA

DELL’ARTROSI

DI

GINOCCHIO

Per ottenere un compenso articolare, prima di ricorrere ad interventi farmacologici o chirurgici, è importante ridurre il sovraccarico ponderale, abolire l‟attività fisica pesante e programmare adeguati periodi di riposo in assenza di carico, specialmente in corrispondenza delle crisi dolorose. Qualora le misure generali dovessero fallire è bene cominciare un trattamento antiflogistico-analgesico. In questo tipo di approccio trovano indicazione i FANS somministrati a cicli durante le poussèes dolorose o anche continuativamente. Le linee guida suggeriscono di cominciare con un basso dosaggio di analgesici semplici per poi giungere ad una dose piena, corrispondente a 1000 mg di Paracetamolo quattro volte al giorno; qualora anche questa non sia efficace allora si può associare la Capsaicina oppure il tramadolo. Si possono utilizzare anche delle infiltrazioni intra-articolari di cortisonici

che agiscono diminuendo la 25

produzione delle prostaglandine, l‟attività delle collagenasi e dei fattori della flogosi; esse dovrebbero essere associate alla terapia di base. L‟idrocortisone, il metilprednisolone, il triamcinolone-acetonide-diacetato e hexacetonide sono i composti steroidei di più frequente utilizzo; per quel che riguarda la posologia, essa varia a seconda dell‟articolazione e il calcolo della dose è correlato al volume di liquido sinoviale, severità della malattia e tipo di farmaco. L‟acido jaluronico è un altro composto che può essere utilizzato nelle infiltrazioni, esso è fisiologicamente prodotto dalle cellule sinoviali e metabolizzato dalle cellule di rivestimento sinoviale e da un lato riveste un ruolo meccanico nella lubrificazione e nella ammortizzazione degli urti, dall‟altro ha proprietà analgesiche, antidolorifiche e antiinfiammatorie perché agisce inattivando i mediatori proinfiammatori e riducendo la proliferazione dei macrofagi. La pratica delle iniezioni intra-articolari può essere preceduta da somministrazione di anestetico, però deve essere limitata ai casi in cui vi sia flogosi locale senza concomitante

infezione, e l‟osso non sia gravemente

interessato e comunque deve essere associata a misure atte ad ottenere un compenso articolare [19]. Le procedure appena descritte sono mirate alla riduzione del dolore, oggigiorno però gli studiosi stanno sperimentando farmaci in grado di preservare la cartilagine articolare, uno di questi è la doxyciclina che blocca la collagenasi MMP-13 [20][21][22]. Si stanno studiando composti che inibiscono la degenerazione dei proteoglicani, e in particolare l‟aggrecan. Alcuni studi effettuati sugli animali, inoltre, hanno dimostrato che la somministrazione intra-articolare dell‟IL-1Ra [23] attenua lo sviluppo delle lesioni della cartilagine e l'espressione di MMPs . In questa patologia il paziente può trarre giovamento anche dalla terapia fisica (chinesiterapia, calore e massoterapia), che resta comunque un trattamento di tipo sintomatico. Un aiuto può essere dato dall‟utilizzo di un sostegno (girello ,bastone) che consente di ridurre il carico rendendo la deambulazione meno dolorosa e più sicura. Quando il dolore diventa insostenibile, la limitazione funzionale è importante ed inoltre l‟articolazione è gravemente compromessa una possibile soluzione del problema è rappresentata dall‟intervento chirurgico.

26

Oggi è possibile correggere i danni a carico dell‟articolazione con diversi approcci chirurgici che vengono scelti in base al tipo di problematica. Si può ricorrere all‟artroscopia, essa, infatti, permette di effettuare un lavaggio articolare , di regolarizzare le lesioni condrali o meniscali e di rimuovere frammenti liberi o lesioni mobili. Se non coesistono importanti deviazioni assiali del ginocchio è possibile utilizzare la tecnica della microfrattura artroscopica che induce in molti casi un miglioramento della sintomatologia. Bisogna ricordare che, pur essendoci un effetto soddisfacente in termini di riduzione del dolore, l‟artroscopia non arresta la progressione della malattia. L‟indicazione all‟osteotomia è da considerare in caso di deviazione assiale in valgismo o in varismo associata ad artrosi monocompartimentale in assenza di patologie infiammatorie, è un approccio di tipo meccanico che consente un riallineamento dell‟asse femoro-tibiale sul piano frontale. Un limite è posto dall‟ entità del danno , infatti non è consigliabile correggere deformità gravi in quanto associate ad alterazioni osteocartilaginee importanti. Quando dolore, impotenza funzionale e alterazioni anatomiche sono molto severe la soluzione è rappresentata dall‟artroprotesi

che in sostanza è

un‟articolazione artificiale realizzata in leghe metalliche e in materiali plastici che può sostituire il ginocchio parzialmente (protesi monocompartimentali) oppure totalmente (protesi totali).

CAPITOLO 3

ARTROPROTESI MONOCOMPARTIMENTALE DI GINOCCHIO

E‟ indicata nella degenerazione artrosica del compartimento mediale del ginocchio e se associata a menisco mobile ha una lunga sopravvivenza con un tasso di revisione e complicanza basso. E‟ controindicata invece, nei pazienti molto giovani oppure molto anziani, in quelli affetti da poliartropatie e il cui ginocchio abbia una deformità in flessione superiore ai 15° inoltre dovrebbe essere evitata in persone obese [24]. 27

ARTROPROTESI TOTALE DI GINOCCHIO

1.I MATERIALI Le prime protesi ad essere realizzate furono quelle d‟anca negli anni venti, il materiale era il vetro, abbandonato quasi immediatamente per la sua elevata fragilità. Questo è stato il punto di partenza che ha condotto all‟utilizzo della stellite (lega di cromo-cobalto-molibdeno) per la componente femorale, del polietilene per l‟inserto articolare e del titanio oppure della stellite per la componente femorale nelle artroprotesi di ginocchio. Nelle moderne protesi d‟anca lo stelo femorale è di titanio perciò si è ipotizzato di utilizzarlo anche per la componente femorale del ginocchio, viste la sua elevata lavorabilità, biocompatibilità e interazione biologica con l‟osso; in realtà ciò non è possibile perché il titanio sottoposto a carico sviluppa in superficie uno strato di ossido che rende ruvido il metallo dando luogo a fenomeni di erosione del polietilene. Il polietilene utilizzato nell‟inserto articolare ha una massa molecolare altissima con lunghe catene lineari di atomi di carbonio alcune orientate uniformemente costituiscono la zona cristallina, altre caratterizzate da attorcigliamenti fanno parte della zona amorfa. Quest‟ultima conferisce importanti proprietà meccaniche quali l‟elasticità, la resistenza all‟urto, a rottura, a snervamento e a fatica, nonché resistenza all‟abrasione. Un problema del polietilene è legato allo sviluppo di radicali liberi i quali reagiscono con l‟ossigeno formando composti che danneggiano il materiale. Ciò avviene quando la quantità di energia fornita è superiore a quella di legame tra le catene polimeriche ad esempio per le alte temperature, raggi gamma, elettroni accelerati, elevate pressioni contatto. La soluzione potrebbe essere rappresentata da incorporazione di antiossidanti come la vitamina E, ma sono vietati dalle normative americane; quindi non resta che prevenire il danno ossidativo ponendo particolare attenzione ai metodi sterilizzazione mediante radiazione.

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Per quanto concerne il piatto tibiale si possono utilizzare sia la stellite sia il titanio perché esso non è soggetto a microsfregamenti contro il cemento. Nelle protesi a menischi mobili però, si utilizza solo la stellite. Oggi si stanno studiando materiali alternativi alle leghe di cromo-cobaltomolibdeno come ad esempio la ceramica, perché i pazienti operati sono relativamente giovani e quindi necessitano di materiali più duraturi e inoltre è in aumento l‟incidenza di soggetti allergici agli ioni metallo [24].

2.BIOMECCANICA ED EVOLUZIONE DEL DISEGNO PROTESICO Oggigiorno l‟ortopedico dispone di molteplici tipi di impianto, alcuni più utilizzati ed altri meno, che spesso non presentano sostanziali differenze dal punto di vista clinico e funzionale; i dati clinici, strumentali morfologici e funzionali biomeccanici sono di aiuto per quanto riguarda il menagement del paziente . Questa gamma di opzioni a disposizione del chirurgo altro non è che il frutto dell‟evoluzione del disegno protesico ottenuta nell‟arco di quaranta anni di esperienza in questo ambito, essa nel tempo ha trovato due tipi di approccio: -funzionale, mirato a semplificare la biomeccanica articolare tramite il sacrificio del legamento crociato posteriore(LCP); -anatomico, volto a rispettare la funzione e la cinematica dei legamenti crociati . Va ricordato

che inizialmente la componente femoro-rotulea non era

considerata un elemento importante, infatti inizialmente Freeman rimuoveva in tutti i casi la rotula.

Approccio funzionale

1966-1968 Freeman e Swanson

Vengono asportati i legamenti crociati per rendere più agevole la correzione della deformità e permettere una più ampia copertura dei capi articolari in modo tale da aumentare la superficie di contatto articolare . 29

Il materiale della componente femorale è costituito da una lega di cromocobalto , il polietilene invece forma la parte tibiale. Le due superfici articolari hanno elevata congruenza per il fatto che il loro raggio di curvatura è unico. Un piccolo stelo femorale e un fittone tibiale garantiscono l‟ancoraggio della protesi (Fig.15) [24].

Fig.15

1970-1973 Insall, Walker e Ranawat

Disegnano la Total Condylar Knee che prevede asportazione dei legamenti crociati e quindi maggior stabilità. Il raggio di curvatura dei condili femorali e della faccia articolare tibiale in polietilene viene ridotto di molto. Viene inoltre aggiunta una curvatura sagittale sul polietilene insieme ad un fittone tibiale per ridurre la traslazione anteroposteriore femoro-tibiale

e dunque garantire maggior stabilità in flessione

(Fig.16) [24]. Nell‟insieme quindi si ha un aumento della congruenza che però si traduce in un aumento delle forze torcenti e in una traslazione anteriore del femore che consumano anteriormente il polietilene. Il risultato di questa usura è la limitazione della flessione articolare (circa 90°).

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Fig.16

1975 Insall e Burnstein

Per risolvere i problemi di instabilità e ridotta flessione posteriorizzano il punto di contatto tra i due capi articolari e aggiungono il meccanismo spinacamma per contrastare la traslazione anteriore del femore (Fig.17) [24]. Così facendo la flessione del ginocchio può raggiungere i 115°.

Fig.17 Solo nel 1980 verrà introdotto l‟utilizzo della lega cromo cobalto anche per la componente tibiale, cosa che risulterà utile negli interventi di revisione.

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Approccio anatomico

1968-1970 Kodama e Yamamoto

La componente femorale è di lega cromo-cobalto-molibdeno, quella tibiale tutta in polietilene e foggiata a ferro di cavallo per accogliere e conservare i legamenti crociati (Fig.18) [24]. Entrambe fissate senza l‟ausilio del cemento.

Fig.18

1973 Townley e Seedhom

Utilizzano il cemento per fissare la protesi. La componente femorale presenta un raggio di curvatura più ampio sia sul piano frontale che sul piano sagittale. C‟è l‟introduzione nel disegno di una geometria policentrica. Townley inoltre introduce per la prima volta la protesi di rotula in polietilene.

1975-1977 Buechel e Pappas

Per consentire una ottimale

flessione del ginocchio senza attenersi

strettamente al criterio di congruità articolare introducono un disegno protesico di rivestimento condilare a menischi mobili. Essi sono indipendenti l‟uno dall‟altro e scivolano su binari curvi per favorire la rotazione assiale del femore. Le superfici porose consentono una fissazione non cementata (Fig.19) [24].

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Fig.19

3.LE PROTESI TOTALI DI GINOCCHIO OGGI

Il chirurgo attualmente dispone di tecniche sempre più affinate, ma non esiste un gold standard con risultati sovrapponibili in tutti i pazienti. Bisogna valutare caso per caso le esigenze personali del soggetto e le sue caratteristiche anatomiche e solamente in seguito scegliere l‟opzione più adeguata. Tuttavia devono essere presenti: -requisiti meccanici primari quali resistenza meccanica, riduzione della tensione, riduzione dell‟attrito, recupero della funzionalità e stabilità meccanica; -requisiti biologici cioè una buona tollerabilità da parte dell‟ospite; -requisiti chirurgici come facilità di impianto, minimo trauma, minima resezione ossea. Per meglio orientarsi in questo vasto argomento è utile uno schema elaborato da Fontanesi. Egli ha inquadrato le protesi totali di ginocchio in base alla tecnica chirurgica (conservazione o sacrificio LCP),alle caratteristiche delle superfici di ancoraggio (lisce, rugose o porose per l‟utilizzo con o senza cemento) e, soprattutto, al vincolo interno meccanico delle componenti protesiche (minimo, intermedio, totale) .

PTG CON SACRIFICIO LCP

-PTG A STABILITA’ POSTERIORE 33

Sono caratterizzate da un vincolo interno intermedio e prevedono il sacrificio del legamento crociato posteriore, la sua funzione è sostituita da un meccanismo a camma dato da un box femorale che si articola con una torretta centrale in polietilene, quest‟ultima si eleva dalla componente tibiale. Ciò permette di trasferire le forze di taglio all‟interfaccia cemento-osso, inoltre la camma consente il roll back femorale nella flessione pur prevenendo la sublussazione posteriore quando il paziente sale o scende le scale. Non riesce però ad opporsi alle sollecitazioni in varo-valgismo sul piano frontale, quindi è indispensabile salvaguardare l‟integrità dei legamenti collaterali, assicurando così il controllo delle rotazioni. Questa protesi è una delle più utilizzate e ci sono inoltre delle indicazioni assolute al suo utilizzo come ad esempio malformazioni articolari gravi con deviazioni assiale maggiori di 20°, oppure deformità in recurvato, entrambe sono condizioni in cui LCP è fortemente danneggiato. Una complicanza frequente di questo tipo di impianti è data dalla presenza di un nodulo fibroso intra-articolare che rimane bloccato tra i condili durante la flessione generando una sensazione di scatto all‟estensione e dolore in corrispondenza della rotula (clunk syndrome) [24].

-PTG A STABILITA’ CENTRALE

In questo tipo di impianto la flesso-estensione avviene intorno ad un unico asse fisso e femore e tibia sono totalmente vincolati, in modo meccanico da una cerniera centrale (PTG A CERNIERA SEMPLICE). In passato è stato utilizzato in pazienti con scarsa stabilità legamentosa però, pur avendo numerosi aspetti positivi, ha dimostrato un‟alta percentuale di destabilizzazioni, perché c‟è un unico punto di contatto tra i due capi articolari, dato appunto dalla cerniera, sul quale si concentrano forti sollecitazioni a carico delle componenti protesiche. Nel tempo si è cercato quindi di mantenere la caratteristica della stabilità cercando di diminuire il carico sulla cerniera, è nata così la PROTESI CON GIUNTO A CROCE SEMIVINCOLATO: il giunto articolare foggiato a T ha la parte orizzontale inserita nei condili femorali, questa consente la flesso-estensione; la 34

parte verticale invece, è libera e consente nella flessione un movimento di rotazione che copre un‟ampiezza di circa 20° , in realtà potrebbe arrivare a 360°, ma è frenato dalla voluta anteriore del piatto tibiale in polietilene (Fig.20) [24]. Questo sistema fa in modo che le forze di carico si distribuiscano su tutta la superficie articolare e non solamente a livello centrale, riducendo così la destabilizzazione. Esso risulta particolarmente adatto nelle ginocchia che hanno una elevata lassità globale ed ha quasi completamente sostituito le protesi a cerniera semplice che trovano un margine di applicazione nella patologia tumorale [24].

Fig.20

PTG ACONSERVAZIONE DEL LCP

I sostenitori di questo tipo di impianto sottolineano due ruoli fondamentali del LCP nella fisiologia articolare, primo fra tutti quello meccanico, infatti, esso impedisce la sublussazione posteriore del ginocchio durante il roll back e stabilizza in varo-valgo il ginocchio; in secondo luogo il LCP ha una funzione neurosensoriale data da numerosi meccanocettori presenti nella parte centrale che sono fondamentali per assicurare il senso della posizione e la stabilità articolare passiva. 35

Dall‟altro lato però nel ginocchio artrosico il LCP presenta un numero inferiore di terminazioni ed inoltre è più lasso, quindi il suo risparmio non presenta alcun vantaggio anzi può essere dannoso per la sopravvivenza dell‟ impianto stesso. Alla luce di queste informazioni e dei dati forniti dalla letteratura non si può dire che un tipo di protesi sia migliore dell‟altro, quello che è certo è che bisogna scegliere di volta in volta l‟opzione migliore per la situazione anatomo-patologica del paziente calibrata in base all‟esperienza personale del chirurgo [24].

L’UTILIZZO DEL CEMENTO

Il costituente principale del cemento è rappresentato da una molecola: il polimetilacrilato, esso ha delle ottime qualità, quali il garantire un duraturo contatto osso-protesi, la capacità di modellarsi sui tagli ossei, l‟effetto sigillante. Per queste sue caratteristiche gli impianti cementati hanno dimostrato una sopravvivenza del 90% a vent‟anni di distanza, tuttavia presentano alcuni punti critici come la rottura da fatica o, intra-operatoriamente, l‟evento embolico o la necrosi ossea da calore durante la polimerizzazione. Per questo da qualche tempo gli sforzi sono diretti nel cercare una soluzione che non obblighi necessariamente al suo utilizzo. Si è visto che, in assenza di cemento, le forze meccaniche vengono trasmesse direttamente alle componenti protesiche e all‟osso e dopo qualche tempo questi ultimi si ancorano saldamente tanto da formare un corpo unico più resistente alle sollecitazioni. Prima di optare per una scelta di questo tipo bisogna che ci sia una buona stabilità primaria, che la superfice di contatto con l‟osso sia idonea alla crescita e che la qualità dell‟osso ospite sia buona. In caso di pazienti con cattiva qualità dell‟osso, artrite reumatoide, deformazioni dei capi articolari, legamenti collaterali e crociati insufficienti e impianti di revisione è sempre meglio preferire l‟utilizzo della cementazione [24].

IL PIATTO MOBILE E IL PIATTO FISSO

Le protesi descritte precedentemente sono tutte accomunate dal fatto di avere l‟inserto articolare fisso e di polietilene che nel tempo è soggetto a stress favorenti 36

la delaminazione. Ci sono casi in cui ciò è penalizzante, basti pensare a soggetti giovani con grave gonoartrosi che devono necessariamente essere operati e che comunque nel post-operatorio hanno richieste funzionali più elevate rispetto ad un paziente anziano. Per queste persone è stata ideata la protesi a menisco mobile in cui il materiale dell‟inserto resta sempre lo stesso, ma le forze di taglio vengono ridotte e meglio distribuite tra l‟impianto e le strutture molli periarticolari. Il principio si basa su una doppia articolazione: una classica tra la componente femorale e l‟inserto tibiale ed una altra tra l‟inserto e la componente metallica tibiale. L‟inserto può avere un movimento di sola rotazione oppure di rotazionetraslazione quando scivola in una guida o rotaia tibiale, ciò porta la protesi ad autocentrarsi con spontanea correzione anche in assenza di un allineamento ottimale(Fig.21) [24]. A seconda si voglia privilegiare la stabilità o la motilità vengono scelti rispettivamente impianti totalmente o parzialmente congruenti .

Fig.21

SE E QUANDO PROTESIZZARE LA ROTULA In molti pazienti c‟è la necessità di protesizzare la rotula (Fig.22) [25], il che equivale a dire prolungato tempo operatorio e aumentato rischio di frattura, di osteonecrosi, di clunk syndrome, di instabilità e lussazione. Quindi qualora esistano questi presupposti: età inferiore ai 60 anni, artropatia non infiammatoria, 37

condropatia di grado limitato e infine un congruente scorrimento femoro-rotuleo, è bene non protesizzare le rotula .

Fig.22 a. Protesi di rotula di tipo Hermes. b. Veduta assiale del ginocchio con sostituzione patellare.

4.LE TECNICHE CHIRURGICHE

Qualsiasi accesso si utilizzi, il paziente è posto in decubito supino. L‟incisione cutanea è sempre eseguita a ginocchio flesso a 90° per sfruttare successivamente l‟elasticità cutanea in estensione.

-VIE DI ACCESSO ANTERIORI La tecnica standard prevede un‟incisione cutanea longitudinale mediana (da 7 cm al di sopra della rotula alla tuberosità tibiale anteriore). Si procede con l‟artrotomia: si fa un‟incisione pararotulea mediale nel contesto del tendine del muscolo quadricipite, ad un cm dal vasto mediale; si continua verso il basso a livello del legamento alare mediale, a 5mm dalla rotula, fino ad arrivare al margine mediale dell‟apofisi tibiale anteriore. A questo punto, per ottenere un‟adeguata esposizione articolare dell‟emipiatto tibiale interno, si estende la gamba e si scollano i tessuti molli a livello subperiostale in modo tale da non danneggiare l‟inserzione del legamento collaterale interno e dei tendini della zampa d‟oca; si effettua inoltre l‟incisione del legamento femoro-rotuleo per visualizzare la regione sovracondilica anteriore del femore e la direzione dell‟origine della diafisi. Flettendo successivamente il ginocchio a 90° ed 38

extraruotando la tibia, si minimizza la tensione sull‟inserzione distale del tendine rotuleo e ciò consente la lussazione e il ribaltamento laterale della rotula. L‟ultima tappa consiste nella rimozione degli osteofiti, nella denervazione e nella meniscectomia. Nella variante secondo Isall si scolla l‟espansione del tendine quadricipitale dal margine mediale della rotula senza sezionare direttamente l‟inserzione del vasto mediale ed il retinacolo mediale. La variante subvastus prevede un‟incisione cutanea di entità minore rispetto alla tecnica standard (4cm al di sopra della rotula e 1 cm al di sotto della tuberosità tibiale anteriore). Viene eseguita a ginocchio flesso a 90° , il chirurgo penetra in profondità lungo la stessa linea di incisione cutanea; quindi isola il vasto mediale incidendo il perimisio, ne scolla il bordo inferiore dal periostio e dal setto intermuscolare per una lunghezza di circa 8cm al di sopra del tubercolo adduttorio. Segue la lussazione laterale e il ribaltamento della rotula a ginocchio esteso. I vantaggi di questa tecnica consistono in un aumento della forza del muscolo quadricipite e in una riduzione del dolore post-operatorio, tuttavia si ha una riduzione della esposizione articolare, si può formare un ematoma sottomurale, e l‟eccessiva trazione del vasto mediale durante l‟eversione della rotula ne può causare necrosi. Per quel che concerne la variante midvastus si può affermare che sia molto simile alla standard, in questo caso però viene preservata l‟integrità dell‟inserzione del vasto mediale sul bordo mediale del tendine quadricipite. I vantaggi di questa tecnica sono i medesimi della variante subvastus. L‟artrotomia di ritensione trivector sfrutta il principio per cui le forze vettoriali del quadricipite sono tre: la superiore, la mediale, la laterale. Sezionando uno dei tre meccanismi il vettore risultante agirà sulla rotula cambiando la forza e la direzione; grazie al ritensionamento viene riottenuta l‟azione del vettore mediale.

-VIA DI ACCESSO ANTERO-LATERALE L‟incisione cutanea può essere pararotulea laterale (6 cm al di sopra della rotula e 1 cm distalmente all‟apofisi tibiale anteriore) oppure curvilinea seguendo 39

l‟angolo Q (Fig.23) [26]. Il bordo laterale del tendine del muscolo quadricipite è il punto di partenza della capsulotomia che prosegue medialmente al condilo tibiale laterale e termina 2 cm lateralmente e 3 cm distalmente alla tuberosità tibiale anteriore. E‟ la scelta migliore nei casi di ginocchio valgo con deformità maggiore di 20° non riducibile, sublussazione rotulea laterale e deformità rotatoria significativa.

Fig.23 L‟angolo “Q” è formato dall‟intersezione della linea che rappresenta il vettore di forza del quadricipite con quella del tendine rotuleo .

-VIA DI ACCESSO MINI-INVASIVA E‟ destinata ad una fetta selezionata di pazienti, infatti sono esclusi tutti coloro che presentano gravi deformità, obesità, eccessiva massa muscolare e rotula bassa. E‟ nata dalla volontà dei chirurghi di ridurre le incisioni sia superficiali che profonde e di ricercare impianti di dimensioni ridotte che possano magari essere posti in sede con l‟ausilio di tecniche di navigazione. 40

Alla base di questo tipo di approccio c‟è il concetto della “finestra mobile”: lo scollamento sottocutaneo consente di traslare la linea di incisione a seconda della necessità, questo permette di posizionare lo strumentario e di ottenere una buona visuale. L‟utilizzo di divaricatori dedicati permette di eseguire le osteotomie senza danneggiare i tessuti molli.

Mini subvastus Si incide e si passa al di sotto del vasto mediale, così facendo viene creata una finestra che espone il ginocchio. Viene eseguita un‟artrotomia dalla tuberosità tibiale al terzo mediale della rotula e per mobilizzare il quadricipite, il vasto mediale viene separato dal setto intermuscolare dopo che il suo ventre è stato messo in tensione. Si tratta di un approccio anatomico mirato a non danneggiare il muscolo quadricipite e che inoltre salvaguarda la vascolarizzazione rotulea. Lo svantaggio è dato dalla limitata esposizione dell‟articolazione (Fig.24) [24]. Mini midvastus A ginocchio flesso, si fa un‟incisione a livello pararotuleo mediale e si dividono a tutto spessore le fibre del vasto mediale; si continua verso l‟alto e si mobilizza lateralmente l‟apparato estensore. Presenta gli stessi vantaggi del subvastus, ma l‟esposizione del ginocchio è nettamente migliore. E‟ uno degli accessi più diffusi nella chirurgia mini-invasiva del ginocchio (Fig.25) [24].

Mini pararotuleo mediale Trattasi di una tecnica che, pur prevedendo una incisione limitata (da 1 a massimo 4 cm dal polo prossimale della rotula), è caratterizzata dalla sezione del tendine quadricipitale al fine di estendere prossimalmente l‟artrotomia. C‟è quindi l‟interruzione dell‟apparato estensore e per questo non può essere considerata una via conservativa, però presenta semplicità di esecuzione e non è gravata da complicanze nel caso in cui vi sia la necessità di aumentare l‟ampiezza dell‟accesso (Fig.26) [24]

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Fig.24 Minisubvastus

Fig.25 Mini midvastus

Fig.26 Mini pararotuleo-mediale 42

-ALLINEAMENTO E BILANCIAMENTO LEGAMENTOSO L‟allineamento globale dell‟arto inferiore è molto importante nella cinematica articolare protesica e nella sopravvivenza della protesi, esso però non può realizzarsi se manca il bilanciamento dei tessuti molli. Basti pensare infatti a ginocchia con deformità in varo o valgo in cui le linee di resezione possono affrontarsi parallelamente solo dopo un adeguato release mediale delle parti molli. Il bilanciamento legamentoso quindi è l‟aspetto più delicato, anche perché non esistono strumenti precisi che indichino al chirurgo come e quanto rilasciare o mettere in tensione i tessuti, tuttavia esso rappresenta una fase dell‟operazione di artroprotesi inscindibile dall‟allineamento. Allineamento globale frontale dell’ arto inferiore -classico: la linea articolare è perpendicolare all‟asse meccanico dell‟arto inferiore ed è obliqua rispetto al suolo. Questo metodo viene impiegato ad oggi per ottenere un corretto allineamento; -anatomico: la componente tibiale presenta una deviazione in varo di 3°, quella femorale, a fini compensatori, presenta la medesima ampiezza di deviazione, però in valgo, come risultato la linea articolare è parallela al suolo nell‟appoggio bipodalico. Questo metodo è stato presto abbandonato per la difficoltà nel resecare la tibia senza superare i 3° e per un alterato allineamento rotatorio in flessione della componente femorale .

Allineamento delle singole componenti protesiche sul piano frontale L‟allineamento frontale della componente femorale può essere realizzato con un sistema di guida extramidollare in cui il piano di resezione deve avere un corretto allineamento sull‟asse meccanico del femore, questo viene ottenuto mediante un dispositivo che tende le strutture legamentose mediali e laterali, la difficoltà sta nel identificare il centro della testa femorale. In alternativa c‟è il sistema di allineamento endomidollare che prevede il calcolo sul radiogramma preoperatorio dell‟angolo incidente tra l‟asse meccanico e l‟asse anatomico del femore e successivamente la resezione femorale distale. L‟efficacia di questo 43

sistema è legata alla capacità di collocare l‟asta endomidollare al centro del canale femorale. Anche per l‟allineamento frontale della componente tibiale sono disponibili i medesimi sistemi. Quello endomidollare è molto affidabile, ma è gravato dalla invasività; quello extramidollare invece, si avvale di un asta esterna giustapposta alla superficie anteriore della tibia e della meta-epifisi tibiale prossimale. Per fare in modo che il piano di resezione sia perpendicolare all‟asse serve un planning preoperatorio il quale valuta la quantità di osso da asportare e consente un confronto con la resezione ossea eseguita.

Allineamento globale e delle singole componenti protesiche sul piano sagittale Per quel che concerne l‟allineamento globale il riferimento anatomico è dato da una semiretta che congiunge il gran trocantere al malleolo mediale a ginocchio esteso, lungo la quale devono esse allineati l‟asse sagittale femorale e tibiale. Sia nell‟allineamento sagittale globale che in quello delle singole componenti solo errori grossolani di posizionamento possono influire negativamente sulla buona riuscita dell‟intervento.

Il bilanciamento articolare in flessione ed estensione

Bilanciare i tessuti molli significa creare una condizione di giusta tensione legamentosa durante tutti i movimenti del ginocchio il che conferisce stabilità all‟articolazione. La tecnica consiste nel resecare in un primo momento la tibia prossimale o il femore distale rimuovendo la minima quantità di osso possibile, successivamente viene eseguito il bilanciamento in estensione e viene misurato il gap in estensione, si crea quindi il gap in flessione e si bilancia e, infine, si valuta mediante spacer la simmetria dei gap (Fig.27-28) [27] In caso di deformità ,prima di procedere al bilanciamento, è bene rimuovere tutti gli osteofiti perché essi mettono in tensione i tessuti molli. Se siamo di fronte a ginocchio varo, si deve procedere al release del legamento collaterale mediale, prima della sua parte profonda, poi, eventualmente di quella superficiale e, 44

successivamente, se necessario, anche la zampa d‟oca. Se invece, si tratta di ginocchio valgo le strutture da rilasciare sono quelle laterali (legamento collaterale laterale e tendine del popliteo) che vanno sezionate anche se la retrazione è presente solo in flessione. Il release postero-laterale può essere eseguito con la tecnica multiple puncture: le strutture laterali vengono rilasciate dall‟interno mediante l‟esecuzione di multipli piccoli tagli dopo che l‟articolazione è stata posta in estensione e distratta con lo spreader .

Fig.27 Rappresentazione schematica della simmetria del gap in estensione.

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Fig.28 Un blocco spaziatore è utilizzato per valutare la simmetria del gap.

DIFFERENZE DI GENERE E DI FORMA

Utilizzando misure bidimensionali manuali e misure ottenute da un atlante di ricostruzione tridimensionale, effettuate sulle estremità distali di femori di diversi pazienti è stato possibile individuare una differenza generale di taglia tra i due sessi ed inoltre delle peculiari caratteristiche morfologiche. La ricostruzione tridimensionale, infatti, ha messo in evidenza che nelle donne l‟angolo Q (Fig.29a,b) [30], dato dall‟intersezione della linea che rappresenta il vettore di forza del quadricipite con quella del tendine rotuleo, è maggiore rispetto agli uomini, che i condili mediali e laterali sono meno prominenti verso l‟avanti e che il rapporto tra i diametri intercondiloidei latero-mediale e antero-posteriore è ridotto (Fig.30) [30], inoltre l‟estremità distale del femore ha una forma più trapezoidale .

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a

b

Fig.29 Nella figura a le line tratteggiate rappresentano rispettivamemente linea del vettore di forza del quadricipite e quella del tendine rotuleo,dalla loro intersezione ha origine l‟angolo Q. Nella figura b i due differenti colori mettono in evidenza la differenza di allineamento del femore rispetto agli epicondili.

Fig.30 Rappresentazione grafica delle differenze tra i generi ottenuta mediante traduzione grafica tridimensionale delle diverse misurazioni effettuate sulle estremità distali dei femori di alcuni pazienti (rosa=donne blu= uomini).

Se in passato si faceva fronte a queste differenze adattando le ossa della paziente alla protesi attraverso le osteotomie, in tempi recenti si è preferito 47

ricercare una soluzione che permetta alla protesi di adattarsi all‟anatomia della paziente; infatti negli impianti più moderni (di tipo gender) lo scudo femorale è abbassato, l‟inclinazione del piatto tibiale tiene conto dell‟ampiezza dell‟angolo Q e il rapporto tra il diametro intercondiloideo A-P e quello M-L è ridotto (Fig.31,32,33)[28]. Questo è molto importante perché circa il 70% dei pazienti che subiscono TKA è rappresentato da donne.

Fig.31Confronto tra due scudi femorali.Nell‟impianto gender si nota che lo scudo femorale è abbassato per adattarsi ad un condilo meno prominente

Fig.32 In questa figura si possono osservare le differenze apportate a livello del piatto tiabile la cui inclinazione tiene conto della differente ampiezza dell‟angolo q delle donne. 48

Fig.33 A destra lo scudo femorale (gender specific femur) destinato alla donna presenta un rapporto ap ml ridotto a sinistra lo scudo nex gen abituale .Le due componenti sono della medesima taglia.

La realizzazione di questo tipo di protesi ha stimolato gli ingegneri biomedici a progettare impianti in grado adattarsi alle differenze anatomiche che intercorrono non solo tra i due sessi, ma anche tra ciascun individuo. E‟ nata così una nuova tecnica: il sistema Visionaire (Smith/Nephew) che permette, mediante l'elaborazione dei dati acquisiti da una risonanza magnetica del ginocchio del paziente, la progettazione personalizzata delle maschere di taglio così da essere perfettamente sicuri di poter impiantare la protesi in maniera anatomica (Fig.34). Le maschere vengono quindi stampate in 3D nei laboratori della Smith/Nephew di Memphis (USA) e quindi spedite al reparto di Ortopedia, pronte per essere utilizzate. Questa tecnica chirurgica è un'evoluzione ulteriore dei sistemi di navigazione computerizzata che attualmente vengono usati per il posizionamento protesico. Il miglioramento sta nel fatto che con questo sistema lo studio morfometrico del ginocchio del paziente viene eseguito nelle settimane che precedono l‟intervento, arrivando, così, in sala operatoria con un planning già definito e con una protesi fatta su misura per il paziente, riducendo al minimo i tempi chirurgici. Questo sistema ha ricevuto l‟approvazione della Food an Drugs 49

Administration nel 2008 ed ha apportato numerosi vantaggi come l‟esatto posizionamento delle componenti, tempi operatori più brevi, ridotto rischio di infezioni e tromboembolismi ed infine tempi di recupero più brevi [29].

Fig.34 VISIONAIRE◊ Patient Matched Instrumentation

L’ARTROPROTESI DI GINOCCHIO CON TECNICA COMPUTERASSISTITA

La tecnica computer-assistita si sta sviluppando in due direzioni: la robotica, che però ha lo svantaggio della difficoltà della programmazione della macchina, e la navigazione che fornisce informazioni intra-operatorie precise complementari alle conoscenze e all‟esperienza del chirurgo. C‟è una tendenza sempre maggiore ad avvalersi di questi ausili in quanto rappresentano la possibilità di migliorare l‟accuratezza nella esecuzione dell‟intervento che si traduce in un risultato migliore per il paziente. I sistemi di navigazione possono utilizzare sistemi image-free, in cui le informazioni vengono trasmesse attraverso l‟utilizzo di rilevatori infissi nell‟osso, sistemi image-based che si basano su immagini TC o RMN

acquisite pre-

operatoriamente e sistemi wire-less che sono generalmente ottici e possono essere passivi (sensori ottici che utilizzano telecamere a infrarossi)o attivi (led che emettono raggi infrarossi) [30].

50

5.LE INFEZIONI

Gli stafilococchi sono i microrganismi responsabili della maggior parte delle infezioni su protesi di ginocchio, queste sono in contiguità con gli strati superficiali per cui i fenomeni infiammatori quali febbre, dolore notturno e a riposo, versamento e arrossamento cutaneo con aree di cianosi, fino alla formazione di fistole, si manifestano precocemente. Con il passare del tempo alcuni germi sono in grado di creare un biofilm tra protesi e tessuto ospite che progressivamente conduce ad un riassorbimento osseo periprotesico e alla mobilizzazione dell‟impianto. Per fare diagnosi è necessaria un‟artrocentesi, se la conta leucocitaria è maggiore di 25000 e quella neutrofila è superiore al 65% nel liquido sinoviale e l‟esame culturale è positivo si è di fronte ad un‟infezione. Al laboratorio bisogna richiedere l‟esame diretto e colturale per germi comuni e miceti. Solitamente l‟infezione di protesi ortopedica è monomicrobica. Se non si isola nulla si deve richiedere la ricerca di micobatteri. Qualora non sia possibile isolare alcun patogeno e ci sia l‟indicazione a pulizia chirurgica o sostituzione dell‟impianto, è bene non cominciare alcuna terapia antibiotica ed eseguire prelievi intra-operatori. Nei confronti dei processi infettivi ci sono diverse strategie terapeutiche come la semplice somministrazione di antibiotico, eseguita dopo aver fatto il prelievo per l‟esame colturale, oppure la pulizia chirurgica, a cielo aperto o artroscopica, e infine la terapia antibiotica associata all‟espianto-reimpianto della protesi articolare. Prima di effettuare la scelta è bene classificare il tipo di infezione, considerare la stabilità dell‟impianto, valutare il tipo di germe e valutare le condizioni locali e generali del paziente [30].

CAPITOLO 4

OBIETTIVO DELLO STUDIO L‟artroprotesi di ginocchio è un intervento che viene effettuato sempre più spesso, sia perché la tecnica è consolidata e sicura, ma anche perché l‟età media e parallelamente l‟incidenza di gonartrosi sono aumentate. 51

Le prime protesizzazioni, come è già stato detto, sono state effettuate negli anni sessanta del secolo scorso. A partire da questo periodo i tipi di impianto sono evoluti nel tempo per adattarsi alla struttura anatomica del paziente e alle problematiche che di volta in volta si presentano. Oggigiorno, infatti, il chirurgo ha la possibilità di scegliere tra le varie tipologie di protesi, prodotte da differenti ditte, quella che meglio risponde alle esigenze del paziente da operare. Lo scopo di tale studio è quello di confrontare gli outcome di tre diversi tipi di protesi: -Innex Zimmer, caratterizzata da raggio di curvatura unico nelle componenti metalliche tibiale e femorale; -Nex-Gen Gender Zimmer, presenta invece raggi di curvatura multipli per meglio riprodurre l‟anatomia condilare nel rispetto delle differenze uomo-donna; -Endo-Modell Link, è una protesi a vincolo totale che viene utilizzata qualora ci sia una marcata lassità legamentosa e globale.

MATERIALI E METODI

Nel periodo da gennaio 2005 a luglio 2011 sono stati eseguiti circa 150 interventi di artroprotesi di ginocchio, tra cui: -Innex 55 -NexGen Gender 35 -Endo-Modell 10 Il presente studio ha preso in considerazione solo gli interventi di artroprotesi totale di ginocchio; sono stati individuati tre gruppi (A, B, C) ognuno costituito da dieci pazienti: nel gruppo A sono state impiantate protesi di tipo Innex Zimmer; nel gruppo B protesi di tipo Nex-Gen Gender Zimmer e nel gruppo C protesi Endo-Modell Link. In tutti questi pazienti è stato previsto il sacrificio del legamento crociato posteriore e si è optato per il piatto fisso, per la cementazione delle componenti e per la non protesizzazione della rotula. Gli impianti di tipo Innex Zimmer (Innovation Nexus Next Generation) sono caratterizzati da un‟elevata congruenza dei condili femorali con il piatto tibiale,

52

infatti l‟obbiettivo è quello di privilegiare la stabilità sul piano sagittale e frontale assicurando il controllo delle rotazioni. Il sistema NexGen Gender Zimmer, come del resto quello Innex, garantisce la stabilità articolare, ma permette inoltre di adattare la protesi ai bisogni individuali di ogni paziente anche durante l‟intervento attraverso un sistema unificato di componenti intercambiabili, la sua versatilità consente una mediazione tra le esigenze di colui che viene operato e la filosofia chirurgica vigente. La protesi di tipo Endo-Modell Link è vincolata ed è caratterizzata da un giunto a croce a forma di T che mantiene la stabilità riducendo il carico sulla cerniera e che consente la flesso-estensione e nella flessione un movimento di rotazione che copre un‟ampiezza di circa 20°. Mentre Innex e NexGen vengono utilizzate nella OA senza indicazioni particolari, Endo-Modell rappresenta la prima scelta in presenza di lassità capsulolegamentosa oppure di patologie infiammatorie croniche come l‟artrite reumatoide destruente. Per misurare le condizioni e la qualità della vita è stato utilizzato il questionario SF-36. E‟ uno strumento preciso ed accurato capace di trasformare in informazioni sensate l‟opinione del paziente, quest‟ultima rappresenta un punto di vista unico, non recuperabile con altre modalità di raccolta dati e complementare su molte aree alla valutazione clinica; risulta inoltre particolarmente appropriato nel misurare patologie a decorso cronico in cui il rapporto con la struttura sanitaria e il clinico è duraturo nel tempo e in cui i fattori da misurare non sono la semplice dicotomia vivo/morto, ma riguardano variabili come i sintomi, lo stato generale di salute e la soddisfazione della cura [30]. L‟SF-36 è stato elaborato negli anni ‟80 negli Stati Uniti d‟America come questionario generico, multidimensionale, articolato in trentasei domande; la sua validità è stata largamente studiata ed è emerso che è contraddistinto da due caratteristiche peculiari e cioè la brevità, infatti il paziente impiega all‟incirca dieci minuti per la compilazione, e la precisione [31]. Le trentasei domande che costituiscono il questionario consentono di assemblare otto differenti scale, che concettualmente rappresentano altrettanti domini di salute: 1.AF-attività fisica (10 domande); 2.RF-limitazioni di ruolo dovute alla salute fisica (4 domande); 53

3.DF-dolore fisico (2 domande); 4.SG-percezione dello stato di salute generale (5 domande); 5.VT-vitalità (4 domande); 6.AS-attività sociali (2 domande); 7.RE-limitazioni di ruolo dovute allo stato emotivo (3 domande); 8.SM- salute mentale (5 domande); In più un‟unica domanda sulla percezione di un cambiamento di salute nell‟ultimo anno. Tutte le domande tranne una si riferiscono alle quattro settimane precedenti la compilazione del questionario; il punteggio ottenuto va da un minimo di zero ad masssimo di cento, più alto è e migliore è il livello di salute percepita. In Italia il questionario è stato tradotto ed adattato culturalmente a metà degli anni „90 nell'ambito del progetto IQOLA [32]. Negli anni ‟80, a fronte di un numero sempre crescente di interventi di protesizzazione, è nata la necessità di creare un alfabeto comune per quel che concerne la valutazione del ginocchio operato, al fine di poter effettuare dei paragoni tra i risultati ottenuti nei diversi Paesi. E‟ nato così il metodo KSS (Knee Score Society) elaborato dalla Knee Society, che è stato utilizzato per valutare gli outcome degli interventi in tale studio [33]. Il KSS si divide in due parti: la prima comprende una serie di domande che conferiscono un punteggio oggettivo; la seconda invece, consente di valutare il ginocchio da un punto di vista funzionale [34]. Prima parte, “objective scoring”: Dolore (max 50 punti) (Tab.5): è il sintomo di maggiore interesse in quanto è proprio a causa di esso che il paziente decide di sottoporsi ad intervento. Il dolore, secondo la scheda di valutazione, può essere classificato come: Tab.5 nessuno

50

lieve occasionale

45

lieve (facendo le scale)

40

lieve (camminando e scale)

30

moderato (occasionale)

20

moderato (continuo)

10

severo

0 54

Range of motion (max 25 punti): è valutata in gradi di movimento attivo o passivo;

per

ogni

5

gradi

è

calcolato

1

punto.

Stabilità (max 25 punti): è ottenuta considerando il massimo spostamento alla manovra di cassetto antero-posteriore e alle sollecitazioni in varo-valgo. Il punteggio è massimo per gli spostamenti minori, ossia per la maggiore stabilità.

Dal punteggio totale così ottenuto, vengono fatte delle sottrazioni nel caso siano presenti alcune delle seguenti alterazioni (Tab.6): Tab.6 La contrattura in flessione

Max 15 punti

Il deficit di estensione

Max 15 punti

L’allineamento

Max 20 punti

Il valore da sottrarre per ciascuna voce aumenta con la gravità dell'alterazione presente. Si ottiene così il punteggio per il ginocchio in esame (knee score). Seconda

parte,

“functional

scoring”:

Cammino (max 50 punti ) (Tab.7): si chiede al paziente la distanza che è in grado di percorre a piedi e si attribuisce il punteggio secondo le seguenti categorie: Tab.7 nessuna

50

più di dieci isolati

40

tra i cinque e i dieci isolati

30

meno di cinque isolati

20

costretto a casa

10

non cammina

0

Scale (max 50 punti) (Tab.8): si chiede al paziente come riesce a salire e scendere le scale: 55

Tab.8 normale, in salita e discesa

50

in salita normale, discesa con

40

ringhiera in salita e discesa con ringhiera

30

salita

15

con

ringhiera

discesa

impossibile non fa le scale

0

Anche in questo caso al valore totale viene sottratto un punteggio nel caso in cui il paziente utilizzi un bastone/stampella, due bastoni o un girello o deambulatore.

RISULTATI

Gruppo A

E‟ costituito da quattro maschi e sei femmine. L‟età media è 75 anni (dev. st. 3.99). In quattro pazienti è stato scelto un accesso antero-mediale, in altrettanti un accesso para-rotuleo mediale, in un caso antero-laterale e in un altro anteriore.La durata media dell‟intervento è stata di 109 minuti (dev. st. 26.52). Sei pazienti hanno subito l‟intervento in anestesia generale, mentre quattro in anestesia spinale. In tutti i pazienti la diagnosi preoperatoria è stata l‟artrosi localizzata primaria di ginocchio. In tutti i pazienti si è optato per la cementazione, il sacrificio del LCP, il piatto fisso e la non protesizzazione della rotula. Un solo paziente ad un anno di distanza ha subito un intervento di revisione (Tab.12). Il valore medio ottenuto con il Kss, nella parte che riguarda l‟objective scoring, è stato 75.6 (dev. St. 28.6), mentre per quella del functional scoring è stato 76.6 (dev. st. 26.25) (Tab.9). 56

Con l‟SF-36 si ottengono otto scale: l‟attività fisica ha ottenuto un punteggio medio di 58.2 (dev. st. 27.96); il ruolo del fisico nelle limitazioni 80.5 (dev. st. 32.87); il dolore fisico 63.2(29.44); la salute generale 60.5(dev. st. 9.92); la vitalità 66.11(dev. st. 13.9); le attività sociali 93 (15.73); il ruolo emotivo 84.8 (dev. st. 16.9); la salute mentale 72.8(dev. st. 9.3) (Tab.10).

Tab.9

Età

75

Durata

109

Kss parte1

75.6

parte2

76.6

Tab.10 SF-36 AF

58.2

RF

80.5

DF

63.2

SG

60.5

VT

66.11

AS

93

RE

84.8

SM

72.8

Nell‟SF-36 ai domini RF, DF, RE è dato un punteggio che più alto è, più indica l‟assenza di dolore fisico, limitazioni da parte del ruolo fisico e del ruolo emotivo. Per una maggiore chiarezza interpretativa, nei grafici si è preferito riportare invece il valore che indica la presenza dei parametri appena citati che è stato ricavato dal questionario stesso (Tab.11).

57

Tab.11

Tab.12

ANALISI DI KAPLAN-MEIER - GRUPPO A 100 90 Sopravvivenza [%]

80 70 60 50 40 30 20 10 0 2005

2006

2007

2008 Anno

2009

2010

2011

58

Fig.35

Fig.36

Proiezione antero-posteriore. (Fig.35) La cartilagine articolare è così usurata che si nota una deviazione in valgo dell‟asse femoro-tibiale, dopo l‟intervento, grazie al corretto posizionamento della protesi, vengono ripristinati i rapporti articolari (Fig.36).

Fig.37

Fig.38

Proiezione latero-laterale. (Fig.37) Si nota una riduzione della rima articolare e osteofitosi della rotula a causa dell‟osteoartrosi, gli osteofiti vengono rimossi in sede di intervento. 59

Gruppo B

E‟ costituito da due maschi e otto femmine. L‟età media è 74 anni (dev. st. 4.44) . In sei pazienti è stato scelto un accesso antero-mediale, in due un accesso para-rotuleo mediale, in un caso longitudinale anteriore e in un altro anteriore mediano .La durata media dell‟intervento è stata 142 minuti (dev. st. 22,93). Due pazienti hanno subito l‟intervento in anestesia generale, mentre sette in anestesia spinale. In tutti i pazienti la diagnosi preoperatoria è stata artrosi localizzata primaria di ginocchio. In tutti i pazienti si è optato per la cementazione, il sacrificio del LCP, il piatto fisso e la non protesizzazione della rotula.In nessun caso c‟è stato fallimento dell‟impianto (Tab.16). Il valore medio ottenuto con il Kss, nella parte che riguarda l‟objective scoring, è stato 78.5 (dev. st. 11.64), mentre per quella del functional scoring è stato 78.7 (dev. st. 22.04) (Tab.13). Con l‟SF-36 si ottengono otto scale: l‟attività fisica ha ottenuto un punteggio medio di 76.25 (dev. st. 19); il ruolo del fisico nelle limitazioni 71.87 (dev. st. 31.72); il dolore fisico 59.7(dev. st. 25.07); la salute generale 66.75(dev. st. 10.40); la vitalità 63.75(dev. st. 12.44); le attività sociali 89 (dev. st. 14.69); il ruolo emotivo 79.1 (dev. st. 37.09); la salute mentale 75.5(dev. st. 11.57) (Tab.14).

Tab.13 Gruppo B Età

74

Durata

142

Kss parte1

76.25

parte2

71.87

60

Tab.14 SF-36 AF

76.25

RF

71.87

DF

59.7

SG

66.75

VT

63.75

AS

89

RE

79.1

SM

75.5

Nell‟SF-36 ai domini RF, DF, RE è dato un punteggio che più alto è, più indica l‟assenza di dolore fisico, limitazioni da parte del ruolo fisico e del ruolo emotivo. Per una maggiore chiarezza interpretativa, nei grafici si è preferito riportare invece il valore che indica la presenza dei parametri appena citati, che è stato ricavato dal questionario stesso (Tab.15).

Tab.15

61

Tab.16

ANALISI DI KAPLAN-MEIER - GRUPPO B 100 90

Sopravvivenza [%]

80 70 60 50 40 30 20 10 0 2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Anno

Fig.39

Fig.40

In questo caso il danno cartilagineo determina una lieve deviazione in valgo dell‟asse (Fig.39) che scompare dopo il posizionamento della protesi (Fig.40).

62

Fig.41

Fig.42

Il quadro artrosico di questa radiografia è simile al precedente, anche qui si riscontrano osteofiti della rotula ben visibili in questa proiezione (Fig.41). Dopo l‟intervento la rotula riacquista un contorno ben definito (Fig.42).

Gruppo C E‟ costituito da dieci pazienti. L‟età media è di 74 anni (dev. st. 3.30). In sette pazienti è stato scelto un accesso antero-mediale, in tre un accesso pararotuleo mediale “subvastus” .La durata media dell‟intervento è stata di 141 minuti (dev. st. 4.71). Otto pazienti hanno subito l‟intervento in anestesia spinale, mentre due in anestesia generale. In una paziente la diagnosi preoperatoria è stata artrosi localizzata primaria di ginocchio, negli altri invece il danno articolare è stato determinato dall‟artrite reumatoide. In nessun caso è stata protesizzata la rotula (Tab.19). Non ci sono stati fallimenti di protesi. Il valore medio ottenuto con il Kss, nella parte che riguarda l‟objective scoring, è stato 51.3 (dev. st. 2.36 ), mentre per quella del functional scoring è stato 53.3 (dev. st. 4.71) (Tab.16). Con l‟SF-36 si ottengono otto scale: l‟attività fisica ha ottenuto un punteggio medio di 36.6 (dev. st. 2.36); il ruolo del fisico nelle limitazioni 10 (dev. st. 2); il dolore fisico 37.3 (dev. st. 5.19); la salute generale 60 (dev. st. 7.07); la vitalità 60

63

(dev. st.21.21); le attività sociali 79 (dev. st. 29.70); il ruolo emotivo 90 (dev. st. 14.14); la salute mentale 64 (dev. st.11.31 ) (Tab.17).

Tab.16 Gruppo 3 Età

74

Durata

141

Kss parte1

51.3

parte2

53.3

Tab.17 SF-36 AF

36.6

RF

10

DF

37.3

SG

60

VT

60

AS

79

RE

90

SM

64

Nell‟SF-36 ai domini RF, DF, RE è dato un punteggio che più alto è, più indica l‟assenza di dolore fisico, limitazioni da parte del ruolo fisico e del ruolo emotivo. Per una maggiore chiarezza interpretativa, nei grafici si è preferito riportare invece, il valore che indica la presenza dei parametri appena citati che è stato ricavato dal questionario stesso (Tab.18).

64

Tab.18

Tab.19

ANALISI DI KAPLAN-MEIER - GRUPPO C 100 90 Sopravvivenza [%]

80 70 60 50 40 30 20 10 0 2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

Anno

65

Fig.43

Fig.45

Fig.44

Fig.46

Nelle proiezioni antero-posteriore e latero-laterale (Fig.43 e 45) è possibile notare evidenti aspetti deformanti prevalenti a livello dell‟emirima articolare femoro-tibiale mediale e laterale con valgismo e con focalità osteo produttive marginali ad entrambi i

66

piatti tibiali ,maggiormente evidenti sul versante laterale. A livello delle parti molli del cavo popliteo sono presenti numerose calcificazioni moruliformi.

Fig.47

Fig.48

La deformità in valgo delle ginocchia è così grave che la capacità funzionale dell‟articolazione è minima, infatti un‟operatore sostiene la pziente. L‟alterazione della cinematica dovuta al disassiamento degli arti inferiori si ripercuote anche a livello della caviglia provocando deformità anche in questo distretto.

Fig.49 Esposizione del femore e lussazione laterale della rotula in sede intra-operatoria. 67

Fig.50 Vista laterale della maschera di taglio.

Fig.51

Fig.52

Esiti dell‟intervento nell‟immediato post-operatorio (Fig.51) e dopo rimozione dei punti (Fig.52). In ortostatismo (Fig.52) si nota che gli arti inferiori sono allineati.

68

Fig.54

Fig.55

Confronto tra la deformità pre-operatoria e la correzione ottenuta mediante l‟intervento chirurgico.

CAPITOLO 5

DISCUSSIONE

Come si può vedere dal grafico (Tab.20) i tre gruppi di pazienti esaminati risultano omogenei per età e questo consente di mettere a confronto le tre diverse procedure senza il vizio di questo fattore di confondimento.

69

Tab.20

Il tempo mediamente necessario per impiantare una protesi di tipo Innex è stato 109 minuti (dev. st. 22.49), mentre per le altre due protesi è stato rispettivamente 142 (dev. st.22.39) e 141 (dev. st. 4.71) minuti (Tab.21).

Tab.21

70

Le protesi Innex quindi, rispetto alle Nex-Gen Gender, presentano il vantaggio di ridurre i tempi chirurgici . Dall‟esame obbiettivo del paziente e dal questionario SF-36 emerge che entrambe le metodiche sono valide e danno risultati soddisfacenti, infatti il dolore fisico è scarso e le limitazioni alle attività quotidiane sono minime. Mettendo a confronto i risultati ottenuti, però, si può notare che l‟objective scoring e il functional scoring

del gruppo A (innex)

totalizzano un punteggio inferiore rispetto a quelli del gruppo B. Lo stesso discorso vale per gli otto domini ottenuti dal questionario SF-36 quindi la qualità della vita è migliore nei pazienti del gruppo B. Risultati simili sono stati ottenuti da Hauk C, Heyse TJ, Witteborn MC Schofer MD, Fuchs-Winkelmann S, Schmitt J (Matched pair analysis: Innex FIXUC vs. NexGen LPS) [35]. Per quel che riguarda il gruppo C, il Kss e l‟SF-36 danno risultati poco soddisfacenti e nettamente inferiori agli altri due tipi di impianto, ciò è sicuramente correlato al tipo di protesi, infatti il posizionamento dei due fittoni endomidollari (tibiale e femorale) responsabili della stabilità della protesi, richiede una procedura molto invasiva. Bisogna ricordare però che i pazienti per cui si sceglie la protesi Endo-Modell, talvolta possono essere affetti da patologie molto invalidanti, come l‟artrite reumatoide, che influiscono negativamente sia sulla qualità della vita, sia sui parametri valutati dal Kss. In questo gruppo, non ci sono stati pazienti che abbiano avuto complicanze oppure subito una revisione ma dalla letteratura sappiamo che le complicazioni sono frequenti dopo questo tipo di artroplastica e che il tasso di complicanze è uguale sia nell‟intervento di sostituzione primaria che nell‟intervento di revisione, come è emerso dallo studio di Guenoun B, Latargez L, Freslon M, Defossez G, Salas N, Gayet LE. (Complications following rotating hinge Endo-Modell (Link) knee arthroplasty) [36] (Tab22-23).

71

Tab.22

Tab.23

SF-36 CONFRONTO 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

GRUPPO A

GRUPPO B

GRUPPO C

72

Nel presente studio nessun paziente ha subito una sostituzione della rotula e non ci sono state complicanze a livello di questo distretto, nessun paziente ha lamentato clunk syndrome, dolore rotuleo e all‟esame obbiettivo il ballottamento rotuleo è stato negativo. Nonostante i risultati del questionario SF-36 e del KSS siano stati inferiori nel gruppo C, si può affermare che gli interventi nel complesso hanno avuto una buona riuscita, infatti tra i trenta casi studiati solamente un paziente ha subito un intervento di revisione, dovuta ad un‟infezione. Il basso tasso di fallimento è da ricollegare a due fattori: il primo è sicuramente il corretto posizionamento delle componenti protesiche che è stato riscontrato in tutte le radiografie di controllo a tre mesi dall‟intervento; il secondo è un adeguato bilanciamento legamentoso che è legato sia all‟abilità del chirurgo, ma anche alle condizioni preoperatorie del tessuti molli. L‟allineamento globale dell‟arto inferiore e la stabilità articolare che sono di fondamentale importanza per la cinematica articolare protesica e per la sopravvivenza della protesi, dipendono strettamente dai fattori appena citati.

CONCLUSIONI

Dal confronto degli outcome in questi tre differenti tipi di protesi è emerso che le protesi Nex-Gen Gender, pur avendo tempi operatori lievemente superiori rispetto alle Innex, nel post-operatorio consentono di avere una qualità della vita migliore e la prestazione del ginocchio è superiore. Questo perché l‟impianto di tipo Nex-Gen Gender permette di adattare la protesi ai bisogni individuali di ogni paziente anche durante l‟intervento attraverso un sistema unificato di componenti intercambiabili, quindi rispettando maggiormente le caratteristiche proprie del ginocchio del paziente consente un recupero migliore della funzionalità articolare. I risultati peggiori si sono riscontrati nelle protesi di tipo Endo-Modell, la quale, tuttavia, nei pazienti con grave lassità capsulo-legamentosa e con patologie infiammatorie croniche gravi ed evolute rimane la soluzione ottimale. La scelta di non protesizzare la rotula non ha influito negativamente sugli outcomes dei pazienti tanto che non si è mai riscontrata clunk syndrome oppure una sintomatologia dolorosa a livello rotuleo. In letteratura non esistono pareri concordanti riguardo la sostituzione della rotula. Gli studi più recenti non hanno 73

dimostrato differenze significative tra gli outcomes delle PTG con conservazione della rotula e quelli delle PTG con sostituzione, però è emerso che nei pazienti in cui è stata praticata la sostituzione della rotula, in tutti i gradi di flessione c‟è un‟area di contatto minore e per questo lo stress pressorio che si sviluppa nel ginocchio è più elevato [36]. A cavallo tra gli anni ottanta e novanta, infatti, le complicanze femoropatellari sono state una delle cause principali di revisione ed erano legate soprattutto a un disegno protesico poco anatomico e ad una scarsa conoscenza della biomeccanica del ginocchio per questo si è cercato di realizzare protesi che rispettino il più possibile l‟anatomia della rotula. I risultati ottenuti modificando il disegno della protesi patellare sono sovrapponibili a quelli degli interventi con conservazione della rotula, quindi è una pratica che allunga inutilmente i tempi chirurgici se applicata sistematicamente, essa invece è molto utile nei casi in cui vi sia un grave danno della cartilagine per un‟artrosi rotulea [37]. Complessivamente, visto l‟andamento della sopravvivenza delle protesi e i risultati ottenuti con l‟ SF-36 e il KSS, gli interventi, che sono comunque molto aggressivi e demolitivi, hanno dato un risultato soddisfacente. Ciò è dovuto da un lato al miglioramento della tecnica e degli strumenti a disposizione del chirurgo, dall‟altro alla riabilitazione. La riabilitazione dopo l‟intervento ha un ruolo fondamentale per il recupero della funzionalità articolare; bisogna mobilizzare il paziente quanto prima per prevenire i pericoli legati all‟immobilizzazione come la trombosi venosa profonda, l‟embolia polmonare e le ulcere da decubito ed è necessario garantirne il benessere attraverso un‟adeguata analgesia. Dal primo al secondo giorno viene eseguita la ginnastica isometrica dei muscoli glutei-quadricipide-ischiocrurali, la ginnastica del collo del piede e la deambulazione con tutore bloccato e con girello. Nel terzo giorno inizia la mobilizzazione passiva completa (due o tre ore al giorno), partendo dai 20° di flessione ed aumentando di 5°/ die fino a raggiungere i 120°, e il lavoro attivo/ passivo in estensione, inoltre si deve insegnare al paziente ad eseguire i passaggi posturali. Nel quinto giorno si intraprende la ginnastica propriocettiva al fine di recuperare velocemente il controllo e la forza del muscolo quadricipite, per permettere al paziente di deambulare senza tutore. Dal sesto al quattordicesimo giorno post-operatorio si comincia la deambulazione con due stampelle canadesi con carico totale a 2 tempi associata ad aumento 74

progressivo del carico fino a raggiungere il 100%, si devono fare inoltre esercizi di mobilizzazione attiva assistita per estensione e flessione; è indispensabile che il paziente raggiunga un rom di 0°- 90° nelle prime due settimane. Dal quindicesimo al ventesimo giorno post-operatorio vengono rimossi i punti di sutura se la ferita lo consente, in questo periodo di tempo il fisioterapista provvederà dopo la rimozione dei punti ad un massaggio di scollamento della rotula e il paziente potrà eseguire esercizi di autoallungamento alla spalliera. Dal ventunesimo al ventinovesimo giorno post-operatorio viene effettuato l‟esame stabilometrico e baropodometrico; la riabilitazione è svolta mediante deambulazione con una stampella canadese in controlaterale (solo se la flessione è maggiore di 90° e l‟estensione è completa), parallele con ostacoli, scale, training stabilometrico e semipiegamenti fino a 90° in atteggiamento bipodalico. Dal trentunesimo giorno post-operatorio la riabilitazione è caratterizzata da deambulazione senza ausili, piegamenti completi con flessione maggiore di 90°(squat monopodalico), step a cicli ripetuti. L‟abbandono di ogni ausilio per la deambulazione è legato al grado di “sicurezza” del paziente è [38]. E‟ importante che il fisioterapista riesca ad instaurare una relazione ed una comunicazione efficace con la persona assistita attraverso la comprensione della comunicazione non verbale, l'espressività corporea e l'assunzione di un comportamento conforme alle caratteristiche della persona. Talvolta i pazienti sono tendono ad assumere atteggiamenti di resistenza o vittimistici, nei confronti di tali comportamenti l‟operatore deve essere risoluto e deciso nell‟intraprendere la riabilitazione cercando di illustrare al paziente come le proposte fisioterapiche possano influire e/o modificare il recupero dell'attività funzionale [39]. La tecnica chirurgica e la qualità dei materiali a disposizione hanno fatto in modo che oggi la sopravvivenza a 15 delle TKA arrivi addirittura al 95%, infatti in questo studio tra i trenta pazienti esaminati c‟è stato solo un caso di fallimento, ciò significa che la percentuale di successo di questi interventi è molto alta. L‟intervento di artroprotesi di ginocchio ha una storia più breve rispetto a quello di artroprotesi dell‟anca, però oggi come oggi la sopravvivenza dei due tipi di impianto è sovrapponibile, questo sta ad indicare quanto rapidamente evolva la ricerca in questo campo ed offre prospettive ottimistiche per il futuro. Il restante 5% dei pazienti subisce un intervento di revisione che è dovuto principalmente a 75

cinque fattori: mobilizzazione asettica, infezione, problemi femoro-rotulei, usura del polietilene, instabilità; all‟atto della revisione, la causa del fallimento deve essre chiarita e indagata altrimenti si possono riprodurre gli errori che hanno condotto al fallimento [40][41]. Nonostante i progressi sul campo, i notevoli risultati ottenuti e l‟elevato tasso di sopravvivenza degli impianti, circa il 20% dei pazienti non è soddisfatto dell‟esito dell‟intervento principalmente a causa della persistenza della sintomatologia dolorosa [42].Questo dato può essere ricollegabile sia ad aspettative troppo elevate da parte del paziente, ma anche ad interventi di protesizzazione effettuati non rispettando le indicazioni chirurgiche: infatti un prerequisito fondamentale è sicuramente il dolore ma, prima di optare per una soluzione chirurgica, è bene individuare radiograficamente anche consistenti alterazioni ossee. Un compito importante del chirurgo è quello di trattare le deformità, e quindi allineare correttamente i capi ossei, e bilanciare le retrazioni dei tessuti molli. La deviazione in varo o in valgo del ginocchio infatti è strettamente collegata alla “asimmetria” dei tessuti molli periarticolari. Per valutare questa asimmetria durante l‟intervento può essere utilizzato uno strumento tensionatore, introdotto originariamente da Freeman et al., o degli spaziatori come descritto da Insall. L‟allineamento dei capi ossei, il corretto posizionamento delle componenti protesiche e il bilanciamento dei tessuti molli, riscontrabili in tutte le radiografie di controllo post-operatorio dei pazienti di questo studio, sono alla base sia della buona riuscita dell‟intervento sia della sopravvivenza della protesi stessa [43][44]. Da quanto detto sin ad ora, emerge che le protesi di ginocchio rappresentano un‟ottima soluzione al problema della gonartrosi, purché vengano rispettate le indicazioni chirurgiche all‟intervento e venga scelta di volta in volta l‟impianto che meglio si adatta alle condizioni del paziente; anche se la tecnologia ha fatto passi da gigante permane comunque una minima percentuale di fallimento dell‟impianto e di insoddisfazione del paziente, problemi che in futuro potranno essere risolti grazie a componenti protesiche che abbandonano il concetto del “one fits all” per abbracciare una filosofia chirurgica sempre più orientata verso il rispetto delle forme e dell‟ anatomia del paziente ed incarnata dai sistemi Gender e Vionaire Smith Nephew.e il Bisogna ricordare inoltre che diverse sono le variabili da prendere in considerarazione in un ambito cosi vasto come quello della TKA e dunque bisogna conservare una certa versatilità nei confronti della 76

scelta per fare in modo che di volta in volta sia adottata la metodologia migliore per la situazione anatomo-patologica del paziente.

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