Arthur Schopenhauer
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Sintesi della filosofia schopenhaueriana. Diego Deplano 5F Liceo Scientifico G. Brotzu A.S. 2010/2011...
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Schopenhauer LE RADICI CULTURALI DEL SISTEMA In Schopenhauer confluiscono esperienze filosofiche differenti: • Platone: Da cui trae la teoria delle idee (il mondo delle idee è perfetto mentre quello reale è imperfetto). • Kant: Da cui trae l’impostazione soggettivistica della gnoseologia (la realtà frutto costruzione da parte intelletto del soggetto). • Illuminismo: Da cui trae il suo carattere materialistico (vede l’attività psichica e sensoriale come attività del sistema nervoso). • Voltaire: Da cui trae l’aspetto ironico, critico e demistificatore. • Romanticismo: o Da cui trae alcuni importanti temi: L’irrazionalismo, culto dell’arte e della musica, l’infinito (di cui la realtà è manifestazione). o Da cui si discosta per il suo ottimismo, avendo lui una visione pessimistica della realtà. o Da cui si discosta per il suo pensiero idealistico (tutta la realtà è contenuta a priori nella nostra mente), che Schopenhauer non vede al servizio della verità ma di interessi volgari (successo e potere). • Hegel: Ritenuto da Schopenhauer un “sicario della verità” un “ciarlatano pesante e stucchevole”. Schopenhauer, contrario alla filosofia contemporanea, manifesta l’esigenza del periodo a lui contemporaneo di liberare la filosofia, che lo contrappone a Hegel e alla sua divinizzazione dello Stato. • Cultura orientale: Da cui trae immagini e metafore: Fu il primo filosofo a riprendere alcuni motivi del pensiero orientale. Ammirò la sapienza orientale e ne profetizzò il successo in Occidente.
IL “VELO DI MAYA” •
Kant (indirizzo gnoseologico e scientifico): Il fenomeno è l’unica realtà conoscibile. Il noumeno è un concetto limite che definisce il confine delle possibilità conoscitive umane. Il mondo dei fenomeni è l’insieme degli oggetti conoscibili, che apprendiamo attraverso forme a priori. • Schopenhauer (indirizzo orientalistico-metafisico): Il fenomeno è un velo illusorio, detto “velo di Maya” che nasconde agli uomini l’autentica realtà. Il noumeno è l’autentica realtà. Il filosofo giunge alla tesi “il mondo è la mia rappresentazione”: “tutto ciò che esiste per la conoscenza, cioè questo mondo intero, è solamente oggetto in rapporto al soggetto, intuizione di chi intuisce, in una parola: rappresentazione”. Tale rappresentazione consta di due aspetti essenziali ed inseparabili, come due facce di una stessa medaglia: • Soggetto rappresentante: Ciò che conosce. L’idealismo nega l’oggetto riducendolo al soggetto [falso]. • Oggetto rappresentato: Ciò che è conosciuto. Il materialismo nega il soggetto riducendolo all’oggetto [falso]. La nostra mente (sistema nervoso e cerebrale), attraverso 3 forme a priori (la cui scoperta è merito di Kant) che sono spazio, tempo e causalità, distorce la realtà. La causalità è l’unica categoria poiché, oltre al fatto che tutte le altre sono ad essa riconducibili, costituisce l'essenza della realtà: è reale solo ciò che produce o subisce effetti (wirklichkeit dal verbo wirken agire = realtà). Essa, a seconda degli ambiti in cui opera, si manifesta in diverse forme: • Principio del divenire: Regola i rapporti tra i fenomeni. • Principio del conoscere: Regola i rapporti tra premesse e conseguenze. • Principio dell’essere: Regola i rapporti spazio-temporali e aritmetico-geometrici. • Principio dell’agire: Regola i rapporti tra un’azione e le sue cause. Attraverso le forme a priori abbiamo una visione delle cose distorta, puramente irreale e quindi illusoria: la vita è sogno, tessuto di apparenze. Al di là di tale sogno esiste però la realtà irraggiungibile dall’uomo e sulla quale non può fare a meno di interrogarsi. Da qui la definizione di Schopenhauer di uomo come “animale metafisico”, portato, a differenza degli altri animali, ad interrogarsi sull’essenza ultima della vita.
LA SCOPERTA DELLA VIA D’ACCESSO ALLA COSA IN SÉ Schopenhauer ritiene la propria filosofia come completiva di quella kantiana, in quanto individua la via d’accesso al noumeno (che Kant invece riteneva irraggiungibile). Come possiamo eludere la realtà fenomenica (il velo di Maya) e giungere a conoscere il noumeno? Tramite il corpo. • L'uomo non è unicamente intelletto (conoscenza e rappresentazione) ma anche corpo (istinto). • Oltre che a “vederci” dal di fuori possiamo “sentirci” dal di dentro. • Ed è tramite questo “sentire” (godere e soffrire) che possiamo giungere a conoscere il noumeno (la cosa in sé). • E sforzandoci comprendiamo che il noumeno del nostro essere è la volontà di vivere, Wille zum leben (brama, istinto: corpo). Il mondo fenomenico non è altro che la manifestazione nel tempo e nello spazio della volontà di vivere (es: l’apparato digestivo è la manifestazione della volontà di mangiare). Essa è l'essenza segreta dell’universo, della natura nella totalità delle sue parti e articolazioni (ciò diviene consapevole solo nell'uomo).
CARATTERI E MANIFESTAZIONI DELLA VOLONTÀ DI VIVERE La volontà, al di là del fenomeno, non soggiace alle forme proprie dello spazio, del tempo e della causalità, dato che essa è: • Inconscia: La consapevolezza e l’intelletto sono sue due manifestazioni future. In questo senso la volontà diventa istinto, impulso. • Unica: Sfuggendo alla forma dello spazio essa “non è qui” e “non è lì”: sfugge al “principio di individuazione”, per questo unica. • Eterna: Sfuggendo alla forma del tempo essa “non era” e “non sarà”: per questo eterna e indistruttibile. • Senza causa e scopo: Sfuggendo alla categoria di causa: sfugge al “principio di ragione”, per questo è come una forza libera e cieca, possiamo infatti chiederci il “perché” di qualche manifestazione della volontà ma non di essa in sé stessa. Se ci chiediamo “perché vogliamo” non potremmo che risponderci “perché in me c’è una volontà che mi spinge a volere”. La volontà primordiale non ha altro scopo oltre se stessa: la vita vuole vita, la volontà vuole volontà.
Nel mondo quindi tutti gli esseri vivono con l’unico scopo di continuare a vivere. Questa è l’unica verità sul mondo per Schopenhauer, anche se gli uomini hanno spesso cercato di trovare un senso alla loro vita tramite le religioni e la creazione di un Dio. Ma Dio nel mondo pessimistico di Schopenhauer non può esistere: l’unico assoluto è la volontà stessa (che infatti assume gli stessi caratteri da sempre attribuiti al Dio: unica, eterna, incausata). Tale unica e infinita volontà di vivere si manifesta nel mondo attraverso due fasi logicamente distinguibili: 1. Prima fase: Si oggettiva in un sistema di forme immutabili (fuori dal tempo e dallo spazio) che egli chiama “idee”. 2. Seconda fase: Si oggettiva nelle varie realtà naturali, che sono il frutto della scissione (attraverso spazio e tempo) delle idee. a. Le realtà naturali si strutturano in una serie di gradi: Forze generali della natura -> Piante -> Animali -> Uomo. In esso la volontà è pienamente consapevole (mentre nelle forze generali quasi per nulla consapevole). Ma più qualcosa è consapevole (ragione) sempre meno è sicuro (istinto). Tra realtà e idee esiste un rapporto di copia-modello: i primi sono riproduzioni dell’unico prototipo che è l’idea.
IL PESSIMISMO Dolore: L’essere è manifestazione di una volontà infinita. Volere significa desiderare. Desiderare significa sentire la mancanza di qualcosa. La vita è dolore. La volontà nell’uomo è pienamente consapevole. L’uomo è l’essere vivente più bisognoso e sofferente. 2. Piacere: Ciò che chiamiamo “godimento” (fisico) e “gioia” (mentale) non è altro che una momentanea cessazione del dolore. Infatti il piacere può esserci solo in seguito al dolore, mentre questo non necessita di una precedente situazione di piacere per esistere. Il dolore è struttura della vita stessa, e quindi costante, mentre il piacere è il soddisfacimento del desiderio, quindi temporaneo. 3. Noia: Oltre al dolore costante e al piacere momentaneo vi è una terza situazione esistenziale: la noia. Dopo il piacere (soddisfacimento del desiderio) subentra la noia fino al momento in cui si presenta un nuovo desiderio, e si torna al dolore. Da qui la metafora di Schopenhauer della vita come un pendolo che oscilla tra noia e dolore attraversando brevi momenti di piacere. La volontà di vivere è una tensione continua e inappagata. Essa, manifestandosi in tutte le cose, da origine ad una Sehnsucht cosmica: il dolore, oltre l’uomo, investe ogni creatura. L’uomo, che è la creatura più consapevole della propria volontà, è portato a soffrire più di tutte le altre dell’insoddisfazione continua del proprio desiderio. Il male quindi non è nel mondo, ma nel principio stesso da cui esso dipende. Tale dolore universale, oltre che dall’anelito frustrato della volontà, dipende anche dalla lotta crudele di tutte le cose. Ogni animale uccide per sopravvivere, quindi vi è un’autolacerazione dell’unica volontà in una molteplicità conflittuale di parti e di individui reciprocamente ostili. In questo contesto l’individuo non è altro che uno strumento al servizio della specie (oltre il sogno dell’esistenza individuale, l’unico scopo della vita è quello della perpetuazione della stessa, e con la vita la perpetuazione del dolore). • Amore: Il fatto che alla natura interessi solo la sopravvivenza della specie trova una sua manifestazione emblematica nell’amore. Esso è per Schopenhauer uno dei più forti stimoli dell’esistenza. Il fine di questo sentimento, dell’amore, è unicamente quello dell’accoppiamento (tant’è che l’atto sessuale porta ad una situazione di momentaneo piacere, soddisfacimento del desiderio). Quindi dietro il fascino di qualcosa che ci piace è sempre nascosto un desiderio sessuale, naturale, istintivo, e nel momento in cui noi lo soddisfiamo siamo in completo potere della natura, mentre invece pensiamo che in quel momento siamo pienamente realizzati. La sessualità è l’essenza biologica dell’amore, senza di essa l’amore non esiste. L’amore è quindi uno strumento utilizzato dal “genio della specie” per “sedurre” l’individuo e indurlo a perpetuare la vita (da qui l’amore inteso come peccato); la stessa creazione di altri individui è male, perché anch’essi soffriranno. L’unico amore da elogiare è quello disinteressato della pietà. 1.
UN APPROFONDIMENTO: LA CRITICA DELLE VARIE FORME DI OTTIMISMO Schopenhauer muove una critica alle varie “menzogne” mediante le quali gli uomini tentano di nascondere ai loro occhi la negatività necessaria della vita. Tali critiche si trovano disseminate nei suoi vari testi. Egli, utilizzando sapientemente la tecnica dello “smascheramento” si aggiudica un posto tra i maestri del sospetto della cultura moderna. • Pessimismo cosmico: Schopenhauer critica l’ottimismo cosmico ormai diffuso nelle filosofie e religioni del tempo, in quanto interpretava il mondo come un organismo perfetto, provvidenzialmente governato da Dio, mentre il mondo è un insieme di forze ed impulsi completamente irrazionali e si configura quindi come un organismo illogico e imperfetto. Ateismo filosofico. • Pessimismo antropologico e sociale: Schopenhauer critica l’ottimismo sociale in quanto sostiene la tesi della bontà e della socievolezza dell’uomo, mentre la regola dei rapporti umani è sostanzialmente costituita dal conflitto e dal tentativo di sopraffazione reciproca. Anche se tale regola ha assunto sempre diverse forme (prima sopraffazione fisica, ora sopraffazione mentale) rimane sempre la stessa. Questo si trasforma anche in vero e proprio egoismo, e quindi volere il male dell’altro non il suo bene. Gli uomini vivono insieme per bisogno (Hobbes). Lo Stato e le leggi sono necessarie al fine di regolare gli istinti aggressivi degli individui. • Pessimismo storico: Schopenhauer critica ogni forma di storicismo. Dato che la storia non procede attraverso concetti e leggi generali, la portata conoscitiva della storia è limitata alla catalogazione dell’individuale. Parlare “degli uomini” o “dell’uomo” è ben diverso, con “gli uomini” sotto intendiamo una diversità tra essi, mentre con “l’uomo” intendiamo l’immutabilità dello stesso, e quindi anche l’immutabilità del suo destino. La filosofia della storia quindi comprende che l’essenza di questa è una costante uniforme e ripetitiva, mentre la facciata accidentale è superficiale è quella che muta nel tempo. Dato il carattere “ripetitivo” ed “immutabile” della storia, bisogna spogliarla del compito di rivelarci il “progressivo” e il “diverso” e affidarle il suo verso compito: offrirci la coscienza di noi e del nostro destino.
LE VIE DELLA LIBERAZIONE DAL DOLORE Schopenhauer, partendo dal presupposto che la vita sia sostanzialmente dolore derivato dall’incessante volontà attiva in ogni essere, afferma che l’esistenza si impara poco per volta a non volerla (si impara a sopprimere la volontà). Anche se ciò porti a pensare che la soluzione di Schopenhauer sia quindi quella del suicidio, non è così: • Il suicidio è un atto di forte affermazione della volontà, non una negazione, in quanto vuole la vita a tal punto che, non soddisfatto, preferisce morire in modo da cessare la sua incolmabile volontà. • Il suicidio sopprime soltanto una manifestazione fenomenica della volontà, lasciando intatta la cosa in sé, che si reincarnerà. La liberazione dal dolore quindi è conseguibile soltanto in seguito alla negazione della volontà (noluntas). >> Ma come può l’uomo liberarsi dalla volontà se questa è la sua stessa essenza e la struttura metafisica dell’universo?
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