Appunti Ingegneria Sanitaria Ambientale
September 15, 2022 | Author: Anonymous | Category: N/A
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N.B.: Si dice sempre tubazioni, non tubature.
Obiettivo dell’ingegneria sanitaria ambientale è da un lato quello di depurare le acque di scarico al fine di non inquinare le falde, dall’altro quello di potabilizzare potab ilizzare l’acqua prima dell’invio dell’invio all’utenza. all’utenza.
Distribuzione dell’acqua sul pianeta L’acqua è il composto maggiormente presente sul nostro pianeta. In particolare sulla Terra vi sono circa 13.600.000.000 d’acqua, tuttavia non tutta è della stessa qualità. qualità. - Il mare contiene il 97% del totale d’acqua, ma presenta un’eccessiva un’eccessiva quantità di sale e non è utilizzabile né per uso potabile né per l’irrigazione; l’irrigazione; - I ghiacciai costituiscono il 2,2% dell’acqua, ma anch’essa non è utilizzabile. Tale acqua è ferma perché i ghiacciai hanno un ricambio in un tempo te mpo dell’ordine di migliaia di anni; - L’a L’aliquota liquota restante, seppur in percentuale molto bassa, è l’acqua potabile. potabile.
Ciclo idrologico naturale Il ciclo idrologico naturale è il processo compiuto dalle particelle d’acqua per effetto di fenomeni naturali, all’interno all’interno dell’idrosfera terrestre. terrestre. Consideriamo le particelle d’acqua in sospensione costituenti sospensione costituenti una nuvola. In questa circostanza l’ è pura. Quando le gocce d’acqua sospese unendosi tra loro diventano sufficientemente pesanti, l’acqua precipita sulla sulla superficie terrestre sotto forma di pioggia, neve o grandine. Precipitando, l’acqua si arricchisce di sostanze costituenti l’atmosfera, , con il come ed . Scendendo verso gli strati più bassi si arricchisce anche di quale l’acqua reagisce formando formando acido carbonico secondo la reazione di equilibrio
⇌ Acqua Anidride carbonica Acido carbonico Quindi l’acqua piovana, cadendo, si arricchisce in , , , acido carbonico e anche
microorganismi. A questo punto l’acqua può microorganismi. A può giungere in mare, su terreno montuoso o su terreno pianeggiante. Se la pioggia cade su di un terreno montuoso calcareo, come ad esempio quello degli appennini, l’acqua, che contiene , reagisce con il carbonato di calcio secondo la reazione
Acqua ⇌ Carbonato di calcio Anidride carbonica Bicarbonato di calcio Il bicarbonato di calcio è molto solubile in acqua e si muove con essa. Dunque l’acqua si arricchisce in + ed − mentre la montagna si erode. Questo fenomeno è detto del carsismo. carsismo. Se la pioggia cade sul suolo pianeggiante, in parte ruscella e in parte si infiltra
alimentando le falde acquifere. piogge, giànel ricche delle atmosferiche, tendono a reagire anche con le Queste sostanze presenti suolo consostanze le quali vengono a
contatto. In particolare in questa questa fase l’acqua delle l’acqua delle nostre zone si arricchisce di , e (ferro, magnesio e arsenio) in quanto il terreno è vulcanico. In ogni caso, ruscellando o infiltrandosi, l’acqua giunge infine in mare. Il mare, i laghi l aghi e i fiumi sono dei serbatoi d’acqua dai quali l’ può evaporare e ricondensare nell’atmosfera, dando nuovamente vita al ciclo. ciclo.
Ciclo dell’acqua sottoposta a trattamenti antropologici Per poter utilizzare l’acqua per fini antropologici (ad esempio nei centri urbani, nelle industrie, ecc.), questa va quasi sempre trattata, t rattata, in quanto non idonea allo scopo. Quindi si individua un corpo idrico da cui prelevarla e, prima di inviarla all’utenza, si interviene con un impianto in cui se ne modificano le caratteristiche. Tali impianti sono detti impianti di trattamento delle acque di approvvigionamento o, nel caso particolare in cui l’utenza sia un sito urbano e quindi l’acqua deve essere resa potabile, si parla di impianti di potabilizzazione (I.P.). Dall’utenza l’acqua viene poi restituita all’ambiente in all’ambiente in un corpo idrico ricettore. Tuttavia non deve accadere che l’acqua, che si è contaminata, vada ad alterare gli equilibri equil ibri che sussistono in esso. Per questo motivo si utilizzano degli impianti detti impianti di trattamento delle acque reflue o, più sinteticamente, impianti di depurazione (I.D.). Schematicamente
Metodi di misura della qualità dell’acqua Da un punto di vista tecnico è possibile misurare tutti i composti presenti nell’acqua, eseguendo dunque un’analisi rigorosa. Questo metodo, tuttavia, presenta evidenti controindicazioni di costi e di tempo necessari. Per risolvere il problema sono stati introdotti introdo tti una serie di parametri che permettono di classificare la qualità dell’acqua. Questi conferiscono informazioni certamente meno precise rispetto all’analisi rigorosa, però sono abbastanza esaustivi e sono i più utilizzati. I parametri di misura si suddividono in tre categorie: parametri fisici, parametri chimici e parametri biologici/microbiologici.
Parametri fisici
ST La prima misura che si effettua per valutare la qualità di un’acqua è quella dei solidi solidi totali in essa contenuti. Per misurare tale parametro si raccoglie un campione e si lascia evaporare completamente l’acqua, l’acqua, riscaldandola fino ad una temperatura di 105°. L’apparecchiatura in cui si esegue il processo è la stufa stufa e l’acqua vi rimane per circa 2h. Una volta evaporata l’acqua si pesano i solidi residui per differenza tra il peso del contenitore e quello dello stesso quando è vuoto. Poiché, chiaramente, la massa dei solidi residui è funzione del volume del campione considerato, i ST si esprimono come una concentrazione, ossia come rapporto tra la massa dei solidi e il volume del campione [mg/l]. Nel campo delle acque potabili il parametro viene definito residuo fisso a 180° e 180° e si esprime sempre in [mg/l]. Poiché i solidi totali non danno alcuna informazione in merito alla natura dei solidi presenti nell’acqua, esistono altri parametri più specifici. specifici. STV e STNV Tali parametri servono ad indicare il contenuto di solidi organici e inorganici contenuti nell’acqua. Questa distinzione distinzione è fondamentale in quanto gran parte delle sostanze organiche sono biodegradabili, ovvero danno luogo in maniera spontanea ad una serie di processi di trasformazione. Per effettuare la misura si sfrutta la differenza diff erenza di volatilità tra le sostanze organiche e inorganiche. Raccolti quindi i solidi totali dalla stufa, questi vengono trattati in un’altra apparecchiatura, detta muffola muffola,, dove subiscono un riscaldamento fino alla temperatura di 600-700°C, alla quale la parte organica brucia e passa alla fase areiforme, ottenendo la divisione desiderata. La parte inorganica, infatti, subirebbe la stessa trasformazione a temperature più alte, circa 900-1000°C. Si effettua quindi la pesatura dei solidi inorganici residui alla stregua di quanto visto per i solidi totali. total i. Si ottiene in questo modo la concentrazione dei STNV, che si esprime sempre in [mg/l]. Quella dei STV si ricava per differenza dai ST. SST e SD Un solido sospeso è un solido che conserva la propria identità in acqua (ad esempio la sabbia), mentre un solido disciolto vi si disperde a livello molecolare (ad esempio il sale). Per misurare questo parametro si esegue il filtraggio. Si prende un campione d’acqua e lo si versa in i n un contenitore con collo di dimensioni standard. Sul collo è sistemato un filtro: nello scorrere dell’acqua all’interno del contenitore rimangono intrappolati nel filtro i solidi con dimensioni superiori a quelle dei fori. La dimensione dei fori del filtro è anch’essa standardizzata ed è pari a 0.45 . Per prassi, si ritiene che tutti i solidi rimasti sul filtro sono sospesi, mentre quelli all’interno del contenitore sono disciolti. In realtà si tratta semplicemente di una convenzione in quanto esistono solidi sospesi con
dimensioni inferiori ai 0.45 . Per effettuare la misura si raccolgono i solidi residui sul filtro, li si sottopone a seccatura e quindi a pesatura. In questo modo si ottiene il peso dei solidi sospesi totali, mentre i disciolti si ottengono per differenza dai solidi totali. Anche i SST e i SD si esprimono in [mg/l]. SSS, SSF e SSC Le forze che agiscono sui solidi sospesi sono forze di massa e forze f orze di superficie (elettriche). Questi solidi sono suddivisi in tre categorie in base alla forza che, su di essi, prevale rispetto alle altre. Nei solidi sospesi sedimentabili e nei solidi sospesi flottanti le forze di massa prevalgono su quelle di superficie. In particolare i SSS hanno un peso specifico superiore a quello dell’acqua, dunque la forza peso è maggiore di quella di Archimede e, dopo un certo tempo in cui l’acqua è lasciata in quiete, questi solidi si depositano sul fondo, ossia sedimentano. Viceversa accade per i SSF, che flottano e vengono a galla. I solidi sospesi colloidali, invece, hanno dimensioni sufficientemente piccole da subire principalmente forze di superficie e rimangono in sospensione: non flottano né sedimentano. Per misurare questi parametri si utilizza un cono con capacità di 1l, detto cono di Imhoff dal nome del medico che lo ha inventato. Tale cono viene riempito con il campione d’acqua che si vuole analizzare, analizzare, preventivamente sottopos sottoposto to a filtrazione per rimuovere i SD, e si aspettano convenz convenzionalmente ionalmente 2h. I solidi sospesi sedimentari occuperanno il volume sul fondo del cono, e si esprimono come rapporto tra il volume da essi occupato e iniziale [mg/l]. invece in superficie, e si misurano con lo stesso metodo [mg/l]. Iquello solidi dell’acqua sospesi flottanti rimangono visto per i SSS [ml/l]. Per misurare i solidi sospesi colloidali si preleva l’acqua dalla zona centrale del cono, che contiene quindi esclusivamente questo tipo di solidi, e viene messo in una stufa, utilizzando lo stesso metodo visto per i ST. I SSC si esprimono quindi come una concentrazione [mg/l].
Colore L’acqua di approvvigionamento destinata alla potabilizzazione potabilizza zione deve essere incolore, ma principalmente per questioni psicologiche. Infatti, se ad esempio l’acqua contiene del ferro, che è bene per l’uomo assumere, questa si colora di rosso e non viene bevuta. Per misurare il colore dell’acqua questa viene confro confrontata ntata con una serie di soluzioni acquose di platino e cobalto di composizione nota. Tali metalli, infatti, colorano l’acqua in funzione della loro concentrazione. Odore e sapore Tali parametri hanno significato nel caso in cui l’acqua sia destinata ad impianti imp ianti di potabilizzazione. L’acqua potabile deve risultare risult are infatti insapore e inodore. Un campione d’acqua viene fatto valutare da persone esperte. Nel caso in cui l’acqua abbia odore e sapore, questa viene miscelata con un volume equivalente di acqua distillata, e quindi si esegue nuovamente la valutazione. Il procedimento viene iterato
fintantoché l’acqua può essere considerata inodore ino dore e insapore. Questi parametri si esprimono mediante il tasso di diluizione, definito come
. ..
Torbidezza La torbidezza è un’ulteriore misura del contenuto dei solidi sospesi. Questa si valuta facilmente e fornisce informazioni supplementari, ovvero è un indice non solo del contenuto dei solidi sospesi, ma anche del loro grado di frazionamento. Per misurare la torbidezza si utilizza il nefelometro nefelometro,, un’apparecchiatura costituita da tre parti: una sorgente luminosa di lunghezza d’onda e intensità note, un vano trasparente per accogliere il campione d’acqua da analizzare analizzare e un rilevatore d’intensità di raggi luminosi. Mediante il nefelometro, quindi, è possibile misurare l’assorbimento della luce che passa attraverso il campione; tanto più l’acqua è torbida, tanto maggiore è l’assorbimento. l’assorbimento. L’unità di misura della torbidezza è l’unità equivalente e quivalente di formazina, una soluzione acquosa torbida. Si preparano vari campioni in diverse concentrazioni e se ne misura l’assorbimento della luce. In questo modo si ottiene una scala di taratura con la quale confrontare il valore di assorbimento del campione analizzato. Conducibilità La conducibilità di un’acqua, ossia la sua capacità di condurre corrente elettrica, è tanto maggiore quanto più alta è la concentrazione di specie ioniche disciolte. La conducibilità si misura tramite una sonda da inserire nel campione d’acqua e si esprime
in ( = Siemens). Il legame tra conducibilità e concentrazione di specie ioniche disciolte è dato dal rapporto
à ~1 ℎ ~1 ÷ 2
Parametri chimici (Biochemical Oxygen Demand) La maggior parte delle sostanze organiche, in presenza di microorganismi, dà vita spontaneamente a trasformazioni chimiche. Queste sostanze sono dette biodegradabili, mentre le specie organiche che non si trasformano si dicono non biodegradabili. Le reazioni cui danno luogo le sostanze biodegradabili sono catalizzate da microorganismi, in quanto questi ultimi traggono nutrimento da tali sostanze scomponendone gli elementi che le costituiscono, quindi si riproducono. I prodotti di queste reazioni sono pertanto nuovi microorganismi e specie organiche più semplici. Questi processi, di tipo biochimico, bi ochimico, possono avvenire in due modalità: in condizioni aerobiche o aerobiche o in condizioni anaerobiche. anaerobiche. Nel primo caso le trasformazioni decorrono con disponibilità illimitata di ossigeno e sono del tipo
ℎ → Nel secondo caso l’ presente non è sufficiente ad ossidare tutti i prodotti e si ha la formazione anche di ℎ →
BOD
Il (Biochemical Oxygen Demand) è un parametro che rappresenta una misura indiretta del contenuto di specie organiche biodegradabili in acqua, attraverso il consumo di ossigeno dovuto alle stesse per via biochimica condotto in condizioni aerobiche. La reazione aerobica non è istantanea, decorre con una certa velocità dipendente dalla concentrazione dei reagenti e dalla temperatura. A T=20°C il tempo di esaurimento della reazione è di circa 20 giorni. Attendere un tempo così lungo è sconveniente, anche perché la quasi totalità dei reagenti viene consumata nei primi giorni, dopodiché la velocità del processo si riduce drasticamente.
Va considerato poi che nelle acque reflue urbane vi sono, oltre a specie organiche biodegradabili, anche sostanze inorganiche in grado di reagire con l’ossigeno, come ad esempio i composti a base azotata contenuti nelle urine. Le reazioni di ossidazione di queste specie, tuttavia, sono molto più lente e si innescano dopo circa 6-7 giorni.
Per questi motivi si è scelto convenzionalmente di indicare il contenuto di solidi organici biodegradabili in riferimento al consumo di ossigeno nei primi 5 giorni dall’inizio del processo reattivo, da cui il nome . Quest’ultimo si esprime in [mg/l] di consumato. Esistono tre metodi di misura del , e la scelta va effettuata in base al tipo di acqua da analizzare, ossia all’ordine di grandezza che si prevede per il : - il metodo diretto è adatto ad acque di b buona uona qualità, aventi presumibilmente inferiore ai 10 mg/l; di ordine 10; - il metodo per d diluizione iluizione è utilizzato per ac acque que meno pure, con - il metodo respirometrico è indicato per lle e acque reflue, e può misurare
BOD
BOD
BOD
BOD
BOD ≤ 10
BOD
10 ≤
. Nel metodo diretto si riempie fino all’orlo un contenitore con l’acqua da analizzare, portata po rtata a 20°C e in condizioni di saturazione di ossigeno. L’ disciolto infatti, e non in
fase gas, è quello consumato dalla reazione aerobica. Il I l contenitore viene quindi sigillato e disposto all’interno di un’apparecchiatura, detta frigotermostato frigotermostato,, in grado di mantenere la temperatura dell’acqua costante e pari a 20°C, e si attendono i 5 giorni necessari all’esaurimento quasi completo della reazione. Il si misura per differenza tra la concentrazione di ossigeno disciolto all’istante iniziale e e all’istante finale. finale. l’ossimetro,, che consiste in una sonda in grado La concentrazione di si misura tramite l’ossimetro di leggerne il valore. Il motivo per il quale il contenitore deve essere riempito fino all’orlo, quindi, è che l’acqua non deve essere a contatto con l’aria, in quanto ulteriore ossigeno passerebbe alla fase acquosa nel corso del processo, falsificando il risultato. Potrebbe accadere che , ovvero l’ossigeno inizialmente disciolto in acqu acqua, a, seppur pari alla quantità di saturazione, non è stato sufficiente a condurre la reazione in condizioni aerobiche per tutto l’arco di tempo necessario. Il motivo risiede evidentemente nel fatto che la concentrazione di specie biodegradabili nell’acqua an analizzata alizzata era superiore a un certo valore, oltre il quale il metodo diretto risulta inadatto. Il metodo per diluizione consiste nell’eseguire il metodo diretto ma preceduto dalla miscelazione del campione con un certo volume di acqua distillata, volume tale da garantire una riduzione della concentrazione delle specie biodegradabili sufficiente a condurre il processo in condizioni aerobiche. Chiaramente, il valore di ottenuto come nel metodo descritto in precedenza va, in questo caso, moltiplicato per il tasso di diluizione
BOD BOD = =
= 0
BOD
BOD (= = )⋅..
Per , ossia nel caso si rendesse necessario realizzare una miscela composta per più del 90% di acqua distillata, ovvero solo per meno del 10% dal campione, il metodo per diluizione si mostra inadeguato al tipo di acqua da analizzare. Nel metodo respirometrico il campione è versato all’interno di una bottiglia, non riempendola fino all’orlo, che viene sigillata ed inserita all’interno di un frigotermostato, il quale la mantiene alla temperatura costante di 20°C. Si attendono quindi 5 giorni, nel corso dei quali man mano che la reazione procede l’ossigeno nella fase acquosa viene consumato e quindi riattinto dalla fase gas. Essendo la bottiglia sigillata, per effetto di questo trasferimento continuo di si verifica una riduzione della pressione nella fase areiforme. Tale depressione risulta proporzionale all’ossigeno disciolto nel corso del processo, ossia a quello consumato. L’ già presente inizialmente in acqua è infatti delle acque trascurabile, data la scarsa solubilità dello stesso e gli elevati valori di
.. . .>> 10
BOD
analizzate con il metodo respirometrico. Per evitare che la , prodotto di reazione, contribuisca alla variazione di pressione falsificando la misura, sulla faccia del tappo interna alla bottiglia è presente una pastiglia di potassa caustica KOH (idrossido di potassio), sostanza che reagisce con l’anidride l ’anidride carbonica formando carbonato acido di potassio, specie altamente solubile in acqua . La depressione, dovuta quindi esclusivamente al consumo di ossigeno, si misura tramite un manometro a pressione. Esistono anche dei tappi in grado di riportare direttamente il . valore di E’ importante, nel metodo respirometrico, assicurarsi che il volume d’aria rispetto a quello del campione d’acqua all’interno della bottiglia sia sufficiente a garantire la condizione in più bottiglie, ciascuna con un aerobica. Per far ciò va eseguita la misura del risultante da più bottiglie differente rapporto tra i due volumi suddetti. Il valore del rappresenterà quello corretto, mentre da un certo volume d’aria a scendere risulteranno valori sempre più piccoli, in quanto l’ossigeno consu consumato mato risulterà pari a quello disponibile, inferiore al necessario.
+ − →
BOD
BOD
BOD
BOD
Inoltre, talvolta può accadere che per un’acqua reflua si misuri un valore di nullo. Ciò non vuol dire che siano assenti sostanze biodegradabili, trattandosi di una circostanza impossibile impossi bile in uno scarico, ma piuttosto che nell’acqua siano presenti sostanze che inibiscono l’attività biologica, poiché tossiche per i microorganismi, quali ad esempio metalli pesanti, antibiotici, ecc. Se nelle fogne sono presenti tali sostanze, certamente non scaricate dalle abitazioni, significa che una qualche industria le sta scaricando illegalmente. Le industrie, infatti, possono scaricare nelle fogne, ma non senza aver preventivamente eliminato tutte le specie tossiche inibenti i processi spontanei che avvengono nell’acqua. nell’acqua. COD (Chemical Oxygen Demand) Il COD è una misura indiretta di tutte le sostanze organiche, sia biodegradabili che non, mediante il consumo di ossigeno per via chimica, secondo la reazione L’ossidante generalmente utilizzato è il bicromato di potassio . Per effettuare la misura si versa l’acqua da analizzare in un contenitore, che viene disposto su una fiamma f iamma in modo tale da portare l’acqua alla temperatura di ebollizione, 100°C, 100 °C, e si aspettano convenzionalmente 2h. Il contenitore è chiuso ed è dotato di un sistema di refrigerazione che costantemente ricondensa il vapore appena formatosi. Per accelerare il processo si utilizza un catalizzatore, in particolare solfato di argento, avendo cura che sia sempre in eccesso.
→
Il bicromato consumato si misura per titolazione. Al termine del processo si aggiunge al campione la ferroina, ferroina, una sostanza che funge da indicatore in quanto colora l’acqua di rosso se in essa è presente il bicromato, di verde scuro se è assente. Quindi si aggiunge ferrammonio solfato che reagisce istantaneamente con il bicromato di potassio, fin quando l’acqua non non si colora di verde scuro. Dal ferrammonio solfato che è stato necessario si ricava la concentrazione finale di bicromato, che sottratta a quella iniziale fornisce la quantità di ossidante consumato, da cui il COD. Anche quest’ultimo parametro si esprime esprime come concentrazione, in particolare come [mg/l] di consumato. In formule:
= = ⋅ 7 2 = ′ ⋅ ⋅ ℎ ℎ ⋅ 7 2 Nella misura del COD va tenuto presente che in acqua possono essere presenti anche sostanze inorganiche inorganiche in grado di reagire con l’ossigeno, come cloruri o , e potrebbe esserci una sovrastima. COD e BOD Dalla misura di COD e BOD è possibile determinare la concentrazione di: ; - sostanze rapidamente biodegradabili - sostanze lentamente biodegradabili ; . - sostanze non biodegradabili
~ ~ ~
TOC (Total Organic Carbon) Il TOC indica la quantità totale di carbonio presente in acqua con le specie organiche. E’ più preciso di COD e BOD ma non è incluso nelle normative, in quanto più recente, pertanto è meno utilizzato. Poiché la presenza del carbonio in acqua è dovuto quasi esclusivamente alle sostanze organiche, per effettuarne la misura si riscalda l’acqua fino ad una temperatura di circa 900°C, alla quale l’ è vapore e tutte le sostanze organiche volatilizzano, in particolare
tali sostanze passano alla fase gas sotto forma di e . Dalla misura della quantità di si ricava quella di appartenente alle sostanze organiche sia biodegradabili che non. Il TOC è dunque assimilabile al COD, e si esprime in [mg/l] di .
Durezza La durezza rappresenta la concentrazione di ioni con valenza 2+ provenienti dai sali solubili in acqua, ed è un parametro che ha senso solo per le acque di approvvigionamento. La durezza è dovuta sostanzialmente alla presenza degli ioni ed . I sali di calcio e magnesio disciolti in acqua sono 8: carbonato di calcio; 1) 2) bicarbonato di calcio; cloruro di calcio; 3) 4) solfato di calcio; 5) carbonato di magnesio; bicarbonato di magnesio; 6) 7) cloruro di magnesio; solfato di magnesio; 8) La gran parte della durezza è data dai bicarbonati, in quanto i carbonati, in particolare , sono molto poco solubili. L’unità di misura della durezza è la concentrazione di equivalente.
+
+
< 50 ⁄ 50⁄ < < 15 1500 ⁄ 50⁄ < < 35 3500 ⁄ > 350 ⁄
L’acqua può essere classificata in funzione della durezza: d urezza: - acqua molle, se ha una durezza di ; ; - acqua poco dura, se ha una durezza di di - acqua dura, se ha una durezza 1 ; . di - acqua molto dura, se ha una durezza Inoltre esistono diverse classificazioni della durezza: - durezza calcica, dovuta alla presenza degli ioni calcio (dai sali 1, 2, 3, 4); - durezza magnesiaca, dovuta alla presenza degli ioni magnes magnesio io (dai s sali ali 5, 6, 7, 8). Questa classificazione è importante, in quanto ed in acqua vengono trattati differentemente. - durezza carbonica (dai sali 1, 2, 5, 6); - durezza non carbonica (dai sali 3, 4, 7, 8). Anche in questo caso i trattamenti trattamenti sono diversi per le due tipologie di sali.
+ +
-- durezza durezza temporanea permanente (dai (dai sali sali 1, 3, 2, 4, 5, 7, 6); 8). I sali che danno durezza temporanea precipitano al crescere della temperatura, e i sali sospesi e non disciolti non contribuiscono alla durezza, che è legata alla presenza di specie ioniche. In particolare, la durezza temporanea si annulla alla di ebollizione. Alla durezza sono dovuti dovuti tutta una serie di problemi. - La pres presenza enza del b bicarbonato icarbonato di c calcio, alcio, infatti, infatti, è legata alla reaz reazione ione di eq equilibrio uilibrio . Al crescere della temperatura la reazione si sposta verso sinistra, con formazione di che, in quanto molto poco solubile, precipita e sedimenta, formando incrostazioni di calcare. Queste possono quindi, con il passare del tempo, otturare tutte le tubazioni nelle quali vi è il passaggio di acqua dura soggetta a un aumento di temperatura, come ad esempio le tubazioni domestiche, industriali o degli acquedotti. Il calcare offre resistenza allo scambio termico, pertanto un tubo incrostato scambia peggio il calore, inoltre il tubo ha una sezione di passaggio minore e quindi aumentano le perdite di carico. - L’acqua con durezza, inoltre, ha un punto di ebollizione più alto rispetto r ispetto all’acqua molle, e ciò comporta un aumento del dispendio di energia.
⇋
-
In ac acque que dure è po poii nec necessario essario utilizzare quantità maggiori di deterg detergenti, enti, poic poiché hé questi ultimi reagiscono con i sali. - In lavatrice, i precipitati potrebbero essere trattenuti dai tessuti, indurendoli. - I sali che danno durezza hanno effetto lassativo, lassativo, e poss possono ono provocare calcoli re renali. nali. La durezza non va eliminata completamente nelle acque destinate all’uso potabile, le quali devono contenere una certa quantità di sali in quanto utili all’organismo, mentre l’acqua di processo destinata agli stabilimenti industriali non deve avere durezza, poiché è continuamente soggetta a variazioni di temperatura, con conseguente formazione di incrostazioni e incrementi di dispendi energetici per le ragioni suddette. Diagramma di Tillmann (o degli equilibri carbonatici)
⇌
(1)
1.
<
, non è venuta a contatto con carbonato di Accade se l’acqua piovana, piovana, ricca di calcio. In tal caso l’acqua l ’acqua risulta acida ed ha ha un’azione corrosiva sulle tubazioni, venendo pertanto detta acqua aggressiva. Un’acqua di questo tipo va , ossia un processo che consiste preventivamente sottoposta a strippaggio di nell’agitazione dell’acqua per permettere il rilascio dei gas. gas.
2.
>
In questa circostanza la (1) si sposta verso sinistra con conseguente formazione di carbonato di calcio, il quale essendo insolubile in acqua provoca incrostazioni sulle
paretiappunto delle tubazioni, delle con tutti problemi che ne derivano. Inad talinsufflazione caso l’acquadi è detta incrostante, e vai sottoposta preventivamente . L’insufflazione è un processo che consiste nell’immissione in acqua di una corrente
di anidride carbonica, ridotta in bolle di piccole dimensioni per mezzo di un diffusore. 3.
E’ la condizione ottimale, ma chiaramente anche la meno frequente, nella quale non si verificano le problematiche di cui sopra. Mediante lo strippaggio o l’insufflazione di nel caso rispettivamente di acqua aggressiva o incrostante, ci si pone quindi l’obiettivo di raggiungere le condizioni più prossime a quelle di
equilibrio. pH
è una funzione matematica definita come + , con + ∈ 10−; 1 ⟹ ∈ 0; 14. La reazione reazione di dissociazione dell’acqua e la relativa costante di equi equilibrio librio sono, infatti, + − − − + + ⇌ − , + − 10 + . − Poiché in acqua pura si ha 10 ⟹ 10 ⟹ 7 . L’acqua con 7 si dice neutra, con < 7 acida, con > 7 basica o alcalina. Studiare il è importante perché: - Regola l’equilibrio l’equilibrio di molte reazioni chimiche. Nelle acque reflue urbane si trova lo ione ammonio + + − ⇌ (2) L’ammoniaca è 10 volte più tossica dello ione ammonio, e nel passaggio del da 7 a 8 la reazione (2) si sposta verso destra; - Regola la disinfezione. Nella fase di disinfezione si aggiunge all’acqua, dando luogo alla reazione reazione + − ⇌ (3) ( è un acido forte e in acqua è sempre dissociato completamente). L’acido cloridrico non ha potere disinfettante, mentre lo possiede l’l’acido acido ipocloroso . In acqua + − ⇌ (4) Lo ione ipoclorito − ha potere disinfettante nettamente inferiore. Il pH regola gli equilibri (3) e (4), determinando l’efficienza della disinfezione. disinfezione. (3) a sinistra < 5 Prevalenza di , senza Il
5 > 5 -
(4) a sinistra
potere disinfettante
(3) a destra (4) a sinistra
Prevalenza di HClO, massimo potere disinfettante Prevalenza di , basso potere disinfettante
(3) a destra (4) a destra
−
L’acqua acida corrode le tubazioni. tubazioni. L’acqua acida danneggia flora e fauna dei corpi idrici. Il valore ottimale di per la vita appartiene all’intervallo . Il regola l’attività microbica nei processi biologici di depurazione dell’acqua. Il controllo del , quindi, se vengono utilizzati processi biologici anziché fisici o chimici, è fondamentale perché potrebbe disturbare o addirittura inibire l’attività dei microrganismi.
Alcalinità
6.5;8
Misura la capacità dell’acqua dell’acqua di neutralizzare l’acidità, ossia il suo potere tampone. Le specie ioniche che conferiscono all’acqua tale potere sono: sono: ione idrossido ione bicarbonato ione carbonato che reagiscono spontaneamente con secondo le reazioni di equilibrio
− − −
− + + ⇌ − + ⇌⇌ − + −
L’alcalinità è data dalla somma delle somma delle concentrazioni di queste tre specie. Nutrienti Per nutrienti si si intendono gli elementi e i composti che costituiscono le cellule, pertanto sono responsabili della loro crescita e indispensabili per la vita. I nutrienti sono: detti oligoelementi , sono necessari in piccole quantità. In acqua sono presenti in misura sufficiente per la vita; Sono necessari in grandi quantità. sono disponibili in larga misura, mentre e non sono sempre disponibili, pertanto sono detti nutrienti essenziali . Tuttavia, se questi ultimi sono in eccesso, comportano l’eutrofizzazione l’eutrofizzazione dei dei corpi idrici. Un eccesso di nutrienti essenziali, infatti, inf atti, causa una eccessiva crescita di vegetali in acqua. Le alghe hanno un effetto positivo in quanto producono per mezzo della fotosintesi clorofilliana ma, se presenti in eccesso, quando in inverno muoiono e fungono da cibo per i batteri, questi ultimi consumano per decomporle con velocità maggiore di quella di solubilizzazione dell’ossigeno stesso dell’ossigeno stesso in acqua. L’assenza di in acqua è una situazione detta di anossia anossia:: le specie animali muoiono, diventando a loro volta cibo per i batteri, i quali in condizioni anaerobiche possono sopravvivere e producono sostanze tossiche per le piante. Con questo processo, dunque, scompaiono le forme di vita. Le forme in cui l’l’azoto azoto si trova in acqua sono: , azoto gas solubilizzato, presente in piccole quantità, inerte;
+, +, +, + ,,,,
,,
+ , ione ammonio disciolto, è indice di inquinamento, proviene da scarichi civili non trattati adeguatamente; - , proviene da scarichi civili non trattati, è contenuto nelle proteine; - − , nitriti, e − , nitrati, possono essere di origine naturale e non. Nel secondo caso provengono dai fertilizzanti. + ed−− sono le specie azotate in forma ridotta e provengono dalle acque reflue. ed sono in forma ossidata e sono assenti negli scarichi. Per calcolare la concentrazione di dovuta allo ione ammonio basta osservare che 14 0.77 ⇒ ⇒ 0.77 18
Per conoscere dovuto a tutti i suoi composti in forma f orma ridotta si utilizza il TKN (Total Kjeldhal Nitrogen). Tale parametro è importante in quanto le specie azotate in forma ridotta riversate in un corpo idrico superficiale tendono a reagire con l’ disciolto, abbassandone la concentrazione e, di consegue conseguenza nza,, favorendo l’eutrofizzazione. l’eutrofizzazione.
Per conoscere la quantità di in tutte le sue forme, eccetto quella gas, si usa il TN (Total Nitrogen). . Esso non è tossico in Il fosforo è presente in acqua sotto forma di fosfati acqua ma rappresenta, si può dire, il reagente limitante il processo di eutrofizzazione, ovvero anche in eccesso di ma non di il fenomeno non si verifica. E’ sufficiente dunque limitare la concentrazione di fosforo, esistono infatti delle normative che ne regolano le quantità nei detersivi.
−
Parametri microbiologici Danno indicazioni in merito all’esistenza di microorganismi patogeni nell’acqua, che provocano malattie all’uomo. all’uomo. I patogeni appartengono a tre gruppi: - Batteri: s sono ono organismi unicellulari in grado di autoriprodursi con scissioni binarie, e rappresentano la forma di vita più abbondante sulla Terra. Possono avere forma di bastoncini, sfere o spirali. Non sono tutti patogeni. I patogeni comportano disturbi all’apparato gastrointestinale e i più i più diffusi nelle acque reflue sono: la salmonella typhosa (porta il tifo) e il vibrione colerico (porta il colera). -
Virus: s sono ono più picc piccoli oli dei batteri batteri e per riprodursi riprodursi necessitano di u una na cellula os ospite. pite. Provocano disturbi al sistema nervoso come epatite, poliomielite poliom ielite (ormai poco diffusa) e influenza stagionale. - Protozoi: sono org organismi anismi unicellulari e rappre rappresentano sentano la più piccola forma di v vita ita sulla Terra. I protozoi patogeni sono: l’l’ameba ameba dissenteria e il plasmodio della malaria (entrambi diffusi nei paesi in via di sviluppo). I protozoi normalmente non esistono nelle acque naturali, la loro presenza è infatti dovuta agli scarichi. La misura dei patogeni è impossibile in quanto presenti in quantità trascurabili rispetto ai non patogeni. La ricerca dei patogeni sarebbe teoricamente possibile mediante analisi rigorose, ma ciò comporterebbe un dispendio eccessivo di denaro e di tempo, senza considerare il fatto che esistono dei patogeni ancora sconosciuti. Per questi motivi si ricercano nell’acqua i microorganismi banali, presenti in essa in grandi quantità, che non provocano malattie ma sono patogeni-indicatori. La presenza di patogeni è dovuta infatti agli scarichi domestici, essendo di origine fecale, pertanto se in un corpo idrico ricettore vi sono i coliformi fecali, presenti nell’intestino umano, allora c’è la possibilità che vi siano anche i patogeni. Esistono anche coliformi non fecali, ma chiaramente fungono da indicatori solo i fecali, tra i quali in particolare il più ricercato è l’escherichia l’esc herichia coli. Per rintracciarli si possono effettuare due tipi di test: - Test su membrana. membrana. Vengono sottoposti a filtrazione 100 cc d’acqua da analizzare, i coliformi fecali hanno diametro di e rimangono intrappolati nel filtro, che ha fori di . I coliformi vengono poi disposti su terreni di coltura selettivi, selettivi nel senso che inibiscono lo sviluppo dei non fecali. Dopo 24 h a 35°C sui terreni si formano delle colonie di fecali che generano macchie circolari. La quantità di coliformi fecali si misura come
0.45
-
1
à .
Fermentazione multitubo. multitubo. Si utilizzano 15 provette, a 5 a 5 di volume diverso, quindi di tre differenti dimensioni. In esse si immette il brodo di coltura selettivo (composto di lattosio), quindi si versano nelle prime 5 0.1 ml d’acqua, nelle successive 5 successive 5 1 ml d’acqua d’a cqua e nelle ultime 5 10 ml d’acqua. Dopo 24-48 24 -48 h a 35°C, poiché i
microorganismi si sono nutriti del brodo di coltura, si forma del gas. Sulla base del volume di gas formatisi è possibile misurare la quantità di microorganismi tramite una tabella di conversione. Si tratta di un metodo probabilistico, non deterministico come il precedente, e il risultato si esprime come
100
Normative per le acque provenienti provenienti da corpo idrico Da un punto di vista tecnico è possibile prelevare l’acqua da destinare agli impianti im pianti di potabilizzazione da un qualsiasi corpo idrico, esistono infatti trattamenti in grado di purificare acque di qualsiasi qualità. Negli Stati Uniti, ad esempio, viene potabilizzata anche l’acqua l’acqua proveniente dalle fogne, che a seguito del trattamento viene detta New Water . In Italia, per la sua ricchezza di fonti d’acqua d’ acqua vicine alla qualità desiderata, non tutti i corpi idrici sono considerati idonei, almeno da un punto di vista legislativo. La prima normativa regolante le acque di approvvigionamento fu il D.P.R. (Decreto del Presidente della Repubblica) n. 515/1982, che non è più in vigore, i cui contenuti sono stati travasati nel D.Lgs. (Decreto Legislativo) n. 152/2006, che comprende anche altre normative legate a questioni ambientali. La vecchia normativa stabilisce la tipologia di corpi idrici utilizzabili: - tutte le falde sono potenziali fonti di approvvigionamento di ac acqua qua potabile; - è vietato l’uso di acque marine ad eccezione dei casi in cui è possibile dimostrare che non vi sono soluzioni alternative; - i corpi idrici superficiali possono essere utilizzati se presentano in partenza caratteristiche specifiche di qualità. A tale scopo sono state effettuate delle classificazioni. classificazioni. In ordine di qualità decrescente decrescente vi sono acque di categoria A1, di categoria A2, di categoria A3 e di categoria non definita. A All’ult ll’ultima ima categoria citata appartengono tutte le acque che non rientrano in nessuna delle tre precedenti. Esistono delle tabelle che indicano il limite massimo ammissibile per 46 parametri affinché un’acqua appartenga ad una determinata categoria. Se anche un solo parametro dovesse superare il limite, l’acqua viene considerata appartenente alla categoria successiva. successiva. Le caratteristiche specificate nelle tabelle sono relative ad acque di buona qualità, ossia la normativa è molto cautelativa, anche perché i corpi idrici superficiali sono facilmente soggetti ad alterazioni. La normativa specifica anche, per ciascuna categoria, le tipologie di interventi da effettuare per la loro potabilizzazione. In particolare, le acque di categoria A1 vanno sottoposte a trattamenti di tipo fisico e disinfezione, quelle di categoria A2 a trattamenti di tipo fisico, chimico normale e disinfezione, quelle invece di categoria A3 a trattamenti di tipo fisico, chimico spinto, di affinamento e a disinfezione. La disinfezione è obbligatoria in ogni caso, in quanto finalizzata ad eliminare i microorganismi patogeni. E’ E’ l’l’unico unico processo previsto anche per le acque di falda (seppur prive di patogeni).
Negli impianti di depurazione, i trattamenti chimici sono poco usati, sono invece previsti quelli biologici, più economici. Le classificazioni dei corpi idrici vanno riconfermate ogni 5 anni, con controlli continui a campione. Una volta che un corpo idrico viene classificato come idoneo all’approvvigionamento dell’acqua, scattano le norme per la sua salvaguardia, affinché non si declassi. Ad esempio, bisogna costruire da una certa distanza in poi, sono vietate la pesca e il pascolo nelle sue vicinanze, ecc.
Normative per le acque uscenti dagli impianti di potabilizzazione In Italia vi sono anche delle norme per le acque uscenti dagli I.P., ossia per stabilire se siano potabili o meno. Il D.Lgs. n. 31/2001 è entrato in vigore nel 2003, sostituendo la prima normativa, il D.P.R. n. 236/1988, e il suo contenuto non è stato travasato nel D.Lgs. n. 152/2006. Il decreto del 2001 presenta una tabella in cui sono indicati i valori massimi di 54 parametri affinché un’acqua possa essere considerata potabile. potabile . Se anche un solo valore dovesse superare quelli indicati, l’acqua è classificata è classificata non potabile, ad eccezione della durezza, per la quale è specificato un valore massimo consigliato.
Trattamenti cui è sottoposta l’acqua Le acque da potabilizzare o depurare vengono sottoposte ad una serie di trattamenti, ossia dei processi mediante i quali è possibile modificarne la qualità. I trattamenti cui sottoporre un’acqua dipendono dalla qualità iniziale della stessa, in genere se ne rendono necessari più di uno, ad eccezione del caso della potabilizzazione delle acque profonde, che consiste nella sola disinfezione. Per descrivere schematicamente i trattamenti da effettuare si traccia il cosiddetto ciclo di trattamento,, che consiste quindi in un disegno rappresentativo dell’idea progettuale. Le trattamento varie fasi del processo vengono indicate con simboli specifici, collegati da segmenti orientati rappresentativi del percorso delle correnti. A monte si realizzano i processi più semplici, semplici, e via via si effettuano quelli più complessi. complessi. Per legge la disinfezione deve consistere nell’ultima fase del processo, in quanto nel corso delle altre fasi l’acqua potrebbe infettarsi nuovamente. nuovamente.
Trattamenti per acque A1
Presa dal corpo idrico Presa dal fiume Per prelevare l’acqua di un fiume si realizza un’opera di sbarramento, posta trasversalmente al flusso, mediante la quale si effettua una deviazione verso l’impianto. l’impianto. Le opere di sbarramento si classificano in base alle loro caratteristiche geometriche. Con un’altezza l’opera prende il nome di diga diga,, nel caso contrario è detta traversa traversa,, e le rispettive funzioni sono differenti. La diga, oltre che sbarrare il fiume, raccoglie l’acqua creando a monte un vero e proprio bacino. L’accumulo si realizza nei mesi dell’anno in cui le portate sono più elevate, per poi restituire l’acqua nei mesi in cui questa scarseggia. La diga effettua quindi un’opera di compenso. La traversa a monte crea anch’essa un bacino, ma di volume insuff iciente iciente ad effettuare l’azione di compenso. La traversa serve sostanzialmente a stabilizzare la quota del pelo libero l ibero al variare delle stagioni, assicurandosi che si trovi sempre al di sopra delle tubazioni da cui si preleva l’acqua. l’acqua. La diga viene sempre realizzata con strutture fisse, ad esempio in calcestruzzo, mentre la traversa può essere fissa o, come spesso capita, realizzata in sistemi mobili, come le paratoie, da alzare o abbassare a seconda delle circostanze. Le prese dal fiume non si effettuano mai mai dal fondo, in quanto l’acqua contiene una quantità eccessiva di detriti. Per questo questo motivo l’acqua va prelevata più prelevata più verso la superficie,
≥ 10
generalmente al pelo libero, ragion per cui si rendono necessarie le opere di sbarramento. Su una delle sponde del fiume, fi ume, appunto a monte dell’opera di sbarramento dove sbarramento dove il livello idrico risulta innalzato, si realizza uno sfioratore, ossia vi è un punto in cui l’acqua stramazza lateralmente al fiume (lo stramazzo è la fuoriuscita dell’acqua dalla soglia sfiorante di un serbatoio). A valle della soglia stramazzante vi è un canale a sezione larga in cui l’acqua defluisce defluisce a bassa velocità. Mediante un flusso lento, infatti, si sedimentano tutte le sostanze più grossolane, depurandone depurando ne quindi l’acqua. l’acqua. Tale canale è detto bacino di calma. A valle del bacino vi è il canale deriv derivatore atore collegato all’impianto. all’impianto.
Presa dal lago Si realizza un torrino di presa verticale presa verticale ad una certa distanza dalla sponda del lago, compatibilmente con un’altezza non eccessiva dell’opera. Il motivo r isiede isiede nel fatto che
anche il livello del pelo libero dell’acqua dei laghi, come dei fiumi, è sottoposto ad oscillazioni nel corso dell’anno. dell’anno . La posizione del torrino viene stabilita in seguito ad uno studio idrologico, ossia un’analisi del comportamento del lago nel corso dell’anno. dell’anno. L’acqua viene prelevata nel torrino a media profond profondità, ità, poichè sul fondo sono presenti residui inerti, mentre in superficie galleggiano foglie, tronchi, pesci senza vita, ecc. Poiché la quota del pelo libero è variabile nel tempo, si prevedono più bocche di presa a diverse quote sul torrino.
Fase di grigliatura La fase di grigliatura ha l’obiettivo di rimuovere i solidi grossolani, con dimensioni superiori a 0.5 cm. E’ la fase più semplice ed è prevista in tutti gli iimpianti mpianti nella stessa posizione, ossia subito dopo la presa dal corpo idrico. Più che migliorare la qualità dell’acqua, infatti, questa fase ha principalmente p rincipalmente la funzione di preservare il resto dell’impianto: a valle esso sono apparecchi apparecchiature ature che verrebbero danneggiate dai solidi grossolani. Nel di ciclo di vi trattamento completo la fase di grigliatura viene rappresentata con il simbolo
La grigliatura consiste, come dice la parola stessa, nel costringere il passaggio dell’acqua attraverso delle griglie griglie,, una serie di pale affiancate tra loro, installate nel canale e disposte trasversalmente al flusso dell’acqua. dell’acqua. La grigliatura è una fase di separazione, caratterizzata da due correnti in uscita: l’acqua priva di solidi grossolani ed il residuo trattenuto dalle d alle pale, quest’ultimo detto grigliato grigliato.. Il grigliato viene smaltito alla stregua dei RSU (Rifiuti Solidi Urbani), in quanto per legge non può essere rigettato nel corpo idrico. Classificazione delle griglie Le griglie sono classificate sulla base delle loro caratteristiche. - Spaziatura tra le barre: Griglie grosse, grosse, distanziate di 4 - 8 cm; Griglie medie, medie, distanziate di 2 - 4 cm; Griglie fini , distanziate di 0,5 - 2 cm. La scelta va effettuata in base alla granulometria dei solidi. Ad esempio, le griglie fini sono più efficaci, ma si bloccano più facilmente, dunque sono adatte nel caso in cui i solidi grossolani presenti nell’acqua da trattare non abbiano dimensioni eccessive. Le griglie più diffuse tra gli impianti di potabilizzazione sono le medie, mentre le grosse vengono istallate principalmente negli impianti di depurazione. Nel caso si rendesse necessario è possibile anche effettuare più fasi di grigliatura in serie, con spaziatura tra le barre decrescente. - Tipo di barre: Griglie dritte, dritte, con asse rettilineo; Griglie curve, curve, con asse curvilineo. Le griglie a barre curve vengono utilizzate quando le portate sono dell’ordine di qualche litro al secondo, ossia per impianti di piccole dimensioni. Il vantaggio nell’utilizzo di questo questo tipo di barre risiede nella possibilità di effettuare una pulizia automatica più efficiente. L’operazione di pulizia si realizza infatti mediante un braccio in rotazione rispetto ad un asse orizzontale che ripulisce le griglie.
Anche in questo caso è possibile possibile realizzare una soluzione soluzione combinata, ad esempio griglie grosse dritte seguite da griglie fini curve. -
Orientamento delle barre: Orizzontali , con asse orizzontale; Verticali , con asse prevalentemente verticale (inclinate). Sistema di pulizia (rimozione del grigliato): Manuale,, vi è un operatore posizionato sopra le griglie che asporta il grigliato Manuale manualmente,, con l’ausilio di un rastrello, da barre necessariamente dritte e manualmente verticali (ossia inclinate) per rendere possibile l’operazione l’operazione.. Questa soluzione è ancora utilizzata solo negli impianti più datati. Automatica,, quasi tutti gli impianti moderni sono dotati di un sistema di Automatica pulizia delle griglie automatizzato. Il principio è lo stesso della pulizia manuale, ma il rastrellamento viene realizzato r ealizzato da un braccio meccanico.
Canale di by-pass L’istallazione griglia comporta la realizzazione di un infatti, canale di by-pass, parallelo di a una quello principale. Nel necessariamente caso in cui la griglia dovesse otturarsi, è prevista una soglia stramazzante stramazzante oltre la quale l’acqua può defluire nel canale di by by-pass.
Fase di Sedimentazione/Microstacciatura A valle della fase di grigliatura si dispone quella di sedimentazione sedimentazione o di microstacciatura a seconda che l’acqua sia stata prelevata, rispettivam r ispettivamente, ente, da un fiume o da un lago. L’acqua di fiume, infatti,eroso contiene sospesiSono dellasolidi dimensione circa 0.5 cm, costituiti dalla torbida del fiume lungosolidi le sponde. inerti eddihanno un peso specifico maggiore di quello dell’acqua, si tratta pertanto di SSS. Per rimuoverli si effettua la fase di sedimentazione. L’acqua di lago, invece, lago, invece, essendo in quiete, è priva di SSS, i quali si trovano già sedimentati sul fondo. Sono presenti tuttavia dei solidi sospesi di natura diversa, in particolare si sviluppano e si disperdono spontaneamente sostanze algari. Trattandosi di materiale organico queste sostanze hanno un peso specifico maggiore di quello dell’acqua, ma hanno hanno dimensioni troppo piccole per sedimentare. Questi solidi vanno eliminati mediante la fase di microstacciatura. Fase di Microstacciatura E’ una fase di separazione con due uscite: l’acqua trattata e il microstacciato microstacciato.. Nel ciclo di trattamento completo la fase di microstacciatura viene rappresentata con il simbolo
Viene realizzata grazie ad un’apparecchiatura, il microstaccio microstaccio,, che consiste in un cilindro le cui pareti sono permeabili all’acqua, all’acqua, in quanto presentano una certa porosità. Le dimensioni dei pori sono dell’ordine della decina di m, o al più del mm, ossia sufficientemente piccole da non lasciar passare i solidi che si desidera rimuovere, i quali rimangono quindi intrappolati tra le pareti del cilindro. Il microstaccio è inserito orizzontalmente all’interno all’interno di una vasca, nella quale l’acqua l’acqua giunge venendo alimentata lungo l’asse del l’asse del cilindro e attraversando le sue pareti nella parte inferiore. Il cilindro è messo in rotazione attorno al suo asse per esporre all’acqua una superficie su perficie costantemente ripulita, ripu lita, che altrimenti si otturerebbe. L’operazione di pulizia viene effettuata effe ttuata nella parte superiore del cilindro: cilindro: vi sono degli ugelli che dall’alto spruzzano aria e acqua ad alta pressione. In questo modo i materiali di scarto ricadono verso l’interno e vengono v engono raccolti in una tubazione immediatamente sottostante, affinchè non ricadano in acqua. a cqua.
Non si realizza mai un unico microstaccio in quanto potrebbe potr ebbe subire qualche disfunzione, venendo quindi meno la garanzia di un esercizio continuo del processo. Le apparecchiature vengono disposte sempre in parallelo, ripartendo cioè la portata d’acqua da trattare tra i vari microstacci. mi crostacci. A parità di superficie cilindrica a contatto con l’acqua, infatti, quanto più è compatto il canale in questa fase del processo, tanto più efficiente risulterà l’operazione di separazione. Se venisse realizzato un canale un canale stretto e lungo, invece, i primi microstacci rischierebbero di otturarsi mentre gli ultimi tratterebbero acqua praticamente già pulita. Fase di sedimentazione La fase di sedimentazione ha l’obiettivo di eliminare i SSS già presenti nell’acqua nell’a cqua da trattare o formatisi nell’impianto nell’impianto per effetto di alcuni processi. alcuni processi. Questa fase, infatti, si può ritrovare anche anche in diverse posizioni nell’impianto. Quando nell’impianto. Quando prevista negli impianti di potabilizzazione di un’acqua di fiume, subito a valle dell della a grigliatura, questa fase è detta di sgrossatura,, in tutte le altre posizioni di sedimentazione. sgrossatura La fase di sedimentazione o sgrossatura viene rappresentata schematicamente con il simbolo
Il prodotto di scarto è rappresentato dal fango, ossia una miscela di acqua, per la maggior m aggior è di parte, e SSS. Il fango è una vera e propria corrente idrica, tuttavia la sua portata circa due ordini di grandezza più piccola di quella alimentata all‘impianto Q, pertanto in uscita dalla fase di sedimentazione . Il principio fisico si cui si basa la fase f ase di sedimentazione è la maggiore densità dei SSS rispetto all’acqua, nonché le loro dimensioni sufficientemente grandi da poter ritenere trascurabili le forze di superficie rispetto alle forze di massa e di volume. La particella di SSS è quindi soggetta alla forza f orza peso e alla forza di galleggiamento (o di Archimede) . La risultante è rivolta verso il basso,
∽
essendo sulla particella di solido, che supponiamo . La forza determina > , con massa della particella. Nel corso inizialmente in quiete, un’accelerazione della caduta la forza di attrito viscoso si oppone al moto in misura crescente con l’aumento di velocità della particella, fin quando non è raggiunto l’equilibrio l’equilibrio e il solido scende verso il basso con velocità costante, che indicheremo con . Tale velocità è determinabile dal bilancio di forze di cui si è appena detto, pertanto ,,, dimens dimensioni ioni della partic particella, ella,forma forma della particella cella. In realtà i calcoli non sono sempre così semplici, infatti nelle acque da trattare spesso sono presenti concentrazioni di SSS tali da non poter trascurare i mutui effetti delle particelle le une sulle altre. Un solido in moto in acqua, infatti, crea degli spostamenti di fluido nelle zone immediatamente adiacenti ad esso, influenzando il percorso delle particelle circostanti, se queste sono presenti in acqua in elevate concentrazioni. In questi casi la determinazione della velocità può essere svolta tramite un’analisi complessa di
tipo statistico probabilistico o mediante un approccio di tipo empirico, conducendo una serie di esperimenti. Generalmente si adotta la seconda strategia, per evitare calcoli troppo complessi e onerosi.
La determinazione della velocità risulta fondamentale in quanto essa rappresenta il parametro di progetto per il dimensionamen dimensionamento to delle vasche. Le vasche nelle quali si realizza la fase di sedimentazione si classificano in base alla direzione preferenziale del flusso dell’acqua, dell’acqua, e si hanno: hanno: - Vasche a flusso verticale, verticale, con un flusso f lusso sostanzialmente verticale; - Vasche a flusso orizzontale longitudinale, longitudinale, con flusso orizzontale in un’unica direzione; - Vasche a flusso orizzontale radiale, radiale , con flusso orizzontale in tutte le direzioni a 360°. Vasche a flusso verticale Le vasche a flusso verticale sono costituite da due cilindri verticali coassiali, dei quali quello interno è realizzato con diametro molto più piccolo e prende il nome di deflettore.. La corrente idrica viene alimentata al deflettore tramite un tubo orizzontale. La deflettore quota del deflettore è maggiore di quella delle pareti esterne della vasca, ed è chiuso alla base superiore. L’acqua quindi scende lungo il deflettore e risale con flusso sostanzialmente sostanzialmente verticale all’esterno di esso, per poi uscire dalla vasca stramazzando. Mentre l’acqua è in risalita i SSS sedimentano sul fondo della vasca, che ha forma conica. conica.
Per far si che le particelle si muovano m uovano verso il fondo, nonostante il flusso flusso d’acqua sia diretto in verso opposto, deve verificarsi la condizione che la velocità di sedimentazione dei solidi, , diretta verso il basso, sia maggiore in modulo della velocità
del flusso d’acqua, d’acqua, , diretta diretta verso l’alto e data da , dove è la portata volumetrica della corrente idrica ed la superficie di passaggio dell’acqua, ossia la corona circolare individuata dai due cilindri coassiali in sezione. Poiché è fissata dalle caratteristiche dell’acqua che si vuole trattare, l’unico grado di libertà del problema del problema risulta essere , ovvero , non essendo possibile modificare la portata. Poiché al limite deve
risultare , si ha . In genere si realizza una superficie di passaggio maggiorata rispetto a quella minima del 10 o 15%, cioè si applica un coefficiente di sicurezza. Per quanto riguarda l’altezza l’altezza della parete cilindrica esterna della vasca, per ottenere un , dove è il raggio della flusso sostanzialmente verticale deve risultare parete stessa. La parte conica ha la funzione di accumulare i solidi sedimentati sul fondo. Per favorire lo scivolamento delle particelle la parete del cono viene realizzata con pendenza di 45°. Per smaltire poi i detriti accumulatisi vi è una tubazione di estrazione del fango. Il fango risale lungo la tubazione per effetto di una differenza di pressione: all’imbocco, all’imbocco, sul fondo della vasca, la pressione è più alta a causa della colonna di fluido sovrastante, mentre lo sbocco è a pressione atmosferica. Il fango viene quindi accumulato in un pozzetto di quota sufficientemente alta da poter sfruttare la sua energia potenziale gravitazionale per farlo defluire altrove.
1.21.3
Le vasche a flussoin verticale dunque di organidelle meccanici, il che rappresenta un enorme vantaggio termini sono energetici, maprive presentano limitazioni. Venendo realizzata sotto terra, infatti, infatti , se dai calcoli sul dimensionamento dovesse risultare necessaria un’altezza un’altezza complessiva, ossia della parete cilindrica sommata a quella della parete conica, maggiore di 10 m, si presenterebbero evidenti impedimenti di tipo economico e di sicurezza per gli scavi. Una soluzione potrebbe essere quella di realizzare più vasche in parallelo di dimensioni inferiori, ma in maniera tale da assicurare comunque una superficie complessiva sufficiente per la sedimentazione. In genere si progettano vasche di raggio , da cui , da cui ancora l’altezza l’altezza della della parte conica risulta , pertanto l’altezza complessiva vale vale . Realizzare più di 5 o 6 vasche, tuttavia, non è proponibile per problematiche di tipo gestionale: controllo, pulizia, manutenzione e riparazione di un numero elevato di apparecchiature diventa sconveniente. Nel caso in cui si rendessero necessarie troppe vasche in parallelo per ricoprire la superficie richiesta, conviene optare per vasche a flusso orizzontale.
3 ℎ3
1.2 ⋅ 3 3.6
ℎ ℎ 6.6 < 10
Vasche a flusso orizzontale longitudinale Le vasche a flusso orizzontale longitudinale hanno una pianta e una sezione verticale longitudinale di forma rettangolare. Il flusso d’acqua d’acqua è è orizzontale longitudinale monodimensionale, mentre i SSS seguono una traiettoria obliqua, a causa della composizione del moto di sedimentazione, di velocità rivolta verso il basso, e del moto di trascinamento, di velocità pari a quella del flusso d’acqua e diretta e diretta orizzontalmente. Indicando con , ed rispettivamente la lunghezza, la larghezza e l’altezza della
vasca, si ha ⋅ . La condizione che deve essere verificata affinché una particella di solido sedimenti è che il tempo di sedimentazione, ossia il tempo necessario a percorrere l’altezza con velocità , sia inferiore o al più uguale al tempo di permanenza nella vasca, ossia il tempo necessario a percorrere la distanza con velocità . In altre parole, la condizione limite per la sedimentazione si scrive ⋅ ⋅
da cui
1 ⋅ , da cui ancora , dove ⋅ rappresenta la superficie di base della vasca. In realtà i valori di e sono soggetti a diversi vincoli, ad esempio in genere si fissa gli organistandardizzate, meccanici atti almentre recupero fanghi allo sul fondo in in dimensioni è dei vincolata spaziosono a presenti 6disposizione, commercio 8 , in quanto generalmente 3 4 . Per poter rispettare le suddette restrizioni ed allo stesso tempo assicurare una superficie di base sufficiente vengono spesso realizzate più vasche in parallelo. Per quanto riguarda , una volta fissato il valore di ed il numero di vasche, l’altezza è l’altezza è
legata alla velocità del flusso , in particolare ⋅ . Anche è soggetta infatti a dei
vincoli, in particolare deve essere sufficientemente bassa da non riportare in sospensione i solidi sedimentati. Da valutazioni di tipo empirico è possibile determinare il massimo valore ammissibile di , dal quale consegue il minimo per . Mediante un dispositivo elettromeccanico i solidi sedimentati sul fondo vengono accumulati in prossimità dell’ingresso, dove è realizzato un volume, molto piccolo rispetto alle dimensioni della vasca, che si estende in profondità, detto tramoggia tramoggia.. Quest’ultima è
posta in prossimità dell’ingresso per limitare la possibilità che i dallo SSS spigolo fuoriescano dalla vasca con l’acqua trattata, che invece viene fatta stramazzare diametralmente opposto. Per la rimozione del fango dalla tramoggia si utilizza una tubazione identica a quella prevista nelle vasche a flusso verticale.
Le apparecchiature elettromeccaniche utilizzate per l’accumulo dei solidi nella tramoggia sono di due tipi: - Carroponte a va e vieni ; - Sistema a catena. catena. Il carroponte è costituito da una trave metallica appoggiata sulle pareti lunghe della vasca, trasversalmente ad esse. La trave viene fatta scorrere per tutta la lunghezza tramite delle ruote gommate o dei binari, percorrendo il tragitto prima in un verso e poi nell’altro, in un in un moto perpetuo. Al carroponte è solidale un braccio: quando il verso del moto è dall’uscita verso l’ingresso, il braccio è completamente immerso per raschiare i detriti sul fondo e far si che si accumulino nella tramoggia, mentre quando il verso è opposto il braccio si alza fino al pelo libero dell’acqua, dell’ acqua, dove raccoglie eventuali solidi sospesi flottanti. La velocità del carroponte è molto bassa, dell’ordine dell’ordine dei mm/s, per evitare che influenzi il moto dell’acqua. dell’acqua.
Il sistema a catena consiste in quattro pulegge disposte su ciascuna delle due facce laterali della vasca, attorno alle quali ruota una catena. Le due catene sono collegate da elementi plastici, detti raschietti , che effettuano l’operazione di raschiamento. Quando questi si trovano sul fondo spostano i SSS verso la tramoggia, quando si muovono in superficie raccolgono i solidi flottanti.
Le due apparecchiature elettromeccaniche prestazioni comparabili, ma la scelta dell’una o dell’altra presenta diversi presenta diversi vantaggihanno e svantaggi. - Robustezza.
-
-
Il carroponte, avendo un moto alternato e non continuo come quello del sistema a catena, è più spesso soggetto a guasti. Manutenzione. Per effettuare la manutenzione o la riparazione del sistema a catena, che è completamente immersa, è necessario svuotare la vasca e bloccare il processo, mentre il carroponte è già emerso, ed il braccio può essere semplicemente sollevato. Possibilità di posizionare le vasche in zone di mare o montagna. Il carroponte, essendo emerso, in prossimità del mare è più soggetto a fenomeni di corrosione per effetto della salsedine, mentre in zone di montagna neve o ghiaccio potrebbero ostacolarne il moto di scorrimento lungo le pareti della vasca. Il sistema a catena, essendo completamente immerso, non presenta tali inconvenienti.
Vasche a flusso orizzontale radiale Le vasche a flusso orizzontale radiale hanno la stessa geometria di quelle a fflusso lusso verticale, ma in questo caso la parte cilindrica ha un diametro molto più grande dell’altezza. La corrente idrica in uscita dal deflettore avrà pertanto un flusso flus so prevalentemente orizzontale, in tutte le direzioni. Quando l’acqua si muove dal centro verso la periferia della vasca, la sua velocità diminuisce, pertanto la traiettoria descritta dai solidi che sedimentano è parabolica. Tramite un’apparecchiatura elettromeccanica elettromeccanica i solidi vengono raccolti nella tramoggia che ha pianta circolare e si trova nei pressi dell’uscita dell’acqua dal deflettore. deflettore.
Anche in questo caso si può dimostrare che , dove rappresenta la superficie della corona circolare di base della vasca. Il sistema di raschiamento consiste in un carroponte, incernierato nel centro della vasca e mobile sulla parete perimetrale della stessa, in rotazione sempre nello stesso verso. In base alle dimensioni della vasca vengono utilizzati uno o due bracci.
La rimozione del fango Per la normativa italiana il fango non può essere rigettato nel corpo idrico, e prima pr ima di abbandonare l’impianto ed l’impianto ed essere smaltito deve rispettare due caratteristiche qualitative: - Palabilità: Il fango pale; deve avere consistenza sufficiente a poter essere movimentato tramite - Stabilità: Una sostanza si definisce stabile se non da luogo a trasformazioni tr asformazioni spontanee o, al più, queste ultime non devono comportare effetti apprezzabili nel breve termine. In genere le sostanze derivanti da un corpo idrico che sedimentano sono stabili. La caratteristica che va invece addotta ai fanghi in uscita dall’impianto è la palabilità, infatti la corrente è composta all’incirca dal 97% d’acqua e dal 3% di solidi. solidi. Per poter poter definire palabile un fango l’umidità deve risultare inferiore all’80%. all’80 %. Per ottenere tale risultato si separa dalla corrente idrica di scarto un primo 50% composto esclusivamente d’acqua, ottenendo un fango composto del del 94% d’acqua e del 6% di solidi. Effettuando l’operazione una seconda volta si raggiunge un’umidità dell’88%, una terza volta del 76%. La linea dei fanghi viene quindi rappresentata schematicamente al modo seguente.
Cicli di trattamento completi per acque di categoria A1 Ciclo di trattamento completo per acque di categoria A1 con presa dal fiume
Ciclo di trattamento completo per acque di categoria A1 con presa dal lago
Trattamenti per acque A2 Gli impianti di potabilizzazione delle acque di categoria A2 prevedono le stesse fasi di quelle per le acque di categoria A1, che sono di tipo fisico, con l’aggiunta di una o più fasi chimico normali atte all’eliminazione dei colloidi. colloidi. La chiariflocculazione chiariflocculazione è è la più comunemente utilizzata per rimuovere i SSC. E’ di tipo chimico-fisico ed è adatta a concentrazioni dei suddetti solidi molto elevate. La filtrazione filtrazione rapida rapida è è una fase con lo stesso obiettivo della chiariflocculazione, ma di tipo differente e non alternativa ad essa. Si applica per basse concentrazioni di SSC, dell’ordine del l’ordine di qualche decina di mg/l. mg/l. Questo processo è più efficiente e in genere è utilizzato dopo la chiariflocculazione come raffinamento o completamento. Talvolta può sostituirla, ma non senza un preventivo condiziona condizionamento mento chimico dell’acqua. dell’acqua.
Fase di Chiariflocculazione L’obiettivo della fase di chiariflocculazione chiarif locculazione è, come già detto, l’eliminazione dall’acqua dei SSC, ossia di quei solidi di dimensioni sufficientemente piccole da essere soggetti alle forze di massa e disia volume in misura trascurabile rispetto alle for ze di delle forze superficie. Queste ultime sono di natura attrattiva che repulsiva, con prevalenza seconde sulle prime. Nella fase di chiariflocculazione chiariflocculazione,, mediante l’aggiunta di additivi chimici, viene ridotta l’intensità delle forze repulsive creando una condizione favorevole all’agglomeramento delle particelle, a seguito del quale i solidi iniziano quindi a risentire dell’effetto dell’ effetto della gravità e possono essere rimossi alla stregua dei SSS. Le forze di superficie agenti sui colloidi sono di natura elettrostatica: attorno attor no al solido si genera una zona ad alta concentrazione di specie ioniche. Si distinguono due diversi strati d’acqua intorno al colloide. Il primo strato, detto di acqua legata o legata o strato rigido,, è particolarmente ricco di ioni, i quali seguono rigidamente il solido. Il secondo rigido strato, più periferico, è detto di acqua acqua diffusa diffusa ed ed è caratterizzato da ioni più debolmente legati e presenti in concentrazioni più basse. Proprio per effetto di questi strati, se due colloidi si avvicinano l’un l’altro si respingono. respingono. La riduzione delle forze repulsive si realizza con l’aggiunta in acqua di sali metallici, generalmente di alluminio o ferro. Tali reagenti sono detti coagulanti . La capacità di riduzione delle forze repulsive di queste specie è tanto maggiore quanto più alta è la valenza del metallo, il quale una volta presente in acqua sotto forma di specie ionica è quello che svolge effettivamente la funzione utile allo scopo. Più è efficiente il reattivo che si sceglie di utilizzare, chiaramente maggiore è il risparmio sulla quantità da acquistarne. , dove Il coagulante più usato tra i sali di alluminio è il solfato di alluminio l’alluminio l’allum inio ha valenza 3+, . Questo sale aggiunto in acqua in parte si dissocia con . La dissociazione del sale dipende di pende dal , ed è formazione di cationi e anioni favorita nell’intervallo . L’aliquota di coagulante non dissociata reagisce re agisce con i composti presenti in acqua dando luogo a nuove specie di per sé sedimentabili, che vanno a costituire un nucleo di aggregazione per i SSC. In assenza di questi nuclei i colloidi impiegherebbero un tempo eccessivamente lungo per diventare SSS, che hanno dimensioni maggiori di diversi ordini
+ + − 5 < < 7
di grandezza. Il solfato di particolare reagisce con il bicarbonato di calcio con formazione di idrossido dialluminio alluminio,inche va a costituire il nucleo, ed altri prodotti, secondo la reazione L’idrossido di alluminio si trova in acqua acqua in forma di SSS solo se il è compreso nell’intervallo . si presenta come piccole particelle di colore bianco, con struttura aperta (forma “fioccosa”). “fioccosa”). Per tale ragione questi solidi svolgono efficientemente la funzione di nuclei di aggregazione, e sono detti fiocchi di di idrossido di alluminio. Le considerazioni appena fatte sul sale di alluminio valgono tal quali per i sali di ferro. In definitiva, un buon b uon coagulante deve: - Dissociare facilmente in acqua, con formazione di c cationi ationi metallici di valenza alta; - Reagire con le sostanze presenti formando solidi solidi in grado di costituire un nucle nucleo o di aggregazione per i colloidi. La chiariflocculazione nello schema di impianto è posta subito a valle della sedimentazione ed è costituita di tre sotto fasi. La fase è rappresentata schematicamente con i simboli
⟶ ⋯ 5 < < 7
Fase di miscelazione rapida (fase di coagulazione) In questa fase si aggiunge all’acqua il reagente coagulante, quindi si realizza una miscelazione al fine di ottimizzare il consumo di reattivo, e quindi migliorare miglio rare l’efficienza del processo. La forma ideale in cui effettuare una miscelazione è la sfera, tuttavia i reattori sferici sono eccessivamente costosi, così si sceglie di utilizzare per questa fase reattori a pi pianta anta quadrata o di forma cilindrica. Questi ultimi sono muniti di tre o quattro setti verticali per evitare evitare che il moto dell’acqua finisca per essere essere solidale a quello dell’elica e non si realizzi rea lizzi la miscelazione desiderata.
La velocità di rotazione delle eliche nella miscelazione rapida è di circa 500-600 giri/min. E’ necessario che in questa fase il tempo di permanenza dell’acqua nel reattore sia inferiore al tempo della reazione di formazione degli idrossidi, infatti se i fiocchi si formassero corso della miscelazione rapida, si romperebbero dandoper poiil vita a SSS con velocitànel di sedimentazione molto basse. La condizione da imporre i mporre dimensionamento è, quindi, che il tempo t empo di permanenza (o tempo di dimensionamento) sia inferiore a quello di formazione dei fiocchi. Generalmente si impone . Essendo , se ne deduce il volume del reattore necessario.
1 1.5
Fase di miscelazione lenta (fase di flocculazione) In questa fase vi è la formazione degli idrossidi e, quindi, l’aggregazione. E’ necessario un movimento continuo dell’acqua dell’acqua al al fine di inibire i nibire la sedimentazione dei fiocchi. L’agitazione deve essere però blanda, in modo tale che i nuclei di aggregazione non si frantumino. La velocità di rotazione delle eliche nella miscelazione lenta è di circa 40-50 giri/min. Per accelerare il processo di sedimentazione che segue questa fase, spesso nella miscelazionei SSS lenta che si utilizzano deinella coadiuvanti , ossia dei reagenti che mirano appesantire si formano flocculazione. I principi di base sono diad due tipi.
-
Aumento del p peso eso specifico del fiocco: il bentone è un inerte naturale c che he si sgretola in acqua e da luogo a colloidi. Nella fase di flocculazione questi partecipano al processo di aggregazione, dando vita a solidi più pesanti avendo un peso specifico maggiore del fiocco; - Coagulazione di più fiocchi: i polielettroliti sono composti di sintesi, non naturali. Sono molecole di grandi dimensioni e molto ramificate che, in acqua, svolgono un’azione di briding, ovvero creano un ponte tra ponte tra due o più fiocchi, dando vita ad agglomerati di maggiori dimensioni e, quindi, più pesanti. Per dimensionare il reattore si fissa , in quanto il tempo di permanenza deve essere maggiore o, al più, uguale al tempo di aggregazione. Dal valore fissato per si determina quindi il volume necessario, nota la portata volumetrica della corrente idrica. Con l’intervallo di valori indicato si ottiene l’agglomeramento di circa il 95% dei colloidi. Per ottenere percentuali maggiori si renderebbero necessari volumi considerevoli, il che risulta sconveniente. Le vasche utilizzate per questa fase sono a pianta rettangolare, mentre le eliche possono essere ad asse orizzontale o verticale. Generalmente per la seconda tipologia si realizzano tre bacini in sequenza, ciascuno con eliche proprie.
25 25 30
Fase di sedimentazione La fase di sedimentazione nella chiariflocculazione ha la funzione di eliminare i SSS formatisi nel corso della flocculazione. Si effettua alla stregua della sedimentazione a monte, ossia la sgrossatura, con la differenza che in uscita si ha un fango chimico, quindi con un’umidità maggiore di quello quello naturale, poiché ha una più alta capacità di ritenzione dell’acqua. Le due correnti di fango, naturale e chimico, vengono unite unit e e inviate alla linea fanghi. Bacini unici Il fango in uscita dalla fase di sedimentazione nel processo di chiariflocculazione è costituito da idrossidi e colloidi. Tale fango potrebbe essere in parte riciclato nella fase di miscelazione lenta, chiaramente non in quella rapida altrimenti si avrebbe la rottura dei fiocchi e il distacco dei colloidi, e questa soluzione comporterebbe un risparmio sul consumo di coagulante nonché una minore quantità di fango prodotto. Per riciclare il fango
si renderebbe necessaria una pompa, in quanto le tre fasi si trovano a quote diverse per permettere l’avanzamento dell’acqua. dell’acqua.
Anche il passaggio all’interno di una pompa, tuttavia, provoca la frantumazione dei fiocchi. In questi termini, quindi, quindi, l’operazione di riciclo è impraticabile. im praticabile. Per poter riciclare il fango senza la necessità di una pompa si utilizzano delle vasche che costituiscono dei bacini unici , ossia realizzano tutti le fasi della chiariflocculazione. Il più diffuso è il bacino unico accelerator .
Si tratta di una vasca a pianta circolare, realizzata in calcestruzzo (talvolta anche acciaio), munita di vari setti aventi la funzione di creare una divisione di visione grossolana delle zone in cui si realizzano le diverse fasi. La parte superiore ha forma cilindrica, quella inferiore troncoconica. La corrente idrica viene alimentata lateralmente, attraverso una tubazione orizzontale, nella zona centrale della vasca. L’acqua fa ingresso quindi in una zona in cui è presente un agitatore che genera turbolenza, zona che approssima la fase di miscelazione rapida. La velocità di rotazione delle eliche è inferiore rispetto alla fase singola. L’alimentazione dei reagenti chimici si effettua tramite una tubazione verticale.
L’acqua fuoriesce dal volume individuato dal setto per stramazzo, passando prima attraverso una zona che risente in misura minore dell’agitazione: questa zona approssima approssi ma la fase di miscelazione mi scelazione lenta, dove avviene la flocculazione. Una volta stramazzata, l’acqua riscende, costretta da un altro setto, e giunge quindi in un volume di pianta a corona circolare dove avviene la sedimentazione: l’acqua risale ed i solidi sedimentano. L’acqua decantata abbandona il bacino unico per stramazzo. stramazzo. Il fondo della corona circolare, dove vi sono i solidi sedimentati, da un lato è chiuso e dall’altro è in collegamento con la zona di miscelazione rapida, permettendo un riciclo del fango. L’altezza della coltre di fanghi nella fanghi nella zona di sedimentazione è regolamentata da uno scarico di fondo, che la rende tale da essere investita i nvestita dall’acqua in arrivo in arrivo in modo che questa subisca un processo di filtrazione. (Il fango andrebbe alimentato nella fase di miscelazione lenta, probabilmente è possibile alimentarlo in quella rapida perché la velocità di rotazione delle eliche è inferiore rispetto alla fase singola, oppure perché il fango resta comunque sul fondo e contribuisce alla rimozione dei colloidi con un meccanismo di filtrazione, non ritornando in circolo con l’acqua dove si avrebbe la rottura dei fiocchi). fiocchi). I vantaggi nell’impiego di un bacino unico rispetto alle fasi separate sono molteplici. molteplici. Oltre alla possibilità di realizzare il riciclo del fango, che come già detto comporta un risparmio di reattivo e una minore produzione di fango, si garantiscono volumi complessivi dell’impianto più contenuti rispetto alla scelta delle fasi separate: un bacino unico è circa il 30-40% più piccolo delle tre fasi.
Filtrazione La fase di filtrazione, come già detto, ha l’obiettivo di rimuovere i SSC, e viene utilizzata laddove questi siano presenti in acqua a basse concentrazioni oppure come processo di affinamento a valle della chiariflocculazione. Nel ciclo di trattamento completo la filtrazione viene rappresentata con il simbolo
La filtrazione viene realizzata mediante il passaggio dell’acqua a basse velocità attraverso un materiale filtrante. A seconda del materiale che funge da filtro e delle modalità con le quali avviene il processo, si distinguono diverse tipologie di filtrazione. - Filtrazione su materiale plastico, plastico , ovvero processi a membrana; membrana; - Filtrazione su tela porosa, porosa, finalizzata alla formazione del “filter cake” (disidratazione dei fanghi); - Filtrazione su letto granulare, granulare, che può essere di due tipi: filtrazione lenta, lenta, nella quale la velocità dell’acqua è dell’ordine dei cm/h; cm/h; filtrazione rapida, rapida, con velocità del flusso d’acqua d’acqua dell’ordine dei m/h. In quest’ultima tipologia l’energia potenziale potenziale spesa per il moto dell’acqua attraverso il mezzo filtrante può essere gravitazionale o di pressione.
La più comunemente utilizzata è la filtrazione su letto granulare rapida. Filtrazione su letto granulare rapida a gravità o a spessore Nel processo di filtrazione su letto granulare rapida a gravità la corrente idrica attraversa dall’alto verso il basso, quindi sfruttando la sua energia potenziale gravitazionale, un ammasso di granuli, ai quali le particelle colloidali della corrente restano legate.
Per granuli si si intende le particelle costituenti il mezzo filtrante, le quali devono presentare resistenza all’usura meccanica e non essere soggette alla frantumazione per effetto del gelo. Generalmente si utilizza sabbia silicea. I granuli hanno dimensioni di circa 0.2-0.5 mm, mentre le particelle di qualche decina di m. Se fossero dello stesso ordine di grandezza il trattenimento delle particelle avverrebbe in superficie, in quanto resterebbero intrappolate, realizzando piuttosto il processo di microstacciatura. Per e effettuare ffettuare la filtrazione e far sì che questa abbia abbia la stessa efficacia lungo l’intero l’intero spessore del letto granulare, il rapporto tra le l e dimensioni di particelle colloidali e granuli deve essere un valore abbastanza piccolo. Poiché tutto lo spessore contribuisce al processo di filtrazione, quest’ultimo viene anche detto filtrazione a spessore.. spessore Per rimuovere le particelle colloidali queste devono essere trattenute dai granuli. Affinché ciò avvenga avvenga è necessario che si verifichi il contatto tra di esse e che le particelle non vengano trascinate dal moto dell’acqua, ovvero che le forze di trascinamento devono essere inferiori a quelle di attrazione. Per realizzare tale circostanza le velocità del flusso d’acqua devono essere molto basse. I basse. I meccanismi che garantiscono invece il contatto tra granuli e particelle sono diversi: - meccanismo inerziale; - meccanismo di sedimentazione; - meccanismo di intercettazione; - meccanismo diffusivo; - meccanismo dispersivo. Questi meccanismi garantiscono esclusivamente il contatto, successivamente si instaurano le forze di adesione che sono di natura elettrica o di natura chimica con legami molto deboli. La struttura nella quale si effettua la fase di filtrazione fi ltrazione è realizzata in calcestruzzo, con fondo permeabile. In passato il fondo permeabile veniva realizzato con della ghiaia, che permetteva il passaggio dell’acqua ma non dei granuli. Oggi si utilizzano delle piastre delle piastre porose in porose in calcestruzzo, con fori filettati in cui sono inseriti degli elementi el ementi plastici detti
codoli , che sono cavi con testa forata. La corrente idrica da trattare, di portata , viene alimentata nella vasca dall’alto, passa attraverso il filtro di sabbia che trattiene i SSC, SSC, quindi l’acqua filtrata filtrata fuoriesce dal fondo passando attraverso i codoli.
Indicando con lo spessore del letto granulare e con la quota del pelo libero, la velocità dell’acqua è regolata dalla legge di Darcy Darcy , dove è la costante di permeabilità del mezzo filtrante ed la cadente piezometrica, definita come il rapporto tra la quota piezometrica e la lunghezza del percorso, quindi in i n questo caso . Moltiplicando ambo i membri per la superficie della sezione orizzontale della vasca nella legge di Darcy si ottiene . Per dimensionare il filtro si usano parametri empirici, ricavati da studi precedenti. Generalmente l’altezza del letto granulare viene realizzata r ealizzata di , mentre la velocità della corrente idrica deve assumere valori compresi nell’intervallo nell’ intervallo . La
⋅
⋅ ⋅ ⋅
1 7 10 ℎ
superficie filtrante si calcola come . Nel corso del processo i colloidi che progressivamente si legano al materiale filtrante ne riducono la costante di permeabilità, tuttavia poiché la portata d’acqua da elaborare deve essere costante, dalla legge di Darcy consegue un innalzamento continuo della quota del pelo libero. li bero. Ovviamente non è pensabile realizzare una vasca di altezza infinita, oltre al fatto che , influenzando la che deve essere mantenuta bassa, presenta pr esenta un valore massimo oltre il quale la filtrazione non è più efficace. eff icace. Laddove dovesse superare tale valore si parla di filtro perforato. perforato. Il valore minimo assunto da , detto carico minimo,, è quello corrispondente al valore massimo della costante di permeabilità del minimo
. Dalla legge di Darcy ⋅ ⋅ . Il filtro lavora bene per valori di compresi tra 1 , ovvero 1 .
mezzo, ovvero quello iniziale
e
Una volta raggiunto il carico massimo, il filtro deve essere fermato per essere rigenerato. ri generato. Per evitare il sovraccarico degli altri filtri quando uno di essi è fuori f uori servizio, si prevede sempre l’installazione l’installazione di un filtro aggiuntivo rispetto a quelli necessari. Il lavaggio è effettuato bloccando la corrente idrica e inviando un flusso d’acqua, o di acqua e aria, in direzione opposta a quella del normale funzionamento, quindi dal basso verso l’alto. Le fessure sulla testa dei codoli servono in questo processo per creare getti di fluido con energia e velocità sufficiente a effettuare la pulizia. Generalmente sono necessari circa 5 minuti per rigenerare un filtro, e la pulizia va eseguita due volte al giorno. Esistono due diverse modalità di pulizia di un filtro: ; - Modalità americana, americana, che prevede l’uso di acqua di acqua a . - Modalità europea, europea, che prevede l’uso di aria e acqua a L’efficienza dei due metodi è pressoché la stessa, infatti se da un lato il metodo americano prevede un consumo maggiore d’acqua a maggiori velocità, quello europeo prevede una
50 ℎ 25 ℎ
doppia rete di alimentazione. La funzione dell’aria è quella di aumentare la porosità del filtro nel corso della pulizia, ossia di aumentare la superficie di contatto tra sabbia e acqua, mentre quest’ultima realizza la pulizia vera e propria trascinando con co n sé le particelle di
colloidi. Se il filtro filtr o appartiene ad un I.P., l’acqua di lavaggio viene prelevata a valle della disinfezione, in quanto priva di colloidi e contenente disinfettante. Ciò è fondamentale f ondamentale in quanto sulla sabbia possono formarsi delle alghe, che vanno necessariamente rimosse. Si ha quindi una pulizia sia fisica che chimica del filtro. L’acqua di lavaggio viene poi riciclata in testa alla fase di sedimentazione.
Si capisce a questo punto il motivo per il quale i filtri filt ri possono elaborare esclusivamente correnti idriche con basse concentrazioni di SSC, infatti se così non fosse il tempo che intercorrerebbe tra la necessità di una pulizia e l’altra sarebbe, anziché di di 10 10 h, di pochi minuti, rendendo il processo inattuabile dal punto di vista economico. Filtrazione su letto granulare rapida a pressione Nei filtri a pressione l’acqua attraversa il materiale filtrante f iltrante non per effetto della gravità ma realizzando una differenza di pressione. In questo caso la struttura è chiusa, poiché non opera a pressione atmosferica, ed è realizzata in metallo, mentre il materiale filtrante deve essere resistente alle alte pressioni. Rispetto ai filtri a gravità, quelli a pressione sono chiaramente più costosi, principalmente in termini di dispendio energetico. Filtrazione su letto granulare lenta La filtrazione lenta differisce da quella rapida per le velocità della corrente idrica, . Questi sono usati negli I.P. e comprese in questo caso nell’intervallo sostituiscono la chiariflocculazione e la filtrazione rapida. Così basse velocità dell’acqua, inoltre, permettono la formazione di batteri, detto biofilm biofilm.. Il biofilm comporta un duplice vantaggio: occupando un certo spessore riduce la porosità del mezzo filtrante filtr ante favorendo il contatto dei granuli anche con le particelle di colloidi più piccole, inoltre i batteri sono in grado di rimuovere le sostanze organiche contenute nell’acqua. nell’acqua.
2 3 ℎ
I filtri lenti, appena rimessi in funzione dopo il lavaggio, necessitano di un transitorio molto lungo prima di tornare operativi, circa 15-20 giorni, tempo necessario alla formazione del biofilm, tuttavia intercorrono 3-4 3-4 mesi tra un lavaggio e l’altro. l’altro. I filtri lenti rappresentano quindi una soluzione molto più economica, e apparentemente più vantaggiosa sotto diversi aspetti. In realtà per realizzare velocità così basse si rendono necessarie superfici filtranti molto maggiori del caso precedente, pertanto questa soluzione prevede spazi spazi eccessivi. I filtri lenti sono quindi usati solo nei paesi in via di sviluppo, svilupp o, dove spazio e mano d’opera d’ opera sono a basso costo. costo.
Cicli di trattamento completi per acque di categoria A2 Ciclo di trattamento completo per acque di categoria A2 con presa dal fiume
Ciclo di trattamento completo per acque di categoria A2 con presa dal lago Lo schema è identico al caso precedente con l’unica differenza che la fase di sgrossatura è sostituita da una di microstacciatura.
Trattamenti per acque A3 Le acque di categoria A3 sono caratterizzate dalla presenza di solidi grossolani, solidi sospesi e solidi disciolti. Per la rimozione dei solidi disciolti si possono utilizzare vari metodi.
Precipitazione La precipitazione è il processo più usato per la rimozione delle sostanze disciolte in acqua. Il processo è di tipo chimico, e consiste nell’aggiunta di specie in grado di reagire con le sostanze disciolte generando sali insolubili che precipitano sotto forma di SSS, successivamente rimossi per sedimentazione. I reagenti utilizzati nella precipitazione devono rispettare determinate caratteristiche: devono essere economici, facilmente approvvigionabili, non devono dar luogo a reazioni con i materiali dei componenti dell’impianto e non devono essere tossici. tossici.
A seconda delle specifiche sostanze disciolte che si desidera rimuovere rimuovere esistono diversi processi di precipitazione. Addolcimento Il processo di addolcimento ha l’obiettivo l’obietti vo di rimuovere i sali che conferiscono durezza all’acqua. all’acqua. Il più diffuso e il metodo alla calce-soda, calce-soda, dove appunto i reagenti sono l’idrossido di calcio
entrambi dotati delle caratteristiche (soda), si aggiunge la calce, con la quale ⟶ 2 2Acqua Bicarbonato di calcio Idrossido di calcio Carbonato di calcio Il carbonato di calcio è molto poco solubile in acqua, pertanto precipita. Bicarbonato e calce, come si vede dalla stechiometria della reazione, sono in rapporto 1:1. Per rimuovere il carbonato di magnesio magnesio si usa la calce, sfruttando la reazione ⟶ Carbonato di magnesio Idrossido di calcio Idrossido di magnesio Carbonato di calcio (calce) di sodio necessarie di cuiesiilècarbonato detto. Per rimuovere il bicarbonato di calcio calcio reagisce secondo la reazione
Anche l’idrossido di magnesio, magnesio, come il carbonato di calcio, è praticamente insolubile in acqua, pertanto i prodotti precipitano sotto forma di SSS.
si aggiunge calce ⟶ 2 Bicarbonato di magnesio Idrossido di calcio Carbonato di magnesio Carbonato di calcio Acqua Avendosi formazione di di carbonato di magnesio, per precipitar precipitare e una mole di sono necessarie due moli di calce, una per rendere possibile il decorso della reazione di cui sopra, e una per precipitare . Il rapporto tra bicarbonato di magnesio e calce, cioè, è di 1:2. Per la rimozione del solfato di calcio calcio si usa la soda ⟶ Solfato di calcio Carbonato di sodio Carbonato di calcio Solfato di sodio Il solfato di sodio è un sale che non conferisce durezza. Il rapporto tra e è di 1:1. Per la rimozione del cloruro di calcio calcio si usa la soda, con la quale reagisce secondo la reazione ⟶ 2 Il rapporto tra e è di 1:1. Per la rimozione del bicarbonato di magnesio magnesio
Cloruro di calcio Carbonato di sodio
Carbonato di calcio Cloruro di sodio
Il cloruro di sodio, meglio noto come sale da cucina, non conferisce durezza, tuttavia la sua concentrazione in acqua deve rimanere bassa, in quanto una salinità eccessiva può essere pericolosa. Il rapporto tra cloruro di calcio e soda è di 1:1. si e del cloruro di magnesio magnesio Per la rimozione del solfato di magnesio magnesio usa la calce, con la quale reagiscono, rispettivamente, secondo le reazioni
⟶ Solfato di magnesio Idrossido di calcio Idrossido di magnesio Solfato di calcio ⟶ Cloruro di magnesio Idrossido di calcio Idrossido di magnesio Cloruro di calcio
Per effetto della prima reazione si ha la formazione di una mole di per ogni mole di , della seconda di una mole di per ogni mole di . Ne viene che sia per ogni mole di solfato di magnesio che di cloruro di magnesio si aggiunge una mole di calce e una di soda.
Il processo di addolcimento necessita di una fase di miscelazione rapida, nella quale si aggiungono i reagenti, una fase f ase di miscelazione lenta, dove avvengono le reazioni e la precipitazione, e una fase di sedimentazione, ossia lo schema è iidentico dentico a quello della chiariflocculazione. I due processi, quindi, di chiariflocculazione e addolcimento, vengono realizzate simultaneamente negli stessi reattori. Deferrizzazione
Nelle acque di falda spesso disciolti composti Per precipitare e bicarbonato ferroso a base di. ferro, ferroso prevalentemente solfato ferroso ferroso si trovano queste specie si realizza il processo di deferrizzazione. si aggiunge la calce, con la quale reagisce secondo la Per rimuovere reazione
⟶ Solfato ferroso Idrossido di calcio Solfato di calcio Idrossido ferroso
Il solfato di calcio è uno dei sali che contribuiscono alla durezza, e può essere precipitato con l’aggiunta di soda in rapporto molare 1:1. 1:1. L’idrossido ferroso, come tutti i composti dove il ferro ha valenza +2 (ferrosi), è altamente solubile in acqua, dunque va favorita la reazione di ossidazione
2 ⟶ 4 4 Ossigeno atmosferico Acqua
Idrossido ferroso
Idrossido ferrico
Anche la deferrizzazione può essere realizzata contemp contemporaneamente oraneamente alla chiariflocculazi chiariflocculazione e l’addolcimento, lo schema d’impianto va leggermente leggermente modificato con one un insufflazione d’ariatuttavia nella fase di miscelazione mi scelazione lenta, circostanza che comporta un moto dell’acqua e che rende quindi superfluo l’impiego di eliche m meccaniche eccaniche per la miscelazione. La rimozione di ne viene di conseguenza all’insufflazione d’aria, infatti infatti
2 ⟶ 4 8 4 Ossigeno atmosferico Acqua Idrossido ferrico Anidride carbonica Bicarbonato ferroso
Poiché è un ossidante blando che può comportare reazioni lente e incomplete, si può scegliere di utilizzare il cloro, con il quale l’idrossido ferroso e il bicarbonato bi carbonato ferroso reagiscono, rispettivamente, secondo le reazioni
2 2 ⟶ 2 2 2 Idrossido ferroso Cloro Bicarbonato di calcio Idrossido ferrico Cloruro di calcio Anidride carbonica ⟶ 2 6 2
Bicarbonato ferroso Cloro Bicarbonato di calcio
Idrossido ferrico Cloruro di calcio Anidride carbonica
Si rende anche bicarbonato una mole ogni due pertanto moli di necessario e per ogni ildue moli di di calcio,, nonché per precipitare la di soda . Ilper cloruro impiegato è quello allo stato gassoso e viene alimentato anch’esso per insufflazione. Osserviamo che la possibilità di realizzare nelle stesse vasche sia la chiariflocculazione, che la precipitazione, rappresenta un’ulteriore vantaggio della chiariflocculazione rispetto alla filtrazione.
Processi di affinamento Le reazioni chimiche finalizzate alla precipitazione delle specie disciolte sono equilibri fortemente spostati verso i prodotti, ma non sono reazioni complete. Per le acque destinate all’industria di processo si rendono necessarie però ulteriori però ulteriori fasi di affinamento, con meccanismi differenti da quello della precipitazione e che sono in grado di garantire
una rimozione dei SD più efficiente. Esistono tre diversi processi di affinamento: il e il processo il processo a membr processo di adsorbimento adsorbimento,, ilil processo processo di scambio scambio ionico ionico e membrana ana.. Questi generalmente sono previsti a valle della filtrazione f iltrazione e a monte della disinfezione, talvolta anche a valle della disinfezione, in quanto si tratta di processi molto dispendiosi e raffinati, inoltre alcuni di essi permettono di eliminare anche i precursori di alcuni sottoprodotti della disinfezione che possono essere dannosi. Adsorbimento Il processo di adsorbimento sfrutta la capacità di alcune sostanze di trattenere sulla propria superficie i solidi con cui vengono a contatto, capacità detta potere detta potere adsorbente adsorbente.. Si tratta di un processo di affinamento nella rimozione dei solidi disciolti, inoltre l’adsorbimento è in grado di eliminare i precursori di alcuni sottoprodotti della disinfezione che possono essere dannosi, nonché alcune sostanze chimiche derivanti da pesticidi, concimi, antiparassitari, ecc., utilizzate in agricoltura. L’adsorbimento si dice reversibile reversibile se se le forze f orze tra specie adsorbita e specie adsorbente sono di natura elettrostatica, irreversibile irreversibile se se queste stesse forze sono di natura chimica. Come sostanza con potere adsorbente si usa il carbone attivo, attivo, ottenuto a partire da sostanze naturali con potere adsorbente e ricche di carbonio, come ad esempio legno, ossa di animali, torba, gusci di noce di cocco, ecc. Il processo di produzione del carbone attivo è caratterizzato da una resa molto bassa, circa il 10%, il che giustifica il suo costo elevato. Per resa del processo di produzione si intende, chiaramente, la massa di prodotto ottenuto per unità di massa di materie prime. Fino a qualche anno fa si utilizzavano dei sali metallici per aumentare la resa fino a circa il 40%, in particolare si usava un sale di zinco. Il suo utilizzo utili zzo fu poi bloccato in quanto poteva entrare in soluzione nell’acqua con cui cu i il carbone attivo veniva in contatto. Il carbone attivo viene realizzato mediante processi termici. In una prima fase, detta di carbonizzazione,, le materie prime vengono mantenute a temperature di 400-450°C per un carbonizzazione periodo che va dalle 3 alle 5 ore. La durata del processo varia caso per caso al fine di ottenere sempre il massimo della resa. Nel corso della carbonizzazione tutte le parti più facilmente combustibili delle materie prime bruciano, trasformandosi in acqua o gas. All’interno del materiale si formano quindi pori pori ricchi di gas combusti, mentre la superficie diviene molto frastagliata. Ciò aumenta notevolmente la superficie specifica, quindi le probabilità di contatto con i solidi disciolti. La superficie specifica di un carbone attivo può
variare, a seconda della sua qualità, dai 600 ai 1500 . Per liberare i pori dai gas combusti e renderli disponibili al contatto con i solidi disciolti, si attua una seconda fase di trattamento, detta di attivazione attivazione,, condotta in un alto forno a temperature più elevate, di circa 700°C, per un tempo che può andare dalle 24 alle 48 ore, sempre variabile di volta in volta. Una sostanza per poter essere adsorbita deve avere la possibilità di penetrare tra i pori del carbone attivo.
Il parametro che misura la capacità del carbone attivo di trattenere le sostanze è il potere , ed è legato alla particolare struttura che il carbone assume nella sintesi. Il adsorbente potere adsorbente è definito come il rapporto tra massa di sostanze rimosse e massa di carbone attivo , ossia . Per come è definito il potere adsorbente, per il medesimo carbone attivo, può variare a seconda delle sostanze presenti in acqua. I carboni attivi si distinguono in base alle caratteristiche geometriche dei pori. Alcuni hanno porosità omogenea, ossia le dimensioni dei pori non sono variabili. Questi carboni hanno un’azione specifica su determinati solidi disciolti. Altri hanno pori di dimensioni variabili, permettendo una più vasta gamma di SD adsorbibili. Il carbone attivo può presentarsi sotto forma di granuli, granuli rotti o polvere. Il carbone attivo in granuli, generalmente delle dimensioni di , viene utilizzato al posto del mezzo filtrante in un filtro. L’adsorbimento e la filtrazione, tuttavia, vanno necessariamente realizzati in separata sede, in quanto la presenza di colloidi otturerebbe i pori del carbone attivo. Man mano che vengono trattenuti solidi disciolti il potere adsorbente del carbone attivo si riduce, fin f in quando il filtro non va necessariamente rigenerato. A differenza dei filtri di sabbia, quelli di carbone attivo vanno puliti mediante processi di natura chimica e non fisica, in quanto chimiche sono le forze di legame tra le sostanze adsorbite e le sostanze adsorbenti. La rigenerazione viene effettuata per via termica, ossia si immette il carbone da rigenerare in un forno dove viene portato ad alte temperature. La rigenerazione impiega molto tempo ed è dispendiosa dal punto di vista energetico, pertanto si ritiene che vada effettuata all’incirca una volta all’anno. all’anno. Per dimensionare il filtro di adsorbimento, note la portata volumetrica della corrente idrica e la concentrazione di inquinante in acqua in ingresso alla fase, si determina la . portata massica delle specie che si desidera eliminare, come Poiché il carbone attivo deve avere una durata di un anno circa, si calcola la massa di inquinante da rimuovere in un anno come . Quindi si determina la massa di carbone attivo necessaria dal valore del potere adsorbente, come .
0.6 0.8
⋅ ̇ ̇ ⋅ 31536 31536000 000 ⁄
Il carbone attivo sotto forma di polvere non può essere utilizzato in un filtro, poiché si avrebbero perdite di carico eccessive e ccessive per permettere il passaggio passaggio dell’acqua. La polvere viene alimentata in una fase di miscelazione rapida, cui segue una di miscelazione lenta
dove avviene l’adsorbimento, cui segue ancora una ancora una fase di sedimentazione in cui la polvere con l’inquinante finiscono nel fango di scarto. scarto. L’utilizzo L’u tilizzo del carbone attivo in polvere permette quindi di sfruttare reattori già in esercizio, inoltre il costo della polvere è inferiore rispetto a quello dei granuli, in quanto nella sintesi del carbone attivo questa costituisce il materiale di scarto. Per contro, però, la l a polvere viene persa nel fango e non può essere rigenerata, inoltre ciò comporta un aumento della produzione di fango, e quindi dei costi di smaltimento. Scambio ionico Lo scambio ionico sfrutta la capacità di alcune sostanze, dette appunto scambiatori ionici, di trattenere le specie ioniche presenti in acqua, rilasciandone delle altre. Per questa capacità si parla di potere di potere di scambio scambio ionico ionico,, definito come la massa delle specie ioniche presenti in acqua che lo scambiatore è in grado di rimuovere per unità di massa dello scambiatore stesso. Molte sostanze naturali hanno potere di scambio, come le resine naturali , tuttavia oggi vengono utilizzati prodotti di sintesi, in quanto hanno potere di scambio maggiore, detti ancora resine scambia scambiatrici trici . Le resine sono costituite da una parte inerte ed una numerosa quantità di ioni ad essa legati. Per quanto elevato, il numero di ioni legati ad una resina è finito, pertanto una volta che siano stati tutti sostituiti il materiale non è più in grado di realizzare lo scambio, e la resina va rigenerata. Lo scambio ionico viene realizzato in un filtro in cui il mezzo filtrante è sostituito da resine scambiatrici. L’acqua in uscita uscit a contiene specie ioniche differenti. I filtri per lo scambio ionico sono filtri a pressione realizzati in acciaio, in quanto spesso l’acqua arriva in questa fase dotata di una certa energia di pressione, energia che viene quindi sfruttata per il passaggio nel filtro. La rigenerazione delle resine viene effettuata bloccando il passaggio della corrente idrica nel filtro e alimentando un’acqua ad alta concentrazione delle specie ioniche inizial inizialmente mente appartenenti alla resina. Esistono resine cationiche, cationiche, con ioni positivi, e resine anioniche, anioniche, con ioni negativi. Le resine cationiche sono in grado di rimuovere la durezza, che ricordiamo essere data dagli ioni ed , in una operazione di affinamento. Le resine cationiche generalmente utilizzate sono le resine sodiche, , sodiche, ossia con ioni in quanto nella rigenerazione può essere alimentata una soluzione di acqua e sale da cucina, , quest’ultimo facilmente reperibile e poco costoso. costoso.
+ +
+
−−
Le resineinanioniche sonorappresentano principalmenteilutilizzate per rimuovere . Essi sono presenti acqua poiché composto fondamen fondamentale talei nitrati, di tutti i concimanti. La rigenerazione è in genere effettuata con acqua ricca di solfati . Il dimensionamento del filtro si effettua sulla base del potere di scambio della resina utilizzata, allo stesso modo visto nel caso dell’adsorbimento. dell’adsorbimento. Rispetto all’adsorbimento, tuttavia, lo scambio ionico prevede un processo di rigenerazione molto più semplice ed immediato, realizzabile anche quotidianamente.
−
Processi a membrana Un processo a membrana è un processo di affinamento che consiste in una filtrazione di tipo stacciante, stacciante, ossia l’acqua viene fatta passare attraverso una barriera selettiva molto sottile, la membrana, permeabile ad alcune sostanze e non ad altre. E’ una filtrazione molto più spinta di quella a spessore, in grado di trattenere persino le specie disciolte. La corrente idrica in uscita dal filtro a membrana è detta permeato detta permeato,, mentre il materiale trattenuto viene allontanato dal filtro in un’altra corrente idrica, di portata notevolmente inferiore, detta concentrato concentrato..
Le dimensioni dei pori della membrana dipendono dalle specie che si desidera eliminare. Chiaramente più sono piccoli i pori, maggiori sono le perdite di carico in quanto si rende necessario energizzare in misura maggiore l’acqua per promuoverne il passaggio. Questa energia viene fornita all’acqua all’acqua sotto sotto forma di energia di pressione o di energia elettrica. Nel primo caso si parla di processo a membrana scarica e scarica e si realizza applicando un certo tra ingresso e uscita del filtro, nel secondo caso si ha un processo a membrana carica. carica. Le membrane si sono diffuse solo verso gli anni ’80, prima infatti non esistevano materiali in grado di resistere, con piccolo spessore, alle grandi differenze di pressione o al campo elettrico, e venivano realizzate membrane più spesse che si ostruivano facilmente. L’ostruzione dei L’ostruzione dei pori è detta fenomeno di sporcamento sporcamento o o di fouling della della membrana. I processi a membrana si classificano in base alle dimensioni dei pori, come mostrato dalla seguente tabella.
∆
Processo a membrana Microfiltrazione Ultrafiltrazione Nanofiltrazione Osmosi Inversa
Range di separazione 0.02-2 0.002-0.02 0.001-0.002 0.0001-0.001
Forza Motrice (
)
∆
0.1-1 1-5 5-20 20-100
Nei processi a membrana scarica le membrane sono montate su dei supporti, detti moduli, di cui ne esistono quattro diverse tipologie: a spirale spirale,, a fibre cave, cave, tubolare tubolare,, a lastre piane. piane. Tali moduli possono essere disposti tra loro in serie o parallelo a seconda delle diverse esigenze. Il modulo a spirale è costituito da una tubazione centrale, dotata di piccoli pori, attorno alla quale vengono avvolti la membrana e un drenante, in modo da formare una spirale a strati alterni. Il tutto t utto è racchiuso in un tubo di plastica dura.
All’estremità in cui viene alimentata la corrente idrica il tubo il tubo centrale è chiuso, pertanto l’acqua, che tende ad entrarvi per effetto della differenza di pressione, si trova costretta ad attraversare la membrana. All’estremità membrana. All’estremità opposta, dunque, dunque, si ritrova il permeato in uscita dalla tubazione centrale, e il concentrato dalla corona circolare. Il modulo a fibre cave è costituito da una serie di membrane di forma cilindrica con diametro molto piccolo. L’acqua pressurizzata viene alimentata all’interno di all’interno di questi tubi lunghi e sottili: il permeato fuoriesce, il concentrato resta all’interno. all’interno. Il modulo a lastrepiane, pianeuna consiste unaa. piccoli tubi verticali in cuidisono poste delle membrane so prainl’altr sopra a.serie I tubidisono racchiusi all’interno una tubazione. L’acqua è alimentata dal alimentata dal basso e in parte continua lungo la tubazione, in parte passa attraverso tali membrane nei piccoli tubi. Il sistema è congegnato in maniera tale da avere un drenaggio centrale per consentire iill passaggio dell’acqua filtrata. filtrata .
I moduli tubolari sono un insieme di tubi porosi, di norma in materiale plastico, sulla parete interna dei quali è appoggiata la membrana. Più elementi così costituiti rappresentano un singolo modulo. I vari elementi costituenti un singolo modulo possono, o meno, essere tutti contenuti all'interno di un supporto tubolare esterno. Nei moduli la corrente da filtrare fluisce all'interno di ciascun tubo poroso, facendo fuoriuscire lateralmente il permeato, che è raccolto dall'eventuale involucro esterno.
Per ogni elemento viene specificata la portata che è in grado di trattare. Nota la portata complessiva, dividendola per la portata da inviare a ciascun elemento è possibile conoscere il numero di elementi necessari. n ecessari. L’elettrodialisi L’elettrodialisi è l’unico processo a membrana car ica ica di interesse ingegneristico per i processi di trattamento delle acque.
Il sistema dell’elettrodialisi è costituito da un canale a pelo libero attraverso cui scorre l’acqua. All’interno del canale del canale sono poste delle membrane in verticale, parallelamente al flusso, anioniche A, e cationiche C, alternate. La membrana anionica è in grado di essere attraversata att raversata solo ed esclusivamente da anioni e non da cationi, la membrana cationica permette invece solo il passaggio di ioni positivi. Nel canale, poi, si inseriscono due elettrodi, uno positivo e uno negativo, che generano un campo elettrico che spinge i cationi verso l’anodo e gli anioni verso il catodo. Sulle specie ioniche si esercitano quindi forze in direzione trasversale, ma il loro moto viene ostacolato dalla presenza delle membrane, che ne bloccano il passaggio. Nel canale si creano quindi delle zone in cui l’acqua è priva di specie ioniche, e delle zone in cui tali specie si sono concentrate. non si dispongono equidistanziata nel canale, ma siLe fa membrane, in modo chequindi, la zona in cui si ritrovano in le maniera specie ioniche abbia volume molto inferiore di quello in cui si ritrova r itrova il permeato. Così facendo il concentrato da espellere sarà costituito da una piccola portata d’acqua ad alta concentrazione di ioni. ioni.
Disinfezione L’obiettivo della disinfezione è quello di rimuovere la carica microbica patogena eventualmente presente nella corrente idrica. Anche se non tutte le acque di approvvigionamento ne contengono, la disinfezione va sempre attuata, in misura m isura preventiva. Nel processo non si eliminano tutti i microrganismi ma solo quelli di natura patogena, che costituiscono la minor parte, mentre per la maggior parte vi sono microrganismi banali che, però, non sono nocivi. Si tratta quindi di un processo diverso dalla sterilizzazione, che prevede l’eliminazione di tutte le specie microbiche. Un processo di sterilizzazione per le acque destinate ad uso potabile non avrebbe senso in quanto l’acqua non è isolata, e non appena verrebbe verrebbe costretta costretta ad attraversare dei condotti, uscire da un rubinetto, venire a contatto con l’atmosfera, l’ atmosfera, ecc., essa sarebbe nuovamente contaminata da microrganismi banali. E’ possibile possibile eliminare i microrganismi patogeni e non i banali in quanto i primi sono più sensibili dei secondi. La disinfezione, nel ciclo di trattamento, è sempre prevista come ultima fase, a meno della presenza di processi di affinamento molto raffinati. La fase viene rappresentata schematicamente con il simbolo
La disinfezione può essere realizzata mediante una variazione di temperatura, l’aggiunta di disinfettanti chimici o sottoponendo l’acqua a radiazioni elettromagnetiche. radiazioni elettromagnetiche. Un buon disinfettante deve rispettare determinate caratteristiche, ossia deve essere economico, facilmente reperibile, non dannoso per le strutture in cui l’acqua viene stoccata, non tossico e persistente in rete, per garantire la protezione da eventuali contaminazioni anche nel corso del trasporto dell’acqua all’utenza. Poiché all’utenza. Poiché non esiste un disinfettante che presenti contemporaneamente tutte le suddette caratteristiche, se ne utilizzano più di uno. Esistono due categorie di disinfettanti, i disinfettanti chimici e i disinfettanti fisici. Tra i , l’ipoclorito di sodio , l’ipoclorito di calcio disinfettanti chimici vi sono il cloro gas , il biossido di cloro e l’ozono . Tra i disinfettanti fisici vi sono i raggi UV, gli ultrasuoni (anche se al momento hanno solo valenza sperimentale e non hanno interesse ingegneristico) e l’aumento di temperatura (anch’esso non ha interesse ingegneristico, se non su piccola scala, in quanto presenta costi eccessivi).
Disinfezione chimica I disinfettanti chimici occupano la maggior parte delle applicazioni ingegneristiche. Si usano prevalentemente composti a base di cloro, in particolare per disinfettanti al cloro . Queste tre specie sono accomunate dal fatto che , e si intendono nessuna di esse possiede di per sé potere disinfettante: l’azione l’azione di disinfezione deriva non rientra nella classificazione e vale per esso dalle reazioni di idrolisi con l’acqua. l’acqua. un discorso a parte. Le reazioni tra disinfettanti al cloro e acqua sono
Acqua ⇌ Cloro Acido cloridrico Acido ipocloroso ⇌ Ipoclorito di sodio Acqua Idrossido di sodio Acido ipocloroso 2 2 Ipoclorito di calcio disinfettante, Acqua ⇌ Idrossido Acido ipoclorosodipende da reazioni L’acido ipocloroso ha potere e ladi calcio sua formazione di equilibrio chimico, che vengono influenzate dal . Per bassi valori di le reazioni sono spostate verso sinistra, e ciò è sfavorevole, per ≈ 5.35.4 si ha la condizione ottimale in quanto sono spostate verso destra, mentre per pH molto alti è spostata verso destra anche la reazione
⇌ + − Acido ipocloroso Acqua Ione idronio Ione ipoclorito − Quest’ultima reazione è indesiderata in quanto lo ione ipoclorito ha potere
disinfettante inferiore rispetto all’acido ipocloroso. ipocloroso. Questi due disinfettanti svolgono il loro compito con due azioni: azione ossidante e azione di inibizione della secrezione enzimatica dei microrganismi. Le reazioni chimiche di cui i microrganismi necessitano per sopravvivere, infatti, sono catalizzate da enzimi e portano alla trasformazione delle sostanze organiche. In particolare si ha che ha più potere inibente, mentre ha più potere ossidante. In definitiva, però, ossia confrontando l’azione combinata l’azione combinata di entrambi i poteri per queste specie, spec ie, l’acido ipocloroso risulta essere un disinfettante più potente.
−
L’azione disinfettante di una qualunque specie è legata soprattutto s oprattutto alla concentrazione in cui tale sostanza è presente in acqua, nonché al tempo di contatto . con i microrganismi. Si definisce pertanto la dose dose di di disinfettante come Maggiore è la dose maggiore è l’azione disinfettante. Una sostanza ha potere disinfettante maggiore rispetto ad un’altra se, a parità di dose, ha dose, ha un effetto maggiore. Poiché l’azione dei disinf ettanti ettanti al cloro è legata esclusivamente alla formazione di , tuttavia acido ipocloroso, la specie più conveniente da sfruttare sfrutt are sembrerebbe essere
⋅
al contrario la più sconveniente e meno utilizzata deve essereessa manèeggiata maneggiata da personale specializzato. L’ in quanto, vieneessendo vendutopericolosa, in soluzioni al 13-15%, mentre il al 23-25%. I disinfettanti al cloro sono poco costosi, facilmente approvvigionabili, garantiscono protezione nella rete (e sono anche gli unici a presentare tale caratteristica), tuttavia possono essere tossici. In acqua infatti innescano numerose reazioni con possibile formazione di alcuni sottoprodotti come i THM (trialometani, ad esempio cloroformio e bromoformio), che sono sostanze potenzialmente cancerogene. Ciò è stato scoperto solo negli anni ’80, in quanto prima non esistevano attrezzature abbastanza sofisticate da rivelare le piccolissime concentrazioni in cui erano presenti queste pericolose specie. Dopo questa scoperta non furono più disinfettate di sinfettate le acque, con un conseguente aumento del tasso di mortalità dovuto non al cancro, bensì alla presenza dei patogeni non più rimossi. Fu quindi reintegrata la disinfezione, parallelamente alla ricerca di disinfettanti che non presentassero la problematica: problematica: si è così diffuso l’uso del . Inoltre sono stati effettuati numerosi studi per cercare di chiudere tutti i bilanci delle reazioni tra disinfettanti di sinfettanti al cloro e l’acqua, scoprendo così che oltre ai THM vi era formazione di ancora altre sostanze sosta nze di cui tutt’oggi non è chiara la natura. Allo stato attuale i bilanci non sono stati ancora chiusi. Il biossido di cloro non esiste in natura ma viene prodotto nell’impianto di trattamento dell’acqua stesso, in quanto non è stabile. E’ più costoso dei costoso dei disinfettanti al secondo le reazioni cloro e si forma a partire dal clorito di sodio Sembrerebbe più conveniente servirsi del primo processo, in quanto il rapporto tra reagente e prodotto desiderato è di 1:1, tuttavia la reazione comporta la formazione di sottoprodotti che creano diverse problematiche, per cui si sfrutta il secondo processo. Il biossido di cloro a temperatura e pressione ambiente si trova allo stato gas, solubilizza
⟶ ⋯ ⟶ 0.8 8 ⋯
in acqua ma non da luogo a reazioni di idrolisi. Il potere disinfettante di quindi non è legato al valore del , ma è un potere esclusivamente ossidante e non inibente. La formazione di THM è molto inferiore rispetto ai disinfettanti al cloro, tuttavia tutt avia anche in questo caso non si è ancora riusciti a chiudere i bilanci. Il biossido di cloro è molto usato negli impianti di potabilizzazione, meno in quelli di depurazione che sono più piccoli e su piccola scala non sempre conviene tenere sotto controllo reazioni pericolose come quelle cui da luogo questo disinfettante. L’ozono in Italia è poco usato, in usato, in Francia di più. Esiste in natura ma in condizioni ambientali sfavorevoli, quindi è necessario produrlo, produrlo , e ciò va fatto all’interno dell’impianto stesso in quanto la specie non è stabile. L’ si produce dall’ossigeno: si sottopone ad un trattamento energetico un flusso di di , il quale si suddivide in due atomi di , che reagiscono con l’ossigeno formando ozono ozono Se non viene fornita energia si hanno le reazioni inverse, cioè si riconverte in e . Pertanto, appena formato l’ozono va immesso nell’acqua nell’ acqua e non fornendo energia lo si lascia reagire formando e .
⟶ ⟶
L’ossigeno atomico è molto ossidante per le cellule microbiche, presenta il potere L’ossigeno atomico ossidante maggiore rispetto agli altri disinfettanti. L’utilizzo di ozono tuttavia presenta diverse problematiche infatti, a parte i costi di produzione, non garantisce la protezione in rete. Accanto ad quindi va immesso anche il cloro, si tratta cioè di una disinfezione frazionata. La scala di poteri disinfettanti è . Qualunque sia il disinfettante, le vasche sono le stesse e il dimensionamento è
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simile. Per stimare si fa riferimento r iferimento al tempo di detenzione necessario, definito come tempo medioildivolume permanenza di ciascuna particella della corrente idrica, quindi anche dei microrganismi. Il dipende dal disinfettante. Si può agire poi sulla concentrazione per ottenere la stessa dose ( ). Il volume della vasca è calcolato poi come . Per consuetudine con i disinfettanti al cloro si fissa . Per il biossido di cloro si usa un . Si ha un tempo più piccolo perché complessivamente ha un potere disinfettante superiore a quello dei clorati. Per l’l’ozono ozono si usa un , le vasche sono ancora più piccole dato l’l’elevato elevato potere disinfettante. In base al tempo di detenzione, ossia in base al volume, si determina la forma f orma della vasca. Per quanto riguarda l’altezza non vi sono vincoli vincoli,, il processo è indipendente da essa. Tipicamente le vasche sono alte . Per quanto riguarda invece le altre alt re dimensioni, idealmente andrebbe realizzata una vasca lunga e stretta in cui le molecole d’acqua d’ acqua e i microrganismi entrerebbero in successione con un moto di pura traslazione, in maniera tale che tutte t utte le particelle abbiano il medesimo , pari a quello di progetto.
⋅
⋅
15 15 20 5 7
25 25 30
23
Tale vasca permetterebbe un comportamento idrodinamico di flusso a pistone. Si tratta di una configurazione chiaramente ideale, ma nella realtà si cerca di approssimare il più possibile tale flusso inserendo dei setti all’interno della vasca. vasca.
Nel caso reale la curva di distribuzione dei tempi di detenzione delle particelle è una gaussiana con media . L’obiettivo è quello è quello di ridurre al minimo la varianza, ossia far sì che la curva assuma forma stretta e alta. L’inserimento dei setti permette di stringere e alzare la campana. In definitiva non sono importanti lunghezza, larghezza e altezza ma sono fondamentali il volume totale e la disposizione di setti all’interno all’interno della della vasca.
Disinfezione fisica
L’unico metodo di disinfezione fisica con applicazio applicazioni ni ingegneristiche è l’irraggiamento con raggi ultravioletti. ultravioletti . Il processo consiste nell’esposizione dell nell’esposizione dell’acqua ’acqua alla luce di lampade di lampade con involucro trasparente che emettono raggi UV. Gli involucri sono riempiti con gas argon e gocce di mercurio. Una volta azionata l’alimentazione elettrica si elettrica si ha un incremento della temperatura all’interno delle lampade: lampade: le gocce di mercurio iniziano a vibrare e tali vibrazioni colpiscono l’argon l’argon che emana raggi ultravioletti non visibili. Hanno una
lunghezza d’onda compresa tra ii100 e i 400soff rono . I microrganismi, soprattutto patogeni, rono l’esposizione a tali raggi, infatti i nfatti le radiazioni ultraviolette alterano le molecole necessarie per la loro riproduzione. Anche in questo caso si si può parlare di dose, ch che e dipende dall’intensità del raggio . Maggiore e dal tempo di esposizione dei microrganismi ad esso, in particolare è la dose dose e maggiore sarà l’azione disinfettante. In disinfettante. In genere bastano pochi secondi di esposizione per disinfettare l’acqua l’acqua,, più precisamente . L’azione di disinfezione è influenzata influenzata anche dalla specifica lunghezza d’onda del raggio. L’andamento di è a campana con massimo intorno ai . In particolare per il raggio, a parità di dose, presenta un’efficacia maggiore. maggiore.
⋅
5 5 10 250 25 2555
253.7
Esistono lampade di diverso tipo: - bassa pressione pressione:: l’argon l’argon è a . I raggi hanno un’emissione monocromatica con più o meno la stessa st essa lunghezza d’onda (a cavallo sulla lunghezza più favorevole); - media pressione: l’argon l’argon è a . I raggi hanno una distribuzione più ampia di , coprono tutto il range di UV e sforano anche nel visibile. I raggi hanno un’intensità un’intensit à maggiore rispetto ai raggi a bassa pressione poiché dipende da . Tra i due effetti l’intensità prevale sulla lunghezza d’onda e quindi le lampade a media media pressione sono più efficienti, nel senso che, a parità di risultato finale, sono
0.1 0.2
250 250 25 2555
5
necessarie meno lampade. Il problema è che queste sono più costose: la scelta va valutata caso per caso. Le lampade non hanno vita infinita. Subiscono il decadimento delle caratteristiche dei fluidi all’interno. all’interno. Quelle di miglior qualità durano di più ma sono più costose: in genere possono arrivare anche a 11-12 mesi di vita. Le peggiori costano meno, ma durano appena 3-4 mesi. L’involucro gioca un ruolo molto importante poiché contiene il gas e quindi al suo s uo interno avviene formazione r aggi, mentre raggi, la disinfezione deve avvenire all’esterno. all’esterno. L’involucro develaessere quindi essere quindidei permeabile al raggio e assorbirne il meno possibile l’intensità.. Si distinguono in: l’intensità - involucri in qu quarzo: arzo: è il materiale naturale più costoso costoso,, ma assorbe solo il 10% di ; - involucri in teflon: è u un n mat materiale eriale sinte sintetizzato tizzato meno c costoso, ostoso, ma con assorbimento del 30% di . A parità di dose o si aumenta l’intensità, e quindi la potenza potenza della lampada o si aumenta il numero di lampade. L’esposizione dell’acqua ai raggi UV può avvenire in due modi: modi: - lampade in tubaz tubazione ione a pressione: nei tu tubi bi in cui s sono ono disposte le la lampade mpade l’acqua l’acqua viene alimentata in pressione; - lampade in ca canale nale a pelo libero: c con on elementi di s sostegno ostegno le lampade sono collocate in un canale a pelo libero e possono essere poste verticalmente o parallelamente al flusso. L’ultima soluzione L’ultima soluzione è più recente, prima si preferiva utilizzare le lampade nelle tubazioni in quanto prevedono che tutto il tubo sia occupato dall’acqua, il che comporta una maggiore efficienza dell’irraggiamento. Nel caso delle lampade in canale, invece, se varia la portata volumetrica della corrente idrica cambia la quota del pelo libero. Se dovesse verificarsi un abbassamento del pelo libero, lib ero, le lampade scoperte dall’acqua si fulminerebbero. Al contrario, l’acqua a quota maggiore non verrebbe disinfettata. disinfettata.
Sono stati poi introdotti dei sistemi basculanti, che consentono di mantenere costante il livello del pelo libero nel canale al variare della portata.
La soluzione consiste in delle paratoie incernierate al canale che basculano, cioè ruotano attorno alla cerniera. Il loro grado di apertura è variabile in funzione della portata, allo scopo di stabilizzare stabilizzare il livello dell’acqua. dell’acqua.
Il vantaggio delle lampade in canale risiede nella possibilità di sostituire le lampade più facilmente perché basta estrarre il pezzo e cambiarlo. In tubazione invece è necessario fermare l’alimentazione poiché con l’acqua in pressione c’è il rischio che che questa possa fuoriuscire. Con i raggi UV non si hanno chiaramente problemi di chiusura del bilancio. Per questo motivo il processo si è diffuso ed è in uso da circa 40 anni, soprattutto per gli impianti di potabilizzazione. potabilizzazione. Tuttavia l’irraggiamento è l’irraggiamento è più costoso della disinfezione chimica di un di grandezza, inoltre garantisce la protezione in rete, pertanto è necessario unordine altro disinfettante a base dinon cloro per l’azione secondaria. secondaria. In passato vi era un’ulteriore problematica legata problematica legata a questo processo, che risiedeva nella circostanza che l’acqua l’acqua che che vi giungeva in alimentazione poteva presentare, seppur in piccolissima parte, una certa concentrazione di solidi sospesi residui. I microrganismi dell’acqua tendevano ad aderire a tali sostanze, sostanze, che schermavano così l’azione del raggio. In questo modo una parte dei microrganismi non veniva raggiunta dai raggi UV. Successivamente sono state introdotte delle superfici riflettenti riflett enti che miglior ano ano l’azione delle lampade, per questo motivo oggi sono largamente più diffuse ed utilizzate.
Cicli di trattamento completi per acque di categoria A3 Ciclo di trattamento completo per acque di categoria A3 con presa dal fiume
Ciclo di trattamento completo per acque di categoria A3 con presa dal lago Lo schema è identico al caso precedente con l’unica differenza che la fase di sgrossatura è sostituita da una di microstacciatura.
Trattamenti cui sono sottoposte le acque di falda Le acque di falda contengono solo SD, quindi queste acque devono essere sottoposte a precipitazione, eventualmente a processi di affinamento, e a disinfezione. Il loro ciclo di trattamento cioè è un sottoinsieme di quello cui vengono sottoposte le acqua superficiali di categoria A3.
Cicli di trattamento completi per acque di falda Ciclo di trattamento completo per acque di falda
Normative vigenti sulle acque in uscita da un impianto di depurazione Dopo l’utenza, prima di essere scaricata in un corpo idrico ricettore, l’acqua deve essere trattata in un impianto di depurazione. Le caratteristiche delle acque di scarico dipendono dall’uso che ne è stato fatto e fatto e la casistica è molto ampia. Le caratteristiche dell’acqua in uscita da un impianto di depurazione sono regolamentate dalla legge, che ne definisce i requisiti di qualità.
La legge n. 319/1976, anche detta legge Merli , fu la prima in Italia che impose l’obbligo della depurazione delle acque. Fino al 1976, infatti, non esisteva alcuna norma che regolamentasse le caratteristiche delle acque scaricate in un corpo idrico ricettore. Ancora oggi il 30% della popolazione popolazione italiana non è servita da ID (tra cui ad esempi esempio o il comune di Benevento). L’esigenza di imporre una normativa sulle acque reflue in quel periodo nacque perché alla fine degli anni ’60 inizio anni ’70 sorse sorse un’ un’attenzione attenzione particolare per l’ambiente, con fondazione fondazione di diverse associazioni per l’ecologia, ma soprattutto mare crudi.nel 1973 a Napoli ci fu un’epidemia di colera dovuta al consumo di frutti di La legge Merli fu emanata per provvedere all’emergenza e definiva i valori delle concentrazioni massime di determinati parametri. I parametri per le acque domestiche e delle attività produttive furono indicati all’interno di varie tabelle.
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Tabella A
. . .
40 160 80 15 0.206 2 . . .
Inoltre per le acque delle attività produttive la legge prevedeva una duplice possibilità.
La soluzione 1 è legata agli stessi vincoli della tabella A.
La soluzione 2 prevede una prima fase di depurazione di cui si deve occupare l’attività produttiva, con valori massimi di alcuni parametri superiori a quelli della tabella A. Dopodiché l’acqua può essere scaricata nella fogna cittadina, dove poi sarà depurata del tutto nell’ID. nell’ID. I valori limite dei parametri in uscita dal primo ID erano fissati dalla tabella C. Tabella C
+ . . .
250 250 500 200 30 . . . . . . .
In altre parole, con la ID primaria prim aria si riportano le acque di scarico industriale alle condizioni delle acque reflue urbane. La legge Merli comportava tutta una serie di problematiche, vi si lavorò infatti in condizioni di emergenza e non prevedeva importanti differenziazioni da caso a caso. Per tale legge, tutti i comuni dovevan dovevano o rispettare i parametri della tabella A. I parametri, però, sono espressi in termini di concentrazioni, mentre la portata massica di inquinante . Fissata la scaricato dipende anche dalla portata d’acqua reflua, in particolare concentrazione , la portata massica di inquinante è tanto maggiore quanto più significative sono le portate d’acqua, ossia il numero di abitanti serviti. Era Er a necessario, pertanto, differenziare i valori limite dei parametri sulla base delle dimensioni del centro urbano. A parità di numero di abitanti, inoltre, va tenuto in considerazione il tipo di corpo idrico ricettore, infatti uno scarico in mare provoca certamente meno inquinamento che uno scarico in lago, che non ha reflusso. Alla luce di ciò furono emanati dei provvedimenti provvedimenti a livello regionale per risolvere risolvere tali problemi. Il D.Lgs. n. 152/1999 sostituì la legge Merli. Non è più pi ù in vigore ma il contenuto è stato riportato nel nuovo decreto. Nel D.Lgs. n. 152/2006 confluirono tutte le normative ambientali tra cui quelle del D.Lgs. n. 152/1999. 152/1999. Dal ’76 al ’99 tutte le normative furono irrigidite e i valori dei parametri vennero notevolmente ridotti. Il decreto legislativo n. 152 del 2006 è costituito da 318 articoli, suddivisi in 6 parti. Nella parte terza, sezione II, si trova la definizione di scarico. Tale definizione è stata aggiornata nel D.Lgs. n. 4/2008. “Si definisce scarico qualsiasi immissione effettuata esclusivamente tramite un sistema stabile di collettamento che collega senza soluzione di continuità il ciclo di produzione del refluo con il corpo ricettore in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete fognaria, indipendentemente indipendentem ente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo trattamento trattamento
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di depurazione.” Un’acqua, per poter essere considerata reflua, deve passare attraverso un collettore fognario che collega le abitazioni o le attività produttive con l’impianto. Se non passano
per collettori non sono scarichi ma rifiuti e vincolati ad una diversa regolamentazione, molto più complessa. Nel D.Lgs. n. 152/2006, sempre nella parte terza, sezione II, si trova anche la classificazione delle acque reflue. - Acque reflue domestiche domestiche:: provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi, derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche; - Acque reflue industriali : qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici o impianti in cui si svolgono attività o di produzioni di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dallecommerciali acque meteoriche di dilavamento; - Acque reflue urbane urbane:: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche con acque reflue industriali o meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomeramento. Come nella legge Merli, sono stati definiti dei valori massimi di concentrazioni tollerate, per una serie di parametri, indicati per mezzo di alcune tabelle. Ve ne sono diverse a seconda del tipo di corpo idrico ricettore, specificando inoltre la massima portata di inquinante tollerata. Per quanto riguarda le acque reflue ref lue urbane e domestiche, impianti di depurazione che servono meno di 2000 abitanti non sono vincolati da limiti per le concentrazioni massime. In questi casi è infatti sufficiente trattenere le acque a cque di scarico all’interno di alcune vasche, per diversi giorni, all’interno delle quali tramite sistemi naturali è possibile ottenere delle riduzioni sufficienti delle concentrazioni di inquinanti. Impianti di depurazione che servono più di 2000 abitanti devono rispettare invece i limiti dei parametri , COD e SST che sono riportati in tabella.
Tabella 1
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25 125 35 . . .
Si tratta di valori più restrittivi r estrittivi rispetto a quelli previsti dalla legge Merli. In particolare si è passati da concentrazioni di SST di 80 a 35 e ciò ha comportato conseguenze ingegneristiche evidenti. Altri parametri come il fosforo e l’azoto sono indicati in tabella 2. 2.
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Tabella 2 Abitanti equivalenti serviti serviti tra 10000 e 100000 abitanti
2 15 . . .
Abitanti equivalenti serviti superiori a 100000 abitanti
1 10 . . .
I limiti su e sono imposti solo per centri con più di 10000 abitanti che scaricano in corpi idrici sensibili, ovvero a rischio eutrofizzazione.
La legge Merli presentava dei valori di concentrazioni massime ammissibili dei composti dell’azoto, mentre nel D.Lgs. D.Lgs. n. 152/2006 sono presenti direttamente i valori massimi ammissibili di . Nella legge Merli sommando le concentrazioni massime di tutti i composti azotati si ottiene un massimo di pari a 35, mentre nella nuova normativa è di 15, pertanto è stata prevista una drastica riduzione anche in questo caso. Per quanto riguarda le acque industriali il D.Lgs. n. 152/2006 presenta le stesse condizioni imposte dalla legge Merli.
In sostituzione delle tabelle A e C si hanno rispettivamente la colonna 1 e la colonna 2 della tabella 3. Tranne per qualche piccola variazione, i valori indicati sono rimasti sostanzialmente gli stessi.
Rispetto alla legge Merli, però, nel D.Lgs. n. 152/2006 sono stati fissati anche altri vincoli legati alla massa totale di inquinante scaricabili nel corpo idrico ricettore. Tali vincoli sono indicati in tabella 3/A.
Prima del giugno 2003 lo scarico in corpo idrico rappresentava l’unica soluzione di smaltimento delle acque reflue. Successivamente, il D.M. (decreto ministeriale, in questo caso del ministero dell’ambiente) dell’ambiente) n. 185/2003 ha stabilito le condizioni per poter riciclare le acque reflue depurate domestiche, urbane e industriali. Il decreto definisce le modalità di realizzazione delle reti destinate alla ridistribuzione delle acque reflue depurate, nonché i criteri di controllo e monitoraggio del riutilizzo e degli impianti destinati alla depurazione delle stesse. Il regolamento recante norme tecniche percome il riutilizzo delle acque reflue in attuazione dell’art. 26 del D.Lgs. D .Lgs. n.le152/1999, stabilisce destinazioni d’uso ammissibile: ammissibile: - irriguo: per irrigare colture destinate tanto alle produzioni produzioni di be beni ni alim alimentari entari per il consumo umano ed animale, quanto per scopi diversi, quali colture energetiche e spazi verdi o destinati ad attività ricreative e sportive; - civile: per il lavag lavaggio gio delle strade, per alimentare la rete duale di add adduzione, uzione, per i circuiti di condizionamento degli ambienti, per riempire le cassette degli sciacquino in edifici ad uso pubblico; - industriale: per alime alimentare ntare la rete antincendio, come acqua di proc processo esso o di lavaggio, come fluido per i cicli termici, ad esclusione di tutti quegli usi mediante i quali l’acqua recuperata possa venire a contatto con tatto con alimenti. Per l’irrigazione è utilizzato util izzato il 70% dell’acqua approvvigionata nel mondo. Risulta chiaro quindi quanto sia importante la possibilità di recuperare l’acqua. l’acqua. Chiaramente, per l’acqua destinata al riciclo i parametri limite assumono valori valo ri ancora più restrittivi. Il per esempio deve essere di 20 mg/l e SST=10 mg/l.
VALORI LIMITE DELLE ACQUE REFLUE ALL’USCITA DELL’IMPIANTO DI RECUPERO
Parametri chimico fisici
Parametro
SAR Materiali grossolani Solidi sospesi totali
Fosforo totale Azoto totale Azono ammoniacale Conducibilità elettrica Alluminio Arsenico Bario Berillio Boro Cadmio
Unità di misura
Valore limite 6-9,5 10 Assenti 10 20 100 2 15 2 3000 1 0.02 10 0,1 1,0 0,005
Cobalto Cromo totale Cromo VI Ferro Manganese Mercurio Nichel Piombo Rame Selenio Stagno Tallio Vanadio Zinco Cianuri totali Solfuri Solfiti Solfati Cloro attivo Cloruri Fluoruri Grassi e oli animali/vegetali Oli minerali Nota 1 Fenoli totali Pentaclorofenolo Aldeidi totali Tetracloroetilene, tricloroetilene (somma delle concentrazioni dei parametri specifici) Solventi clorurati totali Trialometani (somma delle concentrazioni) Solventi organici
0,05 0,1 0,005 2 0,2 0,001 0,2 0,1 1 0,01 3 0,001 0,1 0,5 0,05 0,5 0,5 500 0,2 250 1,5 10 0,05 0,1 0,003 0,5 0,01
0,04 0,03
0,01
aromatici totali Benzene Benzo(a)pirene Solventi organici azotati totali Tensioattivi totali Pesticidi clorurati (ciascuno) Nota 2 Pesticidi fosforati (ciascuno) Altri pesticidi totali
Parametri microbiologici
Escherichia coli
100
Nota 3 Salmonella
0,001 0,00001 0,01 0,5 0,0001
0,0001 0,05 10 (80% dei campioni) 100 valore puntuale max Assente
Nota 1. Tale sostanza sostanza deve essere assente assente dalle acque refl reflue ue recuperate destinate destinate al riutilizzo, riutilizzo, secondo quanto previsto al p paragrafo aragrafo 2.1 dell’allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999 per 1999 per gli scarichi scarichi sul suolo. Tale pre prescrizione scrizione si intende rispettata rispettata quando la sostanza sostanza e` presente in concentrazioni n non on superiori ai limi limiti ti di rilevabilita` delle metodiche analitiche analitiche di riferimento, definite e aggior- nate con apposito decreto ministeriale, ai sensi del paragrafo 4 dell’allegato 5 del decreto legislativo n. 152 del 1999. 1999. Nelle more di tale definizione, si applicano i limiti di rilevabilita` riportati in tabella. Nota 2. Il valore di parametro parametro si riferi riferisce sce ad ogni singolo p pesticida. esticida. Nel caso di Aldrina, Aldrina, Dieldrina, Dieldrina, Eptacloro ed Eptacloro Eptacloro epossido, il valore param parametrico etrico e` pari a 0,030 mg/l. Nota 3. Per le acque acque reflue recuperate provenienti provenienti da lagun lagunaggio aggio o fitodepurazione fitodepurazione valgono i limiti limiti di 50 (80% dei campioni) campioni) e 200 UFC/100 ml (v (valore alore puntuale massimo).
Solo per N e P i valori sono più alti: 30 mg/l per N e 10 mg/l per P.
Trattamenti cui sono sottoposte le acque reflue Reti fognarie e portate variabili Negli impianti di potabilizzazione la portata evolvente è costante nell’arco di una giornata, è variabile solo su tempi lunghi. Negli impianti di depurazione delle acque reflue domestiche o urbane, invece, la portata è continuamente variabile. Un plausibile andamento della portata di acqua di scarico in funzione del tempo, nell’arco di un giorno, potrebbe essere ad esempio
In genere la curva è funzione del numero di abitanti serviti: maggiore è il numero di utenti più la curva assume un profilo “schiacciato”. “schiacciato”. Da queste considerazioni discende che non è possibile dimensionare un I.D. I .D. sulla base del valore della portata. Per schematizzare la situazione diamo una serie di definizioni. è il valore che avrebbe la portata se fosse costante ma La portata La portata media media nera nera tale che il volume complessivamente trattato nell’I nell’I.D. .D. nell’arco della giornata fosse pari a quello effettivo. In altre parole la portata media nera rappresenta la media integrale della portata istantanea in funzione del tempo su un intervallo di 24 h. è il parametro più importante nel dimensionamento. è il valore massimo che la portata assume nell’arco di La portata La portata di punta nera nera una giornata.
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Il rapporto
,, è detto coefficiente di punta. punta.
Il coefficiente di punta è maggiore o uguale a 1 e, in particolare, per quanto prima osservato nei piccoli centri urbani talvolta arriva anche a valere 3, o al massimo m assimo 4, mentre nei grandi centrifognari è prossimo a 1. essere misti o I sistemi possono o separati . Le reti miste sono le più diffuse, e raccolgono r accolgono sia le acque reflue delle abitazioni che l’acqua piovana. piovana.
In alternativa esistono reti separate, in cui vengono canalizzate separatamente le acque nere domestiche e le acque di origine meteorica. Nei periodi di secca le e le sono uguali sia nelle reti miste che s separate. eparate. Nei periodi di pioggia le portate in ingresso all’impianto all ’impianto crescono significativamente, di ben due ordini di grandezza. Nessun impianto ingegneristico riesce a elaborare una portata 100 volte maggiore rispetto a quella di progetto, tuttavia esiste una soluzione molto semplice al problema.
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Le acque meteoriche, infatti, comportando un notevole incremento di portata, e quindi di velocità, effettuando effettuando un’operazione di pulizia delle fogne. L’acqua che precipita inizialmente, venendo a contatto con il suolo sporco, trascina con sé i detriti del manto stradale o dei terreni. Queste acque, inquinate, sono dette acque di prima pioggia e pioggia e vanno sottoposte a depurazione. L’acqua che precipita successivamente, precipita successivamente, però, è sostanzialmente pulita e può essere scaricata nel corpo idrico tal quale. L’impianto di depurazione viene quindi progettato per elaborare una portata variabile tra 0 e , ossia la portata d’acqua che viene considerata di prima pioggia, mentre l’acqua che eccede tale quantità, quando presente, viene scaricata scaricata direttamente in corpo idrico. La separazione in due correnti viene realizzata mediante un’opera detta scaricatore di piena. piena. La struttura e la posizione dello scaricatore dipende dal centro abitato che serve e dalla disponibilità di un corpo idrico ricettore nelle vicinanze. In definitiva, quando si progetta un depuratore servito da fogne m miste, iste, vanno previste due situazioni: - periodo secco: la portata è v variabile ariabile in un intervallo da 0 a ; . - periodo piovoso: la portata è quasi sempre pari a Schematizzando
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Qualità delle acque reflue
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I parametri di qualità delle acque nere domestiche sono: - sostanze organiche; - solidi sospesi sedimentabili e non; - composti azotati; - composti fosfati. In particolare: -
sostanze organiche scaricate al giorno dal singolo singolo cittadino hanno un di circa 60 e un di circa 120; - l’apporto di solidi sospesi totali è 90 g al giorno per abitante, di cui 2/3 sono SSS e 1/3 SS non sedimentabili; (ione ammonio) al - l’apporto di azoto è (in forma ridotta) di 12 12-15 -15 g di giorno per abitante; - l’apporto di fosforo è di 2-3 2 -3 g di P al giorno per abitante. E’ possibile passare dai grammi ai valori delle singole concentrazioni in acqua: la portata d’acqua consumata al giorno per singolo abitante nel periodo secco si può conoscere facendo riferimento riferimento alla dotazione idrica. La dotazione è il volume d’acqua che ogni giorno ognuno di noi ha a disposizione, ed è di 250-300 l. Nelle fogne viene restituito l’80% della dotazione idrica, mentre si perde il 20%: si scaricano circa 200-250 l al giorno per abitante. Per passare alle concentrazioni basta dividere i dati precedenti per 225 l al giorno per abitante. Pertanto: - 0.4 g/l di SS SST, T, di cui 2/3 sono sono S SSS SS e 1/3 SS non s sedimentabili; edimentabili; - 0.04-0.07 g/l di (ione ammonio); - 0.009-0.013 g/l di P. Questi risultati sono validi nei periodi di secca. Quando piove nelle fogne miste le concentrazioni si riducono drasticamente, tuttavia si ha un incremento delle concentrazioni di metalli (soprattutto piombo), dovuto alle acque di prima pioggia. Tali specie, tuttavia, arrivate nella fogna, tendono ad essere adsorbite sui solidi sospesi, quindi è sufficiente eliminare i solidi sospesi.
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Ciclo di trattamento per le acque reflue Analizziamo il ciclo di trattamento delle acque reflue urbane, urbane, nell’ipotesi in cui in cui il sistema fognario sia separato.
In testa all’impianto si s i realizzano almeno due fasi di grigliatura. La prima è per i residui grossi, la seconda per i più fini. La fase successiva è la sedimentazione.
Se invece il sistema fognario è misto si prevede un’altra soluzione. soluzione.
Nelle fogne miste vi sono anche le acque meteoriche con solidi sospesi sedimentabili che hanno assorbito le particelle del manto stradale. Le acque sono quindi ricche di sostanze organiche e inorganiche. Il destino di tali solidi sarebbe quello di alimentare la linea dei fanghi, per garantire stabilità e palabilità. Le sostanze inorganiche sono però già stabili, inoltre presentano una capacità di assorbimento dell’acqua inferiore rispetto alle sos sostanze tanze organiche. Le sostanze inorganiche sono quindi palabili e stabili e non necessitano di essere inviate alla linea dei fanghi. Si hanno dunque due fasi di sedimentazione. La prima è il dissabbiamento dissabbiamento che che ha lo scopo di rimuovere le sostanze inorganiche (le particelle derivanti dal manto stradale sono dette sabbia ). Tali solidi vengono inviati insieme al grigliato direttamente allo smaltimento, sabbia). senza passare per la linea dei fanghi. Si ha poi la sedimentazione classica che serve a rimuovere le sostanze organiche che vanno inviate invece alla linea dei fanghi. Un’altra Un’a ltra differenza fondamentale tra le acque reflue provenienti da un sistema separato e da uno misto risiede chiaramente nella portata. Nella fogna separata, o nella mista durante il periodo secco, la portata varia da 0 a con che arriva a 3, massimo 4. La portata derivante da una fogna mista nei periodi di pioggia invece può arrivare anche a : si opera una separazione della fase liquida. Quando non piove, la corrente segue la linea base acqua. Quando Quan do piove, invece, l’acqua che eccede la portata di progetto viene deviata alla linea della pioggia che elabora quindi viene condotta nella linea li nea base , mentre la portata una portata pari a acqua.
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La ripartizione è effettuata per mezzo di pompe: poiché le fogne sono sotterrate mentre l’impianto è realizzato in superficie, si tratta di una stazione di sollevamento e viene posta a monte o a valle del dissabbiamento.
Quello a monte è il più usato. Nel caso della pompa a valle, infatti, il dissabbiatore va realizzato nel sottosuolo e ciò comporta costi maggiori. Osserviamo che anche lungo la linea della pioggia sono previste le fasi di dissabbiamento e sedimentazione.
Fase di dissabbiamento La fase di dissabbiamento nl ciclo di trattamento delle acque refl reflue ue è rappresentata con il simbolo
Le vasche legate a tale fase f ase sono dette dissabbiatori . L’obiettivo è quello di eliminare la parte inorganica e non quella organica. Esistono tre tipologie di dissabbiatori: - dissabbiatori a canale; canale; - dissabbiatori areati ; - dissabbiatori circolari (a (a vortice, tipo pista). I dissabbiatori a canale fino a circa 30 anni fa erano i più utilizzati. Oggi sono molto meno diffusi e si prediligono le altre due tipologie. La differenza è legata al livello li vello tecnologico della vasca. In quelli canale viene raggiunto raggiunto sfruttando sfruttando tramite solo forze naturali, come la gravità. Neglia altri duel’obiettivo casi si fornisce f ornisce en energia ergia dall’esterno tramite dall’esterno apparecchiature. Il dissabbiatore a canale è il meno costoso ma anche il meno efficiente.
Un ulteriore vantaggio delle vasche areate e circolari è dato dal fatto che queste sono più compatte rispetto a quelle a canale. Dissabbiatori a canale I dissabbiatori a canale sono appunto dei tratti di canale le cui dimensioni si allargano per poi restringersi nuovamente.
Analizziamo i fenomeni fisici grazie grazie ai quali è resa possibile la sedimentazione delle particelle solide inorganiche, e non quella delle organiche. I SSS sono soggetti sostanzialmente a due forze: la forza di gravità e quella di trascinamento del flusso. f lusso. Dato che le sostanze inorganiche hanno pesi specifici maggiori di quelle organiche, va realizzata una velocità del flusso della corrente idrica tale da sedimentare solo i solidi inorganici, e non quelli organici, e tale valore della velocità deve essere mantenuto costante. In genere si sceglie , e la vasca va dimensionata sulla base di tale parametro. Ciò non è banale in quanto la portata non è costante, quindi va regolata continuamente la quota del pelo libero (tirante idrico). Per realizzare un tale meccanismo, subito a valle del restringimento del canale si dispone un venturimetro (o tubo di venturi), che è un sistema in grado di misurare o regolare la portata che deflu defluisce isce all’interno di un tubo. Il venturimetro si compone di due rami: il primo convergente (effusore) e l'altro divergente
0.3 ⁄
(diffusore). La geometria del tratto ristretto realizzata in maniera tale che al suo interno la corrente idrica si trovi nelle condizioni di va minimo energetico, cui corrisponde un ben preciso valore di tirante idrico, detto appunto tirante di stato critico. criti co. Dunque in un canale siffatto la quota del pelo libero risulta ri sulta costante, così come come la portata d’acqua in uscita. uscita. Resa costante la portata a valle del dissabbiatore, all’interno dello stesso si realizzerà un accumulo d’acqua, positivo o negativo, con effetto la variazione della quota del pelo libero, tale da mantenere costante la velocità del flusso all’interno del canale. canale. Si può dimostrare che, qualunque sia il valore della portata, imponendo il vincolo della velocità costante la forma da assegnare al dissabbiatore è strettamente dipendente dalla forma del venturimetro. Se per esempio il venturimetro è realizzato r ealizzato in canale rettangolare, allora la forma da assegnare al dissabbiatore è quella parabolica. All’atto parabolica. All’atto pratico la pratico la forma di parabola si approssima con una spezzata. Per i piccoli dissabbiatori è sufficiente una forma prossima a quella di un trapezio. Dissabbiatori areati Nei dissabbiatori areati si prevede l’immissione l ’immissione di una corrente gassosa, generalmente aria. Hanno una forma molto m olto simile a quella delle vasche di sedimentazione
a flusso orizzontale orizzontale longitudinale: la pianta è rettangolare, r ettangolare, l’ingresso della corrente idrica è una delle due basi corte e l’uscita è dal lato corto opposto, quindi quindi l’acqua l’acqua attraversa attraversa la vasca longitudinalmente. longitudinalmente. L’insufflazione d’aria viene effettuata viene effettuata sul fondo della vasca, in uno dei due lati lunghi, in direzione parallela al fondo. L’aria tende a risalire e trascina l’acqua, il che comporta un moto circolare. Il moto della corrente idrica è invece quello risultante da questo moto circolare e da quello longitudinale, quindi complessivamente è un moto elicoidale.
La sabbia e in generale i SSS tendono anch’essi a seguire una traiettoria t raiettoria elicoidale. Le particelle che hanno più inerzia (sostanze inorganiche), però, tendono a staccarsi e andare a sbattere contro il muro e quindi a sedimentare, mentre le particelle più leggere (sostanze organiche) continuano a seguire questo moto. In questo modo si separano le particelle inorganiche da quelle organiche, più leggere. l eggere. Il processo è legato quindi all’insufflazione all’insufflazione d’aria, pertanto pertanto va regolata la sola portata d’aria. Per eliminare la sabbia sul fondo si utilizza un carroponte a va e vieni, accumulando il fango sulla tramoggia. tr amoggia.
La corrente viene in questo modo areata, cioè si arricchisce di ossigeno, e ciò risulterà utile durante la fase biologica. Dissabbiatori circolari I dissabbiatori circolari sono usati solo nei piccoli impianti, cioè quando il numero di abitanti da servire è di qualche migliaio (6000-7000 abitanti). Il dissabbiatore circolare ha una geometria simile a quella delle vasche di sedimentazione a flusso verticale, e si
realizza tangenzialmente al canale che porta l’acqua; la corrente è corrente è costretta ad entrare nel dissabbiatore, sedimenta la sabbia, poi l’acqua torna nel canale. canale.
La corrente idrica segue un per corso corso circolare, in più c’è un’elica che rafforza tale movimento. Regolando la velocità delle pale dell’elica si fa in modo che le particelle pa rticelle più pesanti sbattano contro le pareti e sedimentino, mentre quelle più leggere rimangano nel flusso. Quando il diametro della vasca supera un certo valore si perde questo effetto, motivo per il quale il dissabbiatore circolare può essere istallato solo su piccoli impianti. Sia per i dissabbiatori areati che per quelli circolari esistono diverse configurazioni brevettate in funzione della portata nera, di cui sono tabellate tutte le caratteristiche cara tteristiche geometriche.
Fase di sedimentazione Si utilizzano le stesse vasche viste per gli IP, cambiano solo i parametri di dimensionamento. I solidi organici negli ID hanno un peso specifico inferiore rispetto agli inerti che si ritrovano negli IP, quindi il carico idraulico (velocità di sedimentazione) è più
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1.1.2 1.5 ℎ
. La , con basso, e si rendono necessarie superfici maggiori: fase di sedimentazione nella linea acqua in tale posizione è la fase f ase di sedimentazione primaria, poiché se ne rendono necessarie altre nell’impianto. n ell’impianto.
Fase biologica Dopo il dissabbiamento e la fase di sedimentazione in acqua sono presenti i colloidi e i solidi disciolti. Si pone una fase biologica in quanto tutti i colloidi e disciolti sono biodegradabili (cosa non vera per gli IP, dove si usa la chiariflocculazione), che siano essi organici o inorganici. E’ il più conveniente metodo di eliminazione dei SSC e dei SD biodegradabili. Per le sostanze organiche il processo biologico consiste in una serie di reazioni chimiche che avvengono grazie all’azione catalitica di microrganismi (reazioni biochimiche). Queste reazioni, globalmente, sono del tipo
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In presenza di microrganismi, cioè, una sostanza organica biodegradabile si trasforma in una nuova sostanza organica con formazione di anidride carbonica e acqua. La quantità di ossigeno presente non sempre è sufficiente ad ossidare tutti i prodotti, pertanto in questi casi si ha formazione di metano. Questo tipo di reazione è detta anaerobica anaerobica.. L’ossigeno cui i microrganismi possono attingere attin gere non è quello in fase gas ma quello disciolto in acqua, pertanto se si effettua una insufflazione di , in maniera da garantire . La l’ossigeno necessario, tutte le specie vengono ossidate ossi date e non si ha formazione di reazione in questo caso si dice aerobica aerobica ed ed è del tipo
. I processi biologici avvengono comunque in entrambi i casi.
Sembrerebbe che il processo aerobico sia più svantaggioso in quanto necessita dell’insufflazione del l’insufflazione d’aria, inoltr e non prevede la formazione di metano, il quale potrebbe essere recuperato e sfruttato come combustibile per produrre energia. In realtà il processo viene realizzato in condizioni aerobiche in quanto molto più veloce, quindi le vasche richiedono dimensioni inferiori perché inferiori sono i tempi di detenzione. Se si conducesse la reazione in condizioni anaerobiche, inoltre, rimarrebbero dei composti organici non al massimo stato di ossidazione, che rappresenterebbero ancora un inquinante. Il processo aerobico invece è più completo, con residui piccoli di BOD5 che rientrano nei valori di norma. Si prevede un processo anaerobico nel caso di scarichi industriali molto ricchi di sostanze organiche (macelli, industrie agroalimentari, ecc.) con valori del BOD5 elevatissimi. Una
volta abbassato il con un processo anaerobico a costo zero, ma non avendo raggiunto ancora i valori a norma, si procede con una fase di affinamento aerobica. Negli scarichi reflui urbani si usa sempre la fase aerobica. Subito a valle della fase biologica, avendo introdotto microrganismi che si sono a loro volta riprodotti, il presenta valori addirittura superiori, molto più alti rispetto a quelli in ingresso alla fase. Tuttavia, i microrganismi non vivono in maniera isolata ma tendono a formare agglomerati di dimensioni dell’ordine dei mm, a volte dei cm. Il peso specifico di questi agglomerati è superiore a quello dell’acqua, per cui tendono a sedimentare: sono dei SSS. A valle della fase biologica pertanto è prevista pr evista una seconda sedimentazione, detta sedimentazione secondaria, per rimuovere questi agglomerati. Il fango derivante da questa seconda fase di sedimentazione, detto fango secondario, non è né stabile né palabile.
Vasche la diverse fase biologica Viper sono tipologie di vasche per la fase biologica, che però si possono suddividere in due categorie: sistemi a colture adese e adese e sistemi a colture sospese (o sistemi a fanghi attivi).
La prima tipologia di vasche adottata è stata quella delle colture adese, successivamente soppiantate dalle seconde. Da circa una ventina d’anni, tuttavia, le prime sono state rivalutate. La distinzione riguarda la forma dell’agglomerato microbico che si si realizza realizza nel processo di biodegradazione. Nel caso del sistema a colture adese la vasca dove si sviluppano i processi biologici, oltre ad essere piena d’acqua, viene riempita da tutta una serie di materiali inerti. I microrganismi coinvolti nelle reazioni non seguono il percorso dell’acqua perché tendono t endono a rimanere adesi sulle superfici degli inerti. Con il decorso delle reazioni biologiche si formano nuovi microrganismi che si aggregano ai precedenti, dunque pian piano la pellicola biologica (biofilm) si inspessisce, fin quando non iniziano a staccarsi delle parti di essa. Nel caso dei sistemi a colture sospese non vi sono mezzi di supporto inerte e i microrganismi seguono seguono il percorso dell’acqua. Le reazioni biologiche danno vita a dei dei fiocchi di fango attivo composti di agglomerati microbici. A parità di volume della vasca un sistema sistema a colture adese è in grado di ospitare un numero maggiore di microorganismi, poiché in quelle sospese questi abbandonano continuamente la vasca con l’acqua. La quantità di microrganismi è una grandezza fondamentale per la velocità di reazione del processo e, quindi, per il dimensionamento. Sembrerebbe che le colture adese siano più efficienti, in realtà nelle sospese si può effettuare un’operazione di riciclo dei microrganismi mi crorganismi dal fango della sedimentazione secondaria mediante una pompa: contrariamente al caso della chiariflocculazione tali riciclo è fattibile perché i microrga microrganismi, nismi, anche se si rompono i fiocchi in cui si sono agglomerati, essendo organismi viventi, tenderanno a riagglomerarsi dopo il passaggio nella macchina. Ovviamente il fango secondario viene prodotto anche in presenza di riciclo, perché deve essere presente uno spurgo, altrimenti alt rimenti si avrebbe un accumulo infinito. Il riciclo totale si realizza solo nel transitorio iniziale, dove si dice che l’impianto lavora a scartamento ridotto, ma dopo circa 2 o 3 mesi il processo va a regime. A valle delle colture sospese e la sedimentazione sedimentazione secondaria secondaria è prevista la filtrazione, mentre se si utilizzano le colture adese ciò è superfluo, in quanto i pezzi di biofilm sedimentano meglio dei fiocchi di fango attivo. In definitiva colture sospese e adese hanno prestazioni comparabili. Sistemi per vasche a colture sospese
Tra i sistemi a colture sospese i più diffusi sono: i sistemi a insufflazione di e i sistemi ad areazione meccanica. meccanica. La geometria geometria è legata al sistema di alimentazione dell’ossigeno. dell’ossigeno. I sistemi a insufflazione di si usano nei piccoli impianti. Consistono in delle vasche munite di un sistema di insufflazione di ossigeno, che consta di tre parti: - una soffiante o compressore che energizza l’aria; l’aria; - una tubazione che trasporta l’aria compressa; compressa; - un diffusore che consente la distribuzione omogenea dell’aria nell’acqua. nell’acqua.
Con il migliore dei diffusori si solubilizza solo il 25% di ossigeno, senza diffusore però tale valore precipita al 2-3%. Nelle vasche biologiche non devono sedimentare i microrganismi, altrimenti non vengono a contatto con le sostanze organiche da rimuovere. Con l’insufflazione si impedisce la sedimentazione. Se si dispongono i diffusori lateralmente, si è soggetti al vincolo delle dimensioni della vasca. La sezione (quella corrispondente alla rappresentazione in figura) deve essere quadrata (a=b), con lato di massimo 5-6 m. Però per la manutenzione è sufficiente far emergere il braccio senza dover svuotare la vasca.
Se invece si dispongono i diffusori sul fondo non si hanno vincoli sulle dimensioni di superficie e si ottiene una maggiore omogeneità di insufflazione, tuttavia la manutenzione è più complessa: si rende necessario lo svuotamento della vasca. Oltre che per la posizione, i diffusori si distinguono di stinguono anche per la grandezza grandezza delle bolle che producono. Si definiscono: - bolle grosse: quelle con diametro ; - bolle medie: quelle con diametro ; - bolle fini: quelle con diametro .
> 8 3 < < 8 < 3
Quanto più sono piccole di le cui bolle più la sono elevate le perdite carico, ma anche percentuale di ossigeno si tanto assicura solubilizzazione, che di varia dal 7-8% per lela bolle più grandi al 25% per le bolle più fini. f ini. In genere si preferisce la soluzione delle bolle fini.
I sistemi ad areazione meccanica sono noti come c ome turbine, e consistono in una successione di pale che spostando spostando l’acqua creano l’acqua creano una una bolla d’aria che, nella pala successiva, viene distrutta con formazione di bollicine che vengono trasporta trasportate te dall’acqua. Per evitare che il moto dell’acqua diventi solidale con il moto della turbina, turbina, si realizzano delle vasche in pianta quadrata anziché circolare, anche perché le vasche circolari sono difficili da realizzare. Talvolta si progettano vasche con pianta rettangolare, con uno dei lati pari al doppio dell’altro, dell’altro, ed installando due turbine.
E’ importante anche l’altezza della l’altezza della vasca, poiché se troppo alta il fondo non risente dell’azione della turbina. Si impone che l’altezza sia 1.2-1.3 1.2-1.3 volte la lunghezza, quindi . Fino a qualche anno fa esistevano dispositivi di areazione meccanica ad assi orizzontali, chiamati sistemi mammut, ma oggi non sono più usati.
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Tra i sistemi a insufflazione di ossigeno e ad areazione meccanica, i secondi risultano più vantaggiosi in termini di manutenzione, m anutenzione, infatti la turbina può essere emersa senza che si renda necessario lo svuotamento della vasca. I sistemi a insufflazione, tuttavia, presentano una maggiore elasticità di funzionamento, nel senso che è possibile modificare maggiormente le condizioni operative regolando il compressore. Un ulteriore vantaggio legato ai sistemi ad insufflazione di è legato al fatto che l’aria compressa, e quindi calda, aumenta la temperatura t emperatura dell’acqua nella vasca, il che ch e favorisce il decorso dei processi biologici. Questo effetto può risultare tanto più importante quanto più è fredda la zona in cui l’impianto è collocato, mitigando la T esterna alla quale il processo sarebbe potuto risultare eccessivamente lento. Quando si dimensiona una vasca a fanghi attivi att ivi bisogna individuare quali sono i parametri da cui dipende il problema.
In questo caso i dati da cui partire sono: -
portata massica di sostanze organiche biodegradabili
̇ , ⋅ [ ⋅
]: prodotto tra la portata volumetrica dell’acqua e la
concentrazione di sostanze organiche; Quindi bisogna fissare dei parametri di dimensionamento: -
0.3 −
velocità di az azione ione d dei ei microrg microrganismi: anismi: viene costante per semplicità, la si indica con il simbolo ed è detta fattore di considerata carico organico; organico ; tipicamente vale
[ ⋅ ]).
(a rigore l’unità di misura è è
̇ ̇ ⋅ ⋅ ]. Per passare dalla si determina come [ massa di microorganismi al volume della vasca va fissata la concentrazione dei solidi da biodegradare . E’ possibile possibile regolare la concentrazione poiché è presente il ricircolo. Stabilendo il rapporto di riciclo si fissa la concentrazione che si vuole ottenere. , per cui fissata la nell’intervallo 3 5 In generale il valore di viene fissato nell’intervallo concentrazione si ottiene ⋅ . Se venisse scelto un valore di troppo grande, il volume della vasca della fase attiva Per dimensionare la vasca quindi va determinata la massa di microorganismi necessaria a degradare , ossia la massa di sostanza organica che arriva nella vasca, e
diminuirebbe, ma la velocità di di sedimentazione dei solidi diminuirebbe anch’essa anch’essa via via via che la concentrazione di solidi sale. Di conseguenza andrebbero realizzate vasche di sedimentazione più grandi e ciò risulterebbe in definitiva sconventiente. Lo scopo è quello di minimizzare il volume effettivo e si è dimostrato che i valori ottimali si ottengono per valori della concentrazione di solidi suddetti. E’ necessario conoscere, oltre a e , anche l’ossigeno da fornire. La quantità da fornire è quella stechiometrica alla reazione r eazione di biodegradazione (formula standard microrganismi ) e dipende da : dovendo degradare , maggiore è il valore di maggiore risulterà essere la concentrazione di necessaria. Tipicamente il calcolo dell’ossigeno
viene effettuato tramite un parametro empirico: 1.6 1.7 . è la massa di ossigeno da fornire per unità di massa organica da biodegradare. Moltiplicando 1.6 per ̇ si si ottiene quindi la portata massica di ossigeno da erogare. Va tenuto presente però che non tutto l’ va in soluzione: il rendimento di solubilizzazione
dipende dalle caratteristiche del diffusore, le dimensioni delle bolle, la profondità alla quale vengono collocati i diffusori nella vasca, dalle dimensioni della vasca, ecc. Nel caso di bolle fini la solubilizzazione è pari a 0.25, inoltre bisogna considerare che si eroga aria e non ossigeno puro, puro, quindi bisogna tener conto anche dell’azoto, e in definitiva il fattore
0.21⋅0.25
. effettivo risulta essere Allo stesso modo si ragiona quando quando si vuole valutare la quantità quantità di fango attivo prodotto. I microrganismi presenti nella vasca consumano organico e ossigeno, dando vita ad altri microrganismi che finiscono nel fango. Per 1 Kg di organico degradato si producono 0.9-1 Kg di fango, fissato il rapporto tra la massa m assa in Kg di organico valutata in termini di e
. la massa di fango prodotto valutata in termini di SST, si ha 0.9 1 Sistemi per vasche a colture adese I sistemi più importanti utilizzati per le vasche a colture adese sono
- letto percolatore; percolatore; - biodischi . Il letto percolatore è il primo prim o sistema ideato per le colture adese, e consiste in una una vasca cilindrica in calcestruzzo che funge da contenitore al materiale inerte, ossia pietrisco delle dimensioni di 6-8 cm. Al di sopra del letto vi è un sistema di tubi disposti a raggiera in cui fluisce la corrente idrica, che viene cosparsa in maniera uniforme. Il sistema di distribuzione del liquame ruota grazie non a un motore elettrico ma alla pressione dell’acqua: i tubi, tubi, infatti, sono forati solo da un lato e si viene a creare una coppia che mette in moto il sistema. L’acqua non filtra ma percola, ossia si muove lungo i pori del pietrisco, in questo modo nel corso delle reazioni biologiche i microrganismi sviluppati aderiscono al pietrisco e formano un biofilm. Per assicurare l’ossigeno l’ossigeno non non si usano turbine, le quali romperebbero il pietrisco in un diffusore, ma si fa in modo che il letto percolatore non sia completamente ricoperto (inibito) d’acqua, cioè la sua porosità dev’essere colmata colmata dall dall’aria ’aria.. L’aria L’aria entra dalla superficie superiore del letto a contatto con l’atmosfera, e da quella inferiore, poiché il fondo del letto è dotato di un’apertura. Il verso del flusso d’aria sul fondo del letto dipende dalla differenza di densità che si viene a creare e quindi dalla differenza di temperatura tra ingresso e , poiché la temperatura uscita del letto percolatore. Ad esempio in inverno dell’acqua che arriva all’impianto all’impia nto è generalmente maggiore di quella esterna. Inoltre le reazioni biologiche sono esotermiche e il letto tende ad assorbirne il calore. In queste condizioni, poiché la densità è inversamente proporzionale alla temperatura, si ha . Quindi vi è flusso d’aria d’aria dal basso verso l’alto, cioè dalla zona più densa a quella meno densa. Ciò vale solo se negli interstizi c’è l’aria, il che che limita la portata d’acqua che si può immettere nella vasca, e rappresenta uno svantaggio. Altro svantaggio è che mentre in un sistema a colture sospese si hanno perdite di imbocco e sbocco, quindi molto piccole, in un sistema a colture adese le perdite energetiche sono proporzionali all’altezza del letto, quindi va spesa più energia per garantire una certa quota dell’acqua. Il vantaggio vantagg io chiaramente è quello di avere ossigeno infinito a costo zero, senza che si renda necessaria l’installazione di apparecchiature apparecchiature per la sua immissione forzata. E’ indispensabile però che l’acqua non ricopra tutti gli interstizi, impedendo la reazione aerobica, cioè non deve avvenire la filtrazione con , ma la percolazione con , in modo che i pori siano sia no riempiti d’aria. d’aria. Mano a mano che le reazioni biologiche avanzano, la patina gelatinosa va inspessendosi e la porosità porosità si riduce, quindi la velocità dell’acqua aumenta, il biofilm risulta sottoposto a sforzi di taglio (dovuti al passaggio dell’acqua) sempre maggiori, fin quando in parte si stacca. Le sostanze organiche da degradare sono nell’acqua, mentre i microrganismi microrganismi che le devono consumare si trovano nel biofilm; inoltre i microrganismi più interni si alimentano con più difficoltà perché dispongono di meno ossigeno di quelli più esterni, quindi secernono gas che favoriscono il distacco dei pezzi di biofilm. Nel caso dei sistemi a colture adese si raccolgono acqua e pezzetti di pellicola sul fondo della vasca. Dopo la percolazione bisogna far avvenire la sedimentazione. Nel caso delle colture adese non ha senso riciclare il fango, perché i pezzi di pellicola riciclati così come rientrano nella vasca così ne escono. Il dimensionamento dei letti percolati per colati avviene fissando un parametro detto fattore di carico volumetrico volumetrico , definito come rapporto tra la portata massica delle sostanze organiche biodegradabili e il volume del letto percolatore, proporzionale alla massa di
>
<
≠
̇ . Il fattore di carico volumetrico è direttamente proporzionale ma alla temperatura ] in genere si considera costante e pari a [ ⋅ 0.0.2 0.3 ⋅ . rappresenta quindi la massa di sostanza organica che microrganismi, quindi
viene degradata per unità di volume e di tempo, ossia è una velocità di riduzione della concentrazione di sostanze organiche. organiche. Si fissa 0.2 nei periodi più rigidi e 0.3 nei periodi
e ̇ è è possibile risalire al volume del letto, come ̇ [ ⋅ ⋅ ]. L’altezza è fissata a 3 4 , poiché se fosse minore di 3 si avrebbe una superficie di
più caldi. Noti
base troppo grande, mentre se fosse maggiore di 4 il letto l etto sarebbe troppo alto e l’aria potrebbe non raggiungere le zone più lontane a quelle di ingresso. Infine noti e è possibile ricavare il diametro della superficie di base del cilindro,
banalmente, come
4 15 20 √ 4 20.
Oggi i letti percolati sono poco utilizzati e vengono realizzati con inerti plastici p lastici di superficie specifica maggiore, che permettono di risparmiare volume della struttura. I biodischi sono apparecchiature elettromeccaniche prefabbricate. Un biodisco è una vasca a pianta rettangolare in cui si introduce un asse orizzontale messo in rotazione da un motore elettrico, sul quale sono calettati più dischi (solitamente in polietilene) parzialmente immersi in acqua. Su questi dischi, che ruotano solidalmente all’asse, all’asse, aderiscono i microrganismi che si sviluppano dalle reazioni biologiche. Anche in questo caso si ha un’areazione un’areazione naturale, dal momento che il disco è alternativamente immerso ed emerso, e si ha il distacco continuo di una parte del biofilm. Successivamente c’è c ’è la sedimentazione dei pezzi di pellicola.
Il vantaggio dei biodischi è che l’areazione è naturale. Lo svantaggio risiede invece nel dispendio di una gran quantità di energia elettrica per la rotazione dei dischi, mentre se ne richiede poca per fronteggiare le perdite di carico, che sono solo di imbocco e sbocco e pertanto di piccola entità. Per quanto riguarda il dimensionamento: -
1 2 ̇ ⋅ ], il cui valore è fornito dalle superficie del disco, pertanto [
la velocità a cui girano i dischi è di ; si introduce il fattore di carico superficiale superficiale , definito come il rapporto tra la portata e la massica di sostanze organiche da degradare espresso in termini di
case produttrici dei biodischi. La suddetta superficie è in realtà la proiezione su un piano della reale superficie del disco che risulta ondulata. Il diametro appartiene al range . La distanza tra due dischi consecutivi è di .
50 < < 3.5 1 2 ̇ - La superficie dei dischi si ottiene come . Il ciclo di trattamento di un ID con letti percolatori obiodischi non prevede quasi mai dei fiocchi di fango una fase di filtrazione, in quanto il biofilm sedimenta meglio f ango attivo. -
La linea fanghi La linea dei fanghi ha l’obiettivo di rendere stabile e palabile il fango prodotto nella depurazione. Quest’ultimo è dato dalla somma del fango primario, ossia proveniente dalla sedimentazione primaria, e del fango secondario, proveniente dalla sedimentazione sedimenta zione secondaria, pertanto e . Nel fango primario vi sono una frazione solida (o secca) e una liquida: la frazione secca è costituita dai SSS organici presenti nella corrente idrica di ingresso all’ID, la frazione liquida è acqua. Ogni persona scarica 90 g al giorno per abitante di SST, di cui 2/3 sono SSS, 1/3 sono colloidi. Quindi la portata massica secca giornaliera in ingresso si ottiene moltiplicando la portata massica giornaliera di SSS per abitante pari a 60g al giorno per abitante (cioè 2/3 dei 90) per il numero di abitanti. L’umidità del fango primario , definita come la percentuale (in volume) di acqua nel fango, è circa pari al 97%. La portata volumetrica di fango primario giornaliera si determina come
̇ ̇ ̇
̇
̇ − ⋅ − ⋅ , dove è la frazione in massa di SSS nei fanghi e è ladensità del fango, assunta pari a quella dell’acqua. dell’acqua.
Il fango secondario ha come frazione liquida sempre l’acqua, mentre quella secca è costituita dai microorganismi formatisi dalle sostanze organiche durante la fase biologica; la frazione secca è direttamente proporzionale quindi alla quantità di sostanze organiche
0.0.9 1 , definito come il rapporto tra la massa di organico valutata in termini di e la massa di microrganismi sviluppati in termini di SSS. E’ possibile calcolare la portata massica secca giornaliera ̇ costruita dai microrganismi sviluppati nella fase. Inoltre è nota l’umidità del fango secondario che si assume pari al 99-99.2%. Quindi per avere la portata volumetrica si possono usare due metodi: ̇ ⋅ − ⋅ oppure ⋅ ̇ [ ⋅ ⋅ ]. Solitamente si ha < e > . L’umidità del fango totale in degradate. Bisogna considerare l’indice di produzione dei f ango ango
ingresso (somma del fango primario e del fango secondario) è assunta pari al 98%. Inspessimento Il primo problema di cui ci si occupa è quello della palabilità, poiché questa è ottenibile tramite operazioni più semplici rispetto alla stabilità.
La prima fase è detta detta di inspessimento, con l’obiettivo di allontanare dal fango una parte dell’acqua che lo compone, cioè di ridurre l’umidità. Questa fase viene effettuata a monte della linea fanghi poiché, chiaramente, più acqua va trasportata e più le singole fasi risultano costose, pertanto è conveniente ridurre la portata quanto prima. Si cerca di eliminare una parte d’acqua senza intervenire nella fase secca. Il prodotto principale è lla a frazione secca, meno umida, e come prodotto di scarto vi è l’acqua eliminata. eliminata. L’inspessimento L’in spessimento consiste in un processo di sedimentazione. La portata di fango è di due
24 48 ℎ
ordini di grandezza più piccola rispetto alla portata della linea acqua (portata media nera) per cui è possibile prolungare i tempi di detenzione, che risultano di circa .
Vi sono tre frazioni d’acqua d’acqua che accompagnano la parte secca: - acqua interpartice i nterparticellare llare,, ossia l’acqua che occupa gli spazi compresi tra una -
particella di solido ,el’acqua l’altra; immediatamente circostante le particelle, legata ad esse l’altra; acqua interstiziale, interstiziale da forze chimiche e fisiche (detta anche acqua legata); acqua particellare, particellare, l’acqua interna ai solidi, che prende parte alla a lla struttura.
In ordine di difficoltà di eliminazione decrescente si ha chiaramente l’acqua particellare, quindi l’interstiziale e infine l’interparticellare. l’interparticellare. La interparticellare è la più abbondante, costituisce il 70% e si elimina rompendo ro mpendo gli agglomerati di fango. Nell’inspessimento si elimina proprio questa frazione, pertanto in questa fase viene rotto il fango. L’ inspessimento inspessimento si realizza in una piccola vasca di pianta circolare.
-
1. deflettore centrale dove arriva il fango; 2. carropont carroponte e che raccoglie il fango sedimentato e rompe i fiocchi p per er mezz mezzo o di aste rotanti; - 3. punto in cui l’acqua stramazza dopo aver sedimentato la parte secca tornando in testa all’impianto nel pozzetto della stazione di sollevamento sollevamento;; - 4. punto di raccolta fango che contiene la linea fanghi. Per il dimensionamento si calcola il volume della vasca fissando il tempo di detenzione, otteniamo il volume. variabile tra le . Nota la portata di fango totale
24 32 ℎ
2 è , lungo la linea fanghi la portata passata da un’umidità del 98% 98 % al 96%, con frazione di secco del 4% (infatti (infatt i 100 −.⋅ 1 1 00.9 .966). La palabilità viene raggiunta con un’umidità .⋅ .⋅ Una volta rimossa l’acqua e dimezzata la dimezzata la portata
dell’80% dell’80 %, pertanto l’obiettivo non è stato raggiunto mediante questa prima fase.
Digestione L’eliminazione della restante umidità in eccesso, dovuta all’acqua interstiziale all’acqua interstiziale e particellare, viene realizzata perseguendo la stabilità, in quanto la capacità di ritenzione idrica di una sostanza stabile è inferiore a quella di una sostanza non stabile. Nelle fasi successive all’inspessimento si rendono necessari processi che richiedono energia per la rottura dei legami. In particolare si possono realizzare: - processi chimici, non utilizzati però nella pratica;
- processi biologici, i più diffusi. Si realizzano processi biologici in condizioni anaerobiche, infatti la portata
è molto
più piccola della portata della linea acqua e le volumetrie sono più realizzabili, ciò nonostante le vasche sono le più grandi dell’impianto. dell’impianto. Si scelgono le condizioni da rispettare. Il fango, anaerobiche in quanto in questo caso non vi sono limiti di infatti, deve risultare solo stabile, ma non deve ossidare necessariamente tutta la sostanza organica. E’ pertanto possibile risparmiare sull’areazione e recuperare metano, recuperare metano, utile come combustibile. La fase che realizza il processo è detta digestione (anaerobica), che viene indicata con il simbolo
La forma della vasca per la digestione non è rilevante, tuttavia la più usuale è
Il processo di digestione è sensibile alla temperatura: le reazioni sono più veloci al crescere di T. Si lavora ad una , all’ all’esterno esterno di tale range di valori i microrganismi infatti non possono sopravvivere. La vasca va quindi riscaldata, e ciò è reso possibile grazie alle portate più piccole e alla presenza del metano prodotto dalle reazioni anaerobiche. In base alla temperatura di esercizio si distinguono tre categorie di digestori: - digestori psicrofili , ; - digestori mesofili , , i più diffusi; - digestori termofili , , convenienti per la velocità di reazione, e quindi le dimensioni delle vasche, sconvenienti dal punto di vista energetico, in quanto non si produce metano a sufficienza per arrivare a tali temperature. Quando gli impianti sono piccoli non è previsto il riscaldamento mediante il biogas prodotto, in ogni caso è obbligatorio che questo venga bruciato in una torcia. La torcia è prevista comunque in tutti gli impianti, utile in caso di guasti, per bruciare il metano che continua a formarsi. Per il dimensionamento si fissa il fattore di carico volumetrico , cioè la massa di
45 < < 60°
10 < < 15° 30 < < 35° 50 < < 55°
fango alimentato per unità di volume e di tempo. Le tre tipologie di digestori hanno tre : diversi valori di
-
psicrofili, 0.51 ⋅;
mesofili, 2 ⋅ ; ⋅. - termofili, 33.5 I valori di risultano più alti al crescere della temperatura di esercizio poiché, -
chiaramente, si hanno reazioni più veloci e si possono alimentare portate maggiori di fango.
⋅ . A valle della fase di digestione il fango è stabile, e risulta avere avere la stessa portata in uscita dall’inspessimento, pari a , ma umidità maggiore, poiché una parte del secco è stata trasformata in gas dalla reazione anaerobica, che ricordiamo essere, globalmente, Il volume di un digestore si determina quindi come
Disidratazione Ci si è allontanati dalla palabilità, ma si è ottenuto un fango più disposto a separarsi dall’acqua,, ossia con una percentuale maggiore di acqua interparticellare piuttosto che dall’acqua interstiziale ed particellare. Un fango siffatto viene quindi sottoposto alla fase di disidratazione per mezzo della quale si può raggiungere l’umidità l’umidità di almeno l’l’80%. 80%. Il prodotto principale della disidratazione è fango palabile e stabile, il prodotto di scarto è l’acqua che, che, insieme a quella uscente dall’inspessito dall’inspessitore, re, viene riciclata alla linea acqua. Per realizzare la disidratazione esistono tre metodi: - trattamento termico: termico: consiste in un essiccamento o incenerimento. Nell’essiccamento si riscalda il fango fino ad una temperatura di 100°C, l’acqua evapora e l’umidità l’umidità arriva al 10%. Nell’incenerimento Nel l’incenerimento si arriva a 600-800°C, 600-800°C, temperature alle quali l’acqua l’acqua evapora evapora completamente, bruciando anche una parte del secco, in particolare la parte organica che brucia a 650-700°C. Il trattamento termico è poco diffuso in quanto risulta eccessivamente costoso; - disidratazione naturale: naturale: è il sistema più antico, ma oggi è in disuso. Il sistema consiste nella realizzazione di piccole vasche, dette letti di essiccamento, con il fondo ricoperto di ghiaia, sulla quale si fa scorrere il f ango. ango. L’acqua, L’acqua, passando attraverso la ghiaia, evapora al sole.
Il tempo di detenzione dipende dalle condizioni climatiche. Nelle nostre zone in media il fango va esposto al sole per circa due mesi. Il fango essiccando poi viene palato da un operaio e portato via.
disidratazione meccanica disidratazione meccanica:: è il sistema più diffuso ad oggi; esistono due tipologie di disidratazione meccanica: la centrifugazione centrifugazione,, realizzata per mezzo di centrifughe, e la filtrazione filtrazione,, realizzabile con filtri a vuoto, filtri f iltri a nastro o filtri a pressa. Quando si attua la disidratazione meccanica spesso si prevede una fase aggiuntiva tra la digestione e la disidratazione, detta condizionamento del fango. In tale fase si favorisce l’agglomerazione di più particelle di secco per ottenere una migliore migliore prestazione della disidratazione meccanica. -
La centrifuga è un’apparecchiatura ad asse orizzontale che gira ad una velocità di un migliaio di giri al minuto: dato che secco e acqua hanno peso specifico diverso, subiscono diverso condizionamento dalla centrifugazione, quindi acqua e secco si separano. Il secco si raccoglie sulle pareti della centrifuga, l’acqua resta nel centro. nel centro. Sono le apparecchiature più economiche per la disidratazione meccanica, quindi anche le più inefficaci: l’umidità ottenuta ottenuta è appena inferiore all’80%. all’80%. L’efficienza della disidratazione è importante poiché tanta più acqua è presente nel fango tanto più costoso risulta il suo trasporto, da realizzare per lo smaltimento. Il principio alla base della filtrazione è il i l pressaggio del fango su di una tela, in modalità differenti in base al sistema scelto, così che l’acqua passi attraverso la tela abbandonando la frazione secca. La filtrazione a vuoto era maggiormente diffusa in passato, mentre oggi sta cadendo in disuso poiché dispendiosa in termini energetici. Nella vasca, in cui è alimentato il fango, ruota un tamburo con filtro permeabile all’acqua. All’interno del tamburo viene aspirata aspirata l’aria e si crea un vuoto: la vasca è a a pressione pressione atmosferica, all’interno del tamburo tamburo la pressione è notevolmente inferiore. Il fango, quindi, tende ad entrare nel tamburo per effetto della differenza di pressione. Dato che la tela è molto fitta, questa permette il passaggio dell’acqua ma non del secco, del secco, che viene raschiato via nel punto * del tamburo rotante.
L’aspirazione dell’acqua viene dell’acqua viene realizzata tramite una pompa, il che necessita di un notevole dispendio di energia. energia. L’umidità residua è del 65-70%. 65 -70%. La filtrazione a nastro è la più frequentemente utilizzata. Consiste in due nastri che ruotano attorno ad una serie di pulegge.
Il fango si applica sul nastro rosso, per poi passare nella zona di azione del nastro verde, e viene quindi schiacciata tra i due nastri. In questo modo si perde l’acqua che passa per la tela permeabile sottostante, mentre il fango continua a seguire il nastro rosso finché non si stacca, per mezzo di un coltello o di una curva molto stretta. stretta . Il filtro a nastro non è il più efficiente, con un’umidità residua di circa il 65-70% 65-70%.. E’ però il più economico dal punto di vista energetico e del personale, dal momento che funziona in continuo. I filtri a pressa sono il metodo meccanico più efficace, con umidità residua del 5565%, necessitano però di molto personale al lavoro ed il macchinario è molto costoso. Su di un asse centrale sono calettate delle piastre, configurate come in figura
Quando le piastre vengono schiacciate formano una camera isolata: nella camera, quando il livello di pressatura è massimo, si introduce in pressione il fango. Le piastre piast re sono dotate di una tela permeabile all’acqua, quindi quando il fango è portato in pressione l’acqua fuoriesce e il secco resta tra le piastre. Per eliminare il secco si riduce la pressione, si allontanano le piastre ed si preleva il tortino di fango f ango disidratato. Un ciclo di carico dura qualche ora: in un turno lavorativo di 8 h, quindi al giorno, si realizzano due pressate. I filtri a pressa possono avere varie grandezze, a seconda delle dimensioni dell’impianto. dell’impianto. Cicli di trattamento completo nella linea fanghi di un ID
Figura: disegna i cicli di trattamento completo dei fanghi nei vari casi per gli ID.
Cicli di trattamento completo nella linea fanghi di un IP Negli IP la linea fanghi è la stessa di quella di un ID, ad eccezione della fase biologica, che è assente in quanto quello di un IP è un fango chimico già stabile, che va quindi reso solo palabile con una fase di inspessimento e una fase di disidratazione. Figura: disegna i cicli di trattamento completo dei fanghi nei vari casi per gli IP. IP .
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