Appunti di Ortopedia

September 1, 2017 | Author: Barbara Melchioretto | Category: Skeletal System, Anatomy, Human Anatomy, Musculoskeletal System, Wellness
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Appunti del corso di Ortopedia, AA 2012-2013, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Trieste....

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ORTOPEDIA – AA 2012/2013

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CORSO INTEGRATO MALATTIE DELL’APPARATO LOCOMOTORE Programma d’esame STORIA ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA: Dalle origini ai giorni nostri ARTICOLAZIONI NOZIONI DI OSTEO-ARTRO-MIOLOGIA TRAUMATOLOGIA:

- Fratture e lussazioni degli arti superiori, degli arti inferiori e della colonna vertebrale - Eziologia - Patogenesi - Classificazione - Processi riparativi - Complicanze locali e generali - I mezzi di osteosintesi

LESIONI CAPSULO – LEGAMENTOSE DEL GINOCCHIO:

- Il perno centrale - I menischi - I legamenti laterali

LESIONI OSTETRICHE DEL NEONATO:

- Distorsioni - Fratture - Paralisi - Torcicollo

MALFORMAZIONI CONGENITE: - Displasia congenita dell’anca - Piede torto congenito MALATTIE DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA:- Il piede piatto infantile - Osteocondriti - Epifisiolisi dell’anca - Scoliosi PATOLOGIA DELLA SPALLA:

- Instabilità - Conflitti - Cuffia dei rotatori

CHIRURGIA DELLA MANO :

- La malattia di Dupuytren - La rizoartrosi - La sindrome del tunnel carpale - Il dito a martello - Il dito a scatto - Il dito ad asola

CHIRURGIA DEL PIEDE: - Alluce valgo - Sindrome di Civinini - Morton LOMBALGIE E LOMBOSCIATALGIE:

- Spondilolisi - Spondilolistesi - Ernia del disco lombare

ARTROSI INFEZIONI: SPONDILITE E OSTEOMIELITE TUMORI OSSEI MEDICINA FISICA E RIABILITAZIONE

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ARTICOLAZIONI Per articolazione si intende la connessione tra due estremi ossei o capi articolari rivestiti di cartilagine articolare. Nelle forme più sviluppate essa è circondata da una capsula che si inserisce sulla circonferenza di ciascun capo articolare, prossimalmente e distalmente alla zona di rivestimento cartilagineo; la cavità che si viene a delineare è denominata cavità articolare (delimitata della capsula articolare). Elementi accessori sono i legamenti, i menischi e la membrana sinoviale. Vengono distinte in tre gruppi in ragione della morfologia dei capi articolari e/o del tipo di movimento che esse consentono: capi articolari: SEMPLICI: 2 capi COMPOSTE: 3 o più capi COMPLESSE: con DISCO o MENISCO tipo di movimento: MONOASSIALI: ginglimi BIASSIALI: sella, condiloartrosi TRIASSIALI: enartrosi 1) SINARTROSI Sono caratterizzate da:  Unione per continuità  Nessuna cavità interposta  Capsula articolare non definita  Nessun movimento es: suture craniche, sindesmosi A seconda del tipo di tessuto interposto si distinguono in: a. Sinostosi: articolazioni tra due superfici a tessuto osseo nettamente definito b. Sindesmosi: articolazioni tra due superfici ossee con interposizione di tessuto connettivo fibroso (es. stilo-ioide) c. Sincondrosi: articolazione tra due superfici ossee con interposizione di tessuto fibrocartilagineo (es. sfenoidebasioccipitale) d. Sinelastosi: interposizione di tessuto elastico (es. tra le lamine vertebrali) e. Suture: caratteristiche dei margini delle ossa piatte del cranio, il cui tessuto connettivo si ossifica. Si distinguono in suture armoniche (es: ossa craniche), squammate (tagliate a spese del tavolato esterno o interno; es: sutura parieto-temporale) e dentate (es: ossa nasali). f. Sinfisi: articolazioni tra due superfici ossee rivestite di cartilagine ialina, tra le quali è interposto un disco fibroso cartilagineo che racchiude il nucleo polposo di connettivo più lasso. g. Schindilesi: un capo osseo si presenta conformato a chiglia di nave incastrata in una superficie corrispondente a forma di V (es. lamina alare del vomere-cresta orizzontale dello sfenoide) h. Gonfosi: articolazione ad incastro tra le radici dentali e gli alveoli corrispondenti. (questa è la classificazione di Del bello, Fancellu mette le sincondrosi tra le anfiartrosi) 2) ANFIARTROSI Dal punto di vista funzionale risultano semimobili. Le superfici articolari sono pianeggianti, leggermente concave o convesse, con interposizione di tessuto fibroso. Comprendono:  Anfiartrosi vere (art. intervertebrali)  Sinfisi (sinfisi pubica)  Sincondrosi (articolazione sacroiliaca o costosternali) Sono caratterizzate da:  Unione per contiguità  Interposizione di tessuto fibroso o cartilagineo  Modesti movimenti di scivolamento  NO cavità articolare, capsula mal definita

3) DIARTROSI 3

Ortopedia Rappresentano il maggior numero di articolazioni dello scheletro. Sono considerate le articolazioni più evolute in quanto dotate di ampio movimento. Sono caratterizzate da:  Unione per per contiguità  Cavità articolare (rivestita da membrana sinoviale)  Capsula fibrosa ben definita (manicotto connettivale che si inserisce sul contorno periferico delle superfici articolari determinando una cavità articolare chiusa, costituita da membrana fibrosa esterna e membrana sinoviale). La membrana sinoviale riveste la superficie interna della capsula fibrosa. E’ costituita da uno strato di cellule mesoteliali che elaborano la sinovia, liquido alcalino, paglierino, viscoso e ricco di sali minerali. Tale liquido riempio lo spazio delimitato dalla membrana sinoviale (es. ginocchio 2-3 cc). In caso di infiammazione il liquido aumenta notevolmente, dilatando così la capsula e e provocando forti dolori. La sinovia non serve soltanto alla lubrificazione delle superfici articolari, ma ha anche una funzione trofica perla cartilagine di incrostazione che non è irrorata. La cartilagine di incrostazione è rappresentata da uno strato di cartilagine ialina che riveste i capi articolari dove l’attrito è maggiore. I legamenti sono fasci di fibre connettivali, elastiche e collagene che hanno la funzione di rafforzare la capsula e quindi di favorire la corrispondenza dei due capi articolari. I dischi e i menischi sono dei cuscinetti fibrocartilaginei che hanno la duplice funzione di rendere adattabili le due superfici articolari e di facilitarne lo scorrimento. Morfologicamente i dischi si presentano regolarmente circolari e pieni, i menischi incompleti o perforati. I labbri glenoidei (cercini) sono delle lamine di fibrocartilagine che si inseriscono sui margini delle superfici articolari concave, in modo da ampliarne la cavità (es. art. scapolo omerale)  Ampia possibilità di movimento in rapporto alla forma dei capi articolari Comprendono a loro volta 5 tipi di articolazioni: 1. Artrodie: presentano superfici articolari piane che permettono esclusivamente movimenti di scivolamento; si ritrovano, per esempio, tra le ossa del mesopiede o tra i processi articolari delle vertebre)

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Ginglimi: i capi articolari hanno conformazione cilindrica, ovvero un cilindro pieno ruota attorno ad un cilindro cavo, rendendo possibili i movimenti su un solo piano. Nel ginglimo laterale o trocoide il movimento avviene lungo l’asse longitudinale dell’osso, per cui si ha una rotazione (es. capitello del radio più incisura radiale dell’ulna). Consente movimenti di rotazione secondo l’asse maggiore del cilindro.

Nel ginglimo angolare o troclea il movimento avviene secondo un asse ortogonale rispetto all’asse longitudinale dell’osso (es. articolazione del gomito data da troclea omerale + testa dell’ulna con l’olecrano). Consente movimenti di flessione ed estensione.

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Condiloartrosi: le superfici articolari hanno contorno ellissoidale e similmente ai ginglimi sono date da un elemento concavo e da un altro covesso ma in questo caso permettono movimenti su due piani (es. metacarpo-prima falange).

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Articolazioni a sella: ogni superficie articolare ha una concavità su un piano e una convessità su un piano perpendicolare; anche qui sono possibili movimenti su due piani (es. trapezio-primo metacarpale). E’ un’articolazione molto instabile che proprio per questo può essere sottoposta a sollecitazioni particolari e movimenti abnormi, e dunque può facilmente presentare usure cartilaginee (artrosi). Consente movimenti angolari (flessione, estensione, adduzione, abduzione) lungo i 2 assi ortogonali.

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Enartrosi: la conformazione sferica, concava o convessa, dei capi articolari permette movimenti su tutti e tre i piani, anche intra ed extrarotazione (es. coxofemorale; glenomerale). In queste articolazione, all’interno della cavità è presente il cercine (che è una lamina di fibrocartilagine che si inserisce sui margini della superficie articolare concava, in modo da ampliare la cavità articolare). -fesso/estensione -abduzione/adduzione -intra/extrarotazione

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STORIA DELL’ORTOPEDIA La parola ORTOPEDIA deriva dal greco: orthos = diritto paidos = bambino Venne usata per la prima volta da Nicolas Andry (1658-1742) ma non con l’accezione attuale. In effetti l’ortopedia nel vero senso della parola asce molto prima della sua definizione! Era già nota ai tempi di Ippocrate (460-375 a. C), che nel “Corpus Hippocraticum” dedica alcuni capitoli al trattamento, non chirurgico, di fratture, lussazioni e deformità vertebrali. Ma molti dei termini più usati si devono attribuire a Galeno (131-201 d.C.), come ad esempio “scoliosi, cifosi e lordosi”. Nel XVI secolo grandi progressi furono dati dagli studi anatomici di Leonardo Da Vinci e di Vesalio. Nel 1500 vennero costruite le prime forme di protesi, come la mano protesica di Goetz Von Berlichingen.

Allo stesso periodo risale “la mano del piccolo lorense” (fabbro ferraio di Parigi), dotata di un congegno per il movimento delle dita. Oggigiorno si è arrivati alla costruzione di protesi con elettrodi che permettono il movimento delle dita. Girolamo Fabrizio D’Acquapendente (1533-1619), lettore all’Università di Padova, allievo di Falloppio, merita un posto nella storia dell’Ortopedia in uqanto ideò l’OPLOMOCLION, che si proponeva per mezzo di molle, viti e pressori la correzione di deformità della colonna vertebrale e degli arti. Nel 1700 nascono in vari paesi i primi istituti ortopedici, dediti per lo più alla cura incruenta del piede torto, ginocchia vare e valghe, della lussazione congenita dell’anca. Andry oltre a pubblicare il primo libro sull’ ortopedia, conia anche il simbolo della stessa.

Nascono in vari Paesi i primi Istituti Ortopedici, dediti per lo più alla cura incruenta del piede torto, delle ginocchia vare e valghe, della lussazione congenita dell’anca. Ricordiamo Antonio Scarpa (1752-1832) che ideò apparecchi per la correzione del piede torto. Successivamente Sir Pervical Pott (1714-1788) descrisse la triade sintomatica della localizzazione vertebrale della TBC (da cui “morbo di Pott”):  Deformità  Paralegia  Ascesso ossifluente Nel 1815 venne siglato L’Apotecaries Act, il quale sanciva che i chirurghi fossero obbligati a seguire corsi di medicina, mentre prima erano considerati praticanti sprovvisti della cultura medica e appartenevano all’ordine dei barbieri. Per esercitare erano costretti a prestare un umiliante giuramento in cui riconoscevano la supremazia della medicina sulla chirurgia. Con l’Apotecaries Act venivano obbligati a seguire corsi regolari teorici e pratici di medicina.

Grandi progressi nel mondo della chirurgia si ebbero nel 1800 con: Lister, scoprì la sterilizzazione e insegnò la tecnica della disinfezione degli strumenti chirurgici, delle mani dell’operatore, della sala operatoria, dell’aria dell’ambiente. Simpson, che utilizzò il cloroformio per anestesia Jackson e Morton che effettuarono la prima anestesia con etere per una amputazione Antonio Mathijsen (1805-1878) invento nel 1852 la fascia gessata: dopo millenni di immobilizzazioni precarie le fratture e le lussazioni ridotte potevano essere contenute senza perdita di riduzione. Vennero sfruttate le proprietà chimico-fisiche della pietra da gesso (solfato di calcio idrato). Nel 1895 Roentgen scoprì i raggi X che furono di notevole ausilio per lo studio ortopedico. Nel XX secolo nacque la specializzazione in ortopedia e traumatologia (in Italia, Istituto Rizzoli di Bologna ospita ortopedici da tutte le nazioni).

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Ortopedia Codivilla introdusse il concetto di trazione tran scheletrica e la cura chirurgica del piede torto congenito; Vittorio Putti (1880-1940) definì la triade radiosintomatica nella prelussazione dell’anca: sfuggenza tetto cotiloideo ipoplasia nucleo cefalico diastasi capi articolari o risalimento femore; Delitala fu tra i primissimi al mondo a sostituire segmenti scheletrici con endoprotesi. John Charnley (1911-1983) viene ricordato quale pioniere delle artroprotesi con l’utilizzo di componenti metallici e plastici per dare valori minimi di attrito (low friction) con l’impiego del cemento acrilico per la fissazione protesica all’osso. Gavrijl Abramovic Lizarov (1921-1992) - Kurgan scoprì il “rigenerato osseo” ed il controllo della crescita ossea dall’esterno, sezionando la corticale, risparmiando il tubo midollare con le sue cellule ed i suoi vasi, fissando alle estremità del segmento osseo fili metallici in tensione. NB: Il processo rigenerativo osseo è divenuto controllabile ed il processo riparativo sarà tanto più vivace quanto più sarà stata rispettata l’integrità del tessuto osteoformatore e del suo apparato vascolare.

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DISPLASIA CONGENITA DELL’ANCA Detta anche LCA, lussazione congenita dell’anca, oppure displasia congenita dell’anca, si tratta di una malattia caratterizzata dalla DISPLASIA DELLA CARTILAGINE ACETABOLARE e da LASSITA’ CAPSULO LEGAMENTOSA dell’articolazione coxo femorale. Oltre alla cartilagine aceta bolare possono essere coinvolte: testa del femore cavità cotiloidea in particolare limbus e cercine strutture capsulo-legamentose, i quali, per la conseguente incongruenza e per effetto dei movimenti, vengono a perdere i normali reciproci rapporti. Sono anomalie congenite perché insorgono durante il periodo fetale. Nel bambino normale alla nascita la cavità cotiloide è rappresentata da una calotta sferica cartilaginea (cartilagine aceta bolare) risultante dalla fusione di tre parti (ischiatica, iliaca e pubica) che sono incompletamente ossificate e quindi non ancora saldate tra loro. La porzione iliaca, che comprende la parte superiore detta tetto dell’acetabolo, resta separata da quella ischiatica e pubica dalla cartilagine di accrescimento che prende il nome di cartilagine a Y o ipsilonica. Il bordo della cavità cotiloidea è rivestito da un orletto fibrocartilagineo denominato limbus, che nell’adulto diventa il ciglio cotiloideo. Per il normale sviluppo dell’acetabolo sono indispensabili sollecitazioni meccaniche esercitate dalla testa femorale concentricamente ed uniformemente sule pareti dell’acetabolo stesso. Questa sollecitazione è mediata da tre meccanismi: Accrescimento interstiziale della cartilagine aceta bolare e della cartilagine a Y, che controlla la crescita volumetrica complessiva secondo tutte le dimensioni dello spazio. Ossificazione endocondrale della cartilagine aceta bolare e di quella a Y, che regola l’accrescimento del cotile secondo i suoi diametri longitudinali. Ossificazione periostale che determina in gran parte l’approfondimento dell’acetabolo per apposizione di esso sulla superficie esterna dell’ala iliaca. Nel radiogramma in proiezione antero posteriore il tetto dell’acetabolo presenta un’inclinazione di 25-30° rispetto all’orizzontale: di norma quindi ricopre abbastanza la testa femorale. Questa è rappresentata da un abbozzo cartilagineo non ancora ossificato e quindi radiotrasparente. La sua ossificazione inizia tra il III e IV mese.  

ANGOLO DI INCLINAZIONE: è L’angolo che l’asse del collo del femore forma con l’asse della diafisi, appare un po’ più ampio (130-135°) di quello riscontrabile nell’adulto (125°) => si parla di valgismo neonatale dell’anca. ANGOLO DI DECLINAZIONE: è l’angolo che il collo del femore forma con il piano passante tra i due condili femorali, appare più ampio (35°) che nell’adulto (15-20°). Se per un difetto di sviluppo le componenti dell’anca non raggiungono alla nascita queste caratteristiche morfologiche, la testa femorale si trova di fronte a condizioni predisponenti per risalire oltre il ciglio dell’acetabolo (=lussazione p.d.) non appena si troverà a subire l’azione muscolare oltre a quella di carico.

Eziopatogenesi     

La LCA è un’affezione ereditaria di tipo poligenico. Predilezione sesso femminile (6:1) Risente molto delle influenze razziali, più diffusa nella razza bianca (0,7-2,5% a sec. della popolazione) e in Italia riscontrata in particolare in Emilia Romagna (4,5 ogni mille nati). Spesso bilaterale (45% casi) Può associarsi ad altre deformità come il piede torto.

Le teorie patogenetiche più accreditate sono: 1) TEORIA DELLA DISPLASIA ACETABOLARE: la cartilagine aceta bolare sarebbe più soffice e plastica del normale e quindi facilmente deformabile sotto le sollecitazioni meccaniche della testa femorale, che tende così a perdere i suoi normali rapporti con il cotile. 2) TEORIA DELLA LASSITA’ CAPSULO LEGAMENTOSA: la tendenza alla lussaizone sarebbe dovuta a una non meglio precisata “lassità” delle strutture di contenzione dell’anca.

Classificazione a) Prelussazione b) Sublussazione c) Lussazione d) Lussazione inveterata

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Ortopedia Queste forme si differenziano dal pdv AP, clinico e terapeutico, ma rappresentano in sostanza step diversi della patrologia.  Non è rara guarigione spontanea subito dopo la nascita  Oggi grazie alla maggior conoscenza della patologia, la lussazione franca e inveterata è di difficile osservazione.

Inoltre, possiamo differenziare: forma lieve =displasia semplice (in cui una volta individuata la causa il quadro si può risolvere) forma intermedia =displasia con sublussazione(in cui la testa del femore si sposta in posizione anomala rispetto alla cavità cotiloidea). forma grave = displasia con lussazione

Anatomia patologica Prelussazione: questa fase si ha alla nascita e durante i primi mesi di vita; in questa fase, le alterazioni a carico del bordo cotiloideo sono modeste, mentre l’epifisi femorale, anche se ha ancora una normale forma sferica, va incontro a un certo grado di antiversione. L’epifisi antiversa provoca una pressione eccessiva sul margine postero superiore del cotile => il cercine fibrocartilagineo si ESTROFLETTE, tranne una piccola parte che si introflette. Questa introflessione è possibile che non sia un fenomeno acuto, ma una graduale modificazione del tetto del cotiule. Il processo di ossificazione del tetto cotiloideo sarà quindi rallentato da: 1. pressione provocata dall’antiversione 2. deficit di contenimento anteriore Riassumendo, le alterazioni sono rappresentate da:  Ovalizzazione dell’acetabolo con aumento del diametro cranio caudale e più o meno accentuata inclinazione del tetto cotiloideo.  Presenza di una salienza smussa semicircolare situata nella porzione postero-superiore del bordo dell’acetabolo.  Anomalie di forma e di disposizione dei condrociti e delle caratteristiche istochimiche della cartilagine aceta bolare, molti assumono un aspetto simil fibroblastico.  Modesto aumento dell’antiversione del collo femorale (incostante)  Lassità dell’apparato capsulo legamentoso  Alterazioni delle parti molli specie a livello anteriore ed inferiore dove la capsula articolare risulta retratta. Queste alterazioni costituiscono una condizione prelussante dell’anca. Infatti la testa femorale, sotto l’azione muscolare, e successivamente del carico, può iniziare a migrare verso l’alto, ponendosi prima in posizione di SUBLUSSAZIONE e poi di LUSSAZIONE FRANCA. Questo shift si accompagna alla perdita ad alterazioni anatomo patologiche secondarie alla perdita Progressiva dei normali rapporti anatomici tra la testa femorale ed acetabolo.

Sublussazione Diventano più notevoli la perdita di sfericità dell’epifisi e l’antiversione del collo femorale. Per la pressione provocata dall’epifisi, il cotile è più sfuggente, con margine assottigliato. Inizia a comparire una deformità del margine superiore ed inferiore rappresentata da una estroflessione del cercine. 

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Allontanamento della testa femorale dal fondo del cotile e sua risalita verso il bordo dell’acetabolo dove l’iperpressione della testa riesce a inibire l’ossificazione en condrale della porzione postero superiore della cartilagine aceta bolare causando il ritardo di ossificazione del tetto cotiloideo: l’acetabolo cioè rallenta la sua ossificazione laterale, producendo un aumento dell’inclinazione nella porzione postero superiore che contribuisce alla “sfuggenza” del tetto . Comparsa o aumento del valgismo e dell’antiversione del collo femorale (coxa valga antiversa) per mancanza delle fisiologiche sollecitazioni meccaniche dell’acetabolo e dei muscoli pelvi-trocanterici, sull’estremo prox del femore. Ritardo di comparsa/ipoplasia del nucleo cefalico per ritardo della sua ossificazione endocondrale. Distensione ed ipertrofia della capsula e del legamento rotondo; Ipertrofia del tessuto fibroadiposo (pulvinar) presente nel retro fondo della cavità aceta bolare; Iniziale aumento del tono muscolare con retrazione muscolo tendinea degli attivatori dell’anca.

Lussazione In questo stadio si osserva la comparsa del limbus, che viene di fq confuso con il labbro, ma rappresenta la risposta patologica dell’acetabolo alle pressioni applicate sull’anca: ho la migrazione superiore della testa del femore => il labbro viene gradualmente evertito => del tessuto capsulare si interpone tra questo e la parete esterna dell’acetabolo. La stimolazione meccanica porta alla formazione di tessuto fibroso che si unisce alla cartilagine ialina sul bordo aceta bolare e forma il c.d. LIMBUS, che può prevenire la riduzione dell’anca. 



Risalita intracapsulare della testa femorale oltre il bordo dell’acetabolo e sua localizzaizone in corrispondenza dell’ala iliaca: con l’inizio della deambulazione, la testa può risalire nella fossa iliaca esterna e occupare la zona anteriore della cresta verticale dove può fissarsi in modo definitivo scavando un neocotile. Formazione della c.d. doccia di migrazione, cioè di un solco osseo scavato dal progressivo spostamento verso l’alto della testa femorale, che si estende dal cotile ormai abbandonato alla zona dell’ala iliaca dove si è collocata la testa; 8



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Ortopedia Deformazione più o meno grave (a cono, a triangolo, ecc) dalla testa femorale: il nucleo cefalco femorale, sottoposto a pressioni abnormi, prima sul bordo cotilodieo e poi sulla parete iliaca, si appiattisce e può assumere un aspetto piriforme o a triangolo. L’ossificazione endocondrale del nucleo è ralentata o inibita, fenomeno che si traduce nel ritardo di comparsa o ipoplasia del nucleo cefalico; Ulteriore distensione ed ipertrofia della capsula e del legamento rotondo; Fenomeni aderenziali tra la testa e il cappuccio cefalico, e tra il cappuccio e la cresta iliaca. Inibizione della ossificazione periostale dell’ala iliaca, nella zona di contatto con la testa femorale, con formazione di un neocotile. Obliterazione più o meno massiva della cavità aceta bolare invasa dalla iperplasia del tessuto fibro adiposo detto pulvinar. Eventuale interposizione del “limbus” tra il bordo cotiloideo e testa femorale lussata. Accorciamento notevole dei muscoli pelvi femorali, specie adduttori e psoas iliaco; il tendine distale del muscolo psoas iliaco, passando a ponte sulla capsula articolare distesa, ne determina la deformazione “a clessidra” . la porzione superiore incappuccia la la testa (“cappuccio cefalico”), quella inferiore invece resta inserita sul contorno dell’acetabolo (“recesso aceta bolare”), la parte media si strozza (“istmo”) sotto la spinta del tendine dello psoas. I muscoli piccolo e medio gluteo, le cui fibre sono quasi verticali, tendono a orizzontalizzarsi di pari passo con la risalita del trocantere => diventano funzionalmente insufficienti e causano una zoppia caratteristica.

Lussazione inveterata È così chiamata quella presente dopo il 5 anno di vita, perché fino a questo momento l’acetabolo conserva il suo potenziale di sviluppo. Accanto alla maggiore evidenza del neocotile si evidenziano in modo più accentuato tutte le alterazioni descritte nella lussazione. Principali ostacoli alla riduzione nella LCA:  Retrazioni muscolo tendinee Adduttori Ileo psoas  Capsula articolare Strozzamento a clessidra da parte del tendine dell’ileo psoas Interposizione per ripiegamento su se stesso  Legamento rotondo allungato ed ipertrofico  Legamento trasverso dell’acetabolo accorciato ed ipertrofico  Pulvinar ipertrofico  Incongruenze femoro aceta bolari per alterazione di forma e volume delle componenti osteo cartilaginee

Sintomatologia Alla nascita, dato che un’anca displastica non è ancora lussata ma facilmente lussabile, una delle manovre di verifica diagnostica è il segno dello scatto, o di Ortolani. Consiste nel sub lussare la testa femorale, indicendo uno scavalcamento del neo limbus, e ridurla subito dopo facendole eseguire il percorso inverso.

Manovra di Ortolani: si esegue a pz supino, su piano rigido con le ginocchia flesse e anche flesse ed abdotte. Il dito medio applica una pressione in corrispondenza del grande trocantere, il pollice invece del piccolo trocantere. Si esegue esercitando prima una pressione con il pollice sulla faccia mediale della coscia e poi con le altre dita sulla faccia esterna, ottenendo quindi una abduzione - extrarotazione: nel momento in cui la testa femorale supera il neo limbus, si AVVERTE LA SENSAZIONE DI “SCATTO” ALLA PALPAZIONE o sensazione acustica di click. Per l’evoluzione della malattia e per l’aumento della del tono muscolare, il segno di ortolani diventa rapidamente negativo, per la contrattura riflessa dei muscoli adduttori della coscia.

Altri segni clinici di sospetto sono: 1. Asimmetria delle pliche cutanee sulle cosce e natiche (questo reperto è fq anche nei bambini normali!) 2. Atteggiamento in lieve rotazione esterna dell’arto 3. Eventuale deviazione della fessura vulvare nelle bimbe

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Ortopedia La progressione della patologia porterà successivamente a: Limitazione dell’abduzione ad anche flesse. Questo segno è legato alla difficoltà che la testa del femore, ormai in fase di sublussazione, incontra a rientrare nell’acetabolo per la presenza di ostacoli riduttivi e/o per la contrattura degli adduttori della coscia. Segni di lassità capsulo legamentosa dell’anca (questi non sono di sicuro valore diagnostico, ndr): o Segno di Trelat o della squadra, consiste a pz in decubito prono con l ginocchia flesse a 90°, in una maggiore escursione di intrarotazione dell’anca dell’anca affetta, a volte il margine esterno del piede arriva a toccare il letto!!! o Segno di Savariaud consiste nell’accorciamento dell’arto affetto, durante il passaggio della posizione supina a quella seduta, mantenendo le ginocchia estese.

Limitazione dell'abduzione ad anche flesse.

Segno di Trelat

Segno di Savariaud

Progredendo ancora la patologia, nella fase di lussazione, oltre a una maggiore evidenza dei segni clinici precedentemente descritti, si nota: Positività, nella lussazione monolaterale, del segno di Galeazzi: cioè, a paziente supino, con le anche e le ginocchia flesse, il ginocchio del lato affetto di trova ad un livello inferiore. Aumento dell’extrarotazione e dell’accorciamento dell’arto documentato dalla positività di tutti i segni di risalita del grande trocantere. Deformità del profilo dell’anca lussata (per sporgenza del massiccio trocanterico) e del tronco (per scoliosi nelle forme monolaterali e per accentazione della lordosi lombare in quelle bilaterali). Possibilità di palpare la testa del femore in sede anomala Ritardo dell’inizio della deambulazione normale nel bambino, che normalmente avviene attorno al 12o mese. Zoppia durante la deambulazione per accorciamento dell’arto e caduta del bacino dalla parte opposta a quella lussata per il verificarsi, ad ogni passo, del fenomeno del TRENDELEMBURG: quando la lussazione è bilaterale, il Trendelemburg provoca la c.d. andatura anserina, cioè, quando il bambino carica l’anca affetta, per l’insufficienza relativa del muscolo gluteo medio (abduttore), il bacino cade dalla parte opposta. Se la lussazione è monolaterale, in appoggio monopodalico sull’arto sano il bacino resta allineato Ipotrofia muscolare. inizialmente dei glutei, e poi estesa a tutto l’arto inferiore. Nella lussazione inveterata la sintomatologia è sovrapponibile, anche se più grave, a quella della lussazione.

Quadro radiografico La diagnosi di certezza si ottiene tramite ECO + RX. Ecografia Alla nascita e nei primi mesi di vita l’esame radiografico può essere di difficile interpretazione per la scarsa quantità di tessuto osseo (quindi radio opaco) presente al livello aceta bolare e femorale. Per questo l’ecografia dell’anca, divulgata da Graf, a partire dalla fine degli anni Settanta, è considerato l’esame strumentale elettivo per lo studio morfologico dell’articolazione coxo femorale nei due primi mesi di vita. I punti di repere ecografici sono: 1. Bordo inferiore dell’osso iliaco 2. Labbro aceta bolare Definiscono l’unico piano di scansione utile per poter definire un giudizio di maturità sull’anca esaminata. Tramite l’ECO valuto: Conformazione ossea e cartilaginea dell’acetabolo Aspetto del ciglio cotiloideo Misurazione angolare di:  Linea di base: che è una continuazione verso il basso del profilo laterale dell’osseo dell’ala iliaca => definisce la % di testa femorale contenuta nell’acetabolo osseo.  La linea del tetto osseo, dall’estremità dell’osso iliaco e tangente al bordo osseo.  Linea di esposizione (o del tetto cartilagineo) dell’estremità dell’osso iliaco e tangente al labbro aceta bolare. 10

Ortopedia Definiscono due angoli:  Angolo alfa, formato dalla linea di base e del tetto, indicativo della parte ossea edell’acetabolo e del suo sviluppo.  Angolo beta, linea di base e linea di esposizione indicativo dello sviluppo della parte cartilaginea dell’acetabolo. Radiografia: proiezione antero posteriore del bacino che comprenda entrambe le anche. L’esame Rx permette la diagnosi di LCA verso il 4o mese per la comparsa di alcuni segni che costituiscono la TRIADE DI PUTTI: 1. Sfuggenza/esagerata inclinazione del tetto aceta bolare: l’angolo che esso forma con l’orizzontale passante per le due cartilagini ipsiloniche supera i normali 25-30° e raggiunge talvolta i 45° continuandosi quasi sulla stessa linea del profilo dell’ala iliaca. 2. Ipoplasia o mancanza del nucleo della testa femorale. 3. Ectopia del femore lateralmente e superiormente, il nucleo dell’epifisi prossimale femorale si allontana dal fondo aceta bolare. Tramite la radiografia inoltre si controlla il trattamento. La lettura del radiogramma è facilitata dal DIAGRAMMA DI OMBREDANNE, definito da tre linee: Linea orizzontale di Hilgenreiner, tracciata attraverso le cartilagini ipsiloniche del bacino. Due linee verticali di Perkins, dal punto più laterale del tetto aceta bolare perpendicolarmente alla linea di H. Il nucleo epifisario femorale, nella LCA, si trova non a livello del quadrante infero interno ma in quello supero esterno. Nella sublussazione si osserva: Persistenza della sfuggenza del tetto Ulteriore allontanamento e risalita del nucleo epifisario femorale sottolineato dall’interruzione dell’ogiva di Shenton, cioè della linea curva continua che, nel radiogramma normale, segue il profilo del margine inferiore della branca ileo pubica e del collo femorale, e la cui interruzione sarebbe indicativa di un allontanamento e di una risalita del nucleo epifisario.

Diagnosi Deve essere il più precoce possibile: PRECOCE: entro III mese ULTRAPERCOCE: nascita 1) 2) 3) 4)

Alla nascita l’unico presidio che permette una diagnosi il più precoce possibile è il segno di Ortolani, su cui si basano tutte le indagini di screening. I-II mese è possibile eseguire una diagnosi precoce effettuando indagine ecografica del bacino. IV mese l’indagine radiografica è in grado di dare, oltre alla certezza diagnostica, dati utili a fini prognostici e terapeutici. D/D tra lussaizone su base displastica o acquisita (traumatica, osteoartritica, paralitica) si basa su anamnesi + radiografia. La radiografia mostrerà una conformazione normale del cotile nelle forme secondarie, l’epifisi femorale è normale nelle forme traumatiche e paralitiche, invece può essere anche ampiamente distrutta nelle forme infettive (artriti acute da piogeni, TBC).

Trattamento Deve essere il più precoce possibile perché i risultati sono strettamente dipendenti dall’età in cui il trattamento viene iniziato: se trattata nei primi mesi di vita, evolve in modo ottimale nella gran parte dei casi! Lasciando invece trascorrere del tempo, e passando quindi a una condizione di sublussazione e lussazione, i risultati peggiorano per diventare sfavorevoli dopo il 3-4o anno di età. La cosa può anche autorisolversi. Se lo scatto alla manovra di Ortolani persiste dopo 20 gg … Displasia p.d. o prelussazione: cuscino divaricatore degli arti inferiori che mantenga abdotte e flesse le anche. Questo ha l’obiettivo di “centrare” la testa del femore nell’acetabolo e consentire un normale sviluppo. In alternativa si può usare un altro tipo di tutore, un divaricatore semirigido con bretelle (Pavlick, Milgram, Leopardi …) Sublussazione o lussazione: se l’anca non si centra in abduzione … Trazione continua per 10- 30 gg: è bene evitare,almeno in un primo momento, brusche trazioni e manovre che producono spesso e volentieri danni epifisari di tipo osteocondrosico (ischemie). Per questo alcuni AA hanno proposto di applicare un cerotto a trazione progressiva (skin traction). Quando, dopo controlli radiografici successivi, si nota che la testa femorale è scesa a livello dell’acetabolo, si esegue, in anestesia generale, la riduzione seguita da immobilizzazione in apparecchio gessato, c.d. metodo Paci-Lorenz. Questo metodo prevedeva l’immobilizzazione per alcuni mesi in apparecchio gessato in “I posizione”, ossia ad anche fortemente flesse, abdotte e in rotazione neutra. Seguiva, sempre per alcuni mesi, l’immobilizzazione in “II posizione” cioè abduzione, modica flessione e rotazione interna: quest’ultima è stata abbandonata perché è stato dimostrato che provoca coxa valga inversa. Quindi si usa solo la I posizione senza accentare l’atteggiamento di flessione (100-110°) e di abduzione (60°) dell’anca. L’apparecchio gessato (3-4 mesi) ha la funzione di mantenere la testa femorale nell’acetabolo per stimolare la ripresa di un normale sviluppo delle componenti osteocartilaginee e per consentire alla capsula e ai legamenti distesi e lassi di retrarsi e recuperare tono e strutture normali.

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Ortopedia Allo scadere, si applica un tutore il plastica per altri 2-3 mesi che ripropone le stesse caratteristiche per quel che riguarda l’atteggiamento delle anche, sempre con la funzione di mantenere l’anca centrata, ma consentendo nello stesso tempo movimenti più ampi, ergo maggiori sollecitazioni funzionali a livello dell’acetabolo. Se l’anca non si centra, per interposizioni quali possono essere stenosi dell’istmo capsualre, ipertrofia del legamento rotondo, del pulvinar ecc..) allora occorre un trattamento cruento, che mira all’asportazione delle formazioni che ostacolano la riduzione della testa del femore, rispettando le strutture fibrose e cartilaginee da cui dipende il successivo sviluppo:  artrotomia,  escissione legamento rotondo,  asportazione limbus dopo l’intervento, l’anca va immobilizzata con gli stessi criteri adottati nel trattamento incruento. Il trattamento della lussazione inveterata è generalmente chirurgico: è estremamente complicato sia per le difficoltà riduttive che per le rigidità articolari. Se si è certi che l’acetabolo non ha più potenzialità di sviluppo, cioè siamo al termine dell’accrescimento scheletrico, si possono applicare interventi di osteotomia che interessano la porzione sopra aceta bolare dell’ala iliaca, e che hanno lo scopo di “creare” un tetto cotiloideo : Osteotomia di Chiari: si attua la trasposizione all’interno del frammento inferiore dell’osteotomia. Osteotomia di Salter: la linea osteotomia viene aperta a cuneo in modo che l’acetabolo subisca un’inclinazione verso l’esterno e verso il basso determinando una maggiore copertura della testa femorale. Esiti A fine trattamento può essere presente una coxa valga antiversa: avremo un eccessivo valgismo cervico diafisario per cui la parte esterna della testa femorale non presenta una copertura sufficiente da parte del tetto aceta bolare. Questo valgismo è in gran parte apparente in quanto dipende da una eccessiva antiversione del collo femorale. Infatti, eseguendo un radiogramma n psizione antero posteriore, con gli arti inferiiori in orto morfismo si può osservare questo valgismo cervico diafisario che però torna pressoché normale (cioè la testa s centra nell’acetabolo) non appena il radiogramma viene eseguito con gli arti abdotti e intraruotati. Questo quadro può essere la persistenza di quelo già presente prima dell’inizio del trattamento, oppure essere secondarioo al tipo di trattamento già effettuato. Indipendentemente dall’esito del trattamento, la LCA predispone a coxartrosi.

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PIEDE TORTO CONGENITO P.T.C è una deformità del piede, presente alla nascita, caratterizzata da uno stabile atteggiamento vizioso del piede per alterazione dei rapporti reciproci tra le ossa che lo compongono cui si associano alterazioni capsulari, legamentose, muscolo tendinee delle fasce. Esistono quattro varietà, in ordine di fq : 1. 2. 3. 4.

Piede equino – cavo – varo – supinato Piede talo – valgo Metatarso addotto o varo Piede reflesso o valgo

Ognuna di queste varietà può essere di un grado diverso; può interessare uno o entrambi i piedi con forme cliniche anche diverse. Epidemiologia Deformità che per fq segue la LCA (1 su 1000 neonati) Può accompagnarsi a LCA o altre deformità dello scheletro: in presenza di piede torto sono opportuni accertamenti clinici!

Piede equino – cavo – varo - supinato È la varietà di piede torto che si riscontra più spesso, 70-75%, 1-3 ogni 1000 nati vivi. Predilige M. Frequentemente bilaterale La deformità consiste nell’atteggiamento del piede che appare contemporaneamente fissato in equinismo, varismo, cavitismo, adduzione e supinazione: in complesso il piede presenta una torsione sul suo asse longitudinale, per cui la faccia plantare guarda medialmente, e l’appoggio al suolo si può avere solo tramite il margine esterno del piede. Deviazione del piede verso l’interno con equinismo e supinazione del calcagno e sublussazione dell’astragalo che diventa sporgente sul lato esterno de piede. Questo avviene perché le varie articolazioni del piede sono strettamente legate dal pdv funzionale! Quindi un’articolazione non può restare immobile quando un’altra si pone in atteggiamento dismorfico: per questo ho equinismo con varismo e supinazione con adduzione, a una deformità si un’articolazione si associa necessariamente anche l’articolazione vicina. L’eziologia è tuttora sconosciuta: l’eziopatogenesi è verosimilmente multifattoriale e potrebbe essere espressione di disordini neuromuscolari, displasie muscolo scheletriche o sindromi polimalformative … le teorie ad oggi più accreditate sono: Fibrosi delle componenti muscolo tendinee e capsulo legamentose della porzione postero mediale della gamba e del piede. Displasia primitiva degli abbozzi osteocartilaginei del piede Stop della crescita. Tra 6a e 8a settimana, di gestazione il piede presenta molte caratteristiche del PTC, quali equinismo e supinazione del calcagno, adduzione dell’avampiede. Però non abbiamo deformità a carico del collo dell’astragalo e la sublussazione talo navicolare caratteristiche del piede torto!

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Ortopedia Anatomia patologica Alla nascita: Anomalia di forma e ipoplasia degli abbozzi cartilaginei del calcagno, astragalo, scafoide e cuboide. Deviazione mediale della porzione anteriore dell’astragalo. Varismo, equinismo e supinazione del calcagno, che compie un movimento simile a una barca che o “vira”, orientando medialmente la sua estremità anteriore (adduzione) , o “beccheggia” abbassando il suo estremo anteriore ed alzando la posteriore fin quasi ad entrare in contatto con l’estremo posteriore della tibia (equinismo) o “rulla” inclinandosi sulla faccia esterna (supinazione). Sublussazione mediale e plantare del cuboide rispetto al calcagno Inclinazione mediale dei cuneiformi e dei metatarsi e conseguente adduzione di tutto l’avampiede Retrazione e ispessimento capsulo legamentoso della faccia posteriore dell’articolazione tibio – peroneo – astragalica ed astragalo calcaneare. Retrazione ed ispessimento del legamento deltoideo e calcaneo scafoideo plantare Ipotrofia, fibrosi e retrazione dei muscoli della loggia posteriore della gamba, specie dle tibiale posteriore e triipite surale Coesistenza (incostante) di un certo grado di intratorsione dell’epifisi distale della tibia sul suo asse longitudinale. Se non trattato, si aggiungono negli anni altre, più pesanti, alterazioni.

Sintomatologia: la diagnosi è molto semplice perché la posizione viziosa del piede è ben evidente, con l’aspetto di flessione plantare (equinismo), inclinato medialmente (varismo) concavo nel margine interno (adduzione) e ruotato medialmente sul suo asse longitudinale (supinazione). E’ importante l’esclusione di altre malformazioni tipicamente associate.

La malformazione può essere classificata a seconda della gravità alla nascita: Z 1 grado: piede deviato rispetto alla gamba meno di 90°. La deformità è modesta e non si riscontra notevole resistenza al tentativo di riportare il piede in atteggiamento ortomorfico. Z 2 grado: piede che arriva a 90° di deviazione, resistenza alla correzione. Z 3 grado: il piede sul piano frontale, forma con la gamba un angolo acuto, inferiore ai 70 – 80° e la faccia dorsale guarda addirittura plantarmente.

Alcuni criticano questa classificazione perché dice poco sulla prognosi: a livello mondiale quindi è molto utilizzata la classificazione di Dimeglio, che attribuisce uno score di punti per ciascuna deformità, e si ottiene in tal modo un punteggio, indice della possibilità di correggere la deformazione. Classificazione di Dimeglio: TIPO

PUNTEGGIO

GRAVITA’

FREQUENZA

1° grado

1-4 punti

Piede benigno

20% casi

2° grado

5-9

Piede moderato

33% casi

3° grado

10-14

Piede grave

35% casi

4° grado

15-20

Piede molto grave

15% casi

Diagnosi differenziale:  piede torto da spina bifida (disturbi trofici della motilità, della sensibilità, dei riflessi) Rx colonna  piede torto da paraparesi spastica (iperreflessia, contrattura in flessione delle ginocchia e in adduzione delle anche)  piede torto poliomielitico (alterazione dei riflessi, impotenza funzionale di gruppi muscolari)

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Ortopedia Trattamento Deve essere intrapreso subito dopo la nascita. Correzione precoce incruenta con metodo Poseti Nei primissimi giorni i parenti o il pediatra provvederanno alla mobilizzazione manuale del piede. X-XV giorno l’ortopedico provvede a un modellamento manuale, per correggere adduzione, supinazione e varismo. I modellamenti devono essere fatti progressivamente, a tappe. Quando tramite il modellamento si ottiene un certo grado si correzione, deve essere mantenuto applicando un femoro podalico flesso per 90° al ginocchio, perché non si sfili e per rilasciare il tricipite surale, la cui retrazione mantiene l’equinismo. Dopo 8-10 giorni l’aparecchio viene rimosso (dato che può diventare dannoso, il bambino cresce in fretta!) e si procede con un nuovo modellamento e successiva immobilizzazione con gesso, fino a correggere del tutto la deformità. Per l’equinismo residuo occorre procedere con una correzione chirurgica entro i primi mesi di vita, tramite allungamento plastico del tendine di Achille e capsulo tomia posteriore. Una volta effettuata la correzione la tutela gessata può essere sostituita, con lo scopo di mantenere la correzione, da tutori ortopedici. Quando il bambino inizia a deambulare (con calzature normali9 è opportuno applicare per molti mesi dei tutori notturni perché potrebbero esserci recidive!  Un tempo, data l’alta percentuale di recidive, si pensava che la correzione fosse incompleta, per questo si preferiva di gran lunga l’intervento chirurgico, che veniva attuato non appena il bambino raggiungeva un’età e un peso tali da permettergli di sostenere un’anestesia. L’intervento però spesso porta a ipercorrezione con formazione di piedi valgo pronati rigidi e comparsa di degenerazione articolare tarsale negli anni successivi). Correzione tardiva cruenta Se il trattamento inizia tardivamente, cioè al terzo – quarto mese, dato che alla correzione si oppone al retrazione delle parti molli, si interviene con allungamento dl tendine di Achille, o altri interventio che agiscono sempre sull’apparato capsulo legamentoso astragalo calcaneare, seguito da ingessa mento.  Il primo intervento venne proposto da Codivilla, e consisteva in un doppio accesso posteriore e mediale tramite il quale si ottenevano o allungamento a Z del tendine di Achille o capsulotomia posteriore dell’articolaizone tibio tarsica e sottoastragalica o incisione del legamento peroneo astragalico e peroneo calcaneare o allungamento a Z del tendine del tibiale posteriore e del flessore lungo dell’alluce al di sotto del malleolo mediale o capsulotomia dell’articolazione atsragalo scafoidea mediale con incisione anche del legamento a Y.  Oggi è più conosciuto e usato a livello internazionale l’intervento di Turco, in cui oltre al release delle parti molli postero laterali e mediali, si fissa la riduzione dell’articolazione astragalo scafoidea mediante un filo di Kirschner percutaneo che viene mantenuto durante l’immobilizzazione gessata.

Piede talo – valgo Piede in massima flessione dorsale (in alcuni casi addirittura la superficie del piede è a contatto con la regione anteriore della tibia). La flessione plantare è possibile solo passivamente. Può essere mono o bilaterale. Non è rara l’associazione del piede talo- valgo e LCA o con piede cavo-varo-addotto-supinato contro laterale. Tende alla correzione spontanea, in alcuni casi si possono utilizzare delle docce gessate che mantengano il piede in flessione plantare per 20-30 gg.

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Ortopedia Metatarso addotto o varo Non è una deformità frequente, è limitata all’avampiede che si presenta addotto, per deviazione verso l’interno dei raggi metatarsali e delle dita. Si tratta precocemente, tramite modellamenti manuali, gesso di contenzione, seguiti da tutori e calzature ortopediche.

Piede reflesso valgo Detto anche piede a dondolo, è una rara ma non grave deformità congenità caratterizzata da inversione della volta longitudinale. Si tratta come il piede cavo varo addotto supinato, cioè con modellamenti manuali, gesso, tutori, capsulotomica, tenotomia, artrodesi nelle forme inveterate). I risultati purtroppo sono spesso mediocri e permane una evidente deformazione del piede.

TORCICOLLO CONGENITO Il torcicollo è una deformità caratterizzata da permanente deviazione laterale e rotatoria del capo. 1)

MIOGENO È la forma più frequente di torcicollo congenito. È riferibile alla retrazione fibrosa del muscolo SCM da un lato: cioè la retrazione e la diminuzione di elasticità del capo sternale e/o clavicolare fissa il capo in atteggiamento caratteristico => flessione verso il lato affetto e torsione dal lato opposto. Prevale nel sesso femminile.

2)

OSSEO Raro, dovuto ad anomalie congenite delle vertebre cervicali: sinostosi unilaterale atlanto occipitale, emispondilie, associazione di sinostosi e aplasie vertebrali, come nella malattia di Klippel Feil (anomala brevità del collo).

3)

OSTEOARTICOLARE Deriva, nelle sue varie forme, da processi infiammatori acuti o cronici che interessano il tratto cervicale (reumatismo, discopatie, TBC ecc) e fattori traumatici discorsivi della colonna cervicale.

4)

ORIGINE VARIA Può essere dovuto ad astigmatismo, diplopia, disturbi labirintici, mastoidei, ascessi orofaringei, epilessia, miopatia, isterismo ecc. il trattamento è sintomatico.

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Ortopedia

PARALISI OSTETRICHE Consistono in deficit neurologici degli arti superiori dovuti a lesioni del plesso brachiale durante il parto. Eziopatogenesi La lesione del plesso brachiale appare con relativa frequenza tra i traumi ostetrici della spalla. Quasi sempre unilaterale, prevale nell’arto destro Sesso maschile Fattori predisponenti sono la macrosomia fetale e parto distocico Il meccanismo sembra essere una specie di stiramento, durante il parto, delle radici del plesso per un esagerato allontanamento del capo dalla spalla omolaterale e inclinazione forzata della spalla opposta. Un meccanismo di compressione del plesso sembra essere un’evenienza eccezionale.

Il plesso brachiale nel suo decorso dai fori di coniugazione al cavo ascellare risulta costituito da radici spinali (porz sopraclavicolare) => tronchi (porz infraclavicolare) => corse (porz sottoclavicolare). Le radici che costituiscono il plesso sono cinque: C5, C6, C7, C8, D1. I tronchi che ne derivano sono tre:  il superiore deriva dalla fusione delle radici C5 e C6,  il tronco medio costituisce il proseguimento della sola radice di C7,  il tronco inferiore deriva da fusione di C8 e D1. Le corde (laterale , mediale, posteriore) derivanti dalla fusione di alcuni rami che provengono dai tronchi primari, danno origine ai nervi periferici dell’arto superiore. Anatomia patologica La regione interessa in genere le radici del plesso. Non è escluso tuttavia che in alcuni casi siano interessati i settori più distali, cioè i tronchi primari e corde. Il danno consiste nella semplice distensione delle fibre con blocco dell’impulso nervoso Per danno funzionale, neuro aprassia Per danno anatomico del solo cilindrasse, axonotmesi Si può avere la rottura/strappamento di una o più radici (neuro tmesi) Lesione inveterata => la spalla presenta alterazioni da non uso della capsula articolare – che gradualmente retrae nella sua parte anteriore – atrofia muscolare, modificazioni morfologiche dei capi articolari ecc.

Classificazione: 17

Ortopedia didatticamente si distinguono, a seconda delle radici interessate:  Tipo superiore: più fq, lesione 5-6  Tipo inferiore, più rara, lesione di 7-8-D1  Totali, tutte le radici. A ognuna di queste corrisponde un diverso quadro clinico.

Sintomatologia Il quadro clinico, alla nascita, è dominato dall’atteggiamento caratteristico dell’arto che, anche se stimolato, resta inerte lungo il tronco con la faccia palmare della mano che guarda esternamente.  Manca però qualsiasi elemento semiologico di discriminazione tra i diversi tipi di paralisi! Solo dopo il 2o mese, quando avviene la mielinizzaizone delle fibre nervose periferiche, è possibile una D/D clinica con esame elettrodiagnostico, per valutare il coinvolgimento del plesso.

Paralisi di tipo superiore o di Erb Duchenne Il deficit interessa prevalentemente la spalla. L’arto superiore appare in atteggiamento: Adduzione per paralisi del deltoide (abduttore del braccio) Intrarotazione per paralisi del sopraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo (extrarotatori del braccio) Estensione del gomito e pronazione dell’avambraccio per paralisi del brachiale anteriore (flessore dell’avambraccio), del bicipite e del lungo supinatore (flessori e supinatori dell’avambraccio). Sono conservati i movimenti di mano e di polso.

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Ortopedia

Paralisi di tipo inferiore o di Dejerine – Klumpke Il deficit interessa specie la mano. L’arto superiore presenta:  Deficit della flessione del polso e flessione + abduzione delle dira (paralisi dei muscoli flessori delle dita e dei muscoli interossei e lobricali).  Conservazione della funzionalità del deltoide e degli altri muscoli della spalla. Paralisi totali Si assommano tutti i sintomi precedenti.

Paralisi atipiche Sintomi pià vaghi e sfumati. Talvolta può associarsi la sindrome di Claude Bernard Horner : miosi con restringimento della rima palpebrale e lieve enoftalmo.

In linea di massima possiamo dire che le paralisi di tipo inferiore e le totali sono a prognosi peggiore rispetto a quelle superiori, se correttamente trattate. Chiaramente, anche il riscontro tardivo si associa a una prognosi peggiore, questo perché al danno neurologico si sarà aggiunta una alterazione osteocapsulare.

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Ortopedia Trattamento È specie fisiochinesinterapico e deve essere iniziato precocemente. Si ottengono ottimi risultati con la “facilitazione muscolare” secondo Vojta. Il trattamento deve essere giornaliero: è iniziato da un terapista esperto e in seguito viene affidato alla madre, che può applicarlo più volte al giorno. La durata della terapia va dai 6 ai 12 mesi , a seconda del tipo e gravità della paralisi! Il metodo Vojta è fondato sull’osservazione che, se nel neonato ho la paralisi di un gruppo muscolare, automaticamente anche i muscoli circostanti saranno indotti a inattività => squilibri muscolari e motori. Per questo è opportuno mobilizzare i muscoli sani precocemente, in attesa della re innervazione dei muscoli lesi => dato che sono neonati, non posso indurre movimenti volontari! Quindi vengono evocati particolari riflessi di locomozione, come lo strisciamento riflesso o il rotolamento riflesso, oppure vengono attuate particolari manovre che impegnano tutto l’apparato locomotore. Nelle paralisi di tipo superiore può essere utile, nelle prime settimane dopo la nascita, ancorare l’arto superiore del bambino al cuscino del letto quando dorme. Nelle paralisi di tipo inferiore, può rendersi necessario, per un certo periodo, l’uso di palmarini di plastica o in alluminio che mantengano il polso e le dita in posizione corretta.

PIEDE PIATTO VALGO Consiste nell’appiattimento della volta longitudinale interna del piede e nella deviazione del calcagno in valgismo. Si trova di frequente, è la forma più frequente di piede piatto acquisito. Anatomia Normalmente il piede non poggia al suolo con tutta la regione plantare, ma solo con le parti corrispondenti alla grande tuberosità del calcagno e alla testa del 1° e del 4° o 5° metatarso. Tra questi tre punti di appoggio si sviluppano le volte o archi plantari: due longitudinali (interna ed esterna) e una trasversale. La volta longitudinale interna, formata dal calcagno, astragalo, scafoide, dai tre cuneiformi e dai primi tre metatarsi, è sostenuta da alcuni legamenti e dall’azione dei muscoli tibiale posteriore e peroneo lungo (muscoli cavizzanti, c.d.) La normale curvatura della volta plantare interna può abbassarsi per più motivi: Vizi di prima formazione delle ossa del tarso (piede piatto embrionario) Posizione errata delle briglie amniotiche o oligoidroamnios (piede piatto fetale) Esisti di fratture (piede piatto post traumatico) Esiti di paralisi, processi infiammatori, neoplasie (piede piatto neurogeno, tubercolare, ecc) Insufficienza dei muscoli attivatori del piede (piede piatto statico) che si può riscontrare per sovraccarico (pp professionale) o per deficit delle strutture legamentose durante lo sviluppo adolescenziale (pp dell’adolescenza).

Se , per deficienze di origine costituzionale, rachitica, o endocrina, le strutture legamentose del piede non si adeguano rapidamente al rapido sviluppo dell’adolescente, si verifica il cedimento della volta longitudinale con alterazione dei normali rapporti articolari tra le ossa del tarso. Concorrono alla genesi della deformità: 1. Cattiva distribuzione del carico , che può verificarsi per coesistente ginocchio valgo 2. Piattismo infantile: è meno fq di quanto si pensi, tanto che è abitudine applicare dei supporti plantari nelle calzature dei bambini piccoli. Può essere erroneamente scambiata per piattismo l’iperplasia del tessuto adiposo plantare, costante nella prima infanzia. Solo in alcuni casi si ha effettivamente un appiattimento della volta plantare che, se non corretto entro i 4-5 anni, può evolvere sfavorevolmente nel piede piatto valgo dell’adolescenza.

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Ortopedia Anatomia patologica All’inizio ho alterazione dei rapporti articolari: Deviazione mediale o plantare dell’astragalo rispetto al calcagno Abbassamento della volta longitudinale e valgismo del calcagno Successivamente, con la progressione: Alterazione strutturale delle ossa del tarso, sollecitate in modo incongruo Conseguente precoce instaurazione di fenomeni artrosici

Sintomatologia Inizialmente è molto modesta: Facile stancabilità alla stazione eretta e deambulazione Riduzione della volta longitudinale sotto carico, sporgenza dello scafoide, valgismo del calcagno Assenza di dolore e conservazione della motilità del piede Successivamente: Eventuali manifestazioni dolorose a livello del collo del piede e del mesopiede Accentuazione delle anomalie morfologiche Rigidità del piede, detto “piede valgo contratto”, con impossibilità a flettere o a supinare il piede.  

L’impronta plantare, “podogramma”, mostra riduzione o scomparsa della zona plantare à8forma triangolare a base mediale) che di norma, sotto carico, non prende contatto con il suolo. Il radiogramma del piede, eseguito sotto carico e in proiezione laterale, mostra la riduzione di distanza (1,5cm) normalmente tesa tra il punto pià basso del cuboide e l’orizzontale tesa tra il calcagno e la testa del I metatarso.

Trattamento -

Calzature correttive ottenute la calco di gesso del piede mantenuto in posizione di ipercorrezione (varismo retropiede e pronazione dell’avampiede). Associazione con chinesiterapia per migliorare trofismo dei mm cavizzanti Dopo 6-7° anno di vita può essere indicata chirurgia.

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Ortopedia

OSTEOCONDROSI Fino a pochi anni fa erano dette osteocondriti. Dato che non sono di natura infiammatoria, il termine è improprio. Consistono in alterazioni di natura necrotico degenerativa, ad eziologia incerta, che colpiscono uno dei vari nuclei epifisari od apofisari durante il periodo della maggiore attività osteogenetica (accrescimento). Per tutte le diverse localizzazioni osteocondrosiche, è stato ammesso il carattere vascolare dell’affezione, TEORIA VASCOLARE – INFARTO OSSEO: dovuta alla riduzione dell’apporto ematico che può essere conseguente per esempio a un’occlusione. Osterocondrosi dell’epifisi prossimale del femore (m. di Perthes o Waldenstrom - Legg – Calve – Perthes)      

Abbastanza fq tra i 4 e 12y Prevalente nel sesso maschile Prende il nucleo epifisario della testa del femore Si localizza indifferentemente all’una o all’altra anca 10% bilaterale Evolve lentamente, a volte anche oltre i dodici mesi.

Anatomia patologica Abbiamo varie fasi di malattia che si sviluppano a livello del nucleo epifisario: Fase degenerativa Fase necrotica Fase ripartiva Possono essere contemporanee, ognuna con caratteri AP propri. Inizialmente: Degenerazione della cartilagine epifisaria, cioè dello strato cartilagineo localizzato tra la cartilagine articolare e il nucleo epifisario => vediamo vasi trombizzati, con fibrosi peri e intravasale. Sinovite linfoplasmacellulare Necrosi e frammentazione dell’osso spongioso sub condrale. Successivamente, nei casi non trattati, possiamo avere: Schiacciamento e deformazione del nucleo epifisario Presenza di processi riparativi con isole di ossificazione membranosa e neoformazione ossea intorno alle trabecole necrotiche. Accorciamento e ingrossamento del collo femorale Spinamento a “fungo” della testa femorale, c.d. coxa plana e coxa magna, incongruenza articolare.

Sintomatologia Dolore dopo affaticamento, all’anca, con irradiazione al ginocchio, lungo la zona interna della coscia (talvolta è solo al ginocchio). Claudicatio di fuga Atteggiamento di adduzione e rotazione esterna dell’arto => abduzione e intrarootazione sono limitate. Ipotrofia del quadricipite femorale Assenza di alterazioni delle condizioni generali e dei dati di laboratorio.

Quadro radiografico Fase di osservazione della malattia: Catterall identifica 4 gruppi basandosi sull’estensione dell’interessamento radiografico del nucleo epifisario, valutato sulla proiezione laterale della testa del femore:  I gruppo : interessamento di una piccola porzione antero laterale del nucleo epifisario.  II gruppo : interessamento della metà AL  III gruppo : interessamento dei 2/3 AL  IV gruppo : interessamento di tutto il nucleo

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Ortopedia Evoluzione della malattia: Inizialmente allungamento della rima articolare per aumento della cartilagine epifisaria e del liquido sinoviale Aumento dello spessore e irregolarità della cartilagine di coniugazione Progressivo addensamento del nucleo cefalico (può arrivare ad assumente un aspetto “metalizzato”) che sarà espressione della necrosi delle trabecole e del loro stipamento reciproco sotto l’azione di carico. Frammentazione del nucleo con alternanza di zone più radiotrasparenti e più radiopache “aspetto tigrato”. Questo è dovuto alla coesistenza di zone di riassorbimento delle trabecole necrotiche e la loro sostituzione da parte di tessuto osseo ripartivo (= trabecole più trasparenti) con zone necrotiche (più radiopaco) che non sono ancora andate incontro a riparazione. Il collo femorale diventa corto e tozzo.

Prognosi Dipende dalla precocità della diagnosi e del trattamento, dall’età del paziente (più tardi compare la malattia e peggiore sarà la prognosi) dall’estensione delle alterazioni del nucleo epifisario: favorevole nei I e II gruppo, sfavorevole nel III e IV. Trattamento È incruento, dura molti mesi e serve per sottrarre il carico all’anca onde evitare, durante le fasi evolutive della malattia, lo schiacciamento dell’epifisi prossimale. Apparecchi gessati o tutori pelvi cotiloidei che vengono periodicamente rinnovati. Favoriscono lo scarico sulla tuberosità ischiatica per favorire la deambulazione senza sottoporre l’anca all’azione di carico. Contenimento mobile della testa del femore nell’acetabolo. Si può far questo grazie a tutori che permettono deambulazione mantenendo anca in abduzione. In questo modo: a. Sottraggo il carico dall’anca malata b. Favorisco il rimodellamento reciproco tra testa femorale ed acetabolo c. Miglioro la nutrizione della cartilagine (si attua per penetrazione del liquido sinoviale durante i movimenti articolari).

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Ortopedia Osteocondrosi vertebrale giovanile (m. di Scheuermann) Consiste nella localizzazione dell’osteocondrosi a livello dei piatti cartilaginei epifisari (superiore e inferiore) di più corpi vertebrali dorsali (più raramente lombari) . Di solito indolore Caratterizzata da un progressivo incurvamento dei dorso con accentuazione di cifosi fisiologica (c.d. dorso curvo giovanile) e iperlordosi lombare di compenso. Radio graficamente vedo frastagliamento e irregolarità delle superfici superiore e inferiore dei corpi vertebrali, con loro lieve deformazione a cuneo anteriore ( e secondario incurvamento in cifosi della colonna). Trattamento: tutori, corsetti gessati, ginnastica.

Osteocondrosi dello scafoide del tarso (m. Ia di Kohler) Radiograficamente lo scafoide appare addensato ed appiattito. Clinicamente si ha dolore alla deambulazione. Trattamento: gambaletto gessato sino a completa riduzione e ristrutturazione dell’osso.

Osteocondrosi dell’epifisi distale del II metatarso (m. II di Kohler) Si manifesta con dolore sotto carico e claudicatio. L’esame radiografico mostra appiattimento della testa del 2o metatarso, la cui estremità appare addensata e frammentata. Trattamento con solette ortopediche. Osteocondrosi dell’apofisi del calcagno (m. di Sever Blenke) Dolori saltuari in sede calcaneare dopo affaticamento. Radio graficamente il nucleo di ossificazione della grossa tuberosità può essere frammentato ed addensato. Clinicamente ho dolore alla palpazione locale. L’affezione evolve e guarisce spontaneamente in alcuni mesi. Trattamento: soletta ortopedica di sostegno e scarico calcaneare con sospensione dell’attività ginnico sportiva. Osteocondrosi dell’apofisi tibiale anteriore (m. di Osgood-Schlatter) Clinicamente ho: Tumefazione locale Dolore alla palpazione Dolore nelle sollecitazioni alla contrazione del quadricipite Radiografia: ipertrofia, frammentazione e accentuazione opacità del nucleo apofisario. Guarigione spontanea entro un anno. Trattamento : sospensione dell’attività ginnico sportiva durante le fasi più dolorose della patologia. Solo se dolore molto intenso si applica una valva gessata per 20 giorni in sede posteriore femoro malleolare.

Osteocondrosi dissecante (m. di Konig) Può colpire anche l’adulto. Più che osteocondrosi è una vera e propria necrosi parcellare che interessa solo una piccola parte, lenticolare, della cartilagine e della corrispondente spongiosa sub condrale dell’epifisi distale del femore. Può coinvolgere più raramente l’epifisi distale dell’omero e quella dell’astragalo. Il frammento osteocartilagineo, che subisce fenomeni necrotici, si demarca nettamente da tessuto circostante, fino a distaccarsi e a cadere nell’articolazione (c.d. topo articolare). Sintomatologia : fase prodromica è intermittente, il dolore è scarsamente localizzato, ho idrarti recidivanti e ipotrofia muscolare. Nella fase successiva, quando il topo articolare si è distaccato, posso avere blocco dell’articolazione, con impossibilità, nel caso del ginocchio, di flettere ed estendere la gamba => D/D con lesione menisco.

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Ortopedia Radiograficamente riscontro una linea di radio trasparenza che delimita una piccola zona lenticolare. Quando questa si è distaccata si evidenzia nel radiogramma una piccolo corpo libero, con margini arrotondati e lisci, e vedo anche la icchia da cui il corpo si è staccato. Trattamento: asportazione in artroscopia della piccola zona lenticolare. A volte, se il frammento cartilagineo è abbastanza grande e non si è ancora staccato, si può tentare la fissazione con delle viti di metallo o materiale riassorbibile!

EPIFISIOLISI E’ una lesione non infiammatoria della cartilagine di coniugazione interposta tra testa e collo del femore, per cui, quasi per un cedimento (lisi) della epifisi rispetto alla metafisi l la testa femorale finisce per scivolare (listesi) posteriormente e in basso. Eziopatogenesi Il disturbo colpisce generalmente soggetti che, in età prepuberale, presentano un eccessivo peso corporeo, spesso in associazione ad alterazioni più o meno accentuate della sfera endocrina. L’aumento ponderale, agendo su una cartilagine in accrescimento, provocherebbe lo slittamento del nucleo epifisario dalla testa del femore all’indietro e in basso determinando un varismo cervico – cefalico più o meno accentuato. 

Le condizioni che determinano un varismo dell’anca sono numerose: o nell’adulto può essere un esito di fratture pretrocanteriche mal consolidate; o nell’infanzia, può rappresentare l’esito di alterazioni congenite, rachitiche, traumi, processi infiammatori. In tutti quetsi casi la alterazione avviene tra il collo e la diafisi femorale (varismo cervico – diafisario). Invece, nell’epifisiolisi (c.d. coxa vara degli adolescenti) l’alterazione si verifica tra il collo e la testa femorale (varismo cervico-cefalico).

Il varismo da epifisiolisi viene a determinarsi progressivamente, in genere in alcuni mesi, e comunque tardivamente rispetto all’inizio della malattia.

Anatomia patologica I reperti variano in rapporto ai diversi stadi evolutivi: Fase di epifisiolisi pura: ho solo alterazioni della cartilagine di accrescimento che ne diminuiscono la resistenza e predispongono a uno scivolamento epifisario. Istologicamnete si osserva un aumento dello spessore della cartilagine di accrescimento sino a 2-3 volte il normale per riduzione dello strato delle cellule a riposo e notevole aumento di spessore degli stati proliferativo, maturativo e ipertrofico. Fase di pre – epifisiolistesi (dal greco olistesis, scivolamento) si riscontra un lievissimo scivolamento.

Fase di epifisiolistesi, nella quale lo scivolamento della epifisi sul collo femorale raggiunge la sua conclamata manifestazione radiografica e clinica. NB. Ognuna di queste fasi dura anche diversi mesi. A volte però un evento traumatico, anche se di lieve entità, può determinare uno scivolamento acuto dell’epifisi femorale.

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pre epifisiolistesi

epifisiolistesi conclamata

Sintomatologia 



normalmente ho 1) dolore inguinale modesto, con irradiaizone fino al ginocchio e recede col riposo. 2) Zoppia di fuga costante 3) Atteggiamento dell’arto in adduzione e rotazione esterna 4) Netta limitazione ad intraruotare e abdurre, anche passivamente, l’arto. In caso di scivolamento acuto dell’epifisi femorale ho dolore improvviso ed impotenza funzionale totale: si costituisce un quadro clinico molto simile a quello del DISTACCO EPIFISARIO.

Radiografia Molto importante è il reperto iniziale, da confrontare con un quadro radiografico normale: Lieve incurvamento, in basso e posteriormente, del collo femorale (meglio visibile in proiezione laterale) Allargamento della linea di coniugazione cervico epifisaria Irregolarità nella zona metafisaria, che in corrispondenza della cartilagine di accrescimento, può presentare un aspetto c.d. a “pelle di leopardo”, cioè con delle zone raidotrasparenti alternate a zone raidopache. Questi segni permettono in generale di formulare una diagnosi precoce. Il sospetto clinico deve essere posto in tutti quegli adolescenti che presentano (assieme spesso a note di disendocrinia) una pur modesta e saltuaria coxalgia. Nella fase di pre epifisiolistesi si riscontrano: Iniziale scivolamento denunciato dalal presenza di un “gradino” nel punto di passaggio tra metafisi ed epifisi. Nella fase di epifisiolistesi si ha Immagine c.d. “a virgola” dell’epifisi femorale, scivolata in basso e posteriormente rispetto al collo femorale. Aumento del’incurvamento posteriore e verso il basso del collo femorale. Neoapposizione ossea tra la testa e il collo, negli angoli risultanti dallo spostamento del nucleo epifisario.

Prognosi: è buona se l’affezione è trattata precocemente. In caso contrario essa passa subdolamente dalla fase di slittamento prodromico allo slittamento grave con esito in varismo cervico cefalico, che può rappresentare il primum movens all’artrosi precoce dell’anca. Trattamento : chirurgico, dopo aver tentato un’incruenta riduzione dell’eventuale scivolamento epifisario recente. Si effettua un avvitamento dell’epifisi al collo femorale con una o due viti o altri mezzi di sintesi (epifisiodesi). I mezzi di sintesi vengono rimossi quando radio graficamente abbiamo la scomparsa della cartilagine di accrescimento.

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SPONDILOLISI E SPONDILOLISTESI Spondilolisi È relativamente frequente Colpisce elettivamente la V vertebra lombare e meno fq la IV. Talora unilaterale Nel 50-60% dei casi è seguito da spondilolistesi

Eziopatogenesi Molto dibattuta: teoria traumatica, displastica, congenita trofostatica ECCETERA ECCETERA. Anche confermando la genesi displastica, recenti studi hanno trovato che questo tipo di lesioni è di fq riscontro in atleti che abitualmente sottopongono la cerniera lombo sacrale a stress ripetuti, come i sollevatori di pesi: quindi, in soggetti magari già affetti da meiopragia (?) istmica, per sollecitazioni ripetute a questo livello andrebbero incontro a lisi dell’istmo.

Anatomia patologica: la zona di lisi evidenzia un tessuto fibroso denso, con note degenerative.

Sintomatologia La spondilo lisi decorre spesso in maniera asintomatica, potrebbe essere diagnosticata solo tramite reperto radiografico occasionale. Talvolta si manifesta con improvvise lombalgie, secondarie a brischi movimenti, come salti eccetera, accompagnate da un modesto dolore alla schiena alla pressione sulle apofisi spinose, da limitazione articolare, ecc. Radiografia Nelle proiezioni ortogonali non si hanno costantemente reperti dimostrativi. Invece nelle proiezioni OBLIQUE della colonna lombare la spondilo lisi dà un reperto patognomonico => decapitaizone del cagnolino, cioè dell’immagine che rappresenta schematicamente l’emiarco posteriore della vetrebra. Trattamento Norme igieniche: evitare professioni, sport, posture che possono favorire lo scivolamento della vertebra lesa su quella sottostante. Nelle eventuali fasi dolorose: riposo, analgesici, fisioterapia. Se forme molto dolorose ed intense, intervento chirurgico => artrodesi.

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Ortopedia Spondilolistesi Si verifica quando la vertebra lombare, sede della lisi istmica, scivola anteriormente e in basso, perché non più unita alle apofisi articolari inferiori. Fenomeno può essere acuto o graduale 2a – 3a decade di vita Si arresta, non si sa ancora perché, all’inizio dell’età adulta. Eziopatogenesi Lo scivolamento vertebrale suppone una lisi istmica che disancori il corpo vertebrale dalle strutture ossee dell’arco posteriore ed una costituzionale lassità legamentosa.

Anatomia patologica Lo scivolamento può essere appena accennato, ma può essere tanto accentuato da far apparire la vertebra lesa trasposta anteriormente a quella sottostante. La forma della vertebra olistesica col passare del tempo diventa trapezoidale. Il disco intervertebrale corrispondente è ridotto a un ammasso di tessuto fibroso, schiacciato. L’interessamento della radice nervosa in corrispondenza della lisi è INCOSTANTE. Quando è presente è dovuto più a stiramento che a un “ghigliottinamento” della radice nel foro di coniugazione.

Sintomatologia   

Sensazione di uno scalino alla palpazione delle apofisi spinose Affossamento mediano in sede lombare (incostante) accompagnato in genere a iperlordosi Lombo sciatalgia o lombalgia a seconda che sia stata interessata o meno la radice spinale corrispondente; il dolore insorge spesso in modo acuto anche a seguito di un modesto trauma.

Radiografia Nella proiezione laterale è possibile evidenziare: a. Il grado di slittamento b. La netta riduzione dello spazio intersomatico c. Deformazione trapezoidale del corpo vertebrale d. Eventualmente proliferazione osteofita ria anteriore Nelle proiezioni oblique abbiamo: a. Lisi istmica b. Eventuale restringimento del formane di coniugazione

Prognosi È benigna tenuto conto che: 1. Non tutte le spondilolistesi vanno incontro necessariamente a quadri più gravi, sia dal pdv AP (entità dello slittamento) che clinico (dolore). 2. Non si avranno peggioramenti una volta superati i 25-30y, perché in questa età il processo viene ampiamente considerato stabilizzato.

Trattamento   

Prima dei 20-25 y: in presenza di uno scivolamento acuto, riduzione incruenta e artrodesi intervertebrale Doppo i 20-25 y: in presenza di lombalgia o lombosciatalgia cronica non accentuata: trattamento medico (antalgici) o fisioterapico (massoterapia) e ortopedico (busto in stoffa e stecche rigide). Se lombo sciatalgia molto intensa, chirurgia.

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SCOLIOSI Deviazione permanente laterale, rispetto al piano frontale, del rachide, ad eziopatogenesi multipla (più spesso ignota), cui conseguono anche gravi alterazioni estetiche e funzionali. Essa si aggrava in corrispondenza delle crisi di sviluppo staturale e tende ad arrestarsi nella sua evoluzione col cessare dell’attività delle cartilagini di accrescimento dei corpi vertebrali. D/D con atteggiamenti scoliotici:  Scoliosi organica => è un dimorfismo del rachide  Scoliosi funzionali => paramorfismi visibili solo quando la CV è sotto carico, in funzione appunto. Classificazione

Genesi della malattia

  

Scoliosi idiopatiche Congenite Acquisite

Età di prima osservazione

   

Scoliosi neonatali Infantili Giovanili Dell’adolescenza

Sede della curva primitiva

   

Scoliosi lombari Combinate orso lombari Dorsali Cervico dorsali

Entità della deviazione angolare della curvatura

  

Inferiori ai 20° Tra i 20 e i 40° Sopra i 40°

NB può essere più o meno lontana da quella in cui la patho si è formata!

Eziopatogenesi Scoliosi idiopatiche o essenziali 80-88% di tutte le scoliosi 2% dei soggetti prepuberi Femmine Causa ignota: si pendsa a una alterazione primaria della muscolatura paravertebrale, oppure ereditarietà, familiarità, deficit alimentari, tossici, vitaminici, alterazioni del ricambio, endocrinopatie … Scoliosi congenite Conseguono a malformazioni associate o meno a sinostosi Dismorfie della cerniera lombo sacrale (emisacralizzazioni, schisi posteriori…) Sinostosi costali Scoliosi acquisite lesioni della cartilagine di accrescimento dei metameri vertebrali (condilo distrofia spondilo epifisaria, esiti di affezioni traumatiche o infiammatorie) lesioni app. neuromuscolare (postumo di poliomelite, ipertonie asimmetriche della CV negli spastici …) lesioni toraciche (fibrotorace, esiti di toracoplastica per empiemi …) lesioni ossee sistemiche o a focolaio (osteoporosi, rachitismo, neurofibromatosi …) scoliosi statiche, secondarie cioè a una obliquità del bacino dovuta a dismetria degli arti inferiori anche di modico grado (1-3 cm) 29

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Anatomia patologica Ogni localizzazione della scoliosi presenta caratteristiche AP elementari definibili attraverso: 1) Curvatura principale o primitiva: è quella prodotta direttamente dall’agente eziologico responsabile della scoliosi. Può interessare ognuno dei tre distretti rachidei (dorsale, cervicale o lombare), oppure ognuno dei tratti di passaggio. Si distingue facilmente dalle curve secondarie perché presenta le maggiori alterazioni strutturali. 2) Curvature secondarie o di compenso: si sviluppano nei tratti sopra e sotto stanti la curvatura primitiva, per compensare. 

NB ogni curvatura presenta una vertebra apicale e due vertebre estreme. La apicale è la vertebra posta all’apice della curva, ovvero è la vertebra che, sul piano frontale, si trova più distante dal normale asse rachideo. Presenta alterazioni strutturale perché sottoposta a maggiori sollecitazioni. Le vertebre estreme invece sono poste ai limiti della curva, rappresentano la transizione verso la vertebra diretta in senso opposto.

3)

Rotazione di tutto il tratto vertebrale interessato dalla curvatura, intorno all’asse longitudinale del rachide, con torsione delle vertebre su se stesse. Pertanto i corpi vertebrali si portano verso il lato convesso della curvatura, mentre le spinose si portano verso il lato concavo. Deformazione dei singoli corpi (di entità decrescente dalla vertebra apicale alle vertebre estreme) per danno prodotto dallo sviluppo endocondrale dalle sollecitazioni del carico che hanno agito asimmetricamente. Deformazioni del torace => gibbo posteriore, che si sviluppa dal lato della convessità della curvatura dorsale, per spinta, sulle costole, da parte delle apofisi trasverse delle vertebre che ruotano su se stesse. Si accompagna con lo stesso meccanismo un gibbo anteriore che si sviluppa dal lato della concavità della curva dorsale. Modificazioni degli organi endocavitari: secondariamente a gravi asimmetrie toraciche, avrò stasi nel piccolo circolo e ipertrofia del cuore dx.

4) 5)

6)

T T T T T

Nelle scoliosi lombari si ha una curva principale estesa da D11 a L3 e con apice su L1 o L2. Le curve di compenso, a grande raggio, si sviluppano nel tratto dorsale e, distalmente, a livello lombosacrale. Nella scoliosi dorso lombari di solito c’è una curva molto ampia estesa dalla D6-D7 alla L2-L3. La vertebra apicale è rappresentata per lo più da D11 o D12. E’ frequente uno “strapiombo”. Nelle scoliosi combinate dorsali e lombari si hanno due curve principali dipsoste a S italica: quella dorsale che si estende da D5 a D10 e quella lombare da D11 a L3, con apice su L1-L2. Nelle scoliosi dorsali la curva primitiva interessa in genere sei vertebre: dalla D4-D6 alla D11-D12. La apicale è D8 oD9. Si hanno due curve di compenso, una cervico dorsale e una lombare. Nelle scoliosi cervico dorsali, molto rare, ho una curvatura primitiva, a raggio piuttosto piccolo, estesa per 5-6 vertebre con apice sulla D1 o D2. 30

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Sintomatologia La malattia insorge ed evolve in maniera subdola, senza compromissione e coinvolgimento delle condizioni generali. Per evitare le conseguenze, occorre ricercare in tutti gli adolescenti i età prepubere i sintomi prodromici:

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12345-

Incurvamento laterale della linea risultante dall’unione di tutte le apofisi spinose Slivellamento del normale parallelismo presente ta le due linee congiungenti le spalle e le creste iliache ; slivellamento di una scapola rispetto all’altra; nelle bambine, differenza di volume del seno. Asimmetria triangoli della taglia Eventuale “strapiombo” del tronco rispetto al bacino. Eventuale presenza/accenno di gibbo costale ben evidenziabile, anche nella sua incipiente invitando il pz a flettere anteriormente il tronco.

Radiografia 



Il radiogramma deve comprendere la CV in toto. Esso deve essere praticato a pz in stazione eretta, cioè sotto carico, e in posizione supina, cioè fuori carico. Questo serve per obiettivare se la deviazione frontale, trovata al riscontro clinico, scompare fuori carico, come accade negli atteggiamenti scoliotici. I radiogrammi in stazione eretta permettono di evidenziare una coesistente obliquità del bacino => scoliosi statiche, verificando se questa può essere corretta appondendo un rialzo alla calzatura dell’arto ipometrico.

Nelle scoliosi idiopatiche l’esame radiografico ha un ruolo di primo piano: i dati essenziali al giudizio prognostico e terapeutico derivano proprio da questa indagine. Del radiogramma si possono rilevare: 1) Le alterazioni di forma del corpi vertebrali, tanto maggiore quanto più l’immagine delle spinose si sposta verso la concavità della curva. 2) La sede della curva primitiva, per inquadrarla in uno dei tipi descritti. 3) Il grado della curvatura: tramite il metodo di Cobb possiamo misurare l’entità della deviazione angolare.  La misurazione tramite il metodo di Cobb si effettua tracciando due linee lungo le superfici articolari superiore ed inferiore delle vertebre estreme ed abbassando le perpendicolari a queste linee: l’angolo supplementare “alfa” che risulta dall’intersezione delle perpendicolari esprime, in gradi, l’entità della curva scoliotica, permettendone la collocazione in uno dei gruppi. 4)

L’età scheletrica dle rachide cioè il grado di attività residua della cartilagini epifisarie delle vertebre, valutabile con il tesi di Risser  Il test di Risser si effettua misurando il grado di “copertura” delle creste iliache da parte dei rispettivi nuclei di ossificazione. Tale copertura si sviluppa generalmente in sincronia con la ossificazione della cartilagini epifisarie in un arco di tempo di circa 26 mesi. Inizia attorno ai 13y (Risser 1) Termina completamente a 15y (Risser 5)

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L’esame radiografico, per essere esauriente, deve verificare la correggibilità della curva. Per questo i radiogrammi,oltre che in posizione eretta e supina, vanno fatti anche in bending (inclinazione laterale) destra e sinistra. Il confronto dei radiogrammi indica la correggibilità delle curve e quindi la loro strutturazione.

Prognosi Nelle scoliosi statiche, precocemente diagnosticate e trattate, la prognosi è buona. Nelle scoliosi idiopatiche, il problema è più delicato, dato il diverso potenziale evolutivo delle diverse forme cliniche! A fini pratici valgono come criteri orientativi questi concetti generali:   

Chiusura delle cartilagini epifisarie vertebrali, che avviene tra i 16 e i 17 anni, arresta a progressiva evoluzione della malattia. (salvo variazioni dell’età scheletrica accertabili con il Risser test). Crisi puberale è il periodo peggiore per la evoluzione della deformità, dato che in questo periodo si ha il picco di attività osteogenica delle cartilagini epifisarie (infatti è il periodo in cui ho un rapido incremento staturale). Ci sono almeno tre fattori che possono definire la prognosi della scoliosi idiopatica in atto: Età: la prognosi è peggiore se la malattia ha più potenziale evolutivo => lasso di tempo maggiore tra la data di insorgenza della scoliosi e la data di chiusura della cartilagini vertebrali. Tipo di curvatura: prognosi decrescente scoliosi: DORSALI => DORSO-LOMBARI => COMBINATE => LOMBARI.  Le dorsali sono le peggiori perché presentano le maggiori alterazioni strutturali e tendono facilmente ad aggravarsi e a scompensarsi . Gradi di deviazione angolare: è stato accertato che a parità di età e stesso tipo di curva, la prognosi migliora se il grado di deviazione angolare è basso.

Trattamento Negli atteggiamenti scoliotici il programma terapeutico si basa su lunghi e ripetuti cicli di ginnastica. Nelle scoliosi statiche: Se la curva appare correggibile solo tramite rialzo posto sotto la calzatura dell’arto ipometrico, seguono ripetuti cicli di ginnastica. Se ai controlli successivi si nota una tendenza al peggioramento, si inizierà il trattamento previsto per le forme idiopatiche. Se gravi dismetrie (> 5-6 cm) contemporaneo allungamento dell’arto ipometrico. Nelle scoliosi idiopatiche il risultato è subordinato alla precocità della diagnosi.

Forme idiopatiche iniziali: sono caratterizzate da modesta angolazione (meno di 20°), in sede e in età favorevole. E’ sufficiente attuare una terapia cinesiterapica controllando sempre il pz (se ho aggravamento, farò un trattamento più strong).  Gli esercizi muscolari assumono in questa affezione un valore notevole. Lo scopo è quello di stimolare la muscolatura paravetebrale, riequilibrare i movimenti del tronco, di favorire una stabilizzazione attiva delle curve.  Gli esercizi fisici devono sempre essere associati a ginnastica respiratoria, indispensabile per il completamento terapeutico in tutte le fasi del trattamento.

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Ortopedia Forme idiopatiche più gravi: con curvatura superiore ai 20° ma minore di 40°. Trova applicazione la terapia ortopedica incruenta, che consiste nell’applicazione di corsetti ortopedici correttivi alternati o meno, a seconda della gravità della deformità, a corsetti gessati. Tipi di tutore: Nelle sc. Dorsali e in quelle cervico dorsali, in pz in età prepubere, si usa il corsetto Milwankee. Ha una parete pelvica plastica (“canestro pelvico”), formata a partire da un calco di gesso, che riproduce le strutture anatomiche del pz ed è collegata a una sovrastruttura ad aste metalliche in altezza, sormontate a livello della nuca, da un collare che stimola il pz, per evitare fastidiose pressioni sulla cute in questa regione, ad eseguire continuamente degli esercizi di auto estensione attiva del rachide. Il corsetto ha anche “pellote e cunei di spinta?” che modellano la zona lombare e dorsale. Nelle scoliosi dorsali basse e in quelle lombari, i pz di età più avanzata si usano dei corsetti Boston o Chernau, di plastica, univalve e privi della sovrastruttura metallica,. La loro funzione correttiva resta unicamente affidata all’applicazione di opportune spinte interne al corsetto, che hanno funzione deflettente e derotante sulla curvature patologiche. Da alcuni anni, nelle forme più giovanili, entro certi limiti di gravità, viene usata una tecnica di elettrostimolazione notturna della muscolatura paravertebrale a livello della curvatura scoliotica. L’elettrostimolazione viene effettuata mediante elettrodi applicati sulla cute o in profondità. Per alcuni mesi può essere necessario applicare, oltre ai dispositivi sopra, dei corsetti gessati. Eseguiti nel corso di manovre di trazione, rotazione e deflessione effettuate su speciali lettini ortopedici (di Risser, di Cotrel). Alla stabilizzazione delle curve, controllate tramite radiografie, segue un corsetto ortopedico univalve.

Ovviamente questi corsetti devono essere portati dal pz giornalmente, secondo un programma personalizzato, fino alla maturità scheletrica, associando sempre esercizi muscolari e respiratori per favorire il trofismo dei mm paravetebrali e . e lo sviluppo di una capacità respiratoria.

Nelle scoliosi molto gravi con curvatura oltre i 45° o in quelle che non rispondono in modo soddisfacente al trattamento incruento descritto, trova indicazione la terapia chirurgica. Essa è preceduta generalmente da trattamento preoperatorio cinesiterapico incruento. Nelle forme oltre i 70° di curvatura la correzione preoperatoria è realizzata con apparecchi gessato di distensione e derotazione preogressiva o con l’applicazione sul tavolato esterno delle ossa parietali e di quelle frontali di una trazione tran scheletrica cranica, la c.d. Halo traction, che viene mantenuta per 1-2 mesi. Ottenuta la migliore correzione possibile, si passa all’artrodesi per via posteriore delle vertebre interessate dalal curvatura scoliotica, con trapianti autoplastici prelevati dalle ali iliache. 

Un altro sussidio per migliorare intraoperatoriamente la correzione raggiunta per via incruenta e mantenerla per il tempo necessario all’attecchimento dei trapianti è l’applicazione del c.d “distruttore di Harrington”. È un’asta applicata sul versante concavo della curva scoliotica ed ancorata alle la mine delle due vertebre estreme mediante due uncini che (a seconda della distensione da raggiungere) possono scorrere verso gli estremi della dell’asta stessa. In altri casi si può effettuare un accesso anteriore con applicazione, o meno, di sistemi distrattivi metallici. Anche i pz sottoposti ad operazione devono essere immobilizzati entro corsetti gessati.



Metodiche più recenti, come la Cotrel Dobousser, usano mezzi di stabilizzazione rappresentati da una doppi a barra modellabile, per mantenere le curvature sagittali del rachide, e una serie di uncini, anche 8-10, che permettono di evitare la contenzione postoperatoria in gesso.

In tutte le fasi dei vari trattamenti => ginnastica respiratoria e fisiochinesiterapia.

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Ortopedia

CIFOSI Accentuazione della normale curvatura dorsale del rachide. Classificazione:  C. posturale  C. congenita  C. da osteocondrosi  C. da osteoporosi

Epidemiologia Epidemiologicamente, aumento delle cifosi posturali giovanili che giungono a osservazione e trattamento ortopedico, più che altro per esigenze estetiche prima trascurate.

Patogenesi La cifosi inizialmente non dà disturbi funzionali. Se trascurate possono dar luogo a dirsi algie e cervico algie resistenti.

Diagnosi È clinica , visibile all’ispezione. Confermata con misurazione dell’angolo di curvatura misurato su radiogrammi in stazione eretta.

Trattamento Corsetti ortopedici tipo Milwankee o Chernau … ; nei casi più gravi corsetti gessati fino al trattamento chirurgico con artrodesi in combinata anteriore e posteriore.

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Ortopedia

LOMBALGIA La sintomatologia è limitata alla regione lombare. È la espressione clinica di un qualunque processo che colpisce le strutture osteofibrose del rachide senza determinare alcuno risentimento sulle radici spinali corrispondenti.

È la sindrome lombare di più q osservazione. Colpisce specie l’età adulta Più fq nelle professioni che espongono le articolazioni dle rachide a una maggiore usura Può avere natura vertebrale o extravertebrale: Lombalgie vertebrali: 1- infiammazione complesso articolare vertebra –vertebra: dolore e contrattura riflessa dei muscoli paravertebrali. Il processo infiammatorio causando un temporaneo aumento di volume (per edema) all’interno del canale vertebrale, o a livello delle faccette articolari posteriori, provoca la stimolazione delle terminazioni del plesso endorachideo del Luschka e del tronco primario posteriore che innervano:  componenti articolari posteriori della vertebra,  muscoli paravertebrali  cute. E’ totalmente reversibile. 2- artrosi del complesso articolare: la riduzione dell’altezza del disco intervertebrale causato da una riduzione del volume e dell’idratazione causa un restringimento del canale vertebrale e del canale di coniugazione. 3- ernia del disco: tipica causa di lombosciatalgia 4- altre patologie vertebrali (spondilolistesi,stenosi del canale vertebrale, infezioni, fratture):  spondilolisi e spondilistesi, descritte in seguito in modo più dettagliato.  infezioni.  fratture, descritte in precedenza.  spondilite anchilosante di Marie Stuppel: interessa tutti i ligamenti anteriori e posteriori della  colonna vertebrale. Si tratta di una patologia che rientra nell’ambito delle spondiloartriti sieronegative, di competenza  quindi immunologica: sono possibili correzioni chirurgiche parziali, ma inesorabilmente la colonna  si irrigidisce e il paziente iperestende rachide e collo.  stenosi spinale o vertebrale: riduzione dell’ampiezza del canale vertebrale e compressione del midollo : tra la vertebra e l’arco posteriore un processo di tipo compressivo o comunque in grado di ridurre il volume del canale induce una serie di conseguenze importanti quali sofferenza ischemica del canale vertebrale. Valutata tramite risonanza magnetica, è trattabile chirurgicamente rimuovendo parte della regione posteriore della vertebra, in particolare l’arco e strutture limitrofe, consentendo al midollo di ampliarsi.  processi meccanici dalla malposizione per ipotrofia dei muscoli addominali al sovrappeso,si tratta di meccanismi che inducono una modifica complessiva dell’intero organismo producendo una alterazione del carico al rachide.  deformazioni della colonna vertebrale, dalla scoliosi alla iperlordosi. 5- neoplasie primitive e secondarie: la colonna vertebrale è la sede più frequente di metastasi per quanto riguarda l’apparato scheletrico. In particolare ricordiamo:  Prostata.  Mammella  Rene e surrene.  Polmone.  Tiroide. Le lesioni da essi provocate possono essere di tipo osteoblastico o osteoclastico a seconda dei casi. I tumori delle regioni prossime al rachide possono essere topograficamente suddivisi in due categorie:  -Extradurali, sono di competenza ortopedica.  -Intradurali, sono di competenza neurologica. Lombalgie extravertebrali: 1- patologie reno-ureterali (colica renale) 2- patologie vascolari (aneurisma aorta addominale) 3- patologie ginecologiche (endometriosi) 4- patologie intestinali 5- prostatiti 6- aneurisma dell’aorta addomiane sebbene sia raro ad oggi che venga diagnosticato in una fase così avanzata. Importante valutare, per la DD:  le caratteristiche,  la modalità di insorgenza del dolore,  variabilità in seguito a cambi posturali ecc.

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Ortopedia Sintomatologia Obiettività: 1. Dolore spontaneo localizzato al rachide lombare,con accentuazione del dolore alla pressione locale e per tentativi di mobilizzazione del tronco. 2. Contrattura delle masse muscolari paravertebrali con secondario atteggiamento obbligato del rachide lombare in lieve flessione anteriore o laterale. 3. Rigidità del tronco, ben evidenziabile anche per tentativi a flettere anteriormente il rachide.

Fisiopatologia: il dolore in questo caso è espressione della irritazione/compressione dei filuzzi nervosi che provenendo dal nervo seno vertebrale di Lushka si distribuiscono alla porzione periferica dell’anulus fibrosus, al leg longitudinale posteriore, al periostio che ricopre i corpi vertebrali e le strutture ossee dell’arco posteriore delle vertebre , alle formazioni capsulo legamentose delle articolazioni apofisarie ecc. da questi tutti diversi punti di attacco può partire lo stimolo scatenante la risposta lombalgica. Il dolore lombalgico in rapporto ai caratteri di INTENSITA’ e INSORGENZA va distinto in acuto e cronico.

Lombalgia acuta Insorge improvvisamente spesso senza causa apparente I meccanismi che più frequentemente la provocano sono due: a) Distensione acuta dell’anulus: il dolore in questo caso sembra dovuto alla irritazione delle terminazioni sensitive delle fibre dell’anulus e del legamento longitudinale posteriore, messe in sovra estensione dalla spinta esercitata dal nucleo, per uno sforzo anche banale. b) Distorsione delle articolazioni interapofisarie: meno fq, il dolore sembra determinato dalla distrazione o da piccole lacerazioni della capsula che riveste questa articolazioni e che possono verificarsi nel corso di incongrui movimenti di rotazione del tronco. Dovuta principalmente alla contrattura della muscolatura posteriore del tronco e della colonna lombare. Dolore e contrattura sono molto intensi e spesso intollerabili al minimo sforzo, come anche la tosse. Radiografia Fq riscontro di riduzione della normale lordosi e/o deviazione laterale del rachide lombare, dovuto a contrattura mm. La sindrome si risolve di norma entro pochi giorni con riposo e terapia medica a base di antinfiammatori, miorilassanti. Talvolta passa gradualmente nel quadro clinico della LOMBOSCIATALGIA oppure sfuma nella forma cronica.

Nervo seno vertebrale di Lushka

Distensione acuta dell'anulus

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Distorsione delle articolazioni interapofisarie

Ortopedia Lombalgie croniche Possono essere così fin dall’inizio oppure possono rappresentare la cronicizzazione di un quadro acuto o subacuto. Sono spesso un grave problema, perché si protraggono a lungo e sono un grosso limite per le attività lavorative del pz.

I fattori più fq responsabili sono: 1. Protrusione dell’anulus, si vede bene in TC o RMN. Queste hanno sostituito nel tempo la saccoradiculografia, indagine invasiva ma che faceva vedere bene l’impronta scodelli forme che l’anulus produce sul profilo anteriore del sacco meningeo lombare. 2. Artrosi intersomatica e interapofisaria 3. Anomalie congenite del limite lombosacrale, per il sovraccarico funzionale che esse comportano sui dischi sovrastanti. 4. Squilibri statico dinamici: spostamento della linea di carico del rachide, obesità, gravidanza, scoliosi, ipocinesie (deficit muscolatura paravertebrale). 5. Processi infettivi: TBC, tifo 6. Osteopatie metaboliche (iperparatiroidismo, osteoporosi, osteomalacia …) 7. Neoplasie benigne: angioma ha caratteristico aspetto a palizzata, poi en condroma, granuloma eosinofilo … 8. Neoplasie maligne: primitive come osteosarcoma vertebrale, o secondarie e neoplasie prostatiche,mammarie, … Si caratterizza per:  presente al risveglio,  peggiora durante la giornata.  Periodi di remissione/intensità. Riduzione attività fisica con conseguente inattività mm, diminuzione della stabilità del rachide e innesco di un circolo vizioso. Diagnosi Anamnesi: lavoro, attività fisica, caratteri del dolore. Esame obiettivo: deformità, palpazione sulla linea delle spinose, impotenza funzionale con preclusione della flessione. Diagnostica per immagini: radiografia del rachide lombare per evidenziare eventuali deformità, fratture, artrosi, scoliosi. TC RM Trattamento:  lombalgia acuta: sintomatico. riposo, antinfiammatori prima intramuscolo poi per os, fisioterapia per rilassare i muscoli, calore, elettroanalgesia.  lombalgia cronica: antinfiammatori e riabilitazione per recuperare la postura e rinforzare la muscolatura.

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Ortopedia

LOMBOSCIATALGIE Sindrome dolorosa che dalla regione lombosacrale si irradia con distribuzione radicolare all’arto inferiore, nel territorio del nervo sciatico. Anatomia I fasci nervosi che entrano a costituire in nervo grande sciatico derivano dalle radici L1,S1,S2,S3,S3 (plesso sacrale). Nello spessore del nervo decorrono le fibre dei due rami terminali – tibiale posteriore e sciatico popliteo esterno, che generalmente fusi in un unico tronco dal foro grande ischiatico fino al terzo inferiore della faccia posteriore della coscia, si dividono a questo livello per andare a innervare i territori cutanei e i gruppi muscolari rispettivi. Abbandonato il sacco durale e le radici L1 e S1 si dirigono con un percorso obliquo in basso e all’esterno verso i rispettivi fori di coniugazione. In questo decorso contraggono rapporto  Posteriormente con i legamenti gialli e con le articolazioni interapofisarie  Anteriormente con i dischi intervertebrali, da cui restano separati per interposizione del legamenti longitudinale posteriore. In particolare la radice L1 si mette in rapporto con la porzione più mediale del disco interposto tra le vertebre L1 e L4, (anche con la porzione laterale del disco interposto tra le vertebre L5 e S1). Mentre la radice S1 contrae rapporti con la porzione più mediale del disco interposto tra le vertebre L1 e S1. Ogni radice prende rapporto con iL disco SOPRASTANTE la vertebra di pari numero. ** però per es. la radice L5 può venire interessata sia da processi L4-L5 sia L5-S1, allo stesso modo l’interspazio L5-S1 può interessare, isolatamente o contemporaneamente, sia la radice L5 sia S1. Altro rapporto importante è con le strutture osteofibrose dei rispettivi fori di coniugazione, che sono relativamente lunghi e stretti. Possono ritrovarsi in prossimità delle apofisi posteriori e facilmente risentire dei processi patologici che coinvolgono queste piccole articolazioni. Queste radici spinali, nel loro percorso extra durale, sono circondate da un ricco plesso vascolare immerso, nel tessuto adiposo periradicolare. I fenomeni che determinano una stasi ematica locale, dato che la parete del forame di coniugazione è inestensibile, può dare irritazione della radice.

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Eziopatogenesi I rapporti topografici sono utili per capire che molte affezioni possono essere la causa della lombo sciatalgia; in ordine di frequenza: 1. Ernia discale 2. Artrosi intersomatica (osteofitosi del bordo posteriore del corpo vertebrale) 3. Artrosi interapofisaria (proliferazione di osteofiti tra le piccole apofisi posteriori e restringimento del foro di coniugazione) => quando i fenomeni artrosici sono particolarmente accentuati si può avere una “stenosi lombare”. 4. Anomali e congenite del rachide come sacralizzazione, schisi della prima vertebra sacrale, spondilo lisi e spondilolistesi) 5. Processi infiammatori di natura specifica e aspecifica, sia per danneggiamento e usura del corrispondente disco vertebrale (TBC) sia per diffusione diretta allo spazio epidurale (epiduriti spinali, radicoliti croniche) e aracnoidale (aracnoiditi spinali) 6. Turbe vascolari, esempio stasi venosa nei plessi periradicolari per processi infiammatori endopelvici come un’annessite. 7. Neoplasie ossee primitive (sarcomi) o metastatici del cono midollare, delle radici stesse ecc. 8. Anomalie del sacco durale e delle radici (cisti periradicolari)

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Ortopedia Ernia discale Fuoriuscita di porzioni più o meno estese di sostanza discale dai suoi normali confini anatomici. Si verifica quando, sotto l’impulso di sollecitazioni anche lievi, il nucleo polposo, ancora ben idratato, supera la barriera rappresentata dalle fibre dell’anulus, facendosi strada tra loro precedenti deiscenze di natura degenerativa (DISCOPATIA). Questo è il presupposto anatomopatologico dell’ernia. È la causa più comune di lombo sciatalgia. Maschi 35-50 y NB ricordare che le più fq sindromi a carico del rachide (cervicalgia e lombalgia) possono originare da ernia, ma nella gran parte dei casi sono dovute a patho funzionali (contrattura muscolare, vizi posturali …). L’ernia entra più spesso in gioco per processi morbosi legati a compressione delle strutture mielo radicolari. Può avvenire in tempi brevi o svilupparsi nel corso degli anni. L’alterazione colpisce in genere l’ultimo disco lombare e meno frequentemente il penultimo. RARO : quando interessa il disco tra la III e IV vertebra si parla di lombocruralgia.

Anatomia DISCO INTERVERTEBRALE è una componente delle articolazioni tra i corpi vertebrali (articolazioni intersomatiche) anfiartrosi che collegano due segmenti rachidei adiacenti a partire da C2 fino a S1. E’ interposto tra la limitante intersomatica inferiore della vertebra soprastante e quella superiore della vertebra sottostante. Si compone di: Placca cartilaginea che fa parte del piatto vertebrale, è costituita da cartilagine ialina. Anulus fibrosus: è la porzione periferica, costituita da lamelle concentriche di fibre collagene (con qualche cellula cartilagine connettivale), disposte in modo tale da contrastare le sollecitazioni di compressione, taglio, trazione, torsione, più spesso anteriormente e lateralmente. Nucleo polposo: situato nella parte centrale, è circondato dall’anulus. Massa gelatinosa ricca di proteoglicani (condrosolfato, cheratansolfato …) che legano molta acqua. E’ più voluminoso a livello del rachide lombare (più sollecitazioni per peso corporeo => più ernie a questo livello). Embriologicamente il disco si forma a partire dalla notocorda, che dà origine al nucleo polposo e in parte all’anulus. Solo nei primissimi anni di vita vi sono dei vasi sanguigni all’interno della sostanza discale, che tendono poi a regredire: per questo, il disco è una struttura avascolare, molto propensa all’accumulo di cataboliti, che sono ritenuti i responsabili della degenerazione della sostanza discale. Ho due importanti strutture legamentose che congiungono i corpi vertebrali e seguono il rachide per tutta la sua lunghezza, hanno funzione: rafforzante, frenante, contenitiva. LEGAMENTO LONGITUDINALE ANTERIORE LEGAMENTO LONGITUDINALE POSTERIORE, che appare festonato: ristretto in corrispondenza del versante posteriore delle vertebre, mentre si espande in corrispondenza dei dischi. Le espansioni laterali sono sottili, la porzione centrale è spessa. Questo favorisce la fuoriuscita postero laterale delle ernie molli.

Anatomia patologica Normalmente l’ernia appare come una tumefazione circoscritta con dimensioni che vanno da un grano di riso a una nocciola. Abitualmente sporge nella zona postero laterale del disco, che è il punto di minor resistenza alla forza espulsiva del nucleo => ernia discale postero laterale. Qui il disco, dato il progressivo assottigliarsi in senso medio laterale del legamento longitudinale posteriore e perde così un importante sistema di rafforzo.

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Ortopedia

ERNIA DEL DISCO CERVICALE Ho una maggiore incidenza di ERNIE DURE.  Presenza da C2 a C7 delle articolazioni unco vertebrali o di Lushka, formate dall’affrontarsi dei processi uncini formi presenti sul margine postero laterale dei corpi vertebrali.  Volume limitato del nucleo polposo rispetto all’anulus. L’ernia del disco dura è formata da sostanza discale e da tessuto osteo cartilagineo (osteofita) che, avendo superato il margine posteriore del coro vertebrale, aggettano nel canale o nei formai di coniugazione, riducendone il diametro. I distretti più colpiti sono caudali a C4, specie: C5-C6 C6-C7 Patogenesi ernia dura 1) 2) 3)

4)

Il disco va incontro a precoci alterazioni degenerative per disidratazione del nucleo polposo e disorganizzazione strutturale dell’anulus. Ripercussione in negativo sulla biomeccanica delle art. intersomatiche e posteriori interapofisarie che non riescono più a neutralizzare in modo efficace le sollecitazioni funzionali. Compaiono nel disco fessurazioni, prima localizzate con andamento radiale, poi confluiscono a dare fessure longitudinali che rendono meno netta la distinzione tra nucleo polposo e anulus. Ho anche aree di metaplasia condroide. Perdita di altezza del disco, che ha una tendenza a oltrepassare i corpi vertebrali adiacenti per effetto di “sfiancamento” periferico.

Ho due principali conseguenze biomeccaniche:  Riduzione della fisiologica lordosi cervicale, normalmente dipendente dalla normale configurazione del disco che è più spesso anteriormente.  Instabilità segmentaria, tra le due vertebre adiacenti, per effetto di incremento dei movimenti di scivolamento e inclinazione delle vertebre sul piano sagittale. Questa condizione è alla base di un sovraccarico funzionale delle articolazioni interapofisarie posteriori che mostrano iperlassità con scavalcamento delle superfici articolari. 5)

Comparsa di osteofiti marginali somatici la cui formazione è dovuta a:  Contatto tra corpi vertebrali  Trazione esercitata dai legamenti longitudinali sospinti dal disco  Ossificazione di aree di metaplasia condroide Gli osteofiti compaiono anche a livello delle articolazioni unco vertebrali => possono dare compressione delle strutture mielo radicolari adiacenti. o La produzione di osteofiti a livello delle articolazioni interapofisarie può rendere pià grave una condizione di stenosi a livello dei forami di coniugazione. o Normalmente sono asintomatici, se molto voluminosi possono dare compressioni esofagee.

La comparsa dei sintomi può essere ritardata da strutture tampone circostanti : grasso epidurale e liquido c-r. Patogenesi ernia molle Fuoriuscita di porzioni più o meno estese del nucleo polposo dall’anulus fibrosus, che va a comprimere le strutture fibrose. La sua formazione dipende da fenomeni di cedimento dell’anulus (e non degenerativi articolari!) dovuti a sovraccarico funzionale => posizioni viziose, sollecitazioni reiterate. L’incidenza di ernie a questo livello è comunque minore rispetto al rachide lombare perché il volume della sostanza gelatinosa è minore.

Quadri sintomatologici L’espressività clinica delle alterazioni del disco intervertebrale è molto variabile. Non c’è correlazione stretta tra il quadro morfo, specie radiografico e clinico. L’esordio può essere brusco, in seguito a movimento, o graduale (mielopatia spondilo sica specie). CERVICALGIA CERVICOBRACHIALGIA MIELOPATIA SPONDILOSICA SINDROMI MISTE NEURO VASCOLARE

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Ortopedia Cervicalgia  dolore alla nuca e regione posteriore del collo, con contrazione fq di trapezio.  Cefalea muscolo tensiva  Particolarità del rachide limitata nei diversi piani dello spazio (flesso estensione, rotazione, inclinazioni laterali) per un atteggiamento di difesa antalgica.  Pressione su apofisi spinose e palpazione mm paravertebrale evocano dolore (non dovuto a ernia ma espressione disturbi biomeccanici)  In alcuni irradiazione interscapolare per effetto dei nocicettori localizzati nella porzione pià esterna dell’anulus e capsule delle articolazioni interapofisarie => un arco riflesso mediato dal nervo seno vertebrale di Lushcka, con spasmo muscolare dorsale, DOLORE DISCOGENICO.

Cervicobrachialgia  Dolore irradiato lungo arto superiore per effetto della compressione/irritazione dovuta all’ernia discale su una radice nervosa, RADICULOPATIA.  A causa delle ampie anastomosi periferiche esistenti tra le radici cervicali, il dolore appare spesso mal localizzato (regione deltoidea, avambraccio, mano). Nela rachide lombare invece la localizzazione è pià precisa.  Ricerca trigger points mediante la palpazione delle emergenze nervose  Valutazione neurologica dell’arto superiore.  Analogamente a quanto accade per le sindromi canalicolari, la compressione di una radice nervosa ha tre fasi: 1) Irritativa, predomina il dolore 2) Deficitaria, parestesie, ipoestesie, deficit motori, alterazione dei riflessi osteo tendinei 3) Paralitica, il danno anatomo funzionale risulta irreversibile

La valutazione sistematica della sensibilità, forza, riflessi, consente di stabilire lo stadio evolutivo della radiculopatia e indirizzare verso una diagnosi (più spesso C5, C6, C7).

Radice

Sensibilità

Forza

Riflessi

C5

Versante laterale del braccio

Deltoide Rotatori esterni Bicipite

C6

Versante laterale Bicipite, brachaile dell’avambraccio I e II dito Supinatore avambraccio della mano

C7

II e III dito della mano

Tricipite Estensori del polso Estensori del pollice e delle dita

C8

IV e V dito Versante mediale dell’avambraccio

T1

Versante mediale dell’avambraccio

Flessore ulnare del polso Adduttore del pollice Opponente del pollice Interossei Aduttore del V dito Interossei

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Bici pitale

Brachio radiale

Tricipitale

-

-

Ortopedia

Mielopatia spondilositica Compressione dovuta a un’ernia dura a prevalente sviluppo centrale, che mi dà sindromi coma la Brown Sequard, atassia sensitiva …  Azione più complessa delle radiculo patie (cui si può sovrapporre) perché ho diverse azioni lesive: Blocco vascolare Blocco flusso assonico …  I disturbi neuro prevalenti sono a carico degli arti inferiori  Paraparesi spastica  Iperiflessia da sofferenza piramidale  Pallestesia, alterazioni sensibilità termo dolorifica (se disturbo unilaterale!)  D/D con :  SLA  Sclerosi multipla  Neo midolalri o extramidollari  Siringomielia Cercare all’esame neurologico Babinski (=estensione dell’alluce sulle dita del piede con loro apertura a ventaglio) e di Lhermitte, sensazione di scarica elettrica con irradiazione lungo la colonna alla flessione brusca del rachide cervicale. Sindromi miste neurovascolari  drop attacks, sindromi miste recidivanti. Radiografia 44

Ortopedia 1)Rx va sempre eseguito: effettuato nelle due proiezioni standard anteroposteriore e laterale;  presenza e grado di alterazioni degenerative  atteggiamento del rachide cervicale  i reperti più comuni sono:  riduzione del’’ampiezza di uno o più spazi intersomatici per effetto di corrispettive discopatie  rettilineaizzazione della lordosi cervicale  presenza di osteofiti marginali somatici (proiezione laterale) e unco vertebrali (proiezione anteriore)  proiezioni oblique studiano i forami di coniugazione, qualora si voglia ricercare un loro possibile restringimento da parte di osteofiti delle articolazioni unco vertebrali e/o interapofisarie.  Proiezioni laterali eseguite in condizioni dinamiche – max flessione ed estensione – valutano la biomeccanica del rachide cervicale, individuando possibili instabilità segmentarie, accentuato scivolamento dei corpi vertebrali o al contrario segmenti ipomobili per effetto dei sindesmofiti. 2)In presenza di quadri che indicano radiculopatie o mielopatie, RM è la metodica di elezione nella d.p.m. Identifica sede Natura della compressione (ernia discale dura o molle) Alterazione della sostanza midollare (che RM studia molto bene) 3)Le componenti ossee e il disco sono definiti molto bene anche con la TC, che con mdc viene effettuata solo in via eccezionale. 4)EMG per D/D con neuropatie periferiche. 5)PESS in caso di sospetta mielopatia.

Terapia Conservativa per semplice cervicalgia  Antinfiammatori non steroidei  Miorilassanti  Programma fisiokinesiterapico (migliori articolarità e controllo posturale)  Applicazione locale di calore e massoterapia per ridurre contrattura muscolare  Manipolazioni devono essere eseguite con attenzione Cervicobrachialgia  Radiculopatie in fase irritativa vengono inizialmente trattate con mezzi farmacologici  Cortisonici (desametasone 2 v al gg a scalare)  Analgesici (codeina, tramadolo, ossicodone)  Utilizzo del collare non è indispensabile  Chirurgia se a) Fallimento della terapia conservativa con persistenza dei sintomi per almeno 3 mesi b) Deficit neurologico progressivo c) Presenza di mielopatia Ci sono più procedure per la decompressione delle strutture mieloradicolari: Livello coinvolto Numero di livelli interessati Entità stenosi Concomitante instabilità Artrodesi: stabilizzazione + decompressione Interventi per via anteriore: T Discectomia con artrodesi anteriore => interventi di smith Robinson e di Cloward T Somatectomia singola o multipla con artrodesi anteriore Interventi per via posteriore: T Laminectomia preferibilmnete unilaterale per evitare insorgenza di instabilità T Lamino plastica open door secondo Hirabayashi

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Ortopedia

ERNIA DEL DISCO LOMBARE A questo livello abbiamo una maggiore incidenza di ernie molli, a seguito di alterazioni degenerative del disco intervertebrale => compressione delle radici nervose. L’insorgenza e la rilevanza clinica di queste radiculopatie sono condizionate dalla presenza di ARTROSI (interapofisaria ipertrofia dei legamenti gialli, spondilolistesi …) che concorrono nel determinare la stenosi del canale vertebrale/forami di coniugazione. Epidemiologia Ernia del disco lombare sintomatica (=almeno un episodio di sciatalgia o cruralgia) colpisce il 2% della popolazione. Maggiore incidenza nei soggetti di sesso maschile. 30 . 50y FDR: attività lavorative che sollecitano area lomabre per esempio che prevedono sollevamento di pesi, movimenti reiterati del tronco …) Le sofferenze radicolari causate da discopatie su base degenerativa sono anch’esse frequenti e interessano una fascia di popolazione di età più avanzata. Anatomia patologica e biomeccanica Le sedi più rappresentate sono quelle caudali del tratto lombare: le sollecitazioni difatti si concentrano in questa zona di passaggio tra colonna vertebrale e bacino. Più del 90% delle ernie discali si localizza tra L4-L5 e L5-S1, con picco di incidenza in quest’ultimo livello. La frequenza diminuisce in senso craniale. Nelle sollecitazioni assiali e nei movimenti tra i corpi vertebrali, il nucleo polposo, che è deformabile e quindi modifica il suo volume, funziona come un cuscinetto ammortizzatore, trasferendo le sollecitazioni pressorie all’anulus, che viene così messo in tensione (anche LLP). Nella flessione il nucleo è spinto posteriormente, producendo la tensione massima sulla parte posteriore dell’anulus. Se ci sono fessurazioni nel contesto della struttura fibrosa dell’anulus, il materiale del nucleo tende a farsi strada attraverso queste zone di minore resistenza ed a erniarsi. L’espressività clinica dipende dall’entità e dalla sede dell’erniazione: quindi non tutte le patologie danno una sintomatologia rilevante.

Classificazioni: Diversa estrinsecazione topografica dell’ernia: Ernia mediana o centrale Ernia paramediana: a origine centtrale, con sviluppo prevalentemente da un lato Ernia postero laterale: favorita da assottigliamento LLP in questa sede. Ernia intraforaminale: si svilupp nel forame di coniugazione Ernia extraforaminale: sede anteriore rispetto a fdc.

Forza espulsiva del nucleo ho più gradi di protrusione: Ernia contenuta: l’ernia è ancora trattenuta dalle fibre del legamento longitudinale posteriore ed eventualmente anche da quelle più esterne all’anulus. Ernia protrusa: quando l’ernia fa breccia sulle formazioni di “resistenza” e si allontana dal suo punto di origine. Ernia espulsa o migrata: il nucleo polposo, fuoriuscito dall’anulus si distacca liberamente oppure resta in rapporto con il suo punto di origine mediante un peduncolo. Struttura del tessuto erniato, il colore e consistenza variano in dipendenza del tempo intercorso tra la costituzione dell’ernia e al suo grado di sporgenza nello speco vertebrale, si distinguono: Ernia immatura: si riscontra nelle forme recenti o ancora contenute; il nucleo polposo (che fuoriesce non appena vengono incise le fibre del legamento dell’anulus) appare biancastro, lucente, traslucido, elastico. Ernia matura si riscontra nelle forme meno recenti o già protruse. Il nucleo polposo appare anelastico, sfilacciato, degenerato, giallastro. Alterazioni radicolari provocate dall’ernia: Ernia recente: radice edematosa, ipomobile, iperemica (congestione dei vasi periradicolari) Ernia inveterata: radice assottigliata e fissata, con numerose aderenze, al grasso periradicolare, alle strutture legamentose adiacenti e al tessuto discale erniato. Il tessuto che costituisce l’ernia del disco molle va incontro a modificazioni col passare del tempo: la sostanza gelatinosa, inizialmente bianca, lucente e turgida, di trasforma in un tessuto opaco, friabile, giallastro, talvolta calcificato. .

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Ortopedia La compressione della radice nervosa da parte del disco erniato costituisce la causa più importante di radiculopatia, ma non è l’unica! Infatti, al fattore meccanico si associano fenomeni reattivi: congestione venosa, edema, flogosi, fibrosi => aggravano la sofferenza della radice! Dal pdv AP l’ernia del disco può essere distinta in  Protrusione discale: non vi è discontinuità ma solo sfiancamento dell’anulus, che viene a protrudere quindi nello speco vertebrale, oltrepassando il muro posteriore dei corpi vertebrali adiacenti. La protrusione, a curvatura maggiore rispetto all’ernia, è un’alterazione degenerativa e può associarsi a fenomeni di compressione sulle radici lombosacrali nel quadro di spondilosi lombare.  Ernia di Shmorl o spongiosa: prolasso di porzioni più o meno ampie di nucleo polposo all’interno del corpo vertebrale sopra o sottostante; la porzione di soma interessata appare circondata da un orletto di osso compatto e lo spazio intersomatico corrispondente può essere ridotto di ampiezza per la perdita di volume del disco. Non hanno alcuna rilevanza clinica e rappresentano un reperto occasionale anche nei giovani. Anatomia topografica delle radici lombosacrali Il midollo spinale termina con il cono midollare a livello di L1-L2. Nel tratto sottostante il canale vertebrale contiene solo le radici lombosacrali (cauda equina), che si dirigono verso il basso fino ad emergere dal rachide attraverso il forame di coniugazione del livello corrispondente. Nel loro decorso le radici nervose contraggono rapporto con le strutture articolari: Anteriormente con i dischi intervertebrali da cui sono separate per l’interposizione dell’LLP Posteriormente con i legamenti gialli e più a lato con le articolazioni interapofisarie. Ciascuna radice esce dal sacco durale ad angolo acuto, raggiungendo il forame di coniugazione situato al di sotto del peduncolo della vertebra corrispondente. Così la radice di L3 emerge dal forame compreso tra L3-L4, L4 nel forame compreso tra L4-L5 e così via… A seconda della sede dell’ernia del disco (mediana, posterolaterale…) la compressione sulla radice nervosa può essere esercitata su una sede più o meno laterale, condizionando il TIPO DI RADICULOPATIA: Ernie molto laterali o intraforaminali producono una compressione sulla radice in uscita dal forame corrispondente: per es. un’ernia intraforaminale L4-L5 comprime la radice di L4. Ernie situate più centralmente (evenienza più fq!) comprimono la radice che esce dal forame di coniugazione al livello sottostante: per esempio un’ernia paramediana o postero laterale L4-L5 comprime la radice di L5 che esce dal rachide attraverso il forame L5-S1. In casi eccezionali ernie mediane possono causare la sofferenza di una radice a sede di emergenza dal rachide ancora più caudale: esempio un’ernia centrale L4-L5 può causare compressione sulla radice S1. Sintomatologia 1.

SINTOMATOLOGIA RACHIDEA Dolore in sede lombare, trafittivo, spontaneo. Si accentua alla pressione esercitata in sede paravertebrale, in corrispondenza del disco interessato. Di solito, dopo alcuni giorni, il dolore spontaneo diminuisce, ma resta quello irradiato all’arto inferiore e quello provocato localmente.  Lombo sciatalgia => irritazione del nervo sciatico L5 e S1. Il dolore si irradia sulla parte posteriore dell’arto inferiore (dalla natica fino al piede) con una distribuzione ben definita in relazione alla radice interessata.  Lombocruralgia => sofferenza di L3, rarissima e L4 (nervo femorale o crurale). Dolore localizzato sul versante anteriore della coscia, potendosi irradiare fino alla gamba in caso di sofferenza di L4. Rigidità del rachide lombare con netta limitazione di qualsiasi movimento del tronco. Contrattura muscolare, che si rende evidente anche all’ispezione per:  la salienza delle masse paravetrebrali sulla regione lombare,  l’appianamento della fisiologica lordosi,  atteggiamento scoliotico e in flessione anteriore mantenuto dal pz nella stazione eretta.

Esame obiettivo: permette di rilevare la contrattura dei muscoli paramendiani. In fase acuta il pz assume posizioni antalgiche, quali una deviazione scoliotica della colonna e atteggiamento il flessione degli arti inferiori, per controllare il dolore. Alcune manovre sono dirette a provocare lo stiramento delle radici nervose ed evocare una vivace reazione dolorosa: T Lasegue (radici L5 e S1) si esegue a pz supino, sollevando il piede dal piano di appoggio a ginocchio esteso. La flessione dorsale del piede aumenta ulteriormente lo stiramento delle radici che entrano nella costituzione del nervo sciatico. Il grado di movimento a cui la manovra risulta dolorosa è misurato tra l’orizzontale e l’asse dell’arto inferiore.  Segno di Fajersztajn: eseguendo la manovra su arto controlareale può essere evocato dolore al lato affetto. T Wassermann (rad. L3-L4) a pz prono, l’anca viene estesa mantenendo il ginocchio flesso.

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Ortopedia

2.

SINTOMATOLOGIA PERIFERICA Irradiazione dolorosa lungo il dermatomero corrispondente alla radice interessata.  Per la radice L5  faccia postero esterna della coscia, laterale alla gamba e dorsale al piede, fino a raggiungere l’alluce.  Per la radice S1, il dolore si irradia lungo la faccia posteriore della coscia, posteriore della gamba e plantare del piede, fino ad estendersi alle ultime dita del piede.  Radice L5 e S1 dello stesso lato, l’irradiazione dolorosa interesserà contemporaneamente entrambi i territori. Riacutizzazione del dolore con opportune manovre semeiologiche: l’irritaizone radicolare può anche essere ricercata mediante la digitopressione in alcune sedi:

Segno di Delitala: dolore periferico risvegliato dalla pressione esercitata sulla linea paravertebrale a livello dell’emergenza della radice in esame.

Segno di Lasegue: consiste nel dolore alla regione lombare, eventualmente irradiato lungo il decorso dello sciatico, provocato, per distensione delle radici del nervo, quando si tenta di estendere il ginocchio a coscia flessa sul bacino.

Segno di Valleix: consiste nel dolore che si risveglia alla pressione esercitata su alcuni punti elettivi che corrispondono, in caso di sofferenza della radice L5: 1) alla testa del perone, 2) alla faccia estrena della gamba, 3) doccia perimalleolare esterna. In caso di sofferenza della radice S1, alla regione glutea posteriore ed alla parte mediana della faccia posteriore della coscia, della gamba, e del collo del piede.

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Ortopedia Turbe della sensibilità cutanea: parestesie (formicolii), ipoestesie, raramente, nei casi più gravi, anestesie, con distribuzione cutanea uguale a quella del dolore. Alterazione dei riflessi osteotendinei: ipovalidità o assenza di quei riflessi il cui arco diastatico decorre nelle radici danneggiate (achilleo e medio plantare per la S1) Deficit del tono e del trofismo muscolare a carico dei glutei e del tricipite surale nell’interessamnento della radice S1. Meno evidente il deficit della coscia per l’interessamento di L5. Deficit motor: precoce esauribilità, paresi o meno frequentemente paralisi dei muscoli estensore proprio dell’alluce, estensore comune delle dita, tibiale anteriore, peronei nell’interessamento di L5. Li rilevo con la ricerca del segno di Dandy e di evetuale steppage. Ipovalidità del tricipite surale per interessamento di S1. I Segno di Dandy: ipovalidità alla flessione dorsale dell’alluce valutata contro resistenza. I Steppage: flessione di ginocchio e anca nella fase non portante dell’arto, per compensare l’equinismo neurogeno del piede. I Ipovalidità del tricipite surale: difficoltà a mantenersi in punta di piedi. Alterazioni del normale quadro elettromiografico dei muscoli innervati dalla radice interessata.

Esame neurologico di livello nella lombocruralgia e lombosciatalgia Radice

Sensibilità

Forza

Riflessi

L3

Versante antero mediale della coscia

Quadricipite (adduttori)

rotuleo

L4

Versante anteriore della coscia Versante mediale della gamba

Quadricipite

Rotuleo

L5

Versante postero laterale della coscia Versante laterale della gamba Prime dita del piede

Estensore lungo dell’alluce Estensore lungo delle dita Tibiale anteriore

S1

Natica Tricipite Versante posteriore della coscia Peronei e della gamba Ultime dita del piede

Achilleo Medio plantare

Forme cliniche In rapporto al diverso impegno delle singole radici interessate dall’ernia discale si distinguono tre sindromi radicolari.   

Sin. da irritazione – tipica della fase iniziale. Il quadro è dominato da dolore, parestesie, talora ipereflessie. Sin. da compressione – tipica in genere delle fasi più avanzate. Il danno radicolare è maggiore e alla sintomatologia dolorosa subentrano deficit della sensibilità, motilità, trofismo, riflessi. Sin. da interruzione – molto rara, detta anche ernia paralizzante. Brusca interruzione della conduzione sensitiva, ho interruzione funzionale della radice che fa scomparire il dolore. Compaiono i primi deficit muscolari, generalmente incompleti, (perché nessun muscolo è innervato da una radice sola!) e le areflessie.

Se si esclude la sin. da interruzione o paralitica, che compare nell’1-2% dei casi, il deficit motorio nelle lombocruralgie e lombo sciatalgie è in genere modesto:  Interessa elettivamente gli estensori delle dita e del piede, con difficoltà a camminare sui talloni (radice L5) o il tricipite surale, con impaccio a camminare sulle punte (radice S1).  Riflessi profondi molto alterati solo nelle lesioni di S1 (riflessi achilleo e medio-plantare) dato che l’eccitabilità del plesso rotuleo dipende da più radici. In rapporto al diverso livello dell’ernia e del danno prodotto da questa sulle singole radici nervose ho diversi quadri clinici: Sin. monoradicolare S1  Fase di irritazione  Dolore irradiato alal facci posteriore della coscia, della gamba e a quella plantare del piede fino alle ultime 2 dita.  + Lasegue, Valleix, Delitalia  No alterazioni neuro apprezzabili, tranne iperreflessia achilleo  Fase di compressione  Dolore irradiato come sopra, ma in genere, di minore intensità  Parestesie e ipoestesie con la stessa distribuzione.  Positività dei segni di Delitala, Lasegue e Valleix  Ipotrofia dei glutei e del tricipite surale  Ipo/a reflessia dell’achilleo e del medio plantare  Alterazione del quadro elettromiografico dei gemelli 49

Ortopedia 

Fase di interruzione  Attenuazione o scomparsa del dolore  Ipoestesie con zone di anestesia nel dermatomero corrispondente  Scomparsa del riflesso Achilleo e medio plantare  Accentuazione delle turbe elettromiografiche dei gemelli

Sindrome monoradicolare L5  Fase di irritazione  Dolore irradiato alla faccia postero esterna della coscia, laterale della gamba, dorsale del piede fino all’alluce  + segni  No alterazioni neurologiche apprezzabili  Fase di compressione  Dolore irradiato come sopra, in genere di minore intensità  Parestesie e ipoestesia con la stessa distribuzione  Positività dei segni di Delitala, Valleix, Lasegue  Positività del segno di Dandy  No alterazione dei riflessi achilleo e rotuleo  Turbe elettromiografi che dei mm innervati da SPE – sciatico popliteo esterno –  Fase di interruzione  Attenuazione o scomparsa del dolore provocato e spontaneo  Zone di anestesia nel territorio corrispondente a L5  + Dandy e steppage

Sindromi bi radicolari Sono forme rare dovute a sofferenza contemporanea delle due radici, la sintomatologia può presentare reperti cilinici misti. Posso avere compressione di una radice e irritazione di quella vicina. Sindromi bilaterali In alcuni casi i sintomi descritti a carico di S1 si associano a disturbi alla sofferenza delle radici sacrali sottostanti (ipoestesia a sella, turbe genitali, deficit sfinterici) : si tratta spesso di sindromi bilaterali, c.d. della cauda equina, espressione di rare ernie mediane. Sindrome della cauda equina Rara e di riscontro specie in anziani con concomitante stenosi del canale lombare. Dovita un genere a ernie centrali molto voluminose. Si caratterizza per disturbi sensitivi in regione perineale (anestesia a sella), ipotonia ano e incontinenza vescicale, paraparesi flaccida di grado variabile. Può essere causata anche da tm o altri processi endocanalari, si impone un trattamento chirurgico d’urgenza. Diagnosi Sono orientative: 1) L’età relativamente giovane del pz 2) Esordi brusco 3) Distribuzione strettamente radicolare dei disturbi Anche se disco e radici sono semitrasparenti, l’esame radiografico diretto costituisce un’indagine indispensabile.  Esclude altre cause: artrosi, spondilollistesi, anomalie congenite, neoplasie.  Valuta atteggiamento posturale HRTC documenta => disco, ardici nervose, legamenti gialli, grasso epidurale. Si documenta la presenza dell’ernia, la si differenzia rispetto alla semplice protrusione discale, si definisce il livello, sede, dimensioni e morfologia. RM è l’esame pià completo, le immagini T2 pesate sagittali permettono di apprezzare un segnale iperintensio ai dischi sovrastanti rispetto a quello erniato. La riduzione progressiva del segnale è segno di disidratazione. I limiti di TC e RM sono che l’esame viene eseguito a pz supino, fuori carico. Per ottenere uno studio funzionale che riprenda le condizioni di caric si potrebbe effettuare una saccoradiculografia, oggi però in disuso. Elettromiografia: per eseguire D/D in casi dubbi, per esempio pz diabetici con sospetta neuropatia periferica o definire la funzionalità residua della radice deficitaria.

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Ortopedia Diagnosi differenziale 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

Tumori vertebrali ossei primitivi o mts Tumori del tessuto osseo intramurali e peridurali Neoformazioni endocanalari non neo (cisti radicolari) Malattie infettive (spondilo scite, meningite) Processi espansivi retro peritoneali (tm rene o pancreas) Neuropatie periferiche (sindrome del piriforme, meralgia parestesica, sindrome del tunnel tarsale) Coxartrosi, brosite trocanterica, tendinopatia inserzionale del medio gluteo Nefrolitiasi; claudicatio intermittens

Trattamento 1)

Terapia sintomatica: trova indicazione solo nella fase iniziale acuta => riposo (senza allettamento), antidolorifici, antinfiammatori, decontratturanti. La prescrizione di un busto semirigido è rara perché spesso mal tollerato dal paziente. L’esito della terapia va controllato nell’arco di qualche settimana valutando, con controlli ravvicinati, l’eventuale comparsa di deficit neurologici in presenza di ernie particolarmente voluminose.

2)

Terapia chirurgica, quando la sintomatologia persiste: persistenza dei sintomi irritativi oltre 2-3 mesi e/o evolutività del quadro neurologico. NUCLEOASPIRAZIONE: indicato solo nelle ernie contenute. Introduco, in anestesia locale, un sottile catetere fino all’interno del disco interessato. Il catetere viene collegato a un particolare strumento in grado di aspirare il nucleo polposo. CHIRURGIA:  Discectomia aperta: intervento classico in cui il canale vertebrale viene esposto per via posteriore, dopo emiflavectomia (asportazione del legamento giallo) ed emilaminectomia estesa per quanto necessario a visualizzare al radice.  Microdiscectomia aperta: sistemi di ingrandmento fino al microscopio per limitare la dissezione muscolare, riducendo dolore postoperatorio. EMILAMINO-ARTRECTOMIA MICROCHIRUGIA ATRODESI





  

Complicanze: L’asportazione del disco può comportare l’insorgenza di una condizione di instabilità del segmento trattato con comparsa di lombalgie croniche di difficile risoluzione (failed back syndrome). Per questo motivo è sempre bene eseguire uno studio preoperatorio clinico e strumentale accurato, al fine di valutare l’opportunità di effettuare interventi di stabilizzazione contestualmente alla discectomia. Recidiva dell’ernia per incompleta asportazione del materiale nucleare Aderenze cicatriziali periradicolari Lacerazioni della dura madre Danno iatrogeno alle radici nervose Spondilo scite Lesioni vascolari (aorta addominale, vena e arteria iliaca comune, vena cava inferiore).

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Ortopedia Stenosi lombare -

Meno fq dell’ernia discale Interessa prevalentemente soggetti di età compresa tra i 50 e i 70 y

Abnorme ristrettezza del canale vertebrale osseo e/o dei forami intervertebrali, o fori di coniugazione. Si ha pertanto una COMPRESSIONE DEL SACCO DURALE / RADICI SPINALI CAUDALI. Anatomia patologica La stenosi può coinvolgere tutto il canale spinale o solo il canale radicolare (porz del canale in cui decorre la radice dalla emergenza dal sacco durale al suo ingresso nel foro di coniugazione). Può essere distinta in tre tipi: 1)

2) 3)

Idiopatica: caratterizzata da una ristrettezza costituzionale del canale vertebrale rispetto alle dimensioni normali. In questa forma sono sufficienti modeste alterazioni degenerative per determinare una compressione delle strutture nervose contenute nel canale stesso. Secondaria: in canale prima aveva un’ampiezza normale, poi va incontro ad alterazioni artrosiche interapofisarie e/o del corpo vertebrale. Combinata: associazione della forma idiopatica a quella secondaria.

Sintomatologia Radicolare, simile a quella dell’ernia del disco, ma in questo caso è: Meno acuto Spesso bilaterale Pluriradicolare Può esserci prevalenza dei disturbi sensitivi. Frequentemente legata a manifestazioni di claudicazione intermittente del tutto analoga a quella legata ad alterazioni vascolari periferiche, ma si distingue per presenza di segni neuro da compressione radicolare. Diagnosi Età anziana Lombalgia modesta o assente Distribuzione fq bilaterale o pluriradicolare dei disturbi Prevalenti disturbi sensitivi Claudicazione intermittente (devo eseguire gli opportuni esami per escludere affezioni vascolari periferiche) Trattamento Di solito chirurgico: faccio la decompressione delle strutture nervose nel canale vertebrale, tramite laminectomia unilaterale o bilaterale, a uno o più livelli, a seconda del tipo e dell’estensione della stenosi.

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Ortopedia

LOMBOCRURALGIE E’ espressione di un processo patologico che interessa sia le strutture disco legamentose, sia le radici che danno origine al nervo crurale. Irradiazione del dolore (territorio di distribuzione del nervo crurale): Regione lombare Regione inguinale Ginocchio E’ una sindrome generalmente divuta a ernia del disco interposto tra III e Iv vertebra lombare => sofferenza radice L4. Molto più raro interessamento del disco e della radice sovrastante. Sintomatologia -

-

-

Dolore, rigidità, contrattura rachide lombare Irradiazione dolorosa all’inguine, ginocchio, fascia antero interna della coscia Ipoestesie e parestesie nello stesso territorio Ipotonia e ipotrofia del quadricipite Iporeflessia del rotuleo, anche nei casi più gravi di compressione ed interruzione della radice L4 nn si ha quasi mai areflessia del rotuleo. Questo riflesso è pluriradicolare (L3,4,5) e dipende solo in parte dalla radice interessata dall’ernia! + del segno di Wassermann o inversione del segno di Lasegue: dolore alla regione lombare con eventuale irradiazione alla regione anteriore della coscia quando iperestendo arto sul bacino a ginocchio flesso. Segni elettromiografici di deficit di quadricipite.

Trattamento: vedi ernia del disco.

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Ortopedia

FRATTURE Il primo a studiare le fratture in modo da fornire una loro descrizione ed inquadramento didattico fu Vittorio Putti. Il DECALOGO di PUTTI identifica definizione, criteri per diagnosi e terapia delle fratture ancor oggi valevoli: 1. Una FRATTURA è prodotta da una forza che supera i limiti di resistenza di quell’osso, creando una soluzione di continuo. In questo processo vengono inevitabilmente coinvolti anche i vasi situati all’interno dei canali di Havers, periostali e muscolare: si verrà a creare pertanto un ematoma (fondamentale nel processo di riparazione della frattura, vedi poi.) 2. E’ un danno locale che determina una reazione sistemica, in forma di INFIAMMAZIONE. 3. E’ una MALATTIA ACUTA e come tale va trattata. 4. Una frattura deve sempre essere diagnosticata: in presenza di sospetto, è meglio ricercare una frattura meglio quando non c’è. 5. Lo strumento principe per la diagnosi è l’Rx. 6. La terapia di una frattura si basa su riduzione ed immobilizzazione. 7. La riduzione deve essere effettuata entro le prime dieci ore: nelle prime dieci ore tutte le riduzioni sono facili, oltre tutto diventa più complesso. 8. L’arto deve essere immobilizzato. 9. La mobilizzazione dell’arto deve essere eseguita precocemente, dal momento che tutto l’organismo contribuisce alla guarigione. 10. In presenza di ferita esposta, la probabilità che questa sia andata incontro ad infezione è elevata: è quindi bene trattarla di conseguenza.

PROCESSI RIPARATIVI DELLE FRATTURE Riconosciamo due MACROFASI nei processi riparativi: A. CALLO MORBIDO  Callo fibroso  Callo endomidollare B. CALLO DURO 

Rimaneggiamento

FASE 1) EMATOMA La frattura, oltre che la soluzione di continua, comporta anche un’emorragia, che va a formare un EMATOMA => questa la primissima struttura di unione tra i due capi ossei, che li mantiene saldi. Inoltre, le piastrine, amplificano il sistema di segnalazione mediato da citochine, dovuto all’INFIAMMAZIONE immediatamente conseguente al trauma. Citochine e chemochine guidano la migrazione di cellule specifiche, indispensabili per i processi di guarigione, e regolano l’intero processo di riparazione. FASE 2) CALLO MORBIDO La funzione principale del callo morbido è quella di connettere i due estremi della frattura. Si possono distinguere due tipi di callo morbido:  Callo morbido fibroso  Callo morbido endomidollare Il tempo di consolidazione dei due calli morbidi è lo stesso, pari a 3 settimane. I processi biochimici che prendono parte alla consolidazione tuttavia si distinguono nei due tipi di callo, per questo ci è comodo trattarli separatamente.

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Ortopedia

CALLO PERIOSTALE Giorno 3

CALLO ENDOMIDOLLARE

Istiociti e fibrociti arrivano in loco

Al di sotto della linea di frattura coaguli di fibrina e sangue. Più profondamente, ho cell mesenchimali indifferenziate.

Giorno 10 La proliferazione di tessuto connettivo si vedrà all’Rx Il coagulo superficiale si struttura, assume dimensioni maggiori e come un ispessimento in prossimità della linea di contiene meno cell ematiche. frattura che va via via assottigliandosi più distalmente La porzione profonda è formata da numerose cellule mesenchimali. La matrice intercellulare è costituita da abbondante sostanza amorfa e fibrille collagene e neoformate contenente vasi neoformati.

Giorno 15 Tessuto cartilagineo nella sede di frattura. All’interno ci sono tutti gli stadi dello sviluppo della cartilagine e dell’ossificazione encondrale.

Nella porzione superficiale del tessuto midollare sono presenti piccole aree in cui ci sono condrociti. Nella porzione profonda ci sono trabecole di tessuto osteoide circondate da osteoblasti. Ci sono comunque cellule mesenchimali, fibroblasti e vasi, con fibre collagene come matrice intercellulare

A distanza dalla sede di frattura si osservano numerose trabecole di tessuto osseo neoformato circondato da osteoblasti, con inoltre fibroblasti, collagene, arteriole e venule. Giorno 20 La maggior parte del callo periostale in prossimità della sede di frattura è formato da trabecole di tessuto osteoide e cartilagine in vari stadi di maturazione e calcificazione.

Porzione superficiale formata da tessuto cartilagineo con zone di iniziale calcificazione. Nella porzione profonda sono prevalenti trabecole di tessuto osteoide, ma compare anche qualche area di cartilagine.

Alla periferia dell’osso neoformato e della cartilagine, vi è uno spesso strato di connettivo fibroso.

Successivamente, nella porzione superficiale diminuiscono le cellule e aumentano le zone di cartilagine calcificata che si trasformano poi in tessuto osteoide per ossificazione endocondrale. Le trabecole osteoidi si uniscono ai monconi di frattura.

FASE 3) CALLO DURO – 3 mesi Il target è quello di conferire CONSISTENZA, RESISTENZA e tutte le caratteristiche proprie del tessuto osseo. In questa fase vediamo due processi di ossificazione:  

En condrale, osso in prossimità della linea di frattura dove ci sono più condrociti Intramembranosa, distalmente alla linea di frattura.

FASE 4) RIMODLLAMENTO Può perdurare anche per mesi, l’osso attraverso questi processi assume la morfologia quanto più simile possibile alla struttura ossea che è stata lesa.  Tessuto spongioso => compatto (effetto del carico)  Tessuto compatto => riassorbito, se non sottoposto a sollecitazioni

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Ortopedia Movimenti -

Macromovimenti nelle prime fasi del callo fibroso, ad esempio RIDUZIONE. Micromovimenti nella fase di comparsa delle trabecole osteoidi: movimenti più importanti provocherebbero dei movimenti della sostanza amorfa che andrebbe a schiacciare gli osteociti. Immobilizzazione totale necessaria nelle fasi di precipitazione dei sali di calcio.

Alterazioni della riparazione La consolidazione NORMALMENTE impiega dai 15 giorni ai 4 mesi, ed è condizionata da una serie di fattori: 1234-

56789-

Tipo di osso – osso corticale guarisce più velocemente del compatto. Età del paziente – bambino guarisce pià velocemente dell’adulto e anziano. Mobilità della sede di frattura – la immobilizzazione deve essere adeguata. Separazione delle estremità ossee  Riduzione troppo “forte”  Interposizione di materiale connettivale tra i due capi ossei Infezioni Disturbo dell’irrorazione Proprietà dell’osso interessato – legate a mobilità e posizione dell’osso Interessamento articolare – il liquido sinoviale diluisce l’ematoma. Patologia ossea - osteoporosi, Paget, osteomalacia …

FRATTURE del GINOCCHIO Gruppo eterogeneo quanto a epidemiologia e problematiche clinico terapeutiche.  Estremità distale del femore  Rotula  Piatto tibiale

FRATTURE DEL FEMORE DISTALE 1.

2. 3.

4.

Sovra condiloidee => fratture extrarticolari in cui: a. Il frammento diafisario si disloca anteriormente e può perforare la cute esponendo il focolaio, b. il frammento epifisario tende ad estendersi per azione dei muscoli gemelli. Intercondiloidee: rima a Y, T o V conseguono a traumi ad alta energia e sono articolari. Uni condiloidee: sono articolari a. interessano un solo condilo, b. conseguono a un trauma con sollecitazione in valgismo o varismo del ginocchio. Osteocondrali : lesioni da impatto con compenetrazione della spongiosa e e interruzione della cartilagine articolare. Il riconoscimento èuò essere difficile, RM utile.

Quadro clinico  dolore con impotenza funzionale,  deformità del segmento scheletrico con accorciamento e deviazione in varo o valgo,  motilità preternaturale.  Emartro sempre presente nelle fratture articolari : all’artrocentesi riscontro di patognomoniche gocce lipidiche di provenienza midollare, sospese nel versamento ematico. Strumentale  Rx in due proiezioni sufficiente per la diagnosi  TC informazioni pià dettagliate,  RM in caso di sospetto di lesioni osteocondrali, mostra le condizioni della cartilagine articolare e dell’osso sottostante. Complicanze Immediate  Lesioni vascolo nervose in sede poplitea  Esposizione

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Ortopedia Tardive  Rigidità articolare (peggiore! => necessario fare osteosintesi stabile che permetta una precoce mobilizzazione del ginocchio)  Degenerazione artrosica: rischio tanto maggiore quanto minore è stata accuratezza della riduzione. Terapia Quasi esclusivamente chirurgica.  Dato che le fratture sono molto prossime all’articolazione o articolari, la riduzione dei frammenti e il ripristino dell’asse di carico devono essere ANATOMICI: ergo è necessaria la RIDUZIONE CRUENTA.  Sintesi deve essere ben stabile per permettere una precoce mobilizzazione del ginocchio. Uso quindi o Chiodi endomidollari RETROGRADI = inseriti nel ginocchio in direzione prossimale. o Placche periatricolari  E ho una frattura gravemente esposta, trattamento temporaneo o definitivo con fissatori esterni, monoassiali in sede diafisaria e circolari in prossimità dell’articolazione. Eccezione: in caso di fratture composte e nel bambino può essere indicato un trattamento incruento.

FRATTURE DELLA ROTULA Eziologia Frequentemente conseguenti a un trauma superficie anteriore del ginocchio, spesso per caduta accidentale o trauma sul cruscotto in un incidente stradale. Caratteristiche frequenti  Rima trasversale completa, con interruzione dell’apparato estensore ma possono esser anche comminute …)  Frammento prossimale dislocato superiormente per azione del quadricipite  Rari distacchi parcellari del polo superiore (avulsione del tendine quadrici pitale) o inferiore (avulsione del tendine rotuleo). Quadro clinico  Dolore e impotenza funzionale  Deficit estensione attiva del ginocchio  Tumefazione per emartro (all’intero troviamo le gocce lipidiche provenienti dagli spazi midollari) Strumentale  Rx in 2 proiezioni per diagnosi (vedo meglio con laterale) o Da ricordare che le rotule congenitamente bipartite sono abbastanza freq, specie con frammento supero esterno! In questi casi cfr con Rx del contro laterale. o Proiezione tangenziale della rotula necessaria nei casi rari di frattura verticale e distacchi parcellari laterali da avulsione dei frammenti alari + lussazione di rotula! Complicanze Artrosi dell’articolazione femoro rotulea, specie per fratture comminute riduzione imperfetta. Terapia Chirurgica (tranne per le fratture composte, rare!) Dato che è una frattura articolare, riduzione anatomica e sintesi ottenuta con fili e cerchiaggi metallici a “8” o a cerchio. Si sceglie al più stabile possibile per permettere precoce mobilizzazione e carico.

FRATTURE DEL PIATTO TIBIALE Si tratta di fratture articolari dell’epifisi prossimale della tibia Eziologia  Cadute dall’alto => coinvolti entrambi gli emipiatti  Sollecitazioni in varismo e valgismo => pedone che viene investito e colpito dal paraurti, un solo emipiatto + lesioni legamentose eventualmente.  Fratture da avulsione delle spine tibiali, conseguente a traumi simili a quelli che coinvolgono i crociati.

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Ortopedia Classificazione  Localizzazione  Emipiatto mediale => sollecitazione in varo  Emipiatto laterale => sollecitazione in valgo  Entrambi (caduta dall’alto) => con eventuale estensione diafisaria  Terapia, strategia  Fratture per separazione, con interruzione più o meno complessa della continuità scheletrica e distacco di uno o più frammenti  Fratture con affossamento, con lesione della superficie articolare per affossamento del frammento e compenetrazione della spongiosa sottostante.  Fratture miste per separazione/affossamento

Quadro clinico Caratteristico delle fratture articolari,  tumefazione per emartro con gocce lipidiche di origine midollare in sospensione.  Dolore e impotenza funzionale  Deformità arto e instabilità ginocchio  Lesioni capsulo legamentose event associate sono di difficile valutazione in fase acuta  Vanno escluse SUBITO lesioni vascolo nervose , specie SCIATICO, POPLITEO esterno alla testa del perone – lesione per stiramento o contusione diretta – Strumentale Rx nelle due proiezioni consente diagnosi TC per definire caratteristiche di frattura (dimensione e localizzazione dei frammenti, entità dell’affossamento) Complicanze Vizi di consolidazione dovuti a insufficiente riduzione di un affossamento/di una separazione => deviazione in valgo o varo. Superficie articolare mal ripristinata => incongruenza articolare.  Entrambe le situazioni portano ad ARTROSI specie se è stato rimosso il menisco!!! Spesso il menisco viene leso e si interpone tra i frammenti di frattura Terapia Essendo frattura articolare, trattamento chirurgico, tranne per fratture composte. Target : riduzione anatomica con sintesi stabile che permetta mobilizzazione precoce (prevenzione di rigidità postraumatiche), anche utilizzando apparecchi a mobilizzazione passiva continua, per prevenire le rigidità articolari. Il carico va ritardato fino a 3 mesi per affossamenti trattati con innesto osseo, fino ala consolidazione della frattura.  Se ho separazione riduco i frammenti e li sintetizzo con viti ibere o con placche e viti.  Se ho forme miste ho affossamenti puri devi sollevare la superficie articolare con appositi battitori. La perdita spongiosa ossea va colmata con innesti ossei e il tutto va poi stabilizzato con mezzi di sintesi.  Uso fissatori esterni per fissatore di entrambi gli emipiatti, gravemente comminute od esposte con sofferenza dei tessuti molli.  Trattamento d lesioni associate:  Menischi lesi vanno riposizionati per migliorare la prognosi  Riparazione immediata dei collaterali  Riparazione dei crociati è l’unica che va posticipata. Durante l’intervento ci si aiuta con a. Amplificatore di brillanza b. Controllo visivo diretto previa artrotomia c. Artroscopia: si può valutare attentamente localizzazione ed entità di un affossamento,aì aiutando nella riduzione e visualizzando altre eventuali lesioni intrarticolari.

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Ortopedia

FRATTURE della GAMBA   

Fratture isolate della tibia Isolate del perone Biossee

Quadro clinico Dolore e impotenza funzionale Tumefazione e deformazione più o meno grave, angolazione e rotazione Mobilità preternaturale Valutare: Lesioni vascolo nervose Stato delle parti molli Strumentale Rx 2 proiezioni che comprenda l’intero segmento scheletrico. Complicanze  Esposizione: fq, dato che la tibia è praticamente sottocutanea. In questo caso è urgente trattamento che: 1. Stabilizzazione frattura 2. Asportazione tessuti inquinati/necrotici 3. Lavaggio profuso e disinfezione della ferita 4. Coprire con lembi cutanei la zona di perdita di sostanza (eventualmente) o lasciata aperta e chiusa per seconda intenzione. 5. Impostare fin da subito una terapia AB a largo spettro e prolungarla per scongiurare insorgenza di un’osteomielite.  Sindrome compartimentale: di comparsa fq nei traumi ad alta energia. Può insorgere in una o pià delle 4 logge muscolari della gamba (2 ante e 2 poste). In questo caso fasciotomia in urgenza.  Embolia grassosa: da prevenire con una stabilizzazione precoce della frattura o ponendo l’arto in trazione trans calcaneare.  Malattia trombo embolica: nelle fratture dell’arto inferiore è sempre presente il rischio di TVP e EPA. Per questo profilassi con eparine LMW.  Pseudoatrosi: sono le più fq complicanze tardive con le consolidazioni viziose. Possono portare nel temp alla degenerazione artrosica delle articolazioni limitrofe. Terapia  Bambini, fratture composte e isolate del perone: terapia con apparecchio gessato femoro podalico.  Frattura della tibia: da stabilizzare al più presto e ridurre per pericolo di embolie grassose. Si utilizza chiodo endomidollare bloccato.  Frattura esposta. Fissatore esterno + lembi. L’approccio chirurgico consente, oltre alla stabilizzazione immediata del focolaio di frattura, la mobilizzazione precoce del ginocchio e della caviglia, con rapida ripresa del carico. I tempi di consolidazione sono comunque lunghi (3 mesi).

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Ortopedia

FRATTURE della REGIONE TIBIO TARSICA FRATTURE DEL PILONE TIBIALE

Il pilone è costituito da METAFISI ed EPIFISI della tibia. Queste fratture conseguono di solito a traumi ad alta energia, con componenti di torsione e compressione. Nella maggioranza dei casi alla frattura del pilone si associa frattura di MALLEOLO PERONEALE e/o PERONE. La cartilagine articolare è spesso interessata e questo è causa della prognosi spesso infelice, specie quando consegue a trauma da compressione => precoce artrosi. Classificazione  Frattura parziale: interessa il margine tibiale anteriore o quello posteriore, con maggiore o minore scomposizione o affondamento.  Frattura completa: distinta in tre tipi a seconda della localizzazione, grado di scomposizione e affondamento della superficie articolare. Quadro clinico  Trauma in anamnesi  Dolore e impotenza funzionale  Gonfiore ed edema post traumatico  Ecchimosi, flittene o vere e proprie necrosi in conseguenza a sofferenza cutanea e sottocutanea per il trauma.  Esame obiettivo serve per evidenziare deviazione dell’asse della tibio tarsica. Strumentale  Rx standard nelle due proiezioni (ant-post e lat).  Tc per evidenziare meglio caratteristiche. Complicanze  Esposizione è evento abbastanza frequente, dato che nella zona antero mediale co sino poche strutture muscolari ad interporsi.  Vascolo nervose rare, anche se il fascio tibiale anteriore e posteriore sono vicini!  Attenzione alle sofferenze cutanee o sottocutanee perché vanno trattate precocemente! Terapia Sono fratture articolari, quindi riduzione anatomica, seguita da stabilizzazione dei frammenti, e infine rieducazione articolare.

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Ortopedia

FRATTURE dell’estremo PROSSIMALE DEL FEMORE L’estremo prossimale del femore è composto da:  Testa  Collo  Due salienze dette: o Grande trocantere: dà attacco ai muscoli pelvi trocanterici, cioè gemelli, otturatori, piriformi, glutei. Servono per mantenere l’orizzontalità del bacino: la loro disfunzione si rende evidente con il fenomeno del Trendelemburg (se pz posto sul lato leso, il bacino assume una posizione obliqua). o Piccolo trocantere: ileo psoas. Una capsula articolare avvolge l’articolazione:  Tesa tra il margine della cavità cotiloidea e linea intertrocanterica  Più spessa anteriormente, perché rinforzata dal legamento del Bertain, e meno spessa posteriormente. Le trabecole ossee, responsabili dell’architettura della testa dle femore, hanno tre diverse disposizioni:  Fascio trocanterico: tra i due trocanteri  Fascio arciforme: andamento parallelo al collo del femore  Fascio cefalico. Dalla porzione spessa della corticale alla testa Tra queste abbiamo una zona di minore resistenza, la cd ZONA di WARLD: è da considerare in corso dell’inserimento di mezzi di sintesi, che non andranno inseriti in tal punto!

Le FRATTURE dell’estremo prossimale si trovano tra la TESTA e la REGIONE SOTTOTROCANDERICA.

Eziologia: Nel GIOVANE sono dovute ad eventi ad ALTA ENERGIA:  Traumi sportivi  Incidenti d’auto  Incidenti sul lavoro Nell’ANZIANO sono relativamente frequenti, specie nelle donne, a causa dell’OSTEOPOROSI: diminuisce la deposizione di calcio a livello delle trabecole ossee, di conseguenza l’architettura ossea si fa più fragile. Conseguono molto spesso a CADUTE ACCIDENTALI, facilitate da:  Minore reattività neuromuscolare  Patologie concomitanti, come la neuropatia diabetica (il soggetto non ha la percezione esatta di dove mette il piede) o il Parkinson (disturbi dell’equilibrio). Più che al trauma dovuto all’impatto, psesso la rottura si verifica per un TENTATIVO DI RIPRISTINO DELL’EQUILIBRIO, ovvero viene eseguito un movimento di ROTAZIONE che comporta la rottura dell’osso, più spesso a livello di:  Collo  Regione trocanterica

Classificazione

Sono suddivisibili in base alla linea di inserzione della capsula articolare: MEDIALI  Sottocapitate  Medio cervicali  Basi cervicali LATERALI  Pertrocanetriche  Sottotrocantriche

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Ortopedia In base al grado di scomposizione possono essere ulteriormente suddivise: MEDIALI, classificazione sec. Gardner I) Scomposte ingranate il valgo II) Composte  Stabili/stabilizzabili con osteosintesi (avvitamento) III) Scomposte ingranate in varo IV) Scomposte  Instabili/stabilizzabili dopo riduzione LATERALI  N. frammenti  Obliquità della linea di frattura Distinguiamo tra STABILI/INSTABILI (comminute).

Complicanze Ancor oggi, le fratture dell’estremo prossimale del femore rappresenta una delle maggiori cause di decadimento nell’anziano, nonostante i grossi miglioramenti effettuati sia sotto il profilo anestesiologico, sia delle tecniche operatorie: un tempo infatti, la mortalità era del 60%, dovuta prevalentemente al prolungato allettamento. 1)

2) 3) 4)

Necrosi asettica: la vascolarizzazione della testa del femore è costituita da rami che partono dall’ART. FEMORALE PROFONDA: a. Rami terminali intracapsulari  Circonflessa anteriore => grande trocantere e testa  Circonflessa posteriore => grande trocantere ed epifisi b. Intraossei c. Art. del legamento rotondo, che fa frequentemente incontro ad obliterazione nell’anziano. Il problema coinvolge specie le fratture mediali sottocapitate. Si manifesta a distanza di mesi, quindi è opportuno effettuare più controlli, a partire dai 6-7 mesi. TVP Anemizzazione Pseudoartrosi: specie per la zona mesocervicale, mentre le fratture laterali in genre non hanno porblemi di consolidazione.

Quadro clinico   

Anamnesi: trauma, caduta accidentale Dolore: dalla regione inguinale si irradia a coscia e ginocchio Arto nel pz barellato in EXTRAROTAZIONE, ADDOTTO,

Trattamento Il trattamento si sceglie in base a: 1)

ETA’ 



2)

GIOVANE  TARGET: si cerca di mantenere le strutture ossee, per questo il tempo di degenza sarà più lungo, si aspetta di più per porre nuovamente il carico sull’osso fratturato.  METODICA: avvitamento e chiodi. ANZIANO  TARGET: mobilizzare il prima possibile l’individuo per evitare sindrome da allettamento (BPN, EPA, TVP, IVU, disidratazione…)  METODICA: sostituzione o viti se il pz riesce a caricare fin da subito, senza spostamento.

POSIZIONE  MEDIALI  20-30% prevalenza delle forze di compressione su quelle di taglio => avvitamento.  50-70% prevalenza delle forze di taglio, che fanno spostare i due frammenti.  Protesi in pz anziano  Osteotomia in pz giovane: trasformo l’inclinazione da verticale a orizzontale, in modo da far prevalere le forze di compressione su quelle di taglio.



LATERALI 62

Ortopedia  Un tempo utilizzati i chiodi di Ender: in un pz che non potevano sostenere intervento, applicati dopo aver effettuato una piccola incisura sul condilo mediale. Ma determinavano accorciamento ed extrarotazione dell’arto!  Oggi vengono utilizzare viti a placca o chiodi endomidollari che permettono di fare carico precocemente.

FRATTURE dell’estremo PROSSIMALE DELL’OMERO Sono tutte quelle lesioni scheletriche che si situano al di sopra dell’inserzione del tendine del mm grande pettorale. Come in tutte le ossa lunghe,la meta epifisi omerale è formata da osso spongioso => riparazione rapida. Sotto al collo chirurgico, invece, troviamo il tessuto osseo corticale diafisario =< riparazione lenta. Eziologia  

ANZIANO relativamente frequenti, traumi a bassa energia, la rottura è favorita dall’osteoporosi. GIOVANE traumi ad alta energia, di conseguenza mi aspetto fratture COMMINUTE e SCOMPOSTE.

Classificazione di Codman Neer Si basa su due aspetti: 1. Grado di scomposizione della frattura:  Diastasi tra i frammenti >1cm  Angolazione della rima di frattura >45° 2. 4 frammenti:  Testa  Trochite  Trochine  Diafisi in prossimità del collo chirurgico. In base a questo, possono dirsi:  COMPOSTE  SCOMPOSTE: per trauma + azione strutture miotendinee  N. frammenti  Localizzazione rime di frattura Fratture “particolari”  FRATTURE.LUSSAZIONI  FRATTURE DA COMPRESSIONE della testa omerale Quadro clinico  Dolore  Tumefazione  Crepitazione  Vasto ematoma che può estendersi anche alla regione pettorale nelle 24h successive  

Rx nei tre piano ortogonali della spalla: in proiezione laterale, ascellare e antero posteriore (la cd trauma series). Per fare queste proiezini devo mobilizzare con cautela la spalla. Tc se ho problemi a condurre lo studio radiografico: posso ricostruire in 3D l’immagine.

Complicanze  Immediate  Complicanze vascolo nervose, rare: arteria ascellare e nervo (questo specie nelle fratture lussazioni).  Tardive  Rigidità articolare per immobilizzazione eccessivamente prolungata e/o programmi riabilitativi incongrui  Viziosa consolidazione, compromissione funzionale più o meno dolorosa  Pseudoartrosi, poco fq e al collo chirurgico  Necrosi asettica della testa, inevitabile nelle fratture a quattro parti.

Terapia 63

Ortopedia 



COMPOSTE:  Immobilizzazione con tutore per 3-4 settimane  Precoce mobilizzazione e programma di recupero dell’articolarità della spalla. SCOMPOSTE: trattamento chir si rende necessario quando ho eccessiva scomposizione dei frammenti che prelude a uno scarso risultato clinico funzionale. Fratture a 2 o 3 parti Le tecniche sono diverse:  Riduzione a cielo chiuso e fissazione percutanea con fili di Kirschner o inchiodamento endomidollare con tecnica mininvasiva. E’ una tecnica che non prevede esposizione del focolaio di frattura e quindi favorisce la guarigione biologica.  Riduzione a cielo chiuso e osteosintesi con placca e viti: la frattura necessiterà di più tempo per la riparazione, ma avrò come risultato una migliore consolidazione dei frammenti => preferita nei soggetti giovani, specie perché osso è di “buona qualità” e sarà un valido supporto per le viti. Fratture a 4 parti Il rischio di necrosi della testa omerale è elevato, per questo di preferisce come trattamento una  Protesi parziale di spalla+  Protesi inversa per i pz>75y.

FRATTURE della DIAFISI OMERALE Eziologia  Traumi ad alta energia  Adulti A seconda del meccanismo che ha provocato il trauma,  Traumi diretti: Comminute Trasverse Oblique  Traumi indiretti obliqua sollecitazioni in flessionespiroide –sollecitazioni in torsioneDiagnosi deformità dolore tumefazione accorciamento e/o deviazione mobilità preternaturale e crepitazione Rx che include anche spalla e gomito per caratterizzare il tipo di frattura. Complicanze La più temibile è la lesione del nervo radiale: decorre addossato alla superficie posteriore dell’osso a livello della doccia di torsione.  È abbastanza fq (5-10%)  Nella maggior parte dei casi è solo contuso o stirato, ma può essere anche lacerato.  In alcuni casi la lesione può essere tardiva, nel senso che avremo inglobamento nel nervo nel callo osseo. Un deficit radiale si presenta nel seguente modo: a. Deficit estensione MCF e polso (mano cadente) b. Ipo/anestesia sul dorso del lato radiale della mano, I e II dito. Il recupero può impiegare mesi e va monitorato con ENG. Se il deficit persiste a 4-6 mesi dal trauma, è giustificata l’esplorazione chirurgica. Terapia I trattamenti possono essere sia conservativi che chirurgici, con un certo margine di discrezionalità individuale.  Bendaggio alla Desault o apparecchio gessato toraco metacarpale  Gesso funzionale pendente, che permette di non immobilizzare la spalla. La contenzione è affidata alla compressione esercitata dai mm della spalla, mentre si sfrutta il peso del braccio per allineare i frammenti. Naturalmente occorrerà un elevato grado di collaborazione del paziente.  Osteosintesi può essere effettuata con chiodo endomidollare, ma anche con viti – placca, o con fissatori esterni. 64

Ortopedia

FRATTURE dell’OMERO DISTALE Anatomia: nell’omero distale si riconoscono due colonne, una mediale e una laterale, che supportano i rispettivi condili. Ogni colonna consta di una porzione articolare e di una extrarticolare, detta epicondilo.  La superficie del condilo laterale è EMISFERICA, anche detta capitulum humeri e si articola con il capitello radiale.  La superficie articolare del condilo mediale è la troclea omerale, a forma di puleggia con solco centrale delimitato da due creste; entra in contatto col la grande incisura dell’ulna. In sede prossimale rispetto alla troclea troviamo: a. Fossetta coronoidea, anteriormente, accoglie la coronide in flessione b. Fossetta olecranica, posteriormente. Riceve l’apice dell’olecrano in estensione c. Tra le due fossette si interpone un osso molto sottile, che costituisce al parte centrale della cosiddetta d. paletta omerale.

Possono essere suddivise, a seconda della SEDE coinvolta: 1) 2) 3) 4) 5)

sovra condiloidee inter condiloidee isolate dei condili laterale e mediale delle superfici articolari –capitulum humeri e trocleafratture degli epicondili

Sovra condiloidee -

per definizione extrarticolari la fascia di età in cui si osserva la massima incidenza è tra i 5 e i 10 anni, per poi calare progressivamente fino ai 15. Fattori predisponenti:  lassità legamentosa,  struttura in rimodellamento

Classificazione Si basa su un criterio patogenetico: I Fratture da estensione (>95% casi) => il meccanismo di lesione è INDIRETTO, caduta sulla mano a gomito esteso.  Il frammento distale viene dislocato posteriormente e trazionato verso l’alto dal tricipite. In base all’entità dello spostamento del frammento possono essere ulteriormente suddivise in: Tipo I, composte Tipo II, composte con contatto corticale Tipo III, scomposte senza contatto: ci possono essere vari spostamenti dei frammenti…  Traslazioni –mediale/laterale Angolazioni –varo/valgo Rotazioni  Accorciamenti I Fratture da flessione (rare) => meccanismo DIRETTO, urto posteriore a gomito flesso.  Il frammento distale viene dislocato anteriormente.

Quadro clinico Variabile proporzionalmente alla gravità della lesione. 65

Ortopedia Caratteri peculiari possono essere: Atteggiamento antalgico del gomito in semiflessione Impotenza funzionale in flesso estensione Deformità in casi di scomposizione 

Posso differenziarlo da una lussazione PRIMA DELLA COMPARSA DELLA TUMEFAZIONE, quando i reperi ossei sono ancora apprezzabili. L’esame Rx dirime il dubbio.

Complicanze Vascolo nervose Sono più fq le complicanze vascolo nervose: vengono prevenuto trattando precocemente le fratture scomposte. Sono più fq interessati:  Nervo radiale  Arteria omerale  Nervo ulnare Sindrome ischemica di Volkmann È la complicanza più temibile.

Inter condiloidee -

Interessano specie anziani Separazione dei condili con una linea di frattura a T o Y Si dicono “trans condiloidee” se la linea di frattura si estende alle fossette coronoidea e olecranica.

Diagnosi: Rx Tc del gomito va associata per inquadrare bene la lesione Trattamento: Chirurgico, con osteosintesi e per lesioni più complesse, sostituzione protesica.

Condili 

Condilo laterale. Nei bambini.

OSTEOPATIE 66

Ortopedia Il tessuto osseo ha una funzione meccanica di sostegno, ma essendo metabolicamente attivo va anche incontro a processi di rimodellamento: normalmente, l’apposizione e il riassorbimento della massa ossea sono equilibrati. Quando si viene a perdere tale equilibrio, vedremo l’insorgenza di quadri anatomoclinici di variabile gravità.

Osteoporosi: malattia sistemica, caratterizzata da aumento della fragilità scheletrica e rischio di fratture, dovuta a una RIDUZIONE DELLA MASSA OSSEA NORMALMNETE MINERALIZZATA. Cause di osteoporosi: 1. 2. 3.

4. 5. 6. 7. 8.

POSTMENOPAUSALE Senilità Endocrinopatie  Ipeparatiroidismo  Ipertiroidismo  Diabete  Cushing  Acromegalia Stati carenziali Insufficienza epatica cronica Insufficienza renale cronica Alcolismo Mieloma multiplo

Osteoporosi postmenopausale ha l’incidenza più elevata (fino a un 30% delle donne dopop la menopausa).

 

La massa ossea aumenta per tutto il periodo della crescita, resta inalterata nella maturità e diminuisce con la senilità. L’instaurazione di un’osteoporosi più o meno precoce e più o meno importante dipende da:  Entità della massa ossea al termine della crescita.  La VELOCITA’ con cui questa viene persa, che dipenderà da fattori genetici ed ambintali.

La massa ossea viene persa per uno squilibrio nei processi di turn over osseo: il riassorbimento prevarrà sulla neo apposizione. La velocità di questo processo è maggiore nell’osso TRABECOLARE, che è metabolicamente più attivo rispetto all’osso corticale. Fattori implicati nell’osteoporosi postmenopausale: Un ruolo principale e caratteristico della patogenesi dell’osteoporosi post menopausale è dovuto alla diminuzione degli estrogeni, ormoni anabolizzanti: a. b. c. d. e. f.

Aumentano le citochine che favoriscono osteoclastogenesi e riassorbimento Alterata secrezione di paratormone Aumento della sensibilità ossea al paratormone Altreato rapporto ODF / OPG (ilprimo inducela differenziazione deglo osteoclasti,il secondo invece è un inibitore) Alterazione del rapporto GH/IGF Alterata sensibilità agli stimoli meccanici

Vi sono poi altri fattori che compartecipano anche all’osteoporosi senile, quali:   

ridotta capacità del rene di idrossilare la 25-idrossivitamina a 1,25(OH)2D, con minor riassorbimento intestinale di calcio ridotta capacità di digerire il lattosio per riduzione delle lattasi, il paziente assume meno latte meno frequente esposizione ai raggi solari e riduzione della quota di vitamina D attiva.

Quadro clinico: L’osteoporosi è di per sé asintomatica e si manifesta spesso in modo occasionale, per fratture patologiche che si evidenziano su radiogrammi in genere eseguiti per altri motivi. La ridotta deposizione di calcio, infatti, altera le caratteristiche di resistenza dell’osso che va incontro a cedimento per sollecitazioni meccaniche anche fisiologiche.

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Ortopedia Il primo distretto ad essere coinvolto da fratture patologiche è quello vertebrale:

 

Comparsa di un dolore dorsale o lombare subacuto, dovuto a microfratture DA COMPRESSIONE del corpo vertebrale che ne determinano una deformazione a cuneo, che testimoniano la ridotta capacità dio sopportare carichi anche fisiologici. Col passare del tempo, l’osteoporosi e le microfratture ad essa connesse, possono interessare più vertebre, determinando un quadro caratteristico dell’anziano di IPERCIFOSI DORSALE associata a IPERLORDOSI LOMBARE.

Il secondo distretto è quello degli arti:



Elevata fq in età avanzata di fratture prossimali del femore e dell’omero, distali del radio (di Colles e Goyraud).

Identificazione dell’osteoporosi: 1. Radiografia standard: vede l’osteoporosi come un’ipertrasparenza del tessuto trabecolare. Poco sensibile, perché identifica osteoporosi quando ho la perdita del 30% del tessuto mineralizzato: è preferibile un’indagine più precoce! 2. Mineralometria ossea, specie DEXA (Dual Energy X-ray Absorpiometry) è la tcnica ad oggi ritenuta dall’OMS più idonea per un’identificazione precoce dell’osteoporosi. Le misure densiometriche vengono effettuate a livello del collo del femore, vertebre, sedi ottimali per il monitoraggio della massa ossea, dato che sono costituite prevalentemente da tessuto trabecolare. 3. Tomografia computerizzata quantitativa, QTC, permette la misurazione della mineralizzazione del tessuto osseo 3 trabecolare in 3 dimensioni, cioè g/cm (DEXA solo 2 dimensioni!), valuto uqindi anche lo spessore. La QTC permette di distinguere tra tessuto corticale e spongioso,percui è più precisa come tecnica rispetto alla DEXA, il limite che non la rende idonea come tecnica di screening è l’elevata quantità di radiazioni a cui si sottopone il paziente. Terapia: le terapie farmacologiche ad oggi disponibili sono in grado di ridurre il grado di riassorbimento, mentre la possibilità di stimolare le neoapposizione ossea è ancora dubbia. Calcitonina Difosfonati Vitamina D Terapia gonadica sostitutiva

Osteomalacia In questa osteopatia, la massa ossea è quantitativamente normale, ma con un difetto di mineralizzazione. 

Un tempo, i termini OSTEOMALACIA e RACHITISMO erano utilizzati per descrivere gli effetti scheletrici da stati carenziali. Oggi, con il miglioramento delle condizioni socio economiche, questi termini vengono ugualmente 68

Ortopedia utilizzati, ma per indicare un’ampia gamma di condizioni ad eziopatogenesi diversa, ma che si manifestano con caratteristiche anatomocliniche simili a quelle degli stati carenziali.

OSTEOPOROSI

OSTEOMALACIA

Definizione

Matrice ossea con diminuita mineralizzazione Matrice ossea variabile a mineralizzaizione normale diminuita

Età di esordio

Avanzata, postmenopausale

Qualsiasi

Sintomatologia

Dolore riferito alla sede di frattura

Dolore osseo generalizzato

Alterazioni Rx

Allo scheletro assiale, cedimenti vertebrali

Allo scheletro appendicolare, incurvamenti

Esami di laboratorio  Ca sier  Pi sier  ALP  Ca urin  Bio osso

Normale Normale Ca x Pi >30 Normale Elevato o norm Mark con tetraciclina normale

Diminuito o normale –elev nell’ipofosfatasia Diminuito o normale Elevata Normale o diminuito –elev nell’ipofosfatasia Mark con tetraciclina normale-

Deficienza vitaminica  Carenza dietetica  Bassa esposizione a raggi UV  Rachitismo neonatale Malassorbimento di vitamina D  Malattia celiaca  Malattie pancreatiche  Interventi di resezione gastrica e dell’intestino tenue Disturbi del metabolismo della vitamina D  Inibizione della 25 idrossilazione epatica  Inibizione della 1 idrossilazione renale Carenze di fosfati, ipofosfatemia, malattie dei tubuli renali  Complicanze dell’iperparatiroidismo o delle carenze di vitamina D  Bilancio del fosforo negativo  Ipofosfatemia familiare  Sindromi di Fanconi Inibizione della mineralizzazione  Difosfonati  Fluoruro di Na  Alluminio

Quadro clinico Nel rachitismo: Ridotta crescita Bambino apatico o irritabile Anatomopatologia: Nei primi 4 mesi vedo alterazioni connesse all’enorme elasticità delle ossa craniche (cranio tabe): aumento di volume della testa, difetti di chiusura delle fontanelle, deformità facciali e ritardo con disturbi della dentizione. Dopo i primi 4 mesi, ho anche delle deformità dello scheletro assiale: tumefazioni delle cartilagini di accrescimento => segno del rosario rachitico deformità ad imbuto del torace incurvamento delle ossa specie dell’arto inferiore, coxa vara rachitica e possibilità di fratture spontanee Nell’osteomalacia: debolezza 69

Ortopedia -

affaticabilità malessere e dolore alle ossa pseudo fratture spontanee della sola corticale

Anatomopatologia: all’esame istologico si vedrà un 1. AUMENTO DELLA MATRICE OSSEA NON MINERALIZZATA, 2. Le cellule della cartilagine di accrescimento sono disposte in maniera caotica, senza la regolare disposizione colonnare.

Diagnostica strumentale: RACHITISMO 1. Ipertrasparenza di tutto lo scheletro 2. Ritardo nella comparsa dei nuclei di ossificazione epifisari 3. Le cartilagini di accrescimento appaiono più spesse e lunghe del normale 4. Il margine metafisario presenta una dentellatura irregolare 5. La diafisi delle ossa tende a deformarsi con incurvamento, possono svilupparsi delle fratture sottoperiostee. OSTEOMALACIA  Quadro radiografico aspecifico, simile a osteoporosi con ipertrasparenza scheletrica;



Strie di looser Milkman a livello del lato concavo dell’osso lungo, sul versante mediale del collo femorale e rami di ischio e pube.

PATOLOGIE INFETTIVE DELL’OSSO OSTEOMIELITI 70

Ortopedia È un processo infiammatorio suppurativo del MO (nel contesto di infezione osteo articolare) al quale partecipano attivamente anche endostio e periostio, mentre trabecole e sistemi osteonici sono interessati in modo passivo con fenomeni di necrosi e di osteolisi. Eziologia più comune è quella batterica, ma abbastanza fq anche fungine, nei pz immunodepressi. Classificazione: per quel che riguarda le caratteristiche anatomocliniche e evolutive si distinguono forme acute e croniche. Tuttavia dal pdv pratico è meglio classificare a seconda dei meccanismi patogenetici dell’infezione: Ematogene  i microrganismi raggiungono l’osso a partire da un focolaio infettivo a distanza atterverso una fase batteriemica. Nell’85% sono forme ped. Non ematogene  Da inoculazione diretta: più comunemente in seguito a traumi ortopedici o interventi chirurgici. Tre sono i campi della chirurgia dove le infezioni intra o postoperatorie possono avere conseguenze drammatiche: cardiochirurgia (1-3% di infezioni allo sterno attese), neurochirurgia (3-5% infezioni lembo craniotomico) e osteosintesi, tasso variabile a seguito di osteosintesi e sostituzioni protesiche articolari.  Per contiguità: cioè per diffusione da un focolaio adiacente all’osso, di solito una cellulite. Queste sono di solito associate a insufficneza vascolare e si osservano specie in soggetti affetti da DM e vasculopatie periferiche. Colpiscono gli anziani, più fq al piede (piede diabetico). Limite della classificazione: scarsamente efficace nell’individuare lo stadio della malattia e gravità-prognosi. Questo è importante specie nelle forme cronicizzate, dove definire l’estensione della patologia con criteri AP è fondamentale per determinare la prognosi. Classificazione di Cierny Mader => suddivide le osteomieliti in tre stadi fisiopatologici e in quattro stadi anatomici : in questa classificazione non si distingue tra acuto o cronico, ma in base all’estensione del processo settico e della necrosi tissutale e alle potenzialità evolutive in base a condizioni locali e sistemiche.

Stadio anatomico    

Stadio 1: osteomielite midollare Stadio 2: osteomielite superficiale Stadio 3: osteomielite localizzata Stadio 4: osteomielite diffusa

Stadio fisiopatologico   

Pz gruppo A: normale dal pdv anatomico, fisiologico, metabolico, immunologico Pz gruppo B: compromissione sistemica e/o locale* Pz gruppo C: il trattamento è peggiore della malattia**

*Fatt sistemici che interferiscono con il metabolismo o sullo stato immunitario: malnutrizione, insuff renale e/o epatica, diabete, ipossia cronica, neoplasie, età estreme, immunodeficienze, cortisone, artrite reumatoide, etilismo, tossicodipendenze. ** fattori locali che interferiscono con la vascolarizzazione: linfedema cronico, stasi venosa, compromissione dei tronchi vascolari maggiori, arterite, microangiopatia, cicatrici estese, fibrosi da radiazioni, perdita della sensibilità locale.

I quadro anatomo clinico è definito più precisamente da queste 12 categorie e quindi anche l’azione terapeutica medica/chirurgica può essere meglio indirizzata. Gli stadi anatomici hanno una qualche corrispondenza con la modalità patogenetica: essendo l’osteomielite midollare di norma ematogena e quella superficiale secondaria a un’infezione estesasi per contiguità. Gli stadi più gravi sono caratterizzati dalla presenza di sequestri ossei a tutto spessore. Nella forma localizzata la rimozione non compromette la stabilità del segmento scheletrico, mentre la forma diffusa è instabile dal pdv biomeccanico dato l’interessamento circumferenziale dell’osso. I fattori determinanti nella diffusione dell’osteomielite sono: 1- Modalità di contaminazione delle strutture ossee: a. Per contiguità: da un focus settico nei tessuti molli adiacenti. Specie per traumi diretti, ferite da punta, morsi. b. Diffusione diretta dell’infezione: i microrg si impiantano direttamente nell’osso. Fratture esposte e ferite penetranti. c. Ematogena: attraverso torrente circolatorio. 71

Ortopedia Post operatoria: correlata a d estensione della tecnica di sintesi delle frattre con mezzi metallicic e impiego artroprotesi. Età: nei bambini e neonati interessa spesso strutture dello scheletro appendicolare, negli adulti scheletro assiale. Agente causale specifico: risposta del tessuto osseo diversa a seconda dell’agente. I principali sono coli, Salmonella, S. Epidermidis, Streptococco. d.

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Osteomielite acuta Epidemiologia Distribuzione bifasica nella popolazione in base all’età: 80% sotto i 20y, secondo picco soggetti oltre i 50y. Più della metà viene osservata in età pediatrica, sotto i 5y, causa di morte ne 50% dei casi in era preantibiotica. Cronicizzazione nel 5-10% dei pz per trattamento inadeguato o ritardo diagnostico. Patogenesi La via di accesso ematogena è la più fq: le condizioni della circolazione a livello della giunzione tra metafisi ed epifisi rappresentano un forte elemento predisponente nel soggetto in accrescimento, cioè il flusso ematico nei sinusoidi metafisari è rallentato e turbolento, questo predispone alla formazione di trombi e di microinfarti, specie in seguito a traumi locali.  Il TRAUMA nella patogenesi è importante perché. a. La fascia più colpita è tra i 2 e i 5y, b. più nei maschi (2,5:1) c. con localizzazione quasi elettiva all’arto inferiore (75%) Eziologia Per tutte le età: S. Aureus Staffilo e Strepto coagulasi negativi Bambini ulteriore compromissione delle condizioni circolatorie. Le alterazioni del tessuto osseo indotte dall'infezione sono:

Necrosi: colliquativa. Si manifesta nelle zone dove la flogosi è più violenta, in relazione ai fenomeni ischemici legati alla trombosi settica delle arterie nutritizie. Osteolisi : l'osso sano adiacente al focolaio osteomielitico è sede di intensi fenomeni di riassorbimento connessi all'iperemia locale, con conseguente rarefazione della trama ossea. Iperostosi: l'attività osteoblastica del periostio è stimolata dalla persistente suppurazione e dalla presenza di ampi sequestri che, per le loro dimensioni, non vengono eliminati; la neoformazione di tessuto osseo ha lo scopo sia di circondare i focolai infettivi nel tentativo di isolarli, che di ripristinare la continuità anatomica e funzionale dell'osso. L'osso neoformato viene denominato "cassa da morto" o "sarcofago". 5. 6.

In conseguenza alla necrosi colliquativa, il pus può diffondere verso la corticale dell’osso e raccogliersi sotto al periostio => ascesso sub periosteo => disturbi trofici per trombosi, il periostio si distacca dall’osso. Diffondendosi può coinvolgere: Diafisi Epifisi 72

Ortopedia Strato germinativo della cartilagine (così aavrò cresita asimmetrica degli arti!)

Diagnostica per immagini Valutano il coinvolgimento della parti molli contigue e stadiano il processo. 1) Radiografia tradizionale:  i primi segni radiografici compaiono solo al termine della II settimana di infezione. Si evidenzia una radio trasparenza prima a chiazze, poi sempre più diffusa nella zona interessata, infatti la demineralizzazione progredisce.  Con la comparsa di necrosi, compaiono le immagini dei sequestri ossei. Dato che nel sequesto il segmento coinvolto si trova escluso dalla circolazione, non parteciperà ai fenomeni osteolitici: conserva una radiopacità che contrasta con l’osso circostante.  Seguono fenomeni produttivi, apposizione ossea periostale ed endostale. Specie attorno ai sequestri si formano aree di iperostosi (sono degli addensamenti) responsabili dell’immagine del “sarcofago”. 2) TC dato l’evelato potere risolutivo, individua foci troppo piccoli per essere visti con le tecniche convenzionali. Indispensabile supporto a biopsie mirate e drenaggi di ascessi o raccolte. 3) RM è la più sensibile tra le tecniche, perché evidenzia l’iniziale fase infiammatoria degli spazi midollari in assenza di alterazioni strutturali scheletriche. 4) Nucleare: dirimente per la diagnosi di osteomielite nei casi dubbi., scintigrafia con leucociti marcati con Tc99 o In111.

Forme  Osteomielite ematogena del lattante Eziologia: staffilo, strepto, pneumococco (con uguale fq). Ingresso quasi sempre cutaneo, fattore favorente è la fisiologica mancanza di acido lattico sulla cute del neonato. Diagnosi: spesso difficile, può evolvere con estrema povertà di sintomi, cioè la febbre può essere assente o poco elevata, scarso o nullo interessamento generale, laboratorio dice poco. Posso avere come unica manifestazione il deficit quando ormai l’infezione prende le articolazioni (osteoartrite), causando tumefazione (reazione periascessuale). Evoluzione: danni irreversibili a epifisi e cartilagini i coniugazione, con alterazioni dell’accrescimento metafisario che esitano in deficit di lunghezza e deviazioni assiali dell’osso colpito. *** normalmente, la diffusione del processo settico va verso il cilidro diafisario, seendo l’epifisi priva di vasi; nel bambino
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