Appunti di Farmacia Industriale - Anno 2012 - Giorgio Cavicchioni

January 16, 2017 | Author: Alessandro Malfatto | Category: N/A
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Giorgio Cavicchioni

Appunti di Farmacia Industriale

Anno 2012 Appunti di Farmacia Industriale:  Servizi di Fabbrica:  Distillazione  Estrazione  Concentrazione  Cristallizzazione  Filtrazione  Centrifugazione  Sedimentazione  Essiccazione  Liofilizzazione  Macinazione  Setacciatura  Acqua di Fabbrica e Processi di Produzione  Membrane Filtranti  Distillazione  Miscelazione e Agitazione di Liquidi  Ripartizione di Formulati Liquidi  Miscelazione di Solidi  Ripartizione di Formulati Solidi  Formulazioni Fluidosolide  La Sterilità  Locali Sterili e Operatori

By Ale [email protected]

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APPUNTI COMPLETI SERVIZI DI FABBRICA

DISTILLAZIONE

ESTRAZIONE

CONCENTRAZIONE

CRISTALLIZZAZIONE

FILTRAZIONE

CENTRIFUGAZIONE

SEDIMENTAZIONE

ESSICCAZIONE

LIOFILIZZAZIONE

MACINAZIONE

SETACCIATURA

ACQUA DI FABBRICA

MEMBRANE FILTRANTI

DISTILLAZIONE

MISCELAZIONE DI LIQUIDI

RIPARTIZIONE DI LIQUIDI

MISCELAZIONE DI SOLIDI

RIPARTIZIONE DI SOLIDI

FORMULAZIONI FLUIDOSOLIDE

LA STERILITA’

Questi Appunti hanno richiesto tempo per essere scritti.. Non sostituiscono certo un libro.. Ma non sono nemmeno paragonabili a degli appunti scritti a mano. Nessuno vi Obbliga a comprarli.. Potete tranquillamente leggerveli online quando preferite. Ho messo anche a disposizione tutte le dispense e le registrazioni delle lezioni su GoogleDrive Se 25 Euro vi sembrano un prezzo spropositato. Provate a trascrivere e impaginare solo 2 ore di lezione. Provate a caricare tutto online e a pagare i servizi di hosting.. Oppure provate a studiare ogni argomento da 10 libri diversi… Questi appunti permettono di superare egregiamente l’esame di Farmacia Industriale.. studiando solo su questo materiale... Niente si ottiene Gratis o senza fare sforzi… Valutate le vostre Priorità 

| 20-02-12

 Trasposto di Materiali SOLIDI: Potremo avere a che fare con il trasporto di materiali liquidi e materiali solidi.. Per quanto riguarda i SOLIDI, i problemi riguarderanno le distanza da percorrere.. mentre per i LIQUIDI il principale problema sono i Volumi e la pressione (o forza). In caso di BREVI DISTANZE possiamo ricorrere ai Nastri Trasportatori o alla Coclea. La coclea è la vite di Archimede .. è una vite senza fine posta in un tubo che, girando su se stessa, permette il trasporto di opportuni materiali (sabbiosi, ghiaiosi…). Questo tipo di macchina è efficientissimo, occorre solo un buon motore :P E’ catalogata come macchina pericolosa (certo.. per i pirla :P)… Come viene alimentata la macchina? Generalmente si ricorre a una TRAMOGGIA di carico (T).. La fase di alimentazione e dosaggio è molto importante.. La tramoggia di Carico può alimentare su un Piatto che si muove a scatti.. ad ogni scatto viene versata una determinata quantità di materiale; in funzione della lunghezza dello scatto e della forza impressa.. Abbiamo anche l’alimentazione a Rullo, dove lo scarico della tramoggia posa (per l’appunto) su un rullo… Il movimento rotatorio di questo permette il trasporto di una determinata quantità di materiale.. Infine abbiamo anche l’alimentatore a Stella.. Questa apparecchiatura permette, senza particolari guarnizioni, di mettere in comunicazione ambienti a pressioni diverse. In caso di LUNGHE DISTANZE possiamo avere un trasporto di tipo pneumatico→ Il materiale che arriva viene versato in un container.. e da qui viene trasportato dove occorre :P Come far uscire il materiale dal Container?? Si può adottare il “CICLONE”.. che permette di allontanare l’aria (o il fluido trasportante) e di far ricadere dentro un secondo container il materiale solido.. Il ciclone è costituito da 2 cilindri coassiali… L’alimentazione (A) avviene tangenzialmente; questo perché la parte solida esercita attrito sulle pareti del cilindro più esterno perdendo energia cinetica e andando a depositarsi sul fondo.. l’aria al contrario non esercita particolare attrito.. quindi esce dall’alto  ..in questo modo se sta trasportando del materiale solido con se, la risalita riduce ulteriormente l’energia cinetica delle particelle.. portandolo inesorabilmente alla loro precipitazione sul fondo :P Pagina | 3

DAY 1

SERVIZI DI FABBRICA

E’ fondamentale che il fondo del cilindro esterno sia ben più in basso del cilindro centrale (per evitare che il materiale solido venga trasportato direttamente verso l’alto insieme all’aria..) occorre quindi anche un sistema che permetta di svuotare il fondo quando il livello del materiale si alza oltre una certa soglia.. Per fare questo si usa un doppio sensore (sensore alto e sensore basso).. Quando il sensore alto viene toccato, la valvola inferiore si apre.. e il materiale scende… quando raggiunge il sensore basso, la valvola chiude l’uscita… :D ….Easy…:P

SERVIZI DI FABBRICA

| 22/02/12

 Trasposto di Materiali LIQUIDI: In questo caso, a parte i tubi, l’elemento essenziale per il trasporto e il movimento dei liquidi è la pompa.. Possiamo avere 2 casistiche: o o

Quando abbiamo a che fare con grandi volumi.. in questo caso adotteremo delle Pompe Centrifughe Quando ci interessa spingere il fluido a una certa pressione.. parleremo di Pompe Volumetriche

Le principali grandezze che caratterizzano le pompe sono: La Portata (Q) → Quantità di liquido spostata nell’unità di tempo La Prevalenza (H) → La differenza di pressione metrica che esiste tra il liquido che entra nella pompa e il liquido che ne esce.. (in pratica esprime la spinta che la pompa da al liquido).. POMPE CENTRIFUGHE: L’entrata della pompa si chiama Aspirazione.. l’uscita si chiama Mandata. Il motore (la parte più lunga) agisce su una girante (un piatto scanalato) sulla quale arriva il liquido.. che girando vorticosamente viene sparato fuori dalla mandata :D La caratteristica di queste pompe è l’elevata portata.. e una prevalenza limitata… :’(

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POMPE VOLUMETRICHE: Il Volano (V) è collegato a un “collo d’oca” (una struttura ellittica in grado di trasformare un moto rotatorio in un moto rettilineo).. Il moto rettilineo viene trasmesso a un Pistone (P) che scorre avanti e indietro all’interno di un Cilindro (C). Come posso far arrivare il fluido dentro al cilindro, o farlo uscire, senza spingerlo in tutte le direzioni? Occorre un opportuno sistema di valvole.. (Va → Alimentazione) e (Vm → Mandata)… Quando il cilindro si ritira (aspira), attira a se le 2 valvole.. queste due sono incernierate in modo differente.. Va, muovendosi verso il basso provoca l’apertura della comunicazione… Vm, al contrario, se viene richiamata verso l’interno va a occludere il passaggio… Questo permette di far entrare solo il liquido di alimentazione durante l’aspirazione; e di espellerlo dalla mandata durante la fase di compressione. La quantità di liquido spostata è pari al volume del cilindro.. questo ci permette di comprendere che i volumi sono relativamente limitati :P

 TRASMISSIONE DEL CALORE: Il calore influenza notevolmente le reazioni e il mantenimento dei prodotti di reazione.. quasi tutte queste avvengono in un opportuno regime di pressioni e temperature.. Ci ritroveremo davanti quindi all’eventualità di dover Refrigerare o Riscaldare… in entrambi i casi le macchine sono le stesse.. possiamo eventualmente suddividerle in macchine per piccoli quantitativi e machine che devono trattare grandi quantitativi.. Il liquido che generalmente viene riscaldato è l’acqua…

SCAMBIATORI PER RECIPIENTI:

|PICCOLI QUANTITATIVI

Ne abbiamo principalmente 2.. a Serpentina e a Camicia. … ↙ Lo Scambiatore a SERPENTINA è adatto per recipienti delle dimensioni più svariate.. Il fluido usato per lo scambio termico si chiama “ausiliario” o “secondario”.. L’ingresso e l’uscita sono delle stesse dimensioni.. questo significa che non vi è alcun passaggio di stato.. (entra un liquido.. ed esce un liquido).. Nel caso contrario, es: entra un gas, esce un liquido, l’entrata sarebbe ben più grande rispetto all’uscita.. Lo scarico è posto in basso.. queste macchine possono avere o non avere la valvola, a seconda che si stia riscaldando o raffreddando… In caso di raffreddamento, la valvola non serve in quanto i liquidi più freddi hanno una maggiore densità, quindi tenderanno ad andare verso il basso :D In caso di riscaldamento la valvola è invece necessaria… E’ inoltre essenziale un sistema di agitazione che permetta di distribuire uniformemente il calore in tutto il recipiente.. Pagina | 5

Lo Scambiatore a CAMICIA, come suggerisce il nome stesso, è dotato di un’intercapedine che avvolge il contenitore in cui scorre il liquido riscaldante o refrigerante.. Il sistema di agitazione può essere a elica o a pale… La differenza nell’uso di questi due sistemi dipende dalla viscosità del fluido.. Per fluidi poco viscosi si ricorre a un’elica.. per fluidi molto viscosi si preferisce le pale. → miscelare un dentifricio con delle eliche è abbastanza dura :P L’alimentazione avviene dal dal tubo laterale proveniente dall’alto e lo scarico è posto in basso.

SCAMBIATORI A FASCIO TUBIERO:

| GRANDI QUANTITATIVI

Questo scambiatore è composto da un mantello costituito da un cilindro, racchiuso da due teste (T) alle estremità.. All’interno del cilindro vi è un fascio di tubi, rivettati all’interno di due piastre poste alle estremità.. → → Un liquido entrerà dal bocchettone (B) posto sul mantello; lo percorrerà da sinistra a destra, e uscirà dal bocchettone posto sul lato opposto (poco importa che sia in alto o in basso)… L’altro fluido entrerà dal bocchettone posto su una delle teste, percorrerà i tubi (immersi nell’altro fluido) e uscirà dal bocchettone posto sulla testa opposta… → E’ Logico quindi che lo scambio termico avverrà all’interno del mantello =_=” Esistono 2 tipi di moto: Laminare e Vorticoso. Quello che garantisce uno scambio ottimale del calore è ovviamente quello Vorticoso in quanto permette un rimescolamento continuo del fluido. Come posso trasformare un moto laminare in moto vorticoso??  Semplicemente aggiungendo degli ostacoli :D (S).. il fluido che entra in pressione passa attraverso dei setti, ed è obbligato a seguire un moto sinusoidale.. Ora però Abbiamo un problema :/ L’aggiunta degli ostacoli può determinare delle vibrazioni e movimenti pericolosi dei tubi che rischierebbero di compromettere la stabilità della macchina  Per evitare questo sono necessari dei tiranti.. che mantengano fermi i setti.. dentro i quali scorrono i tubi :P Cosa rimane??.. la “D” .. una specie di ciambella attorno al mantello :P .. si chiama DILATATORE.. Che permette di sfogare le tensioni generate da gli stress termici :D Pagina | 6

L’acqua di riscaldamento, deve essere un’acqua opportunamente addolcita, per evitare la deposizione di calcare e altri precipitati insolubili sulle pareti dei tubi.. Quando i fluidi percorrono lo scambiatore nello stesso verso, sono in EQUICORRENTE… →



Quando percorrono lo scambiatore con verso opposto, sono in CONTROCORRENTE..

I due versi differenti vengono usati a seconda dell’effetto che si vuole ottenere e a seconda delle condizioni di temperatura alle quali stiamo lavorando.. In Equicorrente abbiamo all’inizio una grande differenza di temperatura.. che si attenua mano a mano fino all’uscita quando i due fluidi hanno pressochè la stessa temperatura… All’inizio quindi la macchina lavora con un’ “efficienza” esagerata che va via via diminuendo. In Controcorrente, al contrario, il salto termico rimane più o meno invariato lungo tutto lo scambiatore.. quindi le tensioni sono molto minori e l’efficienza del processo rimane costante lungo tutto lo scambiatore Che cosa può fare uno scambiatore?? → Essenzialmente 3 tipi di interventi: o o o

Refrigerare o Riscaldare (che alla fin fine è la stessa cosa :P) Può operare come Condensatore (da vapore a liquido) O da Ribollitore.. (da liquido a vapore)

Con che criterio posso definire se la macchina è un refrigerante o un riscaldante?? → Ci si riferisce al liquido più “nobile” in funzione del quale si esegue l’operazione... se il liquido che mi interessa deve essere raffreddato, allora è un refrigerante… se deve essere scaldato.. allora è un riscaldatore :P

CONDENSATORE: In questa macchina, entra un vapore.. ed esce un liquido :D Per questione di volumi è opportuno quindi che il bocchettone d’entrata del vapore sia più grande del bocchettone d’uscita del liquido. Inoltre, dato che il liquido tende a precipitare per gravità, si pone la macchina in verticale.. con l’alimentazione in alto e l’uscita in basso… In questo grafico il verso dei fluidi è controcorrente.. Nel bocchettone d’uscita c’è una valvola chiamata “separatore di condensa” che impedisce al materiale di uscire se vi è del vapore.. (chiaramente se abbimo pagato migliaia di euro questa ca^^o di macchina..vorremmo anche che lavori bene =_=”). Come funzia?? → Si basa sulla differenza di temperatura tra il vapore e il liquido.. C’è un sensore collegato a un dilatatore.. se la temperatura non è quella del liquido, il dilatatore rimane chiuso.. in caso contrario → apriti sesamo :P

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RIBOLLITORE: Il criterio è lo stesso del condensatore.. solo che è l’esatto opposto.. :D il liquido entra dal basso, da un bocchettone piccolo.. il vapore esce dall’alto da un bocchettone enorme :P I setti, in questo caso sono diversi.. è un sistema a dischi e anelli. Obbliga il liquido a percorrere un percorso a 8, generando un moto turbolento..

DA CHE MATERIALI SONO COSTITUITE LE APPARECCHIATURE??? Principalmente ne abbiamo tre tipi:   

Materiali Metallici, Non Metallici, E Materiali Abbinati (costituiti da un’associazione tra un metallo e un non metallo)

MATERIALI METALLICI: Nella “TOP1” abbiamo l’ACCIAIO.. costituito da Ferro e Carbonio.. quest’ultimo deve essere in concentrazioni comprese tra lo 0,008% e il 2,06%... a concentrazioni superiori abbiamo le ghise, con caratteristiche completamente diverse.. Sulla terra non si è ancora riusciti a produrre ferro puro al 100% O_o.. L’Acciaio INOX può contenere traccie di svariati elementi: Fe

C

Cr

Ni

Mo

Mn

Si

Ti

Nb

Quest’ordine è ben preciso.. quando si compra un tipo di acciaio si può trovare la scritta 18/8/2… Questi numeri rappresentano le concentrazioni percentuali di Cromo, Nichel e Molibdeno. Ognuno di questi elementi conferisce delle proprietà particolari all’acciaio.. Il cromo ad esempio è essenziale contro la corrosione.. L’industria Farmaceutica usa spesso la sigla A.I.S.I. → American Iron and Steel Institute… questa sigla è seguita da numeri.. i più comuni sono AISI 304 e AISI 316. L’acciaio INOX non è poi così il massimo come può sembrare.. in quanto è: o o o

Difficile da lavorare, e non può essere usato ad alte temperature in quanto tende ad alterarsi strutturalmente.. Viene facilmente corroso da tutti gli acidi ad eccezione di HNO3 e H2SO4 Ma.. la più grande debolezza.. è nei confronti delle basi; a contatto con esse l’acciaio diventa più fragile..

GHISE: Sarebbero come l’acciaio, se non fosse per un quantitativo superiore di carbonio (tra il 2.06 e 6,7%).. sopportano bene le alte temperature.. ma sono al contempo particolarmente fragili.. Il RAME e le sue leghe sono particolarmente usati.. come l’Ottone (Zn 43%) e il Bronzo (con Sn 8-20%) Pagina | 8

L’ALLUMINIO ha scarse proprietà meccaniche.. in compenso è un metallo particolarmente igienico in quanto antagonizza egregiamente la crescita batterica sulla sua superficie. Una proprietà interessante è la capacità di autoproteggersi dagli acidi (passivazione). Il NICHEL è ottimo, in particolare nella lega con il Cromo (20%) … Lega molto costosa, ma con una elevata resistenza elettrica e alla corrosione..

MATERIALI NON METALLICI: Hanno una scarsa conducibilità termica e una buona resistenza alla corrosione… Tra i più “famosi” abbiamo Legno, Ceramica, Quarzo, vetro… e poi tutte le materie plastiche, che stanno prendendo sempre più piede.. Possono essere degli omopolimeri o copolimeri.. a struttura lineare (termoplastici) o tridimensionale (termoindurenti)… Tra i polimeri più usati abbiamo: il Teflon: inizialmente messo a punto per proteggere le capsule spaziali dallo sbalzo termico durante il rientro).. (-CF2-CF2-) il Fertene (-CH2-CH2-) il Moplen (-CH2-CHCH3-) e il PVC :D (-CH2-CHCI-)

I MATERIALI ABBINATI: Sono quei materiali costituiti da una parte metallica e una non metallica… ad esempio.. nel trasporto di un fluido può interessarci mantenere costante la temperatura all’interno del tubo.. e impedire gli scambi con l’esterno… Il tubo quindi potrebbe essere costituito da una lamina di metallo all’interno.. e da una plastica isolante all’esterno.. :D

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DISTILLAZIONE

| 27/02/12

La distillazione è quel processo che permette di separare i componenti di una miscela liquida tramite la loro diversa tensione di vapore.. Esistono molti tipi di distillazione.. noi ne prendiamo in considerazione 3 (quelli tipici in ambito farmaceutico): Distillazione semplice o differenziale.. Distillazione in corrente di vapore.. e Distillazione molecolare Per quanto riguarda i sistemi binari MISCIBILI, le leggi che governano il principio di distillazione sono:  

La Legge di Raoult: che afferma che nei liquidi miscibili la tensione di vapore del solvente è direttamente proporzionale alla sua frazione molare → P = P o x1 e la Legge di Konowaloff: secondo la quale, il vapore che si libera da una miscela è relativamente più ricco del bassobollente :D

DISTILLAZIONE SEMPLICE O DIFFERENZIALE: E’ una distillazione discontinua.. nella quale abbiamo un contenitore (serbatoio) dentro il quale c’è una serpentina che serve per riscaldare la miscela.. Il distillato arriva poi a uno scambiatore a fascio tubiero .. Il vapore entra dall’alto.. condensa.. ed esce dal basso.. e viene raccolto in altri serbatoi.. Posso applicare questo sistema di distillazione solo per prodotti termostabili.. Poniamo di avere una miscela composta da A e B..e scaldiamo fino ad arrivare al punto di ebollizione della miscela… il vapore che si formerà sarà più ricco del bassobollente (legge di Konowaloff).. Quindi.. altrettanto ovvio.. Il Residuo (quello che rimane nel serbatoio) sarà più ricco di Altobollente… Ne consegue che il punto di ebollizione del residuo aumenta.. e Quindi Le frazioni che si liberano sono sempre più povere di bassobollente.. Conclusione.. da una DISTILLAZIONE SEMPLICE potrò ottenere, PURO, SOLO l’Altobollente… :’/ Come posso fare per Arricchire il Bassobollente?? → Introduco nel sistema di distillazione semplice un Deflemmatore che si trova esattamente sopra il serbatoio.. Non è altro che uno scambiatore a fascio tubiero.. Nel mantello scorre un liquido, con un temperatura inferiore al gas; questo favorisce la condensazione dell’altobollente.

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DISTILLAZIONE IN CORRENTE DI VAPORE: E’ una distillazione discontinua, particolarmente adatta per prodotti termolabili.. In questo caso si ha a che fare con due liquidi non miscibili.. di conseguenza la tensione di vapore totale è data dalla somma delle tensioni di vapore dei liquidi puri (legge di Dalton).. La miscela entra in ebollizione a una temperatura inferiore rispetto ai componenti da soli... Il liquido che generalmente si aggiunge per ottenere questo effetto è l’acqua.. in quanto costa poco, ed è pressochè immiscibile con quasi tutti i solventi organici… Questo liquido viene definito “Ausiliario”.. Poniamo di avere una Miscela di Acqua e Toluene.. nel grafico qui affianco abbiamo in ascissa la temperatura e in ordinata la pressione.. A 760 mmHg il sistema entra in ebollizione.. La temperatura di ebollizione del toluene è di 110 °C.. quella dell’acqua è 100 °C… Il grafico, strutturato in questo modo, permette di ricavare la temperatura di ebollizione finale della miscela.. → Circa 85 °C :D.. Il punto di incontro è il punto in cui la somma del contributo da parte dell’acqua e del toluene fa 760…  Come è fatto il sistema di distillazione in corrente di vapore?? Prima di tutto abbiamo il serbatoio in cui si trova il nostro composto organico.. le possibilità sono 2:  

Aggiungiamo acqua.. e riscaldiamo il tutto… Facciamo entrare direttamente il vapore d’acqua che provoca l’ebollizione del sistema.. (→ molto meglio)

Il vapore generato convoglia all’interno del serbatoio passando attraverso un fondo perforato.. attraversa la matrice organica ..e permette l’evaporazione del composto di interesse a una temperatura inferiore.. Il vapore e l’olio finiranno in un condensatore a fascio tubiero (il liquido di raffreddamento scorre nel mantello.. in un sistema controcorrente).. A questo punto occorre separare l’olio organico distillato e il vapore condensato.. Per poter ottenere l’olio pulito, ho bisogno di una soluzione che permetta di far arrivare il condensato da sotto il serbatoio di raccolta.. L’olio tende a salire, in quanto ha una densità inferiore a quella dell’acqua.. e raggiunto un certo livello verrà allontanato per tracimazione :D In basso abbiamo un “Idrolato”.. ovvero acqua che contiene ancora dell’olio… Considerando il tempo richiesto per una completa separazione.. e considerando che il tempo è denaro.. $_$ .. si è visto che è più conveniente perdere una parte di olio insieme all’acqua piuttosto che aspettare tempi biblici :P

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Un sistema per la distillazione in corrente di vapore può essere questo: E’ composto principalmente da:    



Una Caldaia Una serpentina forata che porta il vapor d’acqua Un Condensatore E un Decantatore..

DISTILLAZIONE MOLECOLARE: E’ un processo che permette alle molecole del liquido da distillare di abbandonare la superficie evaporante, percorrere quindi un certo cammino in cui è stato creato il vuoto.. per poi raggiungere un condensatore.. La chiave del processo è la Pressione.. che deve essere opportunamente bassa.. La pressione totale (chiamata anche pressione Ambientale → Pa) è data da 3 componenti: La pressione alla bocca (→ la pressione nel distillatore) → Pb La pressione dovuta agli incondensabili (molecole difficili da condensare e che generano a loro volta una pressione) → Pi E la pressione esercitata dalle molecole superiori nei confronti di quelle sottostanti (che ostacola la loro evaporazione) → Pp Pa = P b + P i + P p La Pressione nel distillatore dipende dalle pompe da vuoto .. Gli incondensabili possiamo provare ad allontanarli.. (e come!?) … Per diminuire Pp, possiamo lavorare su piccoli strati :D Un piccolo strato non può bollire… può solo evaporare.. ecco perché si parla di superficie evaporante.. :) 

Velocità di distillazione:

La velocità di distillazione (Vd) dipende dalla velocità di Evaporazione (Ve) e dal rendimento dell’evaporazione (f)..



Vd = ve · f

La velocità di evaporazione mi dice quanto velocemente le molecole abbandonano la superficie evaporante.. Ma NON mi dice quante di queste arrivano al distillato.. per questo motivo occorre un fattore correttivo (f) che introduca l’efficienza.. In condizioni di monostrato, e con vuoti inferiori a un Torr, si ha l’evaporazione… e NON l’ebollizione.. Una volta che le molecole abbandonano la superficie evaporante, percorrono un certo cammino per poi arrivare al condensatore.. Alcune molecole lo raggiungeranno, altre invece ricadranno sulla superficie evaporante.. o

Il rendimento dell’evaporazione (F) può essere quindi espresso come:

f

molecole condensate molecole evaporate

Se arrivano tutte le molecole al condensatore, f = 1… se non ne arriva nessuna, f = 0.. Per rendere più efficiente la distillazione possiamo ridurre il cammino che le molecole percorrono per arrivare al condensatore.. o riducendo ulteriormente la pressione ambientale diminuendo di conseguenza la possibilità di urti con altre molecole che possono determinare la ricaduta delle molecole..

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o

Velocità di evaporazione:

E’ la velocità con cui le molecole abbandonano la superficie del distillando.. L’equazione della velocità è PM espressa dalla formula di Langmuir-Knudsen: ve 0.0585p T La radice quadrata ha un valore trascurabile… quindi tutto dipende da una costante moltiplicata per una Pressione… → Da quando una la Velocità di evaporazione è direttamente proporzionale a una pressione?! … Se aumenta la pressione.. si abbassa la tensione di vapore.. e tanti saluti all’evaporazione O_o Eppure.. in questo caso (e i dati sperimentali lo dimostrano).. vale proprio così.. a pressioni troppo basse, la velocità di evaporazione si riduce notevolmente… Questo vale comunque un un range di pressioni basse, e in presenza di un monolayer.. C’è un problema :-/ … Se teniamo per vera l’equazione Vd = Ve * F… troviamo che:  F: richiede pressioni sempre più basse.. per ridurre gli urti con altre molecole…  Ve: richiede invece che le pressioni non siano troppo basse.. altrimenti la velocità di evaporazione diminuisce drasticamente! O_o Mumble mumble.. Quale dei due fattori è il più importante?? Occorre lavorare a una pressione che sia un compromesso fra quanto richiesto da F e quanto è richiesto da Ve. Guardando la tabella…  a 10-4 → il rendimento (F) è 1.. questo significa che tutte le molecole che evaporano, arrivano al condensatore… Perché?? → perché è un vuoto spinto; quindi sono poco probabili gli urti fra altre molecole che favoriscono la loro ricaduta sulla superficie evaporante..  A 10-2 → il rendimento è circa il 50 % inferiore.. Ora occorre considerare la velocità di Evaporazione..  

a 10-4 → è pari a 0,1 gr/min A 10-2 → ne arrivano quasi 2 gr/min O_o

Insomma… A pressioni bassissime, è vero che tutte le molecole che evaporano arrivano in quel ca^^o di condensatore… ma è altrettanto vero che ne evaporano una miseria… Al contrario.. a Pressioni Basse.. (ma NON troppo…) le molecole che arrivano a destinazione rispetto a quelle partite sono la Metà… Ma c’è anche da dire che ne partono un sacco… :P Quindi, tirando le somme, è molto più conveniente lavorare a pressioni non troppo basse → Il 50% di 1kk .. è sempre meglio del 100% di 1k :P Pagina | 13

E ora passiamo a questa “fantastica” tabella… In ascissa abbiamo la lunghezza del cammino che la molecola percorre per arrivare al condensatore.. In ordinata abbiamo invece la probabilità che la molecola arrivi a destinazione.. Ci sono svariate curve per determinate pressioni e relative sostanze.. Come leggere questo grafico?.. ma soprattutto.. a che ca**o serve?? Data una certa distanza dal condensatore.. quale pressione dobbiamo usare per ottenere una determinata resa del processo?

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3

3

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10

1

3

La resa va dall’ 1% al 98%... in quanto è impossibile che assuma valori dello 0 o del 100 % U_u Al diminuire del cammino… Aumenta la probabilità di arrivare al condensatore senza urti.. (logico) … poniamo di avere una distanza dal condensatore di 8 cm..e di lavorare a 10-3 Torr.. In queste condizioni la nostra molecola ha un 1% di probabilità di arrivare al condensatore… Con una Pressione di 10-3 Torr.. qual è il cammino che dovrei usare per poter ottenere una “resa” di quasi il 100% ?? circa 5*10-2 cm… Altro esempio… Poniamo di avere un cammino ottico pari a 10-2 cm… Alla pressione di 1 Torr avremo che la probabilità di arrivare al condensatore senza urti è pari all’ 1%... Dato che la macchina è sempre la stessa, non posso modificare il cammino…posso però giocare sulla pressione per aumentare l’efficienza :D Quindi.. traccio una linea fino ad arrivare alla resa di interesse (98%).. da qui posso quindi rilevare a che valore di pressione devo lavorare :D → circa 10-2 Torr… CHE CASINOOOOOOOO‼‼ La necessità di avere un monostrato (che in realtà non riusciremo mai ad avere) porta a un ulteriore problema.. la TORPIDITY … In che consiste?? → Le molecole del bassobollente evaporano.. quelle dell’altobollente non evaporano.. o ricadono subito.. in questo modo vanno a creare un film torbido che non permette alle molecole bassobollenti sottostanti di andarsene … :’( Come posso evitare il fenomeno della Torpidity?? .. Semplice.. ‼ mantengo in agitazione la massa evaporante :D → di modo che il film “torbido” venga costantemente rotto e rigenerato con molecole di bassobollente..

La distillazione Molecolare viene principalmente utilizzata per: o o

Vitamine Oli essenziali

o o

Acidi grassi, resine naturali Oli di pesce (poveri di vitamina A) Pagina | 14

MACCHINE PER DISTILLAZIONE MOLECOLARE: Ci sono due tipi di macchine; che si distinguono tra loro per il modo con cui creano i monostrati e il moto rotatorio per impedire la torpidity…

 DISTILLATORE A FILM CADENTE: Prima di tutto, Notiamo il Serbatoio per L’Alimentazione… Questo distillatore quindi lavora in discontinuo.. La pompa di circolazione permette di immettere il distillando nel distillatore… il flusso viene controllato attraverso un fluidometro.. Possiamo quindi trovare una serpentina di preriscaldamento.. una valvola di controllo, fino ad arrivare nella camera di degasazione dove viene fatto gocciolare.. questa camera è collegata a una pompa da vuoto e permette di eliminare i gas disciolti nel distillando.. (abbattiamo così “Pi” :D).. Le gocce a questo punto ricadono su una cupola all’interno di un sistema collegato a una pompa da vuoto.. Cosa accade?? → La goccia che cade esattamente al centro della cupola si allarga a 360° e, scendendo, la sua stratificazione diminuisce tendendo a un mono-layer.. La cupola interna costituisce la superficie evaporante; all’interno di essa vi è infatti una resistenza che permette di scaldare favorendo l’evaporazione… Le molecole attraversano quindi lo spazio dove abbiamo creato il vuoto.. vanno a impattare contro la superficie interna della cupola esterna (più fredda).. condensano.. e quindi ricadono sul fondo.. Il distillato viene poi aspirato dentro un serbatoio… Il residuo.. che non viene distillato, percorre la cupola interna fino alla base… e viene aspirato dentro un altro serbatoio.. → Per evitare che il RESIDUO e il DISTILLATO si mescolino occorre un opportuno separatore alla base che divida i due liquidi :D A volte il residuo non distillato completamente viene riciclato.. e si esegue quindi un ulteriore distillazione per recuperare il composto di interesse..

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DISTILLAZIONE

| 28/02/12

 DISTILLATORE A FILM CENTRIFUGO: Come al solito abbiamo il contenitore con il materiale da distillare.. quindi lavora in Discontinuo… Una pompa di circolazione aspira il materiale dal basso e lo spinge, facendolo gocciolare al centro di un piatto concavo.. Questo piatto è collegato a un motore che imprime un moto rotatorio… Il materiale che gocciola al centro del piatto, per azione della forza centrifuga, si espande su tutta la sua superficie. Distribuendosi, la stratificazione si abbassa e il moto rotatorio permette di ovviare al problema della torpidity. Dietro al piatto vi è una resistenza che permette di scaldarlo, favorendo il processo di evaporazione.. Ovviamente, vi è anche una pompa da vuoto… Il materiale che evapora percorre lo spazio vuoto e condensa sulla superficie interna del distillatore; viene poi recuperato all’interno dei una beuta o di serbatoio opportuno.. Il materiale che non è evaporato tracima fuori dal piatto e viene raccolto da un condotto che gira tutto intorno ad esso.

 DISTILLATORE A COPPA ROTANTE: E’ un sistema che può lavorare in CONTINUO. E’ costituito da un contenitore provvisto di coperchio, sul quale sono presenti tutte le aperture necessarie al processo → l’ingresso del distillando (3).. del liquido ausiliario (4).. il collegamento con la pompa a vuoto (6)… ecc.. All’interno dell’involucro abbiamo una coppa svasata collegata a un motore che ne permette la rotazione.. L’alimentazione avviene alla base di essa e il materiale, tenderà a risalire le pareti circondate da resistenze (C) che ne favoriscono l’evaporazione. Ciò che non evapora, fuoriesce per tracimazione finendo in un canale di raccolta che scorre proprio al di sotto del bordo superiore della coppa.. Al centro della coppa vi è una serpentina di raffreddamento su cui condenserà l’evaporato.. Al centro della serpentina vi è una resistenza di riscaldamento, che permette di aumentare l’energia cinetica delle particelle evaporate e favorire quindi la loro “impattazione” contro il sistema di condensazione. Il condensato scende lungo la serpentina fino a raggiungere un piatto (F).. da qui verrà poi espulso tramite un canale passante dal centro della coppa… Pagina | 16

In questa tabella riassuntiva abbiamo paragonati fra di loro i vari tipi di distillatori (industriali e da Laboratorio).. il Claisen è il Rotavapor… In un rotavapor siamo molto lontani dal “monolayer”.. abbiamo circa 5 cm di strato di distillando.. Nei distillatori a caduta abbiamo una buona stratificazione, intorno al mm, mentre nei distillatori centrifughi arriviamo a spessori dell’ordine di 0,02-0,05 mm :D Ad ogni modo.. tutti questi valori non sono da imparare.. semplicemente danno un’idea dell’efficienza dei diversi distillatori sia in base alla tipologia che al loro impiego (industriale o da laboratorio) ….Nuovo argomentoneee :-/

ESTRAZIONE L’estrazione è l’operazione con la quale un componente di una miscela viene allontanato da questa attraverso un solvente per esso selettivo.. Esistono 2 tipi di estrazioni: Liquido-Liquido Liquido-Solido → noi faremo solo queste, in quanto sono le più tipiche in ambito chimico industriale.. I campi di utilizzo sono vastissimi.. possiamo impiegarle per la separazione di principi attivi di origine naturale, nella preparazione di antibiotici (soprattutto quelli semisintetici), preparazione di vitamine.. Recupero di grassi animali.. ecc… Il solvente impiegato nell’estrazione deve avere:    

un certo grado di selettività: Più è selettivo il solvente.. migliore sarà l’estrazione Una viscosità bassa: Per favorire le interazioni con il materiale Deve essere inerte.. e stabile.. E Bassobollente: in caso di composti termolabili, e per facilitare la sua eliminazione 

Poniamo di avere una miscela formata da A e B.. e che il componente da estrarre sia “A”.. indichiamo con Xa e Xb le frazioni molari dei componenti nel residuo.. e Ya e Yb le frazioni molari nell’estratto… La selettività in genere si indica con H.. ed è espressa come:

h

y x x y A

B

A

B

Per una buona estrazione occorre portare via Tutto “A”.. e lasciare tutto “B”.. quindi, mi aspetterò valori ALTI di Ya e bassi di Xa … Valori ALTI di Xb... e valori bassi di Yb… Possiamo quindi dire che tanto maggiore è il valore di “H”.. tanto maggiore è la selettività :D

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ESTRAZIONI LIQUIDO-SOLIDO: Ne esistono di tanti tipi… Percolazioni semplici, Estrazione, Decozione, Eluizione… E ora.. i grafici…  Abbiamo un triangolo rettangolo, in quanto i vertici rappresentano i componenti puri della miscela… A, B ed S (il solvente).. Cosa rappresentano i lati?? → Il Lato AB rappresenta la miscela di A e B.. Il Lato AS Rappresenta quanto di “A” è stato estratto dal solvente.. BS Rappresenta invece la quantità di B che è stata sciolta ed è passata dentro il solvente… I punti INTERNI al sistema rappresentano miscele ternarie di A, B ed S.. maaa… Cosa NON Dicono??  I punti interni non mi dicono “cosa è successo” in seguito all’aggiunta del solvente..

“K” rappresenta la concentrazione di saturazione di A nel Solvente. Di conseguenza sul Lato AS potremo identificare dei punti Reali e dei punti NON reali (punti in cui la soluzione risulterebbe sovrasatura)… I punti:  REALI: sono quelli in SK..  NON REALI: sono quelli nella sezione AK. → Facile capirlo.. se si raggiungesse il vertice “A” significherebbe che abbiamo SOLO “A”… E non ci si porrebbe nemmeno il problema della saturazione nel solvente.. :P

Poniamo di Partire da una miscela “X”.. e di aggiungere solvente fino ad arrivare al punto “1”… Questo punto mi dice solo quanto A, B ed S ho nella miscela… Maaa… cosa è successo? Dove posso trovare i punti che mi permettono di descriverlo? → Sono sui lati del Triangolo.. Ok… Quali?? → I punti REALI dovrebbero ricadere su SK… Se ottengo proiezioni su AK o BS, queste rappresentano situazioni NON possibili.. quindi interpretazioni errate del grafico… Poniamo di proiettare da B → 1 … Otteniamo un punto sul segmento AK. Se questa proiezione fosse reale avrei: o Una soluzione sovrasatura (impossibile) … o E nel residuo, SOLO componente B (troppo bello per essere vero :P) → Questa non è quindi la rappresentazione grafica di ciò che è effettivamente successo Pagina | 18

Poniamo di Proiettare da A → 1 … Otteniamo un punto su BS. Se questa proiezione fosse reale avrei: o Nel residuo SOLO A.. (sarebbe bello :P) o E il Solvente avrebbe estratto anche tutto B… (impossibile.. dato che ho scelto un solvente specifico per A =_=”) → di conseguenza, nemmeno questa è la proiezione REALE…

Proviamo l’ultima proiezione.. da K → 1 … Otteniamo un punto su AB. Se questa proiezione fosse reale avrei: o Estratto A fino alla saturazione di questo nel Solvente.. (Wow :D) o E Nel residuo (W) avrei una minore concentrazione di A … (That’s Perfect! :D) → Evvaii  questa proiezione rappresenta la corretta interpretazione del grafico :D

Ci troviamo quindi sul punto – W – (il residuo).. Quanto “A” ho estratto? → Semplice..

AEstratto = (X – W) … E questo “A” è finito nel solvente saturandolo..

Però non mi accontento di aver estratto solo una parte di A.. (perché magari ho usato poco solvente…) Che faccio?? → Eseguo una seconda estrazione dal residuo :D Aggiungo tanto solvente fino al punto 2…

E ora?? Dove lo trovo il punto rappresentativo in seguito alla mia aggiunta di solvente?? Su quale lato??... → si ragiona come prima… 

Se proiettiamo da A → 2, otteniamo un punto su BS… in questo caso avrei: o SOLO A nel residuo (impossibile O_o) o e un solvente che ha estratto anche B → Non è questa l’interpretazione corretta… Se protiettiamo da K → 2, Otteniamo un punto su BS.. in questo caso avremmo: o Un solvente che ha estratto TUTTO A, fino a saturazione… e TUTTO B.. → Nemmeno questa è quindi l’interpretazione corretta…

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L’ultima possibile è la proiezione B → 2 … Otteniamo quindi un punto sul Segmento SK.. Se la proiezione fosse corretta avremmo che: o Nel residuo c’è SOLO B.. (Yeah!) o E nel solvente c’è Tutto A! (Doppio Yeah! ^^) → Ovviamente, questa è la proiezione corretta :P

Conclusioni?? → Se noi tracciamo un segmento che va da B → K dividiamo il triangolo in 2 parti.. Questo segmento che informazioni ci da?? → o o

Ho tutto B nel residuo Ho estratto tutto A fino a saturazione del solvente

→ La B-K è il luogo di punti in cui ho la massima efficienza di estrazione.. usando la MINIMA quantità di Solvente :D  Tutte le aggiunte di solvente che forniscono punti rappresentativi nell’area BKA non porteranno MAI a un’estrazione completa..  Se l’aggiunta di solvente fornisce punti rappresentativi nell’area BKS Avrò sicuramente un’estrazione TOTALE del composto A :D

La velocità di Estrazione può essere espressa con l’equazione:

Ve k S vs 2ΔC

Una Costante di proporzionalità * La superficie Esposta * Velocità di Scorrimento del solvente (al Quadrato) * La driving Force… Posso agire su questi parametri per migliorare la velocità di estrazione??   

→ Sì.. posso:

Aumentare la Superficie Specifica del composto o materiale di partenza..  Aumentare la Velocità di Scorrimento del solvente… Aumentare la Driving Force (la differenza di concentrazione tra il solvente e il materiale).. Maggiore è la differenza.. maggiore è la velocità del processo… (→ Solvente sempre fresco aumenta la capacità estrattiva..)

Iniziamo con le macchine =_=” … che pizzaaa….

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DAY 2

 PERCOLATORE A FREDDO:

(Lavora in discontinuo)

Il Percolatore a Freddo è una delle macchine più semplici in assoluto.. L’operazione viene eseguita a freddo generalmente quando si trattano prodotti termolabili.. Il percolatore è un contenitore sul fondo del quale è posta una grata sulla quale viene collocata la matrice che deve essere estratta.. Le grate della maglia devono essere quindi inferiori alla pezzatura del materiale che viene utilizzato... Il solvente entra da “A” (alimentazione).. attraversa il “letto fisso” (→materiale fermo su un supporto) →→ il composto dalla matrice.. e viene scaricato dal basso attraverso “S” (scarico). Può essere usato per l’estrazione di Oli come L’olio di fegato di merluzzo..

 ESTRATTORE BOLLMAN:

(Lavora in Continuo)

Questa è una macchina di grosse dimensioni, che lavora in continuo. Abbiamo un contenitore, al cui interno ci sono delle tazze forate sul fondo per permettere il passaggio del solvente.. → Ognuna di queste tazze è un percolatore :D Le tazze solo legate a una cinghia che permette la loro rotazione; sono inoltre incernierate in modo tale da rimanere sempre orizzontali… Il materiale arriva alle tazze attraverso l’alimentatore “A”.. Subito dopo arriva il solvente, che viene spruzzato su una tazza.. la percola arriva a quella più in basso.. e così via fino a raggiungere il fondo dove viene raccolto.. Nella parte di sinistra, durante la risalita delle tazze, queste vengono “innaffiate” con altro solvente, che percola nelle tazze sottostanti fino ad arrivare sul fondo.. Il solvente usato per innaffiare le tazze di destra è… differente da quello usato per spruzzare le tazze a sinistra… Ragioniamo.. a sinistra avremo tazze contenenti materiale che è già entrato in contatto con del solvente. Questo materiale può però essere sottoposto a una ulteriore estrazione per recuperare la maggiore quantità possibile del componente di interesse.. Per poter eseguire questa operazione efficientemente è quindi opportuno usare Solvente FRESCO.. di modo che la Driving Force sia la più elevata possibile… Il solvente che da sinistra è percolato fino sul fondo, ovviamente non è esausto (→ non ha ancora perso tutta la sua capacità estrattiva).. viene quindi recuperato.. e attraverso una pompa viene fatto risalire e spruzzato sulla tazza più in alto di destra :D (E’ ovvio che sul fondo vi deve essere un separatore) .. Il materiale esaurito viene scaricato all’interno di una tramoggia “S” e allontanato tramite una Coclea “R”. Lo scarico è permesso da un gancio che blocca la tazza impedendole di rimanere orizzontale → e quindi capovolgendola :P Pagina | 21

ESTRAZIONE

| Parte 2

|29/02/12

 ESTRATTORE KENNEDY: Il materiale, ridotto alla forma e alle dimensioni più adatte all’estrazione, viene inserito nella tramoggia di alimentazione “A” dell’estrattore di Kennedy. Da qui, quantità controllate sono alimentate a una velocità costante (in continuo). Il materiale viene quindi trasportato ………….. attraverso l’estrattore in controcorrente rispetto al flusso del solvente. La macchina è divisa in vari emicilindri: il materiale solido, immerso in un emicilindro viene trasportato al successivo attraverso un sistema di pale rotanti che, ruotando, comprimono leggermente il materiale contro le pareti interne dell’estrattore formando un cuneo che viene sollevato sopra il liquido e fatto passare nell’emicilindro successivo.. Questa leggera compressione permette un minor passaggio di liquido insieme al materiale :D Quando il cuneo colpisce la superficie di liquido presente nella sezione successiva, si rompe facilmente e si disperde… Le particelle solide vengono a questo punto nuovamente riunite attraverso la rotazione delle pale.. e spinte negli emicilindri seguenti… e così via fino allo scarico “D”  … Questo processo che permette un intimo contatto del materiale solido con il solvente fresco in controcorrente favorisce una esaustiva estrazione del soluto di nostro interesse :D (mano a mano che si prosegue verso destra, la Driving Force aumenta) Per essere sicuri che le pale girino sempre in senso antiorario sono presenti dei fermi che impediscono il senso di rotazione orario.. Inizialmente questi estrattori erano impiegati per recuperare coloranti naturali da legno e corteccia... Successivamente sono stati impiegati per l’estrazione di oli e grassi vegetali, vitamine ecc…

 ROTOCELLA: La macchina è costituita da un cilindro diviso in 2 piani; uno superiore e uno inferiore.. Il piano superiore è diviso in spicchi (posti in rotazione).. Il materiale, alimentato da (1) viene spinto avanti dalle pale per essere quindi bagnato con il solvente estrattivo che percolerà attraverso il fondo a maglie per essere quindi raccolto nel serbatoio sottostante.. Quando il materiale viene spinto fino alla posizione 3, cade attraverso una botola in un serbatoio sottostante e per mezzo di opportune coclee viene espulso dalla macchina… :D Pagina | 22

 SOXHLET:

(discontinuo)

Questa “macchina” è di piccole dimensioni e viene generalmente impiegata all’interno di un laboratorio..E’ adatta all’estrazione di materiali non suscettibili al vapore… Il solvente estrattivo viene posto all’interno di un pallone che verrà opportunamente riscaldato.. Il vapore PURO che si forma risale nella porzione superiore del soxhlet fino a raggiungere un condensatore.. Da qui ricade in forma liquida sul ditale poroso di cellulosa che contiene il materiale da estrarre.. Quando il livello del solvente (ormai esausto) supera una certa soglia, viene sifonato nel pallone sottostante  A questo punto il ciclo si ripete… il vapore di solvente PURO raggiunge il condensatore.. ecc ecc ecc :D Il processo continua fino a quando il solvente sifonato non è chiaro e limpido U_u Alla fine, il solvente nel pallone viene allontanato (magari attraverso un rotavapor) e all’interno rimane il prodotto dell’estrazione 

CONCENTRAZIONE La concentrazione è un processo che consente la rimozione di un solvente permettendo di aumentare così il rapporto Soluto/Solvente  Quando il solvente viene rimosso solo parzialmente si parla di Evaporazione.. Quando viene rimosso in gran parte, il processo prende il nome di Concentrazione… E quando viene completamente eliminato si parla di Essiccazione. Per quale motivo si concentra un prodotto?? → Gli scopi possono essere molteplici.. Posso voler ottenere un prodotto allo stato solido in quanto mi interessa isolare il principio attivo… Posso voler ottenere una soluzione a una concentrazione ben stabilita.. (spesso utile nei processi di cristallizzaizone…) O alternativamente posso concentrare al solo fine di ridurre i volumi e favorire il trasporto e l’immagazzinamento :P GLI EVAPORATORI non sono altro che degli scambiatori a fascio tubiero.. adattati e deformati a seconda delle esigenze :P In questo caso, i tubi dello scambiatore sono immersi nella soluzione da concentrare all’interno del mantello deformato.

A

La soluzione da concentrare viene immessa nel mantello da (A). Attraverso i tubi scorre il vapore sotto pressione o un altro fluido riscaldante. I vapori della soluzione risalgono verso l’alto e incontrano un diaframma; Utile per bloccare l’ascesa delle goccioline di soluzione… Lo scarico avviene dal basso (S) Questa macchina può lavorare in Continuo 

S Pagina | 23

In quest’altro caso una delle due teste dello scambiatore è completamente assente.. La soluzione da concentrare arriva all’interno del mantello riscaldante da 3 tubi distinti che lo percorreranno a serpentina 3 volte prima di convogliarlo nella testa (serbatoio) laterale… anche qui vi sono degli opportuni diaframmi che impediscono il passaggio delle goccioline di soluzione attraverso l’uscita dei vapori U_u La soluzione concentrata Viene scaricata dal basso…. Anche questa macchina è in grado di lavorare in continuo 

In questo, si spera, ULTIMO esempio… lo scambiatore a fascio tubiero ha le 2 teste deformate.. Quella superiore, in cui viene convogliata la soluzione da concentrare, possiamo notare l’assenza di diaframmi.. questo perché è molto più ampia e lunga rispetto alle altre.. e le goccioline hanno abbastanza spazio per perdere energia cinetica e ricadere :D Il riscaldamento della soluzione avviene attraverso il principio fisico del termosifone.. L’acqua in ingresso (più fredda) ha una densità maggiore rispetto quella calda.. per questo tenderà a passare attraverso un tubo più ampio posto nel mantello del condensatore.. riscaldandosi.. A questo punto la sua densità è minore rispetto all’acqua fredda.. e tenderà quindi a risalire attraverso i tubi laterali più piccoli riscaldandosi nuovamente.. A questo punto inizierà a cedere calore all’acqua in ingresso più fredda.. la sua densità aumenterà nuovamente.. e il ciclo si ripete  Lo stesso identico fenomeno avviene nei radiatori :P

Da Ricordare: Nei mantelli riscaldanti è sempre presente uno sfiato che permette di ridurre la pressione in caso questa raggiunga livelli critici 

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Pompa da Vuoto

 CONCENTRATORE A BOLLA: Il concentratore a bolla è una apparecchiatura molto usata nella industria farmaceutica, specialmente nella serie di operazioni legate all'estrazione di droghe vegetali. E’ una macchina costituita essenzialmente da un contenitore dotato di camicia riscaldante (con ingresso del vapore e uscita della condensa) e tutta una serie di strumenti di controllo di temperatura e pressione (che a noi non interessano) come il manometro, il termometro di controllo.. una “Specola” → OBLO’ (che ci permette di controllare visivamente l’interno del contenitore).. eventuali valvole per lo sfiato.. ecc.. Per la natura stessa di questa macchina è opportuno che ci sia un sistema di miscelazione, costituito da pale e da un’ancoretta.. Quest’ultima in particolare ha la caratteristica di muoversi vicino alla parete per evitare la presenza di punti di surriscaldamento sulla superficie interna.. che possono compromettere la stabilità del materiale.

……

Vi è poi un collegamento con la pompa da vuoto.. Qui sorge un problema.. dovuto al fatto che non possiamo far entrare in contatto la pompa con i vapori liberati.. devo quindi eliminare ogni forma di umidità prima di arrivare alla pompa da vuoto… Come faccio?? → uso un condensatore a caduta :D → L’acqua refrigerante entra dall’alto e viene fatta cadere facendole seguire un percorso a 8… E’ impossibile quindi che il vapore non entri in contatto con l’acqua, condensando.. L’acqua esce dal basso del condensatore.. In alto invece vi è l’uscita degli incondensabili collegata con le pompe da vuoto  (Il condensatore dovrebbe stare a 10,33 metri di altezza perché la pressione del battente d’acqua bilancia la pressione atmosferica….) E quindi…?? O_o

La macchina può lavorare in continuo.. ma nella realtà lavora in Discontinuo… :P

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CRISTALLIZZAZIONE E’ un processo che permette di ottenere un solido puro (→ SOLO se questo appartiene a una classe cristallina) … Se si tratta di un solido amorfo le possibilità di purificarlo sono inferiori… Definizione Standard: LA CRISTALLIZZAZIONE È QUELL’ OPERAZIONE CHE PERMETTE DI SEPARARE UN SOLIDO DISCIOLTO IN UN SOLVENTE NELLA FORMA CRISTALLINA CUI APPARTIENE. → Esistono 7 forme cristalline.. E La stragrande maggioranza dei materiali appartiene a una singola classe di queste… Poi ci sono i composti Polimorfi che a seconda delle condizioni in cui si formano possono invece presentare forme cristalline diverse.. ad ogni modo, sono molto pochi..  La cristallizzazione e la precipitazione sono due processi ben diversi.. Mentre il primo mi permette di ottenere un composto con un buon grado di purezza… il secondo si porta con se un puttanaio di schifezze :S Generalmente infatti in seguito a una precipitazione, si esegue una ricristallizzazione  Un Cristallo, geometricamente, è un solido circondato da piani.. Chimicamente è un solido costituito da atomi disposti nello spazio in modo ordinatamente ripetitivo.. In definitiva, un cristallo è un prodotto a elevata purezza con forma e dimensioni ben definite, bell’aspetto e alta densità… (→bah…) La forma varia in funzione degli angoli fra le facce, mentre le dimensioni dipendono dalla grandezza delle facce stesse..  Alla base di tutto, c’è la TEORIA DI MIERS: Il grafico rappresenta due curve in funzione di [concentrazione] e temperatura. Queste sono: 



la Curva di Saturazione: è una curva di equilibrio dinamico → tanti cristalli si formano, altrettanti scompaiono.. Su questa curva non avviene quindi alcuna precipitazione… Miers ha postulato che esistesse anche una seconda curva; quella di: La curva di sovrasaturazione: è ≈ parallela alla curva di saturazione, ma il rapporto soluto solvente è aumentato (→ è amentata la concentrazione). La zona compresa tra le due curve si chiama zona di Metastabilità ed è la zona nella quale avviene la cristallizzazione spontanea.. Questa è una Curva LIMITE → Al di sopra di questa curva non esiste alcun punto reale.. Una volta raggiunta la condizione di sovrasaturazione avviene una precipitazione massiva e immediata del soluto.

Quindi..ponendo di trovarci nel punto “E”,come possiamo fare per entrare nell’intervallo di metastabilità? Le possibilità sono essenzialmente 3 :P Abbasso la Temperatura.. Concentro la mia soluzione facendo evaporare il solvente.. Entrambi :D

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Insorge un problema.. L’intervallo di metastabilità (come da definizione) rappresenta le condizioni per le quali si ha la formazione SPONTANEA di nuclei cristallini… E quindi?? → Quanto tempo ci mettono? Se ne formano tanti o pochi?? .. non ci va molto a genio il fatto di “non sapere” :/ Ci viene in aiuto un nuovo parametro → il TEMPO DI INDUZIONE.. → E’ il tempo che intercorre tra l’instaurarsi delle condizioni che permettono la formazione di nuclei cristallini… e la loro effettiva formazione… Il tempo di induzione è funzione di altri parametri come: o o o o

La natura del soluto.. La concentrazione della soluzione.. La temperatura.. e La presenza di impurezze nella soluzione → ostacolano la formazione del cristallo e lo inquinano.

Come avviene la formazione del cristallo?? → Domanda da 10milioni di dollari.. ancora non si sa… sono state postulate svariate teorie. Secondo quella che gode di maggior credibilità la formazione della prima unità reticolare è data dalla Probabilità che un certo numero di atomi si ritrovino a transitare entro una zona di maggiore concentrazione (Clusters).. I cluster evolvono organizzandosi in strutture con un certo ordine: questi sono gli embrioni. Dagli embrioni si generano i nuclei, che rispecchiano fedelmente l'ordine del cristallo (ovvero hanno uguale geometria del reticolo cristallino), ma hanno dimensioni ancora microscopiche. La presenza di impurezze interferisce con l’occupazione dei siti spaziali nella struttura del cristallo impedendo la sua formazione..

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CRISTALLIZZAZIONE

| Parte 2

|05/03/12

Esistono Tre tipi di Nucleazione.. (anche se non sarebbe propriamente corretto usare il termine Nucleazione).. Quella che noi intendiamo come cristallizzazione vera e propria è la: 

NUCLEAZIONE OMOGENEA:

Come detto prima, avviene spotaneamente in condizioni di metastabilità.. Poi esiste la: 

NUCLEAZIONE ETEROGENEA:

In questo caso, la formazione di germi cristallini è dovuta alla presenza di sostanze solide estranee come impurezze o polveri.. che possono così fungere da base di crescita per i cristalli .. Questa è la situazione peggiore, in quanto abbiamo sì un cristallo che sembra perfetto.. peccato solo per quella piccola impurezza all’interno, che potrebbe essere anche pericolosa.. Secondo alcuni calcoli, basta che l’impurezza presenti una forma simile anche solo del 20% a quella del cristallo, perché gli atomi del nostro composto vi si depositino sopra.. 

NUCLEAZIONE SECONDARIA:

Nel caso il tempo di induzione inizi a rivelarsi un problema, si può agire con un’ “Inseminazione”… In cosa consiste?? → Semplicemente si aggiungono dei cristalli già formati del nostro composto di interesse alla soluzione.. fornendo così delle base preformate su cui gli atomi presenti in soluzione possono depositarsi.. Questo permette un drastico abbassamento/annullamento dei tempi di induzione :D NB: non dire al professore: “Aggiungo germi cristallini alla soluzione” in quanto …. NON…. SONO …“GERMI”…‼ …i germi cristallini sono piccolissimi, impossibili da seminare. =_=” → si parla allora di Frammenti cristallini U_u

Domandaa.. che genere di cristalli voglio ottenere?? → In linea teorica sono più interessato a ottenere pochi cristalli, di grandi dimensioni.. Ottenere tanti piccoli cristalli non va bene, perché in questo caso la superficie specifica dei cristalli aumenta enormemente. Se aumenta la superficie specifica.. aumenta di conseguenza anche la superficie di contatto tra il cristallo e la soluzione da cui si è formato (acqua madre). Ricordiamoci che nella soluzione ci sono delle impurezze… Quindi → Maggiori sono le dimenzioni dei cristalli, minore è la superficie specifica, minori sono le probabilità che le impurezze si vadano a depositare sulla superficie del cristallo. E’ quindi importante lavorare in condizioni che mi permettano di far accrescere i germi cristallini inseriti nella soluzione.. e di impedire la nucleazione di nuovi.. La chiave per ottenere questo risultato sta nelle diverse proprietà fisiche che hanno i cristalli grandi rispetto a quelli piccoli → Più un cristallo è piccolo, maggiore sarà la velocità con cui si solubilizzerà nel liquido… Una volta avvenuta la seminazione, possiamo operare una leggera diluizione che ci porti al di fuori dell’intervallo di metastabilità.. Una condizione tale che non permetta ai cristalli aggiunti di disciogliersi.. e che riduca al minimo la velocità di nucleazione senza abbassare troppo la velocità di accrescimento.

… Habemus Cistallum… :P Pagina | 28

Inizia ora la fase successiva.. la CRESCITA :D L’accrescimento provoca un aumento delle dimensioni del cristallo con la deposizione delle molecole sulle sue facce.. Gli angoli interfacciali del cristallo restano costanti (sia nell’accrescimento che nel suo dissolvimento) … Se non fosse così, non otterremmo mai un cristallo, ma una schifezza amorfa.. :P Per la crescita del cristallo, è richiesto un particolare equilibrio dinamico tra la quantità di atomi che dalla soluzione arrivano nelle immediate vicinanze delle facce del cristallo (strato limite) e la deposizione di questi sulle sue facce.. L’equilibrio è dato quindi dal rapporto tra la Velocità di Diffusione (Vd) e la Velocità di accrescimento (Va).  



In Condizioni ottimali, Vd = Va :D Nel caso la Vd fosse superiore alla Va… avremmo l’instaurarsi di una condizione di metastabilità nello strato limite, con la conseguente formazione di nuovi germi cristallini che possono andare a depositarsi sulle facce del cristallo deformandolo. Al contrario, se la Vd fosse inferiore alla Va, otteniamo un risultato analogo → un cristallo deforme.. ma per motivi diversi.. semplicemente in questo caso la velocità di accrescimento non è uniforme su tutte le facce.. in alcune sarà più lenta, in altre più veloce.. Avremo quindi un’alterazione degli angoli interfacciali

MECCANISMO DI CRESCITA: Altro bell’argomentone su cui i chimico-fisici si stanno scannando :P .. Ci sono un sacco di teorie che magari funzionerebbero benissimo, se non ci fossero delle piccolissime incongruenze temporali che mandano a monte un intero modello :D La teoria attualmente più accettata è il modello di Kossel, secondo il quale l’accrescimento delle facce non avviene strato per strato, ma attraverso la formazione di più strati contemporaneamente.. Le molecole non si distribuiscono sulla superficie del cristallo tutte belle ordinate in fila indiana :P …arrivano sul cristallo con una certa energia cinetica.. che si spegne man mano che le molecole si avvicinano alla faccia.. (Come le oche che atterrano in uno stagno :P) Questo porta a delle “incompletezze”.. che possono essere dei buchi nel piano (F).. o delle escrescenze (D)… Inoltre, l’avanzamento stesso delle facce può essere diverso (E), (C). Ognuna di queste incompletezze (Kincks) è base di accrescimento del cristallo.. In quanto costituiscono dei punti di massima attrattività per le molecole. Ne deriva che → Tanto è maggiore il numero di Kincks.. tanto è maggiore l’accrescimento del cristallo I chimici-fisici sono però dei pignoli, e hanno stabilito che questa teoria fosse insufficiente a spiegare cosa effettivamente avvenga.. Facendo i calcoli, risulterebbe che la velocità di accrescimento è più lenta di quello che sarebbe realmente.. E’ stata proposta quindi una sua evoluzione: → Secondo la quale, la formazione dei nuovi piani avviene seguendo un andamento a spirale (come una scala a chiocciola).. Mano a mano che si formano i nuovi piani, questi si estendono lungo tutta la superficie del cristallo. Pagina | 29

…Abbiamo finito finalmente la parte teorica.. ora vediamo le apparecchiature impiegate nella cristallizzazione...

Prima di tutto, occorre dire che la Cristallizzazione è sempre seguita da una filtrazione e una centrifugazione.. Questi processi permettono di ridurre al minimo le impurezze che il cristallo può portarsi dietro con le acque madri e di ottenere cristalli perfettamente asciutti.. Il più semplice cristallizzatore è il:

 CRISTALLIZZATORE A SERPENTINA: Come sappiamo, possiamo ottenere cristalli sia per aumento della concentrazione che per raffreddamento. In questo caso, raffreddiamo la soluzione attraverso una serpentina in cui circolerà un fluido ausiliario (acqua fredda). Questa serpentina è immersa nella nostra soluzione di interesse all’interno di un contenitore. E’ necessaria (come al solito) la presenza di un agitatore che permetta di mantenere uniforme lo scambio di calore tra il liquido e la serpentine. Lo scarico avviene dal basso (F)… Il problema di questo tipo di macchina è l’adesione dei cristalli alle pareti della serpentina… :-/ → Problema ad ogni modo facilmente arginabile scaldando leggermente il fluido ausiliario alla fine del processo di cristallizzazione  La macchina ovviamente lavora in discontinuo… e Permette di lavorare con piccole quantità di materiale..



CRISTALLIZZATORE SWENSON-WALKER:

La particolarità di questa macchina è la possibilità di aggiungere altri moduli attraverso il giunto che permettono così di allungarla a seconda delle necessità. All’interno del cilindro, vi sono due elicoidi che permettono una rigorosa miscelazione della soluzione. Questo aspetto è particolarmente importante perchè il sistema di raffreddamento è costituito da una camicia raffreddante posta sul fondo. La macchina è dotata inoltre di opportuni stantuffi che permettono un movimento a culla del cilindro che scongiura l’adesione dei cristalli al fondo di questo. La soluzione entra da sinistra… percorre tutta la macchina.. e lo scarico avviene da destra.. E’ necessaria quindi una filtrazione per recuperare i cristalli e successivamente una centrifugazione. Questa macchina è molto impiegata nella cristallizzazione delle ciclodestrine..

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CRISTALLIZZATORE OSLO:

Di questo tipo di cristallizzatore ne esistono vari modelli.. Ognuno scopiazzato dall’altro per permettere alle aziende produttrici di eludere i brevetti apportando piccole e insignificanti modifiche :P La Soluzione entra da (A), viene fatta convogliare nella testa di uno scambiatore a fascio tubiero e, attraverso i tubi, raggiunge il fondo, riscaldata dal vapore che passa attraverso il mantello. Una pompa centrifuga la “spara” verso l’alto, all’interno di un evaporatore.. (B) è il bocchello, che permette l’espulsione del vapore e il collegamento con la pompa da vuoto.. Cosa accade in (E) ?? → Pensiamo al diagramma di Miers.. Abbiamo fatto evaporare parte della soluzione.. quindi l’abbiamo concentrata.. Questo cambiamento di stato è un processo endotermico e quindi la soluzione si raffredda.. Sul diagramma di Miers pertanto ci muoviamo in diagonale raggiungendo così lo stato di metastabilità in cui vi sono le condizioni ideali di nucleazione.. Dall’evaporatore la soluzione più fredda (per via della maggiore densità) tenderà a scendere lungo un tubo centrale, fino a raggiungere uno scomparto a forma di tronco di cono provvisto di una valvola sul fondo.. Da qui la soluzione tende a risalire, attraversando una grata ed entrando in un altro scomparto cilindrico (il cristallizzatore vero e proprio)... A questo punto abbiamo 3 possibilità: 1) I cristalli si sono ingranditi eccessivamente prima di attraversare la griglia in fase di risalita.. il loro destino è di depositarsi sul fondo del cono in prossimità della valvola (V) 2) I cristalli Possono ingrandirsi sufficientemente per poi depositarsi sulla griglia… 3) Alternativamente, i cristalli non fanno in tempo ad ingrandirsi.. e vengono trasportati fuori dal cristallizzatore seguendo il flusso del liquido… I cristalli che fuoriescono dal cristallizzatore rientrano in circolo finendo nella testa dello scambiatore a fascio tubiero.. vengono riscaldati e ridisciolti… e ricomincia il percorso.. :D I cristalli che si sono depositati a livello della valvola (V) verranno scaricati periodicamente.. L’intervallo di tempo dipende da un doppio sensore che rileva i livelli di materiale e garantisce un corretto scarico di questo… I cristalli che si “accumulano” a livello della grata vengono scaricati con continuità attraverso (S).. Attraverso questo processo otteniamo cristalli abbastanza grossi e uniformi… La macchina ovviamente lavora in CONTINUO.

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CRISTALLIZZATORE A CIRCOLAZIONE FORZATA:

Disegno fin troppo “complesso” inutile per noi :P Il materiale entra da: “Feed Inlet”.. raggiunge la pompa di circolazione che lo manda a uno scambiatore a fascio tubiero che lo riscalda… da qui il materiale viene indirizzato nella camera di cristallizzazione. Come si può vedere dal grafico, l’alimentazione è tangenziale, quindi il materiale assume un movimento ciclonico.. i cristalli che si formano tendono a perdere energia e a depositarsi sul fondo, mentre i vapori risalgono verso l’alto e raggiungono un condensatore legato a una pompa da vuoto. Il solido viene eliminato dal basso aprendo un’opportuna valvola 

Bene.. finalmente abbiamo finito questo argomento a dir poco Palloso O_o”

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FILTRAZIONE

|06/03/12

La filtrazione è un processo che porta alla separazione di un fluido da materiali solidi in esso dispersi o sospesi, utilizzando un mezzo poroso adeguato (altrimenti detto filtro :P). Terminologia: La Torbida: è l’alimentazione… è costituita (nel nostro caso) dal un liquido e da un solido. La Torta: è il materiale che rimane depositato sul filtro. Altri termini usati sono:“Pannello” e “Cake” Il Filtrato: è il liquido che si separa.. e che DEVE essere limpido… Se non lo è, la filtrazione adottata non è valida U_u Domanda…? → perché filtriamo?? Beh, gli scopi possono essere diversi.. abbiamo un liquido e un solido… possiamo essere interessati a uno dei due costituenti.. o a entrambi.. Lo scopo che mi prefiggo ovviamente influenzerà la scelta delle macchine. Possiamo dividere i filtri in due categorie: Filtri in Profondità: Bloccano il materiale sia in superficie, che nel corpo del filtro.. Questo è dovuto alla natura stessa del filtro utilizzato → Al suo interno è costituito da tutta una serie di canalicoli che formano una fitta rete disomogenea.. Se la particella che deve essere separata dal liquido imbrocca il canale giusto può raggiungere il filtrato :P Filtri a Schermo: Tutte le particelle sono fermate sulla superficie del filtro :D

I canalicoli all’interno del filtro hanno dimensioni capillari.. di conseguenza, l’unico moto che vi si può instaurare è un moto laminare. Possiamo utilizzare svariati tipi di materiali per la filtrazione..     

Fibre di Cellulosa (cotone) Tela Materie plastiche Porcellana: Finissimi grani di porcellana, pressati insieme formando un filtro.. Vetro sinterizzato: Si ottiene sbriciolando il vetro in piccolissimi frammenti i quali vengono successivamente fatti rotolare in una corrente di aria molto calda.. Il vetro si ammorbidisce formando delle piccolissime sfere che vengono poi pressate con il calore e fissate le une alle altre..

→ in Tutti questi casi, per quanto si lavori bene nella produzione del filtro, si otterranno dei pori e dei canalicoli disomogenei.. Inoltre, in materiali come tela e cotone, l’ordito e la trama possono spostarsi in funzione della pressione esercitata sul filtro.. Quindi, non ha più molto senso parlare di dimensione dei pori.. E’ più corretto parlare di Efficienza.. → ovvero la capacità di bloccare una certa percentuale di particelle “test”.

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C’è infine da tenere presente che filtrare a lungo e ad alte pressioni può favorire la penetrazione del materiale nel filtro, e il successivo passaggio nel filtrato =/ Iniziamo a tirare in ballo le equazioni…  … Diamo il benvenuto a Kozeny-Carmannnn! Attraverso l’equazione di questo signore possiamo valutare quali siano i parametri su cui possiamo agire per ottimizzare il processo di filtrazione in base alle nostre esigenze. Generalmente per “ottimizzare” si intende abbreviare i tempi… (→ il tempo è $) :P Per abbreviare i tempi, occorre aumentare la Portata “Q” →

Q

V t

P R

La portata definisce il passaggio di un certo volume, per unità di tempo.. Ma può anche essere espressa come il rapporto tra la Differenza di pressione a monte e a valle del filtro… e “R” → che rappresenta tutte le resistenze che si oppongono al passaggio del liquido attraverso il filtro.. Andiamo quindi a vedere nel dettaglio a cosa corrisponde “R”… → o o o o

αηl A

α, è la resistenza specifica della torta η, rappresenta la viscosità del filtrato l, lo spessore della torta formata A, e l’area della torta…

E rielaborando salta fuori l’equazione… → Q



R

A ΔP αηl

..Proviamo allora ad analizzare tutti i termini per vedere dove si può agire per ottimizzare il processo :D

ΔP – Salto Pressorio – Driving Force:

In condizioni normali, si filtra per gravità.. è un processo lento, in quanto la forza di gravità non è poi così estrema.. Un processo lento non va bene nell’industria.. per velocizzarlo quindi possiamo aumentare la pressione a monte.. o alternativamente creare un vuoto a valle.. Il problema principale della filtrazione a vuoto emerge quando si usano solventi volatili come acetato di etile o etere di petrolio.. Il vuoto determina infatti un aumento della tensione di vapore del liquido, che evapora più velocemente… causando un aumento della concentrazione del filtrato.. Il vuoto inoltre favorisce il passaggio del materiale solido attraverso il corpo del filtro.. Generalmente quindi è meglio evitare gli impianti basati sul vuoto a valle.. è preferibile aumentare la pressione a monte del filtro U_u Come possiamo fare per mandare la torbida in pressione sul filtro?? → Abbiamo 2 possibilità:  Usiamo una pompa di pressione ..che però ha una capacità limitata dal punto di vista volumetrico.. quindi non sempre rappresenta la soluzione giusta..  Alternativamente adoperiamo dei gas inerti sottopressione che veicolano la torbida :D.. questo è il sistema prediletto U_u



Area:

Non è l’area del filtro!.. è la superficie che il fluido “Vede” disponibile… quindi la proiezione ortogonale… Ovviamente, non possiamo intervenire su questo parametro..

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Viscosità – η :

Come fa notare la formula, all’aumentare della viscosità, la portata diminuisce.. questo è ovvio.. basti pensare a filtrare l’acqua.. e il miele.. =_=”.. non ci vuole un genio per capire quale dei due attraverserà più velocemente il filtro :P Possiamo intervenire su questo parametro?? … Sì :D …Dipende tutto dal materiale che abbiamo tra le mani… se è: o o



Termostabile, posso aumentare la temperatura.. in quanto viscosità e temperatura sono inversamente proporzionali  Termolabile, Posso individuare dei liquidi miscibili con il mio liquido particolarmente viscoso, che agiscano abbassando la viscosità complessiva della miscela…

Spessore della torta – l :

La torta che si deposita sul filtro diventa essa stessa un mezzo filtrante… tanto più lo spessore è elevato.. maggiore sarà la difficoltà per il liquido di passarvi attraverso.. per questo è consigliabile rimuoverla quando diventa troppo alta.. U_u



Resistenza Specifica – α :

… che cos’è??

E’ la resistenza che la componente solida della torbida esercita al passaggio del fluido. Tanto più le particelle del solido sono piccole, tanto più la resistenza che oppongono è alta… perché?? → Particelle piccole lasciano canalicoli piccoli fra loro, riducendo drasticamente il flusso di liquido… Particelle grandi, al contrario, formano canalicoli di calibro maggiore favorendo il flusso del liquido.. Viene espressa come: [α = α’· P

S

]..

S

Cosa rappresenta “P ” ??

Prima di tutto S può avere valori compresi tra 0 e 1 (..a livello teorico).. Nella realtà assume valori compresi tra 0,2 e 0,8… Se “S” fosse uguale a 0.. → P0=1.. quindi α = α’ .. → se ora andiamo a sostituire α con α’ nell’equazione di Kozeny-Carman .. e.. non cambia quasi nulla… O_o → parliamo di Torte rigide Se invece “S” fosse uguale a 1 ?? → P1=P ..→ se ora sostituisco nell’equazione α con (α’·P).. noto che abbiamo la pressione sia al numeratore che al denominatore… semplifico  e la “P” sparisce dall’equazione … E con questo?? → Significa semplicemente che non posso aumentare la Pressione per aumentare la Portata… in questo caso parliamo di Torte Comprimibili … All’aumentare della pressione si impaccano, e bloccano il flusso del liquido attraverso il filtro. Quindi.. se ho una torta comprimibile.. che faccio?? Come risolvo il problema? :D → Uso dei COADIUVANTI…  questi non sono altro che dei componenti inerti e non comprimibili che miscelandosi con la torbida, costituiscono un’intelaiatura che aumenta la capacità portante scongiurando la compattazione della fase solida :P Ovviamente, l’uso dei coadiuvanti è utile solo nel caso ci interessasse il filtrato... Nel caso contrario, andremmo ad inquinare la torta >_>

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Tra i coadiuvanti più utilizzati abbiamo:  Farine Fossili,  Carbone Vegetale,  Lana di vetro,

 Cellulosa,  Bentonite,  Caolino,

Altra piccolissima cosa da ricordare.. non vanno certo aggiunti a sbadilate :P.. si consiglia di addizzionarne circa l’ 1% in p/v…

Quali sono i meccanismi con i quali un mezzo filtrante blocca il materiale solido della torbida??   

L’azione meccanica di setacciatura (sia in superficie, che ne corpo del filtro) L’Attrazione o repulsione elettrostatica e infine L’Adsorbimento.

Questi meccanismi non si escludono l’uno con l’altro, anzi.. sono generalmente tutti presenti.. anche se da filtro a filtro, generalmente almeno uno (la setacciatura) tende a prevalere sugli altri.. Una particella può essere fermata per: Intercettazione Diretta, Intercettazione inerziale

Intercettazione per Diffusione Intercettazione inerziale

Bene.. finalmente abbiamo finito la parte “teorica”… iniziano le Macchine… Il filtro per eccellenza nell’industria farmaceutica (e non solo) è il:

 FILTRO PRESSA: E’ composto da un’impalcatura costituita da due guide su cui si appoggiano i telai filtranti attraverso delle orecchiette. La parte Posteriore è chiamata “testa fissa”, la parte anteriore “testa mobile”. Quest’ultima può essere infatti spinta avanti o indietro attraverso un volantino  In fase di preparazione, la testa mobile è ritratta… Successivamente, quando tutti i telai sono stati appoggiati sulle guide, occorre compattarli tra di loro spingendo la testa mobile in avanti.. (ma va??? :P)

I telai sono di 2 Tipi; Telai VUOTI .. Al cui interno scorrerà il liquido da filtrare.. e i.. Telai PIENI (chiamati anche piastre).. Sono le unità che intervengono direttamente nel filtraggio della torbida e sono provviste di un rubinetto per la fuoriuscita della filtrato… 

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Ne consegue logicamente che i telai montati sulle guide sono alternati... (→ Uno pieno, uno vuoto, uno pieno, uno vuoto… Ecc…)

E’ anche altrettanto ovvio che la macchina inizi e finisca con due piastre.. Se non fosse così verrebbe a mancare una superficie filtrante e uno sbocco per il liquido.. In cima a ogni telaio, nel corpo della cornice, sono presenti due canali: uno per il passaggio della torbida, che presenta delle aperture nei telai Vuoti.. ↗↗ l’altro per il liquido di lavaggio..che al contrario, avrà delle aperture nelle piastre. →→ La torbida, arriva in pressione all’interno del telaio vuoto, nel quale non vi è alcun rubinetto; pertanto l’unica possibilità di uscita è passare attraverso la tela delle piastre adiacenti. Il filtrato limpido uscirà attraverso i rubinetti delle piastre, mentre il residuo solido si accumulerà all’interno del telaio. ↙↙ Come mostra la figura, l’ingresso della torbida (e del liquido di lavaggio) sono posti sulla testa fissa… In effetti la vedo dura a collegare un tubo a quella ca^^o di testa mobile =_=” In rosso sono rappresentati i telai.. in bianco le piastre… I pallini neri rappresentano invece le tele filtranti… Il processo di filtrazione in questa macchina è estremamente veloce e il filtrato esce a scrosci dal rubinetto :P Il flusso tende però a calare all’aumentare del solido accumulato sui telai (torta).. e che costituisce un fattore limitante della portata.

Quando il flusso risulta considerevolmente ridotto, si procede al lavaggio  → Il liquido di lavaggio arriva in pressione all’interno di una piastra con il rubinetto chiuso.. Attraversa la tela filtrante e finisce all’interno di un telaio vuoto.. non avendo altre vie d’uscita, attraversa la piastra successiva (in cui abbiamo lasciato il rubinetto aperto) e fuoriesce :D. In questo modo il liquido di lavaggio riesce a lavare/disgregare la torta che si è depositata sulle tele filtranti.. Ovviamente, perché questo processo avvenga occorre alternare le piastre con rubinetti aperti e rubinetti chiusi… E ovviamente, sia nella piastra iniziale che in quella finale il rubinetto dovrà essere aperto. A questo punto, devo ricominciare… che faccio?? → giro il volantino e apro la macchina.. separo telai e piastre.. e mi ritrovo (se ho culo) la torta all’interno del telaio :D .. Do una bella “martellata”.. e questa cadrà per terra :P Successivamente devo spazzolare per bene le tele per rimuovere eventuali residui in superficie o imprigionati nel corpo di queste. Spesso si ricorre all’aria compressa  Pagina | 37

FILTRAZIONE

|Parte 2

 FILTRI A FOGLIA – FILTRO KELLY:

|07/03/12

(..Hermès :P)

Già il fatto che si chiamino filtri a foglia è ridicolo… Chiamarlo anche “Kelly” è crudele O_o” Ad ogni modo, sono chiamati filtri a foglia, in quanto gli elementi filtranti sono attaccati al collettore principale della macchina come foglie ad un ramo.. Bah… Il filtro KELLY è costituito da un cilindro contenitore dentro al quale sono posti gli elementi filtranti. Questi possono essere estratti attraverso la rotazione di un volantino, che determina l’allontanamento della testa mobile, nella quale sono incernierate le piastre filtranti.

……………… ………………………. ………………….. Gli elementi filtranti hanno disposti a 2 a 2. Ovviamente,

una forma rettangolare, sono sempre in numero pari e sono la loro altezza diminuisce proseguendo dal centro verso la periferia

↙↙ Questa è la sezione della macchina e delle piastre filtranti. La torbida entra in pressione dal basso.. L’apertura posta in alto è invece lo sfiato.. ed è quasi onnipresente nelle macchine che lavorano in pressione. Lo sfiato è regolato da opportune valvole che si aprono quando la pressione raggiunge livelli “critici” :) Interessante.. se le piastre sono sempre in numero pari… Perché nello schema sono Dispari?? O_o Era tanto difficile disegnarne una in più??

Gli elementi filtranti sono delle cornici rettangolari su cui sono fissate delle tele filtranti da ambo i lati (il tratteggio in nero)... Lo strato in rosso rappresenta la “torta”. Il filtrato limpido che attraversa le tele filtranti fuoriesce attraverso un collettore posto tra le tele. Ogni collettore passa attraverso la testa mobile e confluisce in un collettore principale in cui viene raccolto il filtrato di tutte le tele . Quando la portata inizia a diminuire, significa che lo strato di torta è aumentato considerevolmente.. Si può procedere quindi al lavaggo o allo scarico… Per scaricare, si estrae la testa mobile a cui sono collegati gli elementi filtranti (foglie).. A questo punto basta solo scuoterle.. e la torta ricade per terra (o su un sistema di raccolta :P). Questa macchina è ampiamente utilizzata nella raffinazione dello zucchero… Il cilindro contenitore può essere dotato inoltre di camicia per lo scambio termico.. questo è molto importante, in quanto mi permette di filtrare soluzioni scongiurando eventuali cristallizzazioni o precipitazioni di soluti.

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Questa è una variante del filtro a foglia… Apparentemente sembra un filtro a pressa; ma non lo è :P Lo si capisce dal fatto che estraendo la testa mobile (tratteggio) si estraggono contemporaneamente tutte le unità filtranti.

Un’altra macchina ampiamente utilizzata è: 

FILTRI A FOGLIA – FILTRO SWEETLAND: E’ una macchina di grosse dimensioni, costituita da 2 parti.. una fissa (in alto) e una mobile (in rosso). La parte mobile, ovviamente, permette lo scarico della torta alla fine del processo di filtrazione e può essere aperta o chiusa attraverso un Volantino “V”. Appena sopra la porzione mobile vi sono, sospese come foglie su un ramo :P, le tele filtranti.. legate a un collettore. La torbida entra dal retro della macchina riempie l’interno della macchina, e attraversa la tela filtrante. Il filtrato a questo punto viene incanalato in un collettore e fuoriesce dalla macchina.

Che considerazioni possiamo fare su questa macchina?? Beh prima di tutto, non possiamo lavorare ad alte pressioni.. altrimenti i telai inizierebbero a muoversi e a scontrarsi tra di loro. La conseguenza, è che con pressioni basse, la portata diminuisce.. quindi la filtrazione è più lenta… E se la filtrazione è più lenta, la torbida rimarrà nella macchina a lungo.. e quindi?? → Quindi fa in tempo a instaurarsi un fenomeno di sedimentazione del materiale che altera la circolazione della torbida; ed è per questo motivo che la torta che si deposita sulle tele avrà una forma a Pera :D Una volta terminato il processo di filtrazione si può effettuare un lavaggio.. e lo scarico. Sul lato della macchina sono presenti dei martelli che sbattendo sulla parete metallica provocano il distacco della torta  Alternativamente si può usare l’aria compressa o opportune spazzole :D Questa macchina è adatta per “torbide” Molto Diluite.. Viene impiegata ad esempio negli zuccherifici per separare le soluzioni zuccherine dal carbone attivo usato per chiarificarle.

… Fino ad ora abbiamo visto filtri a foglie Verticali.. ora vedremo un filtro con “foglie” orizzontali.. chiamate quindi..?? → “PIATTI” =_=”

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FILTRI A FOGLIE VERTICALI – (FILTRO A PIATTI): Il concetto è sempre lo stesso.. l’unica cosa a cambiare è la forma e la disposizione dei telai filtranti.. Il filtrato finisce direttamente all’interno di un collettore centrale che presenta dei fori all’interno di ogni piatto che attraversa. La torta viene scaricata tramite forza centrifuga.. I piatti possono essere posti in rotazione tramite l’albero centrale collegato a un motore.. Le torte vengono spinte verso l’esterno.. cadono sul fondo.. e vengono espulse tramite un sistema di drenaggio. Oltre a questo, si può insufflare aria compressa attraverso il filtro. Questa macchina è usata quando il carico di impurezze insolubili è basso. E’ impiegata nella produzione di Antibiotici, pesticidi e pigmenti. w



FILTRO A CANDELE:

In questo tipo di macchina le unità filtranti sono costituite da delle “candele”, un tempo fatte di materiale ceramico poroso.. adesso vengono usati anche altri materiali sintetici. Come si può vedere dall'immagine, queste candele sono molto fitte e pendono dall'alto come delle stalattiti. Anche in questo caso il meccanismo di filtrazione è di tipo esterno interno.. E lo possiamo riconoscere dal fatto che l'entrata per la torbida è posta sul basso.. Il filtrato fluisce attraverso un collettore, presente all’interno di ogni candela, che sbocca nella testa della macchina posta nella parte superiore. Questo genere di filtri è adatto a torbide che non sono molto cariche di materiale; per cui è sufficiente insufflare aria controcorrente per poterle pulire. Il materiale solido residuo verrà scaricato dal basso attraverso un opportuno sistema di drenaggio  Alternativamente si procede alla rimozione della testa e delle candele le quali verranno poi pulite manualmente =/ Sia nella parte inferiore che nella parte superiore della macchina sono presenti due manometri che permettono di rilevare la pressione interna... …E infineee… 

FILTRO A SABBIA:

Dal nome si potrebbe pensare che questo genere di filtro non vale un ca^^o… In realtà questo filtro è efficientissimo… e di amplissimo utilizzo O_o” (se lo dici tu). E’ costituito da un contenitore, con all’interno una base di cemento nella quale sono ricavati dei fori e canali, che confluiscono in un collettore principale.. L’unità filtrante è costituita, come dice il nome stesso, da graniglia e da sabbia di dimensioni diverse.. La pezzatura va decrescendo dal basso verso l’alto.. Questo per evitare che il materiale filtrante finisca dentro i collettori ostruendoli =_=” La torbida, che arriva a pioggia dall’alto, viene dispersa su tutta la superficie della sabbia.. In questo modo, il letto sabbioso non viene compromesso :D Pagina | 40

Il sistema di lavaggio è in controcorrente… Il liquido viene insufflato a una velocità abbastanza elevata per rimescolare il setto filtrante e asportare i depositi di materiali inerti che possono compromettere la filtrazione.. verso la fine del processo si riduce il flusso per permettere una ristratificazione del letto. …Bene.. e anche questo argomento è finitoooo!.. passiamo alla…

LA CENTRIFUGAZIONE Abbiamo due tipi di procedure.. la centrifugazione filtrante.. e la centrifugazione per sedimentazione.. I due processi hanno una differenza sostanziale.. Nel primo abbiamo fisicamente un filtro; nel secondo non vi è alcun mezzo filtrante  La centrifugazione è quella operazione che permette di separare un solido da un liquido tramite un mezzo filtrante e la forza centrifuga. Come sappiamo, per aumentare la portata della filtrazione possiamo aumentare la pressione a monte o a valle del filtro.. in questo caso la “pressione” è generata dalla forza centrifuga. La centrifugazione filtrante risolve molti problemi, in quanto è difficile liberare un solido da un liquido quando quest’ultimo è poco, o quando abbiamo a che fare con fluidi viscosi o particelle di dimensioni “difficili”… Quali sono le forze applicate?? → Non solo la forza centrifuga.. abbiamo anche un Self Stress sul cesto dovuto alla rotazione stessa, che dipende dal quadrato del Diametro; e uno stress dovuto alla forza esercitata dal materiale sul fondo della “provetta” durante la centrifugazione. Ne consegue che se ho uno stress dovuto al diametro o al materiale da centrifugare, avrò dei limiti per quanto riguarda la velocità di centrifugazione. Infatti, non vedremo mai centrifughe veloci di grosse dimensioni.. All’aumentare del braccio, lo stress sulla macchina cresce al quadrato.. e questo non va bene.. Occorre valutare quindi la Velocità Critica → la velocità sopra la quale lo stress porta alla rottura della macchina..

Bene.. parte teorica terminata.. iniziamo a vedere le macchineee…… =_=”.. che entusiasmo… ZZzzZZZzz

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DAY 3

Questo tipo di macchina può essere usata per torbide moooolto moooolto diluite… ad ogni modo, sembra che se si lavora abbastanza a lungo con queste macchine, sulla parte superficiale tende a formarsi un residuo biologico simile a una gelatina che costituisce essa stessa un meccanismo filtrante eccezionale :D



CENTRIFUGA PENDOLARE:

Sono macchine sostanzialmente semplici.. il funzionamento è paragonabile a quello di una normalissima lavatrice :P E’ costituita da un cestello, posto in rotazione le cui pareti sono dei sistemi filtranti.. L’alimentazione avviene dal centro; da qui il materia sospeso nel liquido si accumula sulle pareti della centrifuga, mentre il liquido riesce a passare oltre ed esce dal cesto.. La centrifugazione prosegue fino a quando la quantità di materiale accumulata sulla parete del filtro è troppo elevata, riducendo considerevolmente la portata. A questo punto possiamo intervenire spruzzando un liquido di lavaggio..rimane comunque il problema di eliminare la torta.. Generalmente, all’interno della macchina è presente un coltello raschiante, collegato a una guida mobile.. Facendo ruotare quest’ultima, il coltello viene avvicinato alla grata della centrifuga in movimento; questo permette il distacco della torta e la precipitazione del residuo verso il basso dove verrà poi raccolto. Il problema principale è dovuto al fatto che la centrifugazione avviene a una velocità molto alta. Se noi operiamo una pulizia alla velocità di centrifugazione, la minima vibrazione indotta dal coltello raschiante determinerebbe la rottura dell’apparecchio  Occorre quindi abbassare la velocità di rotazione a ≈300 giri al minuto.. E’ una macchina che lavora in Continuo o in Discontinuo?? → Ovviamente in discontinuo in quanto è discontinua sia l'alimentazione che lo scarico :D .. e anche la velocità.. Generalmente questa macchina è catalogata come semi-continua; ma ad ogni modo, è solo una forma di discontinuità U_u E’ una macchina che serve per filtrare piccoli quantitativi di prodotti molto pregiati.. Può lavorare in automatico, la centrifugazione può arrivare fino a 1250 g e può filtrare particelle di dimensioni comprese tra 5μm - 10 mm. Nel caso fossero richieste portate ben più elevate possiamo ricorrere a un altro tipo di centrifughe chiamate:



CENTRIFUGHE A COLTELLO:

Il principio di funzionamento è sempre lo stesso. L'unica differenza sostanziale è l'asse di rotazione, in questo caso, orizzontale.. Questo non è una cosa da poco.. in quanto in una centrifuga ad albero orizzontale cambierà anche l’alimentazione (che avviene dal basso) e la fuoriuscita del residuo.. Il sistema di pulizia è analogo al precedente; avviene a mezzo di un coltello retratto posto nella parte superiore della centrifuga..

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Quando arriva il momento di allontanare il residuo, il perno su cui è fissato il coltello viene fatto ruotare, portando quest’ultimo in prossimità della grata. Il materiale depositato sulle pareti viene raschiato, e fatto precipitare sull’albero di rotazione della macchina.. A questo livello, è presente una coclea che permette l’allontanamento del materiale fino allo scarico. Sono quindi presenti due alberi di rotazione.. Uno permette il movimento rotatorio della centrifuga; l'altro quello della coclea.

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LA CENTRIFUGAZIONE 

|Parte 2

|12/03/12

CENTRIFUGHE A SPINTA:

Questo tipo di macchine sono, come le precedenti, costituite da un cilindro esterno sul quale possiamo riconoscere la griglia filtrante (in rotazione). La torbida viene alimentata dal centro, e passando attraverso una struttura a tronco di cono viene uniformemente distribuita sulle pareti filtranti della centrifuga.. Possiamo notare due alberi di rotazione; uno per la struttura esterna, e uno per quella centrale. Quest’ultima, oltre a essere in rotazione, può anche muoversi avanti e indietro. In questo modo, il bordo della struttura agisce come un coltello, raschiando la torta depositatasi sulla girglia. Può così avvenire lo scarico del residuo per tracimazione

Queste macchine possono avere alcune altre caratteristiche.. come ad esempio un sistema a doppio stadio costituito da un doppio cesto di filtrazione… e un sistema di lavaggio della torbida che permette di ottenere soluti più puri  ↙ Dall’esterno si presenta così… U_u …E’ una macchina di grandi dimensioni, quindi la velocità di centrifugazione raggiunta è inferiore (400 - 1400 g). È molto utilizzata nel settore della produzione farmaceutica.

Qui sotto, abbiamo una tabella riassuntiva.. il tipo “pusher” è l’ultima che abbiamo visto, lavora in continuo.

Peeler → “A coltello”… lavora in “batchwise”.. ovvero a step quindi in discontinuo.. e lo stesso vale per la prima che abbiamo visto → “Pendulum” = Pendolare. Pagina | 44

LA SEDIMENTAZIONE Bisogna stare attenti a non fare confusione tra centrifugazione filtrante e sedimentazione per centrifugazione.. Sono dei processi distinti.. nel secondo caso infatti non abbiamo alcun sistema filtrante  La sedimentazione è un processo che consiste nella rimozione delle particelle solide sospese in un liquido tramite l’applicazione di una forza. La forza utilizzata non deve essere necessariamente quella centrifuga può anche bastare la forza di gravità. 

SEDIMENTAZION E PER GRAVITA’: → non ha particolari applicazioni industriali.. Ci serve solo per capire come avviene il processo di:P

Immaginiamo di prendere la torbida e di porla in un contenitore…. Inizialmente è omogenea.. ma con il passare del tempo possiamo notare zone con caratteristiche diverse.. Le particelle che si trovano più in alto iniziano a sedimentare e a muoversi verso il basso per azione della forza di gravità.. Il liquido limpido che rimane nella porzione superiore è definito → Chiarificato. Anche le particelle presenti nella porzione più bassa iniziano a sedimentare percorrendo un breve cammino.. Otterremo quindi una porzione del materiale sedimentato sul fondo del recipiente.. subito sopra troviamo una zona fitta di particelle di materiale in fase di sedimentazione che stanno per raggiungere il fondo.. Poi possiamo distinguere la torbida e un chiarificato.. All’aumentare del tempo possiamo osservare un aumento del sedimentato.. un aumento dell’ispessito e del chiarificato.. e una netta riduzione della torbida. Questo processo è regolato dalla spinta di Archimede.. Sulla particella agiscono principalmente due forze: La forza peso:

P

V

4 3 r 3

E La spinta idrostatica di Archimede:

F

V

1

4 3 r 3

1

ρ rappresenta il Peso specifico della particella… ρ1 il peso specifico del fluido in cui è immersa.. -> ne consegue che se: ρ > ρ1 , il peso specifico della particella è maggiore di quello del liquido.. quindi la Particella AFFONDA… ρ1 > ρ, il peso specifico del liquido è maggiore di quello della particella.. quindi la Particella AFFIORA.w

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La legge che governa la velocità di sedimentazione è la legge di STOCKES… Può essere scritta in varie forme… Questa è una delle più comuni.. Guardando la formula possiamo subito capire quali sono i parametri più influenti: Il “d2” → Diametro equivalente elevato al quadrato.. e Il “Δρ” → che sarebbe la Driving Force.. → la forza motrice del processo La velocità è quindi direttamente proporzionale al diametro equivalente delle particelle.. e indirettamente proporzionale a η (la viscosità del mezzo)… Come ricordiamo quest’ultima può essere migliorata aumentando la temperatura, o apportando delle diluizioni.. Perché “d” non rappresenta il diametro della particella ma il diametro equivalente?? → Perché una particella sferica esiste quasi solo a livello teorico :P Si tende quindi a semplificare, ricavando il diametro equivalente, → il diametro di una ipotetica particella sferica che possiede le stesse caratteristiche di peso specifico e velocità di sedimentazione della nostra particella reale  Nella realtà occorre un fattore di correzione, definito coefficiente di sfericità che va a modificare il valore del diametro in funzione della morfologia della particella..   

Il coefficiente di sfericità di una Sfera, ovviamente, è pari a Uno… Quello di un Cubo è pari a 0.806 Quello di una Lamella a → 0.323

Più la morfologia della particella è lontana da quella sferica.. maggiore sarà il distacco del coefficiente di sfericità da 1… Una lamella ha appunto un valore del fattore di correzione molto basso.. questo significa un enorme abbattimento della velocità di sedimentazione… Se la velocità di sedimentazione è estremamente bassa e il processo inizia a essere troppo lungo.. possiamo passare da un sistema in Discontinuo, a un sistema semi-Continuo. Come mostra il secondo disegno, su una singola particella agiscono più forze, tra cui una di scorrimento (w) e una di sedimentazione (vg).. la paricella si muoverà lungo la risultante di queste due forze.

w vg

Se io ho una torbida, e voglio far sedimentare il materiale solido disperso in essa, posso già immaginare che questo non sarà uniforme… ci saranno particelle di dimensioni abbastanza variabili. Nel processo di sedimentazione, a livello industriale, ci proponiamo di ottenere un chiarificato che presenti al suo interno particelle così piccole da non causare problemi nelle successive fasi di lavorazione dei prodotti. Il nostro scopo non è quasi mai quello di Pulire completamente la fase liquida.. Un concetto fondamentale da introdurre è quello di “Particella Limite” → Ovvero la particella più piccola in grado di sedimentare in determinate condizioni.

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Per attuare una buona sedimentazione occorre quindi stabilire quale sia la più piccola particella tollerabile.. e modificare di conseguenza i parametri del processo in modo che tutte le particelle con dimensioni superiori a quella limite vengano fermate U_u

Q

La particella limite.. avrà quindi un Diametro Limite (dlim) e una propria velocità di sedimentazione limite (vlim) nella legge di Stocks. Operativamente dobbiamo chiederci →  

V

Con che velocità devo immettere la torbida?? Qual è la portata necessaria per realizzare gli obiettivi prefissati??

Q

V t a b h a b h t

La portata, per definizione, esprime il passaggio di un volume per unità di tempo.. Il volume di un contenitore può essere espresso come: Larghezza * Altezza * Profondità.

Vlim

h t

Quindi la portata è pari a…. → guardati tutti i passaggi qui affianco… :PP Insomma.. qualche uguaglianza, qualche semplificazione.. e si arriva alla soncertante scoperta che…?? → Il processo di sedimentazione NON dipende dall’altezza.. la portata dipende SOLO dall’area del fondo del recipiente.. e dalla velocità limite. O_o

Q

h t (a b) Vlim

Q

Area Vlim

Q

E da qui arrivo a un altro importante concetto → Se l’alteza non conta.. posso ottimizzare il processo aggiungendo più piani di sedimentazione, ognuno dei quali contribuisce con la sua area aumentando enormemente la superficie di deposito :D

a b

Insorge però un piiiiccolissimo “insignificante” problema di tipo pratico… I vassoi su cui si deposita il materiale solido.. con il passare del tempo…. si intasano.. e va in mona l’intero processo :P → Tanti saluti al mio processo “Continuo” Come risolvo questo problema?? :DD → I piani.. invece di essere orizzontali al fondo del contenitore.. li faccio inclinati… In questo modo, con il passare del tempo, il materiale che si deposita sulla loro superficie, precipita sul fondo del contenitore  …Ma porca vaKKa.. devo farmi un altro disegno con paint !?!?! :’( …un altro disegno e sclero…

Con questo nuovo sistema ho risolto il problema dell’intasamento :D Qual è l’ulteriore correzione da fare?? → Nel calcolo della portata, l’area in questo caso non è data solo dalla base del recipiente.. ma anche dalla somma delle PROIEZIONI delle aree dei piani inclinati O_o” (→ Please.. kill meeee‼) Inoltre, questo processo è Semi-Continuo… in quanto prima o poi, il fondo del mio recipiente dovrò pur scaricarlo :P

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SEDIMENTAZION E PER CENTRIFUGAZIONE: → Ecco.. questa, al contrario della precedente, è molto più utile a livello industriale :D Del resto, la forza di gravità ha i suoi limiti..

Immaginiamo di far ruotare a 90° un sedimentatore discontinuo a gravità.. e di farlo ruotare magicamente su se stesso di 360… otteniamo un contenitore… =_=”

…………. …………….

rω2

g

Questo… è il principio del sedimentatore a centrifugazione.. Semplicemente sostituiamo la forza di gravità con la forza centrifuga… (ci voleva proprio un genio…)

…..

↙↙ Applichiamo quindi gli stessi concetti visti per i sedimentatori semi-continui per gravità… e otteniamo.. questo.. (Ooooohhhhhhhh *_* …. =_=”) La legge che governa la velocità di sedimentazione è sempre la legge di Stokes; occorre solo sostituire la forza di gravità → “g” con la forza centrifuga → “ 2

Vcentr

d 18

2

2

r ”.. e otteniamo:

r

Un sistema di sedimentazione a forza centrifuga che non lavora a pieno regime è comunque 104 volte più veloce di un sistema a sedimentazione per gravità U_u Nella realtà, la macchina appare così… ↙ e tutte le “lame” che si vedono nella sezione sono in realtà dei tronchi di coni, chiamati dischi, impilati gli uni sugli altri. A seconda della composizione della torbida e di cosa ci interessa ottenere alla fine del processo, potremo usare macchine che lavorano in continuo, o in discontinuo.. Come detto per i sistemi di sedimentazione a gravità, una superficie inclinata impedisce che si intasi il sistema. Di conseguenza possiamo impilare un gran numero di dischi a una distanza capillare (→0.4 - 4 mm). I dischi hanno un’inclinazione è variabile, compresa tra i 30 e i 50 gradi e sono posizionati all’interno di un contenitore chiamato tamburo. La Torbida viene alimentata da un canale centrale che sbocca sul fondo del tamburo…

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ω Come avviene la separazione Solido-Liquido?? Guardiamo il grafico qui affianco.. A – A’ e B – B’ rappresentano due dischi consecutivi.. La torbida entra dal basso, passa attraverso lo spazio libero tra questi.. il materiale solido sedimenta mentre il B’ liquido chiarificato prosegue verso lo scarico, coassialmente rispetto all’alimentazione. “ω” rappresenta l’asse di rotazione della macchina.. Poniamo di prendere una particella, e di farla entrare nello spazio tra i due dischi; il suo verso sarà da sinistra verso destra e dal basso verso l’alto.. E’ chiaro quindi capire che l’unica superficie sedimentante corrisponde alla faccia inferiore del Disco Superiore → ↗ v Se la particella entra in prossimità di B il processo di sedimentazione sarà favorito  La particella che invece impiegherà più tempo a sedimentare sarà quella che entrerà in prossimità di A.

vp

A’

w

B Disco

A

Questo perché all’interno del condotto si instaura un moto laminare, che tende a zero sulle pareti ed è massimo al centro.. Man mano che la particella procede nel condotto è soggetta principalmente a due forze (che noi esprimiamo come velocità)… la velocità di scorrimento (w) e la velocità di rotazione centrifuga (v). La nostra piccola inutile particella si muoverà quindi lungo la risultante delle forze. Rivoltando la frittata, possiamo affermare che: La particella sedimenterà, se la risultante delle forze che agiscono su di essa la porterà a urtare B – B’… …fermo restando, che la sua ultima possibilità è B’. Qual è il punto più sfavorevole?? → Ovviamente il centro del condotto, in quanto la velocità di scorrimento è massima. A questo punto possiamo definire la PARTICELLA LIMITE come → la particella che, partendo dalla posizione più sfavorevole (A), si deposita sull’ultimo punto possibile (B’) per non sfuggire nel chiarificato. Questa definizione non è poi così corretta, in quanto non rispecchia la “pratica” :P .. Dobbiamo domandarci → “C’è la possibilità che una particella più piccola di quella limite riesca a sedimentare??” La risposta è “Sì”… dipende ovviamente da dove questa minchia di particella entra… se una particella molto più piccola di quella limite arriva al condotto in prossimità di B, ci sono alte probabilità che riesca ugualmente a sedimentare  Nasce così questo grafico “interessante”… In ascissa è posto il diametro delle particelle mentre in ordinata la frequenza di queste. L’area in Azzurro, rappresenta la distribuzione delle particelle nel Chiarificato.. L’area in Verde rappresenta la distribuzione delle particelle nel sedimentato. Pagina | 49

Come si può notare, sono presenti nel sedimentato, particelle con diametro INFERIORE a quello della particella limite :D Tornando al nostro schema.. una volta avvenuta la sedimentazione.. come avviene effettivamente la separazione solido liquido?? → La velocità di scorrimento del materiale solido sulla parete inferiore del disco B – B’ è resa nulla dal moto laminare e dalla forza di attrito.. Per questo motivo, sulla particella prevale la forza centrifuga esercitata dalla macchina. Il materiale sedimentato scorre quindi in direzione B’ – B e raggiunta la fine del piatto, viene sparato contro le pareti del tamburo.. e lì vi rimane :P Se la torbida contiene poco materiale Solido.. il processo ha un senso.. Ma se questo è in quantità eccessiva il tamburo si impacca troppo in fretta.. e risulta controproducente.. dovrò quindi ricorrere a un altro tipo di macchina con degli stratagemmi che permettano l’allontanamento del sedimentato :D

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LA SEDIMENTAZIONE

|Parte 2

|13/03/12

In base a quello visto ieri, possiamo dire che la separazione solido-liquido è permessa dalla differenza di peso specifico tra i componenti della torbida.  Ma allora.. se si tratta di peso specifico, forse posso anche separare due liquidi?? :D Ebbene sì.. l’importante è che abbiano un Δρ che permetta la separazione. Immaginiamo di porre due liquidi a diversa densità in un contenitore.. Dopo un certo periodo si può osservare la formazione di un’interfaccia… Facendo le stesse considerazioni di ieri, posso creare quindi una macchina che possa permettere la separazione delle due fasi sfruttando la forza centrifuga al posto della forza di gravità. ↙↙ E otteniamo una macchina simile a questa… niente di particolarmente diverso da ciò che abbiamo visto prima. L’unica modifica consiste in una pila di fori che permetta la formazione dell’interfaccia tra i due liquidi.. e di conseguenza la loro separazione che altrimenti sarebbe molto più difficoltosa.. questo perché evita perturbazioni dell’equilibrio durante la separazione dei due liquidi.… Se la pila di fori non fosse presente la torbida arriverebbe dall’alimentazione, impatterebbe contro le pareti del tamburo e inizierebbe a salire verso lo scarico... durante la risalita vi sarebbe lo scontro delle particelle a densità inferiore che si muovono verso destra.. e quelle a densità maggiore che si muovono verso sinistra… L’assenza dei fori non rende il processo “impossibile”.. lo rende solo più lungo e meno efficiente.

Ora… Immaginiamo di spostare la pila di fori verso l’interno o verso l’esterno... che cosa cambia a livello del processo di sedimentazione?? → Se spostiamo i fori verso l’esterno, aumenta di conseguenza l’area su cui può sedimentare la componente a maggiore densità… e otteniamo così alla fine del processo una fase leggera molto più pura :D.. Al contrario, Se spostiamo i fori verso l’interno, aumenta la superficie su cui può raffinarsi la fase più pesante.. ottenendo così il prodotto a maggiore densità più “pulito” :D Quindi.. chiarendo la terminologia… eseguiamo una..→ o o o

CHIARIFICAZIONE: attraverso una separazione Solido-Liquido; PURIFICAZIONE: attraverso una Separazione Liquido-Liquido-/Solido.. in cui ci interessa ottenere una componente LEGGERA più pulita… CONCENTRAZIONE: attraverso una separazione Liquido-Liquido-/Solido in cui ci interessa ottenere una componente PESANTE più pura.

Quando guardiamo i disegni di queste macchine, occorre osservare attentamente i particolari… Se vediamo un pila di fori.. e un solido in sedimentazione.. significa che Sicuramente sto eseguendo una Separazione LIQUIDO-LIQUIDO-SOLIDO… in cui ogni componente ha un peso specifico tale da permettere una Driving-Force sufficiente a eseguire il processo. E ora.. (Ri-)vediamo alcune macchine per una sedimentazione per centrifugazione.. (oh my goodness..)

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Tutti i separatori a pila di dischi si differenziano per la capacità di separare quantità diverse di materiale solido.. di conseguenza, all’aumentare di questo nella torbida, si rende necessario l’uso di macchine diverse.. La prima macchina che vediamo è il: 

SEDIMENTATORE A RITENZIONE DI SOLIDO: E’ un macchina particolarmente adatta a torbide poco cariche di materia solida (max 1%). Può lavorare sia per separazioni solido-liquido che per separazioni liquido-liquido-solido… In entrambi i casi, non vi è uno scarico per il sedimentato (che rimane impaccato contro la parete del tamburo) ma solo per la componente liquida. Se la quantità di solido è più alta, occorre trovare un modo per scaricarlo… Bisogna vedere di QUANTO sia “più alta”…

Per torbide molto concentrate es: 25% abbiamo meno problemi e possiamo utilizzare un 

SEDIMENTATORE A UGELLI:

In questa macchina, lo scarico del sedimentato avviene in continuo, in quanto la torbida e talmente concentrata da garantire la formazione di un battente che ostruisca stabilmente gli ugelli impedendo così una perdita consistente di liquidi. Nel disegno possiamo osservare una pila di fori.. quindi si tratta di una separazione liquido-liquido-solido.. può arrivare a una forza centrifuga di 6k-9k g.

↙↙Se la quantità di solido non è tale da garantire la formazione del battente (≈10%), ho necessariamente bisogno di un TEMPORIZZAOTORE sugli ugelli, che li apra ogni Tot tempo scaricando i sedimentato a intervalli definiti. …E ora vediamo l’ultimo tipo di macchina….



CENTRIFUGA DECANTATRICE:

Come si può chiaramente vedere, non è una centrifuga a pila di dischi :P … Queste macchine sono molto usate in quanto permettono di trattare torbide contenenti fino a un 40% di materiale solido e con dimensioni delle particelle che variano tra i 2μ e i 20 mm … O_o E’ costituita da un’armatura esterna, al cui interno vi è il separatore vero e proprio a forma di coclea.. possiamo notare 2 alberi di rotazione.. uno imprime forza centrifuga all’armatura, l’altro alla coclea. Come al solito, in un sistema in rotazione, l’alimentazione può avvenire solo lungo l’asse centrale della macchina e sbocca nel punto in cui vi è il cambio di

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inclinazione del tronco di cono (armatura esterna). Una volta entrata nella macchina, la torbida viene uniformemente distribuita sulle pareti interne dell’armatura poste in rotazione… Che cosa accade a questo punto?? (→qualcosa di analogo all’estrattore di kennedy)

L’ESSICCAMENTO… …(nel nostro caso) E’ un processo che permette l’eliminazione di un liquido da una componente solida fornendo calore. Ad ogni modo, non è possibile eliminare tutta l’umidità presente.. ma solo una parte.. Durante questo processo, avviene simultaneamente un: Trasferimento di calore, dal mezzo riscaldante al materiale da essiccare… e un.. Trasferimento di massa, dovuto all’evaporazione del liquido dagli strati interni del materiale fino alla superficie e infine all’ambiente esterno.. Nell’industria farmaceutica, il principale liquido da evaporare è l’acqua (presente generalmente in quantità esigua).. Il principale mezzo essiccante è l’aria calda, che fornisce le calorie necessarie al sistema... Dunque.. perché essicchiamo?? → Per le più svariate serie di motivi :P.. l’Acqua..: o o o o o

Può ad es. innescare processi di idrolisi nelle formulazioni farmaceutiche, abbassando il tempo di emivita del farmaco.. E’ il substrato ideale per la crescita di microrganismi e muffe; Può favorire processi enzimatici che portano alla denaturazione dei componenti.. Può favorire la formazione di aggregati alterando l’equilibrio di una composizione.. Può condizionare processi di lavorazione successivi come ad esempio la macinazione a secco..

Quali sono i fattori che influiscono sul processo?? o o o

Sicuramente la temperatura dell’aria essiccante e del materiale.. :D L’umidità La velocità dell’aria.. Maggiore è il flusso essiccante, maggiore sarà la velocità del processo… Questo perché si evita la formazione di un film d’aria saturo che permane a contatto con il solido…

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DAY 4

→ La coclea meccanicamente trasporta il materiale solido verso destra, facendolo risalire verso lo scarico.. Il liquido, al contrario, refluisce verso sinistra.

o

o o

Ovviamente… la Granulometria del materiale… Maggiore è la superficie specifica del materiale.. maggiore sarà di conseguenza l’area esposta per il trasferimento di calore e massa.. e quindi…→ maggiore sarà l’efficacia e l’efficienza del processo  Lo Stato cinetico del Materiale: in quanto è più difficile essiccare la superficie di materiale non esposta al mezzo essiccante. E infine… La struttura intima del Materiale.. e la sua composizione… Asciugare una pallina di ferro è decisamente più semplice dell’asciugare una pallina di amido :P

 L’ARIA: Lo studio che permette di determinare la concentrazione di acqua nell’aria e la sua capacità di trasporto nel mezzo essiccante si chiama Igrometria o Psicrometria. I parametri principali che dovremo usare per parlare dell’aria sono: L’umidità assoluta (H) → Il peso di vapor d’acqua per unità di peso (1 Kg) di aria secca.. L’umidità di Saturazione (Hs) → E’ il peso di vapor d’acqua in grado di saturare l’unità di peso di aria secca… IN QUELLE CONDIZIONI…

L’ESSICCAMENTO

|Parte 2

|14/03/12

Dai due parametri visti ieri, L’umidità Assoluta e l’Umidità di Saturazione, possiamo derivare altri due valori: L’umidità relativa (RH%) → Il rapporto percentuale tra l’umidità assoluta e l’umidità di saturazione [H/Hs * 100] … è uno dei paramentri più usati.. Potere essicativo dell’aria → E’ semplicemente la differenza tra l’umidità di saturazione e l’umidità Assoluta: [Hs – H]… questo parametro ci dice, per l’appunto, quanta umidità può ancora essere trasportata dall’aria prima di saturarsi… In determinate condizioni ambientali..  Poi abbiamo altri parametri come: Il Calore specifico umido (CSU) → E’ la quantità di calore necessaria ad innalzare di 1 °C la temperatura dell’unità di peso della miscela Aria–Vapor d’acqua. Entalpia (o contenuto termico) → Definisce la quantità di calore posseduta dalla miscela.. e può essere espressa con l’equazione [ Q = (CSU · T) + (H · λ) ] … E’ molto importante il fatto che sia una somma; questo perché il risultato può non cambiare, al variare dei singoli membri dell’equazione.. →“λ” rappresenta il Calore latente di vaporizzazione. Se si fa attenzione, si può notare che il primo termine rappresenta le calorie messe in gioco dall’aria.. mentre il secondo termine esprime le calorie messe in gioco dalla componente umida. → Cos’è un sistema Adiabatico? → E’ un sistema che non scambia calore con l’esterno.. OH MIO DIO… non auguro al mio peggior nemico di riascoltarsi queste registrazioni O_o” ma che casino ha fatto?!?!?!

Bene.. il nostro essiccatore lo possiamo immaginare come un sistema adiabatico.. Di conseguenza, se il sistema è isolato, il suo contenuto termico “Q” non varia al variare dei termini dell’equazione… Questo perché le calorie rimangono costanti.. Se uno dei termini aumenta.. l’altro necessariamente diminuisce.. Pagina | 54

E dopo l’immane sforzo mentale per poter ascoltare 5 minuti di registrazioni.. mi concedo 40 minuti di Desperate Housewives! :P

Questo è un diagramma psicrometrico o diagramma di Mollier.. In ascissa abbiamo la temperatura, mentre in ordinata troviamo l’Umidità Assoluta.. Possiamo distinguere due tipi di curve… Quelle in Rosso sono Curve a umidità relativa (RH%) costante.. Quelle in Azzurro sono invece curve a Contenuto termico costante..

Allora… Immaginiamo di disporre di aria rappresentata dal punto A; ovvero aria con una certa temperatura (Ti), una Umidità Assoluta (Hi) e una umidità relativa (ϕ1) Se noi scaldiamo variamo uno solo di questi parametri; di conseguenza ci spostiamo sulla parallela all’asse delle ascisse.. poniamo fino alla temperatura Tf → punto B. Che cosa è successo?? → E’ diminuita l’umidità relativa! Il tutto senza variare minimamente l’umidità Assoluta  Quindi… all’aumentare della temperatura, AUMENTA l’umidità di Saturazione (Hs)… E considerando che: “RH%=[H/Hs * 100]” possiamo dire che, a Umidità assoluta Costante, se aumenta l’(Hs) si ha una RIDUZIONE dell’umidità Relativa.. Questo è importantissimo… U_u

… Se lo dici tu…. O_o” Pagina | 55

Ora, poniamo invece il caso contrario.. ci troviamo sempre sul punto A… alla temperatura (T2) ma invece di riscaldare l’aria.. la raffreddiamo.. fino al punto C.. Otterremo di conseguenza un aumento dell’umidità relativa.. Se notiamo infatti siamo arrivati alla curva limite → 100% RH. E se a questo punto raffreddiamo ulteriormente fino a TL?? Che accade?? Arriviamo al punto “F” ?? → ovviamente No.. perché si trova oltre la curva limite… Arriverò al punto L… questo però determina una riduzione dell’umidità Assoluta… Come mai?? → E’ semplice; al punto F, l’aria sarebbe Sovrasatura di vapor d’acqua… di conseguenza, l’acqua in eccesso “precipita” .. o meglio, condensa :P (→ Abbiamo raggiunto il Punto di Rugiada  ).. A questo punto, se l’acqua condensata viene allontanata, posso scaldare nuovamente fino a raggiungere la Temperatura (T2) → Punto N; notando piacevolmente che ho ottenuto una riduzione dell’umidità relativa :) Insomma.. per farla breve.. a seconda dell’aria di cacca che mi ritrovo.. e a seconda dell’aria che mi serve a livello industriale per eseguire efficacemente l’essiccazione.. e a seconda delle proprietà del materiale… posso facilmente valutare quali trattamenti devo effettuare prima di eseguire il processo :P

A questo punto una compagna di corso fa una lecita domanda…: “L’umidità Di Saturazione, Varia al Variare della temperatura??”… Il professore Risponde “NO” … Per quanto mi riguarda è invece “Sì”… e secondo quanto afferma Wikipedia :P è ancora un “Sì”… Matematicamente parlando può essere solo Sì… Vedremo all’esame chi ha ragione…. :P

Wikipedia: La quantità di vapore che può essere contenuta da una massa d'aria decresce al diminuire della temperatura e diventa quasi nulla a -40° (Questo valore coincide nelle scale Celsius eFahrenheit). Il quantitativo massimo di umidità contenibile per volume dipende dalla temperatura; si intende per umidità di saturazione o tensione di saturazione il quantitativo massimo di vapore acqueo contenibile a quella temperatura (equilibrio tra molecole che evaporano e molecole che condensano). In situazioni reali la saturazione è influenzata anche dalle caratteristiche dell'acqua evaporante (fase, sostanze disciolte e loro carica, forma della superficie evaporante). Si definisce per questo una temperatura di saturazione adiabatica.

Perfettamente in linea con ogni ragionamento Logico…

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Seconda ora di lezione.. Il prof torna sui suoi passi :P… E’ ufficiale.. L’umidità di saturazione varia, al variare della temperatura. U_U Ora.. torniamo al grafico di prima… Abbiamo la nostra aria di partenza “A” che non ci garba.. allora la riscaldiamo.. e finalmente arriviamo a “B”.. A questo punto l’aria è pronta per essiccare il materialeeee! :D Interagendo così con il film acquoso presente sulle particelle del nostro composto.. Che cosa succede?? → l’aria cede calorie al film superficiale… Queste calorie verranno usate come calore latente di vaporizzazione permettendo al liquido di evaporare… Se cede calorie, la temperatura dell’aria si abbassa.. Di conseguenza, il film superficiale evapora… (quante volte lo vuole ripetere?) Quindi.. se passano molecole di acqua dal film superficiale all’aria.. significa che il valore dell’umidità Assoluta (H) → AUMENTA :D Al procedere del processo di essiccamento (in un sistema Adiabatico)… avremo un costante aumento dell’umidità assoluta e un costante diminuire della temperatura.. Il sistema seguirà quindi la risultate di questi due andamenti.. e otteniamo il segmento B – C. Di conseguenza... se la temperatura diminuisce → decresce anche l’umidità di Saturazione; e se aumenta anche l’umidità assoluta otteniamo un netto aumento dell’umidità Relativa :P Quando arrivo al punto C mi trovo in una fase di DOPPIO equilibrio dinamico, in cui la temperatura dell’aria si equilibra a quella del corpo ↓↓  

Tante calorie vengono cedute dall’aria al film acquoso, quante ne vengono consumate come calore latente di vaporizzazione. (Equilibrio Dinamico Calorico) Tante molecole abbandonano il film superficiale per passare nell’aria.. quante ne vengono richiamate dagli strati sottostanti..

Che cosa succede dopo?? → Semplicemente la temperatura non varia.. l’unica cosa che aumenta è l’umidità Assoluta (H)… e quindi.. ovviamente.. anche l’umidità Relativa.. All’aumentare dell’umidità relativa consegue una minore capacità essiccante dell’aria … O_o Alleluja.. :P

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Due vocaboli ricorrenti nello studio dell’aria adoperata nei processi di essiccamento sono: Temperatura del bulbo secco: E’ la temperatura dell’aria che non è ancora entrata in contatto con il film superficiale. → insomma.. è la temperatura dell’aria PREPARATA per l’essicamento, e non ancora utilizzata :P Temperatura del Bulbo umido: E’ la temperatura all’Equilibrio dinamico (→ punto C).. Come abbiamo detto prima, in questo equilibrio, le calorie fornite dall’aria al film acquoso, eguagliano quelle perse nel processo di evaporazione. La condizione di equilibrio ovviamente si può raggiungere solo se il processo avviene in un sistema adiabatico.

Se durante il processo di essiccazioni noi poniamo sull’asse delle ascisse il tempo, e in ordinata l’umidità relativa otteniamo un grafico di questo tipo.. → Cosa significa?  Personalmente dal grafico non è che si capisca un granchè dato che non sono rispettate le proporzioni O_o.. ad ogni modo.. testuali parole del prof: Quando l’aria è povera di vapor d’acqua, è in grado di acquisirne velocemente fino all’80%... Quando l’aria ne è però già pregna, fa molta più fatica a espletare l’effetto essiccante… Quindi… Come mi devo comportare? L’aria che immetto nel sistema la sfrutto fino ad avere un’umidità relativa del 100%? Ha senso?? → Come abbiamo detto.. più aumenta l’umidità relativa.. più il processo di essiccamento è lento.. Considerando che il tempo è denaro, è più conveniente fermarsi quando l’umidità relativa raggiunge una percentuale dell’80%... Oltre questa percentuale i tempi non sono più ragionevoli… U_u Occorre quindi trovare un modo per sostituire l’aria “esausta” o per rigenerarla :D o

o

Uno dei metodi lo abbiamo già visto :P → raffreddiamo fino al punto di rugiada, Evento che porta quindi alla condensazione dell’acqua e all’abbassamento dell’umidità assoluta. La condensa può essere quindi allontanata e l’aria nuovamente riscaldata  Alternativamente, posso essiccare l’aria facendola passare attraverso torri di essiccamento riempite di materiali disidratanti come CaCl2 , Ca2SO4 , Na2SO4 o anche l’ H2SO4 concentrato.. o una Soluzione satura di Cloruro di Lito.

Come faccio a conoscere la qualità dell’aria all’interno della macchina?? → Non posso certo entrarci :P … uso un apparecchio chiamato psicrometro.. E’ semplicemente un doppio termometro, costituito da una porzione fissa e una mobile in rotazione..  

Il termometro Fisso, ci da semplicemente la temperatura del bulbo secco. Il termometro mobile, è più interessante.. La sua superficie si ricopre dello stesso film che avvolge il materiale e con cui l’aria scambia calore.. La temperatura che leggo sarà quindi la temperatura del Bulbo umido :D Pagina | 58

L’ESSICCAMENTO

|Parte 3

|19/03/12

Bene.. abbiamo terminato di studiare il comportamento dell’aria… ora iniziamo lo studio del “SOLIDO”.. Come per l’aria abbiamo dei parametri che ci permettono di valutarlo.. i principali sono: 

Loss on Drying (L.O.D.): E’ il rapporto % fra il peso di acqua presente nel campione (Pa) e il peso totale del campione umido (Pu)… [LOD= Pa / Pu]



Moisture Content (M.C.): E’ il rapporto % fra il peso di acqua presente nel campione (Pa) e il peso del campione secco (Ps).. [MC= Pa / Ps] All’aumentare di M.C. Aumenta la quantità di acqua presente nel campione..



Equilibrium Moisture Content (E.M.C.): E’ il limte massimo possibile di essiccamento di un materiale in DETERMINATE condizioni di Umidità relativa, Temperatura e Pressione.. Ad esempio, al diminuire dell’umidità relativa dell’aria e all’aumentare della temperatura aumentano le capacità essiccanti di questa e quindi diminuisce il residuo che permane nel solido..

Questo grafico permette di capire cosa sia l’EMC attraverso una rappresentazione grafica… In ascissa abbiamo l’umidità relativa… mentre in ordinata abbiamo l’MC. La curva di EMC “in linea teorica :P” mi fa vedere che con uno 0% di Umidità relativa, io riesco a eliminare ogni residuo di umidità nel materiale… Al contrario.. al 100% di RH ho un’aria completamente satura di vapor d’acqua.. quindi inutile ai fini dell’essiccamento :P EMC Ora.. immaginiamo che il nostro materiale sia una pallina immersa in un secchio d’acqua.. Tutte le particelle di acqua che non interagiscono con il materiale (e che hanno quindi tensione di vapore uguale a quella dell’acqua pura) costituiscono l’ Umidità non legata (Unbound Moisture) Le particelle che sono invece a stretto contatto con il materiale, e che hanno una tensione di vapore inferiore a quella dell’acqua pura, costituiscono l’Umidità Legata... In condizioni di Umidità Relativa INFERIORE al 100% possiamo eliminare dopo un tempo ∞ Tutta l’umidità NON legata.. e una parte di quella Legata.. La percentuale di Umidità Legata che può essere portata via varia a seconda dell’umidità relativa dell’aria Essiccante… (→ Ma vaaa?? ..E’ logico.. =_=”.. lo avrai ripetuto mille volte..) . Il valore del contenuto Umido nel solido (MC) che si ottiene alla fine del processo di Essiccamento corrisponde all’ EMC :D Quindi..Anche rigenerando l’aria.. se questa ha un’umidità relativa pari (ad esempio) al 60%.. avremo SEMPRE un contenuto umido residuo (MC) nel nostro solido… Anche mandando avanti il processo all’ ∞. L’unico modo per liberarsi dell’MC residuo è eseguire il processo di essiccamento in condizioni di RH% INFERIORI… (Ovviamente) è impossibile avere a disposizione un’aria completamente priva di umidità, così come è impossibile esportare il 100% del contenuto umido :P Pagina | 59

Bene.. chiariti quali sono i parametri… vediamo cosa avviene nel materiale :D

Questo grafico ci permette di studiare l’evoluzione dell’essiccamento di un corpo al passare del tempo.. Da notare il fatto che l’MC sia al contrario.. (al passare del tempo.. l’MC DIMINUISCE). Il grafico si usa dividerlo in 3 periodi e un preperiodo..  PREPERIODO: Abbiamo 2 possibilità… Possiamo partire dal punto A o da A*… a seconda che la temperatura del corpo sia superiore o inferiore a quella dell’aria… o Se il corpo è più freddo dell’aria (Punto A*), questo inizia a scaldarsi.. L’acqua inizia ad abbandonare il film superficiale.. e quindi la velocità del processo di essiccamento aumenta o Se il corpo è più caldo dell’aria (punto A), (caso generalmente ipotetico) Il corpo si raffredda gradualmente.. quindi la velocità del processo decresce.. o Se il corpo ha la stessa temperatura dell’aria, (caso altrettanto ipotetico) Il Preperiodo non esiste :D Siamo in una situazione di Equilibrio Dinamico (→ temperatura del bulbo umido). Quindi, tutti i processi termineranno o inizieranno nel punto “B”  PRIMO PERIODO: Sono in una situazione di Equilibrio dinamico → o tante calorie vengono cedute dall’aria al film superficiale che riveste il corpo… Altrettante vengono perse per effetto del processo endotermico di essiccamento  … o Tante molecole passano dal film superficiale all’aria.. altrettante vengono richiamate negli strati interni del corpo.  La velocità di essiccamento quindi rimane costante per un certo periodo fino ad arrivare al punto C → Primo Punto Critico.  SECONDO PERIODO: Da questo punto in poi, il film Evaporante, non viene più rigenerato… in soldoni→ Il numero di molecole che se ne vanno è maggiore di quelle che vengono richiamate negli strati interni del materiale. Non siamo più quindi in una situazione di Equilibrio Dinamico. Pagina | 60

Ragioniamo.. qual è la conseguenza della continua perdita di molecole di acqua dallo strato superficiale della nostra dannata particella?? → Semplice =_=”.. Il film superficiale si assottiglia inesorabilmente :P … Arriviamo quindi al Punto D… il Secondo punto critico U_u  TERZO PERIODO: Cosa è successo?? Il film superficiale, con rammarico, ha definitivamente lasciato la particella… :’( La quale, incazzata, inizia a surriscaldarsi …anche per effetto delle calorie cedute dall’aria :P Il calore viene a questo punto ceduto per conduzione all’acqua presente negli strati più profondi del materiale… Questo rappresenta un bel problema nel caso il materiale sia termolabile.. senza contare che l’espansione dell’acqua negli strati inferiori della particella può causarne la rottura in frammenti… Col passare del tempo, la velocità di essiccamento tenderà a Zero.. raggiungendo così l’equilibrio (EMC). A questo punto, per poter ottenere risultati migliori occorre inserire nel sistema aria con una umidità relativa più bassa U_u

Un parametro che influisce in modo determinante sul processo dell’essiccamento è la Natura dei Materiali. Da un punto di vista operativo si riconoscono 3 categorie di questi: Sostanze cristalline → che si essiccano facilmente, in quanto hanno poca affinità con l’acqua… i canalicoli (presenti in tutti i solidi) sono larghi, aperti e poco profondi… L’acqua quindi viene allontanata con notevole facilità.. il risultato è quindi un EMC piuttosto basso  .. Sostanze amorfe, Fibrose o Gelatinose → che hanno una notevole affinità per l’acqua (es: Caseina, amido) .. L’acqua è parte integrante di questi materiali :’( I canalicoli sono stretti, tortuosi, chiusi e profondi.. quindi eliminare l’acqua da questi materiali è un processo piuttosto laborioso e i risultati non sono certo esaltanti :-/ Sostanze con comportamento intermedio… → =_=” Come per l’aria occorre trattare i “LIMITI OPERATIVI” → ovvero, come ci dobbiamo comportare??? Quando interrompere il Processo? E’ utile ottenere una disidratazione del 100%? Generalmente, non si otterrà mai una disidratazione totale del materiale.. Si ritiene soddisfacente il processo di essiccazione quando l’EMC raggiunto garantisce la stabilità richiesta :) → Se una preparazione farmaceutica è stabile con un determinato contenuto di umidità, non ha senso procedere oltre.. Mano a mano che si procede con il processo di essiccamento, la velocità si riduce.. E’ molto più veloce portare l’MC da un 100% a un 30% piuttosto che dal 30 al 10% U_u RABBOCCO: questa è una tecnologia fondamentale…(=_=”) Man mano che si procede con il processo di essiccazione, l’aria è sempre meno capace di asciugare il corpo. Che facciamo?? → Possiamo cambiare completamente l’aria… c’è però da notare che questa va riscaldata e trattata.. e costa parecchio tempo e denaro >_> Possiamo allora ricorrere al rabbocco… Invece di allontanare tutta l’aria, ne allontano solo una certa percentuale 40-50%... Il resto, lo diluisco con aria fresca a basso contenuto di umidità relativa. In questo modo, ho meno aria da scaldare :D …Risparmio → $_$ Pagina | 61

Iniziamo ora a vedere le macchine… Come notiamo dal grafico, ne esistono di tantissimi tipi. Principalmente classificate in: Materiale non Agitato → quando il materiale costituisce un letto statico.. Queste macchine possono lavorare in continuo o in discontinuo.. Materiale Agitato → quando Le particelle che costituiscono il materiale sono in movimento. Questo moto può essere generato in modi diversi.. Possiamo avere un letto mobile un letto fluido e un letto pneumatico; e di quasi ognuna di queste tipologie possiamo avere la versione in continuo e quella in disscontinuo :P …Adesso le vedremo tutte… Che *@ç§#^$!!!!

Materiale NON Agitato: In queste macchine non vi è alcun movimento relativo fra le particelle del solido, anche se questo, nel suo complesso, può essere spostato. Ne consegue che solo una parte della superficie risulta essere esposta al mezzo essiccante… E questo determina una minore efficacia ed efficienza del processo… Per ovviare a questo inconveniente posso ridurre il piano di appoggio usando delle opportune griglie e scaldando il materiale per meccanismo conduttivo.. Una delle macchine più rappresentative di questa categoria è: 

L’Essiccatore ad Armadio:

E’ praticamente una Stufa di dimensioni considerevoli :P All’interno della quale possono essere inseriti dei carrelli suddivisi in ripiani sui quali è posto il materiale da essiccare. I carrelli vengono introdotti nell’essiccatore facendoli scorrere su opportune guide. L’aria Essiccante viene filtrata e introdotta all’interno dell’essiccatore attraverso una ventola di circolazione. L’aria esausta (in uscita) passa attraverso una valvola a farfalla “P” che ne regola la velocità.. Perché gli scambi tra aria e materiale siano ottimali su tutti i ripiani del carrello, l’aria deve lambire i vassoi e la direzione (¿sinusoidale?) è favorita da opportuni setti.. Da enrambi i lati della macchina sono presenti degli scambiatori di calore che permettono di riscaldare l’aria dopo ogni passaggio.. diminuendo così l’umidità relativa e aumentando la sua capacità essiccante. Per aumentare l’efficienza posso: Far lavorare la macchina sotto vuoto Cambiare macchina :P … Questo essiccatore è considerato “dispendioso”.. non tanto per la macchina in se.. ma per il costo degli operai che devono tirare dentro e fuori i carrelli…. O_o (are u kidding me?)

 Pro → E’ semplice da usare :P  Contro → E’ ingombrante, richiede tempi lunghi di essiccamento, ha una minore efficienza di scambio, Piccoli frammenti possono essere trasportati dal flusso dell’aria.. Possono instaurarsi dei fenomeni ossidativi.. e la temperatura non è uniforme in tutti i punti della macchina… Pagina | 62



L’Essiccatore a Tunnel:

Questa macchina permette ovviamente di lavorare in continuo :P Lavora in modo molto semplice, vi è un nastro trasposrtatore che permette l’ingresso e l’uscita dal materiale.. All’interno del tunnel vi è un’opportuna temperatura calcolata in funzione anche della lunghezza della macchina e altre variabili.. Alla fine del processo di essiccamento, il materiale esce :D La macchina è di acciaio inossidabile, e può essere impiegata ovunque.. In ambito farmaceutico, chimico, nel campo dell’alimentazione ecc.. 

L’Essiccatore a Microonde:

Questa macchina viene impiegata prevalentemente per essiccare esigue quantità di materiale.. E’ costituito da una camera metallica in cui vi è una sorgente di microonde, le quali agiscono aumentando l’energia cinetica delle molecole di acqua e favorendo la loro separazione dal materiale. Questo essiccatore ha sostanzialmente una caratteristica che lo rende diverso da tutti gli altri… In questo caso l’essiccamento non avviene dall’esterno verso l’interno.. il calore si genera in ogni punto del materiale in cui vi è dell’acqua :D Per aumentare l’efficienza del processo, posso lavorare sotto vuoto   Pro → E’ veloce, efficiente, poco ingombrante, non richiede particolare manutenzione.. è poco costoso.. non richiede una particolare preparazione degli operatori..  Contro →Posso usare solo esigue quantità di materiale…

Materiale Agitato – A letto mobile (Moving Bed): Questi apparecchi sono facili da identificare.. in quanto le particelle di materiale sono in costante movimento reciproco. Le macchine sono di tantissimi tipi diversi. A seconda delle esigenze  

L’Essiccatore a Tamburo – 1 passaggio:

“Un passaggio” sta a indicare che il materiale percorre una sola volta la macchina  Questo apparecchio è costituito da un tamburo inclinato che favorisce il passaggio e l’uscita del materiale per effetto della gravità.. “Gas” è il Fluido Essiccante.. che può essere in equicorrente (come in questo caso) o in controcorrente… per favorire e rendere uniformi gli scambi con il materiale, il tamburo è posto in rotazione..

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In aggiunta, per aumentare l’efficienza del processo, la macchina può presentare una sorgente di microonde e una pompa per il vuoto (freccia rossa).. Queste macchine sono generalmente impiegate per l’essiccamento di prodotti grezzi.. Si tratta quindi di un’essiccazione preliminare.. una sorta di “preparazione” del materiale.

Ma quando ca^^o finisce questo argomento!?!?

L’ESSICCAMENTO 

|Parte 4

O_o”

|20/03/12

L’Essiccatore a Tamburo – 3 passaggi:

Possiamo vedere un generatore di aria calda posizionato all’interno di una camera di riscaldamento… Una tramoggia di carico, che permette di inserire all’interno dell’essiccatore la giusta quantità di materiale… Il materiale, una volta entrato nel tamburo più interno della macchina viene investito da un flusso di aria calda in equicorrente.. Il sistema è in rotazione e garantisce un rimescolamento continuo del materiale permettendogli inoltre di proseguire il suo percorso e di ricadere via via nell’intercapedine più esterna della macchina (fissa). Il solido, per forza di gravità uscirà infine dallo sbocco in basso.. l’aria umida esausta uscirà invece dall’alto. (→ ovviamente.. la macchina permette di lavorare in continuo) 

L’Essiccatore a Cilindro:

“B” E’ un’armatura isolante e garantisce che il processo di essiccazione avvenga in condizioni adiabatiche. Questo tipo di essiccatore è adatto a essiccare torbide ad alto contenuto di solido (→ quindi materiali con un alto grado di umidità).. All’interno della macchina possiamo vedere il serbatoio principale.. da qui, il materiale viene trasportato attraverso una pompa di circolazione al serbatoio secondario, il quale interviene direttamente nell’alimentazione della macchina. Questo serbatoio è a stretto contatto con il cilindro essiccatore posto in rotazione “A”.. All’interno di questo viene fatto passare del vapor d’acqua, che ne scalderà la superficie. Durante la rotazione, il cilindro raccoglie un po’ del materiale dall’alimentatore. La quantità è uniforme, e la bassa stratificazione è determinata da un’apposita spatola di distribuzione “H” posta poco dopo l’alimentatore. Durante la rotazione, il materiale si scalda e l’umidità evapora.. Perché il processo avvenga efficientemente occorre quindi calcolare Pagina | 64

la velocità di rotazione del cilindro, in relazione alla temperatura di questo. Ad essiccamento avvenuto, il materiale viene allontanato dalla superficie del cilindro attraverso un coltello raschiatore “I”… da qui, cade sul fondo della macchina all’interno di un opportuno contenitore.. per poi essere trasportato all’esterno (magari attraverso una coclea). Nell’armatura vi è un condotto per lo scarico dell’aria satura di umidità “Q”.. (generalmente collegato a una pompa da vuoto). La macchina, a seconda delle caratteristiche di costruzione, e dalle esigenze..può lavorare in continuo o in discontinuo. Questo disegno rappresenta la stessa macchina, in cui il cilindro essiccatore non è contenuto in un’armatura. Quella in alto, è una cappa aspirante che serve a garantire un ambiente “vivibile” per l’operatore :D (Anche se non sarebbe male l’idea di farsi una sauna U_u) cc



L’Essiccatore a Cilindri:

(Dio mio che fantasia…..)

Concettualmente non cambia praticamente nulla… Abbiamo in questo caso 2 tamburi riscaldati con il vapore; e lo strato di torbida che si deposita sulla parete di questi è determinato dalla distanza tra i due cilindri.. i quali ruotano uno in senso orario.. e l’altro in senso antiorario.. La velocità di rotazione dipende sempre dalla temperatura.. e come prima, abbiamo il coltello raschiatore che permette l’allontanamento del materiale essiccato che ricade su due coclee trasportatrici laterali… Non essendoci l’armatura, occorre una cappa aspirante.. Anche in questo caso, la macchina è adatta per torbide particolarmente pastose, ricche di umidità U_u 

L’Essiccatore Continuo a Nastro – Belt Dryer:

Quelli in Rosso, sono un sistema di cilindri percorsi da vapor d’acqua; i quali non scaldano direttamente il materiale.. ma riscaldano il nastro su cui questo viene caricato.. La velocità di rotazione ovviamente deve essere regolata in funzione della temperatura.. e dal grado di umidità del materiale.. Durante il trasporto il solido può essere inoltre irraggiato con calore proveniente da opportune resistenze “F”. Questo è necessario in quanto il sistema di carico a tramoggia non garantisce una bassa stratificazione del materiale. In alto (come al solido) è presente la cappa aspirante per allontanare l’umidità.

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Esistono altri modelli di questa macchina… In questo caso ad esempio non abbiamo dei cilindri.. ma abbiamo delle camere in cui viene insufflata aria calda (FAN).. Sopra queste camere non vi è un nastro continuo, ma una griglia che permette il passaggio dell’aria attraverso di essa e il materiale. Ovviamente le maglie devono essere più piccole della pezzatura del materiale…

Queste macchine possono essere impiegate per essiccare prodotti Enzimatici, Granulati, prodotti pastosi.. estratti di piante e pigmenti organici.



L’Essiccatore a Doppio Cono – Sotto Vuoto:

Iniziamo col dire che questa macchina presenta una camicia di scambio termico.. E’ formata da 2 tronchi di cono, alle cui estremità sono posti i 2 bocchettoni (uno di alimentazione e uno di scarico). L’essiccatore è in costante rotazione ed collegato a un sistema per il vuoto (preceduto dal regolare condensatore).. Sul bocchettone per aspirare l’aria è presente un filtro per evitare che del particolato possa uscire dalla macchina. Nella realtà, la macchina ha questo ↓ aspetto.. o o o

……

E’ particolarmente adatta per il recupero dei solventi che permeavano il materiale. Lavora in discontinuo.. Questa macchina è un sistema chiuso.. di conseguenza riduce al minimo l’inquinamento dell’ambiente di lavoro circostante.. Può essere impiegata per l’essiccazione di: Prodotti Farmaceutici, Insetticidi, Pesticidi.. E materiali cristallini.. …Una macchina che assomiglia molto a questa che abbiamo appena visto è:

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L’Essiccatore a Doppio Cono – CRIOX DRYER: L’unica differenza sostanziale rispetto all’essiccatore precedente, è la presenza di due gruppi contrapposti di eliche con coltelli rotanti. Questo elemento rende la macchina particolarmente adatta al trattamento di materiali pastosi o che tendono a formare dei grumi.. Per il resto è tutto uguale.. Il solito bocchettone filtrante per il vuoto.. collegato a un ciclone (e probabilmente a un condensatore).. Sistema di rotazione.. Camicia di scambio termico… Le soooolite cose =_=”…

Materiale Agitato – A Letto Fluido (FLUID BED DRYERS): Un letto fluido è un sistema in cui il solido (qualsiasi esso sia) è tenuto in sospensione in una corrente di aria… Nel nostro caso, dato che trattiamo il processo di essiccamento, si tratterà di di aria calda. Come faccio a tenere in sospensione il materiale?? O_o → Occorre calcolare la velocità del flusso d’aria capace di mantenere il materiale sospeso attraverso l’equazione di Lena.

V

n

688 D

ρ

f

ρ ρ s

f

μ

In cui entrano in gioco le dimensioni delle particelle.. La densità del materiale e del fluido essiccante.. La sua viscosità “μ”.. e svariate costanti e fattori di proporzionalità. Questa tecnologia permette: o

o

Una elevata di velocità di essiccamento → in quanto il materiale non appoggia su alcuna superficie.. e di conseguenza aumenta enormemente la superficie specifica per lo scambio.. Maggiore è la velocità, minore è il tempo richiesto per trattare il materiale.. il quale ha meno probabilità di dare fenomeni di decomposizione.. Di eseguire molteplici operazioni contemporaneamente come: o Miscelare polveri o Preparare o Rivestire dei granulati :D

Una macchina di questo tipo è…

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L’Essiccatore a Letto Fluido Verticale:

E’ una macchina molto semplice..E’ costituito da una superficie (griglia) di appoggio del materiale attraverso la quale può passare l’aria calda sotto pressione... La parte seghettata “C” rappresenta la resistenza.. Le particelle del materiale mantenute in sospensione urtano tra di loro.. e questo può determinare delle frammentazioni che può essere trasportato via dal flusso di aria :-/ Per questo, nella parte alta sono necessari dei filtri che trattengano il materiale.. lasciando passare l’aria esausta.. → I sistemi filtranti sono dei filtri a manica. Le particelle si urtano in maniera del tutto casuale.. e si è visto che questo porta a un uniformarsi delle dimensioni delle particelle :D Questa immagine rappresenta il tipo di movimento che le particelle assumono all’interno della macchina → il materiale viene spinto verso l’alto e mantenuto in sospensione.. successivamente ricade per poi riprendere il ciclo… (Un po’ come il MagicBullet :P) In basso è posizionato l’ugello che insuffla l’aria sotto pressione.. Di queste macchine esistono svariati modelli… In alcune vi è la possibilità di rivestire le particelle.. Questo processo è chiamato confettatura (o filmatura).

Il “Confettatore” non ha Niente di diverso dalle macchine precedenti, a parte l’aggiunta di un ugello che permette di spruzzare all’interno della macchina ciò di cui ci interessa rivestire la particella… Può essere una soluzione zuccherina.. un colorante un polimero che renda magari una compressa gastroresistente… ecc..

… Un altro tipo di macchina è:

(viva la fantasia)

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L’Essiccatore a Letto Fluido Orizzontale:

La macchina è sostanzialmente molto semplice.. Abbiamo una tramoggia di carico, che permette l’alimentazione del materiale su di una griglia.. Le particelle vengono quindi investite da un flusso di aria calda proveniente dal basso.. si instaura quindi un letto fluido che porterà le polveri fino allo scarico “S”.. Ciò che determina la differenza fra la formazione di un letto fluido orizzontale e uno verticale è la pressione con la quale l’aria viene insufflata :D L’aria immessa, naturalmente, non è aria qualunque.. prima deve essere trattata passando attraverso opportuni filtri.. per poi essere riscaldata da delle superfici radianti “F” In alto vi è una cappa di aspirazione, collegata a un ciclone che garantisca il recupero delle polveri.

Materiale Agitato – SPRAY DRYERS: Il materiale in questo caso è costituito da emulsioni, sospensioni o soluzioni (è quindi veicolato da un liquido).. Questa tecnica è molto importante, perché la velocità di essiccamento è elevatissima.. di conseguenza il tempo di contatto tra il materiale e l’aria essiccante è estremamente ridotto. Tecnica quindi molto comoda per sostanze particolarmente termolabili. Come funzia?? → Il materiale in entrata viene nebulizzato/atomizzato in goccioline minuscole, aumentando enormemente la superficie specifica. L’aria calda quindi permette un rapido essiccamento delle particelle senza che queste si surriscaldino. Il tempo di contatto con l’aria varia da un minimo di 5 secondi a un massimo di 20. FASI DEL PROCESSO: Nella prima fase abbiamo l’atomizzazione dell’alimentazione liquida in un nebulizzato di goccioline finissime all’interno di un contenitore chiamato (camera di essiccamento “E”). In questo caso il nebulizzato viene ottenuto facendo ricadere la torbida …… al centro di un disco “D” che ruota ad altissima velocità. Le goccioline incontrano quindi una forte corrente di aria calda insufflata dal basso… nel giro di 5-20 secondi otteniamo l’essiccamento del materiale.. Le particelle a questo punto, tenderanno a ricadere verso il basso per poi depositarsi sul fondo dell’essiccatore.. L’aria esce da un apposito condotto posto al centro del cono inferiore della camera di essiccamento.. Da notare che la bocchetta è Pagina | 69

rivolta verso il basso.. questo per ridurre la quantità di materiale che può finirvi dentro durante la deposizione sul fondo.. A questo punto abbiamo 2 problemi: o Come porto fuori il solido che si è depositato da un ambiente in pressione? o Come recupero il materiale che inevitabilmente viene trasportato con l’aria? Non ci vuole certo un genio per rispondere… =_=” Il materiale lo posso portare fuori usando quella vecchia valvola vista decine di giorni fa → La Valvola a STELLA.. che permette di mettere in comunicazione 2 ambienti con pressioni diverse.. Una volta superata la valvola, il materiale viene infatti allontanato attraverso un sistema di trasporto pneumatico (a pressioni ben maggiori di quelle presenti nell’essiccatore). L’aria viene fatta convogliare nel solito ciclone “SC1”.. permettendomi di recuperare le particelle che trasportava.. Alla base del ciclone vi è un’altra valvola a stella che permetterà il passaggio del materiale recuperato al sistema di trasporto pneumatico.. Il materiale convogliato nel sistema di trasporto pneumatico finirà in un altro ciclone. Alla Fine.. Tutto il materiale Essiccato lo ritroveremo sul fondo del ciclone “SC2”… Mentre tutta l’aria proveniente dalle diverse fasi del processo di essicazione sarà opportunamente scaricata dall’alto.

L’ESSICCAMENTO

|Parte 5

§@#*‼‼

|21/03/12

Il punto saliente del processo che abbiamo appena visto è la nebulizzazione della torbida attraverso degli atomizzatori.. Di questi ne abbiamo di diversi tipi; essenzialmente a Disco e a Ugello 

ATOMIZZATORI A DISCO:

La torbida , immessa al centro di un disco che ruota ad altissima velocità (da 3k a 50k rpm), viene frazionata per merito della forza centrifuga in tantissime piccole goccioline sparate a 360° nell’ambiente circostante.. Questo tipo di atomizzatori sono particolarmente impiegati quando si ha a che fare con torbide molto concentrate, che potrebbero determinare l’otturazione di eventuali ugelli… Le caratteristiche del disco influiscono sulla formazione delle goccioline e delle particelle che si formeranno in seguito all’essiccazione. La superficie del disco può essere liscia o scanalata e con fori o feritoie di vario tipo lungo il bordo.

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L’alternativa sono gli atomizzatori a Ugello… Qui possiamo avere varie possibilità.. Possiamo avere Ugelli di tipo Pneumatico o Ugelli a Pressione.. a seconda di come la torbida viene immessa e successivamente “sparata” :P.. 

ATOMIZZATORI A UGELLO – PNEUMATICO:

↙↙ Questi atomizzatori sono costituiti da due ugelli concentrici…La torbida arriva da un condotto centrale, attorno al quale passa l’aria ad alta velocità.. Gli sbocchi di entrambi i condotti sono vicinissimi. All’uscita i due fluidi si miscelano, e la torbida viene frantumata in tantissime goccioline.. La velocità con cui l’aria esce attorno all’ugello determina una minore pressione parziale nella porzione centrale e laterale… E’ questo a generare un violento moto vorticoso che garantisce la miscelazione e l’atomizzazione della torbida. La comodità di questo tipo di atomizzatori è dovuta al fatto che non sono richieste alte pressioni  Ad ogni modo.. il loro impiego è limitato ad attrezzature su piccola o in laboratorio per impianti pilota.. Le dimensioni delle particelle possono essere regolate modificando la direzione del “getto” in uscita… Se operiamo in o o



Co-Corrente: Otteniamo polveri con una dimensione media di 10 – 40 μm.. Modalità a Fontana: otteniamo polveri con dimensioni medie di 60 – 100 μm

ATOMIZZATORI A UGELLO – A PRESSIONE:

La torbida viene immessa sotto pressione all’interno di un ugello di forma elicoidale.. Le particelle sono quindi obbligate a seguire un percorso “ciclonico” e all’uscita vengono nebulizzate nell’ambiente sottoforma di piccole goccioline. Questo tipo di atomizzatori sono adatti per torbide a basso contenuto di solidi. La pressione influisce sulla velocità di rotazione delle particelle.. che a sua volta condiziona le dimensioni medie delle particelle in uscita  Con questo tipo di atomizzatori si ottengono polveri con una dimensione che varia tra i 25 e i 50 μm.

↙ Questo grafico rappresenta l’evoluzione della condizione della particella man mano che si procede con l’essiccamento… Come si può vedere.. se il processo non è abbastanza rapido, la particella rischia di frammentarsi.. ad ogni modo.. in certi casi questo è “VOLUTO” in quanto garantisce un essiccamento più efficace.

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VANTAGGI:

…Ripetiamolo per la milionesima volta…

L’atomizzazione permette di aumentare notevolmente la superficie specifica.. e di conseguenza di ridurre i tempi e i costi del processo di essiccamento. L’alta velocità del processo garantisce che vengano fornite calorie solo per l’evaporazione del liquido e non nel surriscaldamento del materiale solido.. In questo modo possiamo trattare ed essiccare materiali termolabili :D Non vi è una rilevante corrosione della macchina in quanto l’umidità presente è bassissima.. questo permette di ridurre i costi di eventuali riparazioni e limitare l’inquinamento del prodotto. Le particelle che si ottengono sono sferiche, di piccole dimensioni e omogenee tra di loro.. APPLICAZIONI: Produzione di granulati Essiccazione di sostanze termolabili.. Trasformazione di estratti, oli o essenze volatili in polveri secche.. Rivestimento delle particelle al fine di migliorare le caratteristiche organolettiche o per controllare la velocità di rilascio. PERICOLOSITA’ : L’essiccamento è un’operazione potenzialmente molto pericolosa.. Questo perché qualsiasi materiale, per il quale valgono 3 condizioni essenziali: o o o

Buona Concentrazione nell’ambiente.. Piccole dimensioni Fonte di calore…

Può portare a incendio o esplosione... Basti pensare a tutti gli incendi causati dalla macinazione del grano centinaia di anni fa :D Le temperature non sono necessariamente alte.. (anche inferiori a 100°).. Per questo occorrono dei sistemi che mantengano bassa la concentrazione nell’aria… La pericolosità è principalmente data dalle micropolveri depositate sulle superfici.. che possono essere facilmente sollevate nell’aria creando le condizioni di innesco ottimali… E’ bene sapere inoltre che al diminuire delle dimensioni delle particelle, diminuisce la temperatura di innesco :-/

Ad ogni modo.. La pericolosità di una macchina è direttamente proporzionale all’incompetenza di chi la usa :P

Uno poteva anche sperare di aver concluso con questo argomento di me^^^.. e invece NO… iniziamo ora con...→

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La liofilizzazione è quella tecnologia di essiccamento che si svolge in condizioni tali da allontanare l’acqua per sublimazione.. Il processo richiede il congelamento preventivo del materiale; per questo motivo spesso si può trovare il termine freze-drying. Questa tecnica di essiccazione è stata ideata oltre 200 anni fa.. e solo agli inizi del secolo scorso (1935) si è iniziato ad applicarla su scala industriale. Non ci deve sorprendere la data… Molte delle più grandi invenzioni vengono sviluppate durante periodi di guerra o per affrontare le “Grandi sfide”… molti dei materiali usati al giorno d’oggi provengono dalla ricerca aerospaziale :D Questo grafico rappresenta il diagramma di stato dell’acqua. C – O è il luogo dei punti di sublimazione (passaggio da solido a VAPORE) [→NON GAS‼]. Il passaggio da solido a liquido.. a vapore, porta a un aumento della mobilità delle molecole.. e questa è tutta energia che NOI dobbiamo fornire… Ne consegue che il processo è Endotermico... Il processo contrario è invece Esotermico.. in quanto le molecole riducono la loro energia.. dissipandola sotto forma di calore. Come possiamo sublimare se siamo in una fase liquida?? → E’ semplice.. basta guardare il grafico =_=”… Immaginiamo di essere in una condizione di pressione e temperatura rappresentate dal pallino verde.. Prima di tutto possiamo congelare l’acqua… A questo punto, per poter sublimare dovremo raggiungere condizioni di pressione inferiori al punto triplo(4,58 torr).. Da qui, basta scaldare, per poter passare dallo stato solido a quello di vapore :D Non ci sono quindi molte variabili in gioco.. semplicemente pressione, temperatura.. e tempo :D .. Ciò che è più complicato è il comportamento dell’operatore durante le fasi del processo… 

PRIMA FASE – CONGELAMENTO :

Durante questa fase abbiamo un cambiamento di stato di tipo esotermico. Questa operazione condiziona la riuscita dell’intero processo di liofilizzazione. Se non si lavora bene.. si ottiene una schifezza :P La fase di congelamento deve essere essenzialmente il più rapida possibile. In questo modo: Otteniamo tanti piccoli cristalli d’acqua; molto importante, in quanto minori sono le dimensioni dei cristalli, maggiore sarà la superficie specifica che lasceranno dopo la sublimazione… Ne consegue che il processo di reidratazione sarà estremamente rapido :D Vengono bloccate tutte le reazioni chimiche che normalmente avverrebbero allo stato liquido… Possiamo inoltre liofilizzazione materiali biologici evitando che le strutture cellulari e le proteine vengano alterate durante il processo… questo perché un congelamento lento porta a un graduale aumento della concentrazione salina nell’acqua libera.

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DAY 5

LA LIOFILIZZAZIONE

Durante questa fase, si congela solo l’80% dell’acqua presente.. Anche con la liofilizzazione quindi non si riesce a essiccare al 100% il nostro materiale U_u Possiamo congelare diversi tipi di materiale: Acqua pura (non che ci interessi molto) Un solido bagnato: è un materiale che si presta molto al congelamento.. possiamo usare ghiaccio secco in alcol (-80°C) o azoto liquido (-196°C). Una soluzione salina: in questo caso, il discorso si complica :-/ Questo perché generalmente si assiste a un abbassamento del punto crioscopico; direttamente proporzionale alla concentrazione del sale disciolto. ↙ Questo grafico rappresenta il variare della temperatura in funzione del tempo durante il processo di congelamento.. Poniamo di trovarci alla temperatura ambiente iniziale “l”; il materiale si trova quindi allo stato liquido.. Se forniamo frigorie al sistema, la temperatura della soluzione si abbassa linearmente fino al punto “P”.. questo ci suggerisce che non vi è alcun cambiamento di stato. La pendenza varia in funzione delle frigorie fornite per unità di tempo. Procedendo con il processo.. l’acqua inizia a ghiacciare.. Le molecole quindi passano da uno stato cinetico più alto a uno più basso; e l’energia viene dissipata sottoforma di calore.. Di conseguenza si ha una diminuzione della velocità di raffreddamento.. Arriviamo quindi al punto “q”; cui corrisponde la saturazione della soluzione. Continuando a fornire frigorie al sistema, ciò che avviene è il congelamento in blocco della soluzione in un brevissimo lasso di tempo O_o… Tante frigorie vengono messe in gioco; altrettante calorie vengono dissipate (→ E’ questa condizione di equilibrio a determinare il plateau nel grafico)… L’isoterma q – q’ corrisponde a un valore ben preciso di temperatura che viene definita “Temperatura Eutettica”. A congelamento avvenuto (q’).. la soluzione non subisce altri cambiamenti di stato.. di conseguenza fornendo altre frigorie al sistema la temperatura si abbassa linearmente…. (S sta per → SPRECO di SOLDI :P). Il processo di congelamento, come abbiamo già detto, permette di congelare solo fino all’80% di acqua.. Bene.. se questo è il massimo che possiamo ottenere.. Dobbiamo fare in modo di arrivarci SEMPRE… Per essere sicuro quindi che il materiale sia completamente congelato, occorre necessariamente portarsi al di sotto della temperatura eutettica che può essere rilevata attraverso il metodo conduttimetrico di Greaves. Una resistenza di un ponte di Wheastone viene inserita all’interno del materiale da congelare.. Quando la massa è completamente ghiacciata si azzera lo strumento e si alza gradualmente la temperatura.. Appena l’acqua inizia a scongelarsi, la resistenza si annulla e il galvanometro segna il passaggio di corrente  La temperatura alla quale ciò avviene è la temperatura eutettica. Se si è lavorato bene, si ottiene UNA Temperatura eutettica ben definita.. Ciò significa che l’acqua è stata congelata adeguatamente in piccoli cristalli. Se si è lavorato male.. o si è stati “sfortunati”… si è ottenuto per raffreddamento una massa vitrea, vetrosa, amorfa che congela in un intervallo di temperatura… Maggiore è l’intervallo.. Peggiore sarà il risultato =_=” Pagina | 74

Un risultato del genere non è certo accettabile, in quanto quella schifezza vetrosa amorfa ha una bassissima superficie specifica.. di conseguenza il prodotto finale della liofilizzazione non sarà facilmente reidratabile. Come risolvo il problema?? :D → Eseguo una “Ginnastica Termica” O_o → Dopo aver congelato il materiale.. inizio a scongelarlo molto.. MOLTO…lentamente… permettendo così alle molecole di acqua di avere un minimo di mobilità… A questo punto.. (tocco ferro) .. si ricongela.. sperando che le molecole di acqua si siano riassemblate in una struttura cristallina :D Questo processo lo continuo a eseguire fino a quando non ho la botta di culo per cui le molecole si saranno riassestate “come dio comanda” U_u Il materiale può essere surgelato per:  

Congelamento Esterno: quando il processo viene eseguito all’esterno del liofilizzatore.. Congelamento Interno: Quando tutto il processo avviene all’interno del Liofilizzatore.

CONGELAMENTO ESTERNO:

A seconda delle quantità di materiale può essere di 2 tipi…

A FONDELLO: Se ho esigue quantità di materiale… Il recipiente (o flacone) può essere posto al di sopra di un vassoio refrigerante (in questo caso il ghiaccio cresce dal fondo verso l’alto) o immerso in un liquido refrigerante (in questo caso il ghiaccio procede dall’esterno verso l’interno)… Più è bassa la stratificazione, minori saranno i tempi richiesti per eseguire il processo.. migliore sarà quindi il risultato della liofilizzazione.. A CONCHIGLIA: Se la quantità di materiale è più alta… Tramite una rotazione, il materiale da congelare viene fatto scorrere su tutta la superficie del contenitore il quale è in contatto con il fluido refrigerante.. → Quasi lo stesso principio del Rotavapor  Questo garantisce una bassa stratificazione del materiale e quindi un più rapido congelamento :D Dal punto di vista impiantistico posso far ruotare i flaconi attraverso dei rulli immersi nel fluido refrigerante.. → →

↙↙ Alternativamente posso porre il flacone su una superficie in rapida rotazione.. e spruzzare il fluido refrigerante sulle pareti del contenitore.. Ad ogni modo, questo sistema è il meno pratico.. I precedenti sono i più utilizzati 

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LA LIOFILIZZAZIONE

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|26/03/12

CONGELAMENTO INTERNO: Questo è la rappresentazione molto.. ridotta del liofilizzatore..  All’interno di esso ci sono dei ripiani che presentano un’intercapedine all’interno della quale scorre il fluido termico… In questo modo, i contenitori con il materiale possono essere appoggiati su di essi, permettendo di eseguire l’intero processo all’interno della macchina..

Bene.. ritorniamo al diagramma di stato dell’acqua.. Ora che abbiamo ottenuto il solido.. che facciamo?? → Dobbiamo abbassare la pressione ben al di sotto del punto triplo (4,58 torr). Questo perché i vacuometri non misurano solo la pressione dovuta alle molecole di acqua… ma di tutte le molecole estranee presenti… In genere quindi ci si porta a una pressione di 10-2 torr (Da ricordare… è tecnicamente impossibile andare al di sotto della O – C … Quindi.. Non fare questo genere di errori all’esamee :P)

↙ Questo qui, è lo stesso grafico visto due pagine fa  In ascissa abbiamo il Tempo.. in ordinata abbiamo sia la temperatura che la pressione.. Nel punto evidenziato in rosso, siamo al di sotto della temperatura eutettica.. Il grafico mette in evidenza inoltre che le pompe da vuoto vengono attivate SOLO dopo il raggiungimento delle condizioni ideali per la sublimazione (Linea tratteggiata). Ovvio.. nemmeno questo grafico è perfetto… è logico che la pressione non possa andare a 10-2 torr in mezzo secondo :P .. E’ solo una semplificazione.. Inizia la Sublimazioneee! Da questo punto in poi.. se forniamo calorie al sistema (facendo passare un fluido riscaldante nell’intercapedine dei vassoi) avviene la sublimazione :D In questo processo passiamo quindi da uno stato in cui le molecole sono a bassa energia a uno stato dove l’energia cinetica è decisamente più elevata.. E’ una trasformazione endotermica… Per questo motivo tutte le calorie fornite saranno impiegate nel processo di sublimazione (Di conseguenza non si ha un aumento della temperatura) Oltre al trasferimento termico avremo anche un trasferimento di massa, dovuto alla sublimazione delle molecole di acqua… Questo rappresenta un problema non poco rilevante.. in quanto si assiste a un considerevole aumento della pressione..

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Una grammomolecola di acqua occupa a temperatura ambiente 22,414 L… Ma noi siamo a 10-2 torr… che volume avrà quindi a questa pressione?? PV=P’V’  (760 x 22.4) = (0.01 x V)  V = 1.702.400 litri

1grH 2O

n R T P 5,55 10 2 mol

0,01Torr

1,31 10

P·V = nRT -

Ci ha scassato le balle perché non tollera che uno studente confonda un Gas con un vapore… e poi applica la semplificazione dell’equazione di Stato dei GAS? E la Temperatura? Che fine ha fatto? …O_o

V

5

 per cui 1 g = 95.000 litri‼

Atm

2

R 8,21 10 T 40 C 233,15K

V

5,55 10 2 mol 8,21 10 1,31 10 5

Ad ogni modo… ponendo di poter applicare l’equazione di stato dei gas perfetti... questi sono i calcoli “corretti”… 2

233,15K

81096L

I -40 °C teoricamente sono la temperatura eutettica..

Ad ogni modo.. calcoli a parte.. durante il processo si sviluppa un volume abnorme di vapore.. per questo motivo si rende necessario l’utilizzo di un sistema per allontanarlo → Come ad esempio un Condensatore  (posto ovviamente prima delle pompe da vuoto). Per garantire l’efficienza del processo, anche in seguito all’aumento della pressione, è possibile giocare sul condensatore.. E’ opportuno che la temperatura del fluido refrigerante di questo sia almeno 20-30 gradi più bassa rispetto alla massa ghiacciata; in questo modo, a seguito della rapida condensazione del vapore si genera un effetto criopompa che riduce la pressione all’interno del condensatore e aspira tutto il vapore generatosi nella camera di liofilizzazione. Una temperatura considerevolmente più bassa è inoltre essenziale per far fronte al riscaldamento che subisce il condensatore..  Come facciamo a sapere quando è terminato il processo di sublimazione? → E’ molto semplice… Quando termina la liofilizzazione, le calorie fornite al sistema non vengono più compensate da quelle assorbite per la sublimazione… Di conseguenza si assiste a un aumento rettilineo della temperatura... E ovviamente a un abbassamento della pressione (in quanto non si libera più vapore).. Queste condizioni non ci recano alcun problema.. anzi, è Meglio! Con l’aumento della temperatura (fino a 30-50 °C) e un costante vuoto spinto, riusciamo ad eliminare altra acqua :D (circa un 10-12%)

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Una cosa da tenere a mente, è il “tempo ritardo” del materiale, ovvero il tempo richiesto affinchè la temperatura del materiale sia la stessa dell’ambiente in cui si trova. Nel liofilizzatore sono quindi presenti delle opportune sonde, immerse nel materiale, che ci permettono di identificare l’esatta temperatura.. di modo da poter adattare i tempi per garantire l’efficienza del processo.

Che caratteristiche deve avere un Liofilizzato??

→ Tutti i liofilizzati sono accumunati dal fatto che sono dei Solidi leggeri, porosi e friabili… Se si è lavorato bene, e si è ottenuta una perfetta cristallizzazione delle molecole di acqua, il liofilizzato presenterà un elevato grado di solubilità.. Questo è dovuto ovviamente all’elevata superficie specifica del materiale.. La liofilizzazione permette di mantenere le proprietà chimico fisiche delle molecole.. di non alterare le caratteristiche organolettiche e di garantire una lunghissima conservabilità del prodotto…Tuttavia…non è possibile liofilizzare dei cibi rendendoli gradevoli alla vista :P

I liofilizzatori li possiamo dividere in due gruppi: Discontinui: Lo schema visto nella pagina precedente.. E Continui.. o meglio.. Semicontinui: Permettono di facilitare una produzione su larga scala.. ma non hanno tutte le caratteristiche di un sistema capace di lavorare in continuo.. Quelli che si vedono nell’immagine …………….. sono dei vial che scorrono su un nastro all’interno di opportune guide.. Subiscono un trattamento di lavaggio.. quindi vengono asciugati e riempiti con il materiale da liofilizzare attraverso il metodo a conchiglia.. Una volta congelato, il vial viene rigirato e immesso all’interno di un tunnel ai cui estremi sono presenti delle camere stagne “Air-lock”.. essenziali, in quanto le condizioni di sublimazione sono ben diverse da quelle ambientali. All’interno del Tunnel i vial vengono quindi sottoposti a tutti gli step del processo di liofilizzazione… Passano quindi nella camera stagna terminale per poi uscire.. Successivamente il vial può essere tappato, fatto uscire dalla camera sterile, etichettato e.. venduto? :P Pagina | 78

Una cosa molto importante, è garantire la sterilità del liofilizzatore.. Generalmente viene impiegato vapore staturo ad alta pressione.. In questo modo il liofilizzatore diventa quasi un’atuoclave :D Alternativamente può essere insufflato Ossido di Etilene.. o si può ricorrere ad altri agenti chimici sterilizzanti  Ad ogni modo.. vedremo tutto più in dettaglio nei prossimi argomenti U_u

LA MACINAZIONE La Macinazione è quell’operazione che porta alla riduzione della pezzatura delle particelle di un solido aumentando così la loro superficie specifica. Il “Mesh” è tra i parametri maggiormente utilizzati per descrivere le dimensioni delle polveri… indica il numero di apertura di un setaccio per pollice (2,54 cm). Una altro parametro importante è appunto la superficie specifica, che può essere espressa in 2 modi: o o

Dal rapporto fra Superficie e unità di massa (m2/g) O più comunemente dal rapporto tra superficie e unità di volume (m2/ m3)

Perché Macinare un Materiale?? → E’ utile, in quanto una riduzione della pezzatura (e quindi un aumento della superficie specifica) garantiscono generalmente una: Maggiore solubilità Migliore scorrevolezza (O_o E da quando?!?! A casa mia scorre meglio lo zucchero della farina) Maggiore efficacia terapeutica in quanto permette: o Sospensioni più stabili o Prodotti iniettabili meglio siringabili o Prodotti oftalmici più tollerabili o Aerosol più penetranti o Possibilità di ridurre i dosaggi in quanto l’assorbimento è più rapido.. Qual è lo scopo che ci prefiggiamo?? → Uniformare e ridurre il diametro medio delle particelle → Le dimensioni delle particelle si distribuiscono in una gaussiana… Se “I” rappresenta la situazione delle particelle prima del trattamento in un opportuno Mulino.. “II” Rappresenta la situazione ideale a seguito della macinazione. Il grafico è sbagliato U_u ; se uniformiamo le dimensioni medie delle particelle, avremo necessariamente un incremento dell’altezza del picco 

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LA MACINAZIONE

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|27/03/12

Quando una particella arriva all’interno del mulino ha 3 possibilità: Se la forza che agisce su di essa è inferiore alla soglia di elasticità, la particella subisce una deformazione elastica. Se la forza è superiore alla soglia di elasticità possiamo invece avere: o Deformazione plastica (permanente).. o la o Frattura della particella nel caso la forza applicata sia sufficiente.. E’ fondamentale comprendere che il punto in cui viene esercitata una forza/pressione sulla particella, non è necessariamente il punto in cui avviene la frammentazione... La teoria di Griffith afferma che Tutti i solidi, in un modo o nell’altro, hanno delle incrinature (punti di debolezza strutturali).. ed è in questi punti che si va a propagare la forza applicata determinando una rottura. Dalla frattura si originano altre “onde di stress” che possono raggiungere altri punti deboli e causare fratture secondarie.. terziarie.. (ecc.. fino a quando l’energia impressa non si è esaurita).. A seconda del tipo di materiale, la rottura può avvenire in modo diverso: I Materiali Amorfi si fratturano a caso :P Materiali cristallini si Fratturano lungo dei piani ben precisi La macinazione è un processo che utilizza l’energia in modo poco efficiente… Alcune particelle verranno sottoposte a forze ben superiori a quelle richieste.. Atre particelle possono invece superare il processo senza essersi mai fratturate.. Si calcola che solo l’1% dell’energia impiegata è effettivamente responsabile della rottura delle particelle.. tutta la restante è impiegata in deformazioni elastiche e plastiche.. rumori.. vibrazioni e calore.. Alcuni altri punti fondamentali: Inoltre, tanto maggiore è la velocità con cui la forza viene impressa, tanto sarà minore la sua efficienza. L’energia richiesta per la frattura dipende dal rapporto di riduzione; ovvero dal rapporto tra le dimensioni delle particelle prima e dopo il processo.. Un altro parametro frequente nella macinazione è il LIMITE DI RIDUZIONE; che rappresenta la dimensione media a cui tendono le particelle dopo un tempo “infinito” di macinazione… Questo parametro dipende da: Le caratteristiche del materiale Le caratteristiche del mulino → Ovviamente.. Le condizioni operative.. (ad esempio la quantità di materiale immessa nel mulino)

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Quali sono le modalità con cui una forza viene Applicata sulla particella?? → Sostanzialmente i modi sono 4…   



Taglio: Attraverso un mulino a coltelli.. e non sempre applicabile a tutti i materiali Compressione: è una forza erogata con continuità e lentamente.. (es: mulino a rulli) L’impatto: è diverso dalla compressione.. è paragonabile a una martellata.. Una forza quindi veloce e violenta.. come per il Mulino a martelli… L’attrito: o confricazione permette di grattare gli aggregati contro le pareti del mulino provocando una riduzione.. Questo grafico rappresenta la situazione delle particelle, a seguito di un processo di macinazione poco efficiente… Partendo dalla situazione rappresentata dalla Gaussiana 1.. otteniamo un prodotto che presenta due morfologie di particelle… La gaussiana 2 rappresenta il prodotto che ha subito correttamente il processo e che si è abraso per confricazione.. La gaussiana 3 Rappresenta invece gli

aggregati.. Non solo non abbiamo tutto il materiale come lo volevamo.. ma abbiamo perfino peggiorato la situazione. Un problema fondamentale della macinazione è il CALORE.. in particolare se abbiamo a che fare con prodotti termolabili.. occorre quindi trovare delle soluzioni: Adottiamo delle camicie di scambio termico (refrigeranti).. Insuffliamo aria o gas inerti (FREDDI) all’interno del mulino. Altro problemone… L’UMIDITA’… Il materiale che viene macinato può essere secco o meno.. E’ preferibile la macinazione a SECCO, in quanto l’acqua può causare dei problemi.. Certo.. non è sempre vero.. (specie se consideriamo centinaia di anni fa :P).. Un macinato secco, può generare dei polveroni considerevoli.. Basta una scintilla per saltare in aria :P Nulla comunque ci impedisce di macinare un materiale UMIDO.. a volte questo tipo di macinazione può risultare migliore nel caso si instaurassero nelle polveri delle cariche elettrostatiche che rendono più difficile l’inserimento del materiale fra gli organi macinanti. o Certo.. un materiale umido deve essere successivamente essiccato.. e questo aumenta i tempi e i costi .. o Il mulino si usura più velocemente.. e questo comporta un aumento dell’inquinamento nel prodotto… o L’acqua può inoltre portare alla formazione di pastoni.. favorire reazioni di idrolisi.. è essenziale per la proliferazione di batteri e muffe.. o In comepnso ha un aspetto positivo… Permette la produzione di macinati più fini… Pagina | 81

E arriviamo al Terzo Problema della macinazione.. Determinato dalla DUREZZA del materiale. Il materiale che costituisce il mulino deve essere quindi scelto in funzione del materiale che verrà frantumato… in particolare in funzione della sua abrasività.. possiamo suddividere i materiali in 5 categorie…     

Abrasività Molto Leggera Abrasività Leggera Abrasività Normale Abrasività Forte Abrasività Molto Forte..

→ → → → →

Metallo duro Agata Supercorindone (allumina) Acciao INOX Porcellana (allumina e silice)

Se il materiale di cui è costruito il mulino non è adatto al materiale da macinare avremo una conseguente erosione.. un’inquinamento dei prodotti e csti aggiuntivi per la sostituzione dei pezzi.. E’ opportuno dare quindi anche una classificazione dei mulini… Essenzialmente sono di tre tipi: Mulini Frantumatori: Permettono di ridurre polveri grossolane e materiali di dimensioni considerevoli (dai 15 ai 150 cm) a polveri moderatamente fini (con dimensioni medie di 0,5 cm..) Mulini Polverizzatori: Permettono di trasformare polveri moderatamente fini (0,5 cm) in polveri Fini (0,1 mm) Mulini Micronizzatori: permettono a loro volta di trasformare le polveri fini in polveri Molto Fini (con dimensioni di 0,001 mm) Prima di parlare dei mulini è importante trattare il “Controllo del Processo” → In base alla bibliografia e ai dati che abbiamo, dobbiamo stabilire se quella che abbiamo è effettivamente la macchina giusta… Per questo motivo si deve effettuare un’analisi granulometrica. Il concetto è quello di macinare una certa quantità di materiale, che verrà successivamente impiegato per valutare il risultato della macinazione. Per farlo, occorre una macchina come questa (→→) costituita da una pila di setacci (≈10) con in cima quello a maglie più larghe.. e in fondo quello con le maglie più strette (ovvio). Lateralmente troviamo gli agganci che permettono di bloccare i setacci.. Sotto invece abbiamo il motore che garantisce una vibrazione costante favorendo quindi la setacciatura. La quantità di materiale posto nella macchina deve essere ben precisa, di modo che poi si possa dare un valore percentuale delle dimensioni delle particelle pesando il materiale presente in ogni setaccio. Se il mulino che si è scelto era quello giusto, si otterrà la maggior parte della polvere depositata su un solo setaccio… Se il mulino utilizzato non era adatto alla macinazione di “quel” materiale.. allora potremmo avere la deposizione delle particelle su un maggior numero di setacci..

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MULINI FRANTUMATORI

…Permettono di macinare materiali grossolani

……………………………………………………………………di dimensioni consistenti…150-15 cm -> 0,5cm

Il materiale viene immesso nei mulini attraverso una tramoggia di carico.. Al di sotto di questa vi è una ruota dentata posta in prossimità di un cuscinetto che obbliga il materiale a impattare sugli organi della macchina e a frantumarsi… La distanza del cuscinetto dalla ruota dentata può essere regolata attraverso una molla “M”.. In questo modo possono essere regolate le dimensioni del macinato.. Questi mulini vengono spesso impiegati per la frantumazione dei granulati. Questi mulini possono anche avere 2 Ruote dentate.. Una (C1) è posta in rotazione dal motore.. l’altra (C2) è collegata a una molla (M) che permette di regolarne la distanza e ruota passivamente per trascinamento (→ Attrito). Anche in questo caso, la distanza tra le due ruote, influisce sulle dimensioni finali del macinato.. 0,5 mm → 0,1 mm

MULINI POLVERIZZATORI – MULINO A CILINDRI: In questo mulino non c’è molto di diverso dall’esempio precedente… E’ costituito da una coppia di cilinidri, rivestiti di un materiale abbastanza duro in grado di macinare il materiale, senza usurarsi… la superficie può essere liscia o rigata, a seconda delle necessità.. Anche in questo caso, un cilindro è posto in rotazione da un motore, mentre l’altro ruota per effetto del primo e la sua distanza può essere regolata attraverso la solita molla “M”… …. Il materiale viene immesso attraverso una tramoggia di carico in mezzo ai due cilindri e per effetto della rotazione viene macinato.. Nel caso il motore si arrestasse bruscamente, la macchina rischierebbe seriamente di danneggiarsi.. Per ovviare a questo, è presente un volano “V”.. un elemento estremamente pesante, che per inerzia continua a ruotare insieme al cilindro, permettendo un arresto lento e graduale 

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MULINI POLVERIZZATORI – LA MOLAZZA: Macchina molto semplice.. diffusissima.. Largamente usata per la spremitura delle olive :P Allora.. prima di tutto abbiamo come contenitore una vasca, all’interno della quale vi sono due ruote collegate a un albero “A” posto in rotazione.. Possiamo notare lo scarico del materiale “S” e dei coltelli raschiatori “P” posti sul fondo della vasca.. Questi servono per miscelare il macinato e per garantire un certo attrito. Dal disegno in 2D si può inoltre osservare che le due ruote sono posizionate a distanza diversa dall’albero centrale. Questo garantisce che tutta la superficie della vasca sia coperta aumentando di conseguenza l’efficienza del processo. Questa macchina è ottima per macinare miscele oleose, materiali fibrosi e umidi..

MULINI POLVERIZZATORI – MULINO VAGLIO: Un’accoppiata vincente è data da Macinazione e Setacciatura, in un unico processo  Questo è ciò che avviene in questo mulino.. La setacciatura avviene per mezzo di uno stream di aria, in grado di separare le particelle pesanti da quelle più leggere. “1” Rappresenta l’alimentazione del materiale, trasportato per mezzo di una coclea all’interno del mulino.. Qui viene canalizzato sulla superficie di macinazione e viene frantumato da due ruote in rotazione… Da sotto “2” arriva uno stream di aria (possibilmente fredda, per evitare il surriscaldamento del materiale) il quale porta via il macinato di piccole dimensioni.. La velocità del flusso d’aria è strettamente in relazione alle dimensioni delle particelle che vogliamo separare.. Quelle più pesanti possono ricadere sulla superficie macinante per essere ulteriormente frantumate.. o possono depositarsi sul fondo della macchina per essere allontanate/riciclate.. Quelle più piccole vengono trasportate dal flusso d’aria fuori dal mulino attraverso “5”

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MULINI POLVERIZZATORI – MULINO A PALMENTI: E’ una macchina ad albero verticale con le 2 ruote macinanti poste in orizzontale. La ruota posta in rotazione (ROTORE) è quella superiore (nella quale è impiantata l’albero motore..) La ruota che rimane ferma è chiamata STATORE. La staticità è importante per 2 motivi: Risparmio sul motore.. U_u Guadagno in attrito  Il materiale viene alimentato da una tramoggia centrale.. passa quindi attraverso la superficie di contatto tra le due macine per poi uscire da “B”. La superficie delle due ruote non è liscia ma è opportunamente scanalata.. In questo modo, il materiale, viene trascinato, passando per degli slarghi e delle strettoie che permettono di superare la soglia di deformazione elastica e plastica della particella, portando così alla sua frattura. E’ adatta particolarmente per la macinazione di semi, pigmenti, colori, cosmetici e prodotti farmaceutici.

LA MACINAZIONE

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s

MULINI POLVERIZZATORI – MULINO A CAMPANA: Questa macchina sfrutta lo stesso meccanismo del macinino da caffè :P E’ costituita da un’armatura esterna, all’interno della quale vi è il sistema macinante in rotazione a forma di tronco di cono zigrinato. Vi è una strozzatura tra il sistema macinante e l’armatura, che determina le dimensioni (pezzatura) del macinato. Questa macchina può ovviamente lavorare in continuo..

… Fine.. nient’altro da aggiungere :P

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MULINI POLVERIZZATORI – MULINO A PIOLI: E’ una macchina estremamente diffusa,costituita da un corpo macchina e un coperchio laterale sul quale è posta la tramoggia di carico che permette di convogliare il materiale al centro del mulino.. I pioli sono posti sia sul corpo macchina che sul coperchio, e distribuiti in modo che alla chiusura del la macchina, questi si interpongano fra loro, senza toccarsi. I pioli presenti sul coperchio sono statici, mentre quelli presenti sul corpo macchina sono in rotazione. La distanza tra i pioli del corpo e del coperchio determinano approssimativamente le dimensioni del macinato.. Questa macchina ovviamente lavora in discontinuo.. Il macinato viene scaricato all’apertura del mulino (a macchina ferma) su di un vassoio. E’ adatta per macinare materiali fibrosi e non troppo abrasivi.

MULINI POLVERIZZATORI – MULINO A PALLE: Distinguibile facilmente per il fracasso che fa :P E’ costituito da un cilindro foderato all’interno di materiale opportuno, posto in rotazione.. All’interno del quale vi sono delle palle di porcellana o di metallo (sempre a seconda dell’abrasività del materiale).. Il funzionamento è elementare..Il mulino ruota, per mezzo di un motore collegato a un volano. Le “palle”, per effetto della rotazione e dell’attrito, risalgono lungo la parete del cilindro.. Se la forza di gravità è superiore alla forza centrifuga, le palle ricadono sul fondo, impattandosi tra di loro e il materiale viene così ridotto in frantumi via via sempre più piccoli a causa per ”impatto” e “confricazione”… La rotazione deve essere opportunamente calcolata di modo che permetta la risalita delle palle per attrito.. e la loro ricaduta per gravità.. Questa rotazione generalmente è il 60-80% della velocità Critica.. La velocità critica è la velocità alla quale la forza centrifuga, che agisce sulle sfere nel punto più alto del cilindro, è uguale alla forza gravitazionale → mω2r=mg  Più la Palla è piccola, più il macinato sarà fine :D  Più le palle sono grandi, più l’energia sarà trasformata in calore  Pagina | 86

Perché il processo sia efficiente le palle e il materiale devono occupare ciascuno 1/3 del volume del mulino. VANTAGGI :D     

Permette di macinare sia a secco che a umido.. Può essere impiegato per una vasta gamma di materiali.. E’ utile per miscelare e contemporaneamente macinare dei preparati.. La pezzatura può essere regolata variando le dimensioni delle sfere e la velocità di rotazione.. Inoltre garantisce una chiusura ermetica che blocca la dispersione delle polveri nell’ambiente circostante..

SVANTAGGI   Ovviamente l’inquinamento dei prodotti a seguito dell’erosione delle sfere..  Il rumore assordante =_=  E infine.. la pulizia della macchina non è agevole..

MULINI POLVERIZZATORI – MULINO A MARTELLI: E’ una macchina compatta, e semplice.. E’ costituita da una camera cilindrica al centro della quale vi è un rotore con dei martelli in acciaio (da 4 a 8. Sul fondo della superficie interna della camera troviamo una griglia che agisce da setaccio.. le particelle usciranno quindi dalla macchina solo quando avranno le dimensioni opportune.. Il materiale entra dall’alto attraverso una tramoggia e viene colpito dai martelli e continuamente frammentato contro la superficie. La riduzione delle particelle avviene quindi per impatto e per confricazione   Questo mulino può macinare materiali molto diversi fra loro, mediamente duri.. secchi o umidi  Può essere facilmente pulito evitando contaminazioni  Purtroppo, per la sua natura, tende a generare molto calore :/

Probabilmente è una di quelle macchine definite “Semicontinue”…

Il cugino di primo grado del mulino a martelli è il ….

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MULINI POLVERIZZATORI – MULINO A COLTELLI: La struttura della macchina è sempre la stessa della precedente.. (il disegno tratteggiato sta a indicare l’apertura della macchina per la pulizia).. Abbiamo come prima una tramoggia di carico, solidale con la macchina.. l’unica differenza è che rotore centrale porta dei Coltelli “Fly Knives” Contrapposti ai “Bed Knives” che sono quelli statici, posti sulla superficie

il

interna della camera... Il rotore porta generalmente dai 4 ai 12 coltelli. Il materiale viene quindi Tagliato fra i coltelli in rotazione e quelli fissi.. La base della macchina è sempre una griglia che opera da setaccio. E’ molto utilizzata per materiali fibrosi ed elastici U_u

MULINI POLVERIZZATORI – MULINO A VASCA: L’alimentazione avviene attraverso una tramoggia di carico che convoglia il materiale all’interno di una vasca posta in rotazione… All’interno di questa vi sono 3 o 4 cilindri di materiale opportuno (in genere acciaio inox), la cui distanza è regolata da delle molle. I cilindri rotori non hanno bisogno di un motore, in quanto ruotano passivamente per trascinamento generando attrito.

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Le principali forze in gioco sono quindi la Compressione e la confricazione. La macchina mostrata lavora in discontinuo.. Ad ogni modo, esistono modelli che permettono di lavorare in continuo o in semicontinuo 

Questa diapositiva è un riassunto generale… tutto inizia con un mulino :P Il macinato viene a questo punto vagliato attraverso opportuni meccanismi (in questo caso con l’aria compressa)… Il macinato che rispetta le caratteristiche richieste può essere allontanato per poi essere sottoposto ad ulteriori trattamenti e macinazioni… Il macinato più grossolano viene invece riciclato e inviato al primo mulino 

MULINI MICRONIZZATORI: Nel campo farmaceutico le polveri utilizzate hanno dimensioni comprese tra 1000 e 0,5 μm. Il range è molto ampio.. questo significa che oltre alle polveri fini, ottenute attraverso le macchine viste fino ad ora, abbiamo le polveri micronizzate. Il problema è che non esiste un sistema di macinazione che sfrutti dei corpi in movimento per ottenere particelle di tali dimensioni :/ Sono stati quindi inventati i MICRONIZZATORI :D All’interno di queste macchine, le particelle vengono fatte urtare violentemente le une contro le altre utilizzando dei getti di aria compressa (o gas inerte) provocando la loro frammentazione.

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MICRONIZZATORE A CAMERA ELLITTICA VERTICALE: Lateralmente possiamo osservare l’alimentazione per mezzo di una tramoggia di carico che veicola il materiale fino alla zona di polverizzazione. Dal basso arriva un violento flusso di aria compressa che fa urtare le particelle le une contro le altre riducendo le loro dimensioni.. Queste vengono quindi trasportate verso l’alto.. le particelle micronizzate riescono a incanalarsi in una via collaterale (fuori dal flusso d’aria) per essere trasportate fuori dalla macchina.. Quelle più grandi al contrario non riescono a uscire dal flusso d’aria e vengono trasportate nuovamente nella camera di polverizzazione.. Le polveri ottenute hanno una media di 1-50 μm.. Questo sistema permette anche di miscelare delle polveri diverse o di effettuare una ricopertura delle particelle, nel caso immettessimo nel flusso d’aria, la sostanza di interesse. L’aspetto importante di questa macchina è che non ci sono organi in movimento.. di conseguenza l’abrasione e l’inquinamento sono minimi in quanto la micronizzazione è data solo dallo scontro delle particelle :D Attraverso questa macchina è possibile inoltre micronizzare particelle che tendono ad agglomerarsi..

MICRONIZZATORE A CAMERA ELLITTICA ORIZZONTALE: Il funzionamento è uguale al precedente.. in questo caso però il flusso delle particelle non sarà verticale, ma orizzontale… L’uscita delle particelle micronizzate sarà verticale. Questa macchina permette di ottenere particelle leggermente più fini delle precedenti. 0.5-45 μm.

FLUIDIZED BED JET MILL – CGS: Questo è un altro tipo di mulino micronizzatore.. la struttura della macchina è completamente diversa dalle precedenti.. ma il principio di funzionamento è sempre lo stesso.. Il materiale viene alimentato dall’alto e immesso tra due getti di aria o azoto contrapposti.. L’urto violento riduce le dimensioni delle particelle le quali passano attraverso una specie di filtro a manica ed escono dalla macchina.. Questo mulino è particolarmente adatto per materiali molto abrasivi; le particelle otteunte hanno mediamente una dimensione compresa tra 2 e 70 μm …

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CARATTERISTICHE VANTAGGIOSE dei MICRONIZZATORI: Elevato grado di finezza e uniformità delle particelle Poco inquinamento e abrasione degli organi della macchina.. Facile pulizia Possono essere utilizzati gas inerti Si può lavorare a temperatura controllata Hanno la possibilità di sterilizzare

MULINO COLLOIDALE: E’ un mulino molto particolare, in quanto è in grado di macinare anche dei colloidi (dei sistemi dispersi).. Il disegno sembra complicato, ma in realtà il funzionamento della macchina è molto semplice.. Come in tutti i mulini polverizzatori possiamo vedere un albero motore.. e distinguere lo statore (in alto) dal rotore (in basso). Queste due “ruote” sono poste a una distanza di 0.25-0.002 cm. Possiamo quindi arrivare nell’ordine dei μm.

………. ……….

Il rotore ruota a una velocità di 3000-20000 rpm O_o La sua superficie può essere liscia o rigata, a seconda delle esigenze.. Il materiale deve essere disperso in un veicolo liquido che deve costituire il 60% della “torbida”.. e la pezzatura non deve superare i 100 mesh. Questo tipo di mulino può essere utilizzato per: Omogeneizzare emulsioni.. Rompere agglomerati Il mulino viene generalmente costruito con delle intercapeidini nella struttura che permettono di regolare la temperatura.. APPLICAZIONI FARMACEUTICHE:

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|26/03/12

Come al solito.. definizione generale: La Setacciatura è quel processo che permette di separare particelle di dimensioni diverse. Utilizzando un solo setaccio si ottengono 2 prodotti: particelle con dimensioni superiori e inferiori alle maglie del setaccio.. questo non è quello che si cerca di ottenere, in quanto si vuole avere una frazione con dimensioni definite.. A questo scopo è necessario utilizzare più setacci diversi  Dopo un processo di macinazione deve SEMPRE avvenire la setacciatura in quanto le particelle in uscita dai mulini non sono mai omogenee. NOMENCLATURA di base :P Si definisce “GRANO” la particella isolata di materiale.. Un “AGGLOMERATO” è costituito da molteplici grani uniti fra di loro per adesione.. Si definisce “CARICA” l’alimentazione del setaccio Il “MESH” è l’unità di misura del setaccio.. I setacci sono costituiti di un tessuto di rete metallica in acciaio inox, o altri materiali come seta e nylon, rigidamente montato su una struttura cilindrica di metallo.. I fili della rete posti longitudinalmente costituiscono l’ordito.. quelli a loro perpendicolari costituiscono la trama. A causa dei limiti costruttivi, le dimensioni delle reti setaccianti non possono arrivare sotto una certa soglia.. Per questo motivo, setacciare polveri ottenute per micronizzazione risulta un problema che può essere risolto usando altri sistemi setaccianti.. Affinché avvenga efficacemente la setacciatura, è indispensabile lo scuotimento del materiale U_u

SETACCIATURA A SECCO SETACCIO A VIBRAZIONE: In alto possiamo vedere la tramoggia di alimentazione del materiale.. nel primo disegno ↗ si nota un solo setaccio, ma le macchine possono averne anche di più :P → → in questo modo possiamo avere un range di dimensioni in cui rientrano le polveri ottenute. Nel disegno in basso possiamo vedere 2 reti setaccianti (5-6).. chiaramente quella sopra ha maglie più larghe di quella inferiore =_=. Le macchine possono lavorare in continuo.. di conseguenza è necessaria la presenza di uno scarico laterale per ogni superficie setacciante.. In basso abbiamo un sistema a molle che permette di scuotere l’intero sistema e favorendo il processo.

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DAY 6

LA SETACCIATURA

SETACCIO A TAMBURO: Altro sistema di setaccaitura molto semplice  E’ costituito da un cilindro inclinato posto in rotazione, diviso in varie sezioni.. Ognuna di queste sezioni è costituita da una superficie setacciante.. In questo caso il materiale in entrata da destra incontrerà PRIMA le maglie FINI.. e mano a mano che verrà trasportato verso sinistra incontrerà quelle più grandi (LOGICO). Ognuna di queste sezioni scarica in un apposito contenitore.

SETACCIO AD ARIA A ZIG ZAG: L’alimentazione avviene da “1”.. il materiale viene quindi convogliato al di sopra di un piano inclinato forato. Da sotto questo arriva un flusso d’aria (o gas inerte) che può essere regolato.. In base alla velocità del flusso, possono essere separate le particelle più fini da quelle più grossolane (che proseguiranno verso lo scarico in basso) .. Le particelle trasportate dal flusso andranno a impattare contro dei ripiani posti a zig zag.. in questo modo, solo le particelle più piccole usciranno dall’alto attraverso “4”.. Le particelle più grandi, al contrario, urteranno la struttura, perdendo energia cinetica e ricadendo sulla griglia più in basso.. Anche questa macchina può lavorare in continuo  Attraverso una setacciatura ad aria è possibile separare particelle di dimensioni diverse variando i punto in cui queste vengono prelevate.. Più si va in alto, più le particelle saranno fini fini..

PNEUMOSETACCIO: La separazione avviene per effetto del flusso d’aria. “1” è il coperchio, dotato di tramoggia di carico.. “2” è la griglia setacciante.. da sotto la griglia arriva l’aria in pressione.. questo provoca una movimentazione del materiale. Le particelle più piccole verranno trasportate dal flusso, attraverso la griglia e usciranno al di sotto di essa dallo scarico “4”. Quello di grosse dimensioni rimane invece sulla griglia. La macchina è costruita in modo tale che nella camera di setacciatura si abbia un letto fluido :D → Le particelle sono mantenute sospese nel flusso d’aria. Ovviamente in questo caso, si lavora in discontinuo U_u

Bene.. finita la prima parte del corso che ci ha spiegato come isolare i composti di interesse, dalla matrice in cui si trovano…parliamo ora dell’acqua.. Pagina | 93

ACQUA DI FABBBRICA

|02/04/12

s

All’interno di una fabbrica l’acqua è essenziale e le industrie vengono generalmente costruire vicino a sorgenti di acqua U_u A seconda dell’impiego a cui è destinata, abbiamo bisogno di diversi tipi di acqua e di diversi trattamenti per ottenerla.. Acqua Ancillare: (acqua di servizio) Acqua Depurata: (Deionizzata) Acqua Sterile

L’acqua Ancillare è quella meno “Nobile”.. Quella che insomma richiede meno trattamenti, in quanto non viene usata nella produzione di farmaci e formulazioni.. Non entra direttamente nel ciclo produttivo e per questo è richiesto solo il suo addolcimento. Questo tipo di acqua può essere usata all’interno degli scambiatori termici  .. deve essere addolcita appunto per non lasciare residui di calcare o altri precipitati insolubili sulle pareti delle macchine..

L’acqua Depurata è quella maggiormente utilizzata. E’ impiegata:  Nello sviluppo di formulazioni come soluzioni per uso orale.  Nel lavaggio degli impianti di produzione per evitare contaminazioni crociate (ad esclusione delle preparazioni sterili)  Per produrre vapore per sterilizzare  Per eseguire analisi in generale.. L’acqua depurata può essere ottenuta attraverso resine a scambio ionico.. micro/ultra filtrazione e Osmosi Inversa.

L’acqua Sterile è quella più “Nobile” :D.. Per essa sono richieste caratteristiche molto precise e ristrette:  Deve contenere MENO di 500 UFC (Unità Formanti Colonia) per Litro.. con soglia di attenzione a 100.  Devono essere TOTALMENTE assenti enterobatteri Pirogeno: Sostanza che, introdotta nell’organismo pervia parenterale, determina un aumento della temperatura e pirogeni.

corporea. Tale azione può essere propria di un gran numero di prodotti: proteineeterogenee, soluzioni di metalli colloidali, prodotti di origine batterica.

Viene principalmente utilizzata per:  La preparazione di soluzioni iniettabili e oftalmiche,  Il lavaggio degli impianti destinati alla produzione di preparati sterili.

L’acqua sterile può essere Ottenuta SOLO per DISTILLAZIONE… (al contrario di quanto dice la farmacopea americana) Pagina | 94

 ADDOLCIMENTO E DEIONIZZAZIONE: Un parametro importante in questo processo è la DUREZZA, che esprime il contenuto di quegli ioni che, in certe condizioni, possono dare luogo a precipitati indesiderati (es: calcare). La durezza è determinata dalla presenza di: Cationi alcalino-terrosi: Cationi Metallici: Anioni:

Ca++ Fe++ CO3- -

(Da ricordare tutti.. valenze incluse U_U) Mg++ Mn++ Al+++ HCO3- SO4- -

PO4- -

Come si può quindi riassumere in un unico parametro la presenza di così tanti ioni diversi? → Innanzitutto la durezza si esprime in GRADI… Un grado, corrisponde a un contenuto di ioni chimicamente equivalente a 10 mg/L di CaCO3 . Un problema delle acque addolcite è che presentano un’elevata alcalinità.. Questo può essere un fattore rilevante quando si utilizzano macchine di acciaio inox.. In questo caso, occorre un post trattamento dell’acqua per l’abbattimento dell’alcalinità. L’acqua può essere addolcita in svariati modi… noi ne vedremo solo 2 :P  TRATTAMENTO CON ALLUMOSILICATI: Gli Allumosilicati possono essere di due tipi: Zeoliti: Permutiti:

Al-Si-O- : es. NaAlSi2O6

2SiO2.Al2O3.Na2O

Agiscono praticamente come le resine a scambio ionico.. sostituiscono uno ione che da durezza (come il calcio) con uno che non la da (come il Sodio o il Potassio)  Sono molto impiegati, in quanto sono facilmente rigenerabili utilizzando una soluzione satura di cloruro di sodio :D A differenza delle resine però possono rimuovere solo CATIONI…

 TRATTAMENTO CON RESINE A SCAMBIO IONICO: Queste resine sono dei copolimeri ottenuti per polimerizzazione di monomeri di styrene, acrilati e mataacrilati che vengono reticolati con del divinilbenzene… A seconda della quantità di divinilbenzene possiamo ottenere un diverso gradi di reticolazione.. In piccole quantità otteniamo per esempio resine geliformi… In alte quantità otteniamo resine rigide macroreticolate. Le resine geliformi sono in grado di assorbire enormi quantità di acqua, rigonfiandosi…ù Le resine macroreticolate hanno una struttura sferica di piccolissime dimensioni 0,3-1,2 mm.. Queste resine sono supportate da gruppi funzionali dissociabili che permettono di scambiare gli ioni :D In base al tipo di ione scambiato le possiamo dividere in: Resine Cationiche Resine Anioniche

Permettono di scambiare cationi Permettono di scambiare Anioni Pagina | 95



RESINE CATIONICHE: Se permettono di scambiare cationi, il gruppo funzionale supportato dalla resina deve essere necessariamente un anione U_u .. Il tipo di Anione determina la forza della resina :D In ordine: –SO3–CH2SO3–COO–Ø–O-

Molto Forte Forte Debole Molto Debole

Il controcatione può essere: un Na+ o un K+ : in questo caso la funzione della resina è quella di addolcire.. scambiando i cationi che deteriminano durezza… un H+ : In questo caso la resina ha funzione deionizzante.. viene scambiato qualunque catione con l’idrogeno..  

RESINE ANIONICHE: Il discorso è analogo… il contoanione è generalmente: Il Cl- : Se lo scopo è addolcire… L’ OH- : Se si intende Demineralizzare :D Il gruppo funzionale è un sale ammonico; primario, secondario, terziario o quaternario.. a seconda della forza della resina…

–N+RR’R” –NH+RR’ –NH2+R –NH3+

Molto Forte Forte Debole Molto Debole

Più sono le sostituzioni.. più la resina è forte 

RIGENERAZIONE:

Qui il discorso è un po’ più complesso, a seconda di come vogliamo funzionalizzare

la resina…  Resina Cationica – Funzione Deionizzante:  Resina Cationica – Funzione Addolcente:

Uso HCl Uso NaCl

 Resina Anionica – Funzione Deionizzante:  Resina Anionica – Funzione Addolcente:

Uso NaOH Uso NaCl

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Ora vediamo l’aspetto impiantistico… In base al tipo di acqua in entrata.. e al tipo di acqua che vogliamo ottenere all’uscita.. dobbiamo determinare quali siano i trattamenti più idonei da eseguire. In alcuni casi si può trattare l’acqua solo con una resina.. per abbattere le specie cationiche.. in altri casi può avvenire il contrario… Se siamo più sfortunati, dovremo utilizzare sia resine anioniche che resine cationiche :P Ad ogni modo questo discorso vale solo nel caso di aziende isolate… Nei centri industriali, si tende ad eseguire un unico trattamento sull’acqua che verrà poi distribuita a tutte le fabbriche di “quel” settore… (questo teoricamente permette di ridurre i costi).. e l’inquinamento..

Ad ogni modo… Nelle acque sono generalmente presenti sia specie anioniche che cationiche da abbattere.. per questo motivo si usano entrambe le resine :P le possibilità sono TRE: 1. Letto Doppio 2. Letto misto Stratificato 3. Letto misto Miscelato

↑ ↑ LETTO DOPPIO:

(In cui le resine a scambio ionico sono poste in serie)

In entrata abbiamo acqua contenente di tutto.. Inizialmente questa passa attraverso la resina “A”… possiamo vedere che il sodio e il calcio rimangono intrappolati in essa e vengono scambiati con ioni idronio.. Si tratta quindi di una resina Cationica funzionalizzata per una deionizzazione. Successivamente l’acqua raggiunge la resina “B”… che sarà necessariamente quella anionica, anche in questo caso funzionalizzata per una demineralizzazione.. In genere (non si sa bene perché) l’acqua incontra Prima la resina Cationica e Poi quella Anionica..

↙ LETTO MISTO STRATIFICATO:

(Stratobed)

In questo caso abbiamo entrambe le resine in un unico contenitore… La cationica va posta più in basso in quanto è la più pesante U_u

LETTO MISTO MISCELATO:

(Monobed) ↘

Le resine sono entrambe presenti all’interno dello stesso contenitore, e sono miscelate omogeneamente tra di loro.. Vi è un problema… Come faccio a sapere quando la resina è ESAURITA e va Rigenerata?? → Semplice.. misuro la resistività dell’acqua (Ω x cm) o la Conducibilità elettrica (μS·cm-1). Più l’acqua è Deionizzata, Maggiore sarà la resistività e Minore la Conducibilità :D Pagina | 97

Ci sono quindi dei Valori di Riferimento.. (DA SAPERE)… Prima di tutto bisogna chiedersi: “E’ uguale trattare l’acqua con un impianto a letto misto o uno a letto doppio?” Dai valori riportati in tabella si capisce che la risposta è NO :P  

Il letto doppio fornisce 500K di resistività… L’equivalente di una distillazione.. Un letto misto determina una resistività di 18KK… (c’è una bella differenza…)

Le acque che provengono da un sistema di deionizzazione a scambio ionico, sono generalmente anche inquinate da microorganismi.. e questo può risultare un problema in quanto può determinare una crescita batterica all’interno dell’impianto. Per questo motivo le resine devono essere periodicamente rigenerate e SANITIZZATE.  Una caratteristica importante delle resine a scambio ionico e gli allumosilicati è che sono in grado di rimuovere tutti gli elettroliti disciolti nell’acqua…  Non sono però in grado di rimuovere composti organici o non elettrolitici e nemmeno quindi germi e pirogeni.

 MEMBRANE FILTRANTI: Possono essere di vario tipo.. mano a mano vedremo tutte le tecniche.. Microfiltrazione, ultrafiltrazione ed Osmosi Inversa U_u …. (poveri noi…) La filtrazione che fino ad ora abbiamo visto, è definita STATICA.. Quella ottenuta utilizzando le membrani filtranti è invece definita DINAMICA.

FILTRAZIONE STATICA:  L’alimentazione della torbida è perpendicolare al filtro così come la Pressione  Il filtrato prosegue nella stessa direzione..  Sul filtro si deposita una “torta” che ostacola mano a mano il flusso della torbida..

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FILTRAZIONE DINAMICA: La torbida passa attraverso un canale rivestito dal setto filtrante e un supporto che impedisca la rottura della membrana. Osservando il grafico, vediamo che la situazione è ben diversa dalla precedente.. in questo caso,

……

 Il flusso della torbida è Tangenziale al setto filtrante; non c’è quindi pressione sul filtro..  I flussi dell’alimentazione e del filtrato sono perpendicolari tra loro..  Non vi è un accumulo del materiale solido sulle membrane.. di conseguenza il flusso non rallenta nel tempo  All’uscita avremo quindi il filtrato e l’acqua non filtrata contenente il materiale solido.. U_U  Per effetto della Componente Radiale della pressione, parte del liquido permea attraverso la membrana…  Per effetto della componente tangenziale della pressione, il resto del liquido viene spinto verso l’usicta, portandosi dietro le particelle troppo grosse per essere filtrate.. e ripulendo quindi la membrana stessa :D Le membrane filtranti sono costituite da un sistema compatto di schiuma a celle aperte con fori di forma casuale.. Anche in questo caso non possiamo quindi parlare di dimensione dei pori.. ma di potere di ritenzione…

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DAY 7

MEMBRANE FILTRANTI

|Parte 2

|03/04/12

 LA MICROFILTRAZIONE: E’ un tipo di filtrazione che permette di rimuovere particelle di 10 – 0,1 μm.

 Sono molto efficaci nella filtrazione di particelle, muffe, batteri e lieviti.. Sono abbastanza efficaci sui Colloidi… e poco sui pirogeni…  Non sono in grado di filtrare sostanze organiche o ioni. Il meccanismo d’azione è il solito: Setaccio o adsorbimento.. La membrana filtrante si trova generalmente pieghettata su di un foglio di supporto.. il tutto montato all’interno di una cartuccia ad Asta Passante o a Baionetta.

Cartuccia ad Asta Passante: E’ costituita da una condotta centrale su cui vi sono i fori attraverso i quali passerà l’acqua che è stata filtrata.. Questo ci fa capire che il flusso sarà “Esterno→ Interno”. Le membrane sono strutturalmente deboli, per questo è necessario un materiale di supporto interposto tra esse. Sono pieghettate per aumentare la superficie specifica, e arrotolate attorno al condotto centrale. Il tutto è chiuso all’interno di una capsula esterna. Come mostra il disegno, il liquido in entrata viene immesso all’esterno delle membrane filtranti.. le attraversa, per poi confluire all’interno del condotto centrale ed essere scaricato.. Pagina | 100

Cartuccia a Baionetta: Definita così per la presenza di un’aletta di posizionamento che permette di mantenere fisso il corpo centrale rispetto all’involucro esterno. Se non fosse presente, per effetto della pressione, le vibrazioni rovinerebbero tutto il sistema. (Nella cartuccia ad asta passante, il corpo centrare veniva mantenuto fermo da una opportuna serie di viti..) NB: Nella microfiltrazione la matrice di solido da trattare deve essere estremamente esigua.. (non si possono filtrare torbide troppo concentrate).

 L’ULTRAFILTRAZIONE: Permette di rimuovere particelle di 0.1 – 1·10-3 μm. Agiscono prevalentemente come dei Setacci. Il materiale che costituisce questi filtri è pressochè lo stesso dei precedenti.

Le membrane per l’ultrafiltrazione possono essere a moduli tubolari, a foglio a spirale e a foglio piane.. B

Membrane Tubolari: L’immagine qui affianco rappresenta un ingrandimento ottenuto al

A

microscopio.. queste membrane sono costituite da un supporto cilindrico poroso “B”, sulla cui superficie interna è distesa la membrana vera e propria “A”. Il flusso sarà ovviamente Interno-Esterno.

Quest’altra rappresenta invece cosa ci possiamo aspettare di vedere.. Abbiamo sempre una specie di cartuccia cilindrica, al cui interno troviamo la membrana circondata dal supporto poroso… La torbida viene fatta scorrere all’interno e viene filtrata.. Il permeato si allontana Pagina | 101

perpendicolarmente al flusso in entrata.. il concentrato prosegue invece nello stesso verso dell’alimentazione (viene definito così in quanto la concentrazione della parte solida è maggiore dopo il processo). Per garantire una buona efficienza e aumentare la velocità del processo, le membrane tubolari sono organizzate in moduli.

Membrane a Foglio a Spirale: In questo caso, un’estremità della membrana viene fissata su un canale centrale a cui viene successivamente avvolta… come il maxirotolo della carta igienica.. l’unica differenza è che tra un “velo” e l’altro.. vi è un supporto spaziatore :D

L’alimentazione è indicata nel grafico come “Feed-Flow”.. si può quindi notare che il flusso non è centrale, ma impatta sul sistema a spirale dall’esterno.. il liquido viene filtrato fino ad arrivare al canale interno (forato) che permette l’uscita del permeato.. I bordi delle membrane sono ovviamente saldati fra loro (incernierati al condotto interno) in modo tale da tener separato il liquido di alimentazione dal permeato. Ciò che non viene filtrato va a costituire il permeato.. (sai che novità…) il quale verrà immesso in altri sistemi filtranti posti in serie (per non sprecare così ettolitri di acqua).

Membrane a Foglio Piane: Ovviamente dal disegno non si capisce quasi un ca^^o.. Quello centrale, è il canale sul quale sono incernierate le membrane filtranti (definite foglie). Il flusso dell’acqua in entrata segue la linea tratteggiata, e scorre lungo la membrana filtrante (4). Una volta attraversata, il permeato viene convogliato in un canale e fuoriesce.. il concentrato prosegue invece lungo il tratteggio incontrando in serie, altre membrane filtranti :D (come sempre, tra una membrana filtrante e l’altra vi è un supporto o uno spaziatore). Il flusso in questo caso è Esterno-Interno. I dischi filtranti, incernierati sul canale centrale possono essere posti in rapida rotazione (fino a 20 m/s). In questo modo si mantiene una discreta pulizia delle membrane minimizzando l’accumulo di materiale solido il quale verrà allontanato per effetto della forza centrifuga. Pagina | 102

 L’OSMOSI INVERSA: L’osmosi è un processo naturale per il quale si ha il passaggio di acqua, attraverso una membrana semipermeabile (C), da una soluzione poco concentrata (B) a una molto concentrata (A).. Il flusso di acqua si arresta quando la pressione ai due lati della membrana raggiunge l’equilibrio. La differenza di pressione instauratasi si definisce pressione osmotica. Una membrana semipermeabile permette il passaggio solo di acqua e non delle sostanze in essa disciolte.. Da cosa è costituita una membrana semipermeabile?? → E’ costituita da due distinti strati…  

Uno è lo strato filtrante denso (rivolto verso il flusso di acqua) dello spessore di 0.25 μm L’altro è uno strato poroso di supporto di circa 100 μ

Che cos’è l’osmosi inversa? → E’ il processo che permette di far passare l’acqua dalla soluzione più concentrata a quella più diluita. Per far questo occorre esercitare in “A”, una pressione leggermente superiore a quella osmotica. PROBLEMA: Durante questo processo si assiste a una polarizzazione della concentrazione dei Sali.. e questo determina un accumulo di ioni da un solo lato della membrana, riducendo drasticamente l’efficienza del processo.. E’ opportuno lavorare quindi in un regime di turbolenza.. di modo da rimuovere costantemente gli ioni che si sono depositati.

L’osmosi inversa permette di rimuovere efficacemente particelle solide, muffe, batteri, lieviti, pirogeni e colloidi… Riesce inoltre a “filtrare” discretamente anche ioni e sostanze organiche. Il meccanismo è sostanzialmente DIFFUSIVO… Il verso del flusso è TANGENZIALE alla membrana semipermeabile.

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Le sostanze organiche con un PM uguale o superiore a 300 sono respinte al 99%..

I Sali vengono invece respinti in funzione della loro valenza.. Più alta è la valenza, maggiore sarà la repulsione (e quindi il blocco) degli ioni.. Questo è molto importante, in quanto, sulla superficie della membrana si formerà uno strato di 1 nm di acqua pura che passerà nel permeato. Ad ogni modo.. qualche piccolo dannato ione riuscirà comunque a passare :P Per quale motivo gli ioni vengono respinti?? → (dalle registrazioni non si capisce un ………….. emerito cazzo di niente)… O_o…. → dispense: “Si manifestano azioni dielettriche reciproche per cui gli ioni vengono respinti dalla membrana a una distanza proporzionale alla loro valenza.”

Tornando alle sostanze bloccate nel processo di osmosi inversa… Le particelle solide e i colloidi vengono completamente eliminate se hanno dimensioni superiori a quelle dei “pori” (0,1-10 μm)… Per quanto riguarda virus e batteri, non possono essere eliminati con assoluta certezza in quanto le attuali tecnologie non permettono di produrre membrane prive di imperfezioni che possono potenzialmente permetterne il passaggio..

MECCANISMO DEL PROCESSO – SOLUBILIZZAZIONE E DIFFUSIONE (FREE CLIMBING :P) La membrana semipermeabile presenta un’abbondanza di gruppi funzionali esterei che favoriscono l’instaurarsi di legami a idrogeno con l’acqua.. La quale, formando e distruggendo i ponti da un sito al successivo, riesce a penetrare mano a mano la membrana fino ad attraversarla…

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PARAMETRI:

Come possiamo fare per avere un prodotto migliore e accelerare i tempi?? → Possiamo agire su: TEMPERATURA, PRESSIONE e QUALITA’ dell’acqua di alimentazione..



TEMPERATURA: Il grafico mostra che all’aumentare della temperatura, la qualità dell’acqua ottenuta non varia molto.. Al contrario si assiste a un forte incremento della quantità di acqua trattata nell’unità di tempo :D



PRESSIONE: Ovviamente la pressione influisce sulla quantità di acqua ottenuta dal processo… Ed all’aumentare di essa possiamo osservare un incremento della quantità.. e un incremento (entro certi limiti) della qualità :D



QUALITA’: Anche in questo caso.. non ci vuole certo un genio per fare 2 +2 :P All’aumentare dei solidi presenti nell’acqua e dei Sali in essa disciolti cala la quantità e la qualità dell’acqua ottenuta.. Per questo motivo infatti, l’acqua che va sottoposta a un processo di osmosi inversa deve rispettare certi parametri ed eventualmente essere pretrattata U_u

E ora.. tanto per saltare da un argomento all’altro.. ritorniamo alle configurazioni dei sistemi a membrane filtrani…. Abbiamo già visto la configurazione a moduli tubolari, a foglio a spirale .. e a foglio piano… Ci mancano solo i Moduli a Filamento Poroso e i Moduli a Fibre cave (yeahh.. che fooortunaa =_=)

Moduli a Filamento Poroso: Gli elementi filtranti sono dei piccolissimi tubi capillari di materiale poroso ricoperti da una sottile membrana (4) racchiusi all’interno di un’armatura (5) e incernierati su di una piastra… (quasi come un filtro a candele) Da (1) avviene l’alimentazione… l’acqua immessa percorre tangenzialmente la superficie dei filamenti e penetra all’interno di essi.. il permeato viene convogliato verso l’uscita a destra (3)… il concentrato esce da (2) e andrà a finire probabilmente in un altro modulo posto in serie.

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..

Moduli a Fibre Cave:

In questo caso la membrana semipermeabile è costituita da dei filamenti curvati a “U” a una delle estremità… A quest’estremità, le fibre sono bloccate in una piastra… Al capo opposto, sono bloccate all’interno di una resina. In questo modo, la pressione esercitata all’interno del modulo non rischia di compromettere la struttura delle fibre.. Seguendo le frecce… L’alimentazione avviene da sinistra… L’acqua immessa percorre tangenzialmente le fibre.. il permeato penetra attraverso di esse e viene convogliato a destra… il concentrato viene scaricato da un’apertura prossima all’alimentazione…

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DISTILLAZIONE

|04/04/12

La distillazione è un processo che sostanzialmente permette di allontanare l’acqua dai microrganismi e da tutte le impurità presenti che hanno una tensione di vapore più bassa di quella dell’acqua. E’ fondamentale che l’acqua distillata provenga dall’allontanamento del solo Vapore… Una gocciolina di acqua trascinata con il vapore determina una fonte di inquinamento. Per questo, tutti i distillatori sono provvisti di opportuni sistema di abbattimento delle goccioline.. La distillazione è un processo che richiede molta energia.. per un Kg di acqua sono necessarie circa 620 Kcal.

DISTILLAZIONE SEMPLICE: Il distillatore (A) spesso viene anche definito “Evaporatore”… Dal basso avviene l’alimentazione e al suo interno, come fonte di calore può esserci una resistenza o una serpentina (R). Come ci dovevamo aspettare, prima di arrivare al condensatore (C), troviamo una serpentina (B) che permette di abbattere il trasporto di goccioline con il vapore. “6” rappresenta una valvola di sicurezza, nel caso la pressione all’interno del distillatore raggiunga livelli critici. “5” è invece lo scarico del residuo di distillazione.. Superati i sistemi di abbattimento degli inquinanti, il vapor d’acqua arriva al condensatore e passa all’interno di una serpentina attorno alla quale scorre in controcorrente un fluido refrigerante. Il condensato viene poi raccolto all’interno di un serbatoio “D”… In questo processo, è opportuno tagliare la frazione di testa e la frazione di coda.. pari a circa il 5-10% della massa d’acqua da distillare.

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DISTILLAZIONE SEMPLICE – TERMODRIVE: L’acqua, immessa da (5), viene preriscaldata scorrendo nei tubi di uno scambiatore a fascio tubiero nel cui mantello scorre il vapor 5 d’acqua distillato… Da qui raggiunge un indicatore di livello.. e viene convogliata all’interno di un evaporatore (1) dal quale uscirà sotto forma di vapore che indubbiamente trascinerà con se delle goccioline :-/ Per abbattere l’inquinamento, il vapore viene immesso tangenzialmente in un separatore a ciclone.. In questo modo, il vapore acqueo proseguirà verso l’alto.. mentre la componente liquida perderà energia cinetica precipitando sul fondo. Per sicurezza il vapore acqueo, prima di raggiungere il mantello del condensatore, incontra una “trappola” a cilindri forati che garantisce di bloccare quasi tutte le goccioline :D All’interno dei tubi del condensatore scorre il fluido refrigerante.. che in questo caso consiste nell’acqua di alimentazione  Si ha così un discreto risparmio di energia. L’indicatore di Livello è un elemento essenziale che permette di mantenere costante il livello di acqua all’interno del separatore a ciclone. Infatti, se all’interno di quest’ultimo il livello di acqua è troppo alto, c’è il rischio che le goccioline non perdano abbastanza energia cinetica, raggiungendo il condensatore.. Quindi, per il principio dei vasi comunicanti, se il livello di acqua raggiunge la soglia limite questa viene immediatamente allontanata :D (quasi come il soxhlet)

DISTILLAZIONE A TERMOCOMPRESSIONE INTERNA – A SERPENTINA: Vai alla pagina successiva e leggi… La macchina funziona nello stesso identico modo… :P L’unica

A

differenza sostanziale è il diverso sistema di abbattimento delle goccioline =_=” … E (più importante)… è invertito il percorso del distillato e dell’acqua di alimentazione… in altre parole… In questa macchina, il distillato scorre all’interno dei tubi e di una serpentina… Nella macchina successiva è l’opposto; il distillato finisce sempre nel mantello :P

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DISTILLAZIONE A TERMOCOMPRESSIONE INTERNA – A FASCIO TUBIERO: Yeaahh! Della serie.. viva Paint .. 15 minuti sprecati per colorare il disegno =_=”

La complessità di questa cazzo di macchina è pura apparenza U_u… dunque… seguiamo i coloriiii :D Da (8) avviene l’alimentazione… tutto quel puttanaio di tubi e cisterne a seguire sono solo svariati sistemi per il controllo del livello e del flusso di acqua in entrata… Il liquido da distillare giunge quindi nella testa di uno scambiatore a fascio tubiero.. Il fluido riscaldante (rosa) all’interno del mantello è il distillato.. composto da un mix di vapore acqueo e acqua e permette un preriscaldamento dell’acqua in entrata (A costo ZERO $_$). Il liquido preriscaldato giunge quindi al capo opposto dello scambiatore, dove incontra una resistenza elettrica (5). Da qui, il liquido raggiunge uno scambiatore a fascio tubiero il cui fluido riscaldante è vapore sotto pressione a 120 °C… ottenuto dal processo di distillazione… Ho quindi un Doppio processo a Costo Zero:  Il riscaldamento e la conseguente evaporazione dell’acqua  La condensazione del vapore sotto pressione. L’acqua evaporata raggiunge una caldaia (1) ..provvista di manometro/vacuometro per il controllo della pressione.. le eventuali goccioline di acqua trasportate dal vapore ricadono durante la risalita o toccando l’imboccatura del condotto che porta al compressore (3). Cosa fa il compressore?? → Essenzialmente 2 cose.. estremamente utili U_u 1) Comprime il vapore acqueo aumentando di conseguenza la sua temperatura.. e lo convoglia all’interno dello scambiatore a fascio tubiero… riscaldando l’acqua da distillare e contemporaneamente condensandosi… 2) Crea il vuoto all’altro capo della pompa… Il vuoto aumenta la tensione di vapore favorendo ulteriormente l’evaporazione dell’acqua da distillare :D Essendo il vapore (in questo processo) il liquido Nobile.. lo scambiatore a fascio tubiero (2) è definito un CONDENSATORE… e il (4) un REFRIGERATORE da cui infine uscirà il distillato 

 Questa macchina è Estremamente Efficiente e consuma pochissima energia.  Il PROBLEMA principale è determinato dal compressore costantemente attraversato dal vapore. Per quanto sia costruito rispettando i più alti standard, c’è sempre la possibilità che perda delle particelle di olio o grasso che possono inquinare il distillato.. Per questo motivo, esiste un’altra categoria di macchine con un termocompressore ESTERNO.

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DISTILLAZIONE A TERMOCOMPRESSIONE ESTERNA: L’acqua in ingresso (1) passa inizialmente attraverso il mantello di uno scambiatore a fascio tubiero all’interno dei cui tubi scorre il distillato.. L’acqua in ingresso subisce quindi il solito preriscaldamento .. Da qui arriva all’evaporatore, dove incontra due sistemi di riscaldamento.. una resistenza elettrica (R) e una serpentina al cui interno scorre vapore sotto pressione.

……….

Il vapore sale verso l’alto e entra tangenzialmente in un ciclone.. Le goccioline, verranno abbattute, raccolte e riciclate.. :P Il vapore invece risalirà ulteriormente verso l’alto fino a incontrare un condensatore.. Il distillato a questo punto confluisce in un condotto, passa attraverso lo scambiatore termico iniziale.. e viene quindi raccolto..

Come si può ben vedere dal grafico, il sistema di riscaldamento, condensazione e termocompressione è costituito da un circuito a parte… All’interno della macchina non si creano quindi sezioni a bassa e ad alta pressione e si riduce ulteriormente l’inquinamento che può derivare dal compressore.. “4” rappresenta una valvola di sfogo nel caso la pressione all’interno dell’evaporatore raggiungesse livelli critici (sicuramente da qualche parte ci sarà anche un vacuometro)… Attraverso 3, possiamo collegare una pompa da vuoto, per favorire l’evaporazione 

BIDISTILLATORE: Questo strumento (da laboratorio) permette di ottenere acqua bidistillata da una singola macchina (senza lavorare quindi con più strumenti poste in serie). In basso troviamo il primo evaporatore dove viene immessa l’acqua che verrà riscaldata da un’opportuna resistenza. Il vapore sale verso l’alto, passa attraverso un canale che supera una lamina di separazione fino a raggiungere un condensatore… Otteniamo quindi il primo distillato, che verrà convogliato in un canale.. fino a raggiungere un indicatore di livello e la seconda camera di evaporazione :D Qui vi sono altre resistenze che porteranno all’ebollizione dell’acqua…

….

Il vapore acqueo viene quindi allontanato lateralmente; raggiunge un condensatore e un refrigerante… e Puff… abbiamo finalmente ottenuto acqua Bidistillataaaa! :D Pagina | 110

Il controllore di livello serve ovviamente per evitare che il livello di acqua distillata sia troppo elevato… in questo modo, al raggiungimento della soglia limite, il distillato viene convogliato in una serpentina che andrà a costituire il refrigeratore per l’acqua bidistillata… In sintesi.. alla fine otteniamo entrambe.. sia l’acqua bidistillata che quella distillata  Ultime precisazioni:  L’acqua distillata in genere viene usata immediatamente… Non va mai conservata per lunghi periodi.. Nel caso fosse necessario accumulare grandi scorte.. sarebbe opportuno un sistema definito “anello di circolazione” che permette di mantenere in moto costante l’acqua a una temperatura di circa 60-70 °C per mantenere la sterilità…  Tutte le apparecchiature connesse al distillatore devono essere sterili e periodicamente sottoposte a cicli di sterilizzazione..  I materiali elettivi sono l’Acciaio AISI 316, Vetro e Quarzo… A seguito del processo di Distillazione ci possiamo aspettare di aver eliminato in buona parte germi e pirogeni.. e quasi tutti gli elettroliti forti… Ad ogni modo, troveremo sempre piccole quantità di elettroliti deboli.. e sostanze organiche non elettrolitiche (a seconda della loro volatilità). E finalmente abbiamo concluso anche il capitolo della Distillazioneee!

AGITAZIONE/MISCELAZIONE DI LIQUIDI A questo punto del programma, iniziamo a vedere come miscelare il principio attivo puro con l’acqua o altri liquidi per poter ottenere una formulazione finale in cui tutti i componenti sono omogeneamente dispersi. Il risultato di una miscelazione può essere:  la dissoluzione di un solido in un liquido..  La dispersione di un solido in un liquido.. (colloidi)  La miscelazione e omogeneizzazione di liquidi immiscibili (emulsioni)  E infine.. la miscelazione di più liquidi tra loro miscibili :D Tutto questo lo possiamo ottenere attraverso degli opportuni agitatori; scelti generalmente in funzione della viscosità del liquido da trattare U_u Gli agitatori non sono necessariamente dei rotori (come quelli nella foto →).. possiamo anche utilizzare gas inerti o aria insufflati nel liquido.. o attraverso gli ultrasuoni :D Iniziamo quindi a vedere gli agitatori da utilizzare dividendoli in categorie…:  

Per Fluidi Poco Viscosi.. E per Fluidi MOLTO viscosi…

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FLUIDI POCO VISCOSI: Questi fluidi hanno la caratteristica di essere di facile agitazione. I rotori prevalentemente utilizzati sono Eliche, Turbine a lame piatte, curve o a Spirale posti in rapida rotazione.. Gli agitatori inoltre possono essere (a seconda delle esigenze) FISSI o MOBILI… Piccole considerazioni:  Due liquidi immiscibili di diversa densità, tenderanno a stratificarsi.. Per questo motivo occorre stabilire la corretta posizione dell’agitatore…  Porre l’agitatore nell’interfaccia non è la scelta migliore… E’ più opportuno posizionare l’agitatore a circa metà del fluido più denso.

AGITATORI FISSI: Se la velocità del rotore è troppo bassa, non si instaura un moto turbolento ma un moto laminare e il risultato finale sarà pessimo.  Se al contrario la velocità del rotore è troppo elevata, e all’interno del contenitore non ci sono ostacoli al moto, si verificherà il fenomeno della cavitazione. Si instaura quindi un moto tangenziale alle pareti che porta a una scarsa miscelazione dei componenti.. :-/ Per ovviare a questo fenomeno, sono state introdotte sulle pareti del contenitore delle lamelle chiamate “Baffles” o “Frangiflusso”. In questo modo si instaura un moto vorticoso (flusso radiale) ottimale ai fini della miscelazione :D

 Esiste un terzo tipo di movimentazione… un flusso ASSIALE, che deriva unicamente dall’introduzione di eliche a lame o pale inclinate.

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MISCELAZIONE DI LIQUIDI

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|12/04/12

AGITATORI MOBILI: Sono molto comodi, in quanto possono essere trasportati facilmente e utilizzati quando e come si vuole :P Per utilizzarli occorre però rispettare dei criteri:  L’agitatore deve essere posizionato Decentrato..  E possibilmente deve essere Inclinato In questo modo non si ha la cavitazione  Esistono molti tipi di agitatori.. uno di questi è l’SC HELICONER: Ha una struttura conica ed è costituito da 2 lame; una interna simile a una coclea che ha la funzione di sollevare il materiale e una esterna, costituita a sua volta di 2 lame coniche-elicoidali opposte di 180°.. Il sistema è stato sviluppato in modo che la lama interna e quella esterna possano ruotare nella stessa direzione o in direzione opposta, a seconda delle proprie esigenze..Questo garantisce una miscelazione ottimale :D

FLUIDI MOLTO VISCOSI: In questo tipo di fluidi la movimentazione è particolarmente difficile a causa dell’elevata viscosità. Dato che l’agitatore si muove con difficoltà e dato che le particelle in movimento non sono in grado di trasferire facilmente energia a quelle adiacenti, per garantire una miscelazione ottimale è necessario che l’agitatore ricopra la maggior proiezione di area possibile e che aderisca alle pareti del contenitore… I fluidi molto viscosi presentano maggiormente le problematiche relative ai solidi che ai liquidi.. Una componente da non sottovalutare è l’attrito.. che a sua volta genera calore.. Per evitare surriscaldamenti che possano alterare i materiali termolabili occorre quindi che l’agitatore si muova lentamente. I principali agitatori utilizzati sono:  Pale (generalmente inclinate per ridurre la resistenza.. e quindi l’attrito, facilitando la rotazione)..  Ancore,  Cancelli e..  Turbine omogeneizzatrici. Tutti questi elementi non sono mai da soli, ma sono spesso associati tra loro → Per ridurre la viscosità del fluido si può aumentare la temperatura; per questo le macchine sono quasi sempre provviste di camicie riscaldanti. Nei casi in cui è però richiesta una forte agitazione (con turbine) di un materiale termolabile, è più opportuno utilizzare camicie raffreddanti. Pagina | 113

Nel disegno precedente possiamo osservare un particolare tipo di ancora provvista di pale e turbina omogeneizzatrice… La prima cosa che dovrebbe saltare agli occhi sono gli “Scraper” → delle alette di plastica che aderiscono alla superficie della camicia riscaldante con la funzione di raschiare il materiale, impedendo un suo surriscaldamento.. Come si può notare sono discontinue.. in questo modo riescono ugualmente a ricoprire tutta la superficie della camicia favorendo inoltre la miscelazione e la rotazione dell’ancora (per via della riduzione dell’attrito)  La turbina omogeneizzatrice permette di aumentare ulteriormente il grado di dispsersione… TURBINA OMOGENEIZZATRICE: E’ costituita essenzialmente da 2 elementi: Un Rotore e uno Statore … (da un certo punto di vista è molto simile a un mulino a Pioli).. Lo statore ha 2 file concentriche di denti all’interno delle quali gira ad alta velocità la corona del rotore… La rotazione determina una violenta aspirazione verticale del fluido.. il quale viene fatto impattare con le pale della turbina ed espulso al di fuori di essa attraverso dei fori Questo è lo schema di un’altra macchina… niente di particolarmente nuovo.. cambia solo l’associazione e la disposizione degli organi dello strumento. Possiamo sempre vedere un Cancello decentrato (con movimento planetario: Rotazione + Rivoluzione), dotato all’interno di pale oblique.. Una turbina omogeneizzatrice sul fondo del contenitore.. Una camicia di scambio termico… E un coltello raschiatore  ↙ Una macchina molto particolare è l’ IMPASTATRICE SIGMA: Adatta alla miscelazione di materiali MOLTO.. MOLTO viscosi come creme, pomate e dentifrici :P Viene chiamata così per il fatto che gli elementi miscelanti hanno la forma della sigma greca… (Ahn si?! σ _σ ). La macchina è dotata di camicia di scambio termico, nel caso fosse necessario scaldare o raffreddare il materiale. Un’altra è il CV HELICONE: → E’ dotata di due alberi rotanti su ognuno dei quali è installata una lama a doppia elica conica che si interseca con l’altra.. Queste lame, pur lavorando a basse velocità, garantiscono un elevato grado di miscelazione e dispersione. Vi è inoltre la possibilità di regolare pressione e temperatura.. L’alimentazione avviene dall’alto e lo scarico, dal basso. Pagina | 114

Come dovrebbe risultare evidente, nella miscelazione di fluidi molto viscosi, non si instaura un moto vorticoso ma un moto laminare. La miscelazione avviene per shearing degli strati del materiale.. e affinché sia efficace, si devono generare un certo numero di loop… O_O” …dopo ogni loop, gli strati del materiale si assottigliano sempre più (per sheering). E’ possibile quindi calcolare quanti Loop sono necessari affinchè il materiale raggiunga la stratificazione desiderata… Allelujaaa‼ Intervallo :D

Oltre ai sistemi che prevedono un’agitazione meccanica, per mettere in movimento le particelle del materiale esistono anche gli agitatori a ultrasuoni… Il prof non l’ha spiegato.. comunque.. copiamo pari pari dalla slide… :P Si utilizzano frequenze >20000 Hz prodotte con: fischietti di Pohlmann, costituiti da una lamella che vibra per applicazione di una forza elettrica; cristalli piezoelettrici, cioè cristalli che per effetto di un campo elettrico alternato pulsano dilatandosi o contraendosi a seconda del campo; trasduttori magnetici, che utilizzano alcuni metalli o leghe, quali Ni o Fe, che entrano in vibrazione se vengono immersi in un campo elettrico alternato. Fineeee‼ nuovo argomento =_=”

RIPARTIZIONE DI FORME LIQUIDE Una volta studiato come miscelare i liquidi.. impariamo come e dove ripartirli :P I contenitori più adatti per le formulazioni liquide sono principalmente le Fiale (aperte o chiuse) e i Flaconi (piccoli o grandi)… e ovviamente avremo macchine specifiche per ognuna di queste tipolodie 

INFIALATRICI: La prima che vediamo è un’infialatrice semiautomatica per Fiale Aperte (necessita di un operatore che metta e tolga le fiale). “1” È il collegamento con la soluzione da inserire nelle fiale.. Occorre quindi un sistema dosatore che permetta di erogare in ogni fiala la giusta quantità di soluzione.. In questo caso è una siringa (2), in cui scorre uno stantuffo il cui pistone può essere regolato a seconda delle esigenze. Quando il pistone scende, la siringa aspira una quantità prefissata di soluzione… quando risale la soluzione viene spinta nella fiala U_u Pagina | 115

Primo problema… se l’operatore è momentaneamente occupato, e la fila non è posizionata.. occorre un sistema che impedisca l’erogazione della soluzione.. Questo sistema di controllo è dato da una opportuna molla (4).. Secondo problema… come fa la siringa ad aspirare solo dall’alimentazione e a erogare la soluzione solo verso la fiala??? → E’ semplice.. lo abbiamo già visto un centinaio di pagine fa :P Il sistema è provvisto di 2 valvole a sfere incernierate in modo tale che durante l’aspirazione, la valvola che collega l’alimentazione alla siringa (3) si apre, mentre quella che collega allo scarico (6) si chiude.. Al contrario durante la mandata, la valvola (3) viene spinta verso l’imboccatura dell’alimentazione; chiudendola… La (6) invece apre la comunicazione con lo scarico.. permettendo così alla soluzione di arrivare alla fiala  … vediamo ora lo schema di una…

INFIALATRICE LINEARE PER FIALE CHIUSE: Possiamo vedere un nastro trasportatore sul quale sono ricavati degli alloggiamenti per le fiale..

Il miglior modo per aprire le fiale garantendo un buon grado di sterilità consiste nel seghettare la porzione superiore della fiala ..e fratturarla quando questa è rivolta verso il basso (così i frammenti non ricadono all’interno :P). A questo punto può esserci un sistema di lavaggio (non evidenziato nel grafico)… dopo di che la fiala viene nuovamente raddrizzata.. ed è pronta per essere riempita attraverso un opportuno sistema di alimentazione dotato ovviamente di tutte le valvole di controllo… Una volta riempita, la fiala va chiusa.. un sistema molto usato è quello di ammorbidire il vetro con il calore.. in questo modo, i bordi sottili collassano, chiudendola :D Infine la fiala viene espulsa.. e verrà indirizzata a un sistema di etichettatura e confezionamento.

Le fiale chiuse sono generalmente già sterilizzate… Nulla comunque impedisce di comprare e utilizzare nel processo fiale aperte.. In questo caso però si parte dal punto 6 :P e prima di essere utilizzata richiede lavaggi opportuni.

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INFLACONATRICI: PER FLACONI PICCOLI: Lo schema di questo apparecchio è abbastanza semplificato… Abbiamo come sempre un serbatoio (1), contenente la formulazione da erogare nei flaconi, collegato alla siringa di aspirazione (3). La pompa funziona sempre attraverso valvole sferiche opportunamente incernierate… La differenza in questo caso consiste nel sistema di regolazione della siringa. (4) è il settore oscillante.. a seconda della regolazione (6) il pistone della siringa può oscillare più o meno ampiamente e di conseguenza aspirare ed erogare volumi variabili.. Ad ogni oscillazione completa il sistema riempie due flaconi.. ogni volta che oscilla verso l’esterno aspira.. ogni volta che ritorna in posizione “neutra” eroga . Esistono necessariamente dei sistemi di controllo di ampiezza e velocità… (6 e 7).

PER FLACONI GRANDI:

Oddiooo.. sparatemii‼..

Anche in questo caso.. la difficoltà dello schema è mera apparenza :P Allora… l’alimentazione avviene attraverso un condotto (2) posto sopra il serbatoio (1)… All’interno del serbatoio possiamo individuare un galleggiante (3) che permette di evitare la fuoriuscita (o una sua eccessiva immissione) di formulazione… Bene.. spostiamoci a (4) → la pompa da vuoto U_u Quando il flacone da riempire con la formulazione è fissato all’ugello di riempimento, il vuoto aspira la formulazione dal serbatoio e la convoglia all’interno del flacone fino a riempirlo.. A questo punto il flacone viene allontanato e il liquido in eccesso viene aspirato e trasportato al contenitore di rispetto primario (6).. Da qui, una pompa di circolazione (12), permette di inviare la soluzione nuovamente al serbatoio. Al fine di evitare possibili danni alla pompa da vuoto, questa è preceduta da un contenitore di rispetto secondario (7).. in questo modo, l’acqua in eccesso, prima di arrivare alla pompa da vuoto deve riempire questo secondo serbatoio di sicurezza U_u... L’alimentazione dei flaconi è calibrata a tempo.. Pagina | 117

Ok.. ora che abbiamo capito come funzia la macchina.. dobbiamo porci dei quesiti… le formulazioni sono tante.. e le loro proprietà fisiche sicuramente saranno diverse… E’ come riempire un bicchiere di Acqua minerale e Riempire un bicchiere di Birra… La schiuma può comportare un bel problema… il flacone può sembrare apparentemente pieno… ma dopo pochi secondi si può notare un abbassamento del livello… Se il materiale è schiumogeno, si può ovviare al problema facendo penetrare l’erogatore fino a raggiungere il fondo del flacone… Bene… abbiamo fatto la formulazione… abbiamo riempito il flacone.. manca solo? … TAPPAREEEE‼ :D Per chiudere il flacone abbiamo 3 possibilità.. usare tappi a pressione, tappi a vite o a ghiera  Questo è un distributore di tappi a pressione… I flaconi arrivano ordinatamente in fila indiana sotto di esso ..a una precisa distanza l’uno dall’altro.. In concomitanza con l’arrivo del flacone, il tappino viene spinto dentro il flacone.. Alternativamente possiamo avere un sistema di chiusura con tappi a vite.. nella prima fase il tappo viene applicato sopra il flacone.. e successivamente viene avvitato fino alla chiusura :D

Una terza possibilità è la chiusura con il Tappo a ghiera.. tipica nella chiusura di antibiotici e altri preparati iniettabili. Il tappino è costituito da un Elastomero che viene posizionato sul flacone, pressato e fatto ruotare per garantire l’aderenza… sopra di esso viene posizionata una corona seguita da una ghiera metallica.. che nella fase successiva viene rivettata..

…Fine delle formulazioni liquideee!

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DAY 8

MISCELAZIONE DI SOLIDI La miscelazione è l’operazione tramite la quale i componenti di una formulazione si disperdono uniformemente gli uni negli altri. Le forze in gioco sono di due tipi:  Forze conservative: sono delle forze interparticellari che tendono a mantenere le particelle ferme tra di loro.. e sono generalmente l’ Attrito e l’Attrazione elettrostatica.  Forze di Movimento: Sono quelle che invece permettono il movimento delle particelle come: o la Gravità… che non dipende da noi.. ed è una forza debole e ininfluente in presenza delle: o Forze meccaniche di taglio, compressione e Tensione che dipendono invece dalle macchine utilizzate…  Le forze di Compressione, come suggerisce la parola stessa, portano le particelle ad avvicinarsi.. Le forze di Taglio portano invece le particelle ad allontanarsi.. come nello Shearing.. in cui si osserva un progressivo assottigliamento di piani di scorrimento dissimili... Tutto ciò porta alle forze di tensione che generano dei movimenti diffusivi randomizzati, portando le particelle a disperdersi… (O_O) Le variabili che influiscono su un processo di miscelazione sono molte.. principalmente di tre tipi:   

Variabili Legate alle caratteristiche del materiale.. come forma, superficie specifica, scorrevolezza, umidità.. omogeneità delle dimensioni.. Variabili Legate alle caratteristiche dell’agitatore utilizzato.. come dimensioni, forma e materiale.. E infine Variabili che dipendono dal metodo di lavoro.. come il tipo di alimentazione.. la velocità di lavoro degli organi macinanti.. e il peso/volume del materiale introdotto..

Un fenomeno poco piacevole nella miscelazione dei solidi è la Demiscelazione o Segregazione :-/ Questo fenomeno può verificarsi quando il materiale da miscelare è sottoposto a una forza direzionale (come la gravità sempre presente).. e quando le particelle presenti differiscono nelle caratteristiche di mobilità, dimensione, peso.. superficie specifica… ecc…. Insomma… la Demiscelazione E’ INEVITABILE ..come la Morte e le Tasse :P I principali meccanismi che portano a questo fenomeno sono 4:  Le traiettorie segreganti: ad esempio quando un miscelato viene travasato da un contenitore all’altro.. soprattutto quando il materiale viene fatto precipitare dall’alto..  La Segregazione per Elutrizione: Ad esempio quando si scarica un miscelato in un recipiente, lo spostamento d’aria può mantenere in sospensione le particelle fini più a lungo…  Percolazione di particelle fini e conseguente Affioramento di particelle grossolane: Questo si ha tutte le volte che le particelle del miscelato hanno dimensioni abbastanza eterogenee tra di loro… è come cercare di miscelare dello zucchero e delle biglie =_=” Questo fa capire quanto sia difficile mettere in commercio una formulazione solida che rispetti tutti gli standard.

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Ad ogni modo ci sono degli accorgimenti che possono essere presi: o o o

E’ opportuno che le particelle della miscela abbiano il diametro più omogeneo possibile.. E’ preferibile l‘uso di miscelatori continui .. Vanno inoltre evitate vibrazioni, scosse e agitazioni indebite..

E’ bene inoltre usare per lo scarico del materiale miscelato, opportune tramogge (magari provviste di coclea) che vanno direttamente ad alimentare il contenitore finale. Bene.. fine della parte teorica.. iniziamo a vedere le macchine… Abbiamo principalmente due tipi di miscelatori:  

Miscelatori A CORPO FISSO : E’ sostanzialmente un contenitore all’interno del quale vi sono degli organi miscelanti in movimento.. E Miscelatori a CORPO ROTANTE: In questo caso a ruotare è il corpo della macchina, determinando così la miscelazione 

MISCELATORI A CORPO FISSO 

MISCELATORE PLANETARIO:

Lo abbiamo già visto per i fluidi molto viscosi.. Abbiamo un’ancora associata a delle pale, che si muove con rotazione planetaria (rotazione su se stessa e rivoluzione). La macchina può essere inoltre dotata di coltelli raschiatori.. Lame, eliche.. a seconda delle esigenze..



MISCELATORE A COCLEA:

In questo caso, l’organo che si occupa della miscelazione è una coclea che ruota “a trottola” lungo la parete conica del miscelatore  Anche in questo caso vi è quindi rotazione e rivoluzione.. ma l’aspetto importante è che il materiale viene costantemente sollevato verso l’alto.. Lo scarico della macchina avviene dal basso, e può essere aiutato facendo ruotare la coclea al contrario  in questo modo si riduce la probabilità di demiscelazione :D

Entrambi gli apparecchi appena visti sono ovviamente discontinui… Pagina | 120

MISCELAZIONE DI SOLIDI 

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|13/04/12

MISCELATORE A NASTRO:

Questo miscelatore è chiamato così in quanto l’organo in movimento al suo interno è costituito da due nastri (chiamati coclee.. uno esterno e uno interno) orientati in senso opposto.. In questo modo, durante la rotazione lungo l’asse centrale, le particelle vengono contemporaneamente spostate da destra a sinistra e viceversa :D E’ particolarmente adatto per miscele di polveri i cui componenti hanno densità diversa… 

MISCELATORE A QUATTRO VIE:

Non va confuso con il precedente.. :P La differenza sta nei nastri.. anche in questo caso ne abbiamo due.. uno interno e uno esterno. Ciascuno dei quali è orientato in 2 versi opposti con congiunzione al centro… In questo modo, il materiale viene costantemente diviso i 4 porzioni ripetutamente intersecate fra di loro :D (questa è tra i migliori sistemi di miscelazione ) In queste macchine, la miscelazione avviene in un ambiente chiuso… quindi la dispersione delle polveri è MINIMA :D

PREGI E DIFETTI DEI MISCELATORI A CORPO FISSO: PREGI:    

Permettono una miscelazione ottimale Possono essere dotati di una camicia di scambio termico Possono essere riempiti per 2/3 del volume (e non è poco) Sono molto versatili… le parti in movimento permettono di miscelare anche composti umidi e pastosi :D

DIFETTI:  Essendo più complessi, sono anche più costosi..  E Di difficile pulizia

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MISCELATORI A CORPO MOBILE Non sono altro che dei contenitori di diverse forme geometriche che ruotano su un asse.. imprimendo così un moto alle particelle della miscela presenti all’interno. Già questo ci fa capire che la miscelazione non sarà ottimale come per i miscelatori a corpo fisso U_u Ad ogni modo, sono adatti per miscelare polveri con densità e dimensioni diverse 

MISCELATORE A CILINDRO – Su Girafusti:

Il cilindro è ben incernierato nella struttura posta dolcemente in rotazione… Tutte le macchine che vedremo ora sono presentano piccole inutili modifiche.. ma alla fin fine.. è sempre la stessa zuppa =_=”



MISCELATORE A TAMBURO:

Rispetto al precedente, l’asse di rotazione ……. è orizzontale.. Questo può rappresentare un problema, in quanto la polvere può scivolare sul fondo.. senza miscelarsi opportunamente.. Per evitare questo inconveniente, il tamburo è dotato al suo interno di ↙deflettori che possono essere incernierati sull’albero o sulle pareti… 

MISCELATORE BICONICO: ↘↘

Come suggerisce il nome ha la forma di un doppio cono =_=”… Per migliorare la miscelazione si può costruire il contenitore esterno con delle asimmetrie.. Stesso vale per il: 

↙ MISCELATORE A CUBO:

…. E il…



MISCELATORE A V:

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PREGI E DIFETTI DEI MISCELATORI A CORPO FISSO: PREGI: (sono il contrario dei difetti presentati dai miscelatori a corpo fisso.. :P)  Hanno un costo contenuto  Sono di facile pulizia :D

DIFETTI:  La miscelazione ovviamente non è poi così ottimale..  La velocità di rotazione deve essere ben calcolata;  Se è troppo elevata la forza centrifuga mantiene le particelle attaccate alle pareti della macchina…  Se è troppo bassa, non si verifica il fenomeno della ricaduta..  Possono essere riempiti fino a un massimo del 50%  E sono assolutamente INUTILI se il materiale utilizzato è umido o pastoso..

CAMPIONAMENTO: E’ un aspetto molto importante.. ci permette di definire il risultato della nostra miscelazione.. Per ottenere un dato rappresentativo il campione deve essere:    

Sufficientemente grande da rappresentare correttamente la regione di provenienza.. Deve essere rappresentativo del tutto.. per questo motivo il campione va preso a caso.. Deve essere omogeneo.. E possibilmente va effettuato on-line (ovvero mentre la macchina sta miscelando).. effettuare campionamenti dopo che il sistema è stato arrestato non permette di avere dati esatti riguardanti il processo…

RIPARTIZIONE DI FORME SOLIDE Yeahhh‼ altro argomentone di cui non mi interessa assolutamente nienteee =_=” Stiamo parlando di polveri.. che costituiscono più del 90% delle formulazioni farmaceutiche in commercio che si possono trovare come: Compresse, Capsule,

flaconi Blister,

Bustine

Spesso, è necessario un processo di granulazione, tramite il quale le polveri poco adatte a essere utilizzate nella formulazione farmaceutica vengono agglomerate in masse più consistenti che verranno poi lavorate per ottenere infine le dimensioni e le forme ottimali :) Pagina | 123

Il processo di granulazione permette generalmente di aumentare la scorrevolezza del materiale.. omogeneizzare le dimensioni.. facilitare la comprimibilità… e permettere quindi un dosaggio e una ripartizione più accurati. Le particelle possono unite per compressione o attraverso l’uso di aggreganti… La granulazione può inoltre avvenire a secco (poco utilizzata a causa della polverosità) e a umido…



GRANULATORE OSCILLANTE A UMIDO:

Questa macchina è costituita da un cilindro posto su di una grata con opportuni fori… Il cilindro viene fatto oscillare, compiendo mezze rotazioni in un senso e nell’altro… In questo modo, il materiale viene compresso ed estruso attraverso le maglie della grata.. Le dimensioni delle maglie determinano le dimensioni dei granuli  NB: in seguito a una granulazione a umido occorre sempre eseguire un processo di essiccamento. 

GRANULATORE A PALE ROTANTI A UMIDO:

Possiamo notare una tramoggia di carico, che alimenta il materiale da granulare all’interno di un cestello la cui parete è una griglia forata.. Al centro vi è un albero motore che fa ruotare delle pale che a loro volta comprimono il materiale contro la griglia.. il materiale cade quindi in un cestello di raccolta.. pronto per essere essiccato…



GRANULATORE A COCLEA A UMIDO:

Stesso principio vale per questa macchina.. Come suggerisce il nome.. l’unico organo posto in rotazione responsabile dell’estrusione del materiale è una coclea… 

GRANULATORE INDUSTRIALE A LETTO FLUIDO: →

Funziona come gli essiccatori a letto fluido e i confettatori.. Le particelle vengono sospese in un flusso di aria o gas inerte.. e vengono spruzzate dall’alto con un liquido aggregante che le rende appiccicose… A questo punto, urtando fra di loro si appiccicano e aderiscono formando granuli di dimensioni uniformi 

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MISCELATORE-GRANULATORE VELOCE A CORPO FISSO:

Copiamo pari pari dalle slide…. O_O… Il contenitore (2) di forma cilindrica o sferica è munito di due diversi agitatori rotanti; un agitatore principale (1), che esercita azioni di taglio e compattazione sulle particelle umide; l’altro agitatore (3) e’ un frantumatore, detto chopper, che frantuma la massa che si forma per impasto. A fine processo, lo scarico avviene da 5…

LE COMPRESSE Sono la forma farmaceutica più utilizzata in assoluto.. Sono ottenute ponendo una quantità opportuna di polvere dentro una camera (matrice) che viene successivamente pressata tra due punzoni di acciaio.. Le compresse non sono mai costituite solo dai principi attivi della formulazione, ma anche da opportuni eccipienti inerti dal punto di vista farmacologico che posso però aumentare la resistenza meccanica, garantire una buona disgregabilità dopo l'assunzione, ridurre l’aderenza alle pareti dei punzoni delle comprimitrici ecc… La preparazione di una compressa prevede una serie di operazioni: 1. Miscelazione: Già vista.. in questa fase possono essere inoltre aggiunti tutti gli eccipienti, come: a. DILUENTI : servono a dare corpo alla compressa: glucosio, lattosio, amido, cellulosa microcristallina, saccarosio; b. ADSORBENTI : permettono di aggiungere principi attivi liquidi alle polveri: talco e silice; c. LEGANTI : servono a tenere insieme le particelle di polvere nella compressa: amido, gelatina idrolizzata, polivinilpirrolidone (PVP), metilidrossicellulosa;; d. DISAGGREGANTI : per facilitare il rilascio delle sostanze attive dopo l'assunzione del farmaco facilitando la disgregazione della compressa: amido; e. GLIDANTI E LUBRIFICANTI : servono a far fluire facilmente le polveri nelle matrici per la compressione ed a facilitare l'espulsione della compressa: silice colloidale, talco, stearato di calcio o di magnesio; vengono aggiunti in quantità assolute non superiori allo 0,5% e; 2. Compressione 3. Miscelazione 4. Depolverizzazione 5. Rivestimento 6. Essiccamento 7. Confezionamento.

COMPRESSIONE: Le macchine che comprimono le polveri trasformandole in compresse sono chiamate per l’appunto Comprimitrici… Ne esistono di svariati tipi.. e ahimè.. ora le vedremo tutti =_=” Pagina | 125



COMPRIMITRICE ALTERNATIVA:

E’ una comprimitrice che lavora in discontinuo.. nel senso che tutte le operazioni di formazione della compressa devono essere terminate prima che possa iniziare un nuovo processo di compressione…. (O_o vabbè..) Possiamo osservare i due punzoni di acciaio.. quello superiore (3) e quello inferiore (4)… Il punzone inferiore emerge in una camera chiamata matrice (5) nella quale la macchina introduce, attraverso la tramoggia (2), la polvere da comprimere :D… Il punzone inferiore può essere regolato (6) in modo da determinare la quantità di polvere che potrà riempire la camera. Attraverso (7) possiamo invece regolare la pressione con cui il punzone superiore andrà a comprimere la polvere.

Questo grafico rappresenta le fasi di caricamento e compressione… La polvere viene alimentata attraverso una tramoggia definita “scarpa”.. (che in fin dei conti assomiglia più a uno stivale :P…) ..Ad ogni modo… la tramoggia è appoggiata sul piano di carico e si sposta avanti e indietro.. quando arriva solpra la matrice, la polvere vi ricade all’interno e la riempie. A questo punto la scarpa torna indietro.. in questo modo il punzone superiore può scendere creando così la compressa :D.. La quale viene poi sollevata dal punzone inferiore.. e spinta via dalla tramoggia in arrivo  Il punzone inferiore ridiscende.. e il ciclo riprende da capo… Le comprimitrici alternative sono adatte a una produzione limitata..

Se invece abbiamo bisogno di produrre compresse su larga scala.. allora è meglio utilizzare delle Comprimitrici Rotative U_u

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COMPRIMITRICE ROTATIVA:

Queste comprimitrici possono avere fino a 6570 matrici montate a cerchio nel piano di lavoro… sia i punzoni che le matrici ruotano

durante l’operazione di compressione così che una matrice è sempre associata ad una coppia di punzoni. Inizialmente, i punzoni superiori si trovano tutti alla stessa altezza (fuori dai piedi :P), mentre quelli inferiori appoggiano su un piano inclinato.. man mano che vengono trascinati in avanti quindi scendono liberando uno spazio all’interno della matrice che viene riempita dal materiale sovrastante attraverso un sistema di caricamento progressivo… Per essere sicuri di avere la quantità di polvere prestabilita all’interno della camera è meglio aggiungere inizialmente un surplus di polvere.. E l’eccesso verrà successivamente espulso attraverso un regolatore di volume che permette di sollevare il punzone inferiore.. A questo punto, il punzone inferiore si abbassa nuovamente.. questo per evitare fuoriuscite di materiale durante l’abbassamento del punzone superiore che potrà così penetrare indisturbato la matrice  La fase di compressione avviene quando i punzoni passano attraverso due rulli (inferiore e superiore)… Una volta che la compressa si è formata, i punzoni superiori e inferiori si sollevano, in modo da permetterne l’espulsione dalla macchina.



COMPRIMITRICE CONFETTATRICE:

Sono inoltre state messe a punto delle comprimitrici rotative in grado di creare un rivestimento attorno a un nucleo già prodotto.. Questo è molto utile quando i principi attivi presenti nel secondo strato sono incompatibili con il nucleo.. o quando si vuole creare compresse multistrato per modulare la biodisponibilità e il rilascio del principio attivo… :D Pagina | 127

Il principio di funzionamento è semplice.. Inizialmente si ha il riempimento della matrice con parte del granulato che andrà a costituire lo strato esterno della compressa.. successivamente viene introdotto il nucleo all’interno della matrice.. la quale viene successivamente caricata con altro granulato di rivestimento e infine compressa :D successivamente si ha l’espulsione del confetto U_u Dopo la compressione abbiamo la:

DEPOLVERIZZAZIONE: La compressione è praticamente sempre accompagnata dalla dispersione di polveri che si depositano sulla compressa.. la quale deve essere necessariamente depolverizzata. Per fare ciò, si possono utilizzare degli opportuni aspiratori o insufflando aria compressa sia durante la fase di caricamento della matrice, che durante l’espulsione della compressa. Un possibile stadio successivo può essere la:

CONFETTATURA: Spesso si ricorre a questo processo nel caso i principi attivi abbiano un gusto sgradevole.. o per proteggere le compresse da umidità e processi ossidativi.. o per creare compresse a rilascio controllato. La ricopertura varia quindi in base a quello che vogliamo ottenere  L’impianto classico in ambito farmaceutico è la BASSINA… E’ un contenitore bombato in rame o acciaio inox inclinato di 45 ° e posto in rotazione.. E’ dotato di costole o deflettori che impediscono l’aggregazione.. All’interno vengono messe le compresse sulle quali viene atomizzata una soluzione legante o ricoprente.. Sopra l’imboccatura è presente un dispositivo che permette di insufflare aria calda nel recipiente, unitamente ad un sistema aspirante per eliminare le polveri eventualmente formatesi nella fase iniziale di lavorazione. A seconda della soluzione atomizzata potremo ottenere una filmatura o una confettatura.. La filmatura impiega una soluzione o una sospensione acquosa od organica al 5-25% a media viscosità.. La Confettatura impiega una soluzione o una sospensione zuccherina all’80% ad elevata viscosità.

CAPSULE: L’incapsulamento è quel processo nel quale la formulazione è immessa in capsule preformate.. di gelatina dura (che possono contenere di tutto.. polveri, granulati, paste, compresse, coronoidi) o gelatina molle :P Le modalità di riempimento variano a seconda del materiale immesso nelle capsule (polveri, granuli o compresse)

RIEMPIMENTO CON POLVERI: Può avvenire in modo diretto (per caduta o attraverso una coclea) o indiretto (attraverso una camera di dosaggio). Pagina | 128



RIEMPIMENTO A CADUTA (DIRETTO):

Una tramoggia di carico alimenta il piano in cui sono poste, all’interno di alveoli, le capsule aperte.. A questo punto dei punzoni comprimono delicatamente la polvere all’interno delle capsule che a questo punto vengono chiuse ed espulse.. Questo tipo di riempimento sta cadendo in disuso, soprattutto per la disomogeneità del materiale che finisce all’interno delle capsule.. 

↙ RIEMPIMENTO A COCLEA (DIRETTO):

Questo sistema è particolarmente indicato quando vogliamo evitare il fenomeno della demiscelazione.. Inoltre, regolando la rotazione della coclea e regolando lo scorrimento del piano di caricamento su cui sono poste le capsule possiamo far lavorare il sistema in continuo  La capsula, una volta riempita viene chiusa ed espulsa  I sistemi attualmente più utilizzati per riempire le capsule sono indiretti..↓



RIEMPIMENTO PER PRECOMPRESSIONE (INDIRETTO):

In questa macchina abbiamo un piano di caricamento circolare posto in rotazione, in cui sono ricavate delle cavità chiamate alveoli con dimensioni corrispondenti al tipo di capsula utilizzata… Il materiale viene posto direttamente sul piano di caricamento, e una serie di punzoni posti sopra ogni alveolo comprimono ripetutamente il materiale all’interno delle camere fino al raggiungimento delle condizioni ottimali  A questo punto il piano di lavoro (sempre ruotando) finisce sopra uno spazio vuoto al cui interno vi è la capsula vuota.. un punzone aiuta quindi a staccare delicatamente la polvere precompressa dalla camera e a farla ricadere all’interno della capsula.. che verrà poi chiusa ed espulsa. (il sistema è pittosto lento e laborioso :-/) 

RIEMPIMENTO CON TUBICINI A MOVIMENTO ALTERNATO:

Nel piatto di caricamento viene immerso verticalmente un tubicino dosatore cavo (2) al cui interno vi è un pistone che, attraverso una molla (4), permette di regolare la quantità di polvere che può essere ospitata. A questo punto, l’abbassamento del pistone, permette di comprimere la polvere all’interno del tubicino, il quale viene quindi sollevato.. ruotato in orizzontale di 180° e posato al di sopra della capsula vuota.. Il pistone viene ulteriormente spinto verso il basso e il materiale pressato finisce dentro la capsula 

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RIEMPIMENTO PER DEPRESSIONE:

Qui è importante focalizzare le connessioni… Abbiamo un sistema a pistone che permette di “shiftare” da una pompa da vuoto (in giallo) a una pompa ad aria compressa (azzurro) come se fosse un interruttore.. Quando il sistema è spostato a sinistra, la pompa da vuoto viene messa in comunicazione con un tubicino dosatore posto all’interno del piatto di caricamento del materiale.. le polveri vengono quindi aspirate all’interno della camera e trattenute da un filtro… (Una vite permette di regolare il volume della camera).. A questo punto il tubicino viene quindi portato al di sopra della capsula vuota.. il sistema a pistone si sposta verso destra… mettendo in comunicazione il tubicino con la pompa ad aria compressa.. la polvere viene quindi “sparata” dentro la capsula.. che verrà poi chiusa.. ed espulsaaa!... =_=”

RIEMPIMENTO CON GRANULI: 

RIEMPIMENTO A DIAFRAMMA:

In questo macchina ci sono delle lamine in movimento (3 e 5) che aprono e chiudono le connessioni tra la tramoggia di carico (1) la camera di dosaggio (2) e la capsula da riempire posizionata nell’alveolo (4).. Nella prima fase, la lamina (3) si posta in modo che il collegamento tra la tramoggia di carico e la camera di dosaggio sia aperto.. La lamina 5 al contrario blocca il transito della polvere allo spazio sottostante.. Nella seconda fase, avviene l’opposto.. la prima lamina si chiude isolando così la tramoggia di carico dalla camera di dosaggio... la lamina inferiore permette quindi il passaggio dei granuli all’interno della capsula sottostante.. 

RIEMPIMENTO CON PISTONE:

A differenza del sistema precedente, dove le camere di dosaggio hanno un volume fisso prestabilito, qui il volume può essere regolato attraverso un pistone, posto all’interno di un cilindro che costituisce la camera di dosaggio.. Sempre il solito discorso: la tramoggia di carico è in comunicazione con la camera di dosaggio, la quale si riempie dei granuli.. A questo punto, il cilindro viene sollevato fino a raggiungere una finestra che collega la camera di dosaggio alla capsula.. Viene quindi sollevato anche il pistone che spinge fuori i granuli.. Pagina | 130



RIEMPIMENTO CON PISTONE E DIAFRAMMA:

(no dico.. stiamo scherzando!??! O_O)

Questa macchina è un mix delle due viste prima… la tramoggia di carico alimenta all’interno di una camera di dosaggio il cui fondo è costituito da un pistone.. A caricamento avvenuto, una lamina blocca il passaggio dei granuli dalla tramoggia.. il pistone si abbassa, mettendo così in comunicazione la camera di dosaggio e un alveolo che viene quindi fatto ruotare di 180°.. finisce a questo punto sopra il corpo della capsula.. i granuli vi ricadono all’interno.. ……..



E finalmente è finito questo strazio =_=” ..o forse no…

RIEMPIMENTO CONTINUO CON PISTONE:

Può esserci la necessità di caricare all’interno della capsula materiali diversi in due fasi distinte... E’ esattamente lo stesso del precedente, l’unica differenza è data dal fatto che la camera di alimentazione è posta su di un piano rotante e il volume della camera può essere regolato attraverso il pistone.

RIEMPIMENTO CON COMPRESSE: 

RIEMPIMENTO A SLITTA:

Le compresse sono impilate all’interno di un canale di introduzione posto al di sopra di una lamina (slitta) che scorre avanti e indietro.. Nella posizione “A”, il varco presente sulla lamina permette di accogliere una compressa, la qui posizione viene rilevata da una sonda a leva.. La lamina a questo punto scorre in avanti spostando la capsula fino a un varco dove, per caduta, arriva all’interno della capsula.. 

RIEMPIMENTO A SPILLO:

Stesso discorso vale per questa macchina, dove non abbiamo una lamina, ma uno spillo che oscillando permette di aprire e chiudere il canale di introduzione delle compresse.. Una volta aperto, la compressa cade in un alloggiamento, bloccato sul fondo da una lamina.. Il sistema viene fatto ruotare di 180°, la lamina inferiore si apre, facendo precipitare la fottuta compressa all’interno della capsula…

…….

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RIPARTIZIONE DI SOLIDI

|Parte 2

|16/04/12

GELATINA MOLLE: Queste capsule sono chiamate così in quanto sono dotate di elevata elasticità che le rende meno fragili. L’elasticità è data da significativi quantitativi di glicerina e sorbitolo aggiunti alla gelatina… Al contrario delle capsule rigide, quelle molli non sono preformate, e vengono modellate direttamente durante la fase di riempimento con la formulazione. Queste capsule sono particolarmente indicate per formulazioni liquide o pastose in eccipienti oleosi.. La macchina è costituita da una sorgente di gelatina che da luogo alla formazione di un doppio nastro che viene tirato e girato in modo da raggiungere l’interfaccia di 2 rotori in cui sono ricavati gli “stampi” per le capsule :P Il doppio strato di gelatina viene fatto passare attraverso i 2 rulli, l’estremità inferiore viene saldata, mentre contemporaneamente dall’alto viene fatta colare la formulazione.. Successivamente anche la porzione superiore viene saldata.. la capsula si stacca dal nastro di gelatina, viene recuperata e inviata a in una camera di essicamento.. a questo punto le capsule vengono ripulite da eventuali residui e sono pronte per essere confezionate :D

FLACONI: I flaconi possono essere piccoli o grandi; e a seconda delle loro dimensioni, le macchine possono variare leggermente… 

DOSATRICE A COCLEA:

(Flaconi Grandi)

E’ particolarmente indicato per i flaconi grandi. E permette di ridurre il fenomeno della demiscelazione. E’ dotato inoltre di un mescolatore antisegregante (3). La velocità della coclea, determina la velocità di riempimento del flacone posto sopra di un nastro trasportatore… 

DOSATRICE A DISCO ROTANTE:

(Flaconi medi)

E’ divisa in due parti… una superiore che funziona come tramoggia di carico.. e una inferiore, costituita da un disco al cui interno sono ricavate delle camere. Durante la rotazione, le camere si riempiono di materiale… a un certo punto, interviene un pistone inferiore, che espelle l’eccesso di polvere.. la camera viene quindi coperta da una piastra, il pistone ridiscende e il disco ruota fino ad arrivare sotto un punzone espulsore; il quale discende, spingendo il materiale nel flacone… Pagina | 132



DOSATRICE A CAMERA:

(Flaconi Piccoli)

L’alimentatore è costituito da un disco in cui sono ricavate 4 camere di dosaggio il cui volume è regolato attraverso un’unica vite. Attorno al disco (non si vede) c’è una guaina.. che ovviemente impedisce al materiale di uscire durante la rotazione.. La tramoggia di carico, posta in alto alimenta la camera sottostante.. il disco ruota di ¼ di giro in senso antiorario.. la camera precedentemente caricata rimane in stand-by :P e nel frattempo un’altra viene riempita.. … dio che cogliooooooniiiiiii….‼‼ Il dannato disco ruota ulteriormente di ¼ e la polvere presente nella camera precipita all’interno di un flacone sottostante.. e il ciclo continuaaa…. La macchina è molto veloce, in quanto, a ogni rotazione completa, vengono riempiti 4 flaconi… (e chi se ne frega…..)

BLISTERS: Il discorso è analogo alle capsule di gelatina molle.. Abbiamo 2 nastri; uno inferiore costituito generalmente di un polimero plastico su cui sono ricavati gli incavi in cui verrà introdotta la formulazione.. E uno superiore, generalmente di alluminio, che andrà a sigillare il blister… A questo punto il blister viene tagliato nelle dimensioni opportune per essere confezionato…

BUSTINE: Anche qui.. cambia poco niente… =_=” In questo caso, la bustina viene creata partendo da un unico nastro, che attraverso opportune molle e bobine viene girato, tirato e piegato. Attraverso un telaio termoriscaldante a 170°C due dei tre lati aperti vengono saldati tra di loro.. La bustina viene quindi tagliata via dal nastro, girata (in modo che il lato non saldato sia rivolto verso l’alto), aperta tramite due ventose o un flusso d’aria e infine viene riempita.. A questo punto, la bustina viene termosigillata (7) ed è pronta per essere confezionata  Pagina | 133

FORMULAZIONI FLUIDOSOLIDE Le Formulazioni Fluidosolide sono preparazioni a base acquosa-oleosa i cui eccipienti sono mescolati tramite agitatori dotati di camicia di scambio termico e a cui successivamente vengono aggiunti i principi attivi. Le più comuni forme fluidosolide sono costituite da Emulsioni, Unguenti, Paste, Creme, Gel.. Supposte e Ovuli 

LE EMULSIONI Sono dei sistemi dispersi, costituiti da due liquidi non miscibili tra loro che formano un sistema bifasico termodinamicamente instabile. Uno dei due componenti costituisce la fase dispersa e si trova sottoforma di micro-goccioline dell’ordine di 0,1-0,5 μm… L’altro componente costituisce la fase continua. Un problema riguardo alle emulsioni è il fenomeno della coalescenza che fa si che qualsiasi emulsione tenda a destabilizzarsi per il coagulo della fase dispersa in goccioline via via sempre più grandi..

UNGUENTI, PASTE, CREME, GEL Sono forme semisolide che si ottengono per addizione dei principi attivi, solidi o liquidi, ad eccipienti specifici di natura lipofila (grassi, vaseline, siliconi, lanoline) o idrofila (PEG, gelatina, metilcellulosa).

SUPPOSTE E OVULI Sono forme farmaceutiche di consistenza solida o molle destinate all’introduzione rettale, vaginale o uretrale. Sono preparati costituiti da principi attivi mescolati ad eccipienti a basso punto di fusione (inferiore alla temperatura corporea) come burro di cacao o gliceridi semisintetici, oppure ad eccipienti idrosolubili come i glicoli o miscele di glicerina e gelatina. La preparazione avviene in genere per fusione: negli eccipienti fusi viene incorporato il principio attivo in modo uniforme e la massa fusa viene introdotta negli appositi stampi e lasciata raffreddare. ccc



I FUSORI:

Non è nient’altro che un miscelatore, adatto per forme fluidosolide (grasse o cerose) :P Il concetto è sempre lo stesso.. abbiamo un contenitore con pareti arrotondate (di acciaio inox) dotato di un’intercapedine in cui verrà fatto scorrere il fluido riscaldante.. Abbiamo la solita ancora che evita che il materiale si surriscaldi rimanendo troppo tempo a contatto con la parete.. Queste macchine possono essere inoltre dotate di frangiflussi per facilitare la distruzione degli aggregati e una migliore miscelazione… L’unica differenza sostanziale è alla base, nello scarico, dove troviamo un filtro che evita che dei coaguli finiscano nel materiale fuso. Pagina | 134



EMULSIONATORI A TURBINA:

Anche questi li abbiamo già visti…Sono particolarmente adatti per miscelare e omogeneizzare il materiale sfruttando il violento passaggio di questo tra uno statore e un rotore..

Una macchina un po’ più interessante è… 

L’EMULSIONATORE CON TURBINA E MULINO COLLOIDALE: La prima cosa che dovrebbe saltare agli occhi è che la pompa da vuoto e la pompa per il mulino colloidale, il raschiatore e la turbina sono tutti pezzi solidali al coperchio.. U_u La pompa da vuoto (11) è un elemento importante per evitare che le emulsioni inglobino aria.. Nel corpo della macchina sono presenti tutte le opportune entrate dei fluidi richiesti alla formulazione..

All’interno della macchina troviamo il mulino colloidale.. che permettere di disperdere finemente un materiale nell’altro..Il mulino è dotato però di una scarsissima capacità aspirante.. per facilitare l’ingresso del materiale, è preceduto da un canale provvisto di coclea  Per rendere il tutto omogeneo è presente una turbina omogeneizzatrice, posta decentrata rispetto al corpo della macchina  Infine, come ultimo sistema di agitazione abbiamo un’ancora, dotata dei soliti raschiatori discontinui che permettono di ridurre l’attrito e rendere quindi l’avanzamento meno difficoltoso. I raschiatori aiutano inoltre a convogliare il prodotto finito verso il canale centrale di scarico (10) una volta terminato il processo :D 

OMOGENEIZZATORI A FUNGO:

Sono apparecchiature usate nella preparazione di emulsioni e sospensioni in quanto favoriscono la formazione di un'emulsione stabile e facilitano la dispersione omogenea delle particelle solide nella massa liquida .. Possiamo vedere un volatino (8) che attraverso una molla (4) permette di regolare lo spazio tra l’anello d’impatto e il corpo mobile.. E’ quasi lo stesso principio del mulino colloidale.. solo che non ci sono organi in rotazione :P Il materiale viene inviato ad alta pressione contro il corpo fisso e passa attraverso la feritoia tra questo e il corpo mobile.. La distanza che vi è tra i due elementi permette di determinare le dimensioni delle particelle nel prodotto finito.

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Gli omogeneizzatori a fungo possono eventualmente essere disposti in serie per ottenere così un’ottima emulsione finale :D

RIPARTIZIONE: Le emulsioni possono essere ripartite in bustine, vasetti, flaconi.. blister e Tubetti… La novità sono proprio questi ultimi :D RIPARTIZIONE IN TUBETTI: I tubetti sono in generalmente in alluminio (materiale molto igienico U_u) rivestiti al loro interno di una resina epossidica. Per riempirli, ovviamente, si usano delle intubettatrici.. che possono essere automatiche o semiautomatiche a seconda che il caricamento dei tubetti sia manuale o meno.. I tubetti vengono riempiti dal lato B :P .. che poi viene accuratamente richiuso per avvolgimento normale, doppio o a sella… Se i tubetti invece sono in plastica, la chiusura avviene per saldatura termica  

RIEMPITRICE DISCONTINUA:

Il tubetto (3) viene posto aperto e rovesciato al di sotto di un ugello di dosaggio dal quale verrà espulso il materiale. Successivamente, quando il tubetto è opportunamente riempito, delle pinze di chiusura (5) si occupano di sigillare il didietro del tubetto :P E’ chiaro che la quantità di tubetti che possono essere trattati in questa maniera è limitata.. Per produzioni maggiori si può ricorrere a macchine semicontinue o continue U_u 

RIEMPITRICE SEMI-CONTINUA:

Tutto il sistema si basa su una valvola a tre vie..Ad ogni modo.. (1) rappresenta la solita tramoggia di carico.. (2) è l’agitatore che permette di mantenere dispersa l’emulsione. Sotto la tramoggia vi è il sistema di riempimento..Quando la valvola è nella posizione rappresentata nel disegno ↘ …la tramoggia è posta in collegamento con un pistone (3) inserito in una camera di dosaggio che permette di prelevare un’esatta quantità di materiale…

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A questo punto la valvola ruota di 90°.. la tramoggia viene quindi isolata e la camera di dosaggio è in comunicazione con l’ugello (6) sotto il quale è posto il tubetto (7).. Il sistema di scarico è dotato di un sistema di sicurezza; nel caso non vi sia caricato alcun tubetto, il collegamento tra il pistone e l’ugello sarebbe interrotto.. impedendo così l’erogazione del materiale sul piano di lavoro… Il tubetto è posto su di un piatto rotante (8)… a riempimento avvenuto delle pinze (9) lo sigillano e lo fanno ricadere si di uno scivolo.. 

RIEMPITRICE CONTINUA:

In modo analogo funziona la riempitrice continua  Molto adatta per ingenti produzioni.. Nel disegno di sinistra è rappresentata la situazione durante l’alimentazione.. Il materiale, dalla tramoggia di carico (1), viene spinto per gravità/pressione all’interno della camera di dosaggio (5). A questo punto un pistone (2) scorre chiudendo la camera di dosaggio e comprimendola.. La pressione determina l’apertura di una valvola (6) permettendo così l’erogazione del materiale nel tubetto posto al di sotto dell’ugello. A riempimento finito, il pistone 2 ritorna alla posizione iniziale, contemporaneamente la valvola (6) per effetto del risucchio si richiude.. e il ciclo riprende.

Bene.. siamo giunti alla fine della prima fase di una linea di prodizione di tubetti :P Dopo l’intubettatura, i tubetti vengono inviati a un’astucciatrice; una macchina che provvede ad inserirli in appositi astucci di cartone.. A questo punto, le etichettatrici permettono di applicare sulla confezione o sui tubetti eventuali etichette prestampate.. viene aggiunto il foglietto illustrativo.. e il prodotto finito viene quindi indirizzato a una bilancia elettronica per il controllo del peso.. A seguire può esserci un’incartonatrice (in particolare in caso di grandi produzioni).. questa macchina si occupa di riunire 100-200 tubetti e imballarli opportunamente in contenitori destinati alla distribuzione.



RIPARTIZIONE IN VASETTI:

Questi contenitori sono particolarmente adatti per formulazioni quali Creme molto dense, geli, paste.. Il sistema è molto semplice.. è costituito da una tramoggia di carico dotata sul fondo di 2 valvole; una permette solo il passaggio del materiale all’interno di una camera di dosaggio.. l’altra permette l’erogazione.. La quantità di materiale aspirato nella camera di dosaggio può essere regolato attraverso un pistone.. La ripartizione po’ avvenire anche in flaconi e bustine.. ma li abbiamo già visti :P

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“Perché è opportuno avere una linea di produzione farmaceutica sterile?” → I farmaci devono essere sterili ogni volta che vanno somministrati nell’organismo per vie diverse da quelle parenterali.. come ad esempio la via intramuscolare ed endovenosa.. i colliri.. e i prodotti indirizzati vero persone con un sistema immunitario più debole come anziani e bambini.. DEFINIZIONI: o o o

o

Sanitizzazione: E’ un procedimento volto alla riduzione della carica microbica a un livello accettabile Bioburden: Rappresenta la carica inquinante iniziale nel prodotto che andrà poi sterilizzato… Più alto è il bioburden.. più difficile sarà il processo di sterilizzazione.. Asepsi: E’ un procedimento che permette di mantenere il livello di sterilità ottenuto dopo il processo di sterilizzazione.. Disinfezione: porta alla distruzione e all’inattivazione irreversibile dei microorganismi (escluse le spore) attraverso l’uso di disinfettanti.

I microrganismi sono piccoli esseri viventi unicellulari.. si suddividono in 4 gruppi: Batteri, funghi o muffe, lieviti e virus..

Un fattore essenziale alla crescita microbica è l’umidità.. Il grado di resistenza alla disinfezione e alla sterilizzazione varia a seconda della tipologia di microrganismo e dalla forma in cui si trova.. In cima vi sono le spore batteriche.. Fortunatamente solo pochi microrganismi hanno questo tipo di meccanismo di difesa. La resistenza della spora ovviamente cresce man mano che questa struttura si completa.. In seguito al processo di sterilizzazione, il numero di batteri sopravvissuti è inversamente proporzionale alla durata del trattamento ..e direttamente proporzionale al bioburden → Maggiore è il numero dei microorganismi di partenza, maggiore è il tempo necessario per raggiungere la sterilità. Qual è il problema della sterilità? In linea pratica non sarà MAI possibile garantire al 100% la sterilità di un prodotto… L’unica cosa che posso fare sono dei controlli campione.. Per convenzione si definisce un prodotto sterile quando la probabilità di contaminazione è minore a uno su un milione. La sterilità è quindi solo un dato probabilistico.. Oltre a questo è però un dato assoluto.. → Un prodotto, o è sterile.. o non lo è… Non esiste il “QUASI” U_u Se il bioburden iniziale è importante ai fini della sterilità finale.. è logico quindi preoccuparsi di come fare per abbatterlo prima del processo di sterilizzazione.. E’ opportuno quindi operare procedure di pulizia preliminare sia sulle macchine che su ogni contenitore che verrà in contatto con il nostro materiale. Gli strumenti e le strutture complesse andrebbero smontate completamente prima della pulizia… Pagina | 138

DAY 9

LA STERILITA’

Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è il fenomeno della resistenza.. per questo i germicidi e battericidi vanno alternati ogni tot tempo.. U_u Quali sono i meccanismi con i quali si possono uccidere questi stramaledetti microrganismi?? → principalmente sono: La Coagulazione delle proteine cellulari L’alterazione o distruzione della struttura della membrana cellulare.. andando ad agire sulla permeabilità.. L’interazione con meccanismi enzimatici vitali.. Parametri di Valutazione: Per valutare il risultato di una sterilizzazione si usa il Tempo di Riduzione Decimale.. E’ universalmente indicato con la lettera “D”. Rappresenta il tempo necessario per uccidere IN QUELLE CONDIZIONI il 90% dei microrganismi presenti.. Se ho in partenza un campione costituito da 100 provette con 104 microrganismi, dopo il trattamento di 1D ne saranno rimasti 103.. dopo 2D 102… e dopo 6D??? → 10-2 O_O ?? → questo valore negativo non significa che ci siano pezzi di batteri o spore.. Ma ci da l’idea della loro probabilità di sopravvivenza.. Dopo un trattamento di 5D la loro probabilità di sopravvivere è dello 0,1%.. con un trattamento di 6D sarà dello 0,01%.. Questo significa che alla fine del processo, su 100 provette una probabilmente non sarà sterile… Un altro parametro importante è dato dal Fattore di Inattivazione.. E’ dato dal rapporto fra la popolazione microbica iniziale e finale. Mi da quindi un’idea dell’efficacia del metodo utilizzato. Più il valore è alto.. maggiore è il numero di germi uccisi… Infine.. abbiamo come parametro il Grado di Sterilità… Si esprime come il rapporto fra il fattore di inattivazione ed il grado medio di contaminazione iniziale… → Poniamo di avere inizialmente dei recipienti contenenti in media 1000 germi.. poniamo che il fattore di inattivazione del processo a cui sono sottoposti sia pari a 1010.. ne consegue che il grado di sterilità sarà pari a 107.. Ovvero, la probabilità di trovare un recipiente non sterile è di 1 su 10 milioni… E se il bioburden iniziale fosse stato di 107?? La probabilità sarebbe aumentata a 1 su mille :-/

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LA STERILITA’

|Parte 2

|17/04/12

Quali sono i fattori che influenzano la sterilizzazione?? → li abbiamo già detti quasi tutti..       

Bioburden: Più è alto, maggiore è il tempo richiesto nella sterilizzazione.. Il tipo di trattamento: Tempo… strettamente legato alla.. Temperatura e alla.. Concentrazione in caso di sterilizzanti chimici… Lo Stato del microrganismo (attivo.. spora.. vegetativo?) Le condizioni ambientali..

Per essere sicuri di aver raggiunto il risultato prefissato sono necessari dei controlli adeguati con: Indicatori Meccanici: Ad esempio monitorando tempo e temperatura e pressione  Indicatori Chimici: costituiti generalmente da strisce impregnate di indicatori che variano di colore in determinate condizioni di temperatura, umidità.. e tempo… Indicatori Biologici: sono in assoluto i più usati e affidabili..e utilizzano spore batteriche.. Le spore variano da microrganismo a microrganismo… Ci sono quelle maggiormente resistenti al calore.. quelle più resistenti al trattamento con le radiazioni.. per eseguire i controlli vanno quindi selezionate le spore più resistenti al processo di sterilizzazione utilizzato  Il problema degli indicatori biologici è che prevedono l’introduzione di microrganismi in ambienti sterili o su materiali da sterilizzare.. Questo determina un aumento del bioburden… :-/ Per sterilizzare un materiale posso ricorrere a: METODI FISICI: o Filtrazione o Radiazioni: β, γ e UV o Metodi termici: Calore secco e Calore umido.. E METODI CHIMCI… ..e adesso li vedremo tutti… =_=”

METODI FISICI – FILTRAZIONE STERILE: Di filtrazione abbiamo già parlato.. ed è opportuno NON confondere gli argomenti :P Avevamo visto che esistono due tipologie di filtri.. Quelli di Profondità e quelli di Superficie… Nei primi, ordito e trama potevano muoversi per la pressione.. di conseguenza il materiale solido da filtrare poteva penetrare nel filtro e finire nel filtrato… In quelli di superficie, al contrario.. si ha SOLO l’effetto setaccio.. Passa solo ciò che riesce a penetrare i pori. Una filtrazione sterile è un metodo che permette di fermare i microrganismi in grado di contaminare il prodotto.

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In che cosa consiste la specificità della filtrazione sterile?? → E’ l’unico metodo che allontana completamente i microrganismi inquinanti.. Questo perché il sistema non si basa sulla loro uccisione.. ma filtra il loro passaggio… Al contrario, un processo di sterilizzazione che non avviene per filtrazione porta alla morte dei microrganismi.. ma non all’allontanamento dei loro “scheletri” e metaboliti… Per questo è opportuno avere un Bioburden iniziale BASSO U_u.

I Filtri a schermo (per la filtrazione sterile) sono caratterizzati dal fatto che TUTTI i pori e canalicoli sono esattamente uguali e uniformi tra loro.. inoltre, la superficie di spazio vuoto è altissima… La porosità arriva infatti all’85% della superficie.. Si tratta quindi di Milioni di pori per cm2… O_O → Ne consegue che il materiale portante è poco.. e questo comporta una rilevante debolezza strutturale del filtro. ↙ Come mostra il grafico, la distribuzione del diametro dei pori attorno al valore medio è estremamente stretta.. Se controlliamo la tabella possiamo inoltre notare che i filtri destinati a una filtrazione sterile hanno appunto un piccolissimo margine di differenza .. I Filtri sterili sono lenticolari, generalmente di cellulosa (opportunamente trattata –es: nitrocellulosa) e altri polimeri omogenei.. Sono estremamente sottili (100-200 μm) .. Per poter immettere un liquido in pressione è quindi necessario l’uso di supporti (in genere di acciaio Inox) → La pressione viene creata utilizzando dei gas inerti come l’azoto.. I filtri sterili non hanno tendenza a trattenere liquidi e hanno bassissima capacità adsorbene.. U_u Non rilasciano inoltre le loro microfibre nel filtrato  Sono estremamente stabili al calore.. e questo permette di risterilizzarli e usarli nuovamente :P Certo.. sarebbe meglio usare filtri nuovi ogni volta… ad ogni modo.. dato che i filtri costano parecchio, può essere comodo rigenerarli U_u La filtrazione sterilizzante è preceduta da una prefiltrazione più grossolana che rimuove le particelle più grandi in sospensione, evitando un intasamento dei filtri sterilizzanti ed abbassando il bioburden.

Al termine di ogni filtrazione sterile è fondamentale verificare lo stato di integrità della membrana del filtro attraverso la misura del PUNTO DI BOLLA… Se noi immergiamo un filtro nell’acqua, e mandiamo leggermente dell’aria in pressione usciranno, a un certo punto, delle bollicine d’aria.. L’aria necessariamente uscirà dal foro più grande, in quanto è quello che esercita minore resistenza… Dato che i fori sono pressochè tutti uguali, la situazione è soddisfacente quando si osserva una uniformità delle bollicine :P Pagina | 141

Vi è inoltre una correlazione ben precisa fa il raggio medio dei pori e la pressione con cui viene inviata l’aria.. Quindi, in linea teorica, se il filtro non ha riportato danni si dovrebbe osservare le bollicine quando si raggiunge un determinato valore di pressione tabulato. Quando si ricorre alla filtrazione sterile?? → Volendo vi si può ricorrere sempre.. :P E’ un metodo talmente valido che a volte si solubilizza il materiale solido.. per poi conentrarlo ed essiccarlo nuovamente (in condizioni sterili) xD Questo disegno permette di rapportare le dimensioni dei patogeni al diametro dei pori di due filtri (HA e UG).. I fluidi che vanno filtrati possono essere catalogati come: Fluidi Facili: come soluzioni acquose limpide.. Fluidi Non Facili: come dispersioni, oli antibiotici e vaccini… E Fluidi Difficili: come ad esempio siero e plasma..

Due aziende leader nel settore della filtrazione sono la sartorius e la millipore.. le membrane attualmente in commercio sono tante, a seconda delle necessità.. e i pori possono variare dai 0,005 ai 12 μm :D

METODI FISICI – STERILIZZAZIONE COL CALORE: Esistono due tipi di calore: Calore Secco e Calore umido… Tre parametri molto importanti ai fini della sterilizzazione sono la Temperatura, il Tempo di trattamento e L’umudità.. Questo grafico rappresenta il Thermal Death Time.. Permette di mettere in relazione il numero di microrganismi sopravvissuti dopo un trattamento termico a una certa temperatura e per un certo tempo. All’aumentare della temperatura, il tempo necessario per la sterilizzazione diminuisce.. Questo quindi serve anche a ribadire che all’aumentare del bioburden, i tempi richiesti per il trattamento, aumentano.

CALORE UMIDO:

(E’ dato dal vapor d’acqua…)

Esistono 3 tipi di vapore: Vapore Saturo: Possiede il massimo calore latente di vaporizzazione.. è il meglio del meglio U_u E prmette di sapere esattamente quante calore vengono erogate.. Inoltre presenta una buona distribuibilità e penetrazione nel materiale  Vapore umido: possiede meno calore latente di vaporizzazione rispetto al vapore umido.. Vapore surriscaldato: Non si usa ai fini della sterilizzazione.. è poco efficiente e non permette di sapere le calorie cedute al materiale.. Pagina | 142

LE AUTOCLAVI: Sono dei recipienti cilindrici di Acciaio Inox (generalmente 304 o 316) abbastanza robusti da sopportare alte pressioni al loro interno.. Devono essere provviste di opportune valvole di sicurezza.. e di sistemi di controllo di temperatura e pressione. Permettono di trattare il materiale da sterilizzare con vapore saturo sotto pressione.. La farmacopea stabilisce che la sterilità si raggiunge dopo 20 minuti alla temperatura di 121 °C. Sapendo che l’acqua bolle a 100 °C.. la temperatura di 121 °C si raggiunge solo aumentando la pressione.

Nel caso non avessimo a disposizione vapore saturo, ma una miscela di aria/vapore.. possiamo ricorrere a questa tabella per poter sapere quali sono le calorie cedute dalla miscela al materiale…  Ad esempio, se abbiamo un 20% di aria, dovremo raggiungere una pressione di 2,10 2 Kg/cm per arrivare così a una temperatura ottimale ai fini della sterilizzazione. Ad ogni modo, se l’aria ci crea troppi problemi.. possiamo sempre eliminarla :P Questo grafico mette in relazione la densità dell’aria e del vapore al variare della temperatura… A 40 °C l’aria è più pesate del vapore.. a 120 °C invece avviene l’opposto… Posso quindi allontanare l’aria dall’ambiente per gravità, facendola uscire dal basso..

Questo è lo schema di un’atuoclave… Il vapore saturo o la miscela aria vapore viene immessa all’interno dell’autoclave dal retro.. e come prima cosa incontra uno spandivapore (baffle) che serve per convogliarlo e a distribuirlo in modo opportuno all’interno della macchina; dall’alto verso il basso. La valvola per l’uscita del fluido viene aperta.. e di conseguenza l’aria (più pesante) viene spinta fuori :D Quand’è che ho eliminato tutta l’aria?? Quand’è che posso iniziare a contare i 20 Minuti?? → Un termometro permette di misurare la temperatura del fluido in uscita… Quando questo segna una temperatura di 121 °C significa che ho eliminato praticamente tutta l’aria presente :D Pagina | 143

Un metodo ottimale per eliminare l’aria è quello dell’Alto vuoto. In ascissa abbiamo i tempi.. in ordinata abbiamo una doppia scala: in alto la temperatura.. in basso la pressione.. Inizialmente viene fatto un vuoto spinto (25 Torr) all’interno dell’autoclave, che successivamente viene riempita con vapore sotto pressione.. Quando si arriva alla temperatura di esercizio di 121 °C significa che all’interno dell’autoclave vi è solo vapore saturo.. Alla fine del ciclo di sterilizzazione occorre quindi effettuare nuovamente il vuoto per eliminare il vapore saturo e sostituirlo con aria sterile prefiltrata. Alternativamente esiste il metodo del Vuoto Pulsante.. ma è meno efficiente del precedente :-/ Non ha senso aumentare e abbassare la pressione più volte.. è meglio dare uno strattone unico :P Ad ogni modo, è più efficiente di un’eliminazione dell’aria per gravità 

L’autoclave deve essere dotata di tutta una serie di sistemi di sicurezza… Dobbiamo essere sicuri di aprire l’autoclave SOLO quando la pressione interna è uguale a quella Esterna… Se la pressione fosse all’interno più bassa, si assisterebbe a un risucchio di aria al momento dell’apertura che potrebbe causare un inquinamento del materiale… Se la pressione fosse più alta potremmo avere perdite di materiale per via del risucchio dall’esterno :-/ Occorre quindi un sistema di sicurezza meccanico che blocchi lo sportello dell’autoclave quando le pressioni non sono bilanciate. Occorre inoltre un sistema di sicurezza elettrico che impedisca l’inizio del ciclo di sterilizzazione se lo sportello dell’autoclave non è chiuso correttamente. Il materiale all’interno dell’autoclave va posizionato opportunamente.. una cosa da evitare è ad esempio il riporre dei flaconi con l’apertura rivolta verso il piano di appoggio… L’autocolave non deve essere caricata eccessivamente, ma bisogna permettere al vapore di circolare e penetrare in ogni fibra o toccare tutta la superficie esposta.. Quando il vapore a 121 °C entra all’interno dell’autoclave incontra il materiale freddo, e condensa.. questa condensazione libera calore e porta a un duplice effetto: Aumenta l’umidità del materiale e fornisce una quantità di calore 500 volte superiore alla semplice aria calda..

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ABACO DELLA STERILIZZAZIONE

- Il nome di questo grafico inutile LO VUOLE SAPERE…

Rivediamo bene le fasi del processo di sterilizzazione in autoclave: Fase 1: Eliminazione dell’aria Fase 2: Inizia il Riscaldamento.. il vapore saturo sotto pressione viene immesso nell’autoclave.. questa fase termina quando si raggiunge il plateau a 121 °C E qui insorge un problema… Se la temperatura dell’ambiente è 121 °C.. siamo proprio sicuri che valga lo stesso per il materiale?? → La risposta è NO… Vi è un tempo di latenza da rispettare affinchè il materiale raggiunga la temperatura di esercizio. Fase 3: Inizia quindi la Sterilizzazione.. che durerà 20 minuti… Fase 4: inizia il Raffreddamento… il flusso di vapore saturo viene fermato.. e la temperatura inizia progressivamente a calare.. questo processo può essere velocizzato nebulizzando all’interno dell’autoclave acqua sterile.. o attraverso delle camicie di scambio termico.. Per essere sicuri che il processo sia avvenuto correttamente, occorre un sistema di controllo che tenga monitorata la temperatura durante la sterilizzazione. → Cosa succede se la temperatura non è rimasta costante durante tutti i 20 minuti?? Esiste una formula che mette in relazione tempo e temperatura: F(0)121 .

F( 0)121

F0(t ) 10

C 121 Z

F(0)121: Rappresenta il tempo di Letalità (il tempo necessario per garantire la sterilità).. °C: è la temperatura effettiva alla quale è avvenuto il processo. Z: è la variazione di temperatura, espressa in Celsius, necessaria per aumentare di 10 volte la velocità di distruzione dei microrganismi… Nella sterilizzazione con vapore saturo è pari a 10. Poniamo di aver raggiunto e mantenuto una temperatura di esercizio di 131 °C… quanto tempo richiederà la sterilizzazione??? →

F( 0)121

F( 0)121

F0(t ) 10

20 F0(t ) 10 F0 (t )

200

F0(t ) 10

20 F0(t ) 101 F0(t )

E se fosse 111?? →

131 121 10

2

111 121 10

1

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Le autoclavi industriali possono eseguire diversi programmi come:  Sterilizzazione di soluzioni infialate,  Sterilizzazione di siringhe e aghi ipodermici anche già confezionati.. Come agisce il Calore UMIDO?? → Elementare =_=”.. denatura le proteine e gli acidi nucleici dei microrganismi e provoca la distruzione di ogni sistema enzimatico e protettivo (come la costruzione della spora). Come facciamo per garantire la sterilità del prodotto? Si usano soprattutto indicatori biologici.. i più usati sono costituiti da spore non patogene resistenti alle condizioni di pressione e temperatura all’interno dell’autoclave. Quelle consigliate dalla Farmacopea ufficiale Italiana ed Europea sono i ceppi di Bacillo Stearothermophilus (121 °C) e Clostridium Sporogenes (112-121 °C).. (→ posso utilizzare spore meno resistenti se conosco il tipo di inquinamento microbiologico a cui è soggetta l’azienda ) Ogni striscio deve contenere non meno di 1·105 spore per via del Bioburden.. in quanto devo avere sullo striscio una situazione simile a quella del mio prodotto..

PRO:     

E’ un sistema di sterilizzazione molto efficace, efficiente ed attendibile.. I tempi sono relativamente brevi Il controllo è facile.. Non rimangono residui tossici.. in quanto si utilizza solo acqua :D Poco costoso (beh.. il vapore costa..)

CONTRO:  Ovviamente non posso utilizzare questo metodo per materiali sensibili alla temperatura di esercizio

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CALORE SECCO: L’efficacia del calore secco non è neanche lontanamente paragonabile a quella del vapore saturo sotto pressione… Per garantire una sterilizzazione efficace occorrono quindi temperature superiori.. e di conseguenza può essere applicabile a materiali inerti e non termolabili… Le attrezzature principalmente utilizzate sono Stufe o Forni (se si lavora in discontinuo) o Tunnel (se si lavora in continuo). Il calore secco viene impiegato prevalenetemente nella sterilizzazione di vetreria, e contenitori come fiale e flaconi.. e tutti i materiali termostabili. STUFE E FORNI: Queste macchine sono generalmente costruite in Acciaio Inox AISI 304.. Al contrario del vapore saturo, non è possibile individuare una esatta relazione tra temperatura e tempo di trattamento.. ci si basa quindi sui dati empirici tabulati nelle apposite tabelle → In parole povere.. si abbonda in eccesso.. e si è così sicuri di aver sterilizzato tutto :P Come prima, insorgono gli stessi problemi riguardanti la temperatura dell’ambiente all’interno della stufa.. e la temperatura del materiale.. All’interno della macchina vi sono quindi due termometri che permettono di valutare entrambe le temperature  I forni utilizzati possono essere: Forni a Convezione per Gravità: non sono dotati di sistemi di ventilazione Forni a Convezione Meccanici: al contrario dei precedenti possiedono delle ventole che permettono di mantenere uniforme la temperatura in ogni punto della stufa.. Alternativamente possiamo avere i TUNNELS… utilizzati prevalentemente per produzioni particolarmente ingenti di materiale.. Il materiale viene posto su un nastro trasportatore in acciaio inox.. incontra quindi una zona di sbarramento di aria preriscaldata a 270 °C.. entra quindi nella zona di sterilizzazione dove viene immessa aria filtrata (sterile) riscaldata.. Segue quindi una zona di raffreddamento e l’uscita (in un blocco sterile..)  MECCANISMO D’AZIONE: Se un microrganismo è in grado di costruire la spora.. in presenza di calore secco.. lo farà U_u Inoltre, il calore secco determina un indurimento della parete cellulare conseguente alla denaturazione delle proteine che rallenta così la velocità di trasferimento del calore negli strati più interni… Si ritiene quindi che il microrganismo muore quando vi è una coagulazione e denaturazione delle proteine più interne :’( E questo richiede necessariamente tempi più lunghi U_u Pagina | 147

PRO:    

L’uso di un forno o di una stufa non richiede certo grandi capacità operative :P Non rimangono residui tossici in quanto la sterilizzazione avviene solo per il calore.. Non vi è alcun effetto corrosivo E l’effetto di arrugginimento è minimo.

CONTRO:    

Può essere usato solo per materiali termostabili Richiede infatti temperature molto più alte.. E lo stesso vale per i tempi di esposizione.. Il calore penetra lentamente nel materiale…

INDICATORI BIOLOGICI: Ovviamente, cambiando il tipo di calore fornito, cambiano anche le spore che possono essere impiegate come controllo di sterilità.. Quelle consigliate dalla farmacopea europea e italiana sono di Bacillus Subtilis varietà niger. Anche in questo caso, il bioburden della striscia deve essere superiore a 1·105 spore U_u Un altro sistema per il controllo della sterilità è il LAL TEST :D L’emolinfa di un aracnide, il Limulus Polyphemus, contiene come unico tipo di cellule degli amebociti, il cui lisato si agglutina rapidamente a contatto con i lipopolisaccaridi batterici.

ALTRI PROCESSI – NON STERILIZZANTI: TINDALIZZAZIONE: è un sistema ridicolo :P consiste nell’operare dai 3 ai 5 riscaldamenti fra i 60 e 80 °C.. ognuno della durata di un’ora… Durante questi cambi di temperatura, il batterio (IN TEORIA =_=”) costruisce la spora quando sente il calore… e inizia a demolirla quando le condizioni diventano accettabili… ed è qui che noi lo freghiamo… innalzando nuovamente la temperatura… bah… =_= PASTORIZZAZIONE: In questo caso si usa il calore solo per ridurre la popolazione batterica e inattivare parte dei microrganismi..

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LA STERILITA’

|Parte 3

|18/04/12

METODI FISICI – STERILIZZAZIONE CON RADIAZIONI β – γ – UV: Ai fini della sterilizzazione sarebbe possibile l’uso di 4 tipi di radiazioni… β, γ, α e raggi x... In realtà vengono però utilizzate solo le prime due U_u I raggi α , generati da nuclei di He, NON sono utilizzabili in quanto generano radioattività indotta I raggi X, Sono una radiazione eletromagnetica a bassa lunghezza d’onda.. sono molto penetranti e dissipano la loro energia sottoforma di calore… Per questo non sono molto utilizzati ai fini della sterilizzazione.. Sono invece utilizzati i:  Raggi β, una radiazione corpuscolare costituita da elettroni emessi con spettro continuo dai nuclei all’atto del decadimento.. Questa radiazione può essere deflessa da campi elettrici e magnetici… Inoltre, non sono particolarmente penetranti..  E i raggi γ, sono delle radiazioni elettromagnetiche a bassissima lunghezza d’onda… Non sono influenzati da campi elettrici e magnetici e hanno un elevato potere di penetrazione.. Possiamo utilizzare due categorie di unità di misura: Emissione e Assorbimento.. Il Curie (Ci) è l’unità di misura di EMISSIONE ed equivale a 37 miliardi di disintegrazioni al secondo… Per quanto riguarda le unità di ASSORBIMENTO abbiamo: Il Rad: che corrisponde all’assorbimento di 100 erg di energia per grammo di materiale… ad ogni modo si usa maggiormente il… Gray: che corrisponde all’assorbimento di 1 joule per Kg di materiale… il fattore di conversione tra queste due unità di misura è [1 Mrad = 10 KGray] → Che equivale a dire: [100 Rad = 1 Gray] Una volta definita quindi la “DOSE” come la quantità di energia assorbita dal prodotto indipendentemente dalla fonte.. La Farmacopea consiglia, ai fini della sterilizzazione, un irraggiamento pari a 2.5 MegaRad.. ovvero 25K Gray. Ad ogni modo.. vi è ultimamente la tendenza a razionalizzare la dose in base al bioburden e al livello di sicurezza di sterilità desiderato..

Ovviamente, le radiazioni non fanno particolari differenze tra le molecole di contaminante e quelle del materiale da sterilizzare.. Si può quindi assistere al fenomeno della ionizzazione: l’allontanamento di uno o più elettroni da un atomo. Le radiazioni ionizzanti si dividono in due categorie: Dirette: come i raggi β, che generano ioni per via diretta (in quanto è una radiazione corpuscolare) Indirette: come nel caso di raggi γ, tramite l’energia che viene trasmessa dalla radiazione..

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Le radiazioni γ possono portare alla formazione di radicali liberi.. e questo può determinare un bel problema in quanto sono specie molto reattive che possono interagire immediatamente con altre molecole all’interno della formulazioni portando a delle alterazioni.

MECCANISMO D’AZIONE: La sterilizzazione per mezzo delle radiazioni si basa sul principio della ionizzazione e conseguente alterazione delle biomolecole dei microrganismi.. In particolare il DNA sembra essere il bersaglio più sensibile U_u ….I danni possono avvenire per via diretta o indiretta:  

Via DIRETTA: quando la radiazione agisce direttamente provocando la rottura di macromolecole o l’alterazione della loro struttura… Via INDIRETTA: quando le radiazioni portano alla formazione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS) che possono innescare reazioni a catena.. portare alla produzione di intermedi instabili ad alta energia che possono a loro volta reagire portando alla produzione di nuove specie radicaliche amplificando la reazione…

Ovviamente.. dosi diverse di radiazioni portano a conseguenze diverse.. questo principio è ampiamente utilizzato nella produziuone di vaccini.. :D A basse dosi di radiazioni viene compromessa la riproduzione del microrganismo patogeno  In questo modo si riesce a stimolare il sistema immunitario senza il rischio che il patogeno prenda il sopravvento :P Per uccidere i microorganismi con raggi β e γ occorrono irraggiamenti molto maggiori rispetto a quelli necessari per uccidere organismi policellulari complessi. La resistenza dei microrganismi alle radiazioni varia in base alla specie.. I microrganismi più sensibili sono ovviamente i gram Negativi dotati di una parete cellulare più sottile… mente leggermente più resistenti sono i gram positivi… Nella scala di resistenza seguono le spore Aerobiche (meno resistenti per via della maggiore produzione di radicali liberi dell’ossigeno) e infine le spore Anaerobiche.. Quindi.. tanto per fare una lista dei fattori che influenzano la sterilizzazione abbiamo:  Il Bioburden: La dose deve aumentare all’aumentare di questo  L’Ossigeno: sembra un fattore sensibilizzante l’irradiazione.  L’idratazione dei microrganismi favorisce la sterilizzazione  Le basse temperature favoriscono la resistenza microbica :-/  Ci sono inoltre sostanze chimiche protettive come la glicerina e sensibilizzanti come la vitamina K Pagina | 150

SVANTAGGI:  L’installazione richiede alti costi… occorre infatti un edificio con all’interno delle strutture protettive che impediscano un rischio per gli operatori…  L’irradiazione può inoltre portare a delle alterazioni nella formulazione.. ad ogni modo alcune di queste possono essere ininfluenti sul prodotto finale  VANTAGGI:     

E’ un sistema particolarmente adatto per trattare prodotti termolabili e sensibili all’umidità.. Permette una sterilizzazione profonda, anche in confezioni sigillate.. Permette di sterilizzare in continuo :D L’unico parametro da valutare p il tempo di esposizione (da valutare in base alla dose irradiata).. Non vengono usati agenti chimici tossici.. e i prodotti possono essere rilasciati per la vendita sulla base della sola documentazione della dose irradiata  Il trattamento ha un bassissimo costo 

CONTROLLI: Secondo quanto indicato dalla legislazione possono anche non essere fatti. Ad ogni modo, se proprio si vuole essere sicuri, si può valutare la sterilità usando spore di Bacillus Pumilus che sembra essere il più resistente a questo tipo di trattamento U_u

Le radiazioni possono essere impiegate per tutto ciò che non rischia di essere denaturato e compromesso :) Guanti, aghi, compresse, tubi, abbigliamenti, ecc. Borse, imballaggi, tazze, valvole, tappi. Materiali per camere sterili: capsule Petri, terreni di cultura, ecc. Formulazioni, ma solo se non vengono alterate: BISOGNA PROVARE CASO PER CASO  

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RADIAZIONI β Come sorgente di Radiazioni β si usa un isotpo dello Stronzio →

90

Sr aaa

Il problema principale di questo isotopo è dovuto al fatto che l’emissione è debole e ha una scarsa capacità penetrante :-/ Vengono quindi usati degli acceleratori di particelle come L’acceleratore di Van der Graaf. Gli elettroni vengono accelerati attraverso dei campi elettrici o magnetici pulsanti.. e focalizzati in un unico raggio di energia… Il raggio prodotto ad ogni modo perde parte della sua energia per la sola interazione con l’aria.. per questo sarebbe opportuno lavorare sotto vuoto o far passare il materiale da sterilizzare MOLTO vicino alla finestra di emissione (almeno 2 volte su tutti i lati).

Quello qui sotto è lo scema di un impianto che permette una sterilizzazione in continuo 

VANTAGGI:  Brevi tempi di esposizione..  L’operatore non deve essere particolarmente competente :P  Basso costo DEL TRATTAMENTO… SVANTAGGI:  L’impianto non costa certo poco…  E la penetrazione del raggio nel prodotto non è poi così profonda… :-/

Non è un caso quindi che siano maggiormente utilizzate le radiazioni γ :P

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RADIAZIONI γ Queste radiazioni sono generate dal decadimento di alcuni radioisotopi come il

60

Co.

Questo radioisotopo ha un’emivita di circa 5,27 anni…abbastanza breve se rapportata a quella dello 90Sr di quasi 30 anni :P Il 60Co Viene venduto sottoforma di barrette che vengono successivamente assemblate all’interno di opportune “matite”.. le quali vengono infine montate su dei moduli … Tutto ciò non è abbastanza per ottenere una buona dose di radiazioni… i moduli sono quindi inseriti all’interno di una rastrelliera, posizionata all’interno di una camera di calcestruzzo larga 1-2 metri… dalle pareti molto spesse e posizionata sopra una piscina profonda circa 7 metri.. Durante la Sterilizzazione il materiale passa davanti alla rastrelliera.. e viene così opportunamente irraggiato.. La radiazione γ penetra molto profondamente, quindi non è necessario far passare il prodotto più volte davanti alla sorgente.

……..

Ad ogni modo il materiale, posto su un nastro trasportatore, segue un percorso a pettine.. che favorisce una irradiazione omogenea… In caso di operazioni di manutenzione dell’impianto, la sorgente viene fatta calare

all’interno della piscina sottostante.. Il battente di acqua permette di proteggere in questo modo l’operatore dall’effetto delle radiazioni 

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RADIAZIONI UV La radiazione UV è compresa tra i 4000 e i 40 Å.. e può essere divisa in 3 categorie: 

 

UVA: Compresa tra 4000 e 3150 Å.. è una radiazione poco bloccata dall’ozono.. favorisce l’abbronzatura.. provoca l’invecchiamento della pelle… danneggia gli occhi.. e possiede scarsa attività eritematosa.. UVB: Compresi tra i 3150 e i 2800 Å… vengono relativamente bloccati dall’ozono.. sono i principali responsabili di scottature, fotosensibilizzazione e cancro della pelle.. UVC: al di sotto dei 2800 Å ..vengono quasi completamente bloccati dall’ozono.. hanno forte capacità eritematosa..e.. più importante, hanno una spiccata azione battericida a 2537 Å

La radiazione UV ha le stesse caratteristiche della radiazione visibile; è dotata di scarsa penetrazione… di conseguenza i suoi usi sono limitati.. generalmente impiegata per mantenere sterile l’aria dell’ambiente.. uccide dino al 99.9% della maggior parte di virus e batteri.. anche se non garantisce la sterilità in caso di spore… La loro massima efficacia è contro le forme vegetative. MECCANISMO D’AZIONE: L’UV danneggia il DNA provocando la formazione di dimeri di pirimidina impedendo la corretta replicazione.. La resistenza dei microrganismi è principalmente dovuta ai loro sistemi enzimatici di riparazione del danno  Per garantire la sterilizzazione di una superficie, è opportuno che non vi siano zone d’ombra… La radiazione UV è facilmente schermata e la superficie non esposta, non viene sterilizzata. Le radiazioni sotto i 2000 Å sono ozonizzanti… Determinano quindi la produzione di ozono che ha di per se un odore sgradevole :S Le lampade sono generalmente costruite in quarzo.. che lascia passare la radiazione sterilizzante ma non quella ozonizzante :D La lampada contiene vapore di mercurio che, al passaggio della corrente elettrica, da luogo alla formazione di radiazioni UV quantizzate pari a 2537 Å e 1850 Å… il massimo (fatalità) è corrisponde al massimo potere battericida… bah…. La durata delle lampada varia in funzione del suo utilizzo.. Più che accenderle e spegnerle è più conveniente tenerle accese U_u Vanno cambiate quando la loro emissione cala al di sotto del 70% (dopo circa 3 anni); e vanno opportunamente pulite ogni 2 settimane.. (NON vanno toccate con le mani :P)

Esistono 2 Tipologie di Lampade: A Bassa Pressione: Molto usate Ad Alta Pressione: Poco utilizzate…

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Le Lampade a Bassa pressione sono indicate con la Sigla “TUV”.. e le più utilizzate sono le TUV-15W e le TUV-30W. Nelle TUV-15 l’azione germicida impiega 3.5 W… Nelle TUV-30 sono invece utilizzati 8…

In questa tabella sono riportati alcuni microrganismi, con la relativa dose (D) da irradiare necessaria alla dipartita del 90% di loro :P La resistenza Aumenta all’aumentare delle dimensioni del microrganismo U_u Anche in questo caso al variare della dose si ottengono effetti diversi.. E quindi possono essere prodotti vaccini di virus o batteri inattivati tramite questo tipo di radiazioni :D

OH.. MIOOO DIOOOO‼! Il prof ha fatto un CASINO‼ Ca^^o sto sclerandoooooo‼‼‼‼‼‼‼

mWatt cm 2 Allora… Come dovrebbero essere le cose → mJoule 1mWatt Ne consegue che l’esempio fatto sulle s Dispense è Sbagliato… =_=”… TEMPO Secondi DOSE I t Versione corretta: INTENSITA '

Se ho una lampada con un’intensità di 5 mWatt/cm2.. e il tempo di esposizione è pari a 5 sec… allora la DOSE sarà pari a 5x5=25 mJ/cm2 oppure 25 mWatt*s/cm2

DOSE

mWatt s cm 2

Se...sostituiamo... mJoule s DOSE s cm 2

mJoule cm 2

E’ molto interessante poter correlare la dose al tempo di riduzione decimale (il tempo necessario per uccidere, in quelle condizioni, il 90% dei microrganismi presenti). Immaginiamo di volere eliminare il 99.999% di Escherichia Coli da un prodotto… Questa percentuale corrisponde a un trattamento di 5D… Guardando in tabella, sappiamo che la Dose per ridurre del 90% questa popolazione di microrganismi è pari a 3 mJ/cm2… Di conseguenza per 5D la dose da irradiare sarà di: 15 mJ/cm2 … Pagina | 155

Il problema principale degli UV riguarda gli effetti negativi sugli operatori.. Per questo motivo:  Gli occhi devono essere protetti con opportuni occhiali dotati di protezioni laterali che blocchino eventuali riflessioni  La pelle va protetta il più possibile…  Infine.. esistono opportune tabelle che permettono di correlare l’intensità irradiata al tempo di esposizione massimo a cui l’operatore può essere esposto… Ad ogni modo, per ridurre il rischio di conseguenze negative verso gli operatori si preferisce in irradiamento indiretto attraverso lampade a parete o a soffitto rivolte verso l’alto. Le lampade UV dovrebbero comunque essere installate in modo da irraggiare la maggior superficie possibile offrendo un’intensità sufficiente in ogni punto.. APPLICAZIONI:  Sono molto utilizzate per la Sterilizzazione dell’aria.. in particolare, per il mantenimento della sterilità di un ambiente…  Posso utilizzare le lampade UV per sterilizzare liquidi… con molte limitazioni… Lo strato di liquido deve essere sottile.. e non devo avere sospensioni, emulsioni.. o soluzioni torbide che possano schermare gli inquinanti…  Permettono inoltre di sterilizzare superfici.. che devono essere lisce e prive di zone d’ombra U_u

Bene.. abbiamo terminato i Metodi fisici per la Sterilizzazione (quelli maggiormente impiegati)… nel caso non fosse possibile ricorrere a questi trattamenti.. si deve ripiegare sui Metodi CHIMICI….

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DAY 10

METODI CHIMICI L’agente chimico sterilizzante IDEALE è quella sostanza dotata di:      

Ampio spettro d’azione, Inerzia verso i prodotti e i materiali trattati.. U_U Alta diffusibilità e penetrazione.. Forte attività anche in condizioni ambientali.. Poco tossica per gli esseri umani :P Costo ragionevole

Quali sono i parametri che contribuiscono alla riuscita o meno del trattamento?? Ovviamente, il BIOBURDEN.. Le caratteristiche dei microrganismi… Il tempo di esposizione.. e la temperatura La concentrazione della sostanza sterilizzante. E la natura del materiale inquinato.. Come agiscono??? → Sempre nello stesso modo :P Attraverso la: 

Denaturazione delle proteine… che può essere: o Permanente.. in questo caso la sostanza è un battericida… o o Temporanea.. in questo caso l’agente chimico è un batteriostatico..

OSSIDO DI ETILENE: L’ossido di Etilene è un gas incolore di odore etereo.. Questa molecola è un epossido a 3 termini.. molto reattivo nelle reazioni di sostituzione nucleofila U_u Si infiamma con grande facilità ed esplode… per questo non può essere utilizzato a concentrazioni comprese tra il 3% e l’83% in volume. E’ esplodivo anche in ambiente anaerobio.. quindi, per ridurre la sua pericolosità, si può miscelare a CO2 o Freon :D Ad ogni modo.. porta ugualmente a un sacco di problemi..  Le bombole devono essere di acciaio inox 300… e la scadenza è comunque di 3 MESI O_o  Tende a stratificarsi con la CO2… quindi la bombola va preventivamente agitata…  Attacca e degrada numerosi polimeri ed elastomeri.. L’ossido di etilene permea benissimo all’interno dei materiali.. e per questo occorre un LUNGO periodo di deassorbimento per eliminarlo..

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I parametri operativi da valutare per controllare il processo di sterilizzazione sono.. Tempo Temperatura (all’aumentare della temperatura aumenta l’efficacia del trattamento) Concentrazione (All’aumentare di questa diminuisce la lunghezza del trattamento e la temperatura) Umidità relativa.. Ogni parametro influenza gli altri  Questo significa che è difficile razionalizzare il processo in base al bioburden… E’ molto più semplice e sicuro.. Lavorare ad abundantiam :P

LA STERILITA’

|Parte 4

|20/04/12

Parametri Operativi…. DA RICORDARE: Il tempo del processo varia da 3 a 6 ore La temperatura è generalmente compresa tra 50-60 °C… Un aumento di temperatura di 10 °C aumenta del doppio la capacità sterilizzante.. L’umidità ideale è del 50-60%.. La concentrazione varia da 450 e 800 mg/m3… Raddoppiando la concentrazione si dimezzano i tempi..

LE TAPPE DEL PROCESSO sono essenzialmente 3: Una tappa preliminare in cui creiamo le condizioni opportune per la tappa successiva di sterilizzazione… E infine una abbiamo una serie di lavaggi che permettono di allontanare l’ossido di etilene.



PRECONDIZIONAMENTO:

Prima di tutto, l’aria viene completamente rimossa dalla camera e viene insufflato azoto per sicurezza.. che viene successivamente allontanato. A questo punto viene introdotto il vapore, portando così l’umidità a un valore di 50-60%.. L’ossido di Etilene viene quindi inviato all’interno della camera fino al livello di concentrazione voluto. 

STERILIZZAZIONE:

Si lascia Agire l’Ossido di etilene per il tempo prestabilito (3-6 ore) :D 

DEGASAZIONE:

A questo punto, l’ossido di etilene viene eliminato dalla camera effettuando un vuoto pulsante.

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L’ossido Di Etilene è un ottimo elettrofilo, molto reattivo quindi con quasi i gruppi funzionali nucleofili presenti nelle biomolecole dei microrganismi… Come Amine, gruppi carbossilici, mercaptanici, alcoli… La reazione che avviene è sostanzialmente un’ALCHILAZIONE…  E’ quindi una sostanza estremamente TOSSICA e Irritante.. Ha un’alta soglia olfattiva :-/ quindi è difficile riconoscerlo in tempo…  Può compromettere la funzionalità epatica e renale e danneggia il Sistema nervoso centrale.  E’ teratogeno e un Cancerogeno diretto.. PRO:     

Ha un ampissimo spettro d’azione… perché.. appunto.. interagisce con tutte le biomolecole.. Penetra molto a fondo nei materiali e quindi permette di sterilizzare anche articoli imballati. Permette di sterilizzare prodotti termolabili.. Il processo è semplice, automatizzato e relativamente breve U_u Ha bassi costi :D

CONTRO:      

E’ infiammabile ed esplosivo a concentrazioni tra il 3 e 83% in volume.. E’ mutageno e cancerogeno.. Forte irritante I danni causati da tossicità acuta sono gravi. E’ difficile allontanarlo dal materiale… questo può lasciare dei potenziali desidui tossici.. Può reagire con il materiale.. quindi è essenziale testare prima la compatibilità

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FORMALDEIDE:

- 25:48

A temperatura ambiente, la formaldeide è un gas incolore.. particolarmente infiammabile e dall’odore pungente.. Purtroppo ha il difetto di polimerizzare velocemente… Ha un ampio spettro d’azione e viene utilizzata per la sterilizzazione di interi blocchi sterili. Viene introdotta negli ambienti attraverso l’uso di opportuni fumigatori.. o scaldando la paraformaldeide a 60 °C… Per espletare la sua azione ha bisogno di un certo grado di umidità 65-70%.. che può essere ottenuta semplicemente versando dell’acqua calda sul pavimento degli ambienti  Nonostante sia un molecola particolarmente piccola, diffonde difficilmente.. per questo motivo viene impiegata solo nella sterilizzazione di ambienti.. Il tempo di trattamento diminuisce all’aumentare della concentrazione… a una concentrazione di 2,4 mg/m3 per 24 h porta alla morte di tutte le spore e microrganismi  MECCANISMO D’AZIONE: Molto semplice.. :P La formaldeide provoca la coagulazione delle proteine…

SOLO degli operatori con uno specifico addestramento possono operare questo trattamento.. Se vi sono dei problemi e occorre neutralizzare la formaldeide si può ricorrere al bicarbonato di ammonio: (NH4)HCO3 . Commercialmente viene generalmente venduta come soluzione acquosa al 30-50% a cui vengono aggiunte alcune sostanze stabilizzanti come metanolo (per evitare la polimerizzazione).. PRO:    

CONTRO: Ha ampio spettro d’azione Può essere rapidamente neutralizzata Poco costosa Stabile se opportunamente immagazzinata 

 E’ poco diffusibile.. e anche difficilmente allontanabile..  Ha un odore schifoso e soffocante..  E’ irritante per pelle e mucosa  E’ cancerogena..

Gli indicatori biologici utilizzati possono essere Spore di Bacillus subtilis o Bacillus Stearotermophilus.

Alternativamente posso utilizzare indicatore chimici come il ProChem FO… Il pallino presente sul foglietto Vira da BLU a VERDE in seguito al trattamento corretto :D

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GLUTARALDEIDE E’ principalmente utilizzata per la sterilizzazione a freddo degli strumenti, in quanto non li corrode ne li deteriora… Rispetto alla Formaldeide è MOLTO + attiva contro le spore… Purtroppo agisce più LENTAMENTE… Anche questa è una sostanza particolarmente tossica.. viene commercializzata come soluzione acquosa al 2% in cui il materiale viene immerso per 10 ore a 25 °C…

GLI INDICATORI Ormai abbiamo più che compreso che un’azienda non può mettere in commercio un prodotto sterile senza aver effettuato dei controlli che lo garantiscano.. I controlli devono essere effettuati nel minor tempo possibile… il prodotto nel frattempo viene messo in quarantena… Se di un lotto, un solo prodotto risulta non sterile, l’intero lotto viene BUTTATO U_u L’indicatore Ideale:  E’ di natura chimica e non sporigena (→ Per non aumentare il bioburden)  Da una risposta inequivocabile..  E’ stabile nel tempo (→ ideale solo dal punto di vista economico ) Gli indicatori attualmente in commercio possono ad ogni modo essere sia chimici che Biologici. Gli indicatori BIOLOGICI permettono di monitorare la sopravvivenza di microrganismi opportunamente selezionati durante il processo di sterilizzazione.. al contrario, Gli indicatori CHIMICI controllano il corretto andamento del ciclo di sterilizzazione e di determinati parametri fisico-chimici  Per questo motivo, gli indicatori Biologici sono reputati più realistici… in quanto Gli indicatori chimici non ci possono dare alcun dato diretto riguardante la sterilità... ci dicono solo che determinate condizioni si sono verificate

INDICATORI BIOLOGICI: 

…Ne abbiamo di 4 generazioni….

PRIMA GENERAZIONE – SPORE STRIPS:

Questo indicatore è costituito da strisce di materiale cartaceo poroso sulle quali sono depositate delle spore opportunamente scelte in base al processo di sterilizzazione attuato… La procedura è semplice… Si rimuove la cover protettiva… e si posizionano nei punti più difficili della camera di sterilizzazione.. Una volta terminato il processo vengono spedite a un laboratorio di microbiologia che effettua delle prove di coltura microbica… Per una risposta occorrono circa 7 giorni… (Sono TANTI =/ )

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SECONDA GENERAZIONE – SELF-CONTAINED INDICATORS:

Questo indicatore è costituito da un piccolo contenitore al cui interno sono posti una striscia di microrganismi opportunamente selezionati e una fiala che può essere facilmente spezzata che contiene un liquido nutriente.. L’indicatore viene quindi esposto al ciclo di sterilizzazione insieme al materiale e, una volta terminato, la fiala interna viene spezzata… Il liquido viene a questo punto in contatto con le spore…  Se i microrganismi sono morti… Non accade nulla… e il liquido rimane trasparente   Se i microrganismi sono ancora attivi e vitali proliferano e nel giro di poco tempo rendono il liqudo opaco U_u Questo test richiede solo 1-2 giorni.. è ancora un tempo abbastanza lungo.. ad ogni modo richiede costi inferiori, non aumenta il bioburden, e riduce il rischio di falsi positivi in seguito all’inquinamento della striscia di spore al di fuori della camera di sterilizzazione. 

TERZA GENERAZIONE – DENATURING ENZYMES:

Questo metodo si basa sulla denaturazione di alcuni sistemi enzimatici presenti all’interno di alcuni microrganismi. Una reazione chimica fluorogenica ci permette di stabilire la riuscita del processo.. Esiste una correlazione ben precisa fra l’uccisione delle spore e la denaturazione enzimatica.. U_u Il test richiede 1-3 ore … decisamente meglio  .. inoltre non porta a un aumento del bioburden U_u 

QUARTA GENERAZIONE – ENZYME INDICATOR:

Non è particolarmente diffuso… Forse per il costo xD …Impiega pochissimi secondi (20-30).. Esistono alcuni enzimi, isolati dai batteri in grado di produrre la spora, dotati di una sensibilità a temperature e pH simili al microrganismo da cui provengono… Quando questi enzimi sono sottoposti al processo di sterilizzazione la loro attività cala con il passare del tempo ed è correlabile alla morte del Bacillus Stearothermophylus… All’applicazione di una opportuna soluzione attivante si può sservare il viraggio.. e conoscere quindi il risultato..

Ad ogni modo… allo stato attuale… gli indicatori biologici sono il metodo più sicuro per il controllo del processo di sterilizzazione.

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INDICATORI CHIMICI: Questi indicatori non ci dicono Nulla di quello che succede alle spore o ai microrganismi..semplicemente ci da informazioni riguardo i processi chimico-fisici avvenuti durante il ciclo di sterilizzazione attraverso cambi di colore.. 

Per quasi ogni trattamento di sterilizzazione è stato sviluppato un indicatore chimico U_u Un indicatore abbastanza Speciale è il: 

THERMALOG:

E’ un indicatore CHIMICO, in grado di darmi una risposta sicura U_u Utilizzabile però solo in caso di sterilizzazioni con Vapore saturo sotto pressione (Autoclave :P)… E’ chiamato “Integratore chimico” perché da una risposta sia in funzione della temperatura (esponenziale) che in funzione del Tempo di permanenza a quella temperatura (lineare).

E’ costituito da una striscia in cui scorre un indicatore divisa in due parti… La parte sinistra indica una condizione di NON sterilità.. la parte destra conferma che la sterilizzazione è avvenuta  Vi sono 4 indici sulla scala… ognuno dei quali corrisponde al raggiungimento di una condizione equivalente a 6 minuti a 121 °C Quando l’indicatore emerge nella barra destra significa che si sono rispettate le condizioni equivalenti a 20 minuti a 121 °C. Pagina | 163

LOCALI STERILI E OPERATORI

|02/05/12

Ogni operazione all’interno di un’industria farmaceutica richiede un certo livello di pulizia adatto a minimizzare l’inquinamento dei prodotti o dei materiali maneggiati… Esistono principalmente 3 tipi di locali: I Magazzini: che possono essere diversi per i prodotti in entrata.. e per i prodotti in uscita.. I Locali Climatizzati: In cui temperatura e umidità sono controllate.. E infine i Locali sterili… LOCALI CLIMATIZZATI: Sono locali in cui vengono regolati temperatura, umidità relativa e pressione… La temperatura e l’Umidità devono essere adatte sia per i materiali utilizzati.. che per gli operatori che lavorano nel locale U_u Ad esempio, in un ambiente in cui vengono lavorate delle polveri la temperatura ideale è di 22 °C.. con un’umidità relativa abbastanza bassa 15-30 %.. Condizioni meno restrittive sono invece possibili nei locali adibiti alla produzione di compresse.. L’umidità relativa va strettamente controllata in quanto può portare a non pochi problemi.. è assolutamente indispensabile evitare la formazione di condensa sulle pareti dei locali in quanto costituisce un substrato ideale per la crescita dei microrganismi.. e determina l’adesione di inquinanti sulle superfici.. impedendo così la rimozione tramite il circolo e la filtrazione dell’aria.. La Sovrapressione è molto importante..in quanto limita l’ingresso nell’ambiente di inquinanti dall’esterno.. Sia che si tratti di inquinanti biologici che di particolato  Anche in questo caso, la pressione va calibrata in base al tipo di lavorazioni eseguite nel locale.. Questa tabella (DA SAPERE).. rappresenta la classificazione semplificata dei locali… I Locali sterili sono di Classe 100, nei quali possono essere presenti max fino a 3.5 UFC/m3 e 3.5·103 Particelle/m3. I locali di produzione sono di classe 10'000… con max 3.5·103 Particelle/m3 e 18 UFC/m3 I Magazzini sono di classe 100'000… con limiti di 3.5·106 Particelle/m3 e 88.4 UFC/m3

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Le tabelle americane sono ancora più restrittive… e con altre caratteristiche limitanti come la velocità dell’aria la percentuale di filtri per l’aria.. la loro efficienza.. e i ricambi dell’aria all’ora.. (Non occorre sapere i valori a memoria O_O)

L’obiettivo di una produzione sterile è avere ZERO DIFETTI.. Per avere un prodotto finale sterile devono essere sterili i locali e tutta la linea di produzione U_u Vanno quindi monitorati:    

I componenti della formulazione I contenitori I sistemi di chiusura dei contenitori e tutte le macchine E ovviamente.. l’ambiente :P

A seconda del tipo di lavorazione.. come abbiamo già straripetuto.. vi sono esigenze diverse.. In genere le formulazioni che presentano minori esigenze di controllo microbiologico sono i materiali solidi secchi  → No Humidity.. no Party :P Alla fine di ogni lavorazione occorre operare una pulizia e detersione di tutte le superfici con opportuni battericidi.. Queste sostanze vanno cambiate ciclicamente per abbattere il fenomeno della resistenza microbiologica U_u .. Tutto ciò è sempre seguito da un risciacquo con acqua sterile (→ al fine di allontanare gli inquinanti chimici utilizzati per la disinfezione :P) Le principali fonti di inquinamento biologico negli ambienti di lavoro sono:  Gli OPERATORI :D  Il Particolato.. che può costituire un vettore di trasporto di microrganismi tra gli ambienti..  Le goccioline prodotte dai processi di agitazione di liquidi e simili.. TERMINOLOGIA da locali sterili: Clean Room: Camera Sterile Air Lock: Camera Stagna Air Shower: Doccia d’aria.. Pass Through: Bussola → permette il passaggio di un materiale da un ambiente all’altro in 2 passaggi… Sticky mat: Tappeto appiccicoso :P …E adesso ce li vediamo tutti….. che barba che noia che noia che barbaaaa‼‼ Pagina | 165



STICKY MAT:

E’ generalmente posizionato su una corsia, prima di entrare in un locale sterile.. e permette di tenere appiccicati sulla sua superficie tutte le particelle e gli inquinanti depositati sotto la suola delle scarpe (o delle pattine :D) 

CLEAN ROOM:

Sono ambienti di classe 100 in cui vi è un continuo ricambio dell’aria opportunamente filtrata e sterilizzata e dove ogni attività che può portare a un aumento delle particelle viene minimizzata. Le Clean Room possono essere locali costituiti da muri solidi.. o da tende di plastica.. Ogni superficie deve essere liscia e facilmente pulibile.. non vi devono essere fessure, scabrosità e gli “angoli” delle pareti sarebbe meglio se fossero arrotondati.. Al blocco sterile deve poter accedere solo il personale autorizzato U_u L’ambiente deve essere pulito frequentemente e disinfettato.. All’interno del locale asettico inoltre non dovrebbero essere mai presenti meccanismi di pulizia personale come lavandini ecc… Questi possono essere presenti solo in opportuni reparti dove l’operatore si prepara prima di entrare nel blocco sterile… ovvero gli spogliatoi :P E’ indispensabile, come già ripetuto mille volte, che negli ambienti vi sia una sovrapressione.. che impedisca agli inquinanti di passare da un distretto a quello contiguo.



DRESSING AREA:

Non è altro che uno spogliatoio dove si indossa il camice sterile prima di entrare nella camera stagna che conduce alla clean room. 

AIR LOCK – Camera Stagna:

Le camere stagne sono utili per minimizzare la contaminazione… Spesso all’interno di queste camere vi è una doccia di aria compressa che permette di portare via eventuali inquinanti depositati sugli indumenti.. Le porte delle camere stagne non devono MAI essere aperte simultaneamente U_u

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PASS THROUGH – BUSSOLA:

Permette di far passare del materiale tra ambienti con un diverso grado di controllo microbiologico...

Le pareti del locale sterile possono essere solide.. o alternativamente di plastica..  Possono perfino essere mobili (su ruote) di modo che possano essere facilmente spostati nel luogo che si preferisce U_u

Ricapitolando… REQUISITI AMBIENTALI:     

L’umidità e la temperatura dell’ambiente sono strettamente controllati L’aria viene filtrata e Sterilizzata.. e ricambiata spesso.. Il movimento dell’aria deve essere laminare. Vi deve essere una sovrapressione Il personale deve essere opportunamente vestito

L’ARIA La maggior parte dei microrganismi si sposta per via aerea, trasportati spesso da particolato o goccioline.. e vengono disseminati da moti turbolenti… =( L’aria va quindi filtrata.. due parametri importanti sono: L’Efficienza: che rappresenta il rapporto percentuale tra le particelle captate e quelle che arrivano sulla superficie del filtro.. E la Penetrazione: è ovviamente l’inverso dell’efficienza :P Quali sono i meccanismi con cui vengono bloccati gli inquinanti..? 

STRAINING:

La particella grande semplicemente non passa attraverso i pori del filtro  Questo tipo di filtrazione è particolarmente limitato =_=” 

IMPATTO INERZIALE:

In questo caso il flusso d’aria cambia per passare attorno alle maglie del filtro.. La particella in questo caso non viene fermata per setacciatura ma, per inerzia, impatta contro le fibre del filtro.. questo evento si verifica solo per flussi d’aria ad alta valocità. Pagina | 167



EFFETTO ELETTROSTATICO:

Questo effetto si basa solo sull’attrazione/repulsione elettrostatica tra la particella e le fibre del filtro.. 

MECCANISMI DIFFUSIVI:

Il flusso d’aria turbolento muove la particella in modo irregolare.. portandola a urtare contro le fibre del filtro..

I filtri utilizzati si chiamano FILTRI ASSOLUTI e sono principalmente di 2 tipi: H.E.P.A: (HIGH EFFICIENCY PARTICULATE AIR-FILTER) → Fermano il 99.99% di particelle con Ø 0,3 μ U.L.P.A: (ULTRA LOW PENETRATION AIR-FILTER) → Fermano il 99.999% di particelle con Ø 0,12 μ e 9.9995% di particelle con Ø 0,3 μ Si utilizzano come standard di riferimento particelle con diametro di 0,3 μm in quanto sembra che siano le più difficili da bloccare.. inoltre sono le dimensioni medie dei batteri più frequenti.. Questi filtri sono costituiti da fogli in fibra di vetro, piegati a fisarmonica per aumentare la superficie specifica.. Meccanicamente sono deboli.. quindi sono dotati di supporti che mantengono in posizione le pieghe e tutta la struttura è montata all’interno di un telaio, e sigillando tutto con neoprene.. Sono resistenti ad alte temperature.. La vita media di un filtro è di 10-16 mesi e viene sostituito solo in base alla perdita di carico (che aumenta all’aumentare delle particelle depositate)… Per questo motivo l’aria viene prefiltrata delle particelle più grossolane  

TEST DI INTEGRITA’ – DOP TEST:

D.O.P è l’acronimo di un composto chimico: Dioctilftalato che può essere bruciato e nebulizzato ottenendo un fumo con particelle di circa 0,3 μ… Questo fumo viene fatto passare attraverso il filtro.. Attraverso opportuni rilevatori possiamo valutare le particelle in entrata e quelle in uscita calcolando così l’efficienza.. Questo è lo schema di un impianto di filtrazione.. l’aria fresca che proviene A viene miscelata all’aria di riciclo B.. Viene quindi prefiltrata e convogliata in una camera di controllo termico.. Da qui l’aria viene spinta contro il filtro HEPA o ULPA attraverso una ventola di circolazione e inviata a una camera di sterilizzazione con lampade a UV… Da qui viene convogliata nella Clean-Room passando attraverso uno Spandiaria (F). Pagina | 168

All’interno delle camere sterili è assolutamente da evitare un moto d’aria turbolento che provoca un rimescolamento e una diffusione degli inquinanti… Esistono 2 tipi di flusso: Convenzionale Laminare.. che a sua volta può essere: o Verticale o Orizzontale..



FLUSSO CONVENZIONALE:

In alto sul soffitto, e alla base delle pareti troviamo i filtri HEPA… Dall’alto viene inviata l’aria all’interno della stanza… Le linee di flusso non sono esattamente verticali e quindi si creeranno dei moti vorticosi con delle zone più ricche di inquinanti che verranno spinte mano a mano contro le pareti e trasportate al di fuori dell’ambiente… Questo tipo di flusso, ovviamente, non è per nulla indicato per un locale sterile U_u In questi casi si ricorre a un:



FLUSSO LAMINARE VERTICALE:

Come si può vedere dal grafico, tutto il soffitto è emettente e tutto il pavimento è ricevente… In questo modo le linee di flusso sono esattamente verticali e non si instaura alcun moto turbolento  Questo tipo di flusso è particolarmente adatto per i locali di produzione in quanto favorisce la sedimentazione delle particelle…

In un ambiente con questo tipo di flusso, l’operatore deve muoversi in modo specifico… I contenitori aperti ad esempio è bene che vengano presi lateralmente.. e non d’all’alto… In questo modo si riduce il rischio di inquinamento del materiale..

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FLUSSO LAMINARE ORIZZONTALE:

E’ il flusso maggiormente impiegato nei laboratori, in quanto riduce notevolmente la probabilità che l’operatore inquini il materiale.. In questo caso, un’intera parete è emittente.. mentre quella opposta è ricevente… U_u Le linee di flusso sono quindi rettilinee e orizzontali… le particelle non vengono quindi spinte verso il basso sul materiale.. 

Quindi .. in breve… Il tipo di flusso da utilizzare va scelto in funzione dell’operazione che va Eseguita.. U_u

aa

Questo grafico mostra la differenza nel numero di particelle presenti nell’aria in una camera caratterizzata da un flusso Convenzionale (Camera A) e quella con un Flusso laminare (Camera B)…

STERILIZZAZIONE DELL’ARIA: Dopo aver superato il filtro HEPA l’aria, prima di raggiungere la clean room, viene convogliata in una camera di sterilizzaizone dotata di lampade UV, con azione germicida, disposte a 10 cm l’una dall’altra parallelamente o perpendicolarmente al flusso.. Minore è la velocità dell’aria, maggiore è la capacità sterilizzante.. per questo si tende a utilizzare delle camere di sterilizzazione abbastanza ampie.

Pagina | 170

Questo grafico permette di individuare il numero di lampade necessarie per ottenere aria sicuramente sterile  In ascissa abbiamo il diametro della camera di sterilizzaizone.. In ordinata i metri cubi di aria sterilizzata al minuto per watt da lampade UV a 2537 Å Poniamo che il diametro della nostra camera sia di 75 Cm.. e che il flusso di aria sia pari a 2500 m3/h ovvero: 42 m3/min. Se noi vogliamo ottenere aria sterile al 99.99% sappiamo che con un watt sterilizziamo 0,70 m3 di aria Quindi… (42 m3/min) / (0,7 m3/min*watt) = 60 watt... Le lampade principalmente usate sono le TUV-30 (8 Watt sterilizzanti) e le TUV-15 (3.5 watt sterilizzanti).. Se vogliamo sterilizzare con: Le TUV30 avremo bisogno di 60 : 8 → 8 LAMPADE.. Le TUV15 avremo bisogno di 60 : 3.5 → 18 LAMPADE…

…Quindi, Riassumendo… PUNTI FONDAMENTALI DA VALUTARE AL FINE DI GARANTIRE LA STERILITA’: Contaminazione dell’aria e dell’ambiente Contaminazione delle Apparecchiature.. Salute del personale.. Ciclo di sterilizzazione Temperatura..

Umidità Relativa Velocità dell’aria Perdita di carico dei filtri Pressione differenziale tra le aree del complesso.

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GLI OPERATORI: Se l’operatore costituisce la maggiore forma di inquinamento… è chiaro che all’interno delle Clean Room vi deve essere il minor numero di persone possibile  Per avere l’autorizzazione a entrare in tali aree occorre:    

Ricevere un addestramento specifico Avere buone nozioni di igiene e microbiologia.. Essere coscienti di dover riferire ogni condizione personale che possa compromettere la sterilità.. Sottoporsi a periodici controlli sanitari

Un operatore inoltre deve essere:    

Professionale, Affidabile Attento Cosciente di costituire la maggiore fonte di inquinamento.. per questo i movimenti devono essere: o Metodici o Controllati e o Ridotti al minimo U_u

Questo grafico mostra il rilascio di particelle da un operatore a seguito di determinate azioni o movimenti.. Un operatore in piedi, Fermo.. perde circa 100k particelle al minuto Seduto..muovedo solo le braccia… 500k O_o… Muoversi col busto, alzarsi.. e camminare portano a incrementi di particelle che vanno da 1M a 5M Se poi ci si mette a ballare arriviamo a 15M :P Questa tabella mette invece in relazione le attività dell’operatore con le dimensioni delle particelle rilasciate 



COSE DA FARE …E DA NON FARE :P

NON grattarsi e NON Scoprire Parti del corpo

Disinfettare periodicamente i guanti

NON toccare i prodotti Sterili.

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NON Correre..

Evitare assembramenti.. e NON chiachierare inutilmente..

NON fare movimenti strani :P (non necessari) NON STARNUTIRE o Tossire :P

NON Cantare U_u NON Chinarsi sui prodotti Sterili

E per finire.. In caso di Incendio o fughe di Gas.. Non allarmarsi.. Non correre… Insomma… MORIRE CON ONORE U_u

Gli INDUMENTI: Devono coprire la massima superficie corporea.. devono essere confortevoli e permettere di muoversi facilmente… Nelle cleanroom non si devono indossare orecchini, orologi… o portare cosmetici.. Tutti gli strumenti protettivi come maschere e guanti.. camice ecc.. devono essere sterilizzati e puliti e generalmente vanno cambiati OGNI sessione di lavoro.. Il copricapo deve contenere totalmente i capelli e, nel caso ci fosse, la barba… Niente ciuffi sbarazzini :P Il GRADO DI PROTEZIONE varia a seconda del tipo di lavoro che si esegue…Abbiamo principalmente 4 calssi    

Classe A: protezione Totale.. Classe B: Protezione Alta.. è opportuno indossare anche una mascherina.. Classe C: Protezione Media.. basta un camice a uno o due pezzi chiuso ai polsi… Classe D: Protezione Bassa Pagina | 173

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