Appunti Di Biofarmaceutica - Prof: Alessandro Dal Piaz

January 28, 2017 | Author: Alessandro Malfatto | Category: N/A
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Appunti di Biofarmaceutica

Prof: Alessandro Dal Piaz

Questi appunti sono solo una rielaborazione del materiale didattico già fornito dal professore. La sostanza… è sempre la stessa… :P Cambia un po’ la struttura degli argomenti, ci sono i passaggi di quasi tutte le equazioni cinetiche… E beh… L’aspetto grafico…  Ammettiamolo.. i miei disegni sono mille volte meglio U_u (…sse.. Convinto eh.. -.-)    

Primo Plico (Farmacocinetica) Secondo Plico (Assorbimento dei Farmaci) Terzo Plico (Stabilità dei Farmaci) Quarto Plico (Polimeri)

Pag.3 Pag.51 Pag.78 Pag.107

By Ale [email protected] Pagina | 1

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FARMACOCINETICA: In caso di malattia occorrono essenzialmente un medico, che esegua una diagnosi corretta :P, e uno strumento farmacologico appropriato da prescrivere al paziente. Affinchè questo sia possibile, occorre conoscere sia le proprietà terapeutiche del farmaco, che gli effetti collaterali ad esso associati. In linea generale, gli effetti dei un farmaco dipendono dalla sua concentrazione nel torrente circolatorio. Una concentrazione troppo bassa può determinare una risposta inadeguata.. Una concentrazione eccessiva può determinare l’insorgenza di effetti indesiderati e/o tossici  Se mettiamo su un grafico la concentrazione ematica di un farmaco assunto per via orale rispetto al tempo, otterremo un grafico simile a questo… Possiamo identificare un’area compresa tra la minima concentrazione efficace e la massima concentrazione sicura.. Quest’area è definita Finestra terapeutica, ovvero la concentrazione ideale di farmaco affinchè si abbia un successo terapeutico. Un parametro interessante per valutare la tossicità di un farmaco è definito indice Concentrazione Tossica I .t. terapeutico ed è rappresentato dal rapporto tra la Concentrazione massima e la Concentrazione Efficace concentrazione minima efficace. Se l’indice terapeutico ha un valore Elevato, significa che vi è un bel gap tra la Cmax e la Cmin, quindi il farmaco è piuttosto maneggevole. Se al contrario è molto basso, significa che la finestra terapeutica è piuttosto stretta e quindi la dose da somministrare al paziente va attentamente ponderata. Per ottenere nel paziente una concentrazione ematica all’interno della finestra terapeutica occorre saper rispondere a tre domande:  Quanto farmaco devo Somministrare?  Attraverso quale via???  Con quale frequenza per mantenere il regime terapeutico?? Un tempo le risposte si ottenevano empiricamente, andando per tentativi, sulla pelle di poveri esseri umani disperati :P Nowadays ci si diletta con “simpatici” studi di farmacocinetica, che prevedono la conoscenza dei principi che regolano l’assorbimento dei farmaci, la loro distribuzione nei vari distretti dell’organismo, e infine l’eliminazione… Rivelazione dell’anno… questo è il COMPITO DEL CHIMICO FARMACEUTICO → Scoprire come nel tempo un farmaco venga assorbito, distribuito ed eliminato e ottenere dei valori con cui mettere in pratica le regole farmacocinetiche… Quindi, punto primo… Imparare cosa ca^^o sono le “Regole farmacocinetiche” O_o Punto secondo.. perché è necessario conoscere i principi che regolano l’assorbimento distribuzione ed eliminazione dei farmaci??  La risposta è semplice… nella stragrande maggioranza dei casi l’organo bersaglio su cui il farmaco deve agire è lontano dal luogo di somministrazione.. e vi arriva in genere trasportato dal sangue nel torrente circolatorio…

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Si evidenziano vari aspetti da considerare… In che modo il farmaco raggiunge il torrente circolatorio?? o Beh.. può essere introdotto direttamente attraverso un’iniezione intravenosa.. in tal caso il grafico concentrazione rispetto al tempo sarà simile a questo → o O può essere assorbito attraverso le più svariate vie,  Come quella Orale  Muscolare  Rettale  Inalatoria  Transcutanea  Sottocutanea  Sublinguale  Ecc.. ecc.. :P In tutti questi casi, il farmaco deve attraversare delle barriere con caratteristiche lipofile, per passare da un compartimento acquoso a un altro.. In secondo luogo, dopo l’ingresso del farmaco nel torrente circolatorio, avviene la sua diffusione in tutti i distretti dell’organismo, attraverso il passaggio a livello capillare nei liquidi interstiziali. Questo passaggio è influenzato da vari fattori come: o La permeabilità dei capillari: Che ad esempio è più elevata a livello renale ed epatico, mentre è notevolmente ridotta a livello del SNC per effetto delle giunzioni serrate che caratterizzano la Barriera ematoencefalica. o L’eventuale legame con proteine Plasmatiche: C’è da sapere che SOLO il farmaco in forma libera contribuisce a determinare l’effetto terapeutico. La quota di farmaco legato permane (in equilibrio) all’interno del torrente circolatorio. o Il grado di irrorazione dei vari organi: ovviamente gli organi maggiormente irrorati vengono raggiunti più velocemente.. o E infine l’affinità del farmaco per i vari distretti dell’organismo.. questo punto in particolare porta al fenomeno della ridistribuzione di un farmaco.. Una volta che si è raggiunto l’equilibrio di distribuzione la concentrazione della molecola nei vari distretti può essere notevolmente differente da quella ematica. Per nostra fortuna il rapporto di concentrazione rimane COSTANTE  Infine, va presa in considerazione l’eliminazione del farmaco dall’organismo.. che può avvenire attraverso diverse vie.. Renale, biliare, alveolare… O anche attraverso il sudore. In sintesi.. Per conoscere il variare della concentrazione nel tempo di un farmaco in un preciso distretto dell’organismo è necessario valutare:  La velocità di assorbimento del farmaco  La velocità di distribuzione,  E la velocità con cui il farmaco viene metabolizzato/escreto. Per valutare tutto questo occorre conoscere i meccanismi che regolano il passaggio dei farmaci attraverso le membrane cellulari, il flusso ematico degli organi, il legame con Proteine plasmatiche e la cinetica metabolica dei farmaci… Molto presto studieremo tutto ciò :S

Pagina | 4 .

PASSAGGIO DEI FARMACI ATTRAVERSO LE MEMBRANE CELLULARI:

Il passaggio delle molecole di farmaco attraverso le membrane cellulari può avvenire per:     

Diffusione passiva (A) Passaggio attraverso proteine Canale (B) Diffusione mediata da Trasportatori (C) Endocitosi in fase liquida (D) O Endocitosi mediata da recettore (E)

(...a noi interessano solo i primi 3 :P)

Si parla di Diffusione Passiva, quando un farmaco passa da un compartimento acquoso a un altro diffondendo liberamente attraverso la barriera lipofila (membrana cellulare).. Affinchè ciò avvenga, il farmaco deve essere sufficientemente idrofilo da essere solubile nei liquidi extracellulari e al tempo stesso sufficientemente lipofilo per potersi distribuire in un ambiente lipidico. Si può avere una stima del grado di idro-lipofilia di un certo composto andando a misurare il suo coefficiente di ripartizione ottanolo/acqua. Non è altro che un rapporto tra concentrazioni di farmaco nella fase apolare e polare. Se è >1 Il farmaco è lipofilo Se è _> L’Efficacia di un farmaco rappresenta l’entità massima dell’effetto che può essere raggiunto.. Nelle curve disegnate sopra abbiamo farmaci che differiscono solo nella Potenza… Ogni farmaco infatti permette il raggiungimento del 100% dell’effetto… ← Il grafico qui affianco mostra invece le curve concentrazione/risposta relative a 2 farmaci con Stessa Potenza (l’EC50 è infatti uguale) ma con Diversa Efficacia 

Come abbiamo già detto all’inizio del corso, un farmaco può determinare diversi effetti; in genere a seconda della dose a cui viene somministrato… Possiamo quindi plottare sullo stesso grafico le curve Dose/Risposta relative a due o più effetti farmacologici… Come ad esempio nel grafico → Possiamo notare due curve, una relativa all’effetto farmacologico (valutabile con l’ED50) e una relativa all’effetto indesiderato → la morte :P (valutabile con il parametro TD50). La distanza tra le due curve è di per se un indice di sicurezza del farmaco… e viene espresso come “INDICE TERAPEUTICO”  …Il calcolo è assolutamente banale → I .T . TD50 ED50

PERCHÉ USIAMO GRAFICI SEMILOGARITMICI E NON CURVE ARITMETICHE??  Beh, prima di tutto perché noi eseguiamo studi.. alla cieca.. ei grafici semilogaritmici consentono generalmente di linearizzare in tutto, o in parte, le curve permettendo di interpolare facilmente i dati sperimentali   Secondariamente, i farmaci che presentano come target lo stesso sito recettoriale, generano curve dose-risposta Parallele U_u  Il rapporto tra la distanza dell’IC50 delle diverse curve fornisce una misura della diversa potenza di un farmaco e dei suoi analoghi. Pagina | 104 .

RISPOSTA %

 Inoltre (questa caratteristica è particolarmente interessante) se la curva dose-risposta si sviluppa entro 2 ordini di grandezza significa che un farmaco interagisce con un solo tipo recettoriale.. Quando si sviluppa in più di 2 ordini di grandezza, indica generalmente l’interazione del farmaco con vari tipi di recettori.

100%

(in alcuni casi può essere dovuto alla presenza di recettori di riserva)

 Infine.. La pendenza del tratto rettilineo della curva dose-risposta, è un indice della maneggevolezza clinica del farmaco.. → Tanto è più ripida la curva, tanto maggiori saranno le variazioni di intensità in seguito a somministrazioni ripetute.. → Ne consegue che un farmaco è clinicamente più maneggevole se la pendenza della curva è meno accentuata 

Dose

OK.. abbiamo quasi finito… dobbiamo solo fare una piccola precisazione sulla teoria dell’occupazione di Clark… Tra le varie assunzioni che avevamo elencato c’era anche questa: “La risposta biologica (E) è proporzionale al numero di recettori occupati [F-R]” Ne consegue inoltre che: L’effetto massimo si ottiene quando tutti i recettori disponibili sono occupati.. Sperimentalmente, queste due assunzioni, hanno delle falle belle grandi… :P I farmaci che agiscono sulle proteine recettoriali o sugli enzimi, possono essere sostanzialmente divisi in due categorie: Gli AGONISTI → Ovvero farmaci in grado di legarsi a un sito recettoriale determinando dei particolari cambi conformazionali nella struttura 3D della proteina che portano direttamente o indirettamente a un Effetto Biologico.. E gli ANTAGONISTI → molecole che pur legandosi a un recettore, non producono alcuna risposta biologica bensì la inibiscono impedendo il legame tra il ligando endogeno e il target recettoriale. Come mai questa differenza?? Ebbene.. il vecchio modello “chiave-serratura” che si può trovare ancora su molti libri obsoleti è una patacca… U_u Un farmaco, per poter determinare un effetto biologico non deve incastrarsi perfettamente come un pezzo di un puzzle all’interno del recettore.. deve al contrario essere in grado di formare un numero sufficiente di interazioni deboli con i gruppi funzionali del recettore.. senza però adattarsi perfettamente → Deve poter indurre dei cambi conformazionali nella proteina, in grado di massimizzare le interazioni deboli :D Bene.. come modifichiamo quindi questa relazione → B

Bmax F in modo da tenere conto del fatto che F KD

un’occupazione del recettore non si traduce necessariamente in un effetto biologico?? → semplicemente aggiungiamo un fattore “α” che rappresenta l’attività intrinseca del farmaco nei confronti di quel recettore.. B

Bmax F [ ] F KD

Pagina | 105 .

Questo fattore [α] può assumere valori compresi tra 0 e 1.. se:    

α=1 α=0 0_> Risulta quindi evidente che se eseguo molteplici esperimenti di misurazione della pressione osmotica a concentrazioni scalari, possono costruire una retta.. la cui pendenza sarà “B” e la cui intercetta “q” sarà “RT/PM”…

∟= B

RT/PM

c

Ottenere il Peso molecolare medio numerale del mio polimero “Mn” è a questo punto una stupidata: RT q Mn RT Mn q

Bene.. passiamo ora al metodo per ottenere il Peso molecolare medio ponderale “Mw”

Pagina | 112 .

METODO VISCOSIMETRICO: Il metodo viscosimetrico permette di ottenere un valore di peso molecolare che non coincide propriamente con quello medio ponderale “Mw”.. Ad ogni modo ci va moooolto vicino :P Bene… se misuriamo la velocità di scorrimento di un fluido su di una superficie piatta.. e la relazioniamo alla distanza da quella superficie, scopriamo che la velocità del flusso aumenta all’aumentare della distanza.. Il fluido può quindi essere suddiviso in vari strati, ognuno dei quali possiede una determinata velocità di flusso.. La regione del fluido in cui possono essere osservati cambi di velocità è detta strato legante e si instaura essenzialmente per effetto delle forze intermolecolari tra le molecole di fluido e quelle della superficie… Queste forze sono massime nello strato di fluido strettamente adiacente alla superficie.. e di conseguenza la velocità di flusso è approssimabile a zero.. Questa forza di frizione viene trasmessa alle molecole (e agli strati) di fluido adiacenti.. e decresce all’aumentare della distanza. La quantità di resistenza di uno strato al movimento di quello adiacente rappresenta una misura della Viscosità :D La forza necessaria a vincere la viscosità è chiamata Forza di Strappo… [F = η ∙ dƲ] Quando viene messa in relazione all’unità di superficie.. se non abbiamo dimenticato nulla dalla fisica del primo anno di università.. otteniamo un valore di Pressione.. chiamata Pressione di Strappo “T”.. ed d dx

espressa come: T

(dove “η” rappresenta la viscosità)

Vabbè… e quindi?? Come si determina la viscosità dei fluidi?? O_o Ci sono vari metodi.. Uno potrebbe essere quello di misurare la velocità di caduta di una sfera nel liquido mentre è in fase terminale “Ʋt” (ovvero quando ha raggiunto la velocità costante di caduta). Alla velocità di caduta in fase terminale, la forza gravitazionale a cui è sottoposta la sfera è uguale alla forza di frizione del liquido al moto della sfera :D Secondo la legge di Stoke, la forza di frizone del liquido può essere espressa come:

F

6

r

..

La Forza gravitazionale a cui è sottoposta la sfera in caduta nel fluido può essere espressa come:

F

4 3 r ( 3

g

Volume

F

6 g

r

t

2 gr 2 ( 9 t

S

S

F

F

F

Dove “δS” è la densità della sfera e “δF” la densità del fluido..

)

Densità

4 3 r ( 3

g

4 3 r ( 3

S

)

)

S

1 6 r

F

)

← Se noi a questo punto eguagliamo le due equazioni, otteniamo… Estrapoliamo la viscosità… e semplifichiamo il semplificabile.. 

t

E finalmente otteniamo l’equazione che permette di determinare la viscosità 

Pagina | 113 .

Sì.. ok.. abbiamo scoperto come calcolare la viscosità… Ma, domanda del secolo, in che modo relazionare la Viscosità al Peso molecolare dei Polimeri?? → E’ stato verificato Sperimentalmente che esiste una relazione empirica tra il peso molecolare medio di un polimero e la viscosità intrinseca della sua soluzione:

[ ]

K Mw

a

“a” e “K” sono termini costanti per ogni sistema polimero-solvente e possono essere determinati sperimentalmente attraverso l’uso di frazioni polimeriche di cui è noto il peso molecolare medio ponderale… Una volta individuati, è possibile calcolare Mw da:

Mw

[ ] K

1 a

Queste frazioni possono essere ottenute e isolate mediante separazione cromatografica… In questo modo, il PM relativo a una determinata frazione sarà UNICO (NON una media)… Ne consegue che dall’analisi di una qualsiasi proprietà colligativa (come la pressione osmotica) di ciascuna frazione è possibile ottenere un PM che corrisponde sia a Mn che a Mw … Frazione di catene

Se riportiamo la percentuale di catene polimeriche di una determinata lunghezza rispetto al PM.. otterremo un grafico a Campana, che rappresenta la tipica curva di distribuzione delle masse molecolari in un polimero ottenuto per via sintetica… Possiamo notare che il valore centrale attorno al quale si distribuiscono la maggior parte dei PM delle catene corrisponde al Peso molecolare medio Numerale.. Mn Mw

PM

Quello ponderale è più spostato verso destra..

Statisticamente si è visto che per molti processi di polimerizzazione, il rapporto tra Mw e Mn (ovvero l’indice di polidispersità) tende a 2.

SINTESI DEI POLIMERI: Vedremo essenzialmente due tipologie di reazioni utilizzate nella sintesi dei polimeri: Reazioni di Policondensazione (o polimerizzazione a Stadi) → Il polimero si genera attraverso reazioni di condensazione o accoppiamento tra gruppi funzionali complementari, con perdita di piccole molecole (in genere acqua).. Sulla catena principale del polimero sono presenti degli Eteroatomi.. La policondensazione è utile per ottenere polimeri a basso peso molecolare.. In condizioni sperimentali accurate, i polimeri ottenuti hanno un PM compreso nell’intervallo 104–5∙104 .. ..

E Reazioni di Poliaddizione (o polimerizzazione a Catena)→ Il polimero si genera per reazioni a catena che coinvolgono la scissione di un doppio o triplo legame o l’apertura di cicli a 3 o 7 termini.. In genere la catena principale non presenta eteroatomi ed è quindi di natura poli-idrocarburica. I polimeri ottenuti per poliaddizione hanno un peso molecolare piuttosto elevato e sono maggiormente Polidispersi…

Pagina | 114 .

REAZIONI DI POLICONDENSAZIONE 

POLICONDENSAZIONE PER ATTACCO NUCLEOFILO:

Come dice il nome stesso, queste reazioni avvengono per attacco di un nucleofilo a un gruppo funzionale elettrofilo (in genere di natura carbonilica).. A seconda dei monomeri utilizzati possono essere ottenuti: Poliuretani, Poliesteri, Poliammidi, Poliuree, Policarbonati… ecc.. Come già detto, le reazioni di policondensazione, oltre al polimero portano alla formazione di piccole molecole (come acqua e Sali acidi) che generalmente sono facilmente eliminabili dall’ambiente di reazione. Dato che queste sono reazioni all’equilibrio, è possibile spostare l’equilibrio verso destra rimuovendo progressivamente queste molecole  ESEMPIO – SINTESI DEL NYLON 6,6: OH OH

O O

OH

O O

OH

O

H

H O

OH

H

+

+

O

O O

+

OH

O

H

NH2

N

H

O

+H

H

H

O

HN

OH

OH NH2

H2N

H2N

Il meccanismo di reazione è banale.. non occorre alcuna catalisi acida o basica.. L’acido Adipico protona un’altra molecola di acido adipico esaltando le qualità elettrofile del gruppo carbonilico.. che viene quindi attaccato dall’esameildiamina… L’intermedio tetraedrico non è di certo stabile.. un gruppo ossidrilico fotte quindi un protone all’azoto.. l’acqua se ne va.. e abbiamo ottenuto il nostro dimero.. Il quale può a sua volta agire come elettrofilo nei confronti di un’altra molecola di diamina o come nucleofilo nei confronti di una molecola di acido adipico.. L’unica condizione affinchè questa reazione avvenga è che il rapporto tra diacido e diamina sia 1: 1 … Il numero di molecole di acqua formate è pari a 2n-1



POLICONDENSAZIONE PER SOSTITUZIONE NUCLEOFILA:

In questo caso, un gruppo funzionale funge da nucleofilo.. e uno da gruppo uscente.. Questo tipi di reazioni possono essere sfruttate per ottenere Polieteri, Polisolfoni e Polisolfuri… ESEMPIO: ---

S -

Br

OH

S H

Br

-

S

Br

S H

Br

S H

In questo caso abbiamo una reazione di polimerizzazione che coinvolge un solo tipo di monomero che possiede al suo interno un gruppo funzionale nucleofilo e un centro elettrofilo.. Per migliorare la velocità della reazione, possiamo operare in ambiente basico..

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REAZIONI DI POLIADDIZIONE Questo tipo di reazioni implica la presenza di un centro di reattività che dia inizio alla reazione a catena… Questi “centri di reattività” possono essere di due tipologie: Radicali o Specie Ioniche.. A seconda della tipologia potremo distinguere quindi: Reazioni di Poliaddizione Radicaliche E Reazioni di Poliaddizione Ioniche → Queste possono a loro volta essere suddivise in: o Cationiche o E Anioniche Indipendentemente dalla tipologia del centro di reattività, le reazioni di Poliaddizione seguono tre fasi bene definite: 

FASE 1: INIZIO DELLA REAZIONE In questa fase si ha la formazione dei centri reattivi in grado di dare inizio alla catena di reazioni che porterà alla formazione dei polimeri..



FASE 2: PROPAGAZIONE DELLA REAZIONE Questa fase prevede la crescita della catena macromolecolare attraverso l’inserimento di un monomero sul centro attivo della catena in crescita..



FASE 3: TERMINAZIONE DELLA REAZIONE Infine, la crescita della catena macromolecolare viene arrestata attraverso due meccanismi: 1. Spegnimento: il centro attivo scompare dal monomero e dal polimero.. 2. Trasferimento: il centro di reattività viene spostato su di una specie chimica che non è in grado di determinare una reazione di allungamento della catena.

MONOMERI USATI NELLE POLIADDIZIONI: Monomeri con Legami Multipli: contemporaneamente all’addizione del monomero sulla catena si ha la perdita di un legame π Monomeri a Struttura Ciclica: Durante l’inserimento del monomero nella catena in crescita si ha il passaggio da una struttura ciclica (più o meno tensionata) ad una struttura lineare…

N.B.

Qualunque sia il monomero usato nelle reazioni di poliaddizione si verifica SEMPRE un guadagno entalpico.

Per quanto riguarda i monomeri di tipo insaturo, questi sono alcuni esempi che mostrano la formazione dei centri reattivi in grado di iniziare e propagare la crescita della catena polimerica.. H

R1

H R

H

R2

H

R1

R2

H

R1

R2

R2

H H

R1

A-

-

R2

H H

R+

← Poliaddizione Anionica

C

R1 +

R H

← Poliaddizione Radicalica

C

A H

R1

R*

← Poliaddizione Cationica

C H

R2

Pagina | 116 .

 Se al monomero insaturo sono legati gruppi Elettron–Attrattori, come CN, COOR, CONH2 .. capaci di ridurre la densità elettronica al doppio legame, sarà favorito un attacco da parte di un nucleofilo o di un radicale libero.. Ne consegue quindi che avremo una reazione di poliaddizione Anionica o Radicalica.. H

R1

H

-

Nu

-

Nu H

OR

H

R1 C

Nu OR

H

O

R1

O

OR

H O

-

 Se al monomero insaturo sono legati gruppi Elettron–Donatori è favorito l’attacco nei confronti del catione.. ne consegue che avremo una reazione di poliaddizione Cationica. H2C

Lo Stirene è uno dei pochi monomeri suscettibili ad essere polimerizzato per tutte e tre le vie (radicalica, cationica e anionica)… Questo è essenzialmente dovuto alla sua natura vinilica e alla versatilità del nucleo aromatico a stabilizzare sia elettroni spaiati che doppietti elettronici o cariche positive in α all’anello aromatico..



POLIMERIZZAZIONE RADICALICA:

La polimerizzazione di tipo radicalico a partire da monomeri insaturi rappresenta la via più diffusa nella produzione industriale della maggior parte dei polimeri. Il processo inizia a partire da opportune molecole definite “iniziatori” (I) che determinano la formazione di Due specie radicaliche (R∙) , a loro volta in grado di dare inizio alla catena di reazioni di polimerizzazione…  I → 2R∙  R∙ + M → RM1∙  RM1∙ + M → RM1M2∙

← INIZIO ← INIZIO ← PROPAGAZIONE

Gli INIZIATORI sono in genere composti organici che per effetto termico, chimico o fotochimico si decompongono per scissione omolitica dando origine a due radicali..

O

O

Un esempio è dato dal Perossido di Benzoile (BPO)

O O

O O O O

Oppure l’ AIBN → Azobisisobutirronitrile E grazie a Sci-Finder, abbiamo anche i meccanismi di decomposizione termica che portano alla formazione degli iniziatori…

L’energia necessaria perché avvenga la scissione omolitica in queste molecole è di 40-60 Kcal/mole.. L’energia Non deve essere superiore, per non causare la decomposizione accidentale dei nostri monomeri :P Pagina | 117 .

Come TERMINA il processo di polimerizzazione?? → Essenzialmente attraverso 3 tipi di reazioni… a) REAZIONI DI COMBINAZIONE: Molto semplicemente, due specie radicaliche mettono in comune i loro piccoli elettroni spaiati per formare un legame covalente :D

C∙

C

∙C

C

b) REAZIONI DI DISPROPORZIONAMENTO: Questo tipo di reazioni castranti :P coinvolgono un Atomo di Idrogeno che viene strappato via da una catena polimerica.. e utilizzato per spegnere il radicale di un’altra catena… La catena privata del suo Idrogeno, usa i due elettroni rimasti per costruire un legame π.. Ok… è molto più semplice farlo che spiegarlo O_o

C∙

∙ C–C C–H

C∙

∙H

+

C=C

c) REAZIONI DI TRASFERIMENTO DI CATENA: In questo caso il radicale presente sulla catena polimerica reagisce con una specie chimica, che può essere l’iniziatore o un’impurezza di reazione, dando origine a una specie radicalica che non è in grado di prendere parte al processo di polimerizzazione…

C∙ 

+

X–Y

C–X

+

Y∙

POLIMERIZZAZIONI IONICHE:

A differenza delle polimerizzazioni per via radicalica, lo stadio di INIZIO presenta una Bassa Energia di Attivazione.. e la velocità di polimerizzazione dipende marginalmente anche dalla temperatura.. Inoltre, il processo di terminazione avviene solo per azione di impurezze ad idrogeno mobile (acqua, alcoli, amine…)

o POLIMERIZZAZIONE CATIONICA: Questo tipo di polimerizzazione è promosso per via chimica da acidi protici, acidi di lewis (come BF3, AlCl3, TiCl4, SnCl4) in combinazione con quantità catalitiche di acqua o alcoli… Le possibilità sono varie:

In questa reazione l'iniziatore è un catione “A+”. La coppia di elettroni del doppio legame C–C è attratta da questo catione portando alla formazione di un legame σ con l'iniziatore.. Uno degli atomi di carbonio che formava il doppio legame rimane con meno elettroni del dovuto ed acquista quindi una carica positiva.. la quale attrarrà gli elettroni del doppio legame di un altro monomero.. e la reazione polimerica proseguirà 

Questa reazione terminerà sottraendo [H+] e quindi portando alla formazione di un doppio legame che “elimina” il carbocatione  Pagina | 118 .

Esistono anche altri tipo di polimerizzazioni cationiche.. In questa reazione, abbiamo che il cloruro di alluminio, in presenza di piccole quantità di acqua, forma un complesso:

L’ossigeno, molto elettronegativo, tenderà ad attrarre verso di se gli elettroni in comune con gli atomi di idrogeno, lasciandoli con una parziale carica Positiva.. In questo modo, sono pronti per reagire con la coppia di elettroni del doppio legame del monomero insaturo, portando alla formazione di un carbocatione..

La reazione si propaga, e può essere terminata, come visto prima:

o POLIMERIZZAZIONE ANIONICA: Questo tipo di polimerizzazione è molto più semplice.. e prevede la trasformazione del monomero in un nucleofilo… Per farlo, occorre che l’iniziatore sia un Nucleofilo forte come l’Ammoniuro di Sodio (NaNH2) o il Butil Litio.. Dato che qualcuno online si è preso la briga di farla con il butil litio.. e dato che ne ho le palle piene di usare chemsketch.. vedremo questa qui… tanto non cambia un ca^^o U_u

Per terminare il processo di polimerizzazione basta aggiungere Acqua acida, che reagisce così con i carbanioni  AGENTI INCROCIANTI Sono delle sostanze che permettono di formare strutture reticolate tridimensionali legando più catene polimeriche tra loro.. Un esempio è il DivinilBenzene, che può essere addizionato, in concentrazioni variabili, al monomero di interesse portando alla formazione di polimeri a maglia, con pori il cui diametro dipende dalla concentrazione di agente incrociante. Questi polimeri travano un ottimo impiego nel campo delle formulazioni a rilascio controllato. Pagina | 119 .

SOLUBILITA’ DEI POLIMERI: I Polimeri usati in ambito farmaceutico possono essere suddivisi in due “grandi” categorie :P Quelli solubili in ambiente acquoso.. e Quelli insolubili in ambiente acquoso… Questa divisione in realtà non è estremamente rigida.. ma è utile per identificare due aree diverse di utilizzo dei polimeri in campo farmaceutico.. I Polimeri Solubili in Solvente Acquoso: hanno la capacità di aumentare notevolmente la viscosità della soluzione di cui fanno parte, anche a concentrazioni moderate.. Questi polimeri inoltre, possono goinfiarsi o cambiare forma una volta immessi in acqua.. I Polimeri Insolubili (o a Bassa velocità di Dissoluzione) sono generalmente usati per formare film sottili di rivestimento per le formulazioni farmaceutiche.. membrane da dialisi o filtrazione, matrici di contenimento del farmaco per controllarne il rilascio… O semplicemente come materiale per lo stoccaggio dei farmaci  Da cosa dipende la solubilità dei polimeri??  Beh.. ovviamente dal Carattere Idrofilo del Polimero: Affinchè un polimero sia solubile, la componente idrofila deve prevalere su quella lipofila.. I polimeri costituiti da monomeri a carattere idrofilo, sono quindi estremamente più solubili di quelli che contengono prevalentemente residui a carattere lipofilo… Per fare un esempio.. I poliEteri, i PoliEsteri… i Polilattilati sono sicuramente più solubili del Polivinilcloruro, del polipropilene.. e del Theflon :P  In secondo luogo, dal Peso Molecolare: La solubilità acquosa di un polimero è logicamente inversamente proporzionale al Peso molecolare. Quanto maggiore sarà la lunghezza delle catene, tanto maggiori saranno le forze di van der Waals che le tengono unite fra di loro.. Di conseguenza, tanto maggiore sarà l’energia richiesta per portarle in soluzione… U_u Un parametro utile, strettamente correlato alla solubilità dei polimeri, è la Velocità di Penetrazione “S”.. Che può essere espressa con dalla relazione: S = k∙M-A Dove “M” è il peso molecolare del polimero.. mentre “k” e “A” sono delle costanti che dipendono dalle caratteristiche chimico-fisiche del polimero de dal tipo di sistema solvente/polimero.. Va preso in considerazione il fatto che il processo di dissoluzione di un polimero è ben più complesso di quello di un materiale solido Cristallino formato da moelcole a basso PM o da composti (come l’NaCl)... → Poniamo di avere un Solido Cristallino (NaCl): Come avevamo già visto in precedenza, quando il solvente inizia a penetrare nella massa del cristallo, si forma attorno ad esso un microambiente in cui il Soluto raggiunge la concentrazione di saturazione.. questo strato lo avevamo chiamato Strato Stazionario.. o Strato diffusionale.. → Quando il solvente penetra invece in una Massa Polimerica, non si forma uno strato di diffusione, ma uno strato di rigonfiamento.. → le molecole di acqua si infiltrano tra le catene polimeriche le quali si distendono e si allontanano l’una dall’altra.. Successivamente alla progressiva infiltrazione del solvente nella massa polimerica si ha la formazione di uno strato di GEL.. Pagina | 120 .

Un “GEL” non è altro che un sistema polimero-solvente costituito da una rete 3D di catene polimeriche capaci di sviluppare legami intermolecolari relativamente stabili (non perturbati dai moti Browniani).. questo reticolo tridimensionale è immerso nelle molecole di solvente.. ed è quindi un sistema ad elevata viscosità.. In seguito a una ulteriore infiltrazione di solvente, si ottiene uno strato di diffusione, in cui le catene polimeriche non interagiscono più strettamente tra loro e sono libere di passare in soluzione.. Questa particolare caratteristica dei polimeri li rende particolarmente adatti all’impiego come sistemi per il rilascio controllato dei farmaci. Se un farmaco si trova incastrato nella rete tridimensionale polimerica, per entrare in soluzione dovrà prima diffondere attraverso lo strato di rigonfiamento.. Poi attraverso lo strato di Gel… e infine attraverso lo strato di Diffusione :D La velocità di Diffusione, ricordiamolo, dipende strettamente dalla viscosità → che negli strati di rigonfiamento e di gel è piuttosto elevata U_u Le caratteristiche di rilascio del farmaco da queste matrici polimeriche possono essere quindi modulate variando il Peso Molecolare del polimero.. e le sue caratteristiche di Idrofilia-Lipofilia.. I sistemi a Rilascio controllato sono particolarmente utili per quei farmaci:  Irritanti la parete dello Stomaco  Con una finestra terapeutica molto ristretta e Fortemente tossici..  Nauseanti in caso di rilascio troppo rapido… (¿stimolazione della CTZ?)

I GEL Ripetiamolo per l’ennesima volta…. I Gel sono soluzioni concentrate di polimeri che presentano una elevata viscosità a causa delle forti interazioni tra le catene polimeriche che intrappolano le molecole di solvente in una rete tridimensionale.. Questo avviene in quanto all’aumentare della concentrazione di polimero, le catene tendono ad avvicinarsi tra loro in modo disordinato.. Esiste un valore di concentrazione detto “concentrazione Critica” oltre il quale le interazioni tra le catene diventano più che significative → Si arriva così allo stato di GEL… o o

Il tipo di interazioni tra le catene è ininfluente.. possono essere sia legami covalenti che non covalenti.. La concentrazione critica è un parametro che dipende strettamente dalla temperatura, dal bilanciamento fra carattere lipofilo e idrofilo del polimero.. di conseguenza anche dall’interazione polimero-solvente.. Ovviamente dal PM (che ne influenza la solubilità).. e, Molto importante, dalla Flessibilità della Macromolecola (→ maggiore è la flessibilità, maggiore è la concentrazione critica)

Un gel può essere ottenuto in diversi modi:  Rigonfiamento di un polimero solido in presenza di solvente → in poche parole.. Aggiungo acqua al materiale polimerico… >_>  Riduzione della solubilità del polimero in soluzione → Possiamo farlo… o ..abbassando la temperatura della soluzione… o ..aggiungendo solventi in cui il polimero è poco solubile.. o ..aggiungendo sostanze in grado di abbassare la concentrazione critica.. Pagina | 121 .

Esistono infatti sostanze (anche inorganiche) che svolgono la funzione di ponte fra le catene polimeriche, inducendole ad assumere una struttura tridimensionale mediante la formazione di legami non covalenti… Es: Borace. L’aggiunta di questo additivo permette infatti di abbassare il punto di Gel. A seconda del tipo di legame responsabile della formazione della rete tridimensionale, i Gel possono essere classificati in 2 Grandi categorie: GEL DI TIPO I – IRREVERSIBILI: Sono quei polimeri che costituiscono una rete tridimensionale caratterizzata da legami Covalenti.. Di questa categoria fanno ad esempio parte i polimeri ottenuti dalla polimerizzazione di un monomero in presenza di un agente incrociante.. GEL DI TIPO II – REVERSIBILI: In questo caso i polimeri instaurano una rete tridimensionale caratterizzata da Legami NON covalenti.. Questi gel, in seguito all’aumento del solvente e/o della temperatura, possono tornare alla forma solubilizzata.. → L’aumento di temperatura determina infatti un aumento della concentrazione critica (o punto di gel).

USO DEI GEL IN AMBITO FARMACEUTICO 

FILM PLASTICI:

Sono chiamati così in quanto vengono utilizzati come gelatine per l’applicazione di farmaci sulla pelle.. In seguito all’applicazione il gel secca rapidamente lasciando un film flessibile e malleabile (plastico ) contenente il farmaco, in intimo contatto con il Derma. I film Plastici sono in genere preparati da soluzioni di PolivinilAlcoli (PVA) in acqua, assumono l’aspetto di mucillaggini simili a quelle formate dalla metilcellulosa. Queste soluzioni possono essere eventualmente addizionate di altri componenti per aumentarne la viscosità (es: il Tetraidroborato di sodio).

che

A quale categoria appartengono i “Film Plastici”??, Gel di Tipo 1 o di tipo 2?? → Ovviamente, tipo 2! 

IMPIANTI AD ESPANSIONE:

I Gel di Tipo 1, come già detto sono ottenuti dal rigonfiamento di polimeri in Acqua le cui catene sono state legate covalentemente mediante l’aggiunta di agenti incrocianti.. La maggior parte di questi polimeri, una CH CH volta disidratati, possono essere reidratati, tornando al volume di partenza prestabilito :D 3

CH3

3

CH3

H3C

Questo tipo di polimeri, impiantati allo stato non idratato, vengono generalmente utilizzati per riempire CH CH CH una cavità o per dare una H C H C O O O forma definita ai tessuti O O O circostanti.. Ovviamente, non devono essere Solubili e devono OH OH OH essere chimicamente Stabili. 3

3

O O

CH3

O O

O O

H2C CH3

3

2

O CH3

3

O O

OH

O

O

+

OH

O O

CH3

CH3

O H3C

O OH CH2

CH3 O

O CH 3 O

O

H3C

Un esempio è il Poli(2-idrossietil-metacrilato) incrociato con etilenglicoldimetacrilato O_o” ↗ OH

OH

Pagina | 122 .



SISTEMI DI RILASCIO PROLUNGATO:

I Gel possono essere usati ad esempio per veicolare antibiotici allo scopo di ottenerne un rilascio prolungato nel tempo, in prossimità del sito di impianto.. Sistemi antibiotico-gel di questo tipo sono stati impiegati ad esempio nel trattamento di infezioni dell’orecchio medio e di altri siti non facilmente raggiungibili con i classici metodi di somministrazione.. 

RIVESTIMENTO DEL MATERIALE DI SUTURA CHIRURGICO:

I sistemi Gel-Antibiotico possono essere usati per rivestire il materiale di sutura chirurgico.. In questo modo si scongiura l’eventualità che nel paziente si sviluppino infezioni lungo la fibra di sutura.. I gel utilizzati a questo scopo sono di TIPO 1 → e non devono solubilizzare a contatto con i fluidi corporei. 

LENTI A CONTATTO:

Possono essere prodotte lenti a contato idrofile da poliglicolmetacrilati che formano Gel di Tipo 1.. Queste lenti a contatto possono essere utilizzate per la veicolazione di farmaci oftalmici U_u 

ECCIPIENTI PER FARMACI OFTALMICI:

Le medicazioni convenzionali per l’occhio sono state modificate nel corso degli anni con l’aggiunta di polimeri capaci di aumentare la viscosità dei fluidi come ad esempio PoliVinilAlcoli (PVA)… Questi polimeri permettono di formare un film sottile in grado di prolungare il contatto del farmaco con la cornea, e ritardando il drenaggio da parte del fluido lacrimale 

ETEROGELS Sono sostanzialmente dei Copolimeri; ovvero polimeri formati da 2 o più diverse tipologie di monomeri.. Dal momento che i singoli monomeri possono essere dotati di caratteristiche di solubilità diverse, possiamo aspettarci che soluzioni concentrate di questi copolimeri possano comportarsi in modo diverso rispetto a quelli classici costituiti da un solo monomero. Nei Copolimeri a Blocchi del tipo AAABBBAAA in cui l’unità ripetuta “A” è di natura idrofila e quella “B”Lipofila, le porzioni insolubili tenderanno (in presenza di un solvente polare) ad aggregarsi per via dell’effetto idrofobico. I gel che possono prendere origine dai copolimeri assumono strutture tridimensionali diverse, a seconda delle solubilità, della disposizione, e delle dimensioni dei blocchi. E ovviamente a seconda della tipologia di Solvente..

Pagina | 123 .

Prendiamo ad esempio un Copolimero costituito da: 41% Polistirene e 59% Poliossietilene:

H3C

CH2

CH2

O

CH2 CH2 O

CH2 CH2 O

CH2 CH2 CH2

CH2

CH3

Polistirene Se dissolto a 80 °C in Butilftalato (Ottimo solvente per il Polistirene)..Una volta raffreddato a temperatura ambiente porta alla formazione di un Gel con una struttura microscopica a strati  Si può notare che secondo questa struttura le catene poliossietileniche si impaccano tra loro, Poliossietilene per ridurre al minimo il contatto con il solvente.. Le catene di polistirene invece assumono una disposizione disordinata, ottima per interagire con il solvente..

Lo stesso copolimero, se dissolto in nitrometano (CH3NO2) , permette di ottenere un gel con una struttura tridimensionale Cilindrica.. In questo caso sono le catene di polistirene ad aggregarsi tra loro per ridurre al minimo le interazioni con il solvente..

Tutto questo per dire in conclusione che le diverse strutture tridimensionali assunte dagli eterogels possono influire notevolmente sulla velocità di rilascio dei farmaci eventualmente contenuti in essi… U_u H3C

O

CH2 CH2 O

CH2 CH2 O

CH2 CH2 O

CH2 CH2 O

CH2 CH O CH3

CH2 CH O CH3

CH2 CH O CH3

CH2 CH O CH3

CH2 CH O CH3

CH2 CH O

CH2 CH2 O

CH2 CH2 O

CH2 CH2 O

CH2 CH2 OH

CH3

↑Copolimeri a Blocchi, costituiti da monomeri di Poliossietilene-Poliossipropilene-Poliossietilene sono utilizzati in genere come emulsionanti.. Se posti in soluzione acquosa, a basse concentrazioni, formano micelle monomolecolari.. A concentrazioni più elevate invece si autoassemblano per formare aggregati micellari supramolecolari.

Da queste soluzioni si possono ottenere Eterogels con strutture tridimensionali uguali a quelle rappresentate poco fa → con i blocchi di natura idrofobica aggregati tra loro e le catene poliossietileniche all’esterno, a “protezione” del core idrofobico..

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POLIMERI DI INTERESSE FARMACEUTICO: Fino a qualche anno fa, lo sviluppo di nuovi farmaci proveniva dallo studio di valutazione farmacologica di nuove molecole naturali o di sintesi, molte delle quali venivano scartate o rielaborate perché magari troppo tossiche, o instabili nei fluidi fisiologici.. Recentemente la ricerca si è particolarmente indirizzata verso lo studio degli eccipienti che compongono la formulazione farmaceutica, in modo da stabilizzare o ridurre la tossicità di un determinato principio attivo magari ad elevato potenziale terapeutico, ma difficilmente impiegabile.. (Ovviamente le case farmaceutiche non lo fanno solo per questo… Nuova Formulazione con lo stesso principio attivo → Curve di biodisponibilità Migliori → Nuovo BREVETTO → $_$)

In questo contesto, i materiali polimerici hanno trovato un vastissimo campo di impego.. Possono essere infatti adoperati come: CARRIERS (TRASPORTATORI): Possono agire come sistemi a rilascio controllato di un farmaco, o come matrici macromolecolari a cui ancorarlo.. In genere, i polimeri di questo tipo devono essere biologicamente inattivi. COMPOSTI AD ATTIVITÀ TERAPEUTICA INTRINSECA: che agiscono direttamente come principi attivi.. (e quindi sono biologicamente attivi) I vantaggi apportati dall’uso dei polimeri come carriers o come eccipienti sono numerosissimi:  Attività Terapeutica Attenuata o Ritardata: Questo è molto utile per quei farmaci ad elevato potenziale terapeutico, ma fortemente tossici.. In genere, all’attenuazione dell’attività terapeutica corrisponde un indebolimento degli effetti collaterali..  Attività Estesa Nel tempo: Questo effetto è utile per quei farmaci instabili nei fluidi fisiologici.. L’uso di sistemi a rilascio prolungato permette di ridurre il numero di somministrazioni nel tempo (riducendo quindi l’entità delle fluttuazioni di principio attivo nel torrente circolatorio..)  Somministrazione Mirata: Particolarmente utile per farmaci che esplicano l’attività terapeutica in un determinato distretto, ma possono risultare tossici se distribuiti dal torrente circolatorio in tutto il resto dell’organismo..  Effetti sinergici nell’attività del farmaco: connessa con la presenza di altri farmaci all’interno della stessa matrice macromolecolare..  Riduzione della tossicità e degli effetti collaterali di farmaci convenzionali.. Ad ogni modo.. non è tutto oro quel che luccica… :P Oltre ai vantaggi.. i polimeri possono creare dei problemi :-/ 

Che fine fanno i materiali polimerici immessi nell’organismo?? → L’uso di matrici difficilmente biodegradabili può portare a un bioaccumulo di specie ad alto peso molecolare nei lisosomi cellulari riducendo la quota escreta per via renale…



I polimeri possono portare a risposte immunologiche in soggetti predisposti → Sia per effetto del polimero in toto, che per alcuni suoi frammenti, monomeri.. o dei prodotti di degradazione ottenuti a seguito dei normali processi fisiologici.. La potenzialità antigenica si è visto essere strettamente correlata alla struttura primaria e secondaria.. in particolare si è notato che una struttura regolare ha meno probabilità di scatenare una risposta antigenica.. (→ meglio evitare quindi copolimeri statistici) Pagina | 125 .

FARMACI POLIMERICI: Sono polimeri di natura sintetica o semisintetica che mostrano attività farmacologica intrinseca.. Alcuni fermaci polimerici attualmente utilizzati sono ad esempio: ANAFLEX: Copolimero di urea e formaldeide.. Mostra uno spiccato spettro di attività antimicrobica.. e viene utilizzato per applicazioni locali… (io sinceramente vorrei tanto sapere dove il professore ha trovato questa informazione… Da quel che so.. quella descritta è la COLLA UREICA O_O‼ e l’Anaflex è un antiinfiammatorio…) COLESTIRAMINA: E’ un copolimero costituito da catene polimeriche di polistirene e divinilbenzene funzionalizzato con Sali di alchilammonio quaternari.. Questo tipo di polimeri legano gli Acidi biliari impedendo il loro riassorbimento.. Ne consegue che aumenterà la quota di colesterolo metabolizzato ad acidi biliari.. La colestiramina viene infatti adoperata nel trattamento delle dislipidemie. → la colestiramina ovviamente non è un farmaco ad elevatissima specificità.. di conseguenza, sarà in grado di seguetrare oltre agli acidi biliari molte molecole con carica negativa.. EPARINA: E’ un glicosaminoglicano usato come anticoagulante.. Agisce legandosi e attivando l’antitrombina 3..

Alcuni farmaci Polimerici in fase di Valutazione sono costituiti da polielettroliti dotati di carica negativa permanentemente localizzata sulle ramificazioni della catena principale.. Hanno esplicato una particolare attività come antivirali e come attivatori dei macrofagi… Si è inoltre evidenziato che i macrofagi attivati dai polimeri polianionici mostravano una preferenziale attività citostatica e citotossica nei confronti delle cellule tumorali.. Alcuni polimeri di questo tipo sono: Pyran: Copolimeri a base di anidride maleica e diviniletere Copolimeri a base di acido maleico e acido acrilico Acido poliacrilico.

← Purtroppo sembra che questi copolimeri presentino una tossicità piuttosto elevata :-/

POLIMERI BIOLOGICAMENTE INATTIVI:  RESINE A SCAMBIO IONICO: Queste resine sono dei copolimeri ottenuti per polimerizzazione di monomeri di styrene, acrilati e mataacrilati che vengono reticolati con un agente incrociante come il divinilbenzene… A seconda della quantità di divinilbenzene possiamo ottenere un diverso grado di reticolazione.. In piccole quantità otteniamo per esempio resine geliformi… In alte quantità otteniamo resine rigide macroreticolate. Le resine geliformi sono in grado di assorbire enormi quantità di acqua, rigonfiandosi Le resine macroreticolate hanno una struttura sferica di piccolissime dimensioni 0,3-1,2 mm Queste resine sono supportate da gruppi funzionali dissociabili che permettono di scambiare gli ioni :D In base al tipo di ione scambiato le possiamo dividere in:

Resine Cationiche Resine Anioniche

Permettono di scambiare cationi Permettono di scambiare Anioni Pagina | 126 .

RESINE CATIONICHE: Se permettono di scambiare cationi, il gruppo funzionale supportato dalla resina deve essere necessariamente un anione U_u .. Il tipo di Anione determina la forza della resina :D In ordine: …

–SO3–CH2SO3–COO–Ø–O-

Molto Forte Forte Debole Molto Debole

Il controcatione può essere: un Na+ o un K+ : in questo caso la funzione della resina è quella di addolcire.. scambiando i cationi che determinano durezza… un H+ : In questo caso la resina ha funzione deionizzante.. viene scambiato qualunque catione con l’idrogeno..  RESINE ANIONICHE: Il discorso è analogo… il controanione è generalmente: Il Cl- : Se lo scopo è addolcire… L’ OH- : Se si intende Demineralizzare :D Il gruppo funzionale è un sale ammonico; primario, secondario, terziario o quaternario.. a seconda della forza della resina… ….

–N+RR’R” –NH+RR’ –NH2+R –NH3+

Molto Forte Forte Debole Molto Debole

Più sono le sostituzioni.. più la resina è forte  Le resine a scambio ionico sono generalmente prodotte sotto forma di perline.. Affinchè avvenga lo scambio, gli ioni devono poter diffondere all’interno e all’esterno della resina.. Gli ioni che superano una certa dimensione possono essere esclusi variando il diametro dei pori.. Questo può essere regolato in fase di sintesi modulando le quantità di agente incrociante aggiunto… Maggiore è la concentrazione di quest’ultimo.. Minore sarà il diametro :) A parità di dimensione dei pori, la capacità di una resina a scambiare uno ione con un altro dipende essenzialmente:  Dall’affinità della resina per lo ione..  E dalla concentrazione di Ioni in Soluzione.. Le resine a scambio ionico Solfoniche per esempio mostrano il seguente grado di affinità:

H+

NH4+

Na+

K+

Ca++

Se poniamo di avere una resina solfonica il cui contro-catione è costituito da un protone, si avrà un rapido scambio se in soluzione sono presenti Ioni Calcio U_u

Pagina | 127 .

APPLICAZIONI DELLE RESINE IN AMBITO FARMACEUTICO:  Se somministrate per via orale, le resine a scambio ionico possono influenzare le concentrazioni plasmatiche di elettroliti scambiando cationi nel lume intestinale..  In forma ammoniacale, sono usate nel controllo della ritenzione di sodio durante la gravidanza.  In caso di ipopotassemia si possono usare resine solfoniche con “K+ ” come controione  Al contrario, nei casi di iperpotassemia si possono usare resine solfoniche contenenti ioni Ca++. Sono preferibili alle resine protoniche in quanto lo scambio H+ → K+ determinerebbe un incremento del pH nel lume intestinale.  A questo proposito, le resine a scambio ionico possono essere usate anche come antiacidi :P

Le resine a scambio ionico possono essere usate anche per la rimozione di impurità ioniche dall’acqua..In base al tipo di acqua in entrata.. e al tipo di acqua che vogliamo ottenere all’uscita.. dobbiamo determinare quali siano i trattamenti più idonei da eseguire. In alcuni casi si può trattare l’acqua solo con una resina.. per abbattere le specie cationiche.. in altri casi può avvenire il contrario… Se siamo più sfortunati, dovremo utilizzare sia resine anioniche che resine cationiche… Le acque che provengono da un sistema di deionizzazione a scambio ionico, possono essere inquinate da microorganismi.. e questo può risultare un problema in quanto può determinare una crescita batterica all’interno dell’impianto. Per questo motivo le resine devono essere periodicamente rigenerate e SANITIZZATE.  Va ricordato che le resine a scambio ionico non sono in grado di rimuovere composti organici o non elettrolitici e quindi nemmeno germi e pirogeni U_u

Infine, Le resine a scambio ionico possono essere utilizzate come sistemi a rilascio prolungato per farmaci elettrolotici come per esempio L’Efedrina e la Feniltoloxamina che possono essere ionizzati in ambiente acido e complessati a una resina solfonica..

H3C

H3C

NH

N

OH H3C O

La resina con il farmaco, una volta inserita nell’organismo potrà rilasciare il farmaco con una Velocità che dipende:  Dalla percentuale di agente incrociante utilizzato in fase di sintesi della resina → Minore è la concentrazione di agente incrociante → maggiore è il diametro dei pori → maggiore è la velocità di rilascio del principio attivo…  Dal diametro delle sferette di resina ottenute  Dal valore di pKa del gruppo funzionale ionizzabile della resina

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CH3

 DESTRANO: Il destrano è un polisaccaride con peso molecolare molto variabile (10∙106 - 300∙106) costituito da monomeri di glucosio legati tra loro da legami 1-6 glucosidici.. Ogni 10 unità monomeriche sono introdotte delle ramificazioni caratterizzate da legami 1-3. Queste ramificazioni ad ogni modo NON danno luogo alla formazione di reticoli… Mediante reazioni di idrolisi in ambiente acido, è possibile ottenere destrano con PM inferiore.. I frammenti possono essere separati attraverso tecniche cromatografia, che permettono di ricavare frazioni di destrano con un basso indice di polidispersità.. In campo medico, per il mantenimento del volume plasmatico, viene impiegato destrano con PM compreso tra 2∙104 e 2∙105 dalton.. Il Peso molecolare può essere verificato attraverso l’analisi della 3

viscosità utilizzando la relazione → [ ] 10 M

1 2

Il Destrano con PM compreso tra 40k e 120k è iniettabile.. inoltre, quello con PM inferiore a 50k è eliminato più lentamente in quanto viene inizialmente immagazzinato nel reticolo endoteliale..

 Il destrano 70 e il 110 (i numeri rappresentano i PM medi) sono impiegati per l’espansione del volume plasmatico per effetto osmotico (accompagnato da un aumento della pressione venosa e della gittata cardiaca)..  Il Destrano 40 può essere inoltre utilizzato per prevenire eventi trombotici a seguito di interventi chirurgici e per favorire il flusso sanguigno nei capillari… A PM più elevato, il destrano ha l’effetto opposto → agisce come aggregante nei confronti degli eritrociti. (e questo a noi non piace…)

Possiamo vedere che a Bassi pesi Molecolari (40K) il potere aggregante è poco significativo.. anche a concentrazioni elevate.. Per tutti gli altri PM possiamo individuare un valore di concentrazione in cui ciascuna frazione presenta il Massimo grado di aggregazione.. Questo valore è indipendente dal tipo di misura effettuata…

sangue destrano sangue

D-2000 D-500 D-150 D-80 D-40

3

2

1

Viscosità Relativa (ηr)

Questo grafico mette in relazione il potere aggregante del destrano nei confronti degli eritrociti in funzione del Peso Molecolare e della Concentrazione.

Indice di Aggregazione

Possiamo valutare il potere aggregante del Destrano attraverso il calcolo della viscosità relativa: e successivamente, andando a cercare il rispettivo valore sulle curve nel grafico sottostante.

100

D-2000 D-500 D-150 D-80 D-40

80 60 40 20 0 10

-7

10

-6

10

-5

10

-4

10

-3

10

Concentrazione di Destrano mol/L

Pagina | 129 .

-2

APPLICAZIONI TECNOLOGICHE DEL DESTRANO: Il Destrano può essere impiegato nella produzione di Setacci Molecolari; → particolari microparticelle polimeriche a porosità controllata utilizzate nelle tecniche di cromatografia di estrusione molecolare. Queste tecniche permettono in genere di separare frazioni proteiche, nucleotidiche, liposomiche ecc.. in base al Peso Molecolare.. Come sappiamo, il Destrano presenta ramificazioni, ma NON reticolazioni… Per ottenere quindi una microporosità controllata, tipica dei setacci molecolari, occorrerà aggiungere degli agenti incrocianti in grado di legare covalentemente le catene di Destrano.. Per farlo, possiamo utilizzare degli agenti incrocianti particolarmente reattivi nei confronti delle numerosissime funzionalità alcoliche presenti nel Destrano  → GLI EPOSSIDI :D H

H

H

C O

← Il più utilizzato è l’Epicloridina… Il meccanismo d’azione è piuttosto semplice..

CH2 Cl

1) In ambiente basico, gli ossidrili del Destrano vengono deprotonati.. Aumentando così la loro nucleofilia e reattività nei confronti dell’Epossido.. 2) Il quale subisce quindi un attacco sul carbonio meno sostituito e con conseguente apertura dell’anello epossidico.. 3) Aggiungendo ancora NaOH, l’alcossido dell’epicloridina attacca il carbonio elettropositivo.. e il Cloro viene Sparato fuori :P 4) A questo punto un gruppo ossidrilico, presente su un’altra catena di destrano, può reagire con O l’Epossido neo-formato.. E si realizza così l’’unione covalente tra O O O O due catene  O

O O

HO OH

HO OH

HO OH

HO O

OH OH

O

O O

O OH

-

HO

NaOH H

1 NaOH

2

H

C O

HO OH

HO OH

HO OH

O

4

OH

OH O O

O O

-

HO OH

OH OH

HO OH

O

HO

O

Cl

OH HO

O

3

Cl

CH2

NaOH

O

H

OH

HO

HO OH

HO OH

HO OH

O

O

O

O

O

HO

OH

O

O

O

O

O

O

Ma cosa mi è saltato in mente di disegnare sta cazzo di roba!?!? O_o

POLIMERI A RILASCIO PROLUNGATO DEI FARMACI: Essenzialmente, lo scopo del progettare sistemi polimerici a rilascio controllato e prolungato è quello di ridurre la frequenza di somministrazione del farmaco mantenendo a lungo i livelli di concentrazione plasmatica entro un determinato range terapeutico. Questa situazione la si ottiene quando dopo un tot di tempo, la quantità di farmaco Assorbita è la stessa di quella eliminata: Velocità di Entrata = Velocità di uscita = Kel ∙ Cd ∙ Vd Dove “Cd” è la concentrazione plasmatica di farmaco desiderata e “Vd” il Volume di distribuzione di quel farmaco.. Pagina | 130 .

CONVIENE SEMPRE IMPIEGARE SISTEMI A RILASCIO MODIFICATO?? → NO!.. 

Non conviene ad esempio per quei farmaci Molto Poco solubili, in cui il processo di dissoluzione rappresenta il fattore limitante.. → Questo tipo di farmaci infatti permane molto a lungo nel sangue anche se incorporati in formulazioni convenzionali..



Non Conviene per i farmaci che presentano un forte legame alle Proteine Plasmatiche… → Questi farmaci infatti presentano una lunga emivita di eliminazione..



Non conviene, in sostanza, per Tutti quei farmaci con emivita superiore alle 8 Ore… → a che serve un polimero per il rilascio prolungato quando il principio attivo in se permane molto a lungo nel sangue?? :P

 Conviene per farmaci con emivita Breve… → In questo modo si riesce a ridurre il numero di somministrazioni nell’arco della giornata  

Non conviene per Farmaci con emivita Molto Breve (_>



Non conviene inoltre per i Farmaci metabolizzati notevolmente a livello intestinale → Se somministrati per via orale, un rilascio lento e prolungato non permette la saturazione dei sistemi enzimatici deputati all’eliminazione del farmaco.. di conseguenza, la biodisponibilità del farmaco si abbassa notevolmente.

 Particolari Precauzioni vanno prese invece per i Farmaci Molto potenti (→ quei farmaci in cui si raggiunge l’effetto massimo terapeutico con bassissime quantità di principio attivo) → I sistemi a rilascio protratto permettono di evitare picchi prominenti di concentrazione plasmatica, riducendo così gli effetti tossici.. Occorre però assicurarsi che il rilascio del farmaco sia preciso e Costante nel tempo.. Una formulazione fatta male, può comportare un massiccio assorbimento del principio attivo.. con effetti potenzialmente molto pericolosi.

SU QUALI PRINCIPI TECNOLOGICI SI BASANO I SISTEMI A RILASCIO MODIFICATO?? SISTEMI DIFFUSIONALI, che prevedono la diffusione del Farmaco attraverso una membrana polimerica inerte: Questa membrana in genere è insolubile in solvente acquoso.. I sistemi diffusionali possono a loro volta essere classificati in due categorie:

o

Sistemi a Riserva: In cui il farmaco costituisce il nucleo della formulazione, rivestito da un film polimerico.. Il rilascio del farmaco dipende dalla diffusione attraverso questa matrice.. Se il coefficiente di diffusione non varia nel tempo, si possono ottenere cinetiche di ordine zero.

o

Sistemi a Matrice (o monolitici): In cui il farmaco è disperso in una matrice polimerica inerte.. Il rilascio segue generalmente una cinetica diffusionale proporzionale alla radice quadrata del tempo..

SISTEMI A DISSOLUZIONE CONTROLLATA, che prevedono la dissoluzione di una membrana polimerica contenente il farmaco: Questi sistemi vengono impiegati per quei farmaci con elevata capacità solubilizzante.. vengono quindi racchiusi in film polimerici che dissolvono in ambiente acquoso liberando il principio attivo.. Si ottengono forme di rilascio del farmaco di tipo “pulsato”.

SISTEMI BIOERODIBILI, che prevedono l’erosione di matrici polimeriche contenenti il farmaco: Il farmaco è disperso in una matrice polimerica bioerodibile o biodegradabile.. Il rilascio è governato da un lento processo di dissoluzione o degradazione delle catene polimeriche, dalla superficie del sistema e dalla capacità del farmaco di diffondere attraverso il polimero.. La cinetica può essere molto complicata U_u

SISTEMI OSMOTICI: Sono costituiti da sistemi polimerici, permeabili solo al solvente acquoso, che rivestono il farmaco. A questa membrana vengono applicati uno o più fori, che si allargano per effetto della pressione osmotica, permettendo l’uscita del farmaco.. In genere si ottengono cinetiche di rilascio del farmaco di ordine zero.

SISTEMI A SCAMBIO IONICO (Resine): Possono essere utilizzate come trasportatori di farmaci allo scopo di prolungare l’effetto terapeutico. .

Bene…. Ora li Vediamo tutti O_o Pagina | 131 .

SISTEMI DIFFUSIONALI Le caratteristiche chimico-fisiche del polimero (idrofilicità, cristallinità, porosità, capacità di rigonfiarsi ecc…) possono influenzare la Permeabilità al farmaco della membrana polimerica. La Permeabilità al farmaco può derivare: dalla diffusione di questo attraverso le microporosità polimeriche, o dalla ripartizione del farmaco tra la matrice e il microambiente circostante.. La preferenza verso uno di questi due meccanismi dipende essenzialmente dal Grado di Reticolazione, dalle proprietà morfologiche e dal bilancio anfifilico tra farmaco e matrice polimerica O_o”



Serbatoio

SISTEMI A RISERVA:

Come già detto, sono caratterizzati da un nucleo di farmaco (definito serbatoio) circondato da una membrana polimerica insolubile in acqua.. La natura della membrana determina la velocità di rilascio del principio attivo dal sistema. La cinetica può essere descritta con la legge di Fick:

dM t dt

A D K d

C

Membrana Dove “Mt” rappresenta la quantità di farmaco rilasciato al tempo t.. quindi “dMt/dt” raprpesenta la velocità di rilascio del farmaco.. “A” è la superficie di Rilascio, “D” è il solito coefficiente di diffusione nella membrana, “K” è il coefficiente di ripartizione del farmaco tra la membrana polimerica e il solvente acquoso.. “ΔC” ovviamente è la diff di concentrazione tra il “serbatoio” e la soluzione in cui viene rilasciato… “d” rappresenta infine lo spessore della membrana.. Cosa possiamo notare?? → Se tutti i termini a destra dell’equazione rimangono costanti.. potremo dire che [dMt/dt = K] …Quindi la cinetica di rilascio è di ORDINE ZERO  Ad ogni modo, può essere complicato mantenere costanti tutti i termini dell’equazione.. per cui la cinetica di rilascio tende generalmente a discostarsi dall’ordine Zero. Ad ogni modo, ci sono le dovute accortezze: Usare un farmaco Solido nel serbatoio, permette di ottenere all’interno del nucleo una concentrazione di farmaco pari a quella di saturazione, che rimane costante durante tutto il processo di Diffusione… così come ΔC  La membrana polimerica in ambiente acquoso può gonfiarsi.. determinando un aumento dello spessore “d” e un aumento del coefficiente di diffusione “D”.. Questi cambiamenti possono modificare la velocità di rilascio del farmaco nel tempo :-/ Il coefficiente di ripartizione si mantiene costante durante tutto il processo di diffusione. Ad ogni modo, il suo valore è particolarmente importante.. se risulta ≥ 1 significa che la membrana polimerica non svolge alcuna funzione di controllo nel rilascio del farmaco… VANTAGGI:  

Possono permettere di ottenere cinetiche di rilascio di ordine Zero.. La velocità di rilascio può essere controllata cambiando le caratteristiche del polimero..

SVANTAGGI:    

I polimeri usati sono insolubili.. Se la matrice viene impiantata, sarà necessaria una sua successiva rimozione I farmaci ad elvevato PM diffondono difficilmente attraverso la membrana.. I costi sono più elevati rispetto alle vie di somministrazione classiche Possono essere potenzialmente molto pericolosi nel caso avvenisse la rottura della matrice polimerica con conseguente massiccia liberazione del principio attivo..

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Farmaco Disperso



SISTEMI A MATRICE:

Tempo In questi sistemi abbiamo un farmaco Zero uniformemente disperso in una matrice polimerica.. Secondo questo modello, il farmaco che si trova nello strato più esterno (esposto alla soluzione) viene prima disciolto.. e successivamente diffonde fuori della matrice (che ricordiamolo è insolubile).

Tempo “t”

Matrice Vuota

La preparazione di un sistema del genere è abbastanza semplice.. Prima si mescolano le polveri o granulati di farmaco e di matrice polimerica.. e successivamente avviene la formazione della compressa :D Affinchè un sistema di questo tipo sia a “rilascio controllato”, la velocità di dissoluzione delle particelle di farmaco deve essere superiore alla velocità di diffusione fuori dalla matrice.. Per nostra sfortuna, possiamo descrivere la velocità di rilascio del farmaco in termini matematici se sono rispettate le seguenti condizioni:  Il diametro delle particelle di farmaco deve essere minore della distanza media di diffusione nella matrice..  La concentrazione di farmaco in soluzione è trascurabile  Il coefficiente di diffusione del farmaco nella matrice rimane costante.. In queste condizioni → M t

Cs Dm (2C0

Cs ) t

Dove “Mt ” rappresenta la quantità di farmaco rilasciato al tempo t.. “Cs” è la concentrazione di saturazione del farmaco, “C0” è la quantit totale di farmaco per unità di volume della matrice; infine “Dm” è il coefficiente di diffusione nella Matrice.. Nel caso la quantità di farmaco nella matrice fosse in eccesso rispetto alla concentrazione di saturazione “Cs”, allora questa diventa trascurabile.. Mt

C s Dm (2C0 ) t

Mt

K

t

Dove K rappresenta una costante che dipende dalla solubilità del farmaco, dal suo coefficiente di diffusione e dalla quantità caricata… Se noi costruiamo un grafico della quantità di farmaco rilasciato rispetto alla Radice del tempo, otteniamo un andamento lineare 

VANTAGGI:  Estremamente facili da preparare..  Garantiscono un rilascio di molecole ad elevato PM  Eventuali danni alla matrice sono meno pericolosi rispetto ai sistemi diffusionali a riserva.. SVANTAGGI:  

Come per i precedenti, in caso di impianto, la matrice deve essere successivamente rimossa, La cinetica non è di ordine zero.. la velocità di rilascio del principio attivo è inversamente proporzionale alla radice del tempo.. ad ogni modo, si riesce comunque ad ottenere un sostanziale effetto prolungato con sistemi a rilascio molto lenti, la cui cinetica non è distinguibile dall’ordine zero.

I sistemi visti fino ad ora hanno una notevole limitazione → richiedono un intervento chirurgico all’atto dell’installazione e della rimozione.. I prossimi sistemi permettono di ovviare a questo inconveniente.. Pagina | 133 .

SISTEMI A DISSOLUZIONE CONTROLLATA La compressa di un farmaco può essere rivestita con un film polimerico, dotato di bassa velocità di dissoluzione, per ottenere un rilascio Ritardato… Se noi però immaginiamo di creare una compressa, alternando strati di farmaco a strati di film polimerico otterremo una forma di rilascio di tipo “Pulsato”  Strati di Farmaco E’ quindi possibile caricare lo strato più esterno con la dose di carico.. e gli strati successivi più interni con la dose di mantenimento  In questo modo potremo osservare le classiche fluttuazioni osservabili in un regime di somministrazioni ripetute.. solo che in questo caso si assume un’unica compressa, che rilascia il farmaco a intervalli regolari :D Film polimerico Un metodo alternativo è quello di somministrare il farmaco come un solubile gruppo di microgranuli con diverso spessore di rivestimento  E questo si traduce in tempi di rilascio del farmaco in soluzione diversi. La presenza di un colorante nella matrice polimerica premette di ottenere rivestimenti di colorazione più o meno intensa in funzione dello spessore :D

SISTEMI BIOERODIBILI A MATRICE Per questo tipo di sistemi, la trattazione matematica del rilascio del principio attivo risulta particolarmente complessa.. Il farmaco è disperso in una matrice polimerica bioerodibile o biodegradabile.. Il rilascio del farmaco avviene per dissoluzione o degradazione della matrice in cui è disperso e per diffusione in essa.. Esiste un’espressione matematica che permette di descrivere il rilascio da matrici di questa tipologia a t forma di piastre, cilindri o sfere → M

M

1

k t 1 c0 a

n

Dove “Mt” è la quantità di farmaco liberata al tempo t.. “M” rappresenta la quantità di farmaco liberata al termpo ∞… n=1 per le piastre, n=2 per cilindri, n=3 per le sfere.. “a” è il raggio della sfera o del cilindro, o la mezza altezza della piastra.. “k” e “c0” sono delle costanti che dipendono dalle caratteristiche del polimero e del farmaco.. VANTAGGI:  Il sistema bioerodibile non deve essere asportato dopo l’avvenuto rilascio del farmaco..  E’ possibile il rilascio di farmaci a elevato PM SVANTAGGI:  

La cinetica è difficile da controllare a causa della concomitante dissoluzione della matrice e la diffusione del farmaco in essa.. le cui dimensioni si riducono nel tempo O_o Possibili effetti tossici dei prodotti derivati dal processo di dissoluzione o erosione della matrice. Pagina | 134 .

I Materiali polimerici Bioerodibili possono essere classificati in TRE gruppi principali: 1. Polimeri Reticolati insolubili in acqua che si solubilizzano solo in seguito a reazioni di idrolisi che coinvolgono i punti di reticolazione. 2. Polimeri Lineari insolubili che possono essere solubilizzati in seguito a reazioni di idrolisi o ionizzazione di raggruppamenti funzionali in catena laterale.. 3. Polimeri Lineari insolubili che possono essere portati in soluzione a seguito di processi degradativi che coinvolgono la catena principale..

TIPO 1: Le matrici polimeriche sono costituite da monomeri con elevato grado di idrofilia, che comporta un notevole rigonfiamento in acqua. In genere vengono utilizzate poliacrilammidi. Questi sistemi sono particolarmente adatti al rilascio di farmaci macromolecolari (proteici) che a causa delle loro dimensioni rimangono intrappolati nella matrice fino a quando la densità dei punti di reticolazione non si è ridotta  La cinetica di rilascio è quindi direttamente correlata alla velocità dei processi idrolitici TIPO 2: Comprendono tutti quei polimeri che diventano solubili solo in seguito a ionizzazione, protonazione o idrolisi dei gruppi in catena laterale.. Un esempio classico sono i copolimeri a base di alchilviniletere e acido maleico, i quali diventano solubili grazie alla protonazione dei gruppi carbossilici. La cinetica quindi dipende strettamente dalle condizioni operative di pH dell’ambiente circostante. TIPO 3: Di questo gruppo fanno parte quasi esclusivamente polimeri che contengono nella catena principale gruppi funzionali idrolizzabili in condizioni fisiologiche. A questa categoria appartengono ad esempio: Poli-Lattilati (Polimeri dell’acido lattico), copolimeri a base di acido lattico e acido glicolico.. Polianidridi.. Poliesteri.. ecc :D La degradazione avviene in modo “statistico”.. quindi il PM del polimero si può dimezzare anche dopo un brevissimo lasso di tempo U_u

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SISTEMI A CONTROLLO OSMOTICO In questo tipo di sistemi, la Pressione fornisce la “Driving Force” del processo di rilascio prolungato del farmaco. Si tratta di compresse contenenti un nucleo di principio attivo, rivestite da una membrana polimerica semipermeabile (in genere costituita da alcol polivinilico, acetato di cellulosa o PVC). Il nucleo in genere contiene oltre al principio attivo anche un forte elettrolita in grado di richiamare acqua all’interno della compressa per osmosi.. La velocità del flusso “dV/dt” dell’acqua all’interno del sistema è dV A K ( P) descritto dalla relazione: dt h Dove “K” rappresenta la permeabilità della membrana.. “A” è l’Area superficiale della membrana; “h” il suo spessore, “ΔΠ” è la differenza di pressione osmotica e “ΔP” è la differenza di pressione idrostatica.. I Sistemi a controllo Osmotico li possiamo dividere in due tipologie: Farmaco + Elettrolita

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TIPO A: La formulazione contiene il farmaco nel nucleo insieme all’elettrolita che si scioglie in seguito all’ingresso delle molecole di acqua.. La presenza dell’elettrolita ovviamente garantisce un’elevata differenza di Pressione osmotica Membrana rigida semipermeabile Matrice con Farmaco in elettrolita Soluzione Membrana flessibile Impermeabile Membrana rigida semipermeabile

Forellino 

TIPO B: Il farmaco è in soluzione all’interno di una membrana totalmente impermeabile, a sua volta circondata dall’elettrolita e da una membrana semipermeabile… Forellino 

In entrambi i casi possiamo notare la presenza di uno o più forellini sulle membrane di rivestimento.. Questo favorisce la liberazione del principio attivo U_u Nel TIPO A, l’aumento della pressione idrostatica all’interno del sistema causa un allargamento del foro, inducendo l’uscita della soluzione contenente il farmaco… Nel TIPO B, l’aumento della pressione idrostatica provoca la compressione della membrana interna impermeabile con conseguente fuoriuscita della soluzione contenente il farmaco.. Se in entrambi i sistemi i fori sono sufficientemente larghi la differenza di pressione idrostatica diventa trascurabile.. per cui la velocità del flusso sarà espressa dalla relazione semplificata → dV A K ( ) dt h La velocità di fuoriuscita del farmaco sarà essenzialmente uguale alla velocità di ingresso dell’acqua.. moltiplicata per la concentrazione del farmaco nel nucleo del sistema di rilascio :D (in genere si tratta della concentrazione di saturazione) → dM A K ( ) cs dt h

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Nel caso di sistemi osmotici del Tipo A (con il farmaco disperso insieme all’elettrolita) la dimensione e il numero dei fori costituiscono fattori molto importanti nella regolazione della velocità di rilascio del principio attivo… Il controllo di qualità delle membrane utilizzate in questi sistemi deve essere quindi estremamente accurato‼ → Bastano piccole variazioni delle caratteristiche del foro per mandare tutto a puttane :P

VANTAGGI:  E’ possibile ottenere cinetiche di rilascio del farmaco di ordine Zero..  Possono liberare elevati volumi… inoltre alcuni sistemi sono ricaricabili O_o  Il rilascio del farmaco è indipendente dalle sue caratteristiche chimico fisiche.. quindi non occorre adattare la formulazione alle proprietà del farmaco utilizzato  SVANTAGGI:    

Questi sistemi sono piuttosto costosi, Il controllo di qualità deve essere molto rigoroso Alcuni sistemi richiedono l’impianto (e quindi una successiva asportazioe) Non sono molto appropriati per quei farmaci con tempo di dimezzamento breve (instabili) in soluzione acquosa U_u

Iniziavo a credere che questo momento non sarebbe mai arrivato….!

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