Appunti Corso Di Fonico

December 31, 2017 | Author: Michele Alessandrini | Category: Equalization (Audio), Microphone, Sound, Acoustics, Waves
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acustica teoria del suono...

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IL SUONO La prima semplice spiegazione è che bisogna distinguere un suono da un rumore. Quello che noi avvertiamo come SUONO, è una variazione, rispetto ad un valore costante, di questo suono nella pressione dell’aria. Se questa variazione viene ripetuta ciclicamente un certo numero di volte in un intervallo di tempo, percepiamo un suono. Con gli intervalli di tempo si definiscono quelle che tutti chiamiamo, NOTE MUSICALI (un LA è 440 intervalli di tempo).

Per propagarsi, un suono ha bisogno di un mezzo che lo trasporti, ad esempio l’aria, in quanto le sue particelle, trasmettono fra di loro la vibrazione generata dalla sorgente e la propagano nello spazio. Qualsiasi mezzo, solido, liquido o gassoso, è in grado di trasportare il suono, che influisce in base alla sua densità, alla velocità dello stesso. Il suono più semplice è la sinusoide. LE ARMONICHE La sinusoide, forma d’onda pura, è solo una parte che compone il suono, per valutarlo completamente bisogna approfondire cosa sono “le armoniche”. Per fare un esempio semplice, prendiamo in considerazione la corda di una chitarra che viene pizzicata, in questo caso un LA a 440 hz. Il suono è certamente più bello di una semplice sinusoide, è più corposo, la cassa armonica della chitarra stessa, le vibrazioni del legno stesso, l’ambiente circostante che ne aumenta la sonorità con il suo reverbero, tantissimi sono i fattori che colorano e arricchiscono un suono, ma entriamo nello specifico. La prima armonica generata con il pizzico della corda è: L’ARMONICA FONDAMENTALE, che è a 440hz, successivamente e insieme vengono generati tutti i multipli di quella frequenza, ma con ampiezza e dimenzione sempre minori. Seconda Armonica 880 hz Terza Armonica 1320 hz

La prima armonica fondamentale è quella che percepiamo meglio, è quella più forte, poi la seconda armonica, che è doppia, si sovrappone. In nozioni musicali si tratta quindi di un’ottava a 880hz ed essendo la stessa nota il suono è più caldo e corposo. La terza armonica però non è più un LA, quindi aggiunge nuove caratteristiche che danno al suono quella magia che una “povera” sinusoide da sola non può fare. Le armoniche importanti sono tantissime, crescono in modo esponenziale ma diminuiscono di ampiezza, solo una decina sono decisive per la costruzione del suono. Da qui si entra in un argomento molto importante per i tecnici del suono e musicisti, che da sempre discutono sulle qualità delle apparecchiature valvolari oppure a transistor. Gli apparecchi a valvola, microfoni, compressori, amplificatori, enfatizzano la seconda armonica, quindi contribuiscono a rendere il suono più caldo e pastoso. Gli apparecchi a transistor invece enfatizzano la terza armonica. Qui il dibattito potrebbe essere infinito, e i sostenitori dell’una o l’altra parte non finirebbero mai di discutere. Io personalmente faccio sempre l’esempio del pittore e la tavolozza di colori: per fare un bel quadro servono tutti i colori e tutti i pennelli, si usano secondo l’opera d’arte che si vuole creare. IL COMPRESSORE: Il compressore è il processore al quale nessun fonico può rinunciare, soprattutto adesso, che la destinazione del nostro master finale dovrà subire i limiti di dinamica degli mp3, oppure dei più incrfedibili settaggi di equalizzazione e mastering delle radio e delle televisioni, oppure delle più svariate trasformazioni nei codec video dei cd rom o dei filmati per Internet. Insomma, se il nostro master potrà essere ascoltato da un normalissimo lettore cd a 16 bit, in un imbianto hi fi discreto…sarà per un puro miracolo, ormai siamo nell’era del “podcasting”, che a mio avviso vuol dire…che ognuno ormai fa quello che gli pare! Il compressore lavora sulla dinamica di ingresso, ne riduce l’ampiezza se esubera da una soglia prestabilita, per poi restituire gli stessi decibel in uscita di quanto lo abbiamo abbassato. Facendo così guadagnamo in potenza. A volte è meglio un mix non curatissimo, ma che “pompa” forte, l’effetto psico-acustico che risulta è comunque sempre apprezzato. E’ un uso che in questi anno ha penalizzato i il lavoro sui piani sonori come si usavano una volta, sopratttto nel pop i “pianissimo” e i “fortissimo” non esistono quasi più, ma è cambiata anche la musica in questi anni, le canzoni sono più corte, devono “sparare forte in radio” e più nessuno fa partire un ritornello oltre i 50 secondi. SOGLIA: Il compressore ha vari settaggi di regolazione, il primo importante è la soglia :THRESHOLD. Il valore si misura in db ed è il punto in cui il compressore inizia a funzionare.

RATIO: Il secondo settaggio è la RATIO, cioè il rapporto entro il quale l’ampiezza viene ridotta, ma solo sopra la soglia, il segnale in basso rimane inalterato. I vari set di ratio sono 1:1 - 2:1 - 3:1 - 4:1 e così via. Analizziamoli: 1:1 non succede niente, il segnale entra e esce intatto. 2:1 Sopra la soglia stabilita il segnale viene dimezzato, cioè se il suono supera di 20db la soglia (Threshold) diminuirà di 10db e cosi via 3:1 - 4:1 saranno rapporti di compressione sempre più incisivi fino ad i livelli estremi oltre i 10:1 in cui il compressore si trasforma in un LIMITER, praticamente fa “un muro” quasi insuperabile. ATTACCO: L’altro settaggio importante è il TEMPO DI ATTACCO. Il compressore entra in funzione più o meno velocemente, e l’unità di misura di regolazione è in millisecondi. Questo settaggio è fondamentale nella musica, facciamo alcuni esempi, mentre registriamo un basso elettrico, un tempo di attacco veloce “taglierà” il pizzicato del polpastrello, un tempo lento invece farà passare il pizzicato e fermerà l’intensità del basso successivamente. Nel funky è nel rock si utilizzarà un attacco lento, nel pop invece un attacco veloce per amalgamare meglio il basso sulla cassa della batteria. Un altro esempio è simile sul rullante, un attacco lento valorizzerà il suono della bacchetta che sbatte sul bordo, un attacco rapido schiaccierà il rullante con un effetto di “pompaggio” forte. Questo tipo di compressione con una soglia 3:1 e un Plate Reverb magari Lexicon renderanno

il rullante uno “sparo” meraviglioso.

RILASCIO: L’altro 2 set sono: il TEMPO DI RILASCIO ( Release time), importantissimo perchè è la soglia in cui il compressore scende a zero, e il TEMPO DI TENUTA (Hold time) il tempo in cui il compressore è in azione. Insieme formano una coppia formidabile poichè con i loro settaggi si riesce a volte a trasformare un suono o a salvare una registrazione sbagliata. Facciamo l’esempio del solito basso elettrico. Nelle ballad spesso si suona le note lunghe, il tempo di tenuta deve essere lungo e deve durare a volte un intera battuta di 4/4 per poi scendere subito e dare la possibilità di suonare la nota successiva. Il risultato sarà un bel basso perfettamente stabile e amalgamato con il brano. Oppure immaginamo un rullante “vero” in un ambiente naturale, un bel reverbero vero di un secondo e mezzo. Con un tempo di tenuta lungo, il reverbero viene messo in secondo piano, con un tempo di tenuta corto il reverberò sarà più potente del rullante stesso. Nel pop spesso si schiacciano molto i rulanti con un attacco veloce, e veloce anche il tempo di tenuta, per lasciare tutta la magia dell’ambiente “vero” in cui è stato registrato che “scoppia fuori. Famose sono le batterie degli U2 con gli ambienti in primo piano, in cui si sente benissimo il microfonaggio multiplo che riprende stereofonicamente oltre ad i pezzi della batteria, anche l’ambiente circostante. SOFT e HARD KNEE: La traduzione in italiano e buffa: GINOCCHIO DURO e GINOCCHIO MORBIDO, però rende l’idea bene. Sono 2 tipologie di compressore, in quasi tutti gli apparecchi si può scegliere il primo o il secondo metodo, secondo l’intervento che si vuole avere. COMPRESSORE MULTIBANDA: Questo tipo di compressore è usatissimo nel mastering, dove è necessario intervenire solo su alcune frequenze, oppure si deve usare tempi di attacco e rilascio diversi in base alle frequenze.

A volte l’uso è altamente creativo, un compressore multibanda può diventare un de-esser, o un de-pop, cioè può essere settato l’intervento solo sulle frequenze dai 5000-7000hz per limitare le sibilanti, oppure da 80 a 150hz per correggere una registrazione con troppe “P” (esplosive) in evidenza. Si può usare per correggere una chitarra con troppi cigolii e sfregamenti alle corde, oppure nel master finale per limitare solo alcune bande di frequenza sbagliate durante il mix e ottenere più dinamica. negli anni passati in SALA TRANSFER per la realizzazione della “lacca master” per il vinile, si usava molto gli equalizzatori a terzi di ottava per fare veri e propri “tagli”, togliendo a volte anche moltissime armoniche. Oggi si usa molto di più i compressori multibanda, che correggono senza togliere quasi niente, anzi rinforzano moltissimo la dinamica generale. I compressori hardware sono a volte estremamente costosi e fabbricati solo da marchi prestigiosi, oggi molti plug-ins per software audio sono una valida alternativa. Il plug-in L3 della Waves sul missaggio finale a volte è un vero “miracolo”.

GLI EQUALIZZATORI Le frequenze che l’orecchio umano riesce a sentire sono tra 20hz e i 20.000hz. Quando un suono, trasformato in segnale elettrico da un microfono, entra in un mixer, viene elaborato dai circuiti di equalizzazione che modificano le sue frequenze. L’equalizzatore è quel circuito che consente di aumentare o diminuire una certa frequenza, senza modificare le atre, ed è assolutamente necessario sia durante la ripresa microfonica (per correggere carenze del microfono a volte non perfettamente idoneo) o durante il missaggio, quando si passano ore ed ore sul mixer per completare il progetto finale. Gli equalizzatori possono essere di diversi tipi: “PARAMETRICI” che si dividono in: COMPLETAMENTE PARAMETRICI Questo equalizzatore è presente nei migliori mixer professionali, e può modificare completamente la campana di equalizzazione, cioè LA FREQUENZA, IL GUADAGNO, IL FATTORE DI MERITO o CAMPANA (Q).

I mixer di fascia alta come hanno 4 bande di equalizzatore parametrico, bassi,mediobassi,medio alti, alti.

Molti altri mixer come Neve o il modello G di SSL raffigurato in basso, hanno solamente (solamente si fa per dire) i controlli completi di campana nei medio bassi e nei medio alti, mentre sulle basse e alte frequenze ci sono solo i controlli di guadagno e frequenza. Si tratta dei due marchi più prestigiosi del mondo, e non ci si deve preoccupare di questa “carenza”, poichè l’estensione dei controlli centrali è estremamente potente.

Poi ci sono i SEMIPARAMETRICI di fascia più bassa, che hanno 4 bande di intervento, ma la CAMPANA nei controlli centrali è fissa, e nelle alte e nelle basse ci sono degli SHELVING detti anche “equalizzatori a scaffale, che hanno solo il guadagno e una frequenza di taglio fissa. Le frequenze fisse variano da mixer a mixer. I migliori hanno: nelle basse un interruttore che la varia da 60 a 100hz, e nelle alte un interruttore che varia da 8000 a 12000hz. In mixer più economici hanno proprio i tagli fissi, in genere 80hz in basso e 10000hz in alto.

Poi nei mixer meno costosi vengono inseriti solo gli EQUALIZZATORI DI PICCO, dove i valori di frequenza e la campana sono fissi. E’ possibile cambiare solo il guadagno, e le frequenze in genere vengono divise in bassi, medi, alti.

EQUALIZZATORE GRAFICO Quello grafico è un tipo di equalizzatore composto da una serie di equalizzatori a campana. La larghezza della campana varia secondo il produttore e il tipo di uso si deve fare. Questo tipo di equalizzatori si dividono in 3 tipi: ad 1 ottava ( 1o bande) a 1/2 ottava (20 bande) ad 1/3 di ottava (31 bande) Il primo un tempo si trovava spesso negli impianti hi-fi, il secondo era rivolto ad i musicisti, ancora oggi si trova in alcuni ampli per basso, il terzo tipo era molto in uso nelle sale di registrazione.

L’uso tipico dell’equalizzatore a terzi di ottava nelle regie degli studi professionali, era di inserirlo tra il mixer e l’amplificatore delle casse, per correggere tramite l’equalizzazione gli eventuali problemi acustici della regia stessa. Oggi fortunatamente si preferisce correggere i problemi delle onde stazionarie e di riflessioni eccessive correggendo “fisicamente” la regia, con trappole, RPG, tagli degli angoli ecc ecc, e non fare più tagli drastici con l’equalizzatore che a volte peggioravano la situazione. Gli equalizzatori possono essere costruiti in 2 modi: PASSIVI o ATTIVI. Nel caso di mixer molto economici, la scelta di non usare una reale alimentazione porta ad un risparmio economico molto alto, e si usa in tutti quei mixerini da pochi euro per il piano bar, per piccole diffusioni audio nei locali, per tutti i casi dove non serve una qualità eccelsa. Non avendo l’alimentazione questi equalizzatori non possono realmente dare un guadagno di EQ, e praticamente quando è al massimo in genere è solo FLAT cioè non viene toccato, mentre reale sarà l’attenuazione. L’unico problema è che a causa dei componenti passivi il segnale di ingresso sarà lievemente più basso, ma per questo tipo di uso va benissimo. Gli equalizzatori invece che utilizzano componenti attivi, cioè alimentati, usano componenti a transistor, ed effettivamente questi producono un reale guadagno del segnale, donando la potenza necesaria, ma in questo caso è molto importante la qualità dei componenti elettronici montati. Questo tipo di circuiteria può generare rumore e distorsioni, ecco il motivo della scelta , negli

studi di registrazione, dei prestigiosi marchi Neve, SSL, GML, API, Focusrite ecc, perchè la componentistica di qualità altissima permette di effettuare tagli di frequenza estremi senza danneggiare il suono, senza rumori indesiderati e distorsioni, soprattutto nei “guadagni” molto forti. Altro discorso invece per gli equalizzatori “software” i cosiddetti plug in, che sulla carta perfetti, addirittura in grado di simulare con i calcoli versioni valvolari o a transistor, ma che proprio per la complessità di questi calcoli, tutti da fare in “tempo reale”, spesso devono rinunciare a qualcosa eliminandolo.

I plug ins, gli equalizzatori, i compressori ecc ecc, devono appoggiarsi per il calcolo al processore del computer, che nello stesso momento deve fare anche altre cose, e se non ce la fa… o lo fa in ritardo generando latenza (un problema terribile ad esempio per un compressore che ha i tempi di attacco e rilascio) oppure eliminando drasticamente milioni di calcoli che eliminano anche armoniche e parti importantissime del suono. Il discorso dovrebbe essere diverso per il sistema TDM di Pro Tools, dove processori presenti nelle schede audio dedicate, sostituiscolo il lavoro del computer, ed infatti la qualità Digidesign è estremamente superiore, ma i calcoli sono comunque tantissimi e secondo me…ripeto “secondo me” dovra passare ancora molto tempo prima di smettere di usare hardware analogico.

I FILTRI Il filtro si utilizza per “ripulire”, cioè per togliere alcune frequenze del nostro segnale audio, e si dividono in vari tipi, ma gli essenziali sono il FILTRO PASSA ALTO e il FILTRO PASSA BASSO. I filtri di questo tipo, sono generalmente realizzati all’interno del canale di equalizzazione con circuteria passiva, e sono utilissimi. Immaginiamo il canale dove abbiamo registrato la voce, dove oltre a questa abbiamo registrato tutti i rumori di palco, i bassi inutili dei passi, della cassa della batteria, dei rimbombi del basso, tutte frequenze che non servono a niente perchè le frequenze principali che ci interessano vanno dai 4000 a 8000hz. Con un filtro “passa alto” potremo togliere tutto in un attimo, senza danneggiare il suono del nostro cantante.

Il contrario è scontato, immaginiamo di aver registrato un contrabbasso durante una session jazz, dove tutti i musicisti sono insieme nella stessa stanza. Dentro al contrabbasso purtroppo avremo i piatti della batteria, il pianoforte in lontananza, insomma tutte cose che non ci servono, con un filtro “passa basso” aiuteremo tantissimo il nostro mix.

Per fare questo non sono necessari costosissimi componenti elettronici, ecco perchè basta una circuteria passiva. MICROFONI Il Microfono è il primo anello della catena di trasformazione del suono in energia elettrica, infatti il suono nome specifico è: TRASDUTTORE, cioè è quello strumento che converte le variazioni di pressione dell’aria in variazioni di tensioni elettriche. Moltissime sono le tecnologie con cui vengono costruiti i microfoni, ed ognuna permette di avere diverse caratteristiche che possono essere sfruttate secondo le necessità del caso. I microfoni possono avere diverse ampiezze direzionali, cioè possono essere più precisi nel puntamento oppure più larghi cioè più panoramici, possono avere però anche diverse sensibilità, che contribuiscono a caratterizzare il timbro ed a variare l’ampiezza della banda. I microfoni possono essere , dinamici, a condensatore, a valvola, a nastro, piezoelettrici ecc… non esiste il microfono migliore, ma il miglior microfono per quella circostanza. E’ il gioco di chi urla di più, il rialzo del volume e il ribasso della qualità. L’ultimo paradosso della musica che raggiunto il massimo della tecnologia adesso sprofonda al minimo della resa. Perchè per poter essere dappertutto, cellulari-ipod-computer, la musica ha venduto l’anima al digitale. Gli MP3 non pesano che un decimo dei cd, ma questa dieta drastica comporta la rinuncia a moltissime sfumature che facevano la gioia di tutti gli appassionati di HI-FI, ad un taglio netto alle “ARMONICHE” più belle (per i più tecnici cliccare qui per maggiori info). Dal rullante suonato con le spazzole al timpano roboante di un orchestra, dal triangolo delicato all’accordo più potente di un chitarrista rock…adesso suonano tutti allo stesso modo. Per mascherare tutta la perdita, la maggior parte dei tecnici del suono (chi non ha peccato scagli la prima pietra…) ha cominciato a fare iniezioni di decibel nelle registrazioni dei brani, un doping goffo ma potente, capace di distruggere ogni sfumatura. Compressori e “ULTRAMAXIMIZER” usati “ a palla” per un suono forte poderoso e costante…ma è giusto? Il Risultato? L’appiattimento sonoro totale, senza varietà timbrica come un tempo, decibel che scoppiano fuori dagli auricolari, il LOUDNESS, cioè il volume percepito è superiore come l’effetto di pienezza sonora ma… se tutto urla così forte, che differenza c’è? A cosa serve il volume alto se…non c’è più il volume basso? Sembra un concetto filosofico ma è proprio così. Anche le radio hanno forti COMPRESSORI nelle loro messe in onda, per cui se rimaneva qualche dinamica adesso è proprio sparita, oltretutto causando veri e propri stravolgimenti sonori, soprattutto nei brani di qualche hanno fa, mixati con un concetto diverso. Gli MP3 riducono il peso di un file audio anche del 90% se si vuole, comprimendolo, ovvero eliminando quelle frequenze particolarmente alte o particolarmente basse, e facendo “sparire” spesso le parti più

importanti di una canzone. Questo processo di “semplificazione”, gonfia le onde sonore centrali a scapito di quelle estreme, e riduce la “gamma dinamica”, ovvero quella tavolozza complessiva di sonorità (dal pianissimo al fortissimo) che esiste in natura. L’analogia della tavolozza dei colori, ci dà la possibilità di fare un esempio con la fotografia digitale, oppure la digitalizzazione video, un esempio forse un po’ “troppo semplificato” ma giusto per rendere meglio l’idea. Pensate ad una foto analogica, fatta con la pellicola, bella definita, con i suoi pregi e difetti ma con tutti i colori e le sfumature acquisite al 100%. Bene, facciamo la stessa foto con una macchina fotografica digitale e archiviamo il file (chiaramente compresso) magari ad una definizione non altissima; verificheremo un appiattimento delle sfumature, dove c’erano dei grigi avremo una macchia nera, dove c’era un prato con tanti fili d’erba avremo un ammasso verde non diverso da un tappeto di plastica dell IKEA. Ma analizziamo adesso gli algoritmi di compressione dalla prospettiva “video” (qualsiasi algoritmo, tanto più o meno fanno la stessa cosa), cioè “digitalizziamo” un filmato di 30 secondi e cerchiamo di capire cosa succede. Immaginiamo un prato, un orizzonte con le montagne, un cielo, il sole, alcune nuvole, e nel prato un cagnolino corre verso di noi. L’agoritmo calcolerà la parte di video (i pixel) dove si muove il cagnolino, e il resto, praticamente fermo, lo tratterà come se fosse un fermo immagine. Questo farà risparmiare un sacco di memoria, ma… siamo sicuri che l’immagine (cagnolino a parte) era ferma? Il sole in 30 secondi non sarà certo tramontato, ma le nuvole forse un po’ si sono mosse, il cielo forse ha cambiato lievemente colore, nel prato forse c’era un albero con le foglie mosse al vento, ma che nel mpeg sembrano ferme, l’erba e i fiorellini del prato si sono leggermente mossi con il vento ma… il nostro “algoritmo risparmiatore” ha “pietrificato” tutto, cagnolino a parte, e noi non ce ne siamo accorti perchè siamo concentrati solo sulla simpatica bestiola. E nella musica? Vi rendete contro quali stravolgimenti possono esserci? Certo in un brano hip-hop non si setirà molto, ma nel jazz, nella classica a volte non si riconoscono più i brani, spariscono intere sfumature, a volte non si distingue un violoncello da un contrabbasso. Ormai è un sistema così diffuso, che molti addetti ai lavori adeguano addirittura gli arrangiamenti, concentrando le parti più importanti solo nella parte centrale dell’immagine sonora. E’ un cambio di marcia..epocale! Il risultato è avere… suono dappertutto..niente è più definito, è un po’ come avere..rumore dappertutto e’…la guerra del “loudness”. Non si tratta di volume quindi, ma di “volume percepito”, per svettare nei passaggi radio, nelle compilation, o competere con il rumore del motorino che passa quando si ascolta da un ipod. La “loudness” ha una unità di misura, la famosa RMS e la sua evoluzione spiega meglio, per il nostro scopo, di qualsiasi manuale di fisica. Negli anni ‘80 la media di un brano rock era di -18db RMS. Negli anni ‘90 la prima cura ricostituente la porta a -12db RMS. Ma è nel 2000 che a tutti i tecnici del suono scivola fortemente lo slide master del mixer.. cioè a meno di -10db, IN TUTTI I GENERI, senza preoccuparsi minimamente del risultato artistico. Nel rock o nel rap si arriva anche a -5db RMS, praticamente i led del mixer neanche si muovono più.. parte il brano e vanno al massimo per scendere solo alla fine. Consideriamo però che se a ZERO (0db RMS) siamo al punto dove oltre il quale il suono si distorce, beh.. è proprio il limite del livello di guardia! Tutti i fonici e produttori (me compreso ahimè) sanno benissimo che facendo così la cassa di confonde con il basso, che facendo così il basso si impasta con la linea di accordi.. una ..frittata di suoni… ma che ci vogliamo fare? Se non ti adegui fai brutta figura.. perchè se gli altri continuano a “pompare” i brani, se non lo fai sfiguri e passi per uno che non sa mixare, o che “il pezzo non tira”.. Ma ATTENZIONE!! E’ vero che il cervello pone un attenzione particolare ai rumori forti, perciò i suoni compressi all’inizio “sembrano” più eccitanti, ma è un trucco che dura poco. Perchè l’eccitazione deriva dalla variazione di ritmo, timbro, tonalità e loudness, ma..tenere costante ache uno solo di questi parametri stanca incredibilmente il cervello che, dopo alcuni minuti, spinge incosciamente a passare ad un altro brano. Una sorta di “zapping

musicale”..terribile vero? Ci si annoia subito… non a caso le ONDE SONORE si chiamano così, perchè sono un insieme di picchi e valli, e devono avere un andamento sinusoidale

mentre oggi, questa versione VITAMINIZZATA mette insieme dei “mattoncini” come quelli del LEGO (i famosi giocattoli della nostra infanzia). Che monotonia… e fa danni anche nei dischi del passato, perchè anche nelle versioni ri-masterizzate dei dischi più importanti viene applicata questa filosofia. Dai Pink Floyd ai Led Zeppelin i nuovi master non sono apprezzati dai puristi, forse è per questo che sta tornando tanto di moda il vinile… e ..chissenefrega allora dei graffi se torna la “magia” dei vecchi tempi! Gli impulsi elettrici, la luce ed i suoni arrivano a noi sotto forma di onde la cui rappresentazione grafica varia al continuo variare di parametri, (come la lunghezza dell’onda stessa), sensibili al mezzo attraverso il quale le stesse si propagano; si veda per esempio l’influenza che può avere l’atmosfera più o meno rarefatta e la sua temperatura in relazione all’onda sonora che la può attraversare. Schematicamente, il procedimento della digitalizzazione avviene con la scomposizione di suddette onde nelle fasi dello spezzettamento e del campionamento. Si supponga ora di dover digitalizzare un suono costituito da una singola onda di tipo sinusoidale.L’onda, e nell’ipotesi in oggetto quella sonora, è caratterizzata da una velocità e da certa durata che sono rappresentate dalla sua lunghezza sull’asse delle X nell’unità di misura degli Hertz. Lo spezzettamento che avviene in questa direzione è basato sulla frequenza di misurazione che è generalmente di 44.100 Khz adatta a ricostruire la posizione nel tempo di tutte le onde udibili dall’orecchio umano il quale, è sensibile ad un “range” di frequenze comprese tra i 20 Hz e i 20 Khz. Per determinare l’ampiezza del segnale l’onda viene misurata con la sua divisione sull’asse delle Y nell’unità dei Bits, si consideri che con una scansione operata a 16 bit si ottengono all’incirca 65.000 divisioni dell’onda. (fig. sotto)

Come per la frequenza è utile precisare che maggiore è il numero delle divisioni maggiore sarà la precisione della ricostruzione.Dallo spezzettamento, risultante, è una serie di punti, (nella figura sopra a,b,c…), ai quali viene attribuito un valore che viene successivamente impiegato per la ricostruzione approssimata, per mezzo di un algoritmo, dei segmenti a-b, b-c, c-d, d-e etc. Nella fase successiva del campionamento viene eseguita la misurazione dell’area dei minuscoli trapezi ottenuti per mezzo di un calcolo integrale, questo non prescinde tuttavia da una inevitabile approssimazione che comporta la generazione di un errore alla base di una imprecisione del campionamento stesso. La conversione in altri termini da segnale tempocontinuo, ampiezza-continua ad un flusso di dati binari ad n° bit introduce un errore intrinseco irreversibile che viene detto quantizzazione (µ). Si consideri che il contenuto digitalizzato per essere riprodotto nuovamente avrà bisogno di una nuova ulteriore conversione. La necessaria ricomposizione dell’onda perciò, aggiungerà inevitabilmente altre imprecisioni a quelle precedentemente generate che potranno essere si limitate, ma non eliminate. Si rappresentano ora graficamente le differenze tra il segnale analogico naturale nel riquadro a sinistra e lo stesso segnale digitalizzato nel riquadro a destra.

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