Alchimia .... La Grande Opera

March 24, 2017 | Author: ermes85 | Category: N/A
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http://www.fuocosacro.com/pagine/1/lagrandeopera.htm Al di sopra di noi, nelle sfere eterne dalle quali prorompono Luce e Vita, regna il mistero, insondabile e splendido, dell’ASSOLUTO. L’Assoluto avvolge il nostro essere come un involucro e delimita l’ambito ristretto dei nostri precisi concetti; in ogni cosa egli ha impresso la sua somiglianza. Tenebre, Ignoto per quelli che non hanno la Scienza, egli non è che un velo che ricopre la Causa Prima, e si solleva davanti agli Iniziati. Beato colui che l’avrà saputo strappare prima dell’ora: giacchè la Luce che conoscerà non l’abbaglierà con la sua visione inattesa. Ma coloro che si saranno consumati in un timore inesistente troveranno il Guardiano della soglia stessa a scartarli. Alla vista di quello che essi non avevano supposto o appena presentito, precipiteranno annientati nelle profondità, dove, non avendo più coscienza di sè, perderanno la propria entità. Oh! la pochezza, e la piccolezza dei dotti in così decisivo momento. Qual rimpianto per gli atti non compiuti, per i progetti non eseguiti! Non potendo riparare alle omissioni e agli errori, in che misura accettare — imperfetti, incompleti, impuri — il loro stato definitivo! Seguimi dunque, Discepolo mio, nella Via dell’Assoluto, che t’insegnerò; seguimi, e io ti prometto che un giorno cingerai la tua fronte con la Corona di Luce, col Diadema d’Oro dei Saggi, riservato a coloro che, durante la loro vita, avranno realizzato l’Opera che riassume tutte le opere. Molto si parla e si è parlato della Grande Opera. Alcuni propongono di dedicarvisi, ma ben pochi lo fanno. Dicono: «Più tardi, quando avremo agio e calma necessari, ci impegneremo». Ma l’agio e la calma non vengono mai; sino a che giunge il momento supremo, quello in cui l’Assoluto ci richiama a sè, poiché siamo suoi, ed allora è troppo tardi. Passare su questa Terra senza aver decifrato l’enigma, senza aver penetrato il segreto inesprimibile che alcuni, fra i nostri avi, conobbero. Forse lo potrai tu, tu che hai sollecitato la Sapienza fra tanti che non l’hanno fatto. La Grande Opera! La Grande Opera! Vocabolo prestigioso! Fulgido Splendore. Alcuni, nelle età passate, avrebbero dunque contemplato questa meraviglia, l’avrebbero posseduta completamente, e tu, tu la lasceresti insoluta nei libri? Nell’aldilà, con la pienezza della tua lucidità percettiva, vedrai la falange trionfante dei Sapienti inondarsi di una gioia radiosa, sperdersi nella beatitudine e nella felicità. Dilettarsi, nutrirsene per l’Eternità, mentre tu non avrai alcun posto in questo banchetto. Udrai le bianche teorie degli Iniziati gridarti, come Dante: « Guai a Voi Anime Prave non isperate mai veder lo Cielo! », mentre s’allontaneranno per sempre nella Luce e ti lasceranno solo, in seno alle tenebre crescenti, mentre il loro sinistro diazoma si stenderà attorno a te. Sia questo pensiero sufficiente ad ispirarti disgusto per la tua negligenza del Magistero dei Saggi. Piaccia a Dio che non sia troppo tardi, e che ti possa trovare non lontano dalla Via che ti introdurrà alla compiutezza. Se l’ascesi non ha inizio nella adolescenza è dubbio che tu possa mai pervenire alla perfezione. E’ in questo senso che Nicolas Valois ha detto: «La Primavera precede l’Opera». E San Tommaso D’Aquino: «Nei primi giorni è importante alzarsi di buon mattino per vedere se la vigna è in fiore ». Applicati senza ritardi, con la benedizione di Gesù Cristo, alla sua mathesi e alla sua agnizione. Discepolo mio, è proprio per dirigerti in questa Via che io ho intrapreso, invocato lo Spirito Santo, a scrivere le XII meditazioni che seguiranno. Lode a Dio.

MEDITAZIONE PRIMA Il Soggetto dell’Arte L’alchimista Nicholas Valois ha detto: « La Scienza dei Filosofi è la conoscenza della potenza universale delle cose ». Nella notte oscura dell’anima tua hai aspirato talvolta, o mio Discepolo, ad una Luce incommensurabile che verrà, in un giorno lontano e indefinito, ad illuminare la tua miseria. Hai sognato, visione confusa, d’allegria e d’armonia sovrumana, d’onniscenza, di illimitata potenza. Hai intuito lo splendore, al di là delle tenebre e della cupa tristezza del caos ove confusamente ti agiti. Ed ecco che la linea d’orizzonte della tua vita s’imporpora e ti lascia intravedere qualcosa di meglio, di più perfetto. Sii solerte a dirigerti verso questo indeciso bagliore. Seguilo, è la Stella dei Magi che si leva per te e ti condurrà, se non la perderai mai di vista al Maestro del Mondo. Lasciato a te stesso, sei caratterizzato dal disordine delle idee e degli atti. Il rimedio specifico per questo disordine è di rientrare in te stesso. Questo rientro esige lo sforzo di una volontà continua e tenace. Lo sforzo di una Volontà continua e tenace necessita di una regola di vita. La regola di vita comporta una serie di atti spirituali che bisogna compiere scrupolosamente. La prima norma, che riassume tutte le altre, sta nel completo disinteresse prestato alle parole e agli atti della gente. Che l’indifferenza sia per te come una magica cappa con la quale avvolgerti; ecco la chiave della vita magica. Liberati dalle contingenze. Liberati da ogni hylophilia. Racchiuditi nel tuo pensiero e nella tua Scienza. Sii il solitario, il vero Monias; fabbricati una cella nel tuo Cuore. Accettare una vita oscura, quando si è affamati di Gloria è il sommo della perfezione alchemica; così, rigorosamente, i Santi hanno compiuto la Grande Opera. L’ideale che ti sei creato è un regno nel quale sei sovrano maestro; cosa desideri di più? Tu sei Re quando i troni crollano! Tu sei il Sacerdote nel momento in cui le ierofanie vacillano. Disprezza la folla, disprezza il popolo, disprezza la massa; fuggi le facce patibolari. Solo l’essere d’eccezione è degno del tuo interesse. L’espansione popolare non è da considerare se non è gerarchizzata. Una folla disciplinata ha costruito il monumento occulto per eccellenza, il monumento che non getta ombra: la Piramide; le folle indisciplinate non hanno mai saputo che gridare e saccheggiare, cosa che è alla portata di tutti; vuoi tu aggiungerti, semplice unità, a quelli? Rinuncia allora alla Grande Opera, la Via dell’ASSOLUTO non s’aprirà mai a te. Voler possedere la Sapienza e al contempo l’approvazione della gente è cosa assurda e derisoria. L’agire sta anche nel «non-agire», ha detto Lao-Tse; non dimenticarlo. Quando fuori la folla urla e battaglia tu, Discepolo mio, veglia sull’Athanor della tua anima e non immischiarti nelle lotte. Se non provi alcuna pena nell’ignorare quello che si pensa e quello che si dice di te, coraggio! hai già progredito nella Via dell’ASSOLUTO. La reputazione non è niente; solo la testimonianza della coscienza importa. A cosa ti serve il passare per Santo, se non hai la pace Ermetica nel tuo Cuore? Bisogna, seguendo la Scala Philosophorum, cominciare l’Opera quando il Sole è in Ariete e la Luna nel Toro. Ripley ed il Rosario ci assicurano che è necessario un anno per ottenere la Pietra Filosofale in tutta la sua stabilità e fermezza. Bernardo il Trevisano vi aggiunge sette giorni. Comprendi e medita queste parole. Sforzati di sviluppare le forze latenti che sussistono in te. Ordina la tua vita seguendo le arcane norme. Tu sei la materia stessa della Grande Opera: fatti candido, spiritualizzati, purifica la tua astralità, svincolati dalle ombre Cimmerie.

Ma se preferisci abbandonarti all’azzardo degli avvenimenti, piangi senza speranza; non conoscerai che l’insuccesso e le disillusioni e non entrerai mai nell’assemblea dei Filosofi. MEDITAZIONE II Respirazione e Purificazione Filalete ha detto: « In qualsiasi modo o maniera si tratti il mercurio volgare non se ne farà mai del Mercurio Filosofico ». Se la tua anima è quella di un uomo da trivio, rozzo e volgare, è vanità la tua pretesa al Magistero. Hai sentito la necessità di elevarti verso il Cielo, di uscire dalla tua ganga, di rompere la tua crisalide? Se non possiedi questo fermento d’elezione, persuaditi che è meglio per te non intraprendere nulla. Se sei l’argilla resterai d’argilla. Se hai posto il tuo ideale nel fango non puoi pensare alla sublimazione, alla trasmutazione definitiva, alla Liberazione dalla gheenna terrestre. Uomo volgare, non diverrai mai un Sapiente. Si tratta di un’Alchimia trascendente. E’ anzitutto necessaria per completare l’alchimia degli elementi. La nobiltà dell’opera richiede l’aristocrazia dell’operante. Costruisci l’athanor; prepara l’uovo filosofico, disponi l’aludello, separa il sottile dallo spesso, raccogli le lacrime dell’Aquila e il sangue del Leone, fai che ciò che è occulto divenga manifesto; questi sono i preliminari dell’opera, senza i quali non puoi riuscire. La trasmutazione deve operarsi nella tua anima. La Pietra, nel suo stato definitivo, è lo stesso ASSOLUTO, il dissolvente purificatore. Queste sono le formule di perfezione e di bellezza con cui ornerai la tua vita. Il Magistero è Solfo, Sale e Mercurio. Così la tua anima sublimata, che è il vero Mercurio dei Filosofi, si unirà al Solfo dell’Amore Divino attraverso il Sale della mortificazione e delle prove. Coordina dunque tutte le tue azioni e tutte le tue impressioni al fine di costituire un insieme armonico, perfetto. Sforzati di acquisire l’estrema lucidità del tuo intendimento. Distogliti da ciò che ti lorda la vista. Non dare ascolto a ciò che viene per contaminare l’orecchio. Esalta in te il sentimento della Personalità per poi sforzarti di assorbirla nel seno dell’Assoluto. Incendia la tua anima con il fuoco alchemico, quel fuoco che non brucia mai. Io t’insegnerò a raccoglierlo; esso formerà intorno a te un cerchio protettivo che ti isolerà dalle influenze nefaste. Guardati dal voler gustare i frutti della via iniziatica prima di aver fatto nulla per meritarli. Non dire: « Il voto è troppo arido; per trionfare sulle avversità della Via bisogna essere un Santo ». Al contrario, i Santi sono divenuti tali proprio perché hanno subito e trionfato sulle avversità. Essi hanno iniziato come te nel nulla; hanno salito, come te, la Scala Filosofica iniziando dal primo gradino. Non domandare prima la fede per poter pregare. Prega sin dall’inizio e la fede inonderà l’anima tua. Ho detto abbastanza perché tu sappia di doverti formare un corpo mistico da sostituirsi in tutti i tuoi atti al tuo corpo visibile, per poter impiegare utilmente le tue forze immateriali. Vivrai così nell’iperfisico: questa è la Via. MEDITAZIONE III Ignis Philosophicus D’Espagnet ha detto: « La rigenerazione del mondo si fa attraverso l’azione di uno spirito di fuoco che discende in forma di un’acqua che toglie la macchia originale della materia ». E’ dall’alto che tu dovrai far discendere il fuoco filosofico che purificherà i tuoi concetti e aspergerà la tua anima. C’è in questo un Grande Mistero. Questo fuoco enigmatico l’otterrai solo tramite uno sforzo meraviglioso di volontà. Queste cose sono nella Misericordia di Dio, come dice Basilio Valentino. Pontano riconosce di aver errato più di duecento volte, quando lavorava sulla vera materia, poiché ignorava la vera natura del fuoco filosofico.

Che le tue mani e le tue intenzioni siano pure, altrimenti il soccorso celeste ti sarà totalmente rifiutato. E’ l’influenza spirituale, il lampo celigeno sgorgante dalla nube sopra l’athanor, il legame che unisce il macrocosmo al microcosmo. Senza di essa non puoi approdare a nulla, ma con essa sei forte di ogni forza. Zaratustra lo chiamava Berezesengh, il fuoco che arde davanti a Ormazd; Mosè l’ha chiamato ‘wr; e i Magi l’hanno inciso sui vasi caldei; contempla questa effige: E’ lo spirito stesso di Dio che discende impetuosamente nel Filosofo, e che si combina con il fuoco centrale, cioè l’aspirazione della sua anima verso il Mistero, lo fa vaticinatore e gli dona il potere di fare miracoli. Concentrati, Discepolo mio, devi essere il tempio di questo ardente spirito che opera grandi cose. Ricordati che le ceneri dei Filosofi contengono il diadema del loro Re. Sia chiuso il tuo animo alle impressioni esterne. Luta il tuo athanor con il luto di Sapienza. Non guardare all’esterno nelle tenebre; resta al centro; avvicinati il più possibile all’ignizione, sicché ti sia possibile sfuggire all’avvolgimento del vortice ghiaccio del maledetto che ruggisce, quaerens quem devoret. Stai in guardia dai Lemuri mortiferi, dagli spiriti catabolici che s’aggirano attorno a te. Guarda gli empi che torvi ti guatano; invoca le influenze spirituali, riscalda bene nel tuo seno l’uccello d’Ermete. L’Alcione sta per nascere, Discepolo mio, rallegrati; e se tu sai provocare questa corrente magnetica che deve stabilirsi fra te e le sfere superiori, allora possiedi il Magistero e il resto non è che un gioco da ragazzi. Osserva, scolpito sul portale destro di Notre-Dame de Paris, il Vescovo appollaiato sull’aludello in cui si sublima, incatenato nei limiti del recipiente, il Mercurio Filosofico. Egli ti insegna donde proviene il fuoco sacro; e il Capitolo, lasciando per tradizione secolare questa porta chiusa per tutto l’anno, ti indica che questa è la Via non volgare, sconosciuta alle folle e riservata al piccolo numero di eletti della Sapienza. Non è permesso di dire di più su questo argomento. MEDITAZIONE IV Dissoluzione Ruggero Bacone ha detto: « è necessario che il corpo divenga spirito e che lo spirito divenga corpo ». Questa è la soluzione dell’opera. Per realizzarla, il tuo corpo, incendiato dal fuoco filosofico, corroso dall’acqua ardente delle contrizioni, deve raggiungere un tal grado di purezza da spiritualizzarsi veramente. Allora, trasfigurandosi, come su di un Thabor, diventerà inalterabile; non costituirà più un impedimento alla vita spirituale, ma al contrario, al pari dei Corpi Gloriosi, parteciperà a questa e contribuirà lui stesso — o prodigio —all’Opera. Corporifica poi il tuo spirito, lancia cioè uno sguardo scrutatore su quella tua impalpabile sostanza; di cui può darsi tu non abbia mai pensato di conoscerne la misteriosa natura, sebbene, costantemente, accompagni il tuo corpo. Studiane meticolosamente gli occulti meccanismi, affinché sappia dirigerla ed amministrarla nella sua potenza e sostenerla con il nutrimento intellettuale che gli è conveniente. Tu possiedi, Discepolo mio, un tesoro immenso di possibilità non manifeste che ignori, forze immense e invincibili, piegate in te, che sorpassano tutte le possibilità grossolane; apprendi a servirtene, a farle obbedire alla tua volontà, a rendertene assolutamente maestro e signore. Per far ciò devi, fin dall’inizio, mondare il tuo intelletto da tutto ciò che è superfluo e antiquato. Pota vigorosamente il fogliame dei tuoi pensieri volgari. Taglia arditamente dall’albero i luoghi comuni e le banalità che possono ancora occuparti. Sfronda da te tutto quanto non sia vigore e forza; l’insana vegetazione, fonte solo di dispersione di energia spirituale. Il pensiero è una sostanza di natura pressoché fluida. Una volta emessa essa esiste. Il pensiero è immutabile. Provoca nella sfera dell’esistenza pura un’eco che risuoni nell’eternità. Guardati dal dare vita a cogitazioni infernali che ti si attaccheranno per la tua dannazione. Sii puro, perché è questa tua stessa virtù che devi profondere nell’Athanor al fine di animarlo. Evita gli atti indifferenti in se stessi. Che il tuo sguardo non erri mai un istante sopra gli oggetti che non valgono un

istante della tua attenzione; è una particella di te, del tuo essere che perderai senza mai più poterla recuperare. Poi, allorché sarai libero dal fardello delle superfluità, raccogli preziosamente quello che vuoi conservare delle forze vive e dirigile sull’Opera con veemenza. Osserva con attenzione i colori del Magistero e fai convergere verso lo scopo finale anche i tuoi più piccoli atti. Alcuni ti diranno che la potenza miracolosa si acquisisce e si trasmette per mezzo di un soffio, di una parola mormorata cabalisticamente all’orecchio, o dalla lettura di qualche pagina di Grimorio, o alla confezione di una magica bacchetta. Impara, al contrario, che un tale potere non ti sarà conferito che per mezzo di una laboriosa e lenta coltura delle possibilità in te latenti. E’ necessario che ti astragga nella vita superiore, esaltandovi potentemente la tua volontà; che operi una vera segregazione di te stesso dal mondo fisico ed esterno. Alza attorno a te un muro che trattenga ciò che da te si effonde verso le cose sensibili; chiuditi così nella cittadella ermetica dalla quale un giorno uscirai, invincibile eroe solare, invulnerabile. Senz’altro già scorgi spuntare un pò di quella luce che ti ho promesso, e te ne rallegri. Pazienta, pensa alla tua imperizia. Non sei che al IV grado della Via dell’ASSOLUTO. Ti resta ancora più della metà del cammino da percorrere e puoi ancora vacillare, cadere sulla strada. Altri più abili di te sono caduti quando erano già vicini alla fine dell’Opera. Un dito sulla bocca, come Arpocrate, e prega, Discepolo mio, nel Silenzio della tua anima. MEDITAZIONE V Congiunzione Basilio Valentino ha detto: « La voce melodiosa della Regina giungerà graditissima alle orecchie del Re di fuoco; egli l’abbraccerà amorevolmente per il gran bene che le porta, e sarà avvinto ad essa fino a che i due spariranno e di essi non sarà fatto che un unico Corpo ». La Grande Opera è un’ Etica Trascendente. Ora è facile all’Adepto eliminare dalla sua vita gli impedimenti frapposti dalle persone e dagli esseri importuni. Ma incontrerà serie difficoltà, se vuole — obbedendo alla norma di attività e di passività su cui è costruito il microcosmo — ricostruire in se stesso lo stato androginico dell’Eden, grazie all’assimilazione di un’altra vita alla sua. In ciò è l’ostacolo, il vero offendicolo. E’ vano, Discepolo mio, che tu compia le abluzioni preparatorie e che ti vesta di lino bianco, se il tuo cuore non è puro; non sarà certo l’abito che ti occulterà all’occhio scrutatore della Divinità. La dispersione psichica provocata dal sorgere di brame e vani desideri non ha paragone con nessun’altra causa di dispersione. E’ questo un incantesimo, un maleficio al quale neppure lo stesso Salomone seppe sottrarsi, nè resistere. «Qui purus est, is certus est augur»: è Parcelso che te lo insegna con la sua preziosa parola. Non incamminarti sulla strada delle innominabili voluttà, dei torbidi desideri, delle sfrenate ambizioni. Non cingerti la gamba con la giarrettiera di pelo di lupo. Guardati dall’accendere il cero verde che la donna dirige verso le tenebre luminose. Abbi timore delle malìe d’amore, dei filtri e delle parole sussurrate alla argentea Ecate; porta al dito il topazio che raffrena la lubricità e la nefasta azione dei filtri e caccia i vaghi fantasmi, ombre nella notte. Scaccia da te il rospo della stregoneria, non vagare, come Merlino l’incantatore, nella foresta di Brocelandia, altrimenti la perfida Viviana incatenerà pure te per i secoli. Se scegli una compagna, il legame che ad essa ti unirà dovrà essere indissolubile, poiché, un giorno, tutti e due contemplerete l’ASSOLUTO. Con lei dividerai le gioie eterne. I suoi pensieri, con i tuoi, debbono, tutti, convergere verso la realizzazione dell’Assoluto.

Non puoi che vivere vicino a colei che con te, la mano nella mano, cammina nella Via che con te ricerca l’oggetto dai tre angoli e con te coopera alla Grande Opera. La sposa dell’alchimista è discreta e sapiente, ha al dito l’anello del supremo legame, riflette i pensieri del Maestro e veglia, quando l’ora lo esige, sull’Athanor. Se hai scelto male, getta un ultimo sguardo su questo mistero non destinato a te, riempi gli occhi con la tua chiarezza e chiudi questo libro. Puoi lasciare la via dell’Assoluto, al quale mai potrai pervenire. Scendi nella gheenna o sfortunato! Con l’essere inutile che hai attaccato alla tua carne, con la vuota scorza che trascini, e rientra nella via della mediocrità che ormai è la tua e dalla quale mai potrai più uscire. Ma se la tua compagna orna veramente la tua vita, continua con lei la progressione contemplativa verso l’ASSOLUTO. Ella deve trarre, o meraviglia, il tuo stesso frutto dalle presenti meditazioni. Ma non dimenticare mai che la sua Via di perfezione, malgrado l’omogeneità dello scopo finale, è diversa dalla tua e ciò lo saprai ancora meglio se ti curerai, con attenzione, di studiare la sua costituzione microcosmica. Paracelso l’ha insegnato espressamente: « Archoeus alius in viro, alius in foemina ». E’ da te che essa deve ricevere l’iniziazione così come tu l’hai ricevuta dalla divinità. Ricordati questi punti essenziali e guardati dall’indirizzarla su di una Via che non sia la sua. Ponile in una mano il pomo d’oro e nell’altra la fiaccola accesa. Il fuoco è il mestruo dissolvente, ecco la Chiave dell’Arte Maggiore. Se tu la conosci, sei allora nella Via Regale e presto vedrai il giorno eterno, il giorno che mai tramonta, « qui nescit occasum dies ». MEDITAZIONE VI Putrefazione o Hylazione sive Mors Ha detto il Cosmopolita: « Chi non scende non salirà ». Si ha qui, Discepolo mio, la prova delle prove quella in cui, pallide e sogghignanti, ti aspettano le torbide infuenze psichiche. L’anima la speranza di vederti vacillare, ricadere nelle tenebre esteriori. Se resisti, la Fenice, sostituendosi all’Alcyone si schiude per te. Il mondo non ha coscienza delle nature superiori che nascono. Prendi dunque la santa abitudine di sopportare il dispregio di quelli che valgono meno di te. Compenetrati nella verità che non ti sarà mai resa giustizia se non quando passerai nella Luce. E’ necessario che tu divenga completamente indifferente alle opinioni degli uomini, cosa facile da dire ma assai difficile da realizzare. Che t’importa se la massa dice dite: «sta sulle nuvole è un vagulo . . .» se hai coscienza della tua regalità intel lettuale? Opera secondo la tua coscienza e non ti dar pena de risultati. Accetta la Gloria come un fardello e desidera solo la Gloria Eterna, quella dei Filosofi: l’ASSOLUTO. Se cerchi il consenso umano cammini verso le tenebre, sei fuori della Via. Se desideri divenire Santo solo perché si dica: « Signori, questo è un Santo! », stai pur certo che non lo diverrai mai. La potenza miracolosa si concentrerà in te quando ormai non la brami più, quando avrai ucciso in te l’ambizione di possedere. Allora, usando questo potere che stupirà gli uomini, il tuo Cuore, divenuto insensibile, non si inorgoglierà affatto. Ma quanta strada devi percorrere per raggiunge e questo risultato!

Annientati, Discepolo mio, in un abisso di umiltà. Sii infimo fra gli infimi. Nasconditi come quel discepolo di Khoung-Tseu che, strappando lacrime di ammirazione al maestro, gli faceva dire: « Oh! come era saggio Hoei. Egli dimorava in un ridotto, in fondo ad una strada stretta e abbandonata; nonostante ciò, la sua serenità non mutava. Oh! come era saggio Hoei! ». Ricordati queste parole: « La pazienza è la scala dei Filosofi e l’umiltà è la porta del loro giardino ». Abbassati ora e un giorno ti trasfigurerai risvegliandoti brillante e radioso Re di gloria, Re Orientale assiso sul suo trono, come dicono i maestri, ed entrerai nel Mare Purpureo che è il Magistero dei Filosofi. Ma tu, ancora, non sei che il Mercurio lebbroso che ha fatto morire il Sole di Giustizia sull’effige del quaternario, ricordalo. MEDITAZIONE VII Sublimazione, Distillazione Ha detto Nicolas Flamel: «Questa operazione è un vero labirinto, mille vie ti si presentano nel medesime istante, così che devi andare all’altro capo procedendo per la direzione contraria a quella iniziale ». L’afflizione è il seme menstruo della perfezione dei Saggi; è il Leone Verde dei Filosofi, l’acqua Pontica che non bagna le mani, l’acetum acerrimum, o aceto molto aspro grazie al quale si estrae la testa del Corvo, il vero Latte d Vergine, l’Elisir di moltiplicazione. Devi far convergere verso lo scopo supremo ciascuna circostanza della tua vita, ma principalmente le pene e sofferenze quotidiane: te ne verrà molto, poiché « i discepoli dei Sapienti non trovano riposo in questo mondo » diceva Rabbi Issachar Bàer. Ti conviene trarre da tutto ciò partito, ed ottener l’acqua regale che corroderà tutte le impurità. Saper estrarre dalle difficoltà stesse della vita un fermento di perfezione e saperne trarre altrettanta forza nel piano sottile è l’alchimia più grande, contro di essa nulla potrà prevalere; è il magnifico imbiancamento, l’aurun de stercore di Virgilio, il morbus quilibet purgatorium di Paracelso. Non mormorare e non inveire se uno dei tuoi progetti non verrà coronato da successo. Poiché non tarderai a capire che era necessario che avvenisse così e non diversamente e che le momentanee delusioni saranno per te foriere di vantaggi inaspettati. Geber insegna che, per l’alchimista, è quasi obbligatorio errare molte volte. Accontentati dunque, nell’avversità, di pensare, senza inasprirti, che la tua vista intellettuale si trovava in quel momento offuscata e che la via dalla quale sei stato rigettato e che credevi eccellente non lo era affatto. Acquisirai ben presto la certezza di ciò e riconoscerai ovunque l’amorevole concatenazione degli effetti e delle cause. Guardati dall’invidiare i trionfatori del giorno e dell’ora. Li sentirai beffarsi, Discepolo mio, della tua ascesi e disprezzare i tuoi sforzi. « Noi non preghiamo — dicono i vanitosi — non preghiamo affatto e nonostante ciò i nostri affari prosperano! Noi bestemmiamo Dio, e Dio non paralizza la nostra lingua». Ma cosa prova questo? Soltanto che il Padre Celeste è buono e che essi sono malvagi; niente di più. Tu, Discepolo mio, prosegui il tuo andare sulla Via con perseveranza. Non ti stancare; gli stessi Maestri hanno ricominciato l’opera più volte. Ma sappi comprendere che nessun insegnamento esoterico o exoterico potrebbe rimpiazzare la lenta assimilazione della dottrina alchemica, prodotta da un approfondito e coscienzioso studio dei testi dei Maestri. Solo dopo lunghi anni inizierà a spuntare per te la Luce. Allora, in quei testi in cui il profano non vede altro che oggetto di scherno, tu scoprirai sottili rapporti, punti di riferimento che ti guideranno nell’oscurità della Via. L’Alchimia non è cosa di un giorno, ma l’opera di una vita intera; essa fa corpo unico con l’esistenza dell’Adepto. Il possesso della Grande Opera è il coronamento della Vita. Non l’otterrai che una volta, così come non vivrai che una sola volta su questo mondo. Raggiungere l’Assoluto a venti o trent’anni è illusorio; a queste età sei solamente sulla Via e non puoi abbandonarla senza perdere, allo stesso tempo, la speranza di mai più rientrarvi.

E’ solo progressivamente che scoprirai la verità nelle parole dei maestri; non credere di essere al termine del viaggio prima di aver percorso il cammino necessario per arrivarvi. Se sei appena un poco avanzato nella Via ti renderai conto che è impossibile parlare più chiaramente di cosi. Ma più tardi, se non avrai cessato di lavorare secondo le prescrizioni dei maestri, le parole ora oscure e incomprensibili ti saranno più chiare e luminose. Allora sorriderai, riconoscendo la semplicità delle nozioni che ti apparivano così astruse quando eri solo un profano e riconoscerai che non vi può essere spiegazione che si possa sostituire all’investigazione personale, indispensabile a preparare il tuo spirito a ricevere il seme del Vero. In questo senso va interpretato il detto: «nessuno puo essere iniziato se non da se stesso ». MEDITAZIONE VIII Coagulazione, Cambiamento dei Colori, Caput Corvi Il Beato Raimondo Lullo disse: « Così avrai un tesoro perpetuo che potrai aumentare indefinitamente e con il quale compirai l’opera fino all’infinito ». Ecco la grande pagina mistica, vietata e inintelligibile a chi non è totalmente distaccato dall’affanno delle contingenze e dal fracasso delle opinioni umane. Hai liberato il tuo animo da tutte le sensazioni di squilibrio che potevano turbare la tua serenità sottile? Sei sufficientemente pronto ad agire nel sottile? Esercitati, raccogli le tue possibilità psichiche e spirituali. Coagulale, dà corpo a ciascuno dei tuoi pensieri. Consolidali precisandoli con cura e concretizzali nel tuo spirito. Essi sono numerosi, ma ti sfuggono perché non sai come governarli. Procura di non perderne uno solo, di non diluire questa preziosa potenza, di non disperderla su nozioni inutili. Individua, al contrario, quei pensieri, sui quali vuoi fissare la tua attenzione, elimina e scaccia tutti gli altri. Riunisci poi in un fascio i pensieri volontariamente emessi e consacrali proferendoli verbalmente con energia e volontà: compirai così grandi cose. Arnaldo da Villanova definisce tale procedere: l’Angolo dell’Opera. Raccogli dunque con attenzione l’acqua Pelidor che è di un verde nascente. Trasmuta le Acque Morte in Acque Vive. Prepara la resurrezione dell’uccello di Ermete. A questo punto, è necessaria la massima purificazione del Cuore, delle intenzioni e della volizione, così è. Che tutt si orienti verso il Bene. Attento, Discepolo mio, poiché corri, in questa fase dell’Opera, un grande pericolo. Tutte le malvagie volontà da te emesse, contro di te si volgeranno. Non tentare evitare gli ostacoli col proferire la formula di maledizione contro coloro per mezzo dei quali esse ti raggiungeranno. Non è per la vendetta che il potere ti è dato. Non fuorviarti: è la Via Regale, la Via dell’ASSOLUTO che tu persegui, non quella delle Tenebre. Folgora lo schiudersi di malvagi pensieri nella tua mente turbata. Non scendere a patti con il maledetto. Respingi decisamente le consumazioni infernali e le morbose cogitazioni. Quello che cerchi con tanta avidità, è il Solfo dei Filosofi, quel Solfo che ogni corpo illumina, essendo e gli stesso luce e tintura; abbi timore di incontrare, al suo posto l’Asmodeo che sedusse Aischa. Ma ti ho detto, Discepolo mio, che non posso disvelare l’insieme degli Arcani Ermetici… Basta illuminarti la via che conduce a tali Arcani misteri. E’ con la tua intelligenza e con la tua volontà che perfezionerai, con l’aiuto di Dio, l’Opera. MEDITAZIONE IX Fissazione Jehan de Meung, nel suo Specchio d’Alchimia, disse: « La nostra Scienza è una scienza corporea data da un solo ed unico composto semplice ».

Unica, in effetti, è la modalità per la quale si ricerca e si conquista l’Assoluto. Colui che s’incammina verso la vera Perfezione si eleva al di sopra della natura: solo chi è sopra alla natura può comandare ad essa. E’ così che potrai fare miracoli e trasmutar metalli e gemme. Hai compreso, Discepolo mio, la sottile difficoltà dell’Opera? Non otterrai la Pietra che quando sarai perfetto. Ma non sarai mai perfetto fintanto che ricercherai la pietra per ricchezza e avidità. Quando l’avrai realizzata, la perfezione da te raggiunta ti spingerà ad un supremo ed assoluto disprezzo per i vantaggi materiali che essa ti potrà offrire. Quando avrai raggiunto l’enstasi, potrai renderti invisibile, evocare i morti e, in un istante, superare le più grandi distanze. Vivrai una vita sovraumana, avente in se stessa la propria alimentazione e sussistenza, sì che non sarai toccato nè da bisogni nè da desideri. I profani coltivano strani sofismi: «Se possedete la pietra, sarete enormemente ricchi — essi dicono — esulterete di gioia ». Altri, senza fede nelle loro anime e senza purità nei loro cuori, hanno aperto i libri degli alchimisti; hanno manipolato sostanze, soffiato negli athanor, calcinato i misti e non hanno capito — i poveretti — che prima di osar entrare nel laboratorio occorre aver fatto una lunga sosta nell’oratorio. Davanti al fatale insuccesso, gonfi di vanità e tracotanza, non hanno esitato a dichiarare ingannevole ed illusoria la parola dei maestri, invece di riconoscere d’essersi sbagliati. Ignora le scurrilità e la dabbenaggine di questi censori da strapazzo, ignoranti e vacui. Canzonano gli Alchimisti che son morti in stato d’indigenza e sono stati dimenticati. Sappi, Discepolo mio, che quando possiederai la pietra, disdegnerai di fare l’oro fisico. Poiché tu sarai un Santo e comanderai agli elementi. Che emozione ti potranno ancora date, quando sarai giunto alla soglia dell’infinito e ti perderai nella contemplazione dell’ASSOLUTO, le ricchezze materiali? Come potresti essere perfetto se non avessi estinto in te ogni desiderio umano, ogni necessità vitale? E’ per questo che Grosparmy afferma che « non si ha ricordo di un avaro che abbia posseduto la Pietra ». La pratica della Pietra e il desiderio dell’oro sono inconciliabili. Iniziare la Grande Opera con l’idea di arricchirsi economicamente equivale ad entrare a ritroso nella Via dell’ASSOLUTO. In tal modo obbediresti ad un istinto malvagio, mentre in te non se ne devono trovare. Come potrai comandare alla natura se, prima di iniziare, non avrai saputo comandare a te stesso? Ma ciò non significa che un giorno, per motivi superiori, non debba tentare l’opera sul piano fisico e possa trasmutare materialmente i vili metalli in oro. Vari Adepti, come Flamel, Saunier, Zaccaria ed altri, l’hanno fatto. Ma rammentati che un altro, e non tu, userà le ricchezze così prodotte e profuse dal tuo Athanor. Questo essere, dotato di una vita ardente e selvaggia, brillante e impetuoso, crudele e senza anima come l’animale delle foreste, seminerà ovunque disordine e terrore, spavento e sfortuna, sino al giorno in cui soccomberà sotto gli invisibili colpi di uno dei tuoi fratelli, in Sapienza, che avrà riconosciuto in lui l’incarnazone del maledetto. MEDITAZIONE X Lilium Artis. Quintessenza o Elixir Perfetto Alberto Magno, arcivescovo di Ratisbona, ha detto: « Qui sono nascosti tesori inestimabili e nessuno che Dio non voglia li può scoprire ». Risplendi nella Gloria, Discepolo mio. Ti ho condotto sino al X° grado. Sulla vera Via, hai appreso a purificare i tuoi concetti e ad affinare il tuo pensare. L’uccello d’Hermes s’è ora trasformato in Pellicano e, a momenti, quel velo che occulta l’ASSOLUTO ti si toglierà davanti.

Ora ti trovi come l’Uomo Primordiale, nel Pardes, alla presenza dei due alberi: quello della Vita e quello della Scienza. Il primo è la via iniziatica della contemplazione, èl’anagogia, l’enstasi. L’altro è la via del ragionamento, dell’obiezione e del dubbio, la strada dei sofisti. Scegli quello da cui vuoi raccogliere frutta e bada, l’errore è fatale. E’ qui che la via presenta un grande pericolo, ma sappi, per illuminarti nella tua scelta, che tutto quello che la scienza ci insegna grazie a migliaia di volumi, puo acquisirlo in qualche secondo grazie all’illuminazione interiore: ti sarà possibile in quanto il tuo spirito, nella contemplazione dell’ASSOLUTO, afferra la chiave dell’armonia Universale. Questa chiave i libri non te la daranno mai! Invano ti affannerai a leggere tutto quello cbe i maestri hanno scritto sull’arte nostra, se non lo possiedi già; niente di quel linguaggio ti sarà comprensibile. Saprai trionfare sulla sottile prova del dubbio? Stai in guardia! In questa partita tutto il tuo avvenire eterno è impegnato. Se soccombi, mai potrai vederne lo splendore; ricordati cbe l’occasione di essere iniziato è, nella vita, unica. Se la lasci passare, non ti si ripresenterà mai più. Chiedi Luce alla stessa Luce, non c’è altro modo per ottenerla. «Lavate l’ottone e strappate i vostri libri, così che i vostri cuori non siano lacerati dalla paura e dall’irrequietezza», scriveva il saggio Morieno. Non è che i libri manchino, anzi, forse, sono anche troppo numerosi, ma è l’energia e la volontà che sovente mancano per fare la Pietra. La Grande Opera è scritta ovunque, esposta agli sguardi più indiscreti; così chiaramente espressa che è possibile attuarla senza venir meno al segreto degli Adepti. Puoi leggerla sul portale destro di Notre-Dame de Paris, sulla Torre di Saint-Jacques la Boucherie. Io l’ho trovata istoriata isagogicamente sulle vetrate del coro della Maddalena, a Troyes, e scolpita nel Palazzo dell’alchimista Jacques Coeur, a Bourges. « Lavate l’ottone e strappate i vostri libri! ». Si, Discepolo mio, l’Opera nella sua interezza è là. Conquista l’Urim e il Thummin. Cogli il frutto dello gnostico albero d’Edot. Il gioiello è nel loto. Ricordalo, e l’Universo è tuo. MEDITAZIONE XI Moltiplicazione Disse Bernardo il Trevisano: «Talvolta, il Mercurio dei Filosofi si sublima in un corpo risplendente e coagulato ». Se hai esercitato potentemente e quotidianamente, secondo le norme che ti ho insegnato, la tua Volontà, potrai già cogliere, Discepolo mio, i frutti del Magistero. La diatesi dell’animo tuo e del tuo spirito t’indicherà in modo manifesto questo risultato. Quando tutte le circostanze della tua vita cominceranno a concatenarsi secondo la trama dei tuoi desideri, quando le difficoltà si appianeranno miracolosamente davanti a te, quando vedrai tutte le volontà piegarsi davanti alla tua Volontà, quando vedrai i tuoi nemici concorrere incosciamente alla realizzazione dei tuoi progetti e del tuo destino, avrai allora la conferma e la certezza d’essere molto innanzi nella Via. Ti dirò l’ultima operazione della Filosofia Ermetica, riservata solo a coloro che sono pervenuti all’apogeo della Sapienza; confido nella tua prudenza e nella tua perfezione. Le forze che hai acquisito sussistono in te allo stato latente, come un tesoro nascosto. E’ la Pietra nel suo splendore che hai ottenuto, grazie al Mercurio, al Fuoco e all’Elixir. Per porre in atto queste segrete possibilità non resta che praticare e conoscere la moltiplicazione dei Saggi.

Quando i tuoi fratelli con i cuori fortemente contriti e le anime sublimate saranno riuniti in assemblea per la preghiera, tu, stando in mezzo a loro, valuterai l’atmosfera sottile satura di benevoli intenzioni e di ardenti volontà, ti impadronirai con astuzia ed energia di queste sparse irradiazioni, le riunirai in un’unica corrente che dirigerai a tuo piacimento e grazie alla quale vincolerai il tuo voto, formulato in un modo così speciale. Così facendo, innalzerai fra la Terra ed il Cielo, impregnata dalla tua potenza volitiva, una specie di colonna sottile che si animerà di un violento moto rotatorio producente il rumore di un torrente o d’un impetuoso vento che, a volte, potrà divenire visibile, infiammandosi all’improssivo di una luce scintillante. Vedrai allora, per tuo mezzo, compiersi grandi cose, senza che gli uomini possano sospettare lo splendore dell’anima tua. Sarai, figlio mio, nell’oscurità, uno degli eletti, uno di quelli che sanno! Eccoti dunque chiamato, nel tuo secolo, a continuare la Tradizione di quei Maestri illustri che ti hanno preceduto nell’Assoluto. Vedrai, Discepolo mio, i Geber, i Raimondo Lullo, vedrai Arnaldo da Villanova e Morieno, e Artefio, e Schelomoh e Maria la Profetessa, che ti contempleranno nella loro Gloria. Possiedi, ormai, i loro segreti, l’arcano supremo che essi, preziosamente, hanno nascosto agli sguardi indiscreti della folla dei profani. Sii dunque degno di questi magnifici, di questi Superbi. Che possano essi salutare il tuo ingresso nell’Assoluto e che mai ti rigettino, come traditore e spergiuro, nelle tenebre esterne. MEDITAZIONE XII Maggiorazione o Proiezione Ha detto Ermete Trismegisto: «Venite Figli dei Saggi cantiamo insieme. Facciamo manifesta la nostra gioia con grida d’allegria. La morte è superata. Nostro Figlio regna ed è rivestito e adornato dalla sua porpora Osanna! Discepolo mio. Sei giunto all’ultimo giro della Ruota; hai salito l’ultimo grado della scala di perfezione. Rivesti la Pietra con il suo mantello reale. Esulta, rubificati. Eccoti investito di uno splendido potere. Sei nell’anagogia, nel Pardes. A tuo piacimento, puoi entrare nell’en-stasi, inondare i tuoi occhi di Celeste luce, astratti, lontano da qui, nella contemulazione dell’ASSOLUTO. I misteri si svelano ai tuoi occhi, non serbano più il loro geloso segreto. La tua potenza è illimitata. Raggiunto il sommo grado del cammino della perfezione, tutte le tue possibilità e modalità sottili, sono interamente integrate nel tuo animo. Il tuo vivere si sorreggerà su sè medesimo giacchè, ormai, sei giunto alla sorgente stessa della Vita. Per te, ora, non esisteranno più nè distanze, nè ostacoli; comanderai alla Natura e agli Elementi; vedrai i mutamenti futuri e leggerai nelle coscienze. Avrai ricostituito così lo stato edenico primordiale. Questa esistenza superiore sarà per te immortalità, ove sussisterai, immoto ma pur mobilissimo. Discepolo mio, questa non è altro che la Resurrezione del Re di Gloria che ti viene incontro splendente della sua Luce. Ricordati dei Maestri. Essi hanno compiuto la trasmutazione del Mercurio il giorno di Pasqua al suono delle campane e degli allegri canti d’Alleluia. Sii anche tu raggiunto da questo dono divino che in questo fausto giorno ti viene fatto. E’ il vero carbonchio, il vetriolo rubificato, il balsamo di vita triangolare, il balsamum perfectum che ti offre la mano del Dio Eterno; è la rosa del mattino, la quintessenza nobilmente distillata, il pesce senz’ossa che nuota nel mare Filosofico, tutto ciò che gli Alchimisti chiamavano con una sola parola: l’Universale. Eccoti ora divenuto Aquila dallo sguardo fisso nel Sole. Ho compiuto la mia promessa e ti ho condotto per mano sino alla soglia dell’Assoluto.

Se qualche frutto hai tratto dalla lettura di queste pagine, ringrazia il Signore e, quando sarai entrato nella Gloria, accorda, Discepolo mio, qualche pensiero a colui che t’ha indicato la Vera Via, quella che non inganna: LA VIA REGALE DELL’ASSOLUTO. I - L’ASSOLUTO E’ LA SINTESI DELLA PERFEZIONE UNIVERSALE. II - L’ESSERE CHE POSSIEDE IN SE IL SENTIMENTO DELLA PERFEZIONE E’ SULLA VIA DELL’ASSOLUTO. III - L’ESSERE CHE HA INTRODOTTO IN SE UN ELEMENTO DI PERFEZIONE, HA CAMMINATO SULLA VIA DELL’ASSOLUTO. IV - LA VIA DELL’ASSOLUTO CONDUCE AL RIASSORBIMENTO NELLA CAUSA PRIMA. V - LA CAUSA PRIMA E’ IDENTICA ALL’ASSOLUTO. VI - LA CAUSA PRIMA E’ UNA, INFINITA, ETER NA. VII - L’ESSERE CHE IN SE HA ESALTATO LE TRE NOZIONI D’UNITA’, D’INFINITA’ E D’ETERNITA’ FINO AD ASSIMILARLE ESCLUDENDO OGNI ALTRA COSA SI E’ ASSORBITO, INTEGRATO, ANNIENTATO NELLA CAUSA PRIMA; HA REALIZZATO LA SUPREMA PERFEZIONE; HA PERCORSO LA VIA DELL’ASSOLUTO. VIII - L’INFLUENZA RECIPROCA DEL MOVIMENTO SULLA IMMOBILITA’ E DELLA IMMOBILITA’ SUL MOVIMENTO SI MANIFESTA IN TUTTE LE COSE PERCETTIBILI. IX - IL MOVIMENTO E’ PERFEZIONE, L’IMMOBILITA’ E’ PERFEZIONE. X - LA CAUSA PRIMA, IMMUTABILE, E’ L’UNIVERSALE MOTORE. E’, INSIEME, MOVIMENTO E IMMOBILITA’. XI - LA DISTRUZIONE, NELL’ESSERE, DI QUESTO DUALISMO, IL RIGETTO DI QUESTO BINARIO, OPERATO DALLA UNIONE DI QUESTI DUE PRINCIPI, CONDUCE ALLA PERFEZIONE NELL’IMITAZIONE DELL’UNITA’ DELLA CAUSA PRIMA. XII - LA CAUSA PRIMA POSSIEDE L’ESISTENZA PURA. XIII - TUTTO CIO’ CHE SI ALLONTANA DALLA CAUSA PRIMA TENDE, ATTRAVERSO GRADI SUCCESSIVI, AL NON-ESSERE. XIV - QUELLO CHE NON TENDE ALLA PURA ESISTENZA NON E’ NELLA VIA DELL’ASSOLUTO. XV - OGNI COSA HA, NELL’ASSOLUTO, IL SUO PERFETTO ARCHETIPO. XVI - LA INTEGRAZIONE DI OGNI COSA ALLA PURA FORMA DEL SUO ARCHETIPO COSTITUISCE LA REDENZIONE UNIVERSALE. XVII - CERCARE IL REDENTORE UNIVERSALE EQUIVALE A CAMMINARE NELLA VIA DELL’ASSOLUTO. E’ LAVORARE EFFICACEMENTE ALLA GRANDE OPERA. XVIII - LE CHIAVI DELL’ASSOLUTO SONO SCRITTE NEI NUMERI, POICHE’ QUESTI RIFLETTONO L’ECONOMIA DELLA CAUSA PRIMA E DEL PIANO DELLA PURA ESISTENZA. XIX - MA LA VIA DELL’ASSOLUTO NON E’ NEI NUMERI POICHE’ L’INFINITO NON E’ NE’ LA SOMMA NE’ IL LIMITE DEI NUMERI. XX - PRIMA DELLA PENETRAZIONE DELL’INFINITO E’ NECESSARIO AVER EFFETTUATO LA RIDUZIONE DI TUTTI I NUMERI ALLA UNITA’. XXI - POICHE’ UNITA’ ED INFINITO NON SONO CHE I NOMI DI UNA UNICA E STESSA COSA; LA VIA DELL’ASSOLUTO PIU’ CHE UNA VERA PROGRESSIONE E’ UNA ASCESA. E’ IN CIO’ CHE STA LA GRANDE OPERA CHE I FILOSOFI HANNO INSEGNATO. Tale è, o mio Discepolo, tutto il Magistero. Comprendi e trova la ventiduesima chiave, il Tau Misterioso che non si scrive. Ricorda: non vi è che una sola opera; vi sono due lavori, tre regimi, quattro operazioni, sette gradi in ciascuno dei regimi e dodici case celesti nelle quali si compiono le quattro operazioni.

Così è stabilita la formula della Pietra: Poni per un anno e sette giorni i quattro elementi, o Thou-va-Bohou, chiusi nell’Athanor sotto l’azione calamitante del Ruach Elohim. Quando conoscerai il diametro spagirico, potrai compiere la quadratura del Cerchio Filosofico. Contempla l’Unità e il suo logaritmo, l’infinito ed il suo logaritmo, lo zero ed il suo logaritmo e, possiederai la Chiave dell’Universo. Eccoti fornito, Discepolo mio, del viatico della Scienza suprema. Dai Maestri hai ricevuto l’imposizione delle mani. Rivestito ora da questa unzione sacerdotale, puoi rientrare nel mondo brumoso e triste dei tuoi precedenti giorni. Bisogna che ti mischi di nuovo nella folla degli uomini e che il tuo orecchio intenda, come prima, le volgarità, i luoghi comuni, le blasfemità. Senz’altro l’amarezza di questa singolare prova ti recherà tristezza, ma ti sarà agevole trionfare, poiché sei lo ierocophoro dell’antica Sapienza. Porti nel cuore un tesoro che deve consolarti da ogni dolore terrestre, una luce che illumina eternamente la tua vita. La tua missione ti pone sopra tutti gli altri uomini e la tua felicità è incomparabile, perché per te si avverano le parole di Ermete: « Ciò che è occulto e nascosto diverrà manifesto ». Nessuna angoscia potrà mai colpire colui che ha ricevuto l’insegnamento della Via dell’ASSOLUTO! Ascolta San Paolo che ti annuncia il grande Arcano: Patres nostri omnes biberunt de spirituali, consequente eos, petra: PETRA autem erat CHRISTUS. (I Cor., X., 4)

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Gesù disse: «Colui che cerca non desista dal cercare fino a quando non avrà trovato e quando troverà sarà commosso e si stupirà, e così commosso contemplerà e regnerà sul Tutto» Il Vangelo di Tommaso, verso 2

L’Alchimia rivela nel simbolo della Grande Opera, il processo con cui l’Uomo può arrivare a Realizzarsi, ossia a divenire cosciente della propria vera Realtà Spirituale. In questo lavoro spiegheremo le allegorie ed i simboli presenti nei testi alchemici, illustrandone l’insegnamento che essi velano. Nel Medio Evo l’occidente puritano considerava un’eresia il solo pensare che l’essere umano potesse assurgere alla conoscenza della propria realtà divina. Per questo gli Iniziati di allora dovettero velare in simboli e allegorie i propri insegnamenti. Oggi questa necessità non sussiste più, ovviamente, ed è particolarmente interessante comprendere i paralleli che legano l’Insegnamento Iniziatico Occidentale a quelli espressi in Oriente sotto tutt’altre forme, ma con un’identica sostanza. La Tradizione Iniziatica dai tempi più remoti tramanda la Conoscenza della realtà divina dell’uomo e lo fa in modi e maniere che si adattano nella forma ai diversi periodi storici ed alle caratteristiche della società dell’epoca. E’ compito dell’Iniziato decodificare e “aprire” le antiche forme e gli antichi simboli, portando così alla propria coscienza, l’unità degli Insegnamenti tramite i quali sarà in grado egli stesso di raggiungere la Meta alla quale è destinato: la Reintegrazione del Sé o, in altri termini, la Realizzazione. Dice un antico motto che l’Iniziato è in grado di parlare mille lingue. Ciò non si realizza, naturalmente, studiando semplicemente gli idiomi antichi e moderni, quanto invece comprendendo quei principi che sono l’unica realtà, al di là del velo dell’Illusione, e sapendo riconoscerli nelle “mille lingue” ossia nei mille modi in cui sono stati trasmessi dalla Tradizione. Uno di questi modi è per l’appunto l’Alchimia. Altri possono essere l’Ermetismo, la Massoneria, le dottrine orientali, le religioni (anche le religioni hanno una componente esoterica, benché di solito misconosciuta dai più) e così via. Vogliamo allora tentare di “aprire” i significati del linguaggio alchemico, così da dare perlomeno una prima chiave per comprenderne gli Insegnamenti.

1.1 Vitriolum … e fin quando non avrai la saggezza, muori per divenire, sarai soltanto un triste ospite su questa terra oscura. Goethe Colui che vuole entrare nel regno divino, deve prima entrare nel corpo di sua madre,

e morirci. Paracelso

Carl Gustav Jung disse: "Chi guarda in uno specchio d’acqua, inizialmente vede la propria immagine. Chi guarda se stesso, rischia di incontrare se stesso. Lo specchio non lusinga, mostra diligentemente ciò che riflette, cioè quella faccia che non mostriamo mai al mondo perché la nascondiamo dietro il personaggio, la maschera dell’attore. Questa è la prima prova di coraggio nel percorso interiore. Una prova che basta a spaventare la maggior parte delle persone, perché l’incontro con se stessi appartiene a quelle cose spiacevoli che si evitano fino a quando si può proiettare il negativo sull’ambiente." L’acronimo V.I.T.R.I.O.L.U.M., che viene usato nella letteratura alchemica, è formato dall’espressione latina Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem Veram Medicinam, che significa “Visita l’interno della terra, e rettificando troverai la pietra nascosta che è la vera medicina”. Siamo quindi invitati a discendere nella terra, negli inferi, nell’inconscio. La terra è il simbolo dell’uomo fisico. L’uomo deve prendere coscienza del suo mondo interiore, di chi è, cosa sta facendo, quali sono le sue motivazioni eccetera. Una volta rivolta l’attenzione verso l’interno, si scoprirà un mondo nuovo: gli inferi dell’Ade, il regno oscuro delle ombre e dei mostri.

L’alchimista scava la terra. Scavare o penetrare la terra è il primo passo del processo alchemico. La terra è il corpo, o se stessi. Penetrare la terra corrisponde a penetrare, conoscere, il proprio sé interiore.

Questa discesa viene anche chiamata regressus ad uterum, “ritorno nell’utero”, un termine che viene spesso usato nei riti d’iniziazione. È un ritorno simbolico a un particolare stato primordiale dell’essere che accomuna ogni uomo nell’inconscio collettivo. Nel profondo dell’uomo, nell’oscurità della sua psiche, risiedono i moventi delle sue azioni. Dunque il regressus ad uterum, il prendere coscienza di questi moventi profondi, è una condizione necessaria per entrare nella zona di morte illuminata dalla luna, e successivamente sperimentare la rinascita. Terra Mater, la Madre Terra, è sempre stata collegata alla nascita, con l’unione tra uomo e donna (conscio e inconscio); unione dalla quale la nuova vita sgorgherà dopo la morte.

I popoli primitivi svolgevano le loro iniziazioni al buio o sottoterra, ad esempio nelle grotte. In Egitto, le iniziazioni si svolgevano nelle piramidi o nelle cripte interrate dei templi. In Persia si usavano principalmente nelle grotte, mentre gli indiani d’America avevano apposite capanne. I misteri di Mitra venivano eseguiti in templi costruiti sottoterra. La stessa iniziazione era simboleggiata dalla penetrazione della pancia della Grande Madre, o del corpo di un mostro marino o animale selvatico. Nella mitologia greca, Orfeo discese nell’Ade per cercare Euridice (il simbolo della sua anima perduta). Il Dio hindù Krishna discese negli inferi per cercare i suoi sei fratelli (i sei chakra, essendo Krishna il chakra della corona). Dice una leggenda che, dopo la sua morte, anche Gesù discese nel regno di Satana per salvare l’anima di Adamo (l’uomo puro).

Nell’alchimia, l’entrata dell’inconscio è spesso rappresentata dall’entrata delle grotte, da racconti di viaggi negli inferi o strani luoghi lugubri del mondo. Talvolta si trova negli scritti alchemici la rappresentazione del re che si fa il bagno. L’acqua, alchemicamente parlando, rappresenta proprio l’inconscio. Il Re, che è invece la nostra coscienza, vi si immerge proprio per venire a contatto con i suoi contenuti e così portarli alla luce, alla propria coscienza.

La porta della saggezza eterna (Heinrich Amphiteatrum Sapientiae, Hanau, 1604).

Khunrath,

Un altro modo in cui questo contatto tra coscienza ed inconscio viene rappresentato è il simbolo della “coniunctio” (congiunzione) o “concepito” (concezione) tra il Re e la Regina, che avviene principalmente nell’acqua, in una sorgente o in una fontana. La Regina quindi rappresenta il femminile, l’acqua, l’inconscio. La discesa nell’inconscio non è priva di pericoli. In senso psicologico può ad esempio sfociare nella schizofrenia. Nella mitologia, l’eroe penetra gli inferi per lottare contro mostri e demoni. La Grande Madre gli appare sotto forma di un essere terribile, spesso il Signore della Morte. Per il suo coraggio e la sua audacia, la Grande Madre, Dea della fertilità, gli offre grande conoscenza e grande saggezza. Quando nell’alchimia si lavora con i metalli (così vengono chiamate le passioni e le emozioni dell’uomo), il piombo viene usato come materiale iniziale. Gli alchimisti dicono che nel piombo vi è un demone che può causare la pazzia. Il piombo è sotto il dominio di Saturno, il Dio della malinconia, che causa disturbi e visioni demoniache. Il piombo, il più impuro dei metalli, deve essere trasformato nel metallo puro, l’Oro, simbolo dello Spirito. In generale, il piombo rappresenta le passioni inferiori e più terrene dell’uomo. E’ su di loro

che l’alchimista opera, rettificandole (rectificando) e sublimandole sempre più. Cosa significa questo? Ce lo spiega un testo del Taoismo moderno: “Ecco perché Buddha Jou-lai (Tathagata), nella sua grande misericordia, ha rivelato il metodo, il lavoro alchemico del Fuoco, e ha insegnato al popolo a rettificare la propria vera natura e pienezza”.

“Rectificando”, al centro dell’acronimo VITRIOLUM, significa “correggere” gli aspetti negativi della propria psiche, purificare le emozioni negative. Serve a drizzare ciò che è cresciuto storto durante la vita. L’alchimista deve purificarsi da tutta la “sporcizia”, da tutte le sue “scorie”. Deve lavare “il corpo” per migliorarlo e perfezionarlo. I metalli devono essere purificati da “elementi esterni impuri e distruttivi”. I metalli in questo caso possono essere interpretati come emozioni.

(Solomon Trismosinus, Aurum vellus, Hambutg, 1708)

Nel bordo, la frase latina di vitriolum. Il sole e la luna sono gli opposti che nell’uomo devono essere uniti. Il calice è il “vaso” o vasca alchemica, simbolo del corpo. I segni planetari rappresentano i diversi stadi del processo alchemico. La doppia aquila è il Mercurio, il leone è lo Zolfo e la stella è il Sale, i tre ingredienti del processo. Il globo sinistro con le nuvole è il microcosmo, il globo destro con le stelle è il macrocosmo.

Il Taoismo sottolinea l’importanza della purificazione dalle tendenze egoistiche che separano l’uomo dalla sua natura eterna. Un uomo che si sforza d’ottenere il Tao deve rinunciare alla brama e al desiderio e divenire un bambino che si unisce al Tao. Con questa purificazione, avviene la rinascita. Pertanto un alchimista deve rifuggire le masse e iniziare il processo di meditatio, autoriflessione, in silenzio. Anche il Buddhismo insegna la purificazione. L’uomo può arrivare alla salvezza separandosi dalle faccende mondane che lo fanno deviare dal suo vero sentiero. Egli vede che la vita terrena di per sé non è soddisfacente. L’uomo è insoddisfatto perché i suoi desideri sono senza limiti. Deve liberarsi dalle catene dei suoi desideri. Entrare nell’inconscio significa anche entrare nell’inconscio collettivo che tutti condividiamo. Nella mitologia greca vi era il Tartaro, nome originariamente usato per indicare gli inferi. Il Tartaro è il mondo psichico nel profondo dell’uomo, dove risiedono tutti gli istinti inferiori, come la brama di uccidere e distruggere, la sete di sangue, la paura, l’odio, la vendetta, il desiderio di potenza eccetera. Non è facile da ammettere a se stessi, ma tutte risiedono in noi. Abbiamo represso tutte le

nostre emozioni oscure confinandole nel profondo regno di Tartaros. Questa è l’eredità umana, risalente a tempi antichi. È compito dell’uomo conoscere, sentire ed essere responsabile di tutte le proprie emozioni. Esse non devono essere semplicemente represse, poiché così facendo si otterrebbe l’unico effetto di “comprimerle” in qualche angolino della propria psiche, dal quale potrebbero emergere quando meno ce le aspettiamo. Vanno invece sublimate, cambiate e trasmutate in sentimenti più elevati. La repressione incatena l’uomo proprio agli oggetti che reprime, ma la purificazione li trasmuterà in elementi positivi, portandolo più vicino alla sua vera essenza. Fin quando non intraprenderemo consapevolmente la Grande Opera, dolore e sofferenza disturberanno le nostre vite. Dobbiamo affrontare i mitici mostri nella profondità del nostro inconscio e illuminarli. Essi fanno parte dell’essere umano. Non possiamo scartarli, ma possiamo controllarli, dominarli, imparare da loro, e trasformarli in servitori del Divino. I mostri non sono mostri di per sé. Sono soltanto caratteristiche della natura umana che sono state distorte o che quantomeno non ci sono più utili. Noi possiamo rettificarle ed utilizzarle a nostro vantaggio, per ascendere alla Consapevolezza del Sè. Questo compito non è per l’aspirante iniziato. È soltanto per gli audaci che osano affrontare l’oscurità dell’anima. Il coraggio di molti fallirà, ed essi torneranno a casa. Perciò il pellegrino non intraprende un sentiero facile, perché il mondo del piacere non è più suo. Egli ha scelto il percorso di Arete (Dea della Virtù), che lo porta verso molti pericoli e strade difficili, in solitudine e con fatica, ma infine diverrà immortale. Chi perderà la vita, la otterrà. Se sei davvero deciso a trovare il Tao, puoi farlo anche quando sei in una città e hai una posizione di rilievo in faccende mondane. Questo non è contraddittorio. Il lavoro è semplice e vicino, il segreto è così semplice, che, se fosse rivelato, vi sarebbero risate tutt’intorno.

1.2 Il Drago

L’acquietarsi del cuore è la vera alchimia che trasmuta il mercurio in argento. Inayat Khan

Mentre l’uomo comune cerca di biasimare gli altri e biasimare il fato, il nobile cerca il difetto dentro se stesso. I Ching

Nel simbolismo alchemico il drago rappresenta ciò che Carl Gustav Jung chiamava l’Ombra. L’Ombra è il nome di una serie di caratteristiche e impulsi che potrebbero essere consci, ma che vengono negati. Allo stesso tempo essi sono riconoscibili e visibili negli altri. Alcuni esempi di Ombra sono: egoismo, pigrizia, intrighi, fantasie irreali, indifferenza, ossessione per il denaro e la proprietà. L’Ombra è l’essere inferiore in noi che desidera ciò che non ci autorizziamo perché è incivile, perché è incompatibile con le regole della società e con l’immagine della nostra personalità ideale. È tutto ciò di cui ci vergogniamo. Il drago risiede sempre nelle grotte, e quindi nella terra, negli inferi, e nell’inconscio. Quando il drago lascia la sua caverna, esso divora le vergini. È il nostro emotivo drago interiore che distrugge la nostra coscienza vergine, come quando appare nel conscio esprimendo negatività quali l’invidia, la gelosia, l’odio, eccetera. Il drago non è mai soddisfatto. Vuole sempre più tesori, sempre più vergini. Non è forse questa un’immagine accurata dell’uomo? La coscienza e la vigilanza sono incantate dal drago. Il drago mitologico ha il potere di ammaliare, di ipnotizzare con la sua voce l’audace cavaliere che ha osato sfidarlo. Il drago può anche imporre enigmi in cui il cavaliere si perde.

(Johann Daniel Frankfurt, 1622)

Mylius,

Philosophia

reformata,

A destra, l’alchimista con il viso scuro corrisponde alla prima fase del Nigredo, durante la quale il drago viene ucciso e trasformato dalla penetrazione del fuoco segreto (la freccia) dell’arciere. Il disegno si basa sul mito di Apollo che uccise il pitone di Delfi. Il leone è l’immagine delle passioni animali.

Se vogliamo salvare la purezza della coscienza (la vergine), allora il drago deve essere ucciso. A dire il vero questa espressione non è proprio corretta. In alcune storie in cui il drago viene sconfitto e ammansito, esso viene penetrato da una lancia con la punta di ferro. Il ferro veniva sempre considerato un metallo speciale, poiché si trovava nei meteoriti. In quanto metallo associato a Marte, il ferro ha una forza attiva, distruttiva. La lancia, come simbolo fallico, è il “fuoco segreto” alchemico. Allo stesso modo il Dio greco del sole, Apollo, penetrò il Pitone di Delfi con delle frecce e lasciò il Pitone a marcire accanto al tempio. Da allora quel luogo ha nome Pytho (putrefazione). E questo ci introduce alla conoscenza della prima delle tre fasi della Grande Opera: l’Opera al Nero, o Putrefazione. Il drago morto subisce una trasmutazione. La morte del drago non è una fine, ma l’inizio della Grande Opera. Dal drago morto si levano vapori e sostanze volatili, come si vede nelle immagini alchemiche. Altrimenti detto, la terra è parzialmente trasformata in acqua e ascende sotto forma di vapore.

Alcune fonti sostengono che nella testa del drago si trovi una pietra, un chiaro riferimento alla pietra grezza, ‘prima materia’ o materia prima. L’uccisione del drago richiama anche un evento cosmico. È la penetrazione della materia prima come oceano primario, o caos primario del fuoco segreto o spirito divino. Il serpente di fuoco emanò fuoco e luce nelle acque primarie. Quando il drago (o serpente, dato che il gatto di Ra, il dio sole, tagliò la testa del serpente Apophis), venne ucciso, il caos originale cessò e il processo di evoluzione cosmica ebbe inizio. Nella mitologia greca, anche l’idra di Lerna era un tipo di drago, e aveva un simbolismo analogo. Ercole uccise l’idra durante la seconda delle sue fatiche. L’idra di Lerna viveva in una palude, la dimora degli istinti primari, delle passioni, le brame, i desideri. Chiunque venga coinvolto in queste emozioni entra in una palude in cui rischia di annegare. Dunque Ercole tirò frecce di fuoco (il fuoco alchemico) per stanarla dal suo nascondiglio. Dapprima tagliò le teste dell’idra, ma esse ricrebbero. Un approccio energico non è il metodo adatto. Poi suo nipote Joales venne in suo soccorso. Cominciò a bruciare i tagli con tronchi infuocati in modo tale che le teste non potessero riformarsi. Ciò indica che è un atteggiamento sistematico, paziente, riflessivo e profondo, quello che viene richiesto.

Bisogna notare che quando l’alchimista parla del Drago Verde, egli si riferisce allo spirito universale presente in tutto, da non confondersi quindi con lo stesso concetto del drago degli inferi.

1.3 La Nigredo – L’Opera al Nero Il saggio non è sorpreso dalla morte, egli è sempre pronto ad andarsene.

La Fontane

Questo stato melanconico è così potente che, secondo scienziati e dottori, può attrarre demoni al corpo, anche al punto che si può entrare in confusione mentale o avere visioni.

Agrippa

Nigredo, o “nerezza”, nel linguaggio alchemico significa putrefazione, decomposizione. Con la penetrazione del fuoco esterno, il fuoco interno viene attivato e la materia inizia a putrefarsi. Il corpo si riduce alla materia prima da cui originò. Questo processo viene anche chiamato “cottura”. La terra nera è chiusa in un vaso o in una borraccia e scaldata.

"La putrefazione è così efficace che distrugge la vecchia natura e la vecchia forma dei corpi in decomposizione, li trasmuta in un nuovo stato dell’essere per dar loro un frutto completamente nuovo. Tutto ciò che vive, muore; tutto ciò che è morto si putrefà e trova nuova vita” (Pernety, 1758) Nella mitologia, la Nigredo rappresenta le difficoltà che l’uomo deve superare durante il suo viaggio negli inferi, ossia all’interno di se stesso. La Nigredo è talvolta definita “più nera del nero più nero”. Ercole doveva portare a termine dodici compiti quasi impossibili. Il pellegrino incontra tradizionalmente ombre, mostri, demoni. Negli antichi misteri i candidati dovevano subire prove iniziatiche difficili, a volte dolorose e addirittura pericolose.

Basilius Valentinus, Azoth, Paris, 1659

Il corpo deve essere decomposto. Ciò significa spostare la propria consapevolezza all’io interiore. I pianeti rappresentano entrambi stadi di questo processo durante il quale le energie del corpo devono essere trasmutate. La stella Saturno è nera, giacché Saturno simboleggia la Nigredo. Il Sole e la Luna sono gli opposti da unire, e il fuoco e l’aria sono gli elementi che stimolano la decomposizione. Il corvo nero è un altro simbolo della Nigredo. I due uccelli che escono dal corpo sono l’anima e lo spirito. Bisogna diventare consapevoli della propria anima e del proprio spirito. Il cerchio evidenzia l’idea dell’unione o unificazione.

Oltre alla testa di corvo (“caput corvi”), uno dei simboli della Nigredo in alchimia è la “decapitazione”. Tutti questi simboli fanno riferimento alla morte dell’uomo comune, intesa come morte del suo caos interiore e dei suoi dubbi, poiché egli è incapace di trovare da solo la verità dentro di sé. In una delle sue fatiche, Ercole pulisce le stalle di Augias, a rappresentare la pulizia di tutte le impurità interiori.

Psicologicamente, la Nigredo è il processo in cui ci si dirige verso il ritrovamento dell’auto-conoscenza. Un problema riceve piena attenzione e viene ridotto alla sua essenza. Ciò non viene fatto in maniera esclusivamente mentale o intellettuale, ma soprattutto usando le emozioni. Con la vera immersione si causa la putrefazione, la decomposizione di ciò in cui si era incastrati.

Johann Daniel Mylius, Philosophia reformata, Frankfurt, 1622

Un frate in meditazione in una crepa della terra mostra che l’alchimia era innanzitutto una pratica spirituale. Le due figure assomiglianti a uccelli sono l’anima e lo spirito di cui si deve divenire consapevoli.

Il confronto con la realtà interna è spesso doloroso e può portare alla depressione. Ma una volta entrati nella profondità del buio, con la scoperta del seme del problema - il seme nella materia prima - nasce la luce bianca (albedo, bianchezza, la fase seguente). Sorge uno stato di riposo. La presa di coscienza del problema è stata ottenuta, il problema è stato emotivamente elaborato ed emerge la conoscenza su come affrontarlo in un modo più positivo e costruire così un atteggiamento più puro. Gli alchimisti parlavano di sciogliere “il miscuglio” (l’uomo con tutte le sue complessità) allo scopo di tornare al germe. “Ciò da cui una cosa è stata fatta in modo naturale, attraverso quella stessa cosa deve tornare a uno stato dissolto nella sua stessa natura. Tutto deve essere dissolto e ridotto a quella forma da cui scaturì” (Anton Joseph Kirchweger, 1728) La “Materia” deve essere spogliata delle sue superfluità per arrivare al centro che contiene tutto il nucleo del “miscuglio”. Il seme è l’essenza e contiene tutte i poteri essenziali del corpo. Bisogna arrivare al centro dei problemi, al centro delle emozioni, il centro di se stessi. Lì risiede il potere della trasformazione. Saturno è il pianeta che simbolicamente governa la fase della Nigredo. Analogamente a Mercurio, il simbolo di Saturno viene usato, in alchimia, come simbolo del caos, della materia prima sotto forma di pietra grezza e della pietra filosofale. Questi sono tutti simboli che indicano l’uomo all’inizio del processo alchemico. Saturno, coi suoi strumenti tradizionali - la falce e la clessidra - è il dio della morte e della putrefazione, dalle quali sorgerà nuova vita. Come la lancia e la spada, la falce è uno strumento di penetrazione. Saturno è il piombo del filosofo. È il dio che causa malinconia e visioni demoniache. La “Malinconia” è un altro termine che indica la Nigredo. Dato che può sorgere la malinconia quando si lavora alchemicamente su se stessi, l’alchimista consiglia l’uso della musica per innalzare l’anima.

Saturno è anche il dio della fertilità. Da qui l’espressione alchemica: “la nostra terra nera è terra fertile”, che esprime la trasformazione della morte a nuova vita, chiaramente descritta nella tredicesima carta dei tarocchi. Per dar vita a un nuovo inizio la putrefazione è una fase necessaria. La vita stessa è un ciclo di morte e rinascita, con la continua creazione di nuova vita che da all’uomo l’opportunità di lavorare su se stesso e sforzarsi di perfezionare la propria condizione. Gli alchimisti sostengono che la Nigredo dura quaranta giorni. Questo periodo di quaranta giorni ha un valore simbolico: Gesù digiunò per quaranta giorni nel deserto; ci sono quaranta giorni di digiuno tra la Pasqua e l’Ascensione; gli israeliti girovagarono nel deserto per quaranta giorni; il diluvio universale, con il quale Dio mondò la terra dai peccatori, durò quaranta giorni e quaranta notti; Sant’Antonio passò quaranta giorni nel Sahara, tormentato da estreme visioni erotiche e demoni.

1.4 La Coda del Pavone

"Ciò che impedisce agli uomini di vedere e udire Dio è il loro udito, la loro vista, la loro volontà. Con la loro propria volontà essi si separano dalla volontà di Dio. Vedono e sentono con i propri desideri, i quali impediscono loro di vedere e sentire Dio. Cose terrestri e materiali li tengono all’oscuro e non riescono a vedere al di là della loro natura umana. Se stessero fermi, desistessero dal pensare e dal sentire con i propri egoismi, se vincessero la loro volontà, entrassero in uno stato di abbandono, in una divina unione con Cristo che vede Dio, ode Dio e parla con Lui, che conosce il mondo e la volontà di Dio, allora l’eterno udire, vedere e parlare sarebbe loro rivelato.” Jacob Boehme (1575-1624 C.E.)

La ‘Cauda Pavonis’, la coda del pavone, o il pavone stesso, simboleggia una fase in cui appaiono molti colori. La maggior parte degli alchimisti collocano questa fase prima dell’Albedo, la bianchezza. Solo pochi la situano dopo. Gerhard Dorn (XVI secolo) ebbe a dire: “Questo uccello vola durante la notte senza ali. Alla prima rugiada del cielo, dopo un ininterrotto processo di cottura, ascendendo e discendendo, dapprima prende la forma di una testa di corvo, poi di una coda di pavone; le sue piume diventano bianchissime e profumate, e finalmente diviene rosso fuoco, mostrando il suo carattere focoso”. I colori si riferiscono ai tre stadi della Grande Opera, con la Rubedo, o rossezza, per ultima.

Il simbolo della coda del pavone fu scelto a causa dei suoi tanti colori e dei brillanti “occhi”. Si narra che originariamente questi fossero gli occhi del greco Argus, il cui nome significa “colui che vede tutto”. Argus era un gigante fortissimo con cento occhi. In ogni momento cinquanta di essi erano aperti e cinquanta dormivano. Fu decapitato da Hermes. Hera, la dea madre, pose i suoi occhi sulla coda del suo uccello preferito, il pavone. La fase dei tanti colori era anche simboleggiata dall’arcobaleno, o dalla dea dell’arcobaleno, Iris, la messaggera degli dei, che in particolare faceva da tramite tra Zeus e i mortali.

Manoscritto del XVIII secolo dalla Collezione del Dott. C. Rusch, Appenzell

Nella Grande Opera la coda di pavone può avere due significati. Può essere la raccolta e la totalità di tutti i colori nella luce bianca. Ricordiamo che la luce bianca si riferisce al secondo stadio, l’Albedo, o bianchezza. In questo senso, in tempi antichi, il pavone era considerato un uccello reale e corrispondeva alla fenice.

Il disegno rappresenta Distillatio, “distillazione”. A un certo punto della distillazione apparirà la coda di pavone.

Il secondo significato è che rappresenti il fallimento del processo alchemico. Secondo un testo cinese sugli esercizi yoga, quando il conscio penetra l’inconscio “ogni parte di un pensiero può prendere forma e diventare visibile in colore e aspetto”. Si inizia vedendo tanti tipi di forme che sembrano reali e paiono avere una vita autonoma. Ma non si può indagare perché porta al disaccordo della mente e addirittura alla schizofrenia. L’alchimista cerca l’unità, espressa dalla luce bianca. È noto che durante la meditazione possono verificarsi sentimenti di esaltazione e osservazioni inusuali. In sostanza vi sono due tipi di osservazioni. La prima tenta di rifuggire la disciplina della meditazione, cosa che i praticanti Zen chiamano makyo. Makyo è costituito dalle illusioni che proiettiamo sulla realtà allo scopo di evadere dalle linee guida della meditazione. Ad esempio, l’oggetto della meditazione comincia a irradiare meravigliose luci e colori, o si espande e contrae ritmicamente. Ci si comincia a sentire più leggeri o più pesanti, o si sentono energie piacevoli passare nel corpo. Possono verificarsi tutti i tipi di sensazioni. Molti meditatori vengono facilmente distratti da questi fenomeni e addirittura se ne interessano molto, trascurando così il vero scopo della loro meditazione. Di questo è necessario essere consapevoli. Una seconda causa di distrazione è un cambio di coscienza in cui guardiamo il mondo in un modo diverso da come facevamo in passato. Può essere uno shock che riverbera a livello psichico o fisico. I sentimenti coinvolti possono essere davvero meravigliosi, ma il consiglio è: goditeli, non prenderli sul serio e continua a meditare.

Anche le visioni distraggono. Molti saggi e mistici hanno segnalato questo tipo di pericolo. “Non dovremmo desiderare o aspettarci delle visioni. Con tutte le nostre forze dovremmo astenercene e sospettare di loro” (Ignazio da Loyola). Essi sottolineano che visioni di luce, di angeli, sì, anche di grandi maestri, dovrebbero essere trascurate, poiché bloccano il progresso interiore.

1.5 Albedo - Bianchezza Je ne craignais pas de mourir mais de mourir sans etre illumine. (Non avevo paura di morire, ma di morire senza essere illuminato) Comte de Saint-Germain, La Tres Sainte Trinisophie

Il messaggero della luce è la stella del mattino. Così l’uomo e la donna si avvicinano all’alba della conoscenza, poiché in esso è il germe della vita, una benedizione dell’eterno. Haji Ibrahim of Kerbala

Lucifero, Lucifero, tendi la tua coda, e portami via, a tutta velocità attraverso lo stretto passaggio, la valle della morte, alla luce brillante, il palazzo degli dei. Isanatha Muni

Alla fine della Nigredo, appare una luce bianca. Siamo arrivati al secondo stadio della Grande Opera: l’Albedo, o bianchezza. L’alchimista ha scoperto dentro di sé la sorgente della sua vita, la fonte da cui l’acqua della vita scorre, donando giovinezza eterna. La sorgente è una: maschio e femmina sono uniti. Nelle immagini alchemiche vediamo una fontana da cui due flussi entrano nella stessa vasca. Albedo è la scoperta della natura ermafrodita dell’uomo. In senso spirituale, ogni uomo è ermafrodita. Questo è appurabile nella prima fase embrionale del feto. Non vi è sesso fino a dopo un certo numero di settimane dopo la concezione. Quando l’uomo discese nel mondo fisico, entrò un mondo di dualità. A livello fisico ciò si manifesta attraverso la differenziazione dei sessi. Ma il suo spirito è ancora androgino, contiene la dualità nell’unità. La sua unità non è legata allo spazio, al tempo o alla materia. La dualità è una caratteristica del nostro mondo fisico. È transitoria e infine cesserà di esistere. Quando maschio e femmina saranno di nuovo uniti si avrà l’esperienza del vero Sé. Il conscio e l’inconscio saranno completamente uniti. L’albedo avviene quando il sole sorge a mezzanotte. È un’espressione simbolica che rappresenta il sorgere del sole nel profondo del buio della nostra coscienza. È la nascita di Cristo nel cuore dell’inverno. Nel profondo di una crisi psicologica, avviene un cambiamento positivo.

L’Albedo viene anche rappresentata con Aurora, la dea romana dell’alba. Suo fratello è Elio, il Sole. Con un gioco di parole, Aurora è collegata con aurea hora, l’ora d’oro. È uno stato di coscienza supremo. Pernety (1758) ebbe a dire: “Quando l’Artista (Alchimista) vede la bianchezza perfetta, i filosofi dicono che bisogna distruggere i libri, poiché sono divenuti superflui”.

L'Aurore, Henri de Linthaut

L’Albedo è anche rappresentata dalla stella del mattino Venere/Afrodite. Venere ha un posto speciale nella Grande Opera. In tempi antichi Lucifero veniva identificato col pianeta Venere. Originariamente Lucifero aveva un significato molto positivo. Il suo nome etimologicamente significa “Portatore di Luce”. Egli era infatti l’angelo che portava agli uomini la Luce della Conoscenza. Non va confuso con Satana, l’Avversario.

Albedo, simboleggiato da Aurora, dall’alba, la stella del mattino (Venere-Afrodite), e dal sole che sorge dal Mare Filosofale.

Nella Bibbia viene detto, in Pietro 1.19: “finché non arriverà il giorno e la stella del mattino sorgerà nei vostri cuori”; nell’Apocalisse, 12.16, Cristo stesso dice: “Io sono la stella del mattino”, identificandosi come Portatore di Luce egli stesso. Troviamo lo stesso concetto nella letteratura mistica. In tempi antichi Lucifero era un essere di luce positivo. Un sol uomo, tale Ieronimo, cambiò significato al termine Lucifero, quando lesse una frase da Isaia 14.12 (Isaia parla con un vizioso re di Babilonia): “Come mai sei caduto dal cielo, astro mattutino, figlio dell'aurora? Come mai sei atterrato, signore dei popoli?”. Ieronimo usò questa frase per identificare Lucifero con il drago scacciato dal paradiso da Michele. Con l’interpretazione di un sol uomo, quindi, Lucifero fu trasformato da essere di luce splendente nel più diabolico e oscuro essere al mondo. Nell’alchimia troviamo Lucifero associato ai metalli impuri, inquinati dallo zolfo grezzo, a rappresentare che la luce dentro di noi è “oscurata” da ciò che gli alchimisti chiamano “superfluo”, le “scorie” emotive, psichiche e mentali causate dall’uomo stesso. Mercurio e Lucifero sono uno, la stessa identità. Si parla di Mercurio quando è puro: zolfo bianco, fuoco in cielo. Come “spiritus”, egli dona la vita, come “spiritus sapiens” insegna la Grande Opera all’alchimista. Lucifero è invece Mercurio impuro. Lucifero è la stella del mattino caduta dal cielo (dorato). Discese sulla terra ed è ora presente in tutti gli esseri umani. Lucifero è Mercurio misto a elementi impuri. Egli si dissolve “in zolfo e sale”, "è avvolto da corde”, “annerito da fango nero”. Teniamo presente che stiamo sempre parlando della nostra coscienza. Tutti i nostri complessi psicologici e di altra natura hanno offuscato la nostra coscienza pura, il nostro Mercurio. La luce di Mercurio che ci appare come Lucifero a causa della distorsione prodotta dalle impurità, dà l’impressione di ciò che gli alchimisti chiamano “zolfo rosso”. Lo zolfo rosso di Lucifero, come diavolo tradizionale, è in effetti un’illusione. Non esiste di per sé, perché è soltanto un’immagine, un’immagine distorta di Mercurio. Noi stessi abbiamo causato le impurità, l’oscurità che vela il nostro vero essere di luce.

Lo zolfo rosso è lo stesso concetto che le filosofie orientali esprimono col termine di Maya. Maya è il mondo delle illusioni, il velo che ci impedisce di vedere e provare la realtà in cui risiede la luce eterna. Per mezzo delle impurità di Maya, l’uomo è divenuto ignorante. Ha dimenticato le sue origini e pensa di essere in un mondo che, in verità, non è che un’illusione, un’apparenza. Come già accennato sopra, Afrodite/Venere, sotto forma di stella mattutina, è un’immagine fondamentale della fase dell’Albedo della Grande Opera. Afrodite nacque dalla schiuma che scaturì quando gli organi genitali di Urano (tagliati da Chronos per odio e gelosia) caddero nel mare. Il taglio dei genitali rappresenta l’amore represso e tormentato. Il mare, simbolo dell’anima, tuttavia darà vita alla dea dell’amore. La liberazione avverrà quando saremo di nuovo coscienti dei contenuti dell’anima. Afrodite nasce dal mare; è lei quindi la guida dello spaventoso mondo dell’inconscio (il mare, o gli inferi).

Les Rudiments de la Philosophie, Nicolas de Losques, Paris, 1665

L’unione di Hermes e Afrodite. La luna è sopra l’alambicco, ad indicare la fase di Albedo. Il sole in alto rappresenta la fase successiva della Rubedo. Allo stesso tempo, il sole e la luna sono gli opposti da unire. Afrodite ha due torce, una delle quali è rivolta in basso, a rappresentare le passioni inferiori da trasmutare. La torcia rivolta in alto è l’energia purificata. Afrodite è sopra un tetraedro, il perfetto corpo tridimensionale, dato che tutti gli angoli sono equidistanti, cosa che risulta in assenza di tensione.

L’alchimista scende in questi abissi per trovare la materia prima, chiamata anche “Leone Verde”. Il colore verde fa riferimento alle forze vitali primitive. Anche Venere ha il colore verde. Una caratteristica importante di Afrodite è che ci aiuta nelle nostre manchevolezze. Ci dà ideali e sogni da realizzare. Ma ci dà anche immagini spaventose per rendere l’uomo consapevole della sua natura inferiore. “Con la sua bellezza Venere attrae i metalli imperfetti e dà origine ai desideri, e li spinge alla perfezione e alla maturità” (Basilio Valentino, 1679). La liberazione può avvenire soltanto divenendo coscienti della natura inferiore e di come si trasmuta.

Nella psicologia junghiana, Venere/Afrodite è l’archetipo dell’anima (in alchimia viene rappresentata anche come “soror” o “moglie” dell’alchimista). L’anima è l’immagine collettiva della donna nell’uomo. È un’immagine particolarmente influenzata dal primo contatto con la madre. L’anima rappresenta tutte le tendenze femminili nella psiche dell’uomo, come i sentimenti, le emozioni, gli umori, l’intuizione, la ricettività per l’irrazionale, l’amore personale e l’affinità con la natura. È la detentrice dello spirituale. A seconda dello sviluppo dell’uomo, può essere la seduttrice che lo attira verso l’amore sensuale, la disperazione, la fine e addirittura la distruzione. Ulteriori immagini alchemiche che rappresentano l’Albedo sono il battesimo e la colomba bianca, entrambe derivanti dal Cristianesimo. Il battesimo rappresenta la purificazione di corpo e anima con “l’acqua viva”. L’ “acqua viva” era considerata la forza creativa del divino. Permetteva all’anima di essere accolta nella comunità dello Spirito Santo. Perciò il battesimo permette all’anima purificata di far sorgere in sé la resurrezione di Cristo. È questo lo “hieros gamos”, il

“matrimonio sacro” tra anima e Cristo. Cristo rappresenta la nostra stessa essenza divina interiore. Vi sono molti altri simboli alchemici per la seconda fase, o Albedo: il cigno bianco, la rosa, la regina bianca, eccetera. Come il piombo è il metallo della Nigredo, l’argento è il metallo dell’Albedo, trasmutato dal piombo. E dato che l’argento è il metallo della luna, anche la luna è simbolo dell’Albedo. Gli alchimisti parlano anche di pietra bianca o smalto bianco. Significano tutti fondamentalmente la stessa cosa, anche se bisogna capirli nel contesto in cui furono scritti.

1.6 Rubedo - Opera al Rosso Il processo alchemico è un metodo di autoconoscenza che l’anima attraversa ben al di là del suo regno d’esistenza. Mary Anne Atwood

Il gioiello è andato perduto nella materia E tutti lo cercano. Alcuni lo cercano a est Alcuni a ovest Alcuni nell’acqua E alcuni tra le pietre. Ma il servo Kabir Ha trovato il suo valore E lo ha accuratamente avvolto Nel lembo del mantello del suo cuore. R. Tagore, Kabir 72

L’Albedo è una fase il cui significato venne tenuto segreto per molti secoli. Il significato della terza fase alchemica, Rubedo o rossezza, è ancor più segreto e non semplice da spiegare o capire.

Philosophia reformata, Johann Mylius, Frankfurt, 1622

L’unione del Re Rosso con la Regina Bianca, simbolo dell’unione di maschio e femmina, albedo e rubedo. Altrimenti detto, quando si è ottenuta l’albedo (avendo scoperto la luce divina nel proprio Sé), lo “spirito” deve essere saldato (l’aquila in discesa), ottenendo la Rubedo. I due leoni con una testa significano la natura unificata che è stata ottenuta. Dalla loro bocca scorre l’acqua della vita.

La Rubedo è la fase successiva all’Albedo. Questo è il motivo per cui sono spesso rappresentati in collegamento l’uno con l’altro, come la Regina Bianca e il Re Rosso. Una volta scoperta la luce bianca, essa deve essere resa l’unica realtà nella nostra coscienza. Dopo la discesa nell’inconscio, nel buio, negli inferi, si è trovata la luce, si è trovato lo Spirito volatile. Ora lo Spirito volatile, o argento vivo, deve essere fissato o coagulato. Ciò significa che la nostra coscienza, o attenzione, deve penetrare completamente l’inconscio, o anima, o tutto ciò che è nascosto in noi. Facendo ciò, fissiamo (cioè portiamo a coscienza) il volatile e lo rendiamo durevole. Quando tutto in noi è stato purificato e appare la Luce, dobbiamo saldare questa Luce e renderla durevole in modo che rimanga sempre presente.

Lo zolfo bianco ottenuto durante l’Albedo viene anche chiamato: “i corpi composti dalla pura essenza dei metalli”. I metalli sono il contenuto dell’anima, e ora sono stati ridotti alla loro pura essenza. Ora che l’anima è stata penetrata dalla pura luce, l’alchimista deve renderla permanente. Nelle filosofie orientali la Rubedo corrisponde alla formazione del “corpo di diamante”, un termine appropriato alla pura e permanente Pietra Filosofale.

Nel Cristianesimo corrisponde alla resurrezione di Cristo. Gesù “salda” l’indumento di luce di Cristo. Gesù ha abbandonato il suo vecchio corpo e portato il suo essere divino interiore, il corpo di Cristo, alla coscienza e lo ha reso la sua realtà. Ciò che Gesù fece duemila anni fa può essere fatto allo stesso modo da ognuno di noi, perché siamo tutti partecipi del divino, e tutti portiamo l’essenza divina, o corpo di Cristo, in noi. Quando si è realizzata la Rubedo, l’alchimista ha accettato la sua eredità spirituale. È divenuto ciò che è sempre stato senza averlo mai saputo. Ha realizzato la sua essenza divina mentre era ancora nel suo corpo fisico. È ciò che gli gnostici chiamavano pneuma, lo spirito divino in ogni uomo, nascosto nella profonda oscurità del mondo, che può essere reso di nuovo conscio. Quando la Rubedo è stata manifestata, l’uomo è maestro sia sul mondo fisico che su quello spirituale. Egli è divenuto il Re, maestro di se stesso. Scritinium cinnabarium seu triga cinnabriorium, Godfred Schulz, Halle, 1680

L’alchimista risorto passa dal buio alla Luce.

Quando l’unificazione di tutte le energie dei quattro aspetti della totalità è stata ottenuta, sorge un nuovo stato d’essere che non è più soggetto a cambiamenti. L’alchimia cinese lo chiama il “corpo di diamante”, che corrisponde al corpus incorruptibile (corpo intoccabile) dell’alchimia europea. È analogo anche al corpus glorificationis (corpo glorificato) della tradizione Cristiana. Nelle tradizioni yoga, la Rubedo corrisponde all’unificazione dello spirito umano, chiamato atman, con il Brahman. L’Atman è parte del Brahman. Brahman è l’anima del Tutto, è il respiro o l’energia che scorre dentro di noi e ci dà vita e coscienza. Atman è il sé individuale, Brahman è il sé universale. “Come il corpo era lento, grezzo, impuro, buio e distruttibile a causa della mancanza di potenza e energia, così la rinascita lo unifica all’anima e allo spirito - vivificato e volatile, leggero e penetrante, puro, rifinito e chiaro, trasbordante di energia, indistruttibile e pieno d’energia, ed è in grado di mantenere questo stato”. (Franciscus Kieser, 1600 ca.). “Sali al di sopra di ogni altezza, scendi più in basso di ogni profondità; ricevi tutte le impressioni sensoriali del creato: acqua, fuoco, asciutto e bagnato. Pensa che sei presente ovunque: nel mare, nella terra e in cielo; pensa che non sei mai nato e che sei ancora allo stato embrionale: giovane e vecchio, morto e nell’aldilà. Comprendi tutto allo stesso tempo: tempo, spazio, cose: qualità e quantità” (Corpus hermeticum, 1460).

Sento che tutte le stelle brillano in me.

Il mondo si spacca come un’inondazione dell’anima. I fiori si aprono nel mio corpo. Giovinezza di terra e d’acqua brucia come incenso nel mio cuore, e il respiro di ogni cosa suona come in un flauto attraverso i miei pensieri.

1.7 L’Oro Vi è nel cielo una fontana capovolta In essa una fiamma brucia giorno e notte. Questa fiamma brucia eternamente E non necessita stoppino o olio. Giorno e notte la fiamma brucia, tutto l’anno, ogni stagione, e non conosce cambiamenti. Paltu Sahib

Il conseguimento della Rubedo, o rossore, è simbolizzato dalla trasmutazione in Oro. Gli alchimisti parlano spesso di “oro vivente”. L’ “oro vivente dei filosofi” è il fuoco puro dentro la pietra filosofale, o nell’argento vivo, o nell’umidità base della natura che è completamente penetrata dal fuoco. L’oro vivente è il seme stabile che vivifica l’argento vivo del filosofo e la materia della pietra, ossia l’umidità base dei metalli. È una luce vestita di un perfetto, puro corpo etereo. Tutto ciò sembra misterioso, ma leggilo ancora e sappi che l’oro vivente è pura coscienza, pura consapevolezza.

Una descrizione di ciò che gli alchimisti intendevano col termine oro si trova in un manoscritto intitolato La Lumiere sortant des Tenebres (La Luce che viene dal Buio). Ricordiamoci che lo zolfo e l’oro rappresentano sempre la coscienza, la consapevolezza.

Actorum Laboratoriichici Monacensis, seu

“Non per niente i filosofi hanno dato allo zolfo, o fuoco, il nome oro, poiché è davvero oro sia in essenza che in sostanza, ma molto più perfetto dell’oro comune. È un oro che è completamente zolfo, o piuttosto un vero zolfo d’oro, un oro che è totalmente fuoco, o il vero fuoco dell’oro che cresce nelle caverne e nelle miniere filosofiche; un oro che non può essere cambiato o superato da alcun altro elemento; un oro assai stabile in cui vi è soltanto stabilità; un oro assai puro perché è la purezza stessa; un oro assai potente poiché senza di esso tutto il resto languisce; un oro balsamico poiché

Subterraneae, Johann Joachim Nercher, Frankfurt, 1669

L’alchimista è rinato come Sole, che è eguale all’Oro. Egli è stato illuminato, lui stesso è divenuto luce, e ora domina i tre regni della natura.

preserva i corpi dalla decomposizione; un oro animale poiché è l’anima degli elementi dell’intera natura inferiore; un oro minerale poiché è di zolfo, di argento vivo, di sale; un oro etereo poiché la sua natura è celeste ed è un vero cielo terreno velato da un altro cielo; infine è un oro solare, poiché è il figlio legittimo del Sole e il vero Sole della Natura; il suo potere dona forza agli elementi il cui calore vivifica le anime e il cui movimento porta la Natura intera al movimento; dalla sua influenza si eleva il potere delle cose, poiché è l’influenza della luce, una parte dei cieli, il sole inferiore e la Luce della Natura, senza cui persino la scienza sarebbe cieca; senza il suo calore la ragione sarebbe stupida; senza i suoi raggi l’immaginazione sarebbe morta; senza le sue influenze lo spirito è sterile; e senza la sua luce l’intelletto rimarrebbe nel buio eterno”.

Talvolta gli alchimisti parlano di tre tipi di oro. Il primo è un oro astrale, il cui centro è nel Sole. Trasferisce questo oro con i suoi raggi contemporaneamente a tutti i pianeti inferiori con la sua luce. È una sostanza infuocata ed è un’emanazione costante dei corpi stellari che permea l’universo intero. Lo spazio, l’atmosfera dei pianeti e gli stessi pianeti ne sono colmi. Assorbiamo costantemente questo oro astrale col nostro respiro. Le particelle astrali dell’oro si spargono allora su tutto il nostro corpo. Questa descrizione alchemica corrisponde accuratamente a ciò che nelle filosofie orientali viene chiamato prana. Il secondo tipo è l’oro elementare. È la parte più pura e più fissa degli elementi e di tutte le sostanze composte. Tutti gli esseri viventi dei tre regni naturali hanno questo prezioso oro elementare dentro di loro. Viene anche detto fuoco centrale della terra. Il terzo tipo è il comune metallo, l’oro. Gli alchimisti dicono anche che l’oro elementare (coscienza pura) è la pietra filosofale resa pura e perfetta dalla Grande Opera. Gerhard Dorn (XVI secolo) descrive l’oro alchemico come l’influenza divina e creativa presente in tutta la materia. “L’oro è la medicina che nel suo funzionamento originale è temprato dall’arte dell’alchimia, e quindi può influenzare tutte le altre cose terrene e materiali in maniera positiva... L’oro è la forma che è stata separata o portata via dal suo corpo esteriore, ed è così penetrante che con la sua forma celeste influenza ogni cosa esteriore. L’oro è il seme divino nascosto in tutte le cose, non soltanto nei metalli, ma in tutte le cose materiali, e può essere reso visibile col calore. E proprio come all’inizio, quando Dio creò il mondo ed ebbe un’influenza creativa sulla materia, con questo oro (che hai ottenuto dalla materia) hai ciò che ripete il lavoro creativo di Dio - con quello, ne hai una piccola porzione tra le mani. Con questo, col potere derivato da Dio, si possono creare e trasformare le cose. L’oro ha la sua potenza perché ha la virtù di essere uno. Anche i vegetali possono far scaturire una medicina che si può usare in questo modo”.

1.8 La Pietra Filosofale Non troverai la pietra filosofale finché non sarai perfetto. Grillot de Givry

Come vi è olio nel seme di sesamo e una scintilla nella pietra focaia così il tuo Amato è nel tuo corpo. Sveglialo se puoi. Come la pupilla è nell’occhio così il creatore è nel corpo. Lo stolto non conosce questo segreto e corre fuori cercandolo invano. Ciò che cerchi è nei quattro angoli della terra. È Dentro, tu non lo vedi, perché vive dietro i veli dell’illusione. Kabir Sahib

Dal XII secolo in poi, gli alchimisti parlarono di un agens necessario alla trasmutazione. Questo agens aveva molti nomi, ma il più conosciuto è “Pietra Filosofale”. Altri nomi sono: polvere filosofale, grande elisir, quintessenza. La pietra filosofale poteva trasmutare i metalli in oro. Nella Grande Opera, la pietra filosofale è l’uomo stesso, essendo egli all’inizio della Grande Opera e alla fine. In generale, la pietra è lo spirito universale, presente in tutto ciò che è stato creato, e quindi anche nello stesso alchimista. Le descrizioni sono molte e non sempre simili. Paracelso la descriveva come fissa e rosso scuro; Berigard da Pisa diceva che il suo colore era quello dei papaveri; Raimondo Lullo diceva che il suo colore assomigliava a quello del rubino; Helvetius sosteneva che fosse di un giallo brillante. Molti alchimisti diedero le loro descrizioni, spesso contraddicendosi l’un l’altro. Khalid lo riassunse così: “La pietra unifica in sé tutti i colori. È bianca, rossa, gialla, blu cielo e verde”. La trasmutazione è un processo altamente personale, e quindi ogni alchimista ne ha un’opinione diversa. Alcuni di loro parlavano di una sostanza fisica.

La pietra filosofale è il simbolo dell’uomo perfetto, il risultato finale del lavoro filosofico. Anche se viene spesso associata ad argento vivo e zolfo, la pietra filosofale è difficile da spiegare a parole. Semplicemente, non abbiamo il linguaggio per farlo.

“Non si è mai capito cosa intendessero i filosofi antichi per pietra filosofale. Non si può rispondere a questa domanda prima di aver capito che gli alchimisti ponevano la loro attenzione su qualcosa di inconscio. Solo la psicologia dell’inconscio può spiegare il segreto. La teoria dell’inconscio ci insegna che fino a quando questa proiezione è diretta su quel qualcosa, rimarrà inaccessibile. Quindi il lavoro degli antichi alchimisti rivela molto poco del segreto dell’alchimia” (Carl Gustav Jung). Bisognerebbe anche considerare il fatto che gli alchimisti spesso usavano un linguaggio simbolico. I simboli sono un mezzo per trasmettere informazioni, ma questo mezzo richiede un approccio totalmente diverso di comprensione, qualcosa che nella società moderna troviamo difficile. “Quasi tutti coloro che hanno sentito parlare della pietra filosofale e del suo potere, chiedono dove si possa trovare. Il filosofo dà sempre una duplice risposta. Prima dice che Adamo ha preso la pietra filosofale dal Paradiso e che è ora presente dentro di te, dentro di me e dentro tutti, e che gli uccelli di terre lontane la hanno portata con loro. Poi il filosofo risponde che si può trovare nella terra, nelle montagne, nell’aria e nel fiume. Allora in che modo bisogna cercare? Per me, in entrambi i modi, ma ogni modo ha il suo modo”. (Michael Maier, 1617). “La pietra filosofale è innanzitutto la creazione dell’uomo da parte di se stesso, vale a dire l’intera conquista del proprio potenziale e del proprio futuro; è in particolare la completa liberazione della propria volontà, che darà il dominio assoluto sull’Azoth e sul regno del magnetismo, vale a dire il potere assoluto sulla forza magnetica universale”. (Eliphas Levi, 19° secolo). La pietra filosofale è presente anche nelle leggende del Graal. In quel caso si tratta del calice colmo di azioni cavalleresche e buone, che ridonerà fertilità al regno del Re. Il Re in queste leggende è il nostro Sé superiore, il nostro Sé divino, lo Spirito, l’Uomo Celeste o Adamo Kadmon, che è stato relegato giù nel mondo terreno. Trovare questa pietra, o il divino interiore, e lavorare su se stessi per portarlo alla superficie, donerà successo al Palazzo del Re. Wolfram von Eschenbach diceva che il Graal era una pietra preziosa, portatrice di ricchi frutti di Saggezza e Purezza. La pietra filosofale è spesso messa in relazione alla forza vitale. In alcune incisioni alchemiche, l’acqua scorre da una pietra. La pietra è la pietra filosofale, fonte dell’elisir della vita: “ciò che è come il fuoco ma scorre come l’acqua”. Tutti lo abbiamo dentro di noi. Una volta Meister Eckhart incontrò un bel giovane. Gli chiese da dove venisse. “Da Dio”, gli rispose. “Dove lo hai lasciato?”. “In cuori virtuosi”. “Dove vuoi andare?”. “Da Dio”. “Dove lo trovi?”. “Dove ho lasciato tutte le creazioni”. “Cosa sei?”. “Un Re”. “Dov’è il tuo regno?”. “Nel mio cuore”. “Sappi che nessuno condivide questo con te”. “Lo so”. Allora Meister Echkart lo portò nella sua cella: “Prendi qualsiasi abito tu voglia”.

“Così non sarei più un Re”. E scomparve. Era Dio stesso. E gli aveva fatto uno scherzo.

1.9 L’Elisir e la tintura Colui che beve dall’acqua che io gli darò non soffrirà mai più la sete poiché l’acqua che proviene dal divino diverrà come una sorgente in loro innalzandosi alla vita eterna. (Vangelo dei dodici apostoli, 28:10)

In termini alchemici, il corpo viene ridotto a acqua d’argento vivo da cui successivamente viene prodotto l’elisir. Altrimenti detto, viene creato uno spirito vivificante. L’elisir è un sinonimo della pietra filosofale, ma l’alchimista usa il termine elisir quando si riferisce innanzitutto alle sue proprietà energetiche e guaritrici. Secondo alcuni alchimisti, l’elisir è la seconda fase della Grande Opera, mentre la tintura è la terza fase. Dato che la seconda fase è l’Albedo, o bianchezza, anche la tintura viene detta: “tintura bianca”. È lo stato di materia cotta o digerita che assume un colore bianco. Quando è proiettata sui metalli, li trasforma in argento. È una medicina per piante e minerali. Parliamo di uno spirito purificato (dell’uomo) che, anche se è soltanto alla seconda fase, sta già guarendo il corpo e l’anima. L’elisir rosso corrisponde alla terza fase: la Rubedo o rossore. Esso indica la pietra perfetta. Gli alchimisti arabi lo chiamavano semplicemente elisir, che significava “lievito”. Il lievito fa lievitare l’impasto, ciò che nel senso filosofico indica una “moltiplicazione”. In relazione all’elisir, fa moltiplicare l’energia spirituale e quindi negli esseri viventi ha una funzione guaritrice. L’elisir cura tutti i mali e rende perfetti (cioè di nuovo sani) tutti i metalli imperfetti (come gli organi e le cellule). Il termine tintura viene usato per la sua qualità penetrante. La tintura è l’ultimo grado di trasmutazione dei corpi naturali. Porta tutte le cose imperfette alla perfezione. Paracelso si riferisce alla tintura come a una sostanza assai nobile che colora tutti corpi metallici e umani, e li cambia in un’essenza superiore. Essa penetra tutti i corpi e li fa “ascendere” come fa il lievito.

Artephius (XII secolo) scrisse nel suo “Libro Segreto” di essere in vita da duemila anni grazie al suo elisir. Simili dichiarazioni furono fatte da altri alchimisti. Si dice che il noto Conte di Saint-German (XVII-XVIII secolo) non invecchiasse per merito dell’elisir. Ricordiamoci che non si tratta di una sostanza fisica, ma dell’energia divina interiore dell’alchimista che è stata portata avanti e che mantiene giovane il corpo.

Rosarium philosophorum, Frankfurt, 1550

Si è sempre creduto che ci fosse qualche tipo di liquido, o di bevanda, che potesse prolungare la vita e dare al corpo una quasi immortalità. Sfortunatamente l’uomo comune spesso prese questo concetto alla lettera e tentò di creare un liquido. Questo liquido, o acqua della vita, è un termine simbolico per ciò che è presente nell’uomo stesso.

La tintura o elisir è talvolta rappresentata anche come acqua della vita che sgorga da una fontana, la fontana della giovinezza. Nelle antiche scritture Indù (i Veda e i Purana) si trova il concetto di Amrita. L’Amrita è la bevanda o il cibo degli dei. È l’alimento che dona l’immortalità, ed è creato dall’oceano di latte. Gli dei greci bevevano l’Ambrosia o il Nettare, che avevano le stesse caratteristiche. Gli alchimisti e i cabalisti parlano dell’acqua della vita in termini ad esempio di Ab-e-Hyat, o “essenza pungente, infuocata”. Più comunemente viene denominata “alkahest” o solvente comune. L’alchimista produce la sua tintura purificando il suo corpo, le sue emozioni e i suoi pensieri, finché non si identifica con la sua essenza divina. Quando l’essenza divina è realizzata, l’acqua della vita sgorga e porta via tutte le rimanenti scorie, lasciando l’oro puro. L’elisir o tintura fa dell’alchimista un uomo nuovo. Egli rinasce ed è immortale, partecipa della saggezza divina e dell’unità con la Sorgente di tutto. È divenuto un Re del cielo.

2. L’Operazione Unica Non si dovrebbe abbandonare il dovere per il quale si è nati, anche se ha qualche imperfezione; perché tutto ciò che si fa è avvolto dall'imperfezione, proprio come il fuoco è avvolto dal fumo. Bhagavad-gita 18:48

L’alchimista ripete spesso che l’intera opera alchemica è un processo unico, che richiede un’unica, semplice azione. Questa azione ha nomi diversi, a seconda del proprio punto di vista. Può chiamarsi purificazione, lavaggio, pulizia, riscaldamento, cottura, distillazione eccetera. Alcuni alchimisti mettono questi termini in un ordine apparentemente cronologico. All’inizio, l’opera si chiama dissoluzione, poiché il fuoco centrale, che è stato attizzato, trasforma la terra in acqua. La dissoluzione è la riduzione di ciò che è fisso e asciutto in essenza d’acqua. Il fisso è reso fluido. Il fluido viene anche chiamato argento vivo o materia prima. Dice sulla dissoluzione, Pernety (1858): “La soluzione filosofica è la trasformazione dell’umidità base fissa in un corpo acquoso. L’origine di questa dissoluzione è lo spirito volatile racchiuso nella prima acqua”.

Atlanta Fugiens, Michael Maier, Franfurt, 1617

L’intera opera non è altro che riscaldamento, cottura: uno dei molti simboli che mostrano come l’intero processo alchemico non è altro che azione continua. Si può chiamare meditazione, o chiara consapevolezza, ma deve essere fatto di continuo. Questa è l’unico modo in cui la purificazione del corpo e dell’anima risulterà nello svelare la vera divina natura del praticante.

Si potrebbe dire che la propria coscienza, che è sempre presente ma in qualche modo nascosta in sé, lavora con l’azione della volontà, per portare la coscienza quotidiana (il fisso) nell’inconscio (acqua). Si potrebbe anche dire che si diventa più consapevoli di ciò che accade interiormente, in particolar modo dei sentimenti e delle energie sottili, cose entrambe spesso paragonate all’acqua. Per mezzo di questo continuo riscaldamento, o cottura, avviene la distillazione. I vapori si raffreddano e si condensano. L’acqua condensata scende e penetra la terra. Il processo viene ripetuto ancora e ancora.

Dopo la distillazione, avviene il fissaggio, o coagulazione. Il fissaggio è l’inseparabile unione del fisso col volatile, o zolfo e argento vivo, in una materia talmente durevole che è inattaccabile dal fuoco. Mentre avviene tutto ciò, il riscaldamento della materia continua. L’intero processo non è altro che riscaldamento. Il fuoco deve essere mantenuto (cioè la propria attenzione deve essere mantenuta focalizzata). La distillazione, o purificazione, è effettivamente il continuo miglioramento di se stessi allo scopo di estirpare ogni azione egoistica o emozione negativa. Per questo è necessario mantenere continua vigilanza e diligenza. Alcuni alchimisti associano un pianeta a ogni successivo stadio della Grande Opera. Anche se la distillazione rimane la stessa durante l’intero processo, in termini simbolici l’alchimista ascende dal pianeta Saturno verso il pianeta Mercurio. Inizia da Saturno, il pianeta più freddo e pesante, il malfattore, il dio del tempo e della morte. Mercurio è il pianeta più leggero, situato accanto al sole, immerso nella luce e nel calore di quella stella. È qui che l’alchimista scopre la giovinezza eterna. Quando in tal modo l’alchimista ascende attraverso i pianeti, trasforma le proprie caratteristiche. Ogni pianeta corrisponde a determinate caratteristiche psicologiche.

Il processo della Grande Opera, come dicemmo all’inizio del presente lavoro, non è espresso soltanto nel simbolismo alchemico, ma in molte altre Tradizioni, sia orientali che occidentali. Sarà interessante, a questo punto, esaminare come esso fosse presente già nell’Antico Egitto, nel mito di Osiride. Osiride era un re-dio che fu chiuso in un baule da suo fratello Seth, simbolo del potere di decomposizione, del fuoco che causa la putrefazione. Il baule rappresenta il “vaso” alchemico, il recipiente, ed è significativo che venga chiuso con chiodi e piombo (essendo il piombo il metallo della Nigredo, l’Opera al Nero). Seth gettò il baule nell’oceano e, dopo aver a lungo viaggiato, esso infine si arenò sotto un tamarindo. Ritroviamo qui numerosi simboli che indicano la seconda fase della Grande Opera: l’Opera al Bianco che, come abbiamo detto, rappresenta l’acqua alchemica, la fase in cui la terra è ridotta ad acqua. L’oceano stesso è il simbolo della materia prima a cui la materia viene ridotta, così come il Tamarindo è simbolo del secondo stadio, l’Albedo, a causa dei suoi fiori bianchi. Iside, la sposa di Osiride, trovò il baule e lo riportò in Egitto. Viene così rappresentata la fase della coagulazione, della condensazione. Con i suoi poteri magici riuscì poi a ricevere il seme di Osiride ed a partorire Horus; bellissima rappresentazione della nascita della coscienza pura (Horus è il dio Sole), dopo che l’Iniziato ha trovato il seme alchemico della materia. In seguito anche Seth ritrovò il baule col cadavere di Osiride, ne tagliò il corpo in quattordici pezzi e li nascose in diversi punti del territorio Egizio. In tal modo vengono rappresentate le fasi della decomposizione e della sublimazione che devono essere ripetute più volte, fino a quando tutto non sarà puro e le emozioni ed i sentimenti dell’Iniziato non saranno del tutto purificate da ogni istanza egoistica e passionale. Iside va in cerca di tutti i pezzi e li seppellisce sul posto (il fissaggio). L’unico pezzo che non riesce a trovare è il fallo di Osiride, in quanto esso è stato ingoiato da un pesce ossirinco. Ciò sta a significare che i poteri sessuali sono stati trasformati in un’energia superiore e non verranno mai più espressi a un livello inferiore. Si dice che l’espressione inferiore dell’impulso sessuale leghi l’uomo al mondo fisico, o al mondo dell’oscurità. Il fallo non è più necessario perché Horus ormai è stato concepito. Horus rappresenta l’uomo rinato. Nelle sue manifestazioni infantili, viene chiamato Arpocrate, e corrisponde al Mercurio bambino. Horus è anche Osiride risorto. In termini alchemici, il vecchio Re è morto e il giovane Re è nato. Osiride è anche il principio universale della vita. È il seme, come il chicco di frumento. Gli egizi piantavano chicchi di frumento sulle mummie, in modo che germogliassero, a simboleggiare la resurrezione dei morti. Osiride era anche il dio della fertilità, e così venne denominato “Il Grande Verde”. La sua pelle era spesso raffigurata in verde. Gli alchimisti parlano del “seme verde” in natura, cioè la materia prima, o drago verde, l’energia fertile della vita che tutto penetra.

Allorché di due farete uno, allorché farete la parte interna come l'esterna, la parte esterna come l'interna e la parte superiore come l'inferiore; allorché del maschio e della femmina farete un unico essere sicché non vi sia più né maschio né femmina; allorché farete occhi in luogo di un occhio, una mano in luogo dì una mano, un piede in luogo di un piede e un'immagine in luogo di un'immagine, allora entrerete nel Regno. Vangelo di Tommaso, 22

Il sacro matrimonio, la conjunctio o coitus, si riferisce all’unione del nostro spirito divino con l’anima e infine col corpo. Si potrebbe dire che nell’uomo comune lo spirito, l’anima e il corpo sono in qualche modo separati tra loro, anche se lavorano l’un con l’altro. L’obiettivo dell’Iniziato che lavora alla sua Grande Opera è quello di riunificare i tre Princìpi, costruendo quel canale coscienziale che nella Tradizione orientale viene detto Antakharana.

Alcuni alchimisti sostengono che vi sono tre conjunctio, ma la conjunctio in sé può essere interpretata in diversi modi.

Museo Hermeticum reformatum, Frankfort, 1678

L’alchimia possiede molte immagini contrapposte, come acqua e fuoco, asciutto e bagnato, caldo e freddo, volatile e fisso, corporeo e spirituale, Sole e Luna, oro e argento, cerchio e quadrato eccetera. L’unione di questi opposti forma una conjunctio. La conjunctio rappresenta insomma l’unione di corpo, anima e Spirito tramite l’Antakharana.

Nel suo significato mistico, la conjunctio è la comprensione o l’esperienza dell’unità degli opposti o dei paradossi, l’esperienza di unità dietro il nostro mondo di dualità. Finchè la nostra comprensione rimane limitata alla coscienza fisica, essa concepisce la realtà soltanto in termini di opposti. Nell’estremo oriente si prova a trascendere questa comprensione limitata con i koan, espressioni che contengono paradossi. L’alchimia ha un approccio simile, poiché usa espressioni come “acqua infuocata”, “fuoco acquoso”, “acqua che non bagna le mani”, “fuoco che non brucia”. La coniuctio provvede a questa trascendenza che porta all’unità con un processo di dissoluzione del corpo nell’acqua. “Come la dissoluzione dissolve i corpi, così i dubbi dei filosofi sono dissolti dalla conoscenza” (Gerhard Dorn, XVI secolo). Nei manoscritti alchemici, la conjunctio viene raffigurata come l’unione, o coito, tra Re e Regina, tra l’uomo rosso e la donna bianca, o semplicemente tra marito e moglie. “Collega lo schiavo alla sua fragrante sorella, e da soli compiranno l’opera intera; poiché non appena la donna bianca sarà andata sposa all’uomo rosso, essi si abbracceranno con fermezza e diverranno uno, si decomporranno e perfezioneranno l’un l’altra: dai due corpi che erano prima, diverranno un solo corpo predisposto alla perfezione” (Donum Dei, primo XVI secolo). Questa citazione mostra che la conjunctio è spesso raffigurata come un rapporto incestuoso. Ciò al di là di qualunque considerazione morale, sta ad indicare che tutto il materiale dell’Opera è all’interno di noi stessi. Troviamo questa simbologia anche in altre religioni, ad esempio Sulamith e Adam Kadmon nella Cabala, Adamo ed Eva nel Cattolicesimo, Iside e Osiride nell’antico Egitto. Nell’alchimia si trova normalmente tra madre e figlio. “Beya si accoppiò con Gabricius (suo figlio) e lo rinchiuse nella sua pancia così bene che non fu più visibile. E strinse Gabricius con tale amore che lo portò totalmente nella sua natura e lo divise in molte parti” (Rosarium philosophorum, 1550): un’unione bizzarra, ma interamente simbolica. Carl Gustav Jung sostiene che questo incesto simbolico è la discesa, o penetrazione, nell’inconscio. Si tratta di un regressus ad uterum, o ritorno all’utero materno. La penetrazione della donna è equivalente alla penetrazione dell’acqua o dell’inconscio. In tal modo vediamo che la conjunctio viene raffigurata con il coito tra marito e moglie, re e regina, ma anche con il re che si fa il bagno o

che beve acqua. Talvolta il coito tra uomo e donna avviene in acqua, in una vasca o in una fontana. L’acqua è anche un simbolo equivalente al mercurio o all’argento vivo. L’alchimista Gerhard Dorn parlò di corpo, anima e spirito dell’uomo. Il corpo (corpus) corrisponde a ciò che ora chiameremmo col termine junghiano di “ombra”. Egli considerava l’anima un’energia vitale neutra, composta da abitudini, speranze e desideri. Lo spirito (animus) era la volontà, il concetto di ego. Lo spirito è sempre buono ed ha facoltà mentali superiori. Nell’uomo ignorante formano una trinità, perché l’uomo non è cosciente di tutte e tre le cose, ma le percepisce come una. Dorn disse che vi sono tre conjunctio. La prima avviene con la separatio, o distractio. L’anima si separa dal corpo quando l’uomo diviene cosciente di queste due cose. L’anima e lo spirito si uniscono, cosa che egli chiama unio mentalis. Nel momento in cui l’uomo diventa cosciente di non essere il suo corpo e comincia a percepire la differenza tra esso e l’anima e lo spirito, il corpo cessa di essere l’unico movente dei suoi desideri e bisogni ed inizia a non esprimere più i propri impulsi negativi. Il corpo ed i suoi bisogni vengono sottomessi alla volontà dell’anima. La seconda coniuctio è l’unio mentalis unita al corpo purificato. Ciò si verifica quando, a seguito della continua purificazione delle pulsioni inferiori, fisiche, emotive e mentali, il collegamento dei tre Princìpi diventa effettivo. Corpo, Anima e Spirito sono ormai allineati e lavorano come un tutto unico e armonico. E’ solo allora che può aver luogo la terza conjunctio: la combinazione di spirito-anima-corpo con l’unus mundus. “L’unus mundus è il mondo potenziale del primo giorno della creazione, quando nulla esisteva in actu, vale dire nella dualità o molteplicità, ma solo come Uno”. È un ingresso nell’unità, in cui si percepisce tutto come uno. Nell’induismo, l’anima individuale si unifica al Brahaman, che è la realtà ultima, il principio che tutto unisce. È l’essere interiore di tutte le cose. È illimitato e non può essere compreso dall’intelletto né espresso a parole. Anche l’alchimista Pernety (1858) conosceva le tre conjunctio: “La prima si chiama doppia coniuctio. Si trova tra agens e patiens, tra il maschio e la femmina, la forma e la sostanza, l’argento vivo e lo zolfo, il sottile e il grezzo. La seconda si chiama triplice, perché unifica tre cose: il corpo, l’anima e lo spirito. Così trasforma la trinità in unità. La terza si chiama quadruplice, perché unifica i quattro elementi in uno, ma include le altre tre”.

http://www.airesis.net/link_esoterismo.html Esoterismo occidentale, Ermetismo, Alchimia collegamenti Italiani

e

risorse

utili

Zenit. Sito di indirizzo massonico molto ben curato, che presenta materiale ermetico, filosofico, artistico e letterario di grande interesse, con ricche pagine di collegamenti su stimolanti selezioni di materiale on line. Il webmaster è Maurizio Nicosia. La sezione dedicata all'ermetismo presenta una selezione di materiale assai interessante. Il sito viene aggiornato periodicamente con l'inserimento di nuovo materiale.

The Golden Elisir. La miglior pagina di risorse sul tema dell'alchimia taoista. Il Sito presenta materiali in inglese, francese ed italiano sull'alchimia cinese. Il curatore è Fabrizio Pregadio, della Stanford Uiversity (Department of religious studies). Sito di estremo interesse. Testi di alchimia. Nonostante l'esiguità attuale dell'archivio e la novità dell'iniziativa, il sito risulta estremamente interessante per la scelta di editare testi classici di alchimia non reperibili altrove on-line, e lavori di stampo storico-ermeneutico dedicati ad aspetti ed autori poco conosciuti e frequentati. Il messaggio ritrovato. È un sito completo ed interessante interamente centrato sull'alchimista, poeta e pittore contemporaneo Louis Cattiaux, la cui opera principale, "Il messaggio ritrovato", ha conosciuto di recente la sua prima edizione italiana.

Anglofoni Esoterica. Contributi di grande interesse e di elevato livello scientifico, caratterizzano questa rivista on-line interamente centrata sull'esoterismo occidentale. La rivista è diretta dallo studioso Arthur Versluis, professore presso la Michigan State University. Una ricca e selezionata scelta di argomenti e contributi sulla storia e sulla fenomenologia dell'esoterismo occidentale.

Alchemy web site. È la più completa risorsa on-line sull'alchimia, attualmente contiene oltre 90 megabyte di materiale (per lo più in inglese, ma non mancano sezioni in tedesco, francese, spagnolo, russo, e, dalla fine del '97, è attiva una sezione di materiale in italiano). Vi sono poi due sezioni speciali, una dedicata all'alchimia islamica e l'altra all'alchimia indiana. Il coordinatore del sito è Adam McLean, di Glasgow, studioso di ermetismo ed alchimia, con all'attivo decine di pubblicazioni sull'argomento, nonché direttore (dal 1972 al 1992 ) dell'Hermetic Journal, nota pubblicazione specializzata assai stimata anche dal Canseliet. Vi sono ampie sezioni dedicate alla pratica, allo studio iconologico ed alla ricerca filologica e storica, con un e-mail group (Alchemy Academy group) dedicato allo studio dell'alchimia esclusivamente in una prospettiva storico-filologica. Il gruppo è moderato dallo stesso MacLean. Nel complesso, quanto di meglio la rete offra nel campo degli studi alchemici, sia dal punto di vista quantitativo che, per molti aspetti, da quello qualitativo. Ages of alchemy. Materiale sull'alchimia messo on-line da Antony M.W. House. Qualche versione inglese di testi classici. Dai link e dal materiale messo a disposizione (con una grafica un pò pesante e ad effetto) e dal nome del webmaster si arguisce essere un sito legato all'esperienza della sezione america dei Philosophers of Nature. House linka su di un sito di commercializzazione di prodotti spagirici gestito da lui.

Corpus stavish. Ancora un sito ermetico in qualche modo collegato ai PON, tenuto da Mark Stavish. Nel sito vi sono succinte informazioni bio-bibliografiche sull'autore e una raccolta di suoi scritti. Cauda pavonis. Il sito di Cauda Pavonis, rivista di studi storici e filologici sull'ermetismo realizzata sotto la direzione di Stanton J. Linden col supporto del Department of English della Washington State University.

Francofoni Alchimie & hermetisme. Una risorsa on-line recente, aggiornata con grande frequenza che rappresenta un importantissimo archivio con decine e decine di trascrizioni in lingua francese di testi classici e - cosa abbastanza rara - di alchimisti contemporanei. Un sito di grande interesse ed una risorsa preziosa.

Symbole. Una splendida rivista on-line che si occupa di pensiero tradizionale e di studi esoterici, con una ricca scelta di interviste ad autori, recensioni e dossier tematici. È espressione del CEAPT (Centre d'Etudes sur l'Actualité de la Pensée Traditionelle) di Parigi. Recentemente la rivista è sbarcata in libreria, con una versione cartacea. Chrysopeia. Il sito dell'importantissima Chrysopoeia, rivista francese pubblicata col concorso del C.N.R.S. (CENTRE D'HISTOIRE DES SCIENCES ET DES DOCTRINES) diretta da Sylvain Matton e Didier Kahn. Chrysopoeia pubblica lavori originali di taglio storico e filologico di argomento alchemico e cabalistico. La rivista ha un contenuto scientifico assai alto. Tra i collaboratori spicca il nome di Francois Secret, probabilmente la massima autorità nel campo della cabala cristiana. Oltre alla rivista (di cui on-line sono solo gli indici) Chrysopoeia produce anche una importante collana di pubblicazioni: Textes et travaux de Chrysopoeia. Rivista e volumi sono distribuiti in Italia dalla Arché di Milano Association de recherche sur la Psicologie hermetiste. Sito di una "Association de recherche sur la Psychologie Hermétiste". La sezione Archives contiene una piccola ma interessante collezione di testi online o da scaricare con Adobe Acrobat. Alchimie.net. Un sito che presenta materiali diversi sull'alchimia, evidentemente legato all'opera della'lchimista contemporaneo e studioso d'alchimia Patrick Rivière. oltre ad una sezione dedicata all'alchimia ed una dedicata alla spagiria, il sito che recensisce e presenta i libri dello studioso francese, contiene una sezione dedicata all'"affaire fulcanelli", uno dei temi preferiti dalla saggistica di Rivière. Savoir croire imaginer. Diviso tra diverse aree tematiche (astrologia, statistica, musica, scacchi artistici etc), questo sito presenta almeno due sezioni (una dedicata espressamente all'alchimia ed una "bibliothéque") dove il visitatore francofono può reperire un gran numero di risorse critiche e testi classici di interesse ermetico ed alchemico.

Ispanici, portoghesi ed ispano-americani Azogue. Azogue è una rivista digitale dedicata allo studio storico-critico dell'alchimia, diretta da José Rodriguez Guerrero. Ricchissima la pagina dei testi tradizionali on-line offerti al visitatore, ancor più ricca, e di alto profilo scientifico quella dei contributi originali, per lo più a firma di José Rodriguez, di Michela Pereira e di Susan Ross. Interessante presenza di lavori dedicati all'alchimia spagnola. Sito Ispanofono della massima importanza, di elevato interesse culturale, che non può assolutamente mancare tra le preferenze dei cultori della Grande Arte. Insieme al sito di A. MacLean Azogue è attualmente la miglior risorsa on-line sull'alchimia. Purtroppo le pubblicazioni sono ferme dal dicembre 2001.

Alkahest 2001. Altro sito spagnolo dedicato all'alchimia, con buona biblioteca di testi classici (in parte in Pdf), articoli, una sezione di pratica spagirica ed un forum in lingua spagnola. Gestito da Leo Rubens. C.E.S.. Di ispirazione massonica è il sito del C.E.S. (Centro de Estudios de Simbologia de Barcellona) fondato da Federico Gonzales nel 1979, che organizza corsi e conferenze sulla cabala e sulla tradizione ermetico-alchemica, con aperture frequenti anche su altre tradizioni iniziatiche occidentali ed orientali. Il sito è collegato a Symbolos, rivista che nasce nel 1991, a cura dello stesso Gonzales. La rivista presenta online una ricca selezione di studi originali di simbologia ed esoterismo, traduzioni in castigliano di testi alchemici classici e parte della produzione tratta dai numeri a stampa editati nel corso degli ultimi anni. Il sito C.E.S. presenta on-line anche le opere su vari argomenti legati all'ermetismo dello stesso Gonzales. Alcuni testi presentano traduzioni in altre ligue, tra cui l'Italiano. Dalla home page C.E.S. parte anche il link per El Taller, rivista di studi massonici. Centro Ernesto Soarez. È il sito del portoghese Centro Ernesto Soarez de Iconografia e Simbolica fondato da Manuel J. Gandra. Il sito presenta le attività del centro, che si occupa dello studio iconologico, artistico e simbolico della poco frequentata tradizione ermetico-alchemica portoghese. Il centro edita opere saggistiche ed edizioni critiche di testi antichi. Obiettivo dichiarato è quello dello studio interdisciplinare del simbolismo tradizionale occidentale. Rubellus petrinus. È il sito di Rubellus Petrinus, alchimista portoghese, con una selezione di testi classici in potoghese e brani da opere a stampa dello stesso Petrinus. Lixandram. Da questo indirizzo si accede alla pagina di Lixandram, alchimista messicano che entra in rete nell'agosto 1999. La pagina contiene scritti di Lixandram sulla spagiria vegetale, animale e sull'alchimia minerale. La puerta. Retorno a las Fuentes Tradicionales. In spagnolo, è "...una rivista che è orientata allo studio del senso esoterico dei testi, simboli, miti, riti ed immagini delle grandi tradizioni, al fine di trovare il punto di confluenza tra queste distinte manifestazioni dello spirito unico...". Il sito presenta vario materiale suddiviso in links riguardanti l'ermetismo, l'alchimia, la tradizione ebraica, la tradizione classica, la tradizione egizia, l'islamismo, il cristianesimo etc... Alquimia. Presenta un buon numero di trascrizioni di testi classici, una selezione ampia e curata. Una certa attenzione è dedicata alla poesia ermetica e spirituale, ed a qualche autore contemporaneo, come Louis Cattiaux, del quale vengono presentati on-line, oltre ad alcuni versi, anche i più noti dipinti. Scarne le sezioni dedicate all'iconografia classica, e del tutto assente l'intento storico-critico, se si eccettuano le brevissime note biografiche su qualche alchimista raccolte in un'apposita sezione.

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http://www.tpissarro.com/alquimia/materie-i.htm LE MATERIE DELLA GRANDE OPERA ALCHEMICA Nel corso dei secoli molti lavori hanno trattato l'argomento che riguarda le materie utilizzate nella Grande Opera. Secondo quanto abbiamo letto a proposito della Grande Opera nei lavori dei Maestri classici e contemporanei ,vengono utilizzate materie differenti a seconda della via alchemica che si intenda utilizzare. Ci sono artisti che affermano che la materia della Grande Opera sia reperibile ovunque, senza indicarci tuttavia quale sia questa materia, né fornirci almeno delle indicazioni che permetterebbero agli investigatori dell'arte di identificare questa materia. Per questa ragione, troviamo le loro dichiarazioni ambigue. Al momento della lettura dei testi alchemici dei grandi Maestri, scritti in linguaggio simbolico, e' necessario tenere conto dei diversi tipi di interpretazioni, accordando ciò che è scritto con la conoscenza personale che il lettore ha dell'argomento. Purtroppo, in molti casi, ciò che è facilmente comprensibile, non corrisponde sempre con ciò che i Padroni hanno voluto esprimere nei loro scritti. Solo l'ignoranza dei principi piu' elementari che presiedono le differenti operazioni alchemiche e' all'origine di tali errori grossolani di interpretazione. Contrariamente a questo, alcuni libri alchemici molto conosciuti sono stati scritti, talvolta, in un linguaggio chiaro. Chi legge queste traduzioni senza la conoscenza necessaria per potersi formare una giusta idea, come i pricipianti che sono alle prime passi nello studio dell'alchimia, perdurano inevitabilmente nell'incomprensione di quali siano le materie utilizzate nei differenti lavori Alchemici, come anche il loro modus operandi. Noi ci riferiremo non solo alle materie che rappresentano una parte molto importante nel lavoro alchemico, ma parleremo anche delle vie usate di preferenza dalla maggior parte degli alchimisti piu' conosciuti. Non siamo più nel XVII o nel XVIII secoli epoche in cui vi era la moda di scrivere libri sull'alchimia e quando l'identità degli autori era nascosta sotto un motto (formulato simbolicamente) poco conosciuto. La conferma di questo e' la vasta quantità di libri attraenti scritti. Il loro contenuto manca di erudizione e di pertinenza, è per questa ragione che acquistarli equivale a sciupare il proprio denaro. Oggigiorno, scrivere un libro sull'alchimia in forma simbolica ben conosciuta, implica la responsabilità dell'autore, perché un lettore lo può paragonare con l'originale e puo' facilmente percepire tutte le inesattezze. Tuttavia i pricipianti nello studio dell'arte non esiteranno molto a credere a ciò che leggono perché hanno fiducia in chi scrive un libro sull'alchimia e suppongono che sappia precisamente di cosa parla. Tuttavia non è sempre così, troviamo ancora nelle scritture di certi autori moderni, alcuni testi che mancano nella loro essenza di profondità ed utilizzano descrizioni dubitatore, non basate sui testi originali. Dopo questa breve introduzione andiamo a precisare quali sono le principali vie Alchemiche praticate anche dai nostri Maestri classici e contemporanei ed anche quali sono le materie in uso in queste vie. Via secca. La materia della via secca è, per eccellenza, l'antimonio o stibina. Gli Alchimisti del passato, per distinguere il minerale dell'antimonio metallico, hanno chiamato questo ultimo Regolo. Per questa ragione, quando parliamo dell'antimonio vogliamo intendere il suo minerale, cioe' la stibina. Alcuni artisti affermano che la via secca è realizzata a partire dal vetro di antimonio. Non siamo dello stesso parere; questa dichiarazione non ha consistenza e solo chi non conosce il lavoro magistrale di Basilio Valentino, Il Carro Trionfale Dell'antimonio, (Retz Parigi, 1977) farà una tale affermazione. Il vetro di antimonio, la cui la preparazione è descritta minuziosamente alla pagina 163 di questo libro, sarà utilizzato per fare la pietra di fuoco; del resto è utilizzato anche per la preparazione della tintura di antimonio. La preparazione della pietra di fuoco o della tintura di antimonio non ha nessuna relazione, con la via secca dell'antimonio e verra' presa i considerazione unicamente in quanto prodotto generato dall'antimonio. Analizziamo le cause del nostro disaccordo. Il mercurio dell'antimonio non è estratto a partire dal vetro di questo minerale, perché il mercurio di questo minerale è il regolo marziale stellato ben purificato. La preparazione del vetro di antimonio non è cosi' semplice quanto si crede: non si riduce ad introdurre della polvere della polvere di antimonio su di un fuoco, a farla e scioglierla e così mutarla in vetro. La preparazione del vetro di antimonio richiede molta esperienza e non si arriverà ad ottenere un vetro canonico, se non viene osservata una certa pratica. E, affinché non rimaniate nell'aspettativa, circa il nostro disaccordo, andiamo a descrivervi la sua preparazione canonica. In primo luogo, triturate la stibina in fine polvere molto fine e passatela in n setaccio dai 60 linee per centimetro. Il minerale, ridotto in polvere molto fine, è poi calcinato mediante un fuoco molto forte in un recipiente di ferro o d' argilla refrattaria per estrarne tutto lo zolfo chimico. È solo dopo questa operazione

che otterrete l'ossido, sciolto nel foyer del vostro forno con le rispettive coperture. Questa operazione si svolgerà in un forno a gas, con l'aiuto di un fuoco molto forte. Quando e' ben liquefatta viene versata su di un foglio di rame o su una pietra di marmo. Se il vetro e' stato preparato in maniera ottimale, cosa che non sempre avviene, potremo osservare una materia di colore rosso vivo, trasparente di fronte ad una luce molto forte come la luce solare. Noi abbiamo gia' preparato alcuni chilogrammi di questo vetro di antimonio; è per questa ragione che possiamo descrivere con buona cognizione di causa la sua preparazione.

Il vetro di antimonio.

Il vetro di antimonio è solubile nello spirito dell'aceto tramite cui potrebbe essere estratta la sua tintura. Per questa ragione non è la materia della via secca, ma è la materia per la preparazione della pietra di fuoco per mezzo della quale, contrariamente a quanto affermano alcuni artisti, si potrebbe produrre qualche trasmutazione, come scrive il Maestro alla pagina 237 dello stesso libro: «Avendo affermato dunque che con l’antimonio si puo’ preparare una pietra di fuoco, ed avendo detto che questa pietra guarisce non solo gli uomini, ma anche i metalli…» Ed alla pagina 238: «La tintura di questa pietra di fuoco non è universale come quella dei filosofi che si prepara dalla essenza del sole, e meno ancora che tutte le altre pietre.» E per concludere, alla pagina 249: «In poche parole, questa pietra, come tintura particolare, transmuta tutti i metalli in oro molto puro e migliore che quello delle miniere del Perù. È un rimedio a tutte le malattie alle quali l'uomo può essere soggetto...» In breve, la pietra di fuoco, è una pietra transmutatoria risultante da un "particolare" realizzato mediante la via secca ed umida, e non è la via secca dell'antimonio. Per questa ragione, chi afferma he la via secca dell'antimonio è compiuta con il suo vetro, è privo della logica alchemica, e la sua ignoranza dell'arte lo mantiene nell' errore totale. La via secca propriamente detta è effettuata con la stibina, come è stato descritto in tutti i suoi dettagli da Eugenio Canseliet nel suo L'Alchimia Spiegata Sui Suoi Testi Classici, Jean-Jacques Pauvert, Parigi, 1972. Ma dopo tutto, chi era Eugenio Canseliet? Canseliet era stato il discepolo di Fulcanelli. E Fulcanelli era lo pseudonimo del pittore Jean-Julien Champagne.

Jean-Julien Champagne

Le Dimore Filosofali furono scritte da Jean-Julien Champagne grazie agli appunti provenienti da un dossier che appartenente al libraio Pierre Dujols. E' stato un grande alchimista ed ebbe un discepolo che lavoro' con lui in laboratorio. Pierre Dujols era un erudito e l'autore dei primi commenti all' Hypotyposi (un commento del Mutus Liber) nascosto dietro lo pseudonimo di Magophon. Eugenio Canseliet ha pubblicato il libro Le Dimore Filosofali in quanto discepolo di Fulcanelli. Canseliet, in quanto discepolo di Fulcanelli con cui lavorava, seguiva la via secca dell'antimonio, la via praticata dal suo Maestro,evidentemente una via secca. (Fulcanelli Dévoile, Geneviève Dubois, éditions Dervy, Paris, 1992). Per quel che riguarda questa via, nelle Dimore Filosofali, gli autori (Champagne e Dujols) descrivono altre vie - come quella dell' amalgama - che risultano quasi impossibili da distinguere quando si riferiscono alla via secca o alla via umida. Questo ha dato origine a una gran confusione, perché non esiste ordine nelle descrizioni fornite. Anche un artista sperimentato avrà delle difficoltà ad operare delle distinzioni. Alcuni artisti affermano che Fulcanelli non si riferisce alla via secca dell'antimonio, che non l' ha mai descritta. Osserviamo che, la descrizione dettagliata del minerale che Fulcanelli fornisce, è associata alla via secca Les Demeures Philosophales, A Paris, chez Jean-Jacques Pauvert, 1965. «Tutti i minerali, secondo la voce ermetica, gli hanno apportato l'omaggio del loro nome. Lo si chiama ancora drago nero coperto di squame, serpente velenoso, figlia di Saturno, la più amata dei suoi bambini. Questa sostanza primitiva ha visto la sua evoluzione interrotta dall' interposizione e dalla penetrazione di uno zolfo infetto e combustibile che ne appesantisce il puro mercurio, lo trattiene e lo coagula. E, sebbene sia interamente volatile, questo mercurio primitivo, corporificato sotto l'azione essiccante dello zolfo arsenicale, assume l'aspetto di una massa solida, nera, densa, fibrosa, fragile e friabile, che la sua poca utilità rende meschina, abietta e disprezzabile agli occhi degli uomini. In questo soggetto, - parente povero della famiglia dei metalli, - l'artista illuminato trova tuttavia tutto quanto di cui necessita per cominciare e finire il suo grandioso lavoro, perché, dicono gli autori, entra all'inizio, a meta' ed alla fine dell'Opera.» «È la ragione per la quale hanno rappresentato simbolicamente la loro materia, nella sua forma primitiva, con la figura del mondo che contiene in se i materiali del nostro globo ermetico o microcosmo, raccolti senza ordine, senza forma, senza ritmo né misura.» Osserviamo, poi, il significato di questa descrizione: «Tutti i minerali, mediante voci ermetiche, rendono il loro omaggio con il loro nome.» Gli studiosi che conoscono bene Il Carro Trionfale dell' Antimonio di Basilio Valentino, si ricorderanno l'immagine alla pagina 64, sul Frontespizio del Carro Trionfale dell' Antimonio, dove i pianeti alchemici (dei rispettivi metalli o minerali) rappresentati simbolicamente, Saturno, Marte, Venere, Mercurio e la Luna trainano il carro condotto da Vulcano. Questo carro è utilizzato per trasportare l'antimonio, rappresentato da una signora che ha in grembo il simbolo spagirico dell'antimonio, cioe' un globo crocifero. Per tutto questo gli rendiamo omaggio. «Si chiama anche Drago Nero, coperto di squame, serpente velenoso, figlia Saturno.» Alcuni dei nomi con cui e' conosciuto l' antimonio sono Drago Nero, Lupo Grigio e, più comunemente, discendenza di Saturno.

Nel testo Tabla Redonda de los Alquimistas di Manuel Algora Corbi, editore Luiz Carcamo, Madrid, 1980, La Medula de La Alquimia, Eyrénée Philalèthe a pagina 307, possiamo leggere: «La sostanza che abbiamo utilizzata per prima è un minerale, parente del mercurio, che cuoce uno zolfo cudo nella terra; umile, ma glorioso nell'intimo, figlia di Saturno. Cosa vi serve oltre? Concepitela correttamente, perché è la nostra materia prima.» «È color sabbia, con venature argentate, che sembrano mischiate con il corpo ed il cui scintillio sporca lo zolfo innato. È completamente volatile, non fisso, ma elimina e purga, nella loro crudezza nativa , le superfluità del Sole.» Le caratteristiche attribuite da Fulcanelli all'antimonio sono confermate da questo testo.

Il Drago Nero

Il nostro minerale, essendo figlio di Saturno, possiede caratteristiche molto simili a quelle del suo genitore. È color sabbia (la tinta sabbia, sui blasoni araldici, corrisponde al nero) con venature argentate ede' sporcato da uno zolfo innato. È interamente volatile e purga da ogni superfluità il sole. È fibroso, fragile, ed a quell' epoca era di poca utilità, all'infuori del suo uso medicinale. Questo significa, in termini moderni, che è un minerale di colore nero con venature argentate, volatile, friabile la cui lucentezza innata è sporcata chimicamente dallo zolfo e che purga da ogni superfluità l'oro. Queste caratteristiche fisico-chimiche corrispondono a quelle dell'antimonio che, come sappiamo, e' un solfuro. Era con l'antimonio, che gli antichi Alchimisti purificavano il sole o l'oro, come si può vedere nella prima chiave di Basilio Valentino. «È la ragione per cui hanno descritto simbolicamente la loro materia nel suo primo stato, rappresentata con l' immagine del mondo che contiene in se i materiali del nostro globo ermetico.» Nella prima immagine del libro Speculum Veritatis (in francese "miroir de la vérité"); Filalete descrive simbolicamente la prima Opera della sua via, cioe', la preparazione del regolo marziale stellato, che spieghiamo in dettaglio nel nostro sito Web terravista, planeta.clix (dedicato a questa materia) e nel nostro libro La Gran Obra Alquimica, Mirach éditorial, S.L., Villaviciosa de Odón, Apartado, 77, Madrid, 1999 in cui troverete un uomo zoppo, con una gamba di legno, rappresentante Vulcano, che porge a due anziani (gli alchimiste) un globo crocifero, simbolo spagirico dell'antimonio, come sa qualsiasi Alchimista competente. Ma poiche' questo globo ha una stella nel suo centro, rappresenta, proprio per per questo motivo, il regolo marziale stellato. Esistono alcune analogie con la parola "specchio": sezionate trasversalmente il regolo marziale stellato dopo la suo purificazione mercuriale e potrete verificare che cristallizza in strati simili a quelli della mica, brillante tanto quanto l'argento più raffinato, simile ad uno specchio. Per questa ragione molti artisti l'hanno chiamato "specchio dell'arte". Ma non ci limiteremo solamente a questi testi per dimostrarvi che Fulcanelli descrive senza dubbio l'antimonio. Nel libro "Opera" le courrier du livre, Parigi, 1989, a pagina 196, Nicolas Flamel dice: «Avrai cura di prendere prima il maggiore del primo figlio di Saturno, il volgare che non e' di nessun valore, 9 parti; della sciabola chalybé del dio guerriero, 4 parti.»

Filalete, ne L´Entrata Aperta al Palazzo Chiuso del Re, sezione XI, Dell'invenzione del perfetto Magistero nr. VII, indica: «Infine si interessarono ad un bambino di Saturno, e sperimentarono la sua azione sull'oro; e siccome aveva la forza di sbarazzare l'oro maturo delle sue impurità…» Flamel parla dell'antimonio che, col dio guerriero Marte ed i sali adeguati, fornira' il regolo marziale, richiesto per cominciare il suo lavoro, come nella via dell' amalgama di Filalete. Quindi, di cosa parla Fulcanelli? Da quanto abbiamo fin'ora detto, potrete notare che il Maestro parla dell'antimonio. La preparazione del regolo di antimonio non è cosi' agevole come una semplice fusione, a temperatura appropriata e con gli appositi fondenti, come proclamano alcuni artisti. Questi, alchimisti ,ciarlatani, potrebbero affermare che un'automobile è costruita con quattro ruote e niente di più! Dichiarazioni come queste denotano una mancata conoscenza degli scritti del XVII secolo, come il Trattato di Chimica di Christophe Glaser, Parigi 1663, in cui la preparazione del régolo marziale dell'antimonio è descritta in dettaglio a pag 174. Anche Lemery, nel suo Corso di Chimica, Parigi, 1756, a pagina 272, descrive il medesimo procedimento! Il regolo marziale stellato, non è ottenuto semplicemente dopo la fusione dell'antimonio e del suo calco in uno stampo di acciaio inossidabile. Per realizzare un buon regolo marziale canonico e' necessario disporre di un forno appropriato, funzionante a gas, in cui sia possibile raggiungere una temperatura di circa 1000º centigradi, di un buono minerale e del suo accolito metallico Marte, ed anche degli indispensabili sali di fusione. Questi elementi e l' "abilità manuale" fanno si che solo un artista sperimentato, conosca le condizioni per procedere al lavoro. La prima operazione preparatoria della via secca si chiama Assazione. È ignorata dai piu' ed è realizzata solamente come preparazione per un lavoro canonico. Viene poi la Purificazione, consistente nella purificazione del minerale dalle sue impurita' silicee in un crogiolo d' argilla refrattaria, nel forno suddetto. Segue allora la Separazione che, come spiega il suo nome, consiste nella separazione del regolo dall'antimonio, per mezzo del suo accolito Marte e dei sali appropriati. Quando il metallo raggiunge la temperatura voluta ed e' completamente fuso, viene versato in uno stampo conico, di acciaio inossidabile. Dopo essere stato lasciato raffreddare lentamente il Caput è diviso, secondo l'arte. A partire da questo Caput verra' estratto lo zolfo filosofico. Segue allora la Purificazione Mercuriale per purificare il regolo con i sali appropriati, finché si rivela la stella, ugualmente si estrarrà anche il vetriolo o il Leone verde. Procediamo allora alle aquile, cioe', alla Sublimazione dello zolfo e del mercurio alchemici, che come risultato ci offriranno la Remora. Finalmente, quest' ultima sarà cotta col sale, o fuoco segreto. Dal risultato di queste operazioni otterrete la pietra filosofale. E' stato a questo punto che Canseliet ha fallito, a causa delle condizioni " esterne " sfavorevoli.

Il regolo Marziale

Questa via necessita di più di qualche giorno per essere completata. Solo un'alchimista molto preperato riuscirà almeno fino alle aquile, che corrispondono alla seconda Opera. Noi siamo riusciti a progredire molto, possiamo parlare anche sulla base di un'esperienza personale. È il momento in cui all'artista occorre la conoscenza per potersi servire dello sfavillio cosmico rappresentato molto bene nella quarta tavola del Mutus Liber, le emissioni leggere polarizzate della luna, dal suo primo quarto fino alla luna piena.

La via degli amalgami. E' stata la via seguita da Filalete e da Flamel. Possiamo trovarne la relativa descrizione sia ne L'Entrata Aperta al Palazzo Chiuso del Re per Filalete, che altrettanto bene ne Il Breviario o ne Il Testamento di Flamel. Un riassunto della via seguita da Filalete può essere reperito ne Dell'invenzione del Perfetto Magistero, al capitolo XI ,che vi raccomando di leggere molto attentamente. Nei paragrafi X, XI e XIII è scritto: «Così il cielo e' stato nuvoloso per un certo periodo di tempo; ma dopo le piogge abbondanti, ha ritrovato la sua serenità.» «Da li estrassero un Mercurio Ermafrodita. Lo misero sul fuoco e lo coagularono in breve tempo; nella sua coagulazione trovarono il Sole e la Luna. «…E con loro gran stupore, ciò che era fisso in questo Mercurio diventò volatile, il corpo duro si rammolli', e ciò che era coagulato si sciolse, con sorpresa della natura medesima.» Secondo noi, questo brano descrive l'altra via di accesso di Filalete, che è una via di accesso umida, a cui occorre tuttavia un regolo marziale per preparare il mercurio filosofico. Questo mercurio, una volta cotto in un recipiente chiuso, diventa intrinsecamente il sole o la luna, cioe' lo zolfo filosofico che, con l'aggiunta di nuovo mercurio, vi permetterà di proseguire il vostro lavoro. Ma invece di far cuocere intrinsecamente il mercurio per trasformarlo in zolfo, e' possibile aggiungergli dell'oro metallico e si può continuare il lavoro, come spiegato dal Maestro. È la nostra comprensione di Filalete nr. XXIII. Nel testo Il Midollo dell'alchimia, il Maestro descrive allegoricamente la preparazione del mercurio filosofico e delle modalita' di accesso completo alla sua via. È descritta anche in un piccolo trattato intitolato Esperimenti. La preparazione di questo mercurio filosofico è ottenuta tramite la fusione del regolo marziale trasformato in regolo solare o lunare nella fusione con uno di questi metalli nobili. È solamente in questo modo che potra' essere fuso con il mercurio comune. Questa amalgama è quindi distillata in una storta d'acciaio fino a sette volte. Filalete chiama ciascuna di queste distillazioni un' "Aquila". Si dovrebbe prestare attenzione a non confondere questi ultimi con quella descritta nel nostro altro testo intitolato "Le Aquile". Questo piccolo trattato il cui titolo e' "Experiments" in francese le "Expériences", può essere trovato nel summenzionato libro La Tabla Redonda de Los Alquimistas, a pagina 299 ed anche nel nostro sito Web terravista e planeta.clix - in una traduzione portoghese ed inglese. Possediamo un facsimile di questi due piccoli trattati, scritto in inglese antico, che ci serve di supportto al testo principale di Filalete L'Entrata Aperta al Palazzo Chiuso del Re. Sono un aiuto prezioso per comprendere il lavoro del Maestro. Nel nostro sito Web "terravista" troverete una traduzione portoghese dall'originale del suddetto trattato "Experiments" ed anche un testo a proposito del lavoro di Filalete. Il lavoro El Compuesto de los Compuestos di Albertus Magnus in francese (Le Composé des Composés), indicato nel nel libro Siete Textos de Alquimia, di un autore anonimo, Kier editrice Buenos Aires, 1978 pagine 18-45 ed anche presso l'editrice Arché, Milano, Le Composé des Composés, presenta un inizio differente, nonostante sia anche un accesso alla via dell' amalgama. Comincia dalla sublimazione del mercurio, come potete vedere anche nel nostro sito Web terravista , nei testi il cui titolo e' "Sublimazione del mercurio", "Le aquile", il "Nostro Oro" e "Composto dos Compostos ". Anche questo testo e' stato tradotto in portoghese. Via Umida. La via di accesso umido, è considerata dai Maestri la più nobile fra tutte; utilizza come materia prima il cinabro ed il vetriolo. La maggioranza delle vie umide necessitano abitualmente di tempi assai lunghi, ma la via di Kamala Jnana, per quanto possa sembrare incredibile, non prende che 28 giorni.

Il Drago Rosso

Queste due vie di accesso sono completamente distinte. La via del cinabro è descritta con gran dettaglio nel Dictionnaire de Philosophie Alchimique, Kamala Jnana, Éditions G. Charlet, Argentiére (H.S) France, 1961. Nel nostro sito Web - terravista e geocities - potete trovare alcuni scritti su questa via coi legami concernenti le materie reali, non solo la materia prima, ma anche riguardanti il fuoco segreto. Per questo motivo alcuni artisti ci hanno accusati di essere eccessivamente caritatevoli, per l'unicità di una rappresentazione chiara di queste materie sulla rete internazionale ed in piu' lingue. Questo non l'accettiamo. La via di Kamala Jnana può sembrare a prima vista estremamente semplice, ma non è così. Nella pratica, abbiamo trovato delle difficoltà insormontabili, nonostante la nostra prolungata esperienza, in campo alchemico. Non solo noi, ma anche altri artisti assai esperti, hanno incontrato le medesime difficoltà. Continueremo, senza interrompere questo compito con nostri fratelli per giungere alla risoluzione di questo problema. Un'altra via di accesso umido, generalmente conosciuta, è la via del vetriolo. Questa è descritta ne Le Dernier Testament di Basilio Valentino, Retz, Paris, Troisième Livre.

Il Vetriolo Naturale

Nel nostro libro A Grande Obra Alquímica, di cui presto sara' disponibile anche la versione italiana, oltre alla francese, descriviamo questa via con numerosi dettagli. Ma per non lasciare alcun dubbio ,citiamo adesso alcuni passaggi del testo principale L'Ultimo Testamento, in cui a pagina 234, riferito alla materia vi e' scritto : «Occorre ora che tu apprenda che tale anima o zolfo aureo, tale sale e tale spirito, si trovano piu' forti e virtuosi in Marte e Venere, altrettanto bene che nel vitriolo e sia che Marte e Venere possono essere riportati e ridotti, come per regressione, in un vetriolo molto virtuoso ed efficace, nel quale vitriolo metallico si trovano ora sotto un cielo i tre principi suddetti, cioe' mercurio, zolfo e sale; e ciascuno di questi in particolare si può estrarre ed ottenere con poca pena ed in breve tempo, come potrai udire quando fra breve esporro' un conciso racconto riguardante un vetriolo minerale che si trova in Ungheria, assai bello e di alto grado.» Ed a pagina 238: «Quando avrai scoperto un minerale di una tale e così alta gradazione e che sia ben netto e ben purificato, quel che si chiama, come ho detto vetriolo, prega Dio che ti dia l'intelligenza e la saggezza per continuare il tuo disegno. E, dopo averlo calcinato, mettilo in una storta robusta e ben chiusa . Fallo distillare, prima con

fuoco dolce, poi a più fuoco piu' forte. Distilla lentamente lo spirito bianco come neve, che si presentera' con forma di un'orribile e spaventosa esalazione, o vento, finché non se presenti piu' nulla, fino a quando sia uscito tutto. Osserva che in questo vento, o spirito bianco, sono nascosti e rinchiusi tutti e tre i principi…E per questo, non è assolutamente necessario ricercare questi principi nelle cose preziose. Alla fine del Terzo libro, alla pagina 262, Basile Valentin, rivolgensodi ai soffiatori, dice: «Ah! Dio eterno! Cosa pensano o possono ben pensare quelle persone, che sono cieche ed insensate? Ehi! È un lavoro assolutamente facile, anche per un bambino. L' uno proviene e proceda dall'altro, come il buon grano che infine si può cuocere facilmente in pane. Ma il mondo è cieco e tale sarà fino alla fine. Così voglio astenermi dallo scrivere oltre e ti raccomando al Sovrano. Rubellus Petrinus

http://www.gianfrancobertagni.it/materiali/zolla/androgino.htm Il brano che segue di Elemire ZOLLA, "The Androgyne reconciliation of male and female", New York, Crossroad, Thames and Hudson ltd, Londra 1981, è stato tratto da "ANDROGINO" a cura di A. Faivre e F. Tristan, editrice ECIG, a cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.

L’Androgino di

Alchemico Elémire

Zolla

Ermete Trismegisto, il leggendario fondatore dell’alchimia, addita il mistero primordiale della natura, il principio del fuoco, che avvolge nella sua quadruplice fiamma gli opposti essenziali: sole e luna, maschio e femmina, zolfo e mercurio , che danno luogo all’unità androgina in ogni atto di concezione e nascita in natura. Essi circondano la terra concentrando su di essa le influenze astrali, e nel centro della terra si combinano in un triangolo, o piuttosto, tridimensionalmente, in una piramide, che è la forma del cristallo di sale (sia dei sali marini, sia degli allumi minerali, femminili). Il lato destro del triangolo corrisponde al principio sulfureo maschile, il lato sinistro al principio mercuriale femminile e la base del triangolo al principio salino. La figura contenuta all’interno allude alla quadratura del cerchio, simbolo dell’androginia. La progressione va perciò dal triangolo al quadrato e infine al cerchio. La natura opera nello stesso modo in tutti e tre i regni, quello aereo, quello vegetale e animale, e quello minerale, perché in ciascuno di essi l’armonia deriva dallo stesso accoppiamento di opposti, dalla stessa congiunzione dei principi solare e lunare . La congiunzione può essere raffigurata da un serpente (la natura) con la testa di leone (che divora il fuoco e la putrefazione) e la coda a forma di testa d’aquila (volatilità), nell’atto di estrarre da se stesso l’invisibile e impalpabile rugiada interna che dà compattezza agli elementi più sottili del corpo. In essa è racchiuso il potere del sole e della luna, che il serpente stringe fra le sue spire . Il processo è triplice. Esso inizia con una fase androgina embrionale che, nel caso dei metalli, corrisponde all’impregnazione di un terreno nitroso e salino da una parte di un vapore corrosivo e acre (Zolfo e Mercurio). I due principi vengono raccolti insieme dalla luce solare che penetra nel terreno sotto forma di rugiada. La stessa rugiada che nutre la vita delle piante attiva questo processo di volatilità sotterranea. Il prodotto è detto "materia prima", o "Rebis", o "Androgino di Fuoco" (poiché entrambi i principi sono acri e brucianti), o "Adamo" (poiché entrambi sono il principio primo della generazione nel mondo minerale). Isaac Newton preferiva chiamarlo "Caos". Paracelso, scherzando, lo chiamava l’"Albero-con-la-Mela" o "Seme Ragazza (sale) e Polpa Ragazzo (zolfo)" (il re e la regina accanto all’albero). La polpa col tempo marcirà o brucerà, per essere infine ricreata della sostanza della Ragazza (le lune). La radice di questo processo viene spesso indicata come il Drago Velenoso. Nell’Androgino vediamo una nuvola di teste caprine, dalle cui barbe si innalzano un ragazzo e una ragazza che si avvolgono a spirale intorno alle gambe dello stesso. Tale significato simbolico viene associato alla capra in India, dove la parola aja ("capra" in sanscrito) significa anche "non ancora nato" e dunque "natura" (che sottoterra è fetida e ribollente). Perché non è possibile identificare questa sostanza con un unico nome? Perché essa non è necessariamente cinabro, o antimonio solforato, o alcun’altra sostanza in quanto tale. Cercare l’equivalente chimico dell’Androgino di Fuoco è dar la caccia ai fantasmi. L’androgino è una situazione globale, che "accade" quando il principio della luce, del sole e della luna, viene catturato da un terreno aspro e velenoso e comincia a fermentare. Nella seconda fase entrano in opera i vapori di salnitro, che corrodono e affinano l’androgino. L’androgino ora gonfia la terra e soffia via i vapori che l’hanno penetrata, purificandoli nel corso del processo e rendendoli fluidi. Questa fase viene detta il "bagno dell’androgino" o della coppia regale. Essa è seguita dalla terza e ultima fase, in cui dal marasma emerge una pasta vitrea e viscosa, detta la "Pietra dei Filosofi", o la "Perla", o l’"Occhio del Pesce", o il "Primo Magnete", perché attrae dal terreno circostante tutto ciò di cui abbisogna. Gli alchimisti danno alla sostanza che compatta i principi femminile e maschile in natura il nome di "resina", e ritengono che essa sia la forma energizzata del principio sulfureo. August Strindberg, nel suo trattato Antibarbarus (Berlino, 1894), descrive come individuare la resina nella trementina, nella guttaperca, nello zolfo comune riscaldato in una padella, e nell’oro nascente. La resina è semplicemente la

dimostrazione di una perfetta amalgamazione dell’androgino, che dà luogo alla pura essenza fluida dell’oro (non si tratta dell’oro comune, che non è altro che la traccia nella materia inerte di una perfetta amalgamazione resinosa androgina). La figura tratta da Urbigerus mostra la sostanza androgina a sinistra nella sua prima fase, e a destra nella sua seconda fase dopo un bagno in quella che sembra essere resina che cola da un buco dell’albero (l’analogo dell’albero della vita nel mondo dei metalli). Il buco dell’albero può essere rappresentato anche come un leone verde che morde il sole, specialmente quando l’opera di trasformazione è compiuta sul regulus di antimonio. I vapori dell’androgino vengono raccolti allo stato fluido da una fornace in cui sono riprodotte le condizioni della seconda fase. Il processo è raffigurato da un uomo fiammeggiante (il minerale) e da una donna che addita il leone e il sole simbolici, e paragona l’estrazione dei fluidi all’ascesa della linfa in un albero. La terza fase può essere rappresentata dalla nuova sostanza che riposa in grembo alla madre, da un embrione che gonfia il ventre dell’androgino dopo le abluzioni della seconda fase , o da un figlio androgino . Si fornisce un’immagine globale della visione alchemica dell’operato della natura, sotto forma di due processi principali: a sinistra la calcinazione dei corpi e a destra la distillazione delle essenze (anime e spiriti). Ciò vale per tutti i regni naturali, ma è particolarmente facile da illustrare nel caso di una pianta. Gli oli eterici sono l’anima solare (zolfo) della pianta, l’alcol ne è lo spirito lunare (Mercurius). Questi due principi sono mostrati come maschio e femmina che entrano nella caverna di Ermes accompagnati dai loro leoni. La pianta viene schiacciata, gli oli vengono separati e gli spiriti vengono distillati in una storta (il pellicano). I vapori che s’innalzano sono rappresentati da un’aquila in volo verso il cielo, che li porta negli artigli come mondo dell’anima e mondo dello spirito. Nell’alto dei cieli, nella fase finale dell’opera, essi si fondono e formano la Colomba dell’amore perfetto. Alla sinistra dell’albero della vita, il residuo oscuro della pianta, che resta sul fondo dell’alambicco (il corvo), viene cotto dal fuoco di marte, U, finché perde il proprio carattere plumbeo (il segno di Saturno W) e acquista una sfumatura di stagno (il segno di Giove V) il colore argenteo della cenere (il cigno bianco). Le ceneri sono trattate con resine e fuoco, finché il loro sale libera la propria "umidità radicale" (come avviene per le ceneri usate nella produzione del vetro). Questa è rappresentata dal pavone con la coda costellata di occhi, e in maniera ancor più appropriata dalla Fenice, che si nutre di resine e si brucia per poter rinascere. La Fenice risorge dalle proprie ceneri portando negli artigli due mondi (la terra e il fuoco del processo) e, nella fase finale che ha luogo nell’alto dei cieli, diviene il puro agnello del sacrificio. Qui il corpo calcinato (la Fenice morta) viene saturato dalla tintura fluida (la Colomba morta), finché le due essenze si fondono nella Pietra della Pianta (la Pietra Filosofale), che è la pianta nella sua forma più pura ed essenziale. Shakespeare scrisse una poesia su questo tema, The Phoenix and the Turtle (La Fenice e la Colomba), in onore dei due uccelli morti e divenuti un’unica essenza. Un disegno indiano allude all’eterno processo di androginizzazione vivificante che avviene nell’atmosfera, mostrandoci il congiungimento a mezz’aria dell’acqua e del fuoco. Secondo l’alchimia, l’umidità terrestre, sospesa nell’aria e impregnata dei raggi della luna, si scioglie nei raggi del sole dando vita a due essenze androgine sottili: Mercurius, l’essenza delle trasmutazioni, e il sale, agente della fissazione. Insieme, dopo aver dato vita alle piante sotto forma di rugiada, esse penetrano nella terra, dove diventano il seme dei metalli. Vale la pena di notare che il fuoco e l’acqua nel disegno hanno otto braccia: la fusione può avvenire solo tramite un doppio incrocio. In una società stabile i matrimoni incrociati fra cugini tendono ad essere istituzionalizzati, e corrispondono al passaggio di un’affermazione superficiale dell’androginia a una più radicale e totale. Ciò spiega forse anche perché l’anomalia dei gemelli siamesi ermafroditi, con i loro doppi organi sessuali in ordine scambiato, non è del tutto sgradevole all’occhio. Anche l’immagine rinascimentale dell’androginizzazione c’insegna la fusione tramite incrocio . La reciproca bramosia dei due opposti (simboleggiata dal cane) genera una spirale (rappresentata dalle spire del serpente, dalla catena tirata in direzioni opposte dai due cupidi e dal motivo delle viti avvolte sui loro sostegni nello sfondo). Ciò è possibile perché, mentre la spinta solare, raffigurata dai piedi alati dell’uomo, mantiene il maschio contratto nello sforzo (a ciò allude l’uccello con le ali chiuse che la donna innalza sopra la sua testa), la donna diviene volatile (com’è indicato dall’uccello con le ali spiegate che l’uomo regge sopra la testa di lei). La fusione androgina s’innalza a spirale solo in presenza di correnti incrociate, proprio come avviene per l’effettivo chiasma dei nervi ottici nel cervello. C. G. Jung ha sottolineato che in ogni intimo incontro fra un uomo e una donna vi è sempre uno scambio incrociato, che coinvolge l’uomo e la sua anima femminile, Anima, da una parte, e la donna e la sua anima maschile, Animus, dall’altra. La Brhadaranyaka Upanishad (IV.3.21) dice che "come nelle braccia di una donna amata perdiamo ogni distinzione fra l’esterno e l’interno, così l’essere umano (purusha) abbracciato dall’assoluto onniscente (prajnatmana) è soddisfatto in ogni suo desiderio (kama); solo il desiderio dell’assoluto persiste, ogni altro sparisce, così come sparisce ogni dolore".

La rappresentazione simbolica del matrimonio in Picta poesis di Barthélemy Aneau ci mostra quanto queste idee fossero vive nel Rinascimento europeo. Il marito e la moglie sono uniti da un nodo d’amore e si fondono nell’albero della vita, che è rappresentato anche dalla croce che essi formano con le braccia (Mosè e il satiro, sullo sfondo, rappresentano forse il controllo e gli impulsi, la Legge e la Natura). D. Cheney ha notato che la scena assomiglia all’incontro fra Amoret e il marito (che ci ricordano Salmacide ed Ermafrodito) in La regina delle fate di Edmund Spenser (libro III, ed. 1590). Britomart li osserva, "per metà invidioso della loro beatitudine" e "molto toccato dai loro spiriti gentili": per metà Mosè approvante, per metà satiro adocchiante, ovvero, nel linguaggio di Spenser, in parte devoto di Diana, in parte donna tentata da Venere. La fusione perfetta era simboleggiata dall’amore fra Ermes e Afrodite , dal quale nacque Ermafrodito. Michael Mayer commenta la stampa dicendo che Ermafrodito corrisponde al Parnaso, la montagna dalla doppia vetta dove Apollo soggiorna con le Muse e attraverso la quale passa l’asse del mondo. Ciò suggerisce la colonna vertebrale dell’Uomo Cosmico e il serpente Kundalini che snoda in essa le sue spire. Queste correlazioni fra unione sessuale ed essenza del cosmo in Occidente sono evocate solo tramite velate allusioni in trattati alchemici, come appunto quello di Mayer, ma nei templi dell’induismo esse erano insegnate apertamente. Su un’incisione , Alberto Magno, maestro di Tommaso d’Aquino, indica un androgino che regge una Y. Alberto, ci dice il testo, rappresenta qui la suprema autorità sia spirituale sia temporale. La Y, come insegna Filone, è simbolo del Verbo che penetra l’essenza di tutti gli esseri. Gli gnostici Naasseni insegnarono che esso rappresenta l’intima natura dell’essere, che è insieme maschile e femminile e, in quanto tale, eterna. Il globo di Khunrath rappresenta simbolicamente gli insegnamenti fondamentali dell’alchimia. Centro ed essenza della terra è il Caos, che qui appare come androgino (Rebis) che combina contrazione ed espansione, femminile e maschile in una spirale unificata. Esso è la forza creatrice della realtà. Gli opposti vengono agganciati e messi in movimento dall’essenza della luce, che prende la forma del principio della Salinità, di una bruciante acredine nelle viscere della terra. La spirale dell’androgino attivato produce la "Coda di Pavone" o "Arcobaleno": materia fecondata ed energizzata, pronta a generare il seme dei corpi minerali e vegetali. L’applicazione pratica di questa teoria viene suggerita dall’immagine dell’androgino sul fuoco . La materia prima androgina del regno minerale giace in uno stato di latenza, sotto un sole eclissato e una luna nuova. Per risvegliarsi e crescere, per ricevere i raggi invisibili del sole e della luna, e per trasformarsi in un seme minerale, l’androgino richiede il fuoco della fermentazione. Questo è il precetto generale. Nell’effettiva preparazione dei farmaci alchemici ciò significa che due sostanze opposte, come il mercurio e lo zolfo, devono venir saturate con certi succhi e poi macinate fino a formare una polvere nera e fine. Tale polvere viene racchiusa in un vaso sigillato e riscaldata a fuoco lento finché fermenta. In questa stampa i corpi congiunti rappresentano le due sostanze, l’oscurità che li circonda è il vaso alchemico, la graticola il "calore di fermentazione" necessario perché la trasformazione possa avvenire. Ancora oggi è possibile vedere questo processo in atto in ogni laboratorio per la produzione di medicine ayurvediche in India. Gli addetti praticano di quando in quando un’apertura nel recipiente per esaminare il grado di trasformazione delle sostanze in esso contenute, indicato dai cambiamenti di colore. Nei testi alchemici occidentali questa fase del processo è simboleggiata dalla Coda di Pavone che si dispiega sopra l’androgino. Per il mistico, ciò che accade nel recipiente sigillato è la Genesi stessa in scala ridotta. Il processo fu visualizzato in questi termini da Jacob Boehmen in Von der Gnadenwahl (1623): "Adamo, rivestito della suprema Gloria, né uomo né donna, bensì entrambi, temperato con entrambe le tinture, sia come Matrice Celeste nel fuoco procreatore dell’amore, sia come Mascolinità affine al fuoco essenziale" (5:35). Il processo alchemico di fusione tramite fermentazione è qui rappresentato da un re e una regina che giacciono fianco a fianco, con le loro anime che si librano sopra i corpi nudi . Il fine del processo è lo stesso che si proponevano le coppie di asceti del cristianesimo primitivo: liberare i principi che animano l’essere umano tramite fermentazione e fusione dei corpi sottili. La materia prima androgina è rappresentata sopra un’urna, le cui quattro sezioni rappresentano i quattro elementi. Le ali ne denotano l’incipiente volatilità, dovuta alla reazione che coinvolge l’energia solare, centripeta, e l’energia lunare, centrifuga (il re e la regina), in un processo spirale di fermentazione. Riassumendo il simbolismo del disegno: i principi solare Q e lunare R, compenetrandosi sopra la croce degli elementi + , formano il segno di Mercurio S con le ali della volatilità rivolte verso l’alto. Le illustrazioni dei testi alchemici ci indicano come gli alchimisti interpretassero l’operato segreto della natura. Questo va dalla fase di ingiallimento (citrinitas) della materia prima alchemica o Uovo Filosofico al regulus ("reuccio") di antimonio. Il regulus è il metallo purificato per riduzione, che si deposita sul fondo del

crogiolo. Il regulus stellare di antimonio è noto per la facilità con cui si combina con l’oro. Il disegno alchemico ne riproduce la struttura, associandola allo spirito dell’oro che anima il regulus a livello sottile, rappresentato dai movimenti del serpente. La forma a stella del regulus di antimonio evoca la stella Regulus, situata nel cuore della costellazione del Leone. È perciò forse l’antimonio il leone, il re dei metalli? Isaac Newton lavorò con il regulus di antimonio, confidando che esso contenesse un forte principio sulfureo, lo Zolfo Filosofico. Lo mescolò con l’argento, ottenendo una massa plumbea che egli ritenne essere una materia prima androgina. A questa massa aggiunse mercurio, affinché estraesse dall’aria Mercurius, lo spirito liberamente fluttuante di ogni trasmutazione. Newton si attenne scrupolosamente alle criptiche istruzioni dei testi: "dovrai passare attraverso il ferro", "il ferro era presente nel minerale grezzo originario", "dovrai usare un magnete". Mediante una coppa di antimonio è possibile preparare un farmaco in quantità illimitata, semplicemente versando acqua nella coppa: l’antimonio, come un magnete, s’impregna delle influenze libere, vivificanti dell’aria. "Dovrai usare del piombo": Newton ottenne un Piombo Filosofico. Quando alla fine mescolò dell’oro al suo preparato, all’interno dei vasi sigillati posti sulla fiamma vide alberi ramificarsi, apparire e scomparire, e divampare colori iridescenti, che nel disegno alchemico sono rappresentati dai movimenti circolari del serpente. B.J.T. Dobbs (The Foundations of Newton’s Alchemy, or the Hunting of the Greene Lyon, Cambridge/New York, 1975) spiega l’esperienza di Newton dicendo che egli vide formarsi e dissolversi "composti intermetallici instabili". Gli alchimisti invece avrebbero descritto la stessa esperienza dicendo che Newton aveva lavato l’Androgino di Fuoco, il quale dispiegò quindi il suo "arcobaleno" o "Coda di Pavone". Unità:

la

nascita

e

il

serpente

William Blake diede voce a una tradizione diffusa e particolarmente viva presso gli alchimisti, immaginando che la materia visibile sia preceduta da una fermentazione invisibile, nel corso della quale il principio maschile della luce e del tempo ruota come una "spada fiammeggiante" entro il velo di neve e ghiaccio del principio femminile, che rappresenta l’essenza dello spazio. Il gelido velo o la solida crosta dell’aspetto femminile della materia primordiale costituisce l’aspetto visibile del reale, l’illusione cosmica o maya. Tutto ciò può essere rappresentato come un uovo, il cui tuorlo corrisponde al principio maschile del sole e del tempo (che altro non è che l’ombra gettata dal sole su un quadrante), mentre l’albume e il guscio visibile corrispondono al principio femminile dello spazio. Nel disegno alchemico l’uovo diventa il globo, l’albume la polpa vegetale, il tuorlo il sole, raffigurato qui come la testa maschile dell’androgino, i cui piedi femminili sono immersi nell’elemento acqua, in fondo alla valle, o utero, situata fra le due colline del fuoco (la salamandra) e dell’aria (le aquile). L’Uomo Cosmico appare come il bambino, replica del globo androgino . La stampa di Blake tratta da For the Children: The Gates of Paradise (Per i bambini: le Porte del Paradiso), ci mostra l’Uomo Cosmico o Uomo Eterno come Eros alato che esce dal guscio dell’uovo, riecheggiando la tradizione greca che vede in Eros il dio dell’origine della vita . Blake gli mette in bocca queste parole: "I When He Some And

rent

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"Io lo incontra Colà altri

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where

che

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Dead his the Garment with

avvolge nella

entrando sua Salvatore nella un Abito Maschile, tessuti con

i

dwell: Cave Grave. there, care". Morti: Caverna Tomba. Femminile, cura".

L’incontro con due serpenti accoppiati è presso molti popoli il più favorevole degli auguri. Nel mito di Tiresia un tale incontro segna l’inizio del destino di androgino e veggente del protagonista. Nello yoga e nel tantrismo il motivo dei serpenti allacciati rappresenta il perfetto equilibrio delle energie interne. Formicolii della spina dorsale, serpenti eretti e falli in erezione sono fenomeni imparentati fra di loro. Una nota acuta produce un brivido lungo la spina dorsale; e una melodia che si snoda a spirale, suonata da un flauto, ritmata da un tamburo o ballata da agili e leggiadre membra, fa alzare sia i serpenti sia i falli. La

particolare e completa estasi dell’androginia è simboleggiata dal caduceo che, in quanto rappresentazione dell’accoppiamento di serpenti, denota la corrispondenza, sezione per sezione, dell’essere androgino con il cosmo. Nella tradizione occidentale, Giordano Bruno, in De immenso et innumerabili (VI,5), descrive la compenetrazione di serpenti accoppiati come emblema dell’amplesso fra il Sole-Dioniso e la Terra-Cerere. I raggi solari, egli dice, penetrano nell’utero dell’umidità terrestre per raggiungere eternamente il femore stesso della madre cosmica. Il femore è l’osso con cui si fanno i flauti. Entrare in rapporto con questo nucleo della vita cosmica è il fine dell’adepto, sia come alchimista sia come mistico. L’adepto s’identifica con Mercurio, il fluido principio androgino della realtà. Mercurio dapprima è assopito e si astrae dal mondo della veglia per sognare i giusti sogni . Il suo corpo sottile emerge dal suo inguine come un caduceo (indicazione anche del sonno REM, in cui si producono erezioni). Sopra di lui aleggia il principio della luce e del calore. Nella fase successiva lo vediamo incoronato, con il caduceo perpendicolarmente eretto che va a toccare il centro del cuore, dove il sole e la luna si congiungono androginamente. Un piede poggia sulla terra, l’altro sul fuoco. Nella terza immagine la trasformazione è compiuta: Mercurio è ora il perfetto androgino e regge il globo imperiale nella mano sinistra e il caduceo nella destra. Il caduceo è ora esternato e conferisce armonia non solo all’uomo interiore, ma anche al mondo esterno. Saturno e la Luna, Giove e Mercurio, Marte e Venere si fondono finalmente l’uno nell’altro e tutti insieme in un’unità, e Mercurio li porta, come un mazzo di fiori, dentro le viscere della terra, dove diverranno le anime rispettivamente del piombo e dell’argento, dello stagno e del mercurio, del ferro e del rame, formando una spirale che culmina nell’oro solare . Il Mercurio di Agostino di Duccio ci appare all’apice del suo potere. I dettagli di questa immagine devono essere stati suggeriti dagli ermetici che si erano raccolti alla corte di Sigismondo Malatesta. Le stelle sullo sfondo alludono all’armonia delle sfere; il bastone magico guida le anime nella discesa e nella risalita dalle profondità della terra; il gallo della vigilanza è appollaiato sul piede sinistro; il cappello conico della magia s’innalza verso il cielo sul capo dell’androgino, e le nubi che gli fluttuano intorno alle ginocchia suggeriscono, come ha osservato Adrian Stokes (The Stones of Rimini) il moto elicoidale di un vortice che s’innalza. Il piede destro, maschile, poggia sulla roccia con cui è possibile accendere il fuoco, mentre il piede sinistro, femminile, è immerso nelle femminili acque. La saggezza, in greco sophia, rappresenta il legame fra l’Unità Divina e gli archetipi ideali della Creazione. Certi teologi russi hanno ravvisato in Santa Sofia la Quarta Persona di Dio. Come esperienza di vita, in tutta la storia del cristianesimo, dai primi gnostici ai recenti sofianisti russi, Sofia rappresenta lo struggente desiderio di una pace e di una grazia oltremondane, simile, secondo il tradizionale paragone degli gnostici, all’indefinibile nostalgia provata dal figlio di un re che vive, ignaro delle sue origini, in povertà. Teologicamente Sofia è lo specchio di Dio e, nel contempo, lo specchio della pura consapevolezza per gli uomini. Essa è femmina in rapporto a Dio, ma androgino in rapporto all’umanità. Vladimir Solovev, il grande sofianista russo dell’Ottocento che evocò Sofia come sfida allo Spirito dell’Umanità del pensiero positivista, vedeva la mascolinità di Sofia manifestarsi in Gesù e la sua femminilità in Maria. L’immagine di Sofia compare a Novgorod nel Mille, ma può forse provenire da Bisanzio. Il suo aspetto infuocato deriva forse dalle descrizioni dell’Arcangelo Purpureo della Suprema Illuminazione contenute negli scritti dei neoplatonici persiani. Nella mano sinistra tiene il caduceo e con la mano destra si stringe al seno una pergamena contenente i segreti esoterici. Alla sua destra è la Vergine incinta del Bambino, alla sua sinistra san Giovanni Battista. Questi due assistenti, i due canali che trasmettono la sua influenza al livello della effettiva manifestazione, sottolineano entrambi la trascendenza delle divisioni sessuali . L’androgino, o Rebis alchemica, è alato come Sofia ed è in tal senso una personificazione della saggezza cosmica. Un’ala è rossa e l’altra bianca, a indicare gli spiriti dell’oro e dell’argento, del sole e della luna, del sangue e del latte del corpo vivente della natura. Indossa un abito nero bordato di giallo, che suggerisce il nero della materia prima androgina in cui tuttavia sono presenti in potenza le correnti della vita metallica aurea. Il verde del paesaggio è il prodotto della mescolanza dei colori di Rebis. Egli/ella regge con la mano destra un cristallo, in cui i suoi colori appaiono in successione convergente al centro, dove va collocato l’uovo o seme minerale che l’Androgino porta nella mano sinistra, lunare. Secondo la teoria alchemica, lo spirito lunare agirà nell’uovo, provocando la putrefazione della calce spenta della terra, fino ad attivare in essa il nucleo solare latente che risorgerà allora in un corpo cristallino vivo e capace di crescita, così come l’acredine del fuoco provoca la putrefazione delle morte ceneri e della sabbia in un fluido vivente che diviene infine vetro . Da: http://www.forumvirtuale.it/dualdd/zolla.htm

http://www.molecularlab.it/omgscience/?p=28 Anatomia di un atomo (e della sua roccia ermafrodita)

Qualcuno obietterà che l’alchimia non è una scienza. Ma è innegabile che furono proprio gli alchimisti a gettare le basi della chimica moderna, centinaia di anni fa. E a volte l’intreccio stretto tra la scienza e la pseudo-scienza del passato è talmente forte che i confini si mescolano, si fondono, e oggi non sappiamo più distinguere tra l’una e l’altra, oppure semplicemente non ci ricordiamo da dove provengono certe parole e certe scoperte. Questa è la storia di un sassolino ermafrodita, contenente antimonio, e del suo simbolo esoterico. Può una sostanza essere ermafrodita, essere cioè contemporaneamente maschio e femmina? Secondo gli alchimisti sì, se è composta da una parte “maschile” e da una parte “femminile”. Questo accade per esempio con la stibnite, un minerale composto da solfuro d’antimonio: è la forma più comune in cui l’antimonio si trova in natura, ed è formato da zolfo (il “maschio” della situazione) e da antimonio (la “femmina”). Lo so, sembra tutto poco scientifico, ma pazientate un pochino. Nonostante l’antimonio sia discretamente tossico, diverse donne dell’antichità lo usavano per truccarsi il volto, tanto che Plinio il Vecchio gli attribuiva tra i suoi tanti nomi anche quello di “platyophtalmos”, e cioè “largo occhio”, occhio ingrandito dal trucco per apparire più bello. Anche questo rafforza in qualche modo la femminilità dell’antimonio. Ma la cosa che più di tutte ha fatto diventare questa sostanza un vero e proprio emblema della donna è il suo simbolo alchemico.

questi sono tutti simboli che nel tempo hanno indicato l’antimonio. Ne avete riconosciuto qualcuno? Forse quello al centro, l’unico ad aver poi preso piede diventando il simbolo più usato, a volte anche nella variante rovesciata: -

Da qui il passo è stato via via più breve e, essendo l’antimonio “femmina”, non poteva che attribuire il proprio simbolo anche al pianeta femminile per eccellenza, Venere:

In seguito, c’è voluto davvero poco perché il simbolo universale per il sesso femminile diventasse quel cerchiolino con una piccola croce appoggiata sotto. E così, ogni volta che qualche genetista prova sulla carta gli incroci di certe specie animali, oppure quando un medico prende appunti per uno studio clinico sui suoi pazienti, c’è uno scienziato che scrive un simbolo alchemico senza sapere da dove viene, senza sapere perché è così. Senza sapere, in poche parole, che le radici della scienza a volte affondano nell’esoterico, a partire proprio dall’antimonio.

http://www.coscienza.org/_ArticoloDB1.asp?ID=409 In piena Roma c'è una Porta Magica Sul suo architrave è incisa una formula segreta che dicono serva per fabbricare l'oro. In questa zona, dove oggi c'è un mercato rionale, tre secoli fa sorgeva la villa del marchese Palombara, ostinato cultore di alchimia Di UMBERTO DI GRAZIA e ANDREA DE PASCALIS Roma, novembre, giardinetti di piazza Vittorio. Ad una dozzina di metri dal monumento ai caduti, seminascosta dalle baracchette del mercato rionale, tra cassette vuote e rifiuti, sopravvive una straordinaria testimonianza del gusto dell'uomo per l'arcano. E' una piccola porta murata. affiancata da due mostruose raffigurazioni del dio egizio Bes, guardiano dei templi ermetici. La chiamano "Porta Magica", ma di magico non ha nulla. Sui suoi stipiti e sull'architrave di pietra sono incisi strani segni e frasi sibilline, che nell'opinione popolare dovrebbero esprimere il segreto per fabbricare l’oro. Qualcuno, più informato, parla di contenuti filosofici, senza riuscire a spiegare di più. Le guide turistiche la citano puntualmente, vedendola come l'opera di un mattacchione di altri tempi desideroso di burlarsi della credulità altrui, Non è proprio così, naturalmente. Leggenda a parte, la Porta Magica ha una storia e significati tutti da scoprire. Nella zona oggi compresa tra piazza Vittorio e via Merulana sorgeva tre secoli fa Villa Palombara. Verso il 1680 ne era proprietario il marchese Massimiliano Palombara, personaggio in vista dell'aristocrazia capitolina, frequentatore dei salotti di Cristina di Svezia e cultore ostinato di al-chimia. Secondo la leggenda il marchese sarebbe stato protagonista di un fatto enigmatico. Un Pellegrino si sarebbe presentato alla sua porta e dicendosi certo che "l'Arte di far l’Oro" fosse cosa difficile ma non impossibile, si offri di darne una prova. Il Pellegrino si sarebbe fatto rinchiudere quindi nel laboratorio del padrone di casa, restandoci tutta la notte a lavorare sui fornelli. La mattina successiva il Palombara, recatosi dal misterioso ospite, avrebbe scoperto che questi era fuggito nottetempo da una finestra, lasciando per terra un crogiolo rovesciato da cui fuoriusciva una striscia di oro rappreso. Sul tavolo del laboratorio il Pellegrino aveva lasciato alcuni fogli

con su scritti simboli e frasi con i quali, evidentemente, intendeva comunicare in cifra a Massimiliano Palombara la chiave del procedimento di fabbricazione dell'oro. In ricordo dell'avvenimento simboli e frasi furono fatti incidere dal marchese alchimista, che non era riuscito ad interpretarli, sulle mura della Villa e tutt'intorno alla porticina dell'ingresso secondario. La speculazione edilizia succeduta alla breccia di Porta Pia ci ha tolto la possibilità di conoscere le iscrizioni di Villa Palombara, della quale si è salvata a stento la Porta Magica. Per nostra consolazione, parte delle scritte ci sono state conservate dalla testimonianza dell'abate Cancellieri, che all'inizio dell'8OO le trascrisse in un suo libro, sottolineando come ancora ai suoi giorni gli enigmi di Villa Palombara fossero meta di un incessante processione di poveri sciocchi, tutti illusi di riuscire a decifrarvi il segreto per fabbricare l'oro.

Sopra: particolare dell'architrave della porta dove sono ben visibili alcuni simboli alchemici

Il Cancellieri era certo un esperto di monumenti antichi, ma sapeva poco di alchimia, altrimenti non l'avrebbe identificata come l’"Arte di far l’Oro". Come si sta incominciando a comprendere da qualche tempo l'alchimia è stata molte cose insieme: un modo di esprimere il sacro, una via mistica, una filosofia della natura e solo parzialmente una scienza sperimentale tesa non a fabbricare l'oro ma ad impadronirsi dei principi che animano la materia. La pretesa delle trasmutazioni dei metalli vili in oro è nata un po' come una cortina fumogena ideata dai veri alchimisti per mettere fuori pista i profani.

Sotto: la porta magica con ai lati due raffigurazioni del dio Bes.

Ogni testo, ogni simbolo d'alchimia è come un rebus, in cui una piccola immagine, o un particolae insignificante può svilupparsi In un intero discorso. Le chiavi di interpretazione sono sempre almeno due: quella pratica, di laboratorio, e quella spirituale. Così è anche per la Pota Magica. Tanto per renderci conto di come stanno le cose, guardiamo una sola frase, quella incisa in alto sullo stipite di destra: Diameter spherae, Thau circuli, Crux orbis, non orbis prosunt. Ossia: il diametro della sfera, la Thau del cerchio, la croce del globo, non giovano ai ciechi. Un alchimista francese contemporaneo che si è occupato della Porta Magica sostiene che in questa frase è racchiuso il segreto del "soggetto iniziale", cioè della materia prima di mettere nel crogiuolo sul fornello. Proviamo a fare i delatori: il diametro della sfera è , simbolo del salnitro: la Thau del cerchio è O , simbolo del vetriolo, la croce del globo è ,simbolo dell'antimonio. Prima di correre tutti a comperare salnitro, vetriolo ed antimonio facciamo pero' attenzione all’ultima riga. L’iscrizione ammonisce che sapere tutto ciò non è d nessuna utilità se non si è un "vedente", cioè un iniziato. Questo

perché gli alchimisti usavano chiamare con il nome di un elemento o di un composto cose del tutto diverse da quell'elemento o da quel composto. L'antimonio degli alchimisti. in pratica, non è l'antimonio che noi conosciamo. Su cosa intendesse in realtà il marchese di Palombara con il suo indovinello possiamo solo tentare un ipotesi: il segreto del processo iniziale tanto caro agli alchimisti starebbe nel trattare un ossisolfuro d antimonio con sale tartrato. Lasciamo le fantasie di laboratorio e veniamo all'altra faccia dello specchio. L'alchimia è anche un fatto dello spirito. Su questo piano la strana iscrizione alluderebbe - ma anche qui il condizionale è d'obbligo - alle tre condizioni dello spirito da mettere in atto per avviare il procedimento di liberazione interiore, vera meta dell'alchimia. Il significato della Porta Magica non è tutto in questo gioco di enigmi. C'è qualcosa nel monumento ermetico di piazza Vittorio che lo rende ancora più degno di essere sottratto allo stato di abbandono in cui si trova. Quando il marchese di Palonibara fece incidere la Porta Magica nel 1680, l'alchimia aveva vissuto da poco una svolta importante .subendo l'influsso dei Rosacroce, i quali ne avevano accentuato l’ aspetto spirituale a detrimento di quello metallurgico, Nonostante tutte le sciocchezze dette e scritte sui Rosacroce, costoro non erano dei pazzi malati di magia. Studi recenti ne hanno messo In rilievo l'impegno riformista in campo religioso e politico. I Rosacroce, soprattutto. erano ferventi sostenitori della fede luterana ed auspicavano la fine del papato, considerato regno dell'Anticristo. La Porta Magica è la testimonianza sicura della penetrazione in Roma della filosofia rosacroce. Ne fa fede il frontone, che è l'esatta riproduzione dell'illustrazione di copertina dell’Aureum seculum redivivum, testo riformista rosacroce .Il marchese di Palombara diviene così un simpatizzante dei Rosacroce che esterna nella Porta la sua adesione ai principi della confraternita. Un monumento ispirato dalla Riforma nella Roma papalina del ‘600 era una beffa e una provocazione. Per fortuna del Palombara nessuno se ne accorse. Ma l'ineffabile marchese, non contento di affidare alla pietra, sotto gli occhi di tutti. le proprie simpatie ideologiche, aggiungeva beffa a beffa mettendo in giro la strana storia del Pellegrino misterioso. Storia completamente inventata ma sempre improntata a quel gusto dell'allegoria così caro agli alchimisti, Ciò che Massimiliano Palombara voleva dire con il suo racconto strampalato è in fondo assai semplice. "Stibeus" in greco è "il Pellegrino", "Stibium" chiamavano gli antichi l'ossisolfuro d'antimonio naturale: a far visita al laboratorio di Villa Palombara era stato soltanto l'Antimonio, o almeno il principio che gli alchimisti nascondevano dietro questo nome. Tra questo Pellegrino ed i pellegrini ansiosi d’oro che descrive il Cancellieri, la storia della Porta Magica diviene tutta una storia di pellegrinaggi. Pellegrinaggi che non sono ancora finiti, anzi si sono intensificati, cambiando solo carattere, Niente più figure misteriose, nessun alchimista in erba, solo vecchietti e garzoni di bottega che sotto gli occhi impassibili di Bes si esibiscono in un via vai frenetico per liberarsi la vescica contro gli stipiti ormai corrosi della Porta. Umberto Di Grazia e Andrea De Pascalis Articolo pubblicato su "Domenica del Corriere" del 21 novembre 1978

http://www.zen-it.com/ermes/studi/Dutriauxit.htm 1. Introduzione Quale motto di una serie di libri di fisica destinati agli allievi del liceo, campeggiava questo pensiero di Newton: «Noi attingiamo l’acqua dell’oceano con una conchiglia». Un tale invito alla modestia, di fronte all’immensità del compito da svolgere quando intraprendiamo lo studio delle leggi della natura, è evidentemente e perfettamente giustificato proprio all’inizio di un libro di fisica. Non so da quale opera di Newton sia stata tratta la citazione, ma si potrebbe pensare che il suo senso sia ben diverso da quello che gli abbiamo attribuito a prima vista, e perciò dovremo dire preventivamente qualcosa su Isaac Newton. Isaac Newton nacque nel 1642; figlio postumo di un piccolo proprietario terriero completamente illetterato, grazie ad uno zio può prepararsi all’ingresso al Trinity College di Cambridge dove viene accolto nel 1661. Dal 1665 al 1667 deve obbligatoriamente tornare nel suo villaggio natale in quanto la peste stava devastando Cambridge. Nel corso di questi due anni, al tempo ne aveva circa venticinque, scopre il calcolo infinitesimale, la scomposizione della luce e la legge matematica della gravitazione universale. Inizia a interessarsi d’alchimia e effettua i primi esperimenti intorno al 1668. Nel 1669 gli viene affidata la cattedra di Matematiche all’Università di Cambridge e pubblica progressivamente i risultati delle sue ricerche in campo matematico e fisico dal 1672 al 1684. Nel 1672 viene accolto quale membro della Royal Society (la sua cattedra è oggi occupata dal cosmologo S. Hawking). Nel 1696 viene nominato ispettore generale della Zecca e sappiamo dai documenti dell’epoca che, benché non gli fosse stato richiesto, effettuò in prima persona tutte le operazioni chimiche e fisiche allora impiegate. Non si dedicò altro che allo studio dell’alchimia, fino alla morte sopravvenuta nel 1726 all’età di 84 anni, avendo tutto il tempo di supervisionare le successive edizioni dei suoi trattati di matematica e fisica. I suoi appunti sull’alchimia non sono stati mai pubblicati in extenso; si stima che rappresentino il 70% del totale dei suoi scritti. Possiamo dunque affermare che Newton, anche se non era un alchimista, conosceva assai bene la materia! Sappiamo anche che era in possesso dei principali trattati d’alchimia circolanti all’epoca e che effettuò numerose esperienze; egli aveva dunque dimestichezza con tale tipo di linguaggio. È arrivato il momento di dire che fra i lavori necessari alla Grande Opera, l’adepto in alchimia deve incominciare con l’effettuare il viaggio a Compostella; alla sua conclusione il pellegrino alchimista riceve la conchiglia (o Mérelle) in cui potrà conservare l’acqua del mare ermetico. Non sarà questo che Newton cerca di comunicarci? Fin dalle origini l’alchimia, o scienza ermetica, utilizza discorsi a doppio senso per occultare le proprie cure; questo modo di procedere è conosciuto sotto il nome di diplomazia, o linguaggio diplomatico. Un testo contiene al tempo stesso un discorso essoterico, destinato al «grande pubblico», e un discorso esoterico, destinato agli iniziati. Il discorso essoterico, il cui senso è già figurato, ha qui un senso essenzialmente morale mentre il discorso esoterico è assai più prossimo a un certo concetto di retto senso evocante il processo operativo della Grande Opera. Orbene volete rimproverarmi di «forzare l’interpretazione» con lo scopo di difendere un tesi preconcetta: è vero! Ho appena applicato un processo ben conosciuto dagli alchimisti, e non solo da loro, grazie al quale certi antichi insegnamenti sono potuti sopravvivere fino ad oggi: partendo da una citazione interessante, ho cercato un’immagine presente nella vastissima letteratura simbolica alchemica, la più vicina possibile alla lettera della citazione, e da questo momento un doppio senso può essere facilmente attribuitole. Parimenti il verso di Florian che ho posto a capo di questa introduzione in sé non ha niente di ermetico ma è stato utilizzato tale e quale con un senso assai diverso in un trattato di alchimia contemporanea di cui avrò l’occasione di parlare 1. Ho il dovere ugualmente di farvi notare che, dato che Newton era un profondo conoscitore d’Alchimia, ed è veramente il minimo che si possa dire, non è impossibile che il mio piccolo gioco non abbia in sé una parte di verità. Il numero dei trattati d’alchimia conosciuti è assai considerevole: il catalogo di Borel e Lengley-Dufresnoy, apparso nel XVIII secolo ne riporta solo per la Francia più di seimila e il catalogo contemporaneo della collezione Ferguson ne riporta ventimila! Inoltre questi trattati sono piuttosto difficili a leggersi; prendiamo nota dell’avvertimento dell’antico Filosofo Artefio: E invero, non si è a conoscenza che la nostra Arte è un’Arte cabalistica? E voglio significare che essa si rivela oralmente ed è piena di misteri; e saresti tu così ingenuo da credere che noi insegneremmo apertamente e chiaramente a te, povero idiota qual sei, il più importante di tutti i segreti e saresti tu altrettanto ingenuo da prendere le nostre parole alla lettera? T’assicuro in buona fede, dato che non sono assolutamente invidioso come gli altri Filosofi, t’assicuro che chi volesse spiegare quanto gli alchimisti han scritto secondo il senso letterale e comune delle parole si troverà impegnato in un labirinto dal quale non potrà mai liberarsi; la ragione di ciò risiede nel fatto che non possiede il filo d’Arianna che lo guidi verso l’uscita, oltre al fatto che qualsiasi spesa ch’egli affronti per lavorare sarà pertanto denaro perso. E allora come si deve dunque affrontare la lettura dei trattati d’Alchimia? René Alleau 2 ci suggerisce un atteggiamento ragionevole:

Per dare un esempio chiaro prendiamo il gioco degli scacchi di cui si conosce la relativa semplicità delle regole e dei pezzi così come l’infinita varietà delle combinazioni. Se si suppone che l’insieme dei trattati acroamatici 3 alchemici si presenta a noi come altrettante parti scritte in linguaggio convenzionale, bisogna ammettere per principio e con estrema onestà che ignoriamo completamente e le regole del gioco e l’algoritmo di cifra utilizzato. Altrimenti affermiamo che l’indicazione crittografica è composta da segni direttamente comprensibili da qualsiasi individuo, che è l’illusione immediata che deve provocare un crittogramma ben strutturato. Ma la prudenza ci consiglia di non lasciarci sedurre dalla tentazione di un senso chiaro e di studiare questi testi come se si trattasse di una lingua sconosciuta. René Alleau spiega successivamente che i messaggi contenuti in questi trattati sono dedicati prima di tutto agl’iniziati che sono gli unici capaci di apprezzarne il contenuto, ma aggiunge che sono altrettanto indirizzati agli «iniziabili», che a costo di notevoli sforzi perverranno a emergere dal labirinto ermetico a dispetto dell’assenza del filo d’Arianna. Quando ho trattato della frase di Newton non ho fatto altro che giocare con le parole; prima di tutto è mia intenzione destabilizzare totalmente il lettore fornendogli degli elementi che gli permettano di farsi un’opinione. Il lettore deve successivamente forgiare le proprie convinzioni, poco a poco, ed è là che si nasconde il trabocchetto teso dall’alchimista e dal quale pochi arrivano a trarsene fuori. È sempre facile partendo dagli elementi forniti dagli autori costruirsi un sistema di pensiero, credendo di riconoscere nozioni familiari; questo sistema di pensiero funziona allora in maniera autonoma e finisce per soddisfarsi in sé, cosa che impedisce allora a colui che impetra di accedere definitivamente a una conoscenza superiore. Prendiamo un semplice esempio dai due atteggiamenti estremi che possono generarsi dal mio discorso sulla conchiglia e l’oceano:  Atteggiamento scientifico: Newton è un genio della matematica e della fisica che sono scienze serie e affidabili. Le sue considerazioni alchimistiche mostrano che anche un genio soggiace a momenti di fatica e non bisogna tenerne conto. È per altro veramente scandaloso che qualcuno si permetta di esagerare attribuendo delle interpretazioni strampalate a pensieri in cui è evidente la base filosofica.  Atteggiamento dell’esoterista: La matematica e la fisica sono scienze disumane in quanto sono troppo riduttive. L’alchimia è assai più poetica e appartiene al dominio della spiritualità che è l’unica interessante. Lascio il pensiero scientifico agli scienziati freddi e calcolatori e me ne disinteresso completamente. È evidente che Newton era per altro un grande iniziato visto che era a conoscenza dei meravigliosi segreti degli alchimisti.

Nessuno dei due atteggiamenti è a mio parere valido. Newton studiò molto l’alchimia durante tutta la sua esistenza dedicandosi a numerosissime esperienze, confrontando senza posa le indicazioni dei trattati in suo possesso molti dei quali sono stati ricopiati di proprio pugno. Traendo spunto dai trattati più oscuri egli effettuava esperienze che conduceva con grande tenacia e meticolosità in particolare nella stagione primaverile e autunnale, secondo le testimonianze dei suoi contemporanei. Newton lavorava utilizzando una metodologia scientificamente assai rigorosa; considerava realmente i simboli degli alchimisti come fattori sconosciuti e si aspettava ogni volta che l’esperienza pratica determinasse l’unica fra le diverse ipotesi possibili. Il lettore si potrà rivolgere con profitto al saggio di Betty J. Teeter Dobbs 4. Saremmo dunque obbligati a numerosi anni di duro lavoro sperimentale per intraprendere il processo alchemico? Niente di tutto ciò: i testi alchemici non sono così impenetrabili come afferma René Alleau e le confidenze di qualche alchimista contemporaneo sono suscettibili di fornire delle tracce. Non ho chiaramente la pretesa di fornire una chiave d’interpretazione generale e definitiva che peraltro non esiste; non sono uno storico delle scienze e dunque non ci si aspetti da ciò che seguirà la strutturazione di un metodo storico rigoroso. Non ho assolutamente tentato di realizzare delle operazioni alchemiche in laboratorio e dunque non avrete un testimone oculare dei processi concernenti la Pietra Filosofale. Cercherò semplicemente di mostrarvi, tentando di avocarmi il punto di vista di un Alchimista tradizionale (cosa peraltro piuttosto pretenziosa da parte mia), come un reale insegnamento può essere trasmesso agli «iniziabili» per mezzo di opere, talune assai conosciute dal grande pubblico, rimanendo al tempo stesso del tutto invisibile al lettore sprovveduto. La mia trattazione sarà di parte e incompleta; dopo un breve excursus storico sull’Alchimia, esporrò qualche processo dell’insegnamento tradizionale, uno l’abbiamo già trattato, e qualcuna delle opere in cui si celano. Partendo da esempi semplici vedremo come un testo o un’immagine possono mostrare delle relazioni con il processo sperimentale specifico. Concluderemo questo studio trattando dello scopo reale dell’alchimia e delle sue relazioni con la scienza. 2. Breve tracciato storico sull’Alchimia

Questo paragrafo ha come solo scopo mostrare l’antichità e l’universalità dell’Alchimia e non pretende assolutamente d’essere esaustivo sotto alcun aspetto 5. Il primo testo cinese che fa riferimento all’alchimia (per condannare i contraffattori d’oro) risale all’anno 144 a.C.. È certo che i Greci si dedicarono all’alchimia, principalmente in Alessandria, anche se sfortunatamente i documenti originali sono scomparsi nel grande incendio della biblioteca. Il primo lavoro conosciuto risale al 300 d.C. ed è di Zosimo di Panopoli; fra gli alchimisti del periodo dobbiamo ricordare la leggendaria Maria l’Ebrea che avrebbe inventato molti processi di riscaldamento e di reazione chimica e dal cui nome proverrebbe il bagno-maria. L’alchimia è successivamente appannaggio principale degli Arabi, principalmente con Jabir ibn Hayyan, conosciuto in Europa col nome di Geber e membro di una comunità mistica praticante il sufismo. La sua presenza diventa ufficiale alla corte di Haroun al Rashid in Bagdad (che era al tempo, ricordiamolo, la più grande città al mondo); sappiamo che era amico personale del Gran Visir Jaffar ed è almeno curioso notare che questi sono i personaggi fondamentali delle Mille e una notte in cui alcuni racconti mostrano un carattere ermetico assai spiccato. Seguirono poi Razi e Avicenna: a partire da quel periodo il pensiero alchemico conquista la Spagna, in particolare Toledo, città dalla quale le conoscenze e le dottrine mediche e alchemiche dagli Arabi si irradiarono verso l’Occidente cristiano. Toledo fu riconquistata nel 1105, ma la popolazione musulmana era piuttosto numerosa e l’arabo rimase la lingua dominante. L’arcivescovo Raymond fondò nella città il grande collegio dei traduttori con l’obiettivo di consentire il transito delle conoscenze arabe verso l’Occidente. Le opere di Avicenna e di Geber erano particolarmente apprezzate, e con Alberto il Grande, Arnaldo da Vilalnova, Raimondo Lullo si avvia lo sviluppo dell’alchimia europea nel XIII secolo. Il più conosciuto degli alchimisti medievali è Nicolas Flamel, nato attorno al 1330 a Pontoise; a partire dal 1382 questo modesto pubblico scrivano poté acquistare più di trenta case ed erigere cappelle e ospedali. Morì nel 1389 e fu sepolto nella chiesa di St. Jacques de la Boucherie a Parigi (di cui oggi resta solo la Torre St. Jacques); furono celebrate messe per il riposo della sua anima fino al 1789! Il caso rimane piuttosto oscuro: Flamel afferma di essersi dedicato all’alchimia e di essere riuscito a ottenere la pietra filosofale, la sua immediata fortuna è storicamente comprovata e i trattati che egli scrisse o che gli sono stati attribuiti mostrano una notevolissima conoscenza delle dottrine e dei processi alchemici. Un altro grande nome fra gli alchimisti appare nel XVI secolo: si tratta di Basilio Valentino che ci ha lasciato due trattati estremamente interessanti: Le dodici chiavi della Filosofia e Il Carro trionfale dell’antimonio; mi limiterò a segnalare che in quest’ultimo trattato Basilio Valentino mostra quasi distrattamente che i pesci necessitano di aria per vivere, il che non era assolutamente evidente per l’epoca, e fu così fino al XVIII secolo. Il XVII secolo è teatro degli avvenimenti più sorprendenti: alcuni adepti decidono di provare agli occhi del mondo la realtà della trasmutazione dei metalli; percorrono perciò l’Europa effettuando delle trasmutazioni in vari paesi. La più famosa fu realizzata davanti a Helvetius, che ci ha lasciato una documentazione dettagliata troppo lungo da riportare in questa sede, ma che si trova citato in tutte le opere di diffusione sull’Alchimia come nel libro di Louis Figuier 6. Queste trasmutazioni colpiscono particolarmente per la precisione dei particolari riportati, anche se Louis Figuier, da spirito scientifico qual è, le rifiuta e si nota palesemente che le sue spiegazioni sono così stupefacenti come l’idea di trasmutazione può esserlo per la maggior parte delle persone. Lo sviluppo della chimica moderna nel XVIII e nel XIX secolo sotto l’influenza di Stahl (di cui si ridicolizza stupidamente in Francia l’enorme apporto e la profonda originalità) e di Lavoisier (il cui lavoro considerevole è più che valido senza ricorrere alla denigrazione dei suoi antecedenti) non ha affossato affatto l’alchimia. Nel XIX secolo appare un trattato molto interessante per la penna di Cyliani, che si dice fosse pervenuto alla realizzazione della Grande Opera nel 1831. Infine nel XX secolo appare in Francia il misterioso Fulcanelli, autore di due opere assolutamente notevoli: I misteri delle cattedrali pubblicato nel 1925, e Le dimore filosofali del 1929, ambedue pubblicate nuovamente da J. J. Pauvert. Eugène Canseliet, discepolo di Fulcanelli morto nel 1982, pubblica egualmente molti libri nel medesimo spirito del maestro. Ciò che balza agli occhi è il fatto che Fulcanelli (che pervenne alla realizzazione della pietra filosofale nel ’22 o nel 23) può essere ascritto fra i grandi alchimisti, e le sue opere sono le uniche in cui sia possibile trovare scritti alcuni degli insegnamenti acroamatici ricordati dall’Alleau. 3. Lettura di un trattato d’alchimia

3.1 La diplomazia Abbiamo visto nell’introduzione che il tema alchemico può essere dissimulato da un doppio senso attribuito a espressioni che presentano un carattere interpretativo filosofico immediato: è ciò che mostra la Statua della Signora Saggezza che orna il portale della Cattedrale di Notre Dame a Parigi. I libri che studiamo possono presentare un senso essoterico evidente, rappresentato dal libro aperto, e un senso esoterico accessibile solo a coloro che son capaci di leggere i libri chiusi, vale a dire codificati e perciò preclusi alla maggior parte dei comuni mortali. Ritroviamo questo linguaggio diplomatico nelle due interpretazioni che possiamo dare di una celebre incisione. Un esempio famoso di linguaggio diplomatico ci è dato da Nicolas Flamel; un intero saggio non basterebbe a esplicare il trattato di Flamel intitolato Il libro delle figure geroglifiche 7; mi limiterò a citare un passaggio essenziale di questo libro e l’inizio della notevole glossa di Fulcanelli 8. Leggiamo dapprima Flamel: Dunque a me, Nicolas Flamel, scrivano, che dopo il decesso dei miei genitori mi guadagnavo da vivere con la nostra Arte della scrittura, facendo inventari, redigendo bilanci e controllando le spese dei tutori e dei minori, capitò fra le mani, per la somma di due fiorini, un libro dorato assai antico e molto grande; non era in carta o in pergamena come gli altri, ma composto solo da sottili cortecce di teneri arboscelli, almeno così a me sembrava. La sua copertina era in rame ben polito, tutta incisa di lettere e di strane figure che secondo me potevano ben essere caratteri greci o d’altre antiche lingue. Tanto era che mi era impossibile leggerle ed erano affatto ignote, né lettere latine né galliche che conosciamo un po’. Quanto al contenuto, i fogli di corteccia erano incisi con grande maestria con una punta di ferro in precise lettere latine colorate. Esso conteneva tre volte sette fogli… Sul primo di essi era scritto in grandi lettere dorate: Abraham Ebreo, Principe, Sacerdote, Levita, Astrologo, Filosofo, al popolo degli Ebrei disperso dall’ira del Signore, ai Galli salute. E ora Fulcanelli: Ma abbiamo veramente bisogno di sottolineare la particolarità di un’opera costituita da siffatti elementi? … Ci vien detto che il testo è dorato benché la coperta sia di rame, il che non è spiegato con chiarezza. I fogli sono di corteccia di giovani alberi; Flamel vuol indicare senza tema di dubbio il papiro, che fornirebbe al libro una notevole antichità, ma queste cortecce invece di essere scritte o dipinte sono incise con una punta di ferro prima di essere colorate. Non comprendiamo proprio più nulla; come può il narratore essere a conoscenza che lo stilo di cui si servì Abraham era di ferro piuttosto che di legno o di avorio? Non riporterò il seguito, ma diciamo semplicemente che Fulcanelli rivela che la descrizione del libro corrisponde a quella del minerale che va prescelto per intraprendere la Grande Opera alchemica; materia che per il suo aspetto gli adepti indicano con il termine Liber, il libro. Per di più questo libro è rappresentato chiuso in quanto le opportune operazioni alchemiche non sono state realizzate sul soggetto dei Saggi. 3.2 La steganografia Il linguaggio diplomatico non è il procedimento maggiormente utilizzato in ermetismo in quanto non è possibile trovare simboli opportuni in corrispondenza di tutte le situazioni in cui può trovarsi l’Artista (nome che gli alchimisti si attribuiscono fra loro), , per il fatto stesso di essere ambiguo il processo non consente sempre di fornire indicazioni precise al lettore con il quale si cerca di comunicare. Gli ermetisti, e non solo loro, hanno preferito ricorrere a un altro processo che prende il nome di steganografia, termine che non ricorre nei normali dizionari e che si può tradurre con l’espressione «scrittura involuta». Esso si distingue dai classici processi di crittografia (scrittura occulta) dato che non è necessario ricorrere a un algoritmo di codifica più o meno complesso; è sufficiente ammantare un testo esoterico avvalendosi di un testo esoterico maggiormente interpretabile. Il «midollo sostanziale» di François Rabelais non è altro che una descrizione del processo:

Avete mai osservato un cane che trova un osso fornito di midollo? È proprio vero che questa è la bestia più filosofica al mondo, come disse Platone 9. Voi avete potuto osservare con quale devozione lo vigila, di quale cura lo circonda, con quale fervore lo conserva, con quanta prudenza lo sotterra, con quale trasporto lo rosicchia e con quanta diligenza lo succhia. Cosa lo induce a comportarsi così? Quale speranza ripone in tale comportamento? Quale beneficio desidera trarne? Nient’altro che un po’ di midollo. Sul suo esempio siate dunque saggi, per sfiorare, percepire e valutare appieno questi bellissimi libri di pelle grassa finissima… Poi, dopo frequenti meditazioni, rompere l’osso e suggere il midollo sostanziale, ovvero ciò che ho inteso per questi simboli Pitagorici 10… dato che in quella lettura troverete ben altro gusto e le dottrine le più ascose, che vi sveleranno i più alti sacramenti e i misteri più monstruosi, che riguardano la nostra religione, la condizione politica e la vita economica. Ciò che Rabelais lascia appena intravedere è che quel «midollo sostanziale» non è solo di natura politica e filosofica come generalmente s’insegna. Le descrizioni di esperienze alchemiche sono assai numerose e piuttosto precise nei cinque libri di Gargantua e Pantagruel; mi limiterò a portarvi l’esempio più semplice che conosca, che non necessita di alcuna spiegazione accessoria. 3.3 Un esempio nell’Opera di Rabelais Leggiamo nel secondo capitolo del Pantagruel, Della nascita del temibilissimo Pantagruel: Al fine di comprendere appieno le cause e le ragioni del suo nome, dovrete considerare che in quell’anno vi fu siccità sì grande,… con un calore del sole così veemente che tutta la terra ne fu inaridita… Così dunque la terra fu a tal punto scaldata che essa si coprì di un grandissimo sudore… furon viste uscire dalla terra grosse gocce d’acqua come quando qualcuno suda copiosamente. E il popolo semplice cominciò a gioirne, come se questa cosa venisse a loro di gran vantaggio… ma essi ne furono ingannati. Perché quando la processione fu terminata, volendo ciascuno raccogliere questa rugiada e berla a larghi sorsi, trovarono che essa era salamoia, peggiore e più salata di quanto non fosse l’acqua del mare. Ho espunto solo qualche frase di un capitolo che si estende per circa quattro pagine e non ho mutato minimamente le posizioni relative in cui esse si trovano nell’originale; non è necessario essere un alchimista avveduto per comprendere che un materiale apparentemente secco e terroso è stato posto in un crogiuolo e fortemente scaldato, il che ha determinato l’emersione in superficie di un prodotto chimico in fusione che è un sale. Infatti in questo caso abbiamo sotto una forma pressoché esplicita un’indicazione di altissima importanza pratica per colui che volesse dedicarsi alla ricerca della Pietra Filosofale! 3.4 La cabala ermetica Il terzo processo tradizionale di trasmissione della sapienza utilizza ciò che si definisce come cabala ermetica. Secondo Fulcanelli Questa cabala, lingua veritiera, si applica ai libri, testi e documenti delle scienze esoteriche dell’antichità, del Medioevo e dei tempi moderni, e come la maggior parte dei trattati d’istruzione delle scienze antiche, redatti secondo la cabala e che la utilizzano nei loro passaggi essenziali, il lettore non può afferrare niente se non ha almeno i primi rudimenti del linguaggio utilizzato. In latino caballus e in greco kaballes indicano ambedue il cavallo da soma; ora la nostra cabala sostiene realmente un peso considerevole, la totalità delle antiche conoscenze e la cavalleria, o cabalerie, medievale, retaggio oneroso di verità esoteriche trasmesse per essa attraverso i tempi. La cabala era la lingua segreta dei cavallerizzi, dei cabalisti o cavalieri; iniziati e sapienti dell’antichità ne avevano totale conoscenza. Vi è la possibilità, leggendo i libri di Fulcanelli o di Eugène Canseliet, di scoprire progressivamente questa lingua e di riconoscere il suo utilizzo nei testi antichi, ma questi autori devono essere letti sempre con una certa precauzione, non si dimentichi che essi sono alchimisti! Per quanto concerne il linguaggio utilizzato, l’origine è essenzialmente greca ed è talvolta possibile risalire per questo cammino obliquo al senso reale del termine. Tuttavia parole e associazioni d’idee possono essere create in una lingua qualunque e successivamente essere utilizzate dagli alchimisti di qualunque paese; per questa ragione si è parimenti formato un vero e proprio linguaggio ideografico sovranazionale, l’unico che consente di leggere esattamente il significato di un’incisione alchemica. I dizionari ermetici più accreditati consentono assai raramente di trovare il senso reale di un termine o di un disegno, pur tuttavia si possono avere delle piacevoli sorprese. In realtà un certo numero di regole consentono di costruire con continuità nuove immagini emblematiche o nuove parole, fatto che colpì grandemente il movimento surrealista, ragione per la quale ebbe così grande interesse per l’alchimia. Per gli amanti della Scienza segnalo parimenti che Fulcanelli e Raymond Roussel ebbero contatti. Diamo qualche esempio; il Cavaliere Cyprian Piccolpassi scrisse un libro intitolato I tre libri dell’arte del vasaio 11 in cui spiega come lavorare la terra di Durante, la sua patria. Vediamo per cominciare in bella evidenza il termine ‘cavaliere’ che ci indica il carattere cabalistico dell’opera; il nome stesso dell’autore è simbolico: in realtà ‘Cyprian’ equivale a Cypris (Cipro), null’altro che la Venere degli alchimisti; ‘Piccolpassi’ indica il modo di procedere. Il nostro cabalista segue dunque Venere (la Natura) a piccoli passi, perciò egli utilizza la terra d’oro innestata…

Fulcanelli nelle Dimore Filosofali fa la seguente considerazione dopo aver trattato il caduceo, emblema distintivo di Mercurio: «Presso gli indiani del Nord America, il calumet che impiegavano nelle cerimonie civili o religiose è un simbolo analogo al caduceo, sia nella forma che nelle funzione». Stranamente la parola calumet è trascritta nell’indice creato da Canseliet e ci è sufficiente allora aprire il Dizionario mito-ermetico di Dom Pernety per trovare la soluzione: «Calmet = Antimonio dei Filosofi», il che non ci porta molto avanti, ma ci mostra con chiarezza che non si può leggere Fulcanelli superficialmente. Nicolas Flamel, dopo aver a lungo studiato il Libro delle figure geroglifiche e non avendovi compreso niente, dice di aver intrapreso il pellegrinaggio di Compostella, e in seguito a questo viaggio, tornò fino ad Orléans per via d’acqua. Abbiamo già capito che il libro di cui si parla è nient’altro che la materia prima messa in opera dall’Artista; il soggetto, fuso assieme a un metallo scelto con cura e un sale utilizzato come fondente, sarà successivamente versato in una matrice. Quando il tutto si sarà raffreddato, si ottiene la giustapposizione di due materie solidificate, la prima di aspetto metallico sulla quale sono adagiate delle scorie nere. I due materiali solidificati devono essere separati con un colpo di martello sulla connessura e si potrà osservare sulle superfici di separazione delle crettature in forma di stella. Si tratta della stella del ‘composto’ o di Compostella, segno distintivo del felice termine della prima operazione dell’Opera. La navigazione marittima simboleggia le operazioni che bisogna dunque intraprendere. 3.5 Considerazioni Non ho fatto altro che sfiorare il problema dell’espressione ermetica, infatti il vocabolario della Cabala ermetica si compone in realtà di migliaia di termini in molteplici lingue; si potrebbe essere portati a pensare che qualunque parola, qualsiasi simbolo possano, adeguatamente deformati, orientarsi in senso cabalistico. Niente di più errato! Nell’antica scrittura egiziana solo le consonanti sono rappresentate da segni fonetici, in linea di massima, e il lettore appone le vocali osservando l’ideogramma posto dopo la rappresentazione fonetica delle consonanti. Per dare un semplice esempio immaginiamo la scrittura del termine ‘arancio’ (il frutto); potremo fargli seguire il simbolo dell’oro che comporta la consonante R, e poi l’effigie del Profeta Enoc (l’esempio è puramente immaginario) che concorre a portare N e C. Il simbolo seguente sarà quello del frutto che consentirà di capire se si tratta di un agrume o del colore. Non so in qual maniera questo processo di rappresentazione si sia trasmesso 12 agli alchimisti europei del Medioevo o se invece sia stato riscoperto, ma resta il fatto che numerosi testi sono così crittati. Una conseguenza immediata è che in un simbolo, che dovrà essere sempre preso in considerazione sotto l’aspetto fonetico, è vietato modificare l’ordine delle consonanti; per contro l’aggiunta di una consonante o di sillabe, in rapporto al termine che il simbolo rappresenta, è perfettamente concessa. Esempio: Nel linguaggio dei fiori la margherita esprime il rimpianto poiché: marguerite = me regrette (Nota: in francese regretter significa rimpiangere e si pronuncia con una sola ‘t’) Per contro myosotis = non ti scordar di me non è cabalisticamente corretto. Il levriero potrebbe essere un simbolo del lavoro alchemico in itinere poiché l’Opera lo è, ma potrebbe essere benissimo anche l’artefice, l’esecutore dell’Opera. Possiamo dunque costruire un testo cabalistico nella seguente maniera; la nostra frase da codificare è: L’antimonio

è

il

soggetto

dei

saggi

(ovvero

la

materia

della

Grande

Opera)

In latino l’ordine delle consonanti è il medesimo che in ante omnia, e dunque antimonio è equivalente alla traduzione delle parole latine: «prima di tutte le cose», e se l’antimonio vien prima di tutte le cose è perché è assai antico, ed ecco la ragione per cui il libro di Flamel era assai antico. Fulcanelli, sempre estremamente discreto, si limita a ricordare nel suo studio sul Libro delle figure geroglifiche la notevole antichità del soggetto dei saggi. Detto ciò bisogna ancora sapere cosa gli Alchimisti chiamano in realtà antimonio, perché bisogna prender atto che il loro antimonio non è l’antimonio volgare. Si possono trovare delle indicazioni sulla Cabala in un libro assai strano, Il sogno di Polifilo scritto da Francesco Colonna, così come in alcuni articoli pubblicati nel XIX secolo da Grasset d’Orcet, ma pure quest’ultimi sono cabalistici! Tutto ciò ha affascinato persone come Raymond Roussel e André Breton; penso a tal proposito che la reale chiave di lettura sia la cabala tradizionale e secondo me bisogna trasformare il testo in immagini e poi rileggere l’immagine come un rebus per ritrovare alfine il senso reale. Dicendo tutto ciò non si capisce l’utilità di spendere tante energie per leggere questi grimoires 13 che non contengono forse dopo tutto che rivelazioni come «La marchesa prende il tè alle cinque». Un esempio di emblema alchemico? La Melancolia di Dürer

4.1 Presentazione Per dimostrare in maniera più chiara come un tema alchemico complesso può essere contenuto in un’incisione o in un quadro, ho scelto un’incisione famosa, la Melancolia di Albrecht Dürer. Spesso si leggono, riguardo questa incisione, commenti quali: «Si sono attribuite a questa pagina strane e molteplici spiegazioni. Il significato dei numerosi oggetti e del quadrato magico non è stato esaustivamente spiegato per così lungo tempo e bisognerà rassegnarsi a non poter decifrare completamente il reale intento dell’artista» 14. Precisiamo subito che questa incisione non è una figura da trattato d’Alchimia, ma è ciò che si definisce un emblema 15. Vale a dire un’evocazione di un tema generale come i quattro elementi, la natura, i sette peccati capitali…; nel caso preciso che tratteremo il tema esaminato potrebbe essere una frazione della Grande Opera. Vedremo a qual punto quest’evocazione sia calzante, ma essa non sembra fornire informazioni operative dirette 16. 4.2 Saturno e la melanconia Per una presentazione globale dell’incisione, farò riferimento al grande specialista di arte ermetica J. Van Lennep che ha raccolto un gran numero di studi apparsi sul soggetto 17.

… La teoria degli umori, che già era presente ai tempi di Aristotele e che fu resa sistematica partire da Galeno, distingueva quattro «temperamenti» nella specie umana: sanguigno, collerico, flemmatico e melancolico. Quest’ultimo determinato, si credeva, dalla «bile nera». Essa traeva per altro il nome dal greco mélaina chole (melaina kolh) indicante tal tipo di bile… Questa teoria, che si inscriveva in una visione dell’universo ove ciascuna cosa era in rapporto simpatico e dove il microcosmo umano nient’altro era che un riflesso del macrocosmo, determinò una visione sistematica dell’individuo. Costui, secondo il suo temperamento, veniva messo in rapporto con un dio, un pianeta, un elemento, una stagione. Così la melanconia fu associata a Saturno, certamente in quanto ambedue ombrosi e neri; tale connessione sembra esser stata stabilita nel IX secolo dagli Arabi… Il dio e il suo temperamento furono da allora accolti da filosofi, poeti, teologi, artisti, sapienti e alchimisti. La scala di sette gradini sarebbe stata il simbolo delle sette arti liberali fra cui la geometria che fu nel Rinascimento dedicata a Saturno e considerata come l’attività mentale dominante; l’insieme di oggetti: poliedro, sfera, compasso, si innesta in questo aspetto. Voglio ricordare che il dio Saturno è associato al Piombo che ossidato assume il colore nero. Continua Van Lennep: Dalla fine del Medioevo, la melancolia fu individuata da una donna che trova la sua origine nella «Tristezza» del Roman de la Rose. Questa «Dama melanconica» non era alata; Dürer senza dubbio così la rappresentò per metterla in relazione con Saturno – Chronos, dio del tempo, il che spiega la presenza della clessidra. Dürer la effigia con un viso ombroso, fatto assolutamente originale, per evocare il suo sintomo, la nerezza della bile… Il carattere nefasto di questo Dio è suggerito dalla cometa che illumina i cieli, dato che le comete annunciano sempre calamità.

4.3 L’aspetto alchemico J. Van Lennep segue dunque l’interpretazione galenica per questa incisione, poi si sposta sull’ipotesi alchemica, per la quale chiama in causa Dom Pernety 18: «I Filosofi denominano Regno di Saturno il tempo dominato dalla nerezza, in quanto chiamano Saturno la nerezza stessa; vale a dire che quando la materia ermetica è messa nel vaso è qual pece fusa…»; la melancolia coincide perfettamente con il simbolismo saturnino. «Si è dato questo nome alla materia al nero, senza dubbio dovuto al fatto che il colore nero ha qualcosa di triste e che l’umore del corpo umano chiamato melancolia è visto come una bile nera e cotta due volte, causante vapori tristi e lugubri». È dunque adesso chiaro, senza giochi di parole, che l’incisione può ben riflettere il regno di Saturno degli alchimisti come l’umor nero aristotelico. Notiamo nella parte sinistra dell’incisione, vicino al poliedro, la presenza di un crogiuolo di Hesse, posto in un recipiente e avvolto dalle fiamme: in realtà questo simbolo resta ambiguo potendosi attribuire direttamente all’alchimia operativa o anche come richiamo al carattere saturnino attribuito agli alchimisti. Possiamo proseguire la spiegazione della figura seguendo sempre Van Lennep: Il benedettino (Dom Pernety) attribuisce importanza al fatto che Saturno divora i propri figli – «è che stante il principio primo dei metalli e la loro prima materia, esiste solo la proprietà di dissolverli radicalmente» – questa voracità dell’orco non deve essere dimenticata allorché si vedano dei fanciulli giocare vicino alla melancolia… Giove sfuggì a questo triste destino perché sua madre Rea gli sostituì una pietra avvolta in un panno che Saturno inghiottì senza osservarla. Il regno di Saturno dura tanto quanto la nerezza; sembra assorbire tutto, fino al sasso stesso che gli vien presentato al posto di Giove, dopo di che tutto è dissolto… Poi Saturno vomiterà il sasso inghiottito; la materia dei Filosofi che era terra, prima di essere ridotta in acqua per mezzo della sua dissoluzione, ricomincerà ad apparire al momento in cui il color grigio comincerà a manifestarsi. Allora Giove, che null’altro è che il color grigio… comincerà a manifestarsi. Alchemicamente quest’episodio chiarisce perché Dürer inserisce il talismano, o quadrato magico di Giove 19, nella sua incisione: «… Giove è destinato a regnare sul microcosmo alchemico». In tal senso possiamo considerare che la bilancia sia una ripetizione di questo talismano che, ci dice Alberto il Piccolo, deve essere proiettato su una placca del più puro stagno d’Inghilterra nel momento in cui la costellazione del pianeta sarà ascendente e la luna farà il suo ingresso nel primo grado del segno della Bilancia. 4.4 Qualche considerazione Non ho riportato per esteso il testo di Van Lennep ed è certo che il suo considerevole lavoro illumina notevolmente il senso dell’incisione; spero dunque di non aver snaturato eccessivamente il suo pensiero con le mie parziali citazioni. Penso piuttosto che sia possibile procedere ulteriormente nell’interpretazione alchemica. Per definire il concetto di Regno di Saturno, leggiamo qualche riga dall’Entrata aperta al palazzo chiuso del Re di Ireneo Filalete 20, l’alchimista preferito di Newton: … questo regime è perfettamente lineare per quanto concerne il colore, perché non vi è altro che un colore: il nero più nero. Non si vede né fumo né vento, talvolta il composto è secco e talvolta bolle come pece fusa. Che mesta visione, specchio della morte eterna, ma quale felice messaggero per l’Artista! Perché essa non è una nerezza comune, ma più brillante del nero più profondo… Al nero Saturno succede Giove, che porta un altro colore… vedrai colori cangianti e una sublimazione circolante. Questo brano giustifica con chiara evidenza l’aspetto del mare e l’alone che comincia ad apparire. Possiamo spingerci ancor più lontano, in realtà, perché il regime di Saturno viene osservato durante la cottura finale della Pietra: quello che gli adepti chiamano il fuoco di ruota e la mola sopra la quale se ne sta solo e abbandonato il Putto acquista così tutto il suo significato, tanto più che gli alchimisti ci assicurano che questa parte dell’Opera non è altro che lavoro da donne e gioco da bambini, cosa che si può vedere in maniera più chiara in un quadro sulla melancolia dipinto da Lucas Cranach (cfr. Van Lennep, p. 303). Un fatto assai attraente è quanto segue: aprendo il Dizionario mito-ermetico di Dom Pernety si trova il seguente termine: «Echel: Materia dell’opera al nero più nero, o perfetta putrefazione». E non saremmo allora in presenza di quella cabala fonetica di cui ci parla Fulcanelli, e la scala (échelle in francese) non ci fornirebbe il vero titolo dell’incisione? Il levriero è a mio avviso un richiamo alla materia del composto che gli alchimisti definiscono di buon grado come lebbrosa e Fulcanelli ci ha spiegato che la lepre è generalmente un’immagine di questo prodotto.

La sfera in alchimia non pone problemi d’interpretazione particolari: essa è l’immagine del forno alchemico, o Atanor. Sarei tentato di spiegare il poliedro come segue: sappiamo che esistono cinque solidi platonici, il tetraedro, il cubo, l’ottaedro, il dodecaedro e icosaedro, ciascuno considerato come perfetto per l’alto grado di simmetria senza la quale il poliedro rappresentato viene considerato imperfetto. Il solido incompiuto dell’incisione è il simbolo di una pietra filosofale ancora in corso di preparazione come ci dimostrano gli utensìli sparsi attorno alla Melancolia; per il momento sono inutili, in quanto bisognerà attendere ancora per molti giorni che l’opera di Saturno sia compiuta. La Melancolia è alata, ma non può ancora volare; vale a dire, come dice il Filalete, che la materia non è ancora sublimata; potrà prendere il volo quando il tempo sarà scorso e la campana provvederà a riscuoterla. Per me la Melancolia del Dürer è essenzialmente un emblema alchemico, si tratta di certo d’un lavoro commissionato nel quale un certo numero di dettagli sono stati fissati con disposizione precisa; le numerose allusioni allo stato malinconico sono forme esteriori destinate a dirottare il profano dal senso reale dell’incisione. Il genio del Dürer risiede nell’aver fatto di questi elementi contrastanti un insieme coerente. Conclusioni Nicolas Valois, uno degli alchimisti di Flers de l’Orne (assieme a Nicolas Grosparmy e Pierre Vicot) 21, scriveva a suo figlio nel 1445: «La pazienza è la scala dei Filosofi e l’umiltà l’ingresso al loro giardino». Possiamo adesso riguardare le figure della Signora Saggezza che ci accoglie sul portale di Notre Dame a Parigi e del Giardino ermetico che ci raffigura Michael Maier nella XXVII tavola dell’Atalanta fugiens. La Saggezza ci mostra il libro aperto, quello delle apparenze esteriori e del senso comune del simbolo, e il libro chiuso ci ricorda che esistono anche sensi nascosti che non si lasciano facilmente svelare. Adesso sappiamo che il libro chiuso è anche la materia foliata sotto l’aspetto di un libro e sulla quale bisognerà dunque applicarsi (aprire per operare); dovremo allora effettuare le operazioni successive simboleggiate dalla scala dei Filosofi che dovremo ascendere scalino dopo scalino. La porta del giardinetto ermetico è chiusa da numerosi serramenti ed è vano tentare di realizzare la Grande Opera senza le adeguate conoscenze; bisogna anche sapere che una chiave in Alchimia è un solvente ed è dunque vano, allo stadio dell’Opera cui Maier si riferisce, fare qualunque operazione senza aver determinato preventivamente il giusto solvente da utilizzare. Pertanto sotto l’aspetto morale di queste due figure si cela un secondo senso in sintonia con le regole della diplomazia. Siamo dunque tornati alla condizione iniziale, dopo aver intravisto l’unità del mondo simbolico e del mondo sperimentale dell’Alchimia. Possiamo dunque concludere questo lavoro con la figura del drago Ouroboros (quello che si morde la coda, Draco qui caudam devoravit), studiato a fondo da C.G.Jung 22, simbolo dell’unità del mondo (en to pan, en to pan). Alcune considerazioni Il titolo iniziale del lavoro era «Trasmissione tradizionale di un sapere scientifico, l’Alchimia». È chiaro che l’aspetto scientifico non è stato sfiorato nel corso del saggio, già lungo, che qui si conclude; m’è parso invece più importante dimostrare anzitutto come numerose conoscenze si sono potute trasmettere sotto una forma che non ci è punto consueta, prima che il metodo scientifico prendesse campo totale. Per me il carattere scientifico dell’Alchimia è essenzialmente legato al primato costantemente riaffermato dell’esperienza sulla teoria, in totale opposizione ai tentativi come quelli di Cartesio, per esempio, per il quale l’esperienza non costituisce che una verifica delle teorie precedentemente elaborate. Ciò non significa che gli alchimisti siano stati esenti dal creare teorie anche assai elaborate, ma bisogna essere estremamente prudenti nell’interpretarle e non dimenticare mai le regole della diplomazia: Fulcanelli ci ricorda d’altronde costantemente a tal riguardo che lo spirito vivifica, mentre la lettera uccide. L’esplicazione del verso di Florian «Le noci sono assai buone, ma prima bisogna aprirle» può essere il seguente: la Pietra Filosofale, come si presenta all’esito dell’ultima operazione, appare inglobata in una ganga cristallina che la fa assomigliare ad un riccio di castagna, ed è per questo che la si raffronta alle nostre famose noci. Bisogna ancora riuscire a crearla

 G.Camacho e A.Gruger, Héraldique Alchimique Nouvelle, Ed. Le Soleil Noir, 1978, Paris  René Alleau, Aspects de l’Alchimie traditionnelle, Editions de minuit, 1953; (Trad. it. Aspetti dell’Alchimia tradizionale, Atanòr, 1989)  Acroamatico: dal greco akroama, ciò che si ascolta. Si dice, nel sistema della filosofia greca e in particolare in quella aristotelica, delle parti le più segrete e difficili che non si trasmettono che oralmente (Grand Larousse enciclopedico 1951)  Betty J. Teeter Dobbs, Les fondements de l’alchimie de Newton ou La chasse au lion vert, Guy Trédaniel, Editions de la Maisnie 1981.  Si potrà consultare E. J. Holmyard, L’Alchimie, per i tipi di Arthaud (Trad. it. Storia dell’Alchimia, Firenze 1959, Sansoni). Nella collezione "L’aventure mysterieuse" e "J’ai lu" vi sono talvolta libri adeguati come quello di Jacques Sadoul, Le tresor des Alchimistes.  Louis Figuier, L’alchimie et les alchimistes, Hachette, Paris 1856, p. 211 (Trad. it. L’Alchimia svelata, Roma 1988, Basaia editore). Quest’opera è stata ristampata per i tipi di Denoel nel 1970. Il documento reso da Helvetius è riportato nel libro di Sadoul che è più facile procurarsi, infatti si rifà a Figuier.  Nicolas Flamel, Le livre des figures hiéroglyphiques, éditions Retz 1977(Trad it. in R e S. Piccolini, La biblioteca alchemica, Padova 1990, Meb).  Fulcanelli, Les demeures philosophales, tome I, pages 450-460, Pauvert 1973 (Trad. it. Le dimore filosofali, Roma 1988, Mediterranee)  Non dimentichiamoci che gli alchimisti si qualificano come «filosofi per il fuoco».  Pitagora è considerato come l’inventore della cabala. Cfr. poco più avanti nel testo.  Le Edizioni Archè di Milano hanno pubblicato una ristampa anastatica dell’edizione parigina del 1860.  Ufficialmente il sistema dei geroglifici è stato totalmente abbandonato prima che Champollion lo riscoprisse; non so se vi è stata trasmissione esoterica, il che mi parrebbe assai dubbio, o convergenza evolutiva.  Un grimoire è un libro "truccato", cioè nel quale il senso essoterico cela un senso esoterico.  Dürer, collezione «Les plus grand peintres», Larousse 1963.  Ritengo preferibile studiare un emblema che contiene un gran numero di singoli simboli da interpretare. La decifrazione di un’incisione puramente alchemica di numerose spiegazioni tecniche il cui affastellarsi sarebbe piuttosto noioso.  O, almeno, non sono capace di riconoscerle.  Jacques Van Lennep, Alchimie, Dervy Livres 1985.  Dom Pernety, Les fables égyptienne et grecques dévoilées, Paris 1786, vol I, p. 570, ristampato per i tipi de la table d’émeraude, paris, 1982 (Trad. it. Le favole egizie e greche, Genova 1988, ECIG).  Quadrato di somma 34, mentre un quadrato magico di Saturno è di somma 15.  Eyrenée Philalèthe, L’entrée ouverte au palais fermé du Roi, (Trad. it. L’entrata aperta al palazzo chiuso del re, Genova 1987, Phoenix).  Ci si potrà riferire a Fulcanelli nelle "Dimore filosofali", tomo I, a partire da p. 223, le Opere degli alchimisti di Flers sono state stampate per la prima volta nella collezione "Bibliotheca Hermetica".  C. G. Jung, Psychologie et Alchimie, Buchet-Chastel, 1970 (Trad. it. Psicologia e alchimia, Torino, Boringhieri).

http://www.vetroscientifica.com http://www.zetalab.it http://www.vetrotecnica.net/servizi.htm http://www.paramedical.it/it/linea.asp?I… http://cgi.ebay.it/Laboratorio-di-analis… http://www.colaver.it/condizioni.htm http://www.sigmaaldrich.com/sigma-aldric… http://www.carloerbareagenti.com/

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