48233082 Il Priorato Di Sion

September 26, 2017 | Author: dustyman82 | Category: Knights Templar, Freemasonry, Jesus, Crusades, France
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Il PRIORATO di SION

PRIORATO di SION storia, mistero, segreti e verita' a cura di:

E.C.R.O. Equitum - Christi - Regis - Ordo (Ordine dei Cavalieri di Cristo Re)

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Il PRIORATO di SION

"Ormus Arcadia Ecro"

in collaborazione con l'organizzazione

Mystery Investigation & Research - M.I.R

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è disponibile il nuovo libro in formato e-book, dal titolo:

" Il

Priorato di Sion "

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PRIORATO DI SION

PRIORATO DI SION cenni storici a cura di : E.C.R.O. - Equitum Christi Regis Ordo. "Ormus Arcadia Ecro"

Prima della conquista della Santa Città Guglielmo di Tiro scrisse nella sua "Histoire des Croisades" che l'Ordine del Tempio fosse stato istituito da nove cavalieri nobili crociati e dal loro seguito sul finire dell'anno 1118. Essi avrebbero assunto inizialmente la denominazione di "Poveri Cavalieri di Cristo", ed avrebbero posto quartiere in un'ala del chiostro del Tempio di Salomone in Gerusalemme. La cronologia e le indicazioni di Guglielmo di Tiro è attualmente seguita dalla maggioranza degli storici. Analizzando tuttavia certe documentazioni, la data della fondazione non soltanto non sarebbe corretta ma darebbe anche spazio a supposizioni di altra natura. Sembra invece che un primo nucleo di uomini, successivamente riconosciuti come “padri” dell'Ordine, fosse esistito in Francia già nel 1090 prima della conquista della città santa da parte delle armate cristiane di Goffredo di Buglione. In un documento del 1091 della sede arcivescovile di Troyes appare la dicitura "milice du Christ", un termine che fu spesso usato per identificare l'Ordine. La denominazione "Militia Christi Templi Hierosolimytani", inoltre, è presente in un documento pontificio http://www.prioratodision.org/testi.htm (1 di 14)22/05/2006 3.49.30

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del 1103. Questi documenti dimostrerebbero anche che la sede originaria dell'Ordine non fosse stata la Palestina, ma l'Europa e specificatamente Troyes. E’ comunque certo che l'Ordine fosse esistito nel 1114. La prova sarebbe costituita da una lettera di lode che il vescovo di Chartres inviò proprio in quell'anno al conte Hugues de Champagne, il quale si apprestava a partire per Gerusalemme per entrare a fare parte dell'Ordine. In base ai documenti ecclesiali e alla lettera, appare evidente che l'Ordine Templare fosse già conosciuto negli anni tra il 1090 e il 1114, sia in Francia che in Terrasanta. Si potrebbe supporre che l’anno 1118, indicato come data di fondazione del Tempio, avesse coinciso con la ratifica ufficiale di un'istituzione già conosciuta da parte di re Baldovino 1°. I motivi della fondazione del Tempio già prima della conquista di Gerusalemme rimangono ancora indefinite alla luce delle considerazioni storiche ortodosse. La spiegazione del mistero risulterebbe plausibile soltanto se si correli l’istituzione dell’Ordine alle intenzioni dei discendenti della stirpe merovingia, in particolare del duca di Lorena Goffredo di Buglione, deciso a riprendere il trono di Gerusalemme usurpato a Gesù Cristo oltre mille anni prima. Proprio per tale finalità la prima crociata e la conquista di Gerusalemme sarebbero state preparate con metodo per anni. La certezza dell'insediamento merovingio sul trono del regno gerosolimitano fu affidata ad una istituzione segreta, il "Priorato di Sion" (il “Prieurè de Sion”) che costituì una organizzazione miltare palese, l'Ordine Templare appunto, con l'intento non tanto della difesa armata delle attività merovingie, quanto per la conservazione dei segreti delle origini dinastiche, ovvero del "sang réal", del Graal.

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L’abbazia di Orval e l’opera di Pierre L'Ordine del Tempio rimase collegato al Priorato fino al 1187. La cerimonia di separazione si sarebbe svolta nei pressi del castello di Gisors con l'abbattimento rituale di un olmo alla presenza dei sovrani Filippo II di Francia e Enrico II d'Inghilterra. Da questa data l'atteggiamento dell'Ordine mutò radicalmente nei confronti dei monarchi europei. Il Priorato fu istituito dallo stesso Goffredo di Buglione in un anno imprecisato tra il 1085 e il 1090. Altri elementi storici sostengono l'istituzione del Priorato negli anni prima della crociata. Primo tra questi tra questi Pietro l’Eremita (fra’ Pierre le Coucoupétre), legato alla famiglia Buglione da antichi vincoli di sangue e originario della Calabria, il principale predicatore in Europa della crociata. Insieme ad altri confratelli, che la tradizione vuole fossero arrivati in Francia da un monastero benedettino, Pietro ottenne nel 1079 dalla zia di Goffredo, la duchessa Matilde di Lorena, un terreno nei pressi di Stenay, precisamente a Orval, dove costruì un monastero in poco meno di un anno. Il centro religioso si espanse negli anni immediatamente successivi nel numero di frati, divenendo un importante centro di irradiazione spirituale e luogo privilegiato di nobili e dello stesso Goffredo di Buglione. In Orval fu istituito il Priorato. L'istituzione si sarebbe avvalsa del forte potere carismatico di Pietro il quale, come ammettono gli storici, avrebbe svolto un'opera di predicazione significativa sulla http://www.prioratodision.org/testi.htm (3 di 14)22/05/2006 3.49.30

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necessità della conquista di Gerusalemme e del Santo Sepolcro. Del resto, fu proprio la predicazione ardente di Pietro Eremita a convincere papa Urbano 2° a indire la prima crociata. E' anche emblematico il fatto che i monaci calabresi avessero abbandonato Orval subito dopo l'avvenuta conquista di Gerusalemme. Pietro e i misteriosi monaci di Orval si sarebbero trasferiti nella Santa Città, particolarmente nell’edificio della vetusta abbazia bizantina di Nostra Signora del Monte Sion. Negli anni che corsero tra il 1100 e il 1291, anno del definitivo abbandono della Terra Santa da parte dei cristiani, ogni fatto o documento che appare connesso all'esistenza del Priorato, concerne le attività di questi monaci e dei loro successori. Per quanto riguarda l'abbazia di Orval, dopo alcuni anni venne affidata all'ordine cistercense. Nel 1135 era già compresa nei beni dei monaci di Bernardo da Chiaravalle. Un altro dato significativo che concerne il legame tra il Priorato e l'Ordine Templare delle origini, riguarda i rapporti non ancora perfettamente chiari che si instaurarono tra il conte Hugues de Champagne, Hugues des Payens - il fondatore dell'Ordine - Bernardo da Chiaravalle e suo zio Andrèe de Montbart. Quest'ultimo personaggio, che divenne in età avanzata gran maestro templare, sarebbe appartenuto al nucleo di uomini che avrebbero istituito il Priorato. Alcuni documenti ritrovati nelle Biblioteca Nazionale di Parigi sul finire dell'Ottocento, indicano Hugues des Payens anche come istitutore del Priorato. Per quanto riguarda il conte della Champagne e Bernardo, è certo che esplicarono una febbrile attività diplomatica a favore dei Templari già negli anni precedenti l'istituzione ufficiale dell'Ordine. Questa circostanza induce ulteriormente a ritenere che la datazione proposta da Guglielmo di Tiro non fosse corretta. Peraltro fu proprio Bernardo che nel 1128, in occasione della prima assise templare tenutasi a Troyes, scrisse e promulgò il celeberrimo panegirico a favore dell'Ordine, che divenne "regola" dell’Ordine noto come "Lauda a la nova militia". Riassumendo i dati riportati risulta che per volontà di Goffredo di Buglione fu istituito intorno all'anno 1090 il "Priorato di Sion" nel monastero di Orval, la cui sede venne portata nell'abbazia di Nostra Signora del Monte Sion a Gerusalemme dopo la conquista della Santa Città. La finalità http://www.prioratodision.org/testi.htm (4 di 14)22/05/2006 3.49.30

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iniziale del Priorato fu quello di riportare sul trono di Gerusalemme, e di ivi mantenerli, i discendenti del Graal inteso come “discendenza” di Gesù Cristo, cui era stato espropriato il trono quasi undici secoli prima. Tra gli istitutori del Priorato figurano, oltre che al Buglione, Pietro Eremita e Andrèe de Montbart, Hugues des Payens e Hugues de Champagne. Nel Priorato figurerebbero anche Archambaud de Saint Agnan e Nirvard de Montdidier, Oddone di Saint Omer e Guy de Stenay, fra' Gondemaro da Sali e fra' Rossano da Rossano. Questi due ultimi sarebbero appartenuti al primitivo nucleo di monaci benedettini calabresi. Il Priorato si dotò allo scopo di un nucleo di uomini d'arme, i futuri Templari, per la difesa dei propri interessi dinastici e per la tutela dei segreti del Cristianesimo. Tra gli appartenenti del primitivo Ordine Templare ci furono anche alcuni appartenenti al Priorato. Come conseguenza della conquista della Terrasanta, della creazione di un regno cristiano in Gerusalemme e della tronizzazione di un discendente della "famiglia di Cristo" (Baldovino I di Buglione) entrambe le istituzioni operarono operato unite nella Santa Città fino al 1187, l’anno della scissione del Priorato dall’ Ordine Templare.

I volti del Priorato Dal 1188 il Priorato, sotto la guida di Jean de Gisors, modificò la sua denominazione adottando il nome di "Ormus", seguito da un simbolo che ricordava quello del segno zodiacale della Vergine. Sembra che il termine fosse stato un acrostico di parole segrete. Una tradizione francese ben diffusa, però, sostiene che Ormus sia stato il nome di un saggio di Alessandria d'Egitto vissuto nei primi anni del Cristianesimo, un seguace delle dottrine gnostiche che, negli anni successivi alla morte, venne identificato nella persona dell'evangelista Marco. Questa tradizione fu fatta propria da alcune logge massoniche tedesche nel 18° secolo, le quali precisarono che il Priorato avrebbe assunto la denominazione di "Ordre de la Rose Croix Veritas" (ORCV) a partire dai primi anni del XIII secolo, anticipando di oltre quattrocento anni la nascita ufficiale del movimento dei Rosacroce. La separazione tra Priorato e Ordine Templare non fu solamente formale. Alcuni http://www.prioratodision.org/testi.htm (5 di 14)22/05/2006 3.49.30

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deduzioni di carattere storico sembrerebbero dimostrare che in occasione dell'arresto del gran maestro templare Jacques de Molay del 1308 e del successivo processo ai Templari, il Priorato avesse assunto un atteggiamento consenziente con i nemici dell'Ordine. In proposito sembra che Guglielmo di Gisors, personaggio indicato come capo del Priorato in quegli anni, avesse operato per ottenere la distruzione dei documenti in possesso dei Templari che avrebbero attestato l'origine di entrambe le istituzioni. Si hanno altre notizie relative al Priorato intorno alla metà del XV secolo, segnatamente riguardo le attività del nobile Renato d'Angiò che alcuni documenti conservati nella Biblioteca Nazionale di Parigi segnalano come un capo dell'Ormus. Nato nel 1408, discendente per linea maschile dai Buglione, tra gli altri numerosissimi titoli nobiliari assunse anche quello di "re di Gerusalemme”. Nel 1422 lo si ritrova membro dell'enigmatico "Ordine della Fedeltà", e quattro anni più tardi iniziato dell'"Ordine del Levriero Bianco". Nel 1448 avrebbe fondato un proprio ordine cavalleresco con venature marcatamente esoteriche, il così detto "Ordine della Mezzaluna", al quale avrebbero aderito successivamente personaggi come Francesco Sforza e Leonardo da Vinci, Sandro Botticelli e Férrier Vaudémont, nonchè la di lui sposa Jolande de Bar, figlia dello stesso Renato. Questo Ordine venne soppresso dalla Chiesa agli inizi del 17° secolo. La vita di Renato d'Angiò fu turbolenta e ammantata di misteri. Si disse che fosse stato l'amante di Giovanna d'Arco. Questo particolare con molta probabilità fa parte della leggenda. E’ però certo che l'avesse aiutata nelle imprese militari con propri armati e con il proprio oro, facendo leva sull'ascendente che la pulzella avrebbe avuto presso sua madre Iolanda d'Angiò, considerata la donna più autorevole di Francia in quel periodo. Si disse anche che Renato si considerasse discendente diretto da Gesù Cristo, e che tutte la sue attività si muovessero in forza di tale consapevolezza. In considerazione che Renato fosse stato un personaggio molto significativo per produzione letteraria del tempo, potrebbe essere probabile la diceria che avesse creato e dato organizzazione al tema della così detta "Arcadia". Renato d'Angiò morì nel 1481. La data appare essere fondamentale per l'evoluzione dei metodi del Priorato. Infatti, pur mantenendo intatta la tradizione secolare della segretezza e gli intenti di porre sui troni europei i http://www.prioratodision.org/testi.htm (6 di 14)22/05/2006 3.49.30

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rappresentanti della stirpe di Cristo, l'attività del Priorato fu da allora improntata più sull'intrigo e sulla cospirazione politica che sui compromessi dinastici e sui matrimoni tra famiglie nobili com'era avvenuto per secoli.

Le congiure Nel XVI secolo la casata di Lorena e il suo ramo cadetto dei duchi di Guisa, concertarono per rovesciare la dinastia dei Valois dal trono di Francia e per apportare modifiche istituzionali nel seno stesso della Chiesa. Ad esempio, nel 1562 il cardinale Carlo di Lorena nel corso del "Concilio di Trento" propose di decentrare i poteri del Papato conferendo più autonomia alle diocesi locali, e di restaurare la gerarchia ecclesiastica così come era stata ai tempi dei monarchi merovingi. Le due casate si avvalsero nel loro impegno di una fitta rete di spie e di emissari segreti. In questo contesto, sembra che i Lorena si fossero avvalsi dell'opera del celebre veggente Michel Nostradamus, il cui nonno Jean de Saint Rémy era stato un frequentatore assiduo della corte di Renato d'Angiò e suo consigliere particolare. Secondo una tradizione popolare ben conosciuta in Francia, Nostradamus sarebbe stato iniziato a un grande segreto in seno alla corte dei duchi di Lorena. Avrebbe alloggiato nella abbazia di Orval, dove gli sarebbe stato messo a disposizione un libro misterioso e basilare della tradizione sul "sang réal". Un testo su cui si sarebbe basata la sua attività profetica degli anni seguenti. Nella prima metà del 17° secolo la Francia era governata non tanto dal re Luigi 13°, quanto dal primo ministro cardinale Armand Jean di Richelieu. Le aspirazioni dei duchi di Lorena erano incentrate sul fratello minore del re, Gastone di Orléans, sposo della sorella del duca di Lorena. Il frutto del loro matrimonio sarebbe stato un discendente in linea femminile della stirpe di Cristo. I tentativi di deporre Luigi 13° fallirono quando sua moglie Anna d'Austria, dopo ventitre anni di matrimonio, diede alla luce un erede. Considerando la notoria "impotentia coeundi ac generandi" del sovrano in carica, si vociferò che il nascituro fosse stato figlio del cardinale Giulio Mazzarino del quale, secondo le malelingue di corte, la regina sarebbe stata amante. Quando nel 1642 morirono http://www.prioratodision.org/testi.htm (7 di 14)22/05/2006 3.49.30

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sia Luigi 13° che Richelieu, la reggenza della monarchia francese venne assunta da Mazzarino in nome di Luigi, re ancora in fasce. La situazione provocò la reazione delle fazioni che appoggiavano i Lorena. I partigiani cominciarono a provocare in tutta la Francia insurrezioni popolari, sedizioni e congiure che si protrassero, con fasi alterne di recrudescenza, per circa dieci anni. Questo periodo è passato alla storia con il nome di "Fronda". I "frondisti" posero il loro centro operativo a Stenay, l'antica capitale dei sovrani merovingi, forse non a caso. I promotori della rivolta fallirono gli obiettivi, il cardinale Mazzarino conservò la carica di primo ministro e il suo presunto figlio salì al trono di Francia con il nome di Luigi 14°.

La “santa compagnia” Il filologo Alphonse Cerri sul finire dell'Ottocento produsse dei documenti cartacei nei quali erano evidenziati i propositi di sir Robert Boyle, considerato il capo del Priorato fino al 1691, di sciogliere addirittura l'istituzione. Le sue intenzioni sarebbero state sostenute anche da alcuni autorevoli componenti del sèguito dei duchi di Lorena. Ma avvenne un fatto imprevisto che diede nuovo vigore alle mire secolari dei sostenitori del “sang real”. Negli anni tra il 1625 e il 1629, era stata fondata una congregazione religiosa di stretta matrice ortodossa cattolica da un cugino di Gastone d'Orléans e da Vincenzo da Paola, detta “Compagnia del Santo Sacramento”. Certi ricercatori anglosassoni gli attribuiscono il nome di Vincent de Paul, altri ancora quello di Vincenzo de’ Paoli. Da Paola fu il confessore di re Luigi 13° e fu fatto santo quasi un secolo dopo la morte. Nell'arco di una manciata di anni la Compagnia divenne uno strumento formidabile di propaganda del Priorato. Tanto è vero che Alphonse Cerri ritenne che la congregazione non fosse altro che una delle tante denominazioni assunte dal Priorato nel corso dei secoli. Le attività della Compagnia si basarono sulla segretezza, sull'intrigo e sulla impostazione della fede cattolica in senso autoritario. La Compagnia destò subito una vigorosa ostilità negli ambienti religiosi moderati. Fu osteggiata particolarmente dai Gesuiti che, nelle dottrine della Compagnia http://www.prioratodision.org/testi.htm (8 di 14)22/05/2006 3.49.30

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del santo Sacramento, ravvisavano pericolose tendenze eretiche. Nel 1651 Philippe de Carnot, vescovo di Tolosa, accusò la Compagnia di eseguire pratiche empie e gravi irregolarità nelle cerimonie di affiliazione dei nuovi membri. Poi fu soppressa con un decreto reale nel 1660, tuttavia continuò l'attività fino al 1665 ignorando completamente le disposizioni a carico organizzandosi sugli schemi di un'autentica società segreta. Se ne persero le tracce sul finire del 19° secolo. Entrò a fare parte della congregazione anche Jean Jacques Olier, il fondatore del celeberrimo seminario parigino di Saint Sulpice. Probabilmente tale episodio provocò lo spostamento del centro operativo del Priorato da Stenay a Parigi. Un personaggio particolarmente legato alla Compagnia del Santo Sacramento fu Nicolas Fouquet, che ricoprì per alcuni anni la carica di sovrintendente alle finanze della corona, da molti storici riconosciuto come la persona più influente della diplomazia francese di quel periodo. Egli seppe organizzare una fitta rete sommersa di aristocratici, di magistrati e di poliziotti che sfidò apertamente, in più di una occasione, le leggi vigenti in materia di ordine pubblico. Persona molto capace e attiva, Fouquet sarebbe stato in possesso di documenti del 6° e del 7° secolo attestanti le origini della dinastia merovingia, documenti che avrebbe usato come arma nei confronti di esponenti di spicco della corte di Francia. La Compagnia fu appoggiata non solo da Fouquet, ma anche dai suoi fratelli Louis e Charles e dalla madre, tutti ricoprenti ruoli privilegiati nella società ed eminenti membri della congregazione. Furono i massimi protettori del grande pittore Nicolas Pussin, il quale si sarebbe cimentato in soggetti pittorici allegorici rimasti famosi. Ad esempio, il dipinto a cui fu posto il nome di "Les bergers d'Arcadie", un quadro che divenne celebre per il suo coinvolgimento, sotto il profilo simbolistico, nel noto "affaire Saunier" esploso a Rennes le Chateau sul finire dell'Ottocento. Nicolas Fouquet fu fatto arrestare per spionaggio da re Luigi 14° nel 1661. La mobilitazione della Compagnia a favore del sovrintendente, nel corso dei quattro anni del processo, fu appassionata e totale. Grazie alla complicità di due giudici e alla corruzione, nonostante che il sovrano pretendesse la condanna capitale, Fouquet venne condannato all'ergastolo nel 1665. In carcere fu tenuto in rigoroso isolamento. Morì due anni più tardi. L'anno della condanna di Nicolas Fouquet coincise con la http://www.prioratodision.org/testi.htm (9 di 14)22/05/2006 3.49.30

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determinazione della Compagnia di agire nella più completa segretezza.

Elites culturali Alcuni documenti attesterebbero che la prima loggia massonica francese fosse stata istituita nel 1723 da un inglese, Charles Radclyffe, a Parigi. Il personaggio è ancora oggi immerso in un fitto mistero, forse per la sua abitudine di agire attraverso degli intermediari e di scrivere adottando sempre nuovi pseudonimi. Uno dei più celebri portavoce di Radclyffe fu lo scozzese Andrew Ramsay, a ragione considerato dagli storici il principale divulgatore in Europa della Massoneria. Fu protetto ed aiutato finanziariamente dai duchi di Buglione, e da questi esortato ad eseguire numerosi viaggi di collegamento tra le logge massoniche francesi e britanniche. Andrew Ramsay è rimasto tuttavia famoso per la sua "Orazione" tenuta a Parigi nel 1737 e data alle stampe un anno dopo, che costituisce un dettagliato excursus storico sulle origini della Massoneria in Inghilterra e che rimane un'opera fondamentale in argomento. Radclyffe e Ramsay sostennero di essere comandati e sostenuti nell'attività divulgativa da una organizzazione occulta con sede a Parigi, organizzazione che sarebbe stata depositaria di segreti sconvolgenti legati alla figura di Gesù Cristo e alla Chiesa cattolica. Il riferimento al Priorato di Sion, o che dir si voglia alla Compagnia del Santo Sacramento, fu scontato. Il Priorato sembra avesse fatto notare la sua presenza anche negli ambienti culturali dell'epoca. E' questo il periodo della grande rivoluzione in Francia, dei mutamenti degli assetti politici, della turbolenza delle alleanze e delle diplomazie non solo in campo locale ma anche internazionale. In tali circostanze il Priorato cambiò i propri strumenti di attività rivolgendo l'attenzione alle élites culturali del tempo. D’altra parte la variazione degli atteggiamenti, delle armi e della varie denominazioni usate dal Priorato fu una costante nella sua storia. Il massimo esponente della variazione di rotta fu il novelliere francese Charles Nodier, tra l'altro indicato dalla tradizione come capo del Priorato fino al 1844. Scrittore estroso e prodigo di vanterie, attirato delle belle http://www.prioratodision.org/testi.htm (10 di 14)22/05/2006 3.49.30

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donne e giocatore d’azzardo praticante e fervente, Nodier era reputato letterato di fama grazie all'ascendente conquistato con la campagna denigratoria condotta per anni contro Napoleone Bonaparte. Nodier citò spesso il Priorato con il nome di "Philadélphes". Nel suo saggio "Storia delle società segrete nell'esercito sotto Napoleone" ne tracciò i contorni storici velandoli con allusioni. Il testo provocò nell'opinione pubblica francese una vera psicosi circa l'esistenza di organizzazione segrete. Fu un atteggiamento sociale dai contorni spesso addirittura patologici, anche animato dalla pubblicazione di opere di famosi occultisti del tempo, tra i quali Eliphas Lévi e Paul Christian considerati come i precursori del movimento spiritista in Europa. Nella Francia di fine secolo, peraltro, pullularono i circoli spiritualistici ed esoterici. Tra questi furono famosi quelli di Claude Debussy e di Stéphan Mallarmè, di Stanislao de Guaita e del celeberrimo satanista Jules Bois coofondatore, con Marcus MacGregor Mathers, dell'"Ordine della Golden Dawn" in Inghilterra. Fu il periodo in cui Gérard d'Encausse, più noto con lo pseudonimo di Papus, pubblicò a Parigi il suo studio sui Tarocchi e sulla divinazione che rimase fondamentale per i cultori dell'argomento. In questa atmosfera pregna di occultismo magico emerse la figura di un altro letterato, Joséphin Pèdalan, fondatore dell'"Ordine della Rosacroce, del Tempio e del Graal". La sua attività sarebbe stata sostenuta economicamente dal Priorato. Nel 1889 Pédalan fece un viaggio in Egitto e in Palestina. Quando tornò a Parigi dichiarò pubblicamente di avere scoperto a Gerusalemme la tomba di Gesù Cristo nei sotterranei della moschea di Omar. La stampa dell'epoca definì la dichiarazione talmente profonda e sbalorditiva che sarebbe stata destinata a scuotere la cultura cattolica fin dalle fondamenta. Ma ciò non avvenne, in considerazione del fatto che l'annuncio di Pédalan rimase lettera morta non avendo potuto dimostrare che non solo l'eccezionale scoperta, ma anche l'autenticità del reperto, fossero veritiere. Quantunque si dichiarasse cattolico, Pédalan insistette nell'affermare che Gesù fosse stato mortale, un re della Giudea, affatto risorto dalla morte, la cui stirpe si sarebbe perpetuata in Europa. In pratica egli riprese dalle radici la tradizione propria del Priorato di Sion. Tradizione che, è bene sottolinearlo, cominciò ad essere pienamente nota in Europa soltanto al http://www.prioratodision.org/testi.htm (11 di 14)22/05/2006 3.49.30

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termine del primo conflitto mondiale. C'è da aggiungere che Pédelan fu legato da solidi vincoli di amicizia ai romanzieri Maurice Barrès e Victor Hugo, personaggi spesso indicati come capi del Priorato. Un'altra personalità della cultura che viene messa ripetutamente in relazione con l'attività del Priorato, fu Jean Cocteau. Questi, artista poliedrico e vivacissimo, si legò in gioventù agli ambienti bohémiens della capitale francese. Uscito a fatica da una serie d'affari di oppio e di relazioni omosessuali, Cocteau divenne un profondissimo conoscitore delle tradizioni ermetiche, e in genere delle correnti esoteriche del suo tempo. E' rimasto celebre un suo affresco del 1960, eseguito inspiegabilmente all'interno della chiesa di Notre Dame de France a Londra tre anni prima della morte, denominato "crocifissione magica". Nel dipinto Cocteau stravolse l'iconografia classica della scena. Molti critici hanno sostenuto che l'artista non abbia voluto raffigurare il supplizio di Cristo, bensì proporre un omaggio alle tradizioni rosacrociane come personale testamento iniziatico.

Il Priorato in Italia Negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra d'indipendenza, combattuta dal Regno di Piemonte e gli alleati francesi contro l'Austria nel 1859, si sviluppò un'intensa opera diplomatica di un giovane avvocato piemontese, Costantino Nigra. Fedele esecutore dei piani di Camillo Benso di Cavour, secondo il pensiero di alcuni storiografi sarebbe stata proprio l’attività di Nigra a indurre l'imperatore Napoleone III a farsi alleato dei Piemontesi e combattere una lotta che, dopo alterne vicissitudini e pochi anni dopo, avrebbe portato all'unificazione geopolitica della nazione italiana. Nigra, nel corso degli anni trascorsi in Francia fu molto legato agli ambienti culturali parigini e frequentò assiduamente i salotti letterari che facevano capo a Victor Hugo, già scrittore di fama e indicato come il capo del Priorato fino al 1885. Inoltre il diplomatico piemontese strinse rapporti con i duchi di Lorena su questioni avulse dalla prassi diplomatica. Anzi, per la loro natura, tali rapporti avrebbero potuto inficiare l'esito positivo della missione affidata da Cavour. Certe voci ben diffuse sostennero che Nigra, notoriamente legato http://www.prioratodision.org/testi.htm (12 di 14)22/05/2006 3.49.30

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anche agli ambienti massonici parigini, avesse presieduto un collegio segreto formato da uomini politici autodefinitisi "Difensori di Nostra Signora di Sion", alla cui base dottrinaria vi sarebbe stato il culto di Maddalena e lo studio di passi biblici apocrifi che l’avrebbero riguardata. Per quanto concerne i periodi storici precedenti, sembra che alcuni celebri italiani fossero stati collegati al Priorato e che ne avessero in qualche modo divulgato l'opera. Sandro Filipepi, detto Botticelli, avrebbe retto il Priorato negli anni compresi tra il 1483 e il 1510, così come Ferdinando Gonzaga dal 1527 al 1575, zio di quel Luigi, membro dell'Ordine dei Gesuiti, che fu poi fatto santo. Questi dati fanno parte della tradizione, non sono sostenuti da prove storiche certe. Alle tematiche culturali proprie del Priorato si ispirò il pittore Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino. Una delle sue opere pittoriche principali, il "Seppellimento e Gloria di Santa Petronilla" e alcune sue composizioni di ispirazione arcadica, attirarono l'attenzione di alcuni storici tedeschi dell'esoterismo nonchè di studiosi francesi d'arte antica i quali, tra l'altro, misero in relazione la sua arte alla storia del Priorato.

Presunti grandi-maestri del Priorato di Sion

Hugues des Payens (1119 - 1136) * Robert de Craon (1136 - 1147) * Evrard de Barres (1147 - 1150) * Hugues de Blanchefort (1150 1151) * Bernard de Tramelay (1151 - 1153) * Guillaune des Chanaleilles (1153 -1154) * Frère Evrard (1154) * Andrèe de Montbard (1155 - 1156) * Bretrand de Blanchefort (1156 - 1169) * Philippe de Naplouse (1169 - 1170) * Eudes de Saintamand (1170 1180) * Arnaud de La Touruge (1181 - 1184) * Gérard de Ridefort (1184 - 1187)

(il magistero di questi avrebbe incluso anche quello dell’Ordine Templare), http://www.prioratodision.org/testi.htm (13 di 14)22/05/2006 3.49.30

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poi

Jean de Gisor (1187 - 1220) * Nicholas Flamel (1330 - 1410) * Renée d’Aniou (1418 - 1480) * Sandro Filipepi, il Botticelli (1483 1510) * Leonardo da Vinci (1510 – 1519) * Robert Fludd (1595 1635) * Johannes Valentin Andrae (1635 - 1657) * Robert Boyle (1654 – 1692) * Isaac Newton (1691 - 1727) * Charles Radclyffe (1727 - 1746) * Charles de Lorraine (1746 – 1780) * Charles Nodier (1801 1844) * Victor Hugo (1844 - 1885) * Claude Debussy (1885 - 1916) * Jean Cocteau (1916 - 1957) * Angelo Giuseppe Roncalli, papa Giovani XXXIII (1957 - 1963) * (?)

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di Gabriele Petromilli (versione in vendita esclusivamente in formato E-book)

Devo innanzi tutto premettere che il mio lavoro è stato composto almeno tre anni prima che l’argomento fosse stato divulgato in un romanzo seppure in modo approssimativo da uno scrittore statunitense, narrazione che, come è noto, ha ottenuto enorme e di inimmaginabile successo. Inoltre i contenuti originari del lavoro non sono stati modificati in alcuna loro parte. Remore d’ordine religioso, che sembrano ora essere superate, hanno rimandato la pubblicazione del testo. La mia ricerca è nata dall'esigenza di compendiare in modo sintetico ed esaustivo tutta la grandissima mole di ipotesi e di illazioni, ma anche di dati storici e biblici verosimili, che riguarda non tanto l'identità storica di Gesù Cristo, quanto le circostanze che si sono determinate in base a una teoria non ortodossa sulla figura di Cristo e sulla sua presunta discendenza. In particolare in merito a un'organizzazione segreta, il Priorato di Sion, che avrebbe tramandato simile tradizione attraverso i secoli fino ai giorni nostri. E’ però opportuno sgomberare il campo da presupposti che potrebbero inficiare la comprensione di quanto riportato. Questi concetti ruotano intorno a due fatti fondamentali e concatenati: mentre è storicamente improbabile che Gesù Cristo, così come è stato tramandato dagli evangeli, fosse esistito realmente, di contro risulta essere molto più verosimile l’esistenza di una organizzazione segreta che avrebbe operato per perpetuarne la discendenza al potere. Le circostanze sembrano essere a priori in http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (2 di 12)22/05/2006 3.51.03

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contraddizione dal momento che nessuno si assumerebbe l’impegno di sostenere una pretesa discendenza di un capostipite mai esistito. Ma la circostanza può essere giustificata e interpretata tenendo in conto la candida fede nelle narrazioni evangeliche, anche apocrife, che ha intriso le tradizioni religiose proto medievali, e attraverso l’esegesi celebrativa di una dinastia - quella dei monarchi Merovingi - dalle origini oscure e barbariche, apologie espresse in origine per scopi di potere e di particolarismo dinastico. In tal senso, l’organizzazione segreta chiamata "Priorato di Sion" sarebbe stato istituita ed avrebbe agito per secoli sulla base di dati storici irreali o quanto meno contraffatti. La maggioranza degli studiosi e dei biblisti legati all’ortodossia cattolica affermano che il "Priorato di Sion" fosse mai esistito. In particolare, che fosse stato la creazione più metastorica che letteraria d’una combriccola di studiosi francesi, burloni ed interessati in solido, i quali nei primi decenni del Novecento avrebbero falsificato documenti ed elaborato teorie atte a renderne credibile l’esistenza. Le situazioni che si sarebbero ingenerate sarebbero state riprese e divulgate da alcuni giornalisti inglesi attraverso libri di forte impatto emotivo ma di nulla consistenza storica o biblica. Le opinioni di questi critici non mancano di intelligenza e di profondità di analisi. Ma ancora prima dei probabili imbrogli francoinglesi si sono verificate circostanze di contenuto religioso ben documentate, che peraltro possiedono la connotazione di veri e propri enigmi storici, di misteri interpretabili soltanto alla luce delle pretese finalità di un’organizzazione segreta con intenti religiosi. Il mio lavoro è nato dall’intento di rendere più chiare quelle vicende storiche che sembrano essere collegate al Priorato. Sotto il profilo puramente documentativo, è stato un lavoro di analisi su tradizioni religiose e su racconti estremamente specifici, su passi evangelici http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (3 di 12)22/05/2006 3.51.03

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apocrifi e su documenti medievali, moderni e contemporanei. E' stato un lavoro di comparazione di dati storici accertati con avvenimenti ipotetici ma consolidati in seno ad una certa cultura iniziatica e ai miti attinenti alle dottrine misteriche del cristianesimo delle origini. I dati emersi dalla ricerca sono esaurienti, quantunque siano affiorati attraverso un "ordine caotico" ricchissimo di materiali spuri, attinenti più a elementi letterari che a situazioni storiche propriamente dette. Da qui la necessità di scremare, di sintetizzare nel migliore modo possibile i dati certi, di evitare la narrazione di tutto ciò che potrebbe distogliere dalla comprensione corretta dei contenuti del lavoro. Tanto che ogni frase del testo racchiude un'opera spesso improba di sintesi e di precisa scelta lessicale. Infine una considerazione doverosa. La ricerca è stata affatto condotta con intenti polemici nei confronti dell’ortodossia dottrinale del Cristianesimo, ma la pubblicazione dei risultati costituisce un impegno puramente storiografico a rendere conosciuti certi aspetti inquietanti della religione cristiana in maniera finalmente chiara e storicamente coerente.

(Gabriele Petromilli)

Il testo si compone di circa quaranta pagine PC, in time new roman, corpo dodici. Tutti i diritti sono riservati. Ha quattro capitoli, un’appendice storica sui monarchi merovingi e un elenco di testi di riferimento. I capitoli sono ripartiti in paragrafi dal titolo: Capitolo 1: http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (4 di 12)22/05/2006 3.51.03

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Le stranezze degli evangeli - La Palestina del primo secolo - Il re maestro - La scena della crocifissione - La famiglia di Cristo. Capitolo 2: Le eresie sul Cristo - Personaggi densi di mistero - Dati storici di una dinastia - L’enigma dei conti di Razès. Capitolo 3: Le incerte origini dei Templari - I cento volti del Priorato - Una santa compagnia - Massoneria ed èlitès culturali - Il "sang rèal" in Italia. Capitolo 4: I documenti segreti - Il tesoro di Berénger Saunière - I Protocolli di Sion - Le provocazioni di monsignor Lefèbvre. NOTA BENE Per richiedere il libro in e-book "IL PRIORATO DI SION", è necessario eseguire un versamento di euro 6 tramite Poste - Pay al numero 4023-60041505-2895 intestato a Gabriele Petromilli. Alla semplice notifica per e-mail ([email protected] o g. [email protected]) da parte dell’interessato dell’avvenuto http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (5 di 12)22/05/2006 3.51.03

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pagamento, sarà immediatamente inviato sempre per e-mail un file in formato .doc o .pdf, (E-book) contenente l’intero testo, da poter poi stampare o leggere attraverso il monitor del PC. Si specifica che i proventi economici derivati, in ottemperanza alla definizione giuridica no-profit della associazione produttrice, sono reinvestiti interamente per attività culturali di pubblico interesse.

IL BACIO DI ISIDE (il mistero nella vita dei marchigiani illustri) di Gabriele Petromilli (versione in vendita esclusivamente in formato E-book)

Iside “ la bella dea dalla pelle del color dell’ebano” fu una divinità originaria dei territori del delta del Nilo, associata al culto di Osiride, suo sposo-fratello, dio del sole e della vita. Con il passare dei secoli, particolarmente in epoca tolemaica, la sua venerazione si estese alle tradizioni religiose dei popoli mediterranei, poi si erse alle vette d’una latria di valenza universale. Originariamente http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (6 di 12)22/05/2006 3.51.03

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adorata come simbolo di sposa e di madre e guida dei naviganti, la figura della dea si mutò gradualmente in una sorta di divinità polimorfa le cui attribuzioni, divenute misteriche per l’accentuazione dei legami con l’oltretomba, vennero considerate emblemi della fecondità e della trasformazione. Secondo le leggende Iside avrebbe carpito il nome segreto di Ra, il padre di tutti gli dei. Grazie a questo atto ella avrebbe esteso la propria influenza su tutto l’universo al pari della potenza del dio. Sotto tale accezione gli ambienti iniziatici del passato ne fecero il simbolo del segreto della morte e della vita, della resurrezione dello spirito, del mistero che pervade le umane cose, dei meandri insondabili che plasmano l’esistenza delle realtà visibili e non visibili del cosmo. La dea Iside è ora generalmente considerata il simbolo delle dottrine arcane e del mistero. Il titolo scelto per questo lavoro intende mettere in evidenza il tocco, l’intromissione anche non desiderata del mistero, in ogni sua forma, nella vita di ogni uomo. In particolare in quella delle personalità che, grazie alle loro attività in ogni campo dello scibile umano e secondo le loro specifiche attitudini, hanno reso migliore attraverso i secoli la terra della Marca. http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (7 di 12)22/05/2006 3.51.03

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Questo lavoro è il primo ed ancora unico tentativo di riportare in un solo testo i racconti orali oppure trascritti, spesso sottaciuti o fuori dalle documentazioni storiche rigorose, connessi al rapporto che i grandi marchigiani hanno avuto con il mistero. Che ne sono stati baciati con consapevolezza, oppure soltanto casualmente. Gli episodi sono stati esposti in maniera aneddotica e riportati volutamente in sintesi per non gravare una narrazione altrimenti pesante, considerato il numero delle personalità e dei fatti presi in esame. Per questo motivo i personaggi sono stati citati in ordine alfabetico e non di importanza, mentre i singoli racconti si muovono attraverso un’esposizione a schede. E’ probabile che gli episodi narrati riguardanti un personaggio non siano stati, per lui, gli unici baci ricevuti da Iside. O che altri illustri marchigiani non riportati nel testo, ne abbiano avuti di furtivi rimasti ancora sconosciuti. (Gabriele Petromilli)

NOTA BENE Per richiedere il libro in e-book http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (8 di 12)22/05/2006 3.51.03

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"IL BACIO DI ISIDE", è necessario eseguire un versamento di euro 6 tramite Poste - Pay al numero 4023-6004-1505-2895 intestato a Gabriele Petromilli. Alla semplice notifica per e-mail ([email protected] o [email protected]) da parte dell’interessato dell’avvenuto pagamento, sarà immediatamente inviato sempre per e-mail un file in formato .doc o .pdf, (Ebook) contenente l’intero testo, da poter poi stampare o leggere attraverso il monitor del PC. Si specifica che i proventi economici derivati, in ottemperanza alla definizione giuridica no-profit della associazione produttrice, sono reinvestiti interamente per attività culturali di pubblico interesse. Il libro rimarrà in rete per un limitato periodo di tempo. Si specifica che i proventi economici derivati, in ottemperanza alla definizione giuridica no-profit della associazione produttrice, sono reinvestiti interamente per attività culturali di pubblico interesse.

CASUS 167 MAGIA E SUPERSTIZIONI NELLE MARCHE di Gabriele Petromilli (in vendita in versione cartacea normale)

Nel 1702 venivano pubblicate a Forlì, a cura dall’abate Filippo Onofri, le “Decisiones Prudentiales Casuum er Quaesitorum http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (9 di 12)22/05/2006 3.51.03

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Conscientiae” del frate inquisitore Prospero Domenico Maroni di Cagli. Il titolo dell’opera suona in italiano pressappoco come “Componimenti pratici secondo coscienza su casi e su inchieste”. Il componimento di Maroni è il risultato di atti canonici discussi mensilmente alla curia vescovile di Cagli, centro dell’entroterra marchigiano nei pressi di Urbino, durante il mandato episcopale di monsignor Benedetto Luperti (1696-1700), a riguardo delle pratiche magiche e superstiziose diffuse nel territorio feltresco fin dal Medioevo. I casi riportati da fra’ Maroni furono168. Solamente il centosessantasettesimo è preso in esame nel testo qui proposto. E’ il casus prudentialis (da cui il titolo del libro) che va sotto la denominazione originaria di “de superstizione”. Vi si descrivono le pratiche delle persone dedite alla superstizione, alla vana osservanza e alla magia. Partendo dall’analisi del testo originale e dalla inchieste svolte nel corso di un decennio, Gabriele Petromilli ha verificato quanto è rimasto ai giorni nostri delle pratiche già descritte da Maroni in seno alla popolazione marchigiana. Il lavoro si muove su una linea storica e antropologica ed è diviso in quattro capitoli. Più precisamente, nel primo viene esaminato il “de superstizione” del frate inquisitore, nel secondo c’è http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=10&Itemid=35 (10 di 12)22/05/2006 3.51.03

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l’elenco delle forme di superstizione, nel terzo sono definiti i contenuti dell’occultismo popolare antico e moderno, nel quarto sono evidenziate le sue forme di estrinsecazione nel contesto sociale contemporaneo della popolazione marchigiana. Il testo è essenzialmente un lavoro di documentazione storica sia per i curiosi e gli appassionati del genere, sia per chi voglia approfondire attraverso un valido elemento di documentazione uno spaccato di tradizioni e di storia popolare. Gabriele Petromilli. “Casus 167. Magia e superstizioni nelle Marche”. Edizioni del Veliero, Pesaro 1992. Pagine 99. Costo del libro: 7,50 euro (più 1,50 euro per imballaggio e spedizione per posta ordinariastampe). Per ricevere il libro: versamento di 9 euro su carta posta-pay a nome di Gabriele Petromilli n. 408.6004.1505.2895. Per accelerare la spedizione, si consiglia di comunicare subito per e-mail ([email protected] o g. [email protected] ) di “Informazioni Templari” l’avvenuto versamento.

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In apertura di portale riportiamo gli avvenimenti salienti, con la relativa cronologia, che hanno contrassegnato la storia dell’Ordine Templare. L’elencazione fornisce un compendio generico, esaustivo ed esatto, delle vicende e degli argomenti trattati a beneficio di quanti si accostino per la prima volta alla materia.

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ORDINE DEL TEMPIO DI GERUSALEMME (1119 - 1312) - guida per l’approccio alla materia -

LE ORIGINI ° Secondo le indicazioni fornite dal cronista medievale Jacques de Vitry, l’Ordine sarebbe stato istituito nel novembre del 1118 a Gerusalemme da nove nobili europei guidati da Hugues de Payens (o Ugo de Paganis?). ° I fondatori avrebbero chiamato il sodalizio “Poveri Cavalieri di Cristo”. Sarebbe stata concessa loro come sede un’ala dell’antico Tempio di Salomone. Il fine dichiarato dei fondatori sarebbe stato di proteggere e sostenere i viaggiatori europei in pellegrinaggio ai luoghi della Palestina sacri alla cristianità. ° Alcuni storici ritengono che l’Ordine abbia avuto inizio in Francia in anni precedenti a quelli riportati ufficialmente. Ne farebbero riferimento due documenti, considerati autentici, datati 1096 e 1112. La circostanza nasconderebbe finalità differenti dell’Ordine da quelle esplicitamente dichiarate secondo de Vitry. ° 1119. L’Ordine viene ufficialmente riconosciuto dal sovrano di Gerusalemme Baldovino II e dal patriarca della stessa città. Dal nome della sede originale dell’Ordine, i cavalieri sono chiamati “milites templi”, da cui Templari. ° 1122. Presumibilmente da questa data i Templari prendono l’usanza di assumere i voti monastici secondo la regola agostiniana. Stando ad alcuni documenti non tutti avrebbero assunto il sacerdozio, limitando l’impegno all’obbedienza e http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (2 di 14)22/05/2006 3.52.06

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all’osservanza di norme comuni di comportamento. ° 1128. Bernardo da Chiaravalle redige la “regola” ufficiale, i cui punti sono in parte modificati in tempi successivi. La regola, contenuta nella “Lauda a la nova militia”, è approvata nel corso del Concilio di Troyes. ° 1129. Papa Onorio II ratifica la regola e ingloba l’Ordine nelle istituzioni ufficiali della Chiesa. Concessione dei primi privilegi.

L’ORDINE IN MEDIO ORIENTE (OUTREMER) L’Ordine persegue la politica di sostegno militare ed economico nei confronti dei potentati cristiani di Terrasanta e verso i sovrani del Regno Latino di Gerusalemme. Intreccia rapporti diplomatici con alcuni sultanati locali e si distingue nella conservazione e nella valorizzazione delle più importanti reliquie della cristianità. La sua fine è comune a quella dei principati cristiani e degli altri ordini religiosi combattenti. Abbandona l’Outremer dopo la caduta di San Giovanni d’Acri, ultima roccaforte cristiana di Terrasanta. ° 1147. Papa Eugenio III concede all’Ordine l’uso della “croce patente” di colore rosso, all’epoca il massimo emblema del potere pontificio. La croce diventa il marchio ufficiale dei Templari. L’Ordine viene completamente militarizzato. ° 1148-1149. Vengono composti i “Retrais”, norme che definiscono l’organigramma gerarchico dell’Ordine e sanciscono il comportamento privato dei singoli cavalieri. ° 1170. Screzi diplomatici rilevanti http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (3 di 14)22/05/2006 3.52.06

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tra l’Ordine e il sovrano di Gerusalemme Amaury I. Scontri violenti con l’Ordine Ospedaliero. ° 1177. Battaglia di Montgisard. Nell’occasione un piccolo contingente di cavalleria templare annienta l’esercito del sultano Ysuf ibn Ayyb Salahal Din (Saladino). ° 1185. Insorgono screzi per la successione al trono di Gerusalemme tra l’Ordine e Guido di Lusingano. Ricomposizione delle liti. ° 1187. L’esercito cristiano è battuto da Saladino ai Corni di Hattin. Circa 280 Templari sono massacrati: è il più grave rovescio militare subito dall’Ordine. ° 1192. L’Ordine sostiene con uomini e danaro la crociata del sovrano inglese Riccardo Cuor di Leone. Papa Innocenzo III conferma i privilegi all’Ordine di Terrasanta con la bolla “Omne datum optimum”. ° 1203. Gravi contraccolpi politici come conseguenza del “sacco di Costantinopoli” perpetrato dalla Repubblica di Venezia. L’Ordine ne rimane indirettamente coinvolto. ° 1219. Ratifica giuridica della “Compagnia del Santo Lavoro”, l’organizzazione laica di servizi logistici dell’Ordine operante in Medio Oriente. ° Dal 1230 al 1244. L’Ordine subisce la “tempesta” politica causata dall’imperatore Federico II. ° 1232. L’Ordine si allea con il sultano di Damasco nella lotta contro i Mongoli. ° 1234. Le tribù asiatiche karismene massacrano un contingente di cavalleria templare a Gaza. ° 1248. L’Ordine partecipa alla così detta “crociata di Damietta” del re francese Luigi IX il Santo. ° 1250. L’Ordine viene sconfitto nel Mansurah. La città di Damietta viene riconquistata dai mussulmani e Luigi IX è fatto prigioniero. I Templari rifiutano, ma poi concedono, denaro per il riscatto del sovrano. Queste vicende costituiranno il fondamento di alcuni capi d’imputazione contro http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (4 di 14)22/05/2006 3.52.06

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l’Ordine al processo del 1307-1312. ° 1291. Viene espugnata la città di San Giovanni d’Acri dopo un’epica resistenza dei Templari. L’Ordine è costretto a porre la sede nell’isola di Cipro. ° 1296-1297. L’Ordine trasferisce la sede magisteriale a Parigi.

L’ORDINE IN EUROPA L’Ordine persegue una politica di espansione economica, in termini territoriali e in campo diplomatico. Francia e Italia sono territori privilegiati. Si inserisce nella cultura religiosa attraverso l’elaborazione in chiave simbolistica e sincretica dei principi basilari del cristianesimo. Determina le scelte politiche delle monarchie. Ispira le principali forme di letteratura, di architettura, di navigazione e di finanza per circa due secoli. ° 1128-1129. Concilio episcopale di Troyes. Costituzione del primo possedimento templare in Europa nella regione della Champagne. ° 1130. L’Ordine forma la sua prima provincia in Inghilterra con le donazioni territoriali di re Enrico I Plantageneto. ° 1131. Assunzione di vasti territori in Fiandra, in Spagna e in Provenza. ° 1139. Papa Innocenzo III concede all’Ordine privilegi importanti nei confronti delle giurisdizioni ecclesiastiche, e implicitamente civili, con la bolla “Milites Templi”. ° 1147. Prima riunione a Parigi dei massimi dignitari dell’Ordine (capitolo generale). Estende la diffusione in Europa. Concessione papale dell’uso della croce patente. ° 1150 e seguenti. Da questo periodo l’Ordine opera la ripartizione capillare delle sue proprietà territoriali. Le province (lingue) http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (5 di 14)22/05/2006 3.52.06

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italiane vengono suddivise nelle amministrazioni dell’Alta Italia, della Bassa Italia e di Roma. A partire da questo periodo l’Ordine inizia anche l’opera meticolosa di tesaurizzazione dei propri beni, attività che lo rende in breve tempo l’organizzazione più ricca e potente del Medioevo. ° 1209. L’Ordine partecipa alla crociata contro i Catari. ° Dal tempo di Federico II di Svevia l’Ordine è coinvolto nelle lotte tra ghibellini e guelfi. I Templari diventano avversari politici dell’imperatore. ° 1296. Spostamento della sede magisteriale dell’Ordine dai dintorni di Limassol a Parigi. ° 1297. L’Ordine rifiuta la proposta di fusione con gli Ospedalieri sostenuta dal re francese Filippo IV il Bello. ° 1307. Il gran maestro Jacques de Molay, il gran precettore di Normandia Godfrey de Charnay e 140 Templari sono arrestati a Parigi. I Templari vengono attaccati simultaneamente ed arrestati in ogni luogo della Francia.

IL PROCESSO I capi di accusa contro l’ordine sono di alto tradimento e di usura nei confronti della corona di Francia, di commercio di schiavi cristiani, di eresia e di apostasia religiosa. D’ufficio vengono aggiunte imputazioni che vanno dalla idolatria alla sodomia. Jacques de Molay ammette sotto tortura le colpe di tradimento e di apostasia, poi ritratta. Per questo viene arso sul rogo. Precedentemente all’esecuzione, il pontefice aveva sospeso l’Ordine dalle funzioni istituzionali in seno alla Chiesa sulla scorta di un processo-farsa che ancora oggi fa discutere. Sui Templari sorgono le dicerie più http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (6 di 14)22/05/2006 3.52.06

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disparate e più fantasiose, escono dalla storia ed entrano nella leggenda. ° 1308 (marzo). Filippo IV il Bello indice l’assemblea degli “stati generali” a Tours per ottenere la ratifica popolare dell’azione intrapresa contro l’Ordine. ° 1308 (giugno). Papa Clemente V ordina la formazione di commissioni vescovili in tutta Europa per inquisire i Templari stanziati nelle singole diocesi. ° 1308 (agosto). Clemente V istituisce una commissione pontificia preparatoria al Concilio di Vienne. ° 1308 (novembre). Clemente V solleva l’Ordine dalle accuse di eresia e di apostasia religiosa. ° 1310 (aprile). Il giureconsulto Pietro da Bologna, patrocinatore della difesa, deposita un monumentale memoriale di innocenza. ° 1310 (maggio). Pietro da Bologna scompare nel nulla. ° 1310 (settembre). A Parigi sono mandati al rogo 150 Templari perché relapsi, ovvero ritrattatori di confessioni di colpevolezza già rese. ° 1311 (giugno). La commissione pontificia chiude i lavori a Maubuisson. ° 1311 (dicembre). Si apre il Concilio di Vienne per definire le sorti dell’Ordine. ° 1312 (marzo). Filippo IV entra a Vienne con un folto gruppo di armati per intimidire il papa e i vescovi riuniti a concilio. ° 1312 (aprile). Clemente V con la bolla “Vox clamantis in excelso” sospende l’Ordine dalle funzioni “… non in virtù di una sentenza giudiziaria, ma secondo una decisione di apostolica ordinanza”. ° 1312 (maggio). Clemente V con la bolla “Ad providam Christi vicari” disperde i beni dell’Ordine affidandoli agli Ospedalieri, e in misura minore alla corona francese. Negli anni successivi continua in Francia http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (7 di 14)22/05/2006 3.52.06

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l’attività dei tribunali ecclesiastici e le esecuzioni capitali di Templari relapsi. In Francia e in Italia sono distrutte, nascoste o tralignate sistematicamente le vestigia dell’Ordine. Quest’opera di demolizione è nota con il termine di “damnatio memoriae” e si protrae all’incirca fino alla seconda metà del XVII secolo. ° 1314 (18 marzo). Jacques de Molay e Godfrey de Charnay sono uccisi sul rogo a Parigi. Iniziano a prendere corpo le leggende sull’Ordine: tra le più immediate, il compimento della maledizione di morte lanciata da de Molay contro il re, il papa e Guglielmo di Nogaret; la presenza in un luogo nascosto dei tesori accumulati dai Templari; la fuga in Scozia del capitano Marc de Larménius (Marco l’Armeno) grazie al quale, unitamente alla attività del nipote di de Molay, sarebbe stata possibile la continuità storica e giuridica dell’Ordine.

LE IMITAZIONI A partire dagli inizi del XVIII secolo si diffondono in Europa tradizioni e testi che fanno dell’antico Ordine non solo oggetto di disquisizioni storiche erudite, ma anche punto di inizio di congetture di carattere esoterico. La framassoneria riveste un ruolo fondamentale in questo contesto. Ma specialmente attraverso l’opera di Bernard Fabrè Palaprat vengono diffuse credenze sull’Ordine che risultano essere improprie e affatto accertate nell’ottica di una rigorosa analisi storiografica. Il movimento di Palaprat negli anni successivi si frantuma per gradi in una miriade di organizzazioni, definite come “neotemplari”, tuttora presenti e operanti nella http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (8 di 14)22/05/2006 3.52.06

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società e nella cultura contemporanea. ° 1616. Pubblicazione a Strasburgo del libro di Johann Valentin Andrae “Chymische Hochzeit von Christian Rosenkreutz”, al quale fa seguito il testo “Confessio Famae Fraternitatis Rosae Crucis”. Entrambe le opere contengono riferimenti espliciti al simbolismo templare. ° 1737. Pubblicazione del libro di Andrè Michel de Ramsay “Discorsi sui Crociati e le Logge Francesi” con il quale viene rivendicata l’origine templarica della framassoneria. ° 1760. Pubblicazione del libro di Karl Gotthelf von Hund “Del Regime della Stretta Osservanza”, con il quale sono ribadite le tesi di de Ramsay. Fondazione della loggia massonica della “Stretta Osservanza Templare” da parte di von Hund. ° 1782. Frantumazione della “Stretta Osservanza” nel “Rito Scozzese Rettificato” di Ferdinando di Brunswick e nell’”Ordine dei Cavalieri Beneficenti della Città Santa” di Jean Baptiste Willermoz. ° 1804. Fondazione a Parigi dell’”Ordine del Tempio” di Bernard Raimond Fabrè Palaprat. Agli inizi del XIX secolo sono divulgati in Francia a cura dello stesso personaggio i testi di una “Charta” (della trasmissione dei poteri) e di un “Manuale dei Cavalieri del Tempio”. ° 1877. Pubblicazione ad Amburgo a cura di Wilhelm von Merzdorff dello “statuto segreto” dell’Ordine Templare, documento verosimilmente spurio, ritrovato nella Biblioteca Corsini di Roma da un alto prelato olandese. ° Dalla fine del XIX secolo si verificano filiazioni neotemplari in ogni paese europeo. Da queste prendono origine le più note organizzazioni neotemplari contemporanee. Tra queste, qui trascritte a caso: ° Supremus Militaris Templi http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (9 di 14)22/05/2006 3.52.06

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Hierosolimytani Ordo – SMTHO (prima del 1956: Ordo Supremus Militaris Templi Hierosolimytani OSMTH) ° Ordre Souverain et Militaire du Temple de Jérusalem – OSMTJ ° Ordre Souverein du Temple Solaire – OSTS ° Ordre Renovè du Temple – ORT ° Ordre Souverain du Temple Initiatique – OSTI ° Ordre des Chevaliers du Temple Saint – OCTS ° Supremus Ordo Equester Templi – SOET ° Ordo Militiae Templi – OMT ° Militia Crucifera ° De Molay International ° Knight Templars ° Roaring Twenties

TESTI FONDAMENTALI PER INTRAPRENDERE STUDI (lingua italiana - autori in ordine alfabetico) Alphandery Paul. “La Cristianità e l’idea di crociata”, Edizioni Il Mulino, 1974 Ambesi Alberto Cesare. “I Rosacroce”, Edizioni Armenia, 1975 Baigent M. – Leigh R. – Lincoln H. “Il Santo Graal”, Edizioni Mondadori, 1982 Barber Richard. “Cavalieri nel Medioevo”, Edizioni Piemme, 2004 Bordonove George. “Il rogo dei Templari”, Edizioni Longanesi, 1973 Cardini Franco. “Alle radici della cavalleria medievale”, Edizioni Giunti, 1982 Charpentier Louis. “I misteri dei Templari”, Edizioni Atanor, 1980 Demurger Alain. “Vita e morte dell’Ordine dei Templari”, Edizioni Garzanti, 1987 Evola Julius. “Il Mistero del Graal”, Edizioni Mediterranee, 1971 Iannaccone Mario Arturo. “Templari. Il martirio della memoria”, Edizioni Sugarco, 2005 http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (10 di 14)22/05/2006 3.52.06

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Lo Mastro Maria. “Dossier Templari”, Edizioni Convivio, 1991 Mola Aldo Alfonso. “ Storia della massoneria italiana”, Edizioni Bompiani, 1976 Petromilli Gabriele. “La Milizia del Tempio”, Edizioni Cavallo Alato, 1991 Valli Luigi. “Il linguaggio segreto di Dante e dei Fedeli d’Amore”, Edizioni Atanor, 1928

IMPLICAZIONI CULTURALI Teologia. La religiosità templare si basava essenzialmente sul concetto della unicità e della universalità di Dio e su tutte le implicazioni che ne derivano. Per tale ragione l’Ordine ebbe un alto rispetto per le altre due religioni rivelate, islam ed ebraismo, al di là delle contingenze imposte dalla mentalità medievale e dalle proprie funzioni istituzionali. Il culto per la Madonna, in genere per la “maternità sacra”, il culto per gli apostoli e per i protomartiri costituirono elementi di fondamento della religiosità dell’Ordine. Letteratura e poesia. I Templari hanno ispirato la maggior parte dei racconti medievali inerenti alla “cerca del Graal” del quale, secondo le leggende, sarebbero stati custodi materiali e mistici nello stesso tempo. Tuttavia nelle vicende e nei documenti storici inerenti all’Ordine, non sono presenti riferimenti espliciti alla reliquia. Dal fatto si deduce che la mitologia graalica fosse stata sconosciuta all’Ordine o che, come sostengono alcune tradizioni postume, nel suo seno fosse esistita invece una struttura parallela che ne conosceva e ne perpetuava le valenze iniziatiche in maniera segreta. Non essendone tuttavia accertata storicamente l’esistenza, si deve presumere che la connessione tra l’Ordine Templare e la mitologia del Graal sia stata una pura, per http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (11 di 14)22/05/2006 3.52.06

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quanto suggestiva, invenzione letteraria. La simbologia templare verosimilmente ha ispirato alcuni rimatori stilnovisti noti con il nome di “Fedeli d’Amore”. Architettura. E’ convinzione ormai consolidata, comunque non storicamente accertata, attribuire all’opera delle maestranze edili alle dipendenze dell’Ordine la costruzione delle cattedrali gotiche e di altri monumenti religiosi europei soprattutto se connessi al culto delle “madonne nere”. Secondo certe tradizioni, la stessa massoneria avrebbe preso origine in Scozia dalle corporazioni templari di architetti e scalpellini. Simbologia ed esoterismo. Sembra accertato che l’Ordine abbia elaborato una complessa simbologia religiosa desumendola dalla iconografia e dalle nozioni cultuali precristiane e cristiane delle origini, riadattandola alle proprie esigenze attraverso l’elaborazione di nuovi e originali concetti ideologici. Il simbolismo templare ebbe caratteristiche fondamentalmente sincretiche e sconfinò nel nozionismo esoterico ed iniziatico, laddove per esoterismo si intenda la conoscenza di dottrine religiose mantenute segrete e non necessariamente cristiane, e per iniziazione il privilegio di esserne i depositari. Massoneria. Secondo certe indicazioni storiche non accertate, la massoneria primitiva avrebbe preso origine dai Templari rifugiati in Scozia dopo gli arresti del 1307. Le primitive organizzazioni neotemplari costituitesi tra il XVIII e il XIX secolo non hanno fatto mistero della discendenza dalla massoneria la quale, a sua volta, ha vantato origini templari. Nel linguaggio criptico della massoneria contemporanea sono presenti terminologie e riferimenti iniziatici già peculiari dell’Ordine. Tradizioni occulte. A partire dai primi decenni del XX secolo si è diffusa la credenza dell’esistenza di http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=13&Itemid=44 (12 di 14)22/05/2006 3.52.06

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un ordine segreto antichissimo, il “Priorato di Sion”, concepito per portare al governo del mondo la stirpe di Gesù Cristo. Secondo un’infinità di notizie fondamentalmente tralignate, l’Ordine sarebbe stato istituito come aspetto palese del Priorato. Altre tradizioni, invece, sostengono che l’Ordine abbia posseduto una struttura occulta parallela a quella palese al di fuori del contesto parastorico inerente al Priorato. Tecniche militari, di navigazione e bancarie. La tattiche belliche dei Templari hanno fornito il modello agli schemi di battaglia delle cavallerie europee fino all’epoca napoleonica. Certe tradizioni sostengono che attraverso le conoscenze di navigazione degli ordini cavallereschi iberici, che a loro volta avrebbero attinto alle tecniche nautiche della marineria templare, si sarebbero rese possibili la mitica traversata verso l’America di Cristoforo Colombo e le successive spedizioni navali fino al secolo XVIII. Sembra però non possedere alcun valore storico la tradizione che attribuisce ai Templari la scoperta del Nuovo Mondo avanti il viaggio di Colombo. All’Ordine è attribuita l’invenzione della “lettera di credito”, già strutturata come un conto corrente bancario ante litteram. Fine (ricerche e testi a cura di Gabriele Petromilli)

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GLI UOMINI E GLI ACCADEMICI DI LAGADO (di Giovanni Melchiori)

Gulliver, il famoso personaggio nato dalla fantasia di Jonathan Swift, un giorno decide di fare visita all’Accademia di Lagado. E trova che i dotti

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dell’Accademia hanno realizzato una riforma radicale nel campo del linguaggio: hanno abolito le parole. Poiché le parole non sono altro che i nomi delle cose, i dotti di Lagado proponevano semplicemente che ognuno portasse con se gli oggetti corrispondenti all’argomento delle discussioni. Si potevano così vedere due dotti, curvi sotto il peso di un gravoso fardello, fermarsi in mezzo alla strada per posare a terra un sacco, svuotarlo del suo contenuto e conversare. E dopo un ora di colloquio aiutarsi reciprocamente a ripigliare il carico sulle spalle e riprendere ciascuno il proprio cammino. Il sistema, oltre a fare risparmiare il fiato e le corde vocali, aveva il vantaggio di fornire una lingua comune a tutti i popoli. Inoltre, in appositi magazzini si trovava poi ogni sorta di cose da usare nei dibattiti più complessi ed impegnativi. Ma, possiamo noi chiederci, come facevano i dotti di Lagado a parlare di valori attinenti allo spirito? Oppure parlare di ciò che è bene e di ciò che è male? Come avrebbero potuto, pur disponendo di enormi magazzini pieni di cose, esprimere concetti d’ordine morale? Ovviamente, nel loro sistema di comunicazione, non ci sarebbe stato posto per tutto questo. Oppure, quanto meno, sarebbe stato inesprimibile. Orbene, questa sembra essere la tesi di una certa cultura filosofica contemporanea, che ha del linguaggio un concetto in qualche modo simile a quello dei dotti di Lagado. Per essa, infatti, il linguaggio può solamente esprimere fatti, descrivere e indicare cose e situazioni d’ordine materialistico. Ogni discorso intorno ai valori morali, religiosi e, più universalmente spirituali, è assolutamente sterile e privo di senso. Se si ritiene questo, ci si trova esattamente nelle condizioni degli accademici della favola: pronunciare una parola o una frase equivale a mostrare una cosa, un oggetto qualsiasi. Ma poiché il bene ed il male, i valori e i disvalori, l’amore e l’egoismo, il dolore e la gioia, la speranza e la fede religiosa, non sono cose che si possono additare o mostrare, parlarne è impossibile, ed ogni

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discorso sui valori è privo di senso. Il primo e più autorevole assertore di questa tesi fu Ludwig Wittgenstein, celebre filosofo della “Scuola di Vienna”, la cui opera ha influenzato e continua ad influenzare vasti settori della cultura contemporanea. Per il filosofo nel mondo non vi sono valori. Partendo da una frase dell’”Amleto” (atto II, scena II): “Non c’è niente che sia buono o cattivo, ma è il pensiero che lo rende tale…”, Wittgenstein osserva che neppure i nostri pensieri, in effetti, possono definirsi buoni e cattivi. Si possono descrivere solamente cose e fatti, non valutazioni e valori. Un delitto può solamente essere descritto nei suoi particolari più minuti, ma non si può ricorrere - egli afferma - ad alcuna proposizione morale: sarà esattamente come un qualsiasi altro evento naturale, come ad esempio la caduta di una pietra da un monte. Questa teoria esclude dall’ambito di ogni discorso razionale, o semplicemente dotato di senso, tutte le questioni morali, religiose, spirituali ed i problemi ad esse inerenti. Una teoria che ritorna più tardi nei filosofi neo-positivisti e neo-empiristi - Camap, Ayer ed altri secondo i quali la religione, la morale e le altre categorie dello spirito appartengono alla sfera delle emozioni, e che pertanto il giudizio di approvazione o di disapprovazione di qualcosa ad esse relativo, è la semplice espressione di uno stato emotivo, come un’esclamazione di soddisfazione o un urlo di dolore. In un modo o nell’altro, queste tesi assumono come presupposto la teoria del linguaggio dei dotti di Lagado: le parole, e più in generale le espressioni linguistiche, possono solamente significare cose, fatti reali, eventi naturali. E quando non significano questo, non significano niente. Si può obiettare che proprio tale asserita insufficienza o incapacità sta a dimostrare che il mondo naturale non è tutto, e che al di là di esso c’è un altro mondo, quello del soprannaturale e dei valori. Ignorarli, adducendo il pretesto di una impossibile conoscenza oggettiva, farebbe precipitare l’uomo nelle tenebre. Già, l’uomo. Ma dove è l’uomo in questa http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=3&Itemid=26 (3 di 7)22/05/2006 3.52.13

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dottrina neo-positivista? Se soltanto i fatti, le cose e gli eventi naturali rappresentano il Tutto esprimibile del mondo, l’uomo è semplicemente un inesprimibile ospite di questo Tutto. Poco più di un nulla. Asserire che gli strumenti linguistici di cui l’uomo dispone non gli consentono di parlare dei valori che egli incarna equivale alla negazione dell’uomo stesso. Di quest’uomo che un nulla divide dalla cenere morta, e che un nulla separa dalla luce eterna. Di quest’uomo che, esaminato nella materia, è un pugno di argilla che soffio dissolve. Di quest’uomo che, considerato nello spirito, è un essere immortale. Qualche grado all’ingiù nell’ordine fisico lo fa simile agli atomi, qualche grado più in alto nell’ordine dell’amore lo avvicina a Dio. La sua miseria nel mondo naturale stupisce quanto la sua dignità in quello spirituale. Rispetto alla vastità della terra è come un seme di biada nella stoppia. E’ sulla terra come un acino di grano in un campo sterminato, ma sotto la mola della morte può diventare ostia divina nel convito dell’eternità. Questa argilla fu modellata dalle mani stesse che fecero i mondi, i milioni di soli della Via Lattea, gli universi siderali con gli ammassi delle nebulose e degli sciami di stelle. Nell’immensità l’uomo è meno che un bacillo in una goccia di fango, ma misura le stelle che bruciano a migliaia di anni luce, disegna le loro strade e sa di quali sostanze sono fatte. E’ un bruscolo che il vento trasporta, ma in se percepisce l’infinito ed origlia ai confini dell’Assoluto. Si distingue appena dal nulla, ma Dio lo ha fatto simile a se donandogli ragione e libertà. Solo nei santi è visibile il doppio mistero umano della massima altezza e della massima abiezione. I santi quando considerano la miseria della terra si sentono polvere nella polvere, ma quando pensano che contempleranno Dio sanno con certezza che gli ammassi delle stelle non sono che un po’ di rena argentata sul cammino della loro gloria. Tutto questo, però, non ha senso per certi filosofi. Che per rendere ragione della sola esistenza delle cose, dei fatti e degli eventi naturali, perdono il senno e sotto gli http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=3&Itemid=26 (4 di 7)22/05/2006 3.52.13

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stracci delle loro tesi pervengono alla nichilismo del pensiero e alla inanizione dello spirito.

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CONSIDERAZIONI SUL DIBATTITO PER IL “CODICE DA VINCI” Le generalizzate e spropositate discussioni originate dall’uscita del film ispirato al romanzo il “Codice da Vinci” di Dan Brown, e le congruenti numerose richieste di spiegazioni che sono pervenute ad “Informazioni Templari”, impongono subito delle precisazioni in merito. Queste rappresentano l’opinione strettamente personale del curatore della rassegna Gabriele Petromilli. Analisi più articolate sull’argomento saranno pubblicate nel prossimo aggiornamento. 1) Le così dette tesi storiche di Dan Brown (sposalizio tra Gesù e Maddalena, la loro generazione, la successiva discendenza dei sovrani merovingi, il “Priorato di Sion” e l’Ordine Templare, ecc…) fanno parte di un nutrito corpo di leggende e di tradizioni orali diffuse in Europa fin dal IV secolo, e perpetuate fino circa il XVI secolo. Tali racconti, pur non avendo connessioni con la storia, sono comunque parte del patrimonio culturale, sommerso da secoli, della stessa religione cristiana. Da essi hanno avuto verosimilmente origine sia la saga arthuriana del Graal, che il complesso delle tradizioni di natura occultistica sfociate in epoca contemporanea nell’opera di Gérard de Sède. 2) Questo corpo di leggende è stato in parte ripreso, ed approssimativamente catalogato, dai giornalisti inglesi LincolnBaigent-Leigh nel libro “Il Santo Graal”, pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1983, dal quale Dan Brown ha attinto a piene mani per la http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=3&Itemid=26 (5 di 7)22/05/2006 3.52.13

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stesura della trama del suo fortunato thriller. 3) E’ indubbio che le tesi proposte nell’opera browniana siano fantasie storiche, in quanto attinte da racconti leggendari per lo più di natura epica. Non devono però essere considerate stupidaggini dai commentatori contemporanei, perché sono parte del patrimonio mitico-culturale di popoli europei specialmente di area anglosassone. Di conseguenza anch’esse sono e fanno “cultura”. 4) Le leggende che hanno ispirato il romanziere statunitense non sono meno fantasiose dei racconti evangelici, siano questi canonici che apocrifi. I vangeli sono narrazioni fondate su dichiarazioni fideistiche, non sulla aderenza ai fatti. In realtà, dare per scontata l’esistenza storica di Gesù Cristo è un atteggiamento a-storico quanto quello di credere, o di non credere, alla sua unione carnale con Maria di Magdala. 5) Il problema teologico insorto circa il celibato di Gesù consiste dunque in una disquisizione priva di concretezza: nella impossibilità di dimostrare che Gesù sia esistito in carne ed ossa, è di fatto assurdo disputare se fosse stato sposato o no. 6) Il “caso Codice da Vinci” è inquadrabile invece fuori della teologia, in un contesto politico. Tutti gli elementi delle analisi eseguite concordano sulla circostanza che l’affare del “Codice” sia stato messo insieme, appoggiato ed attualmente utilizzato, da certi ambienti massonici statunitensi per gettare discredito sulla religione cattolica. Atteggiamento, questo, perseguito ormai da anni. 7) Essendo stata ignorata la matrice di un caso che “stranamente” ha assunto proporzioni inusitate, le autorità ecclesiastiche si stanno perdendo dietro http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=3&Itemid=26 (6 di 7)22/05/2006 3.52.13

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a reazioni scomposte (boicottaggio del film, sterili dichiarazioni pubbliche, reclutamento di esperti che chiacchierano per convenienza, ecc..) perdendo sostanzialmente di vista la natura e i motivi dell’attacco ad una Chiesa già in crisi dovuta motivi che esulano dal contesto in questione. Un atteggiamento corretto e vincente potrebbe essere quello, invece, di fare conoscere pubblicamente l’aspetto politico del caso senza disperdere vitalità in improduttive polemiche teologiche o in sterili riscatti evangelici.

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Studi & Ricerche Tacciati di insensata brutalità e di inaudita ferocia, accusati di plagio nei confronti dei Templari e degli Ospedalieri, quasi ignorati dalla storiografia italiana, sfruttati a fini mediatici tanto dalla propaganda nazista quanto da quella socialista, identificati dall’immaginario collettivo come precursori dei nazisti. Questa è la fama dei Cavalieri Teutonici, una fama distorta e lontana dal vero, che cela invece una realtà storica poco conosciuta, molto complessa e ricca di avvenimenti non sempre pienamente documentati, spiegati e compresi, che meritano di essere riportati alla attenzione di un pubblico intelligente, esigente e più vasto.

STORIA DELL’ORDINE TEUTONICO cerca...

(di Tommaso Peruzzi) Seconda parte (la prima parte è in “Archivio” di “Informazioni Templari”) Le terre baltiche nel XII, pur confinanti con la Polonia e con il Sacro Romano Impero germanico, costituivano ancora una terra incognita, abitata da popolazioni pagane vetero prussiane che assalivano e razziavano continuamente i territori cristiani prossimi a loro. Questo indusse il papa Innocenzo III già dal 1199 a proclamare più volte la crociata per difendere i cristiani dagli assalti e dalle

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scorribande dei popoli pagani del Baltico, particolarmente della Livonia, corrispondente al territorio della Lettonia e dell’Estonia. Il vescovo di Livonia caldeggiò la creazione sul posto di un ordine cavalleresco analogo a quello che combatteva in Terra Santa. Il progetto si concretizzò nel 1204, quando un decreto papale sancì la creazione dell’Ordine dei “Fratres Militiae Christi”, cui diede la stessa regola dell’Ordine Templare. Questi cavalieri furono comunemente noti come “Cavalieri Portaspada”, a causa del loro mantello bianco ornato dallo stemma di una croce rossa con una spada. I tentativi di cristianizzazione e di pacificazione della Livonia venivano ripetuti anche dai polacchi nei confronti dei vetero prussiani che saccheggiavano in continuazione la Mazovia. La resistenza pagana in Prussia ed in Livonia era forte quanto feroce. Il duca Corrado di Mazovia era costantemente vittima dei saccheggi, né poteva contare molto sull’appoggio della Polonia e della Danimarca, già impegnata in Estonia. Per questo si rivolse nel 1226 all’Ordine Teutonico. La scelta non era casuale: l’Ordine infatti aveva già avuto esperienza della difesa dei confini dai popoli pagani nel Regno d’Ungheria una decina di anni prima. Nel 1211 gli era stato offerto da parte del sovrano ungherese Andrea II di insediarsi nel territorio di Burzenland, nella Transilvania sud orientale, allo scopo di popolarlo e di trasformarlo in un baluardo contro la minaccia rappresentata dal popolo dei Cumani. L’Ordine Teutonico ottenne anche ampia autonomia politica ed amministrativa, inclusa la totale indipendenza dal voivoda di Transilvania, che consentì di costruire tra il 1211 e il 1222 una serie di fortezze a difesa di Kronstadt, città situata nel territorio centrale della regione. Inoltre si attuò una rapida politica di colonizzazione incentivando l’ingresso di coloni tedeschi, ungheresi e sassoni, uomini liberi ai quali veniva assegnato un lembo di terra che garantiva loro sussistenza e una rendita in natura per l’Ordine. Il re di Ungheria cominciò a temere la politica di eccessiva autonomia condotta nel Burzenland dai cavalieri Teutonici, i quali stavano creando uno stato indipendente all’interno del regno. Questo portò nel 1225 all’espulsione dell’Ordine Teutonico da quella regione, nonostante fossero state addotte recriminazioni da papa Onorio III. Questa pesante onta subita fece sì che Hermann von Salza, gran maestro dell’Ordine in quel periodo, fosse molto restio ad intraprendere un’avventura in Prussia quando nel 1226 ne ricevette richiesta dal duca di Mazovia il quale, come controparte, era disposto ad offrire all’Ordine l’intero territorio di Kulm e tutti i territori che avrebbero strappato ai vetero prussiani. Prima di partire per l’avventura prussiana, il gran maestro ottenne dall’imperatore Federico II un documento che concedeva all’Ordine Teutonico i privilegi e lo status di “principe dell’impero”, con facoltà di creare uno stato sovrano nei territori che avesse conquistato. Le trattative diplomatiche con il duca di Mazovia si protrassero a lungo. Per ottenere le garanzie necessarie si giunse al 1230, anno in cui i Teutonici iniziarono a insediarsi in Prussia. L’insediamento fu rapido ed efficace. Furono subito consolidate le fortezze che costituivano la prima linea di difesa della regione, poi l’Ordine iniziò ad attaccare i centri dei Prussiani stringendoli in accerchiamento. Le ripetute campagne militari vittoriose indussero i Teutonici a costruire nuove fortezze, nuovi centri abitati e nuove vie di comunicazione, in particolare nei territori della Pomerania e della Pogesania. Nel frattempo la situazione in Livonia non era molto felice. I Cavalieri Portaspada erano stati pesantemente sconfitti dai Lituani, e nel maggio del 1237 erano stati incorporati da papa Gregorio IX nell’Ordine Teutonico. Il fatto caricò l’Ordine della responsabilità anche per i territori livoni proprio nel momento che i Tartari penetravano in Russia (1236-1237), determinando le cause di uno scontro che divenne violentissimo e feroce. Nel 1241 l’armata dei Teutonici fu cancellata in battaglia dai Tartari i quali, tuttavia, avendo subito perdite altrettanto pesantissime, dovettero ritirarsi dalla Russia e terminare definitivamente la loro avanzata verso l’Europa occidentale. La circostanza si ripercosse in Prussia, dove le popolazioni soggiogate ripresero vigore e misero a ferro e a fuoco l’intera regione approfittando della situazione di svantaggio per i Teutonici. Nel 1248 l’Ordine aveva completamente ripreso il controllo della situazione in Prussia, ma non in Lituania. Nel 1251 tuttavia, uno dei più agguerriti capi lituani si convertì al cristianesimo e finì con il sottomettersi. Rimanevano comunque alcuni territori della regione, la Sambia, la Nardrovia e la Scalovia, ancora in armi. Fu predicata una nuova crociata e i Cavalieri Teutonici cominciarono una nuova campagna militare. Anche in questa occasione su due fronti, poiché le popolazioni prussiane avevano ancora una volta preso le armi. La guerra si risolse favorevolmente per l’Ordine. In Lituania venne costruita la possente fortezza di Koenigsberg, ed in Prussia fu di nuovo riportato ordine nel 1274, stavolta definitivamente. La pacificazione della regione fu in un certo senso simboleggiata dalla costruzione di http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=2&Itemid=25 (2 di 7)22/05/2006 3.52.24

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una poderosa fortezza sulla riva destra del fiume Nogat, che ricevette nome di Marienburg in onore della Madonna, sotto la cui protezione l’Ordine si era posto fino dalle sue origini. La fortezza, tuttora esistente nella cittadina polacca di Malbork, si presenta ancora come un poderoso insieme di tre castelli collegati tra loro, e circondati da una doppia cinta muraria con un fossato. Occupa una superficie di 52 acri, quattro volte l’area del pur grande Castello di Windsor inglese, ed è a tutt’oggi la fortezza più grande d’Europa e una ragguardevole testimonianza di architettura militare medievale. Marienburg fu residenza del gran maestro dell’Ordine Teutonico dal 1309 al 1457, e simbolo tangibile del potere dell’Ordine in Prussia. (- continua. L’ultima parte in “Medioevo & Dintorni” di questa stessa edizione)

ABRAXAS (di Filippo Goti - Lex Aurea) Come un fiume carsico che emerge più volte durante il suo corso verso i mare, affiorando agli occhi di ignari, occasionali, o ignoranti osservatori, così Abraxas da quasi duemila anni emerge continuamente nello spazio esoterico, da un lato irridendo coloro che hanno cercato di sopprimerlo attraverso il rogo e l’ostracismo, e dall’altro lasciando stupiti o istupiditi coloro che sono avvezzi a considerare i simboli esoterici come pezzi intercambiabili di un unico puzzle. Troviamo l’incisione della parola Abraxas e della fantastica figura che rappresenta su pietre, gemme, manoscritti e sigilli. Gnostici, vescovi, priori templari, cabalisti, massoni e occultisti si sono fregiati di tale sigillo o strumento: chi per riconoscimento, chi per operatività e chi per entrambe. Giova sempre ricordare come in alcune messe che traggono libera ispirazione dallo gnosticismo alessandrino, spesso Abraxas viene invocato affinché offra conoscenza e grazia ai fedeli. Ancora alcuni vogliono che la parola magica Abracadabra, altro non sia che una particolare trascrizione di Abraxas. La rinveniamo per la prima volta nel “Liber Medicinalis” (secondo o terzo secolo) ad opera di Sereno Damonico, medico gnostico discepolo di Basilide. Suggerendo quindi una etimologia non ebraica della parola magica in oggetto, vista l’ostilità verso il patrimonio spirituale e religioso ebraico, considerata espressione demiurgica, di Basilide. Come anticipato, l’ambito gnostico da cui è emerso Abraxas è riconducibile a Basilide, maestro alessandrino del primo secolo la cui scuola a carattere inizatico ebbe un’ampia diffusione in tutto il bacino del Mediterraneo. Alcuni brevi cenni alla gnosi basilidiana, rimando ad altre trattazioni più specifiche in materia, sono il dualismo tra spirito e materia, la creazione di questo mondo da parte del Demiurgo coincidente con il Dio ebraico, la presenza di 365 cieli che sovrastano questo nostro mondo, e che devono essere risaliti attraverso adeguate parole di passo, per potere giungere alla liberazione. Sul Trono del cielo più alto siede Abraxas. Associando ad ogni lettera (in greco) un numero (A=1, B=2, R=100, A=1, X=60, A=1, S=200) otteniamo 365. Ovviamente ci riferiamo ai giorni dell’anno solare, in un ciclo di vita-crescitamorte-rinascita nel quale l’influenza divina si dispiega, e dal quale l’uomo gnostico si deve sottrarre. Abraxas è quindi colui che regge l’ultimo dei cieli, quello più alto, dove lo spirito è ormai liberato dall’influenza della materia, e si connatura come divinità solare (è il simbolo del sole che contraddistingue l’ultimo cielo), al pari di Mitrha ed Horus, in un ciclo di compimento che vede l’uomo unico protagonista, e la meccanica natura come antagonista. Si vuole che le lettere che compongono il nome Abraxas siano la radice del nome dei setti angeli che hanno creato il mondo, oppure che il nome di questa divinità gnostica altro non sia che quello divino dispiegato. Sono invece sicuramente fantasiosi, o frutto di pochezza culturale, i tentativi cabalistici di associare Abraxas ad Abramo (Abraham), ibrido spirituale legato alla terra, al desiderio e alla dualità conflittuale (Isacco e Ismaele). Come ben sappiamo, di forzatura in forzatura tutto può essere piegato a piacimento. Sempre in ambito cabalistico, e ancora ciò va preso con estremo beneficio di inventario in quanto non si accorda alla radice gnostica basilidiana, si vuole che le prime tre iniziali di Abraxas indicassero le tre parole ebraiche Ab (padre), Ben (figlio), Ruach (spirito), raccogliendo quindi in tale divinità l’origine della trina manifestazione divina. Quello che sicuramente possiamo affermare, è come il supremo sette (uno degli attributi di Abraxas) può essere considerato la suprema Mente da cui è scaturita ogni creazione. La mente dove per immota casualità, o per mota casualità, ha preso forma un’idea, trovando in essa il germe http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=2&Itemid=25 (3 di 7)22/05/2006 3.52.24

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di sostanza ogni duale attributo, in quanto separata dall’oceano quintessenziale in cui si trovava indistintamente immersa. Il profilo simbolico di Abraxas Abraxas appare come una figura fantastica dalla testa di gallo, il tronco di uomo, e due serpenti come gambe. In alcuni sigilli lo troviamo armato di frusta, in altri di arco, e quasi sempre provvisto di scudo. Un essere quindi fantastico, frutto di un’ardita composizione simbolica che ricorda altri esseri legati al sacro e al mondo mitologico. Tali rappresentazioni altro non sono che la traslazione su di un piano immaginifico di un vettore, o veicolo, che unisce il mondo dei fenomeni umani al mondo spirituale. In altri termini una raffigurazione dinamica di un concetto non afferrabile nella sua interessa, attraverso il pensiero dialettico razionale. La testa di Abraxas è quella di un gallo. Simbolicamente questo animale è legato al mattino e al Sole. Esso rappresenta la vigilanza, l’attenzione, e nel cristianesimo esoterico la resurrezione. Il gallo è quindi colui che saluta i primo sole, che emerge dalle tenebre ad indicare quindi la volontà protesa verso lo spirito occultato, ma possiamo anche leggervi l’annuncio della venuta di Cristo e del cambiamento tra una fase di ignoranza (notte) ad una fase di conoscenza (giorno). Al canto del gallo non sta bene farsi trovare ancora immersi nel sonno della ragione, per non rischiare come san Pietro, che il torpore e l’inebriamento delle emozioni ci conducano a testimoniare il falso su ciò che in realtà siamo, o dovremmo essere. Le gambe rappresentano l’elevazione e la possanza: il fondamento su cui si regge tutta l’opera umana. Esse sono, per ovvia constatazione, il basamento necessario per elevarsi e tendere al cielo. Se salde a terra permettono all’uomo di protendersi verso l’alto. E’ attraverso di esse che traiamo forza dall’elemento terra, ma che subiamo anche la forza dell’elemento aria. In Abraxas le gambe sono sostituite da due corpi di serpente. Un simbolo questo che ritroviamo in innumerevoli culture iniziatiche, rappresentante sia l’energia nella sua forma pura, senza condizionamenti né indirizzo, nella bivalenza di cura e di morte, ma anche una conoscenza arcana profonda e abissale. E’ utile ricordare come nell’immaginario gnostico il serpente rappresenti oltre alla primitiva e superiore conoscenza sul bene e sul male, capace di liberare l’uomo dalla dorata prigionia demiurgica del Paradiso Terrestre, anche la potenza sessuale al suo stato primordiale. E’ infatti attraverso il binomio sesso-conoscenza che lo gnostico comprende la genesi e fonda la propria opera. La frusta è l’antico simbolo egizio del potere, di dominazione, di punizione, legato a divinità del tempo. Nell’antica Roma la frusta era appesa ai carri del trionfo, mentre in Grecia era simbolo dei Dioscuri. La frusta riassume in se lo scettro (potere) e il cappio (punizione). L’associazione scudo-frusta, indica la completezza di Abraxas in grado di dispiegare il proprio supremo potere, ed immune ad ogni altro potere. IL sette, come le lettere che ne compongono il nome, è il numero fondamentale che regola la manifestazione. Il sette è l’incontro tra il quattro (gli elementi) ed il tre (le tre forze: positiva, negativa e neutra, ma anche del divino). La geometria esoterica ci suggerisce che la comunione tra il quadrato e il triangolo frutta il pentagono (l’uomo realizzato). Possiamo vedere anche i tre elementi zoologici che compongono Abraxas come la necessaria cooperazione tra l’elemento inconscioatavico, l’elemento conscio-razionale, e l’istanza divina solare che armonizza, trasmuta ed eleva gli elementi inferiori, ma necessari. Abraxas, Carl G. Jung, i Templari Uno degli aspetti meno conosciuto di Carl Gustav Jung è la sua passione innata per il simbolismo e l’immaginifico, che spesso si estrinsecava attraverso il perseguimento di pratiche sicuramente poco ortodosse per il mondo scientifico ed accademico di allora, come di oggi. Pratiche che potremmo definire oscillanti tra la medianicità, il sogno lucido e l’evocazione, e che nel 1916 diedero frutto nel libro “Septem Sermones ad Mortuos”, stampato e diffuso privatamente da Jung alla cerchia ristretta di conoscenti. LO stesso studioso narra come tale opera è nata di getto, attraverso la scrittura automatica, in uno stato di trance dove Jung si identificava con Basilide. Questo stato di possessione è preceduto da fenomeni paranormali che investivano la casa e i figli dell’analista: presenza spiritiche, trilli di campanello, sogni inquietanti che hanno esatto termine nel momento in cui Basilide-Jung inizia a scrivere. Facile intravedere in questi fenomeni un’incursione nella nostra dimensione di istanze ataviche o di veri e propri fenomeni psichici, o forse più semplicemente, ma non meno inquietante per l’uomo razionale, http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=2&Itemid=25 (4 di 7)22/05/2006 3.52.24

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dell’affioramento dell’inconscio, o porzioni inconsce, sul paino manifesto. Jung nel testo popone un Abraxas come la causa prima di ogni manifestazione, e al contempo come materia informe prima di ogni ordine e forma, almeno nel senso percepito e percepibile dall’umana ragione. Un elemento dove pensiero, volontà e oggetto di essi, trovano coesistenza in una comunione completa, non spiegabili attraverso altro che nei simboli. Abraxas, in Jung-Basilide, è posto ben oltre il mondo tridimensionale dei fenomeni. Esso è la radice del tutto e di ogni dualità, in quanto il tutto non è che un aspetto scisso o percepito del suo dinamismo. Non sono molti i sigilli dell’Ordine Templare che sono giunti a noi attraversando le pieghe del tempo. Molti sono stati distrutti, o semplicemente perduti, successivamente la sospensione dell’Ordine da parte del papa Clemente V. Uno dei sigilli superstiti porta incisa la sagoma di Abraxas, prendendone quindi il nome, o in alternativa quello di “gemma gnostica”. Storicamente viene fatto risalire al precettore di Francia Andrè de Coloors, 1215 circa, riportante il motto “secretum templi”. Il dio gnostico di Basilide lo ritroviamo anche nei sigilli appartenenti a Luigi VII, a Margherita di Fiandra (con la frase incisa “sigillum secreti”), ai vescovi di Canterbury e di Chirchester ed a altri alti prelati. Tutti questi sigilli hanno una collocazione temporale che non pare superi i primi due decenni del 1200. Possiamo avanzare due lecite ipotesi attorno al perché Abraxas apparisse in sigilli ufficiali degli alti personaggi. La prima è come una certa conoscenza simbolica gnostica fosse diffusa in modo maggiore di quanto solitamente si pensa, e come anche strati della Chiesa Cattolica, antagonista millenaria dello gnosticismo, fossero permeabili ad esso. Ciò non significa necessariamente che vi fosse un corpo unico di conoscenza o una elitaria comunità cristiana esoterica, ma solamente che elementi gnostici decontestualizzati erano utilizzati da persone che provenivano da una tradizione ad essi avversa. La seconda ipotesi che dobbiamo prendere in considerazione, è come una fratellanza gnostica basilidiana fosse presente in tale periodo e raccogliesse al suo interno anche elementi rilevanti della Chiesa Cattolica, indicando come lo gnosticismo sia sopravvissuto nei secoli proprio occultandosi nella viva carne del suo persecutore. Oppure che è la gnosi l’ultimo ed estremo segreto, che alcuni occultano attraverso l’ortodossia e i dogmi. Conclusioni Abraxas raccoglie in se la terra e il cielo, il sacro e il profano, l’uomo e il divino, il positivo e il negativo, il maschile e il femminile, la materia e lo spirito, l’evoluzione e l’involuzione. Tali coppie non vivono, e neppure convivono, nella loro separatività, e neppure formano un equilibrio grottesco, bensì sono presenti ad uno stato potenziale, su di un piano superiore, non legato a fattori come percezione o cognizione, soggetto ed oggetto, ma in totale fusione. Ecco quindi Abraxas afferire alla totalità e alla complementarietà di questo mondo superiore di cause prime, ma anche essere l’artefice delle cause che nel nostro piano produrranno effetti. Abraxas si colloca quindi prima di ogni effetto, e prima di ogni causa essendo causa ed oggetto in potenza. La chiave Abraxas ci porta a dichiarare come tutto il nostro mondo del fare e del pensare è da un lato parziale, e dall’altro lato è secondario. Parziale in quanto scissione statica di un insieme maggiore, particola separata da noi stessi di un continuo, che altro non è che uno sviluppo aperto di qualsiasi forma chiusa, e dall’altro secondario perché frutto di agenti ed agiti che si pongono su di un altro piano dell’idea-formazione. Nei fatti ognuno di noi è l’espressione ultima di Abraxas, e ogni nostro atto è creazione o la distruzione di un mondo che in se non è che una delle dimensioni finite, che compongono le multidimensioni infinite. Non è forse ogni nostra azione sul piano materiale il frutto di una scelta o non scelta, di una volontà-riflesso su di un piano emotivo istintuale e/o intellettuale? Non comporta essa la creazione di una serie di eventi, e la non creazione su questo piano di altre serie di eventi? Che però sussistono, coesistono ed insistono nel locus atemporale ove la volontà-riflesso è stata partorita? Da Jung-Basilide: “In questo mondo l’uomo è Abraxas, che genera o ingoia il suo mondo”. Esiste un mondo che non si genera e non si distrugge? Esso è Abraxas in quanto ogni mondo è in esso in potenza, e non in numero. Un Abraxas superiore, svincolato completamente da ogni azione e forma grossolana, di cui noi siamo il caduco riflesso, ma non in cielo e neppure all’inferno va ricercato, bensì in noi stessi.

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GNOSIS (di Alfonso Francia) Per “Gnosi”, comunemente chiamata “gnosticismo”, si deve intendere la tendenza religiosa di tipo sincretistico che ebbe vasta diffusione agli inizi del cristianesimo, in particolare nel secondo secolo, le cui origini sono complesse, discusse e non completamente chiarite. Il simbolo dell’”Abraxas”, descritto nell’articolo precedente, ne costituisce uno dei massimi capisaldi iconografici. Alle testimonianze degli scrittori cristiani come Ireneo, Epifanio ed Ippolito, e ai scarsi testi originali, si sono aggiunte le quarantaquattro opere gnostiche scoperte nel 1946 nell’Alto Egitto. E’ opinione generale che lo gnosticismo non costituisca un’alterazione interna del cristianesimo delle origini, ma che rinvii a elementi preesistenti derivati da varie religioni misteriche, dalle correnti magicoastrologiche d’Oriente, dall’ermetismo, dalla qabbalah e dal giudaismo alessandrino e dalle filosofie ellenistiche. Questo insieme dottrinario ha trovato successivamente nel cristianesimo e nella figura di Cristo il punto d’approdo più naturale. Generalmente si usa distinguere lo gnosticismo in una “gnosi volgare” (cfr. Cerinto, Menandro, Carpocrate, Simon Mago) divisa in numerosissime sette ofite, così chiamate per la prevalenza di culti del serpente, nelle quali prevalsero le pratiche magiche e gli elementi astrologici iranicobabilonesi, ed una “gnosi dotta” (cfr. Basilide, Marcione, Valentino) che ebbe l’epicentro ad Alessandria ed in cui è notevole l’impegno filosofico speculativo. Una gnosi ortodossa si insinuò anche nel cristianesimo soprattutto attraverso l’opera di Origene. Fattore comune alle varie tendenze gnostiche è l’elemento conoscitivo, inteso come illuminazione riservata a pochi iniziati, in virtù della quale si perviene alla visione del divino, del vero e della salvezza eterna. Di fronte a questa conoscenza privilegiata (gnosis, appunto) la fede e le buone opere rivestono poca importanza. Altro fattore comune è l’esasperato dualismo tra spirito e materia, anima e corpo, che produce in sede etica sia atteggiamenti ascetici che il rifiuto di ogni legge morale. Da qui una totale libertà di godimento, in particolare dei piaceri del sesso. Le dottrine gnostiche di maggiore impegno speculativo fecero largo uso del concetto neoplatonico di “emanazione”: da Dio, essere infinito, eone perfetto http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=2&Itemid=25 (6 di 7)22/05/2006 3.52.24

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ma anche abisso, procedono vari eoni inferiori che formano tutti insieme il “pleroma”, ovvero la pienezza del divino. Da qui deriva per degenerazione il mondo materiale ordinato da un demiurgo inferiore. L’essere umano, la cui anima conterrebbe una scintilla della luce divina, si troverebbe a sua volta perduto nel proprio corpo. Per la sua salvezza Iddio avrebbe inviato un altro eone, Gesù il Salvatore, la cui incarnazione e morte sarebbero però da intendersi come semplicemente simboliche. Gli iniziati, illuminati dalla conoscenza recata da Gesù, potrebbero allora salvarsi risalendo dopo la morte al pleroma con un viaggio a ritroso, al quale corrisponderebbe un abbandono progressivo degli aspetti materiali e corporei dell’esistenza in ogni sua forma.

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STORIA DELL’ORDINE TEUTONICO (di Tommaso Peruzzi) (Ultima parte - la parte precedente è su “Studi & Ricerche” di questa stessa edizione) Alla fine del XIII secolo il dominio dell’Ordine Teutonico su Prussia e Livonia era ormai consolidato, e l’assimilazione delle popolazioni ex pagane procedeva speditamente. Tuttavia gli http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=4&Itemid=29 (1 di 8)22/05/2006 3.52.34

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stati confinanti erano una minaccia costante per l’Ordine, che doveva pertanto mantenere attivo ed efficiente un potente apparato militare. Gli scontri tra i Polacchi e i Margravi di Brandeburgo per il controllo del confinante Ducato della Pomerania Orientale avevano fornito il pretesto all’Ordine per assumere il controllo dello strategico porto di Danzica (1308), grazie al quale non solo acquistava un importante centro commerciale della Lega Anseatica, ma poteva anche controllare e tassare i traffici fluviali provenienti dalla Polonia. Gli screzi tra Polacchi e Teutonici iniziarono nel 1316 e sfociarono in aperte ostilità nel 1318. Il motivo del contendere era il controllo proprio della parte orientale della Pomerania (detta Pomerelia) e di Danzica. Le lotte si prolungarono fino all’estate del 1343, quando fu ratificato un trattato che sanciva una “pace perpetua” tra le parti contendenti, e che confermava all’Ordine il possesso della Pomerelia e delle concessioni fattegli in precedenza dalla corona polacca. Nel frattempo si era riaccesa la guerra anche con le popolazioni lituane, che avevano ripreso le razzie dei territori fino dal 1320. I Lituani ottennero vittorie che diedero loro baldanza, ma nel 1346 l’Ordine acquistò dalla corona danese possedimenti in Estonia, estendendosi così territorialmente dalla foce della Vistola fino al lago Peipus e al golfo di Finlandia. La guerra tra l’Ordine Teutonico e la Lituania si protrasse per un lungo periodo di tempo con alterne vicende, epoche che videro le alleanze tra popolazioni circumvicine unite per piegare la resistenza dell’Ordine. Nel 1386 Jagellone, figlio del re lituano Algirdas, si convertì al cristianesimo al fine di sposare Jadwiga, figlia del re di Polonia. L’unione tra Lituania e Polonia costrinse l’Ordine a venire a patti: nel maggio del 1404 il gran maestro Konrad von Jungingen e re Wladislaw Jagello siglarono una rinnovata pace con la quale la Polonia cedeva la Samogizia ai Teutonici i quali, come controparte, rinunciavano alle conquiste fatte in Lituania. Il trattato inoltre sanciva il controllo teutonico sul Brandeburgo. L’Ordine era finalmente riuscito a coronare il sogno di Hermann von Salza, cioè la creazione di uno stato sovrano che si estendeva dall’Oder fino al golfo di Finlandia lungo tutta la costa meridionale del Mar Baltico. Dopo avere estesi imponenti domini territoriali e conclusa l’opera di evangelizzazione delle popolazioni baltiche, l’Ordine aveva perso la spinta esistenziale, e si era trasformato gradatamente in una potenza temporale florida e robusta. Lo splendore era però destinato a durare a malapena un secolo. Per primo iniziarono a sorgere correnti intestine che si trasformarono in un vero e proprio fronte interno che, fomentato e supportato dalla Polonia, ebbe un ruolo decisivo nel minare la potenza dell’Ordine. L’unione del Regno di Polonia con il Granducato di Lituania aveva già creato una potenza territoriale non indifferente, che però era limitata economicamente dal ferreo controllo dell’Ordine sull’accesso al Mar Baltico e sulla via “dell’ambra”, sul cui commercio i Teutonici esercitavano un deciso monopolio. La Polonia rispondeva a questa sorta di embargo ostacolando e boicottando le attività dei mercanti prussiani fino ad impedire loro il transito sul territorio polacco. La crisi sfociò in una nuova guerra tra gli alleati polacco-lituani e l’Ordine Teutonico, guerra che condusse al dissolvimento dei possedimenti teutonici e quasi alla cessazione dell’esistenza dell’Ordine. Avvenne dunque che il sovrano polacco Jagellone,

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non appena stipulata la pace del 1404, cominciò ad alimentare lo scontento dei Samogiti i quali nel 1407 provocarono una rivolta contro l’Ordine. Il nuovo gran maestro Ulrich von Jungingen si rivolse al monarca Jagellone per fare cessare le cruente rivolte. Ogni tentativo fu vano. Nel 1410 il re polacco riuscì a mettere insieme un’armata di oltre centomila uomini con l’intento di mettere definitivamente fine alla potenza teutonica. Il 14 luglio dello stesso anno l’imponente esercito, composto da truppe polacche, samogite, russe, tartare e lituane, cominciarono a disporsi per il combattimento finale nella piana tra i villaggi di Grunwald e di Tannenberg. L’esercito dell’Ordine raggiunse il nemico nella notte dello stesso giorno, e all’alba successiva diede battaglia. Gli scontri continuarono per tutta la giornata. Dopo un accenno di vittoria dei Cavalieri Teutonici, gli stessi dovettero capitolare sotto l’urto decisivo del soverchiante esercito nemico e sotto il peso di troppo pesanti armature per il terreno estremamente fangoso. Il gran maestro stesso si gettò nella mischia e venne ucciso. Il fatto suscitò ulteriore scompiglio, e per le file teutoniche fu la disfatta. Tutti i più alti dignitari dell’Ordine trovarono la morte sul campo. Le ripercussioni furono tremende. Da parte tedesca l’”onta di Tannenberg” fu considerata lavata soltanto nel 1914 con la vittoria di Hindenburg e di Ludendorff sull’esercito russo. Il 25 luglio dello stesso anno le truppe polacche si presentarono sotto le mura di Marienburg dopo avere assoggettato ogni città che avevano attraversato. Soltanto Konigsberg, Danzica, Elbing, Kulm e Balga resistettero ad oltranza. L’Ordine si salvò grazie alle divisioni interne dello schieramento polacco. Re Jagellone tolse l’assedio a Marienburg il 19 settembre del 1410 dopo avere condotto contro la fortezza ripetuti e vani attacchi. Nel dicembre del 1410 furono iniziati i negoziati di pace che si conclusero il primo febbraio dell’anno successivo con il Trattato di Thorun che stabiliva una nuova “pace perpetua” tra l’Ordine e la Polonia-Lituania, la liberazione senza riscatto dei prigionieri di ambo le parti e la restituzione reciproca dei territori conquistati. Inoltre fu sancito il diritto dei mercanti ad usare senza limitazione le rotte commerciali. Però, non appena ratificato l’accordo, Jagellone pretese un riscatto di cinquantamila fiorini-oro per il riscatto dei prigionieri, che l’Ordine acconsentì di pagare pur di mantenere la pace. Seguì un periodo in cui l’Ordine si affrettò a punire severamente tutti coloro che avevano tradito, le confische e le purghe divennero all’ordine del giorno. Inoltre stabilì il pagamento di un’imposta sui beni e sui redditi delle popolazioni sottomesse per risanare le casse, ma il provvedimento non mancò di suscitare accese reazioni soprattutto in seno alla nobiltà tedesca. La pace di Thorun tuttavia non diede luogo alla calma auspicata. Negli anni successivi fu un frenetico susseguirsi di lotte che culminarono nel 1457 con la perdita di Marienburg da parte dell’Ordine, il quale trasferì la sede madre a Konigsberg. Nel 1466 iniziarono i negoziati che portarono alla seconda pace di Thorun, con la quale l’Ordine Teutonico rinunciò al possesso dei territori meridionali a vantaggio della Polonia pur conservando la sovranità sulla Prussia orientale e sulla Livonia. Inoltre venne costretto a fare atto di vassallaggio nei confronti della corona polacca. Quest’ultima clausola fu messa in discussione dal gran maestro Federico di Sassonia nel 1498. Anche il suo successore, Albrecht von Brandeburg-Ansbach gran maestro http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=4&Itemid=29 (3 di 8)22/05/2006 3.52.34

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dal 1510, tenne un analogo atteggiamento. In più, per protesta contro l’imperatore Carlo V che sollecitava l’atto di sottomissione ai Polacchi, il gran maestro abbracciò la fede luterana e si rese artefice di una vasta propagazione del luteranesimo nei territori ancora sottoposti all’Ordine. Albrecht di Brandeburgo infranse i voti monastici, secolarizzò i beni teutonici e si accordò inaspettatamente con la Polonia nel 1525. Fece atto di vassallaggio e ricevette dalle mani del re polacco il titolo di feudo ereditario del Ducato di Prussia. Con tale atto potè ottenere lo stato giuridico, per se e per i suoi discendenti, del vincolo di fedeltà delle popolazioni prussiane sottomesse all’Ordine. I Cavalieri Teutonici della Livonia rimasero per un certo periodo fedeli alla Chiesa cattolica. Poi nel 1560 il maestro provinciale passò al luteranesimo, cedendo i territori sottoposti alla sua amministrazione alla Polonia ed abbandonando l’abito dell’Ordine. In cambio ricevette per se e per i suoi discendenti il Ducato di Curlandia e quello di Samgallia. Con questo atto finale la presenza dell’Ordine Teutonico nel Baltico era conclusa, il sogno di Hermann von Salza era svanito per sempre. Nel 1526 venne eletto il nuovo gran maestro, nella persona del maestro provinciale della Germania. Da allora l’Ordine avrebbe avuto a capo uno Hoch und Deutschmeister, un “gran maestro e maestro tedesco” sotto la protezione della casata degli Asburgo. L’esistenza dell’Ordine, diviso tra due confessioni religiose e privato dei suoi possedimenti era in serio pericolo. Il numero dei confratelli era in costante diminuzione e sembrava che l’Ordine non servisse più a nulla. Nel 1595 fu eletto gran maestro l’arciduca Massimiliano d’Asburgo e l’Ordine fu posto sotto la completa tutela della Casa d’Austria e riportato alla fede cattolica. Furono anche riformati gli statuti per adattarli alla nuova situazione. La sopravvivenza dell’Ordine continuò comunque tra molte traversie, tra cui la “Guerra dei Trent’Anni” (1618-1648), durante la quale l’Ordine si presentò in alcune battaglie con propri reparti militari a fianco delle truppe asburgiche. Contribuì anche a sventare l’assedio dei Turchi a Vienna, ma le sue azioni furono più dettate dal sentimento di difesa del proprio passato cavalleresco che fondate su una effettiva potenza delle armi. Agli inizi del XIX secolo la componente cavalleresca dell’Ordine Teutonico scomparve quasi completamente e la componente clericale divenne predominante. L’avvento di Napoleone Bonaparte assestò il colpo di grazia all’Ordine, che fu soppresso il 24 aprile del 1809. Il successivo Congresso di Vienna del 1815, pur ricostituendolo non si occupò di restituirgli le proprietà, e potè sopravvivere soltanto grazie al sostegno offerto dall’imperatore d’Austria. Nel 1834 l’Ordine subì una nuova e radicale ristrutturazione interna. Gli vennero affidati esclusivamente compiti religiosi, incrementati anche attraverso la ricostituzione delle Sorelle Teutoniche, suore con compiti assistenziali e caritativi, e dei Fratelli Preti. Le generose donazioni che l’Ordine ricevette permisero di edificare numerosi conventi ed ospedali, ritornando così alle origini ospedaliere che lo avevano visto nascere. Dopo la sconfitta austriaca del 1918 l’esistenza dell’Ordine Teutonico tornò di nuovo ad essere messa in discussione. Nel 1929 la Santa Sede riformò la regola, per cui rinunciava definitivamente alla tradizione militare, e il nome stesso che fu cambiato in “Fratelli dell’Ordine Tedesco di Santa Maria di Gerusalemme”. Finalizzato a scopi religiosi, assistenziali e http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=4&Itemid=29 (4 di 8)22/05/2006 3.52.34

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caritativi, all’Ordine fu mantenuta la prerogativa di attribuire investiture cavalleresche. Dopo l’annessione dell’Austria al Terzo Reich l’Ordine fu soppresso dal governo nazionalsocialista tedesco, numerosi cavalieri vennero arrestati e deportati poiché considerati residui inservibili della ex potenza asburgica. Paradossalmente, proprio nel momento in cui l’establishment nazista sopprimeva l’Ordine Teutonico, Heinrich Himmler tentò di recuperare una parte della simbologia e della tradizione dell’Ordine a vantaggio del nuovo regime. Nella mente di Himmler e di Hitler le SS, l’”Ordine Nero”, dovevano essere una reincarnazione dell’Ordine Teutonico privato di tutti gli elementi cristiani. Il Castello di Wewelsburg, vero e proprio tempio delle SS, fu ricostruito secondo gli stilemi delle fortezze teutoniche dell’Europa dell’est. Venne sfruttata un’iconografia suggestiva e piena di storia germanica per scopi assolutamente distorti e aberranti. Dopo l’ultimo conflitto mondiale, caduto il nazionalsocialismo, l’Ordine poté voltare ancora una volta pagina ed intraprendere una nuova esistenza. Nel 1947 furono abrogate in Austria le disposizioni del 1834 e si poterono recuperare gradatamente i possedimenti che l’Ordine aveva avuto in quelle terre e a riprendere l’attività assistenziale che lo aveva contraddistinto nell’ultimo secolo. Grazie al crollo del 1991 dell’egemonia sovietica nell’Europa orientale, i Fratelli Teutonici poterono riprendere la propria attività anche in quelle regioni dalle quali erano stati espulsi dalle dittature locali, sopravvivendo in tal modo all’avvento del nazismo e del comunismo. L’Ordine attualmente ha sede a Vienna, ed è diviso nei priorati d’Austria, di Germania e d’Italia. E’ composto di circa ottanta religiosi professi e di una cinquantina di sacerdoti. (fine)

GLI ANNI PIU’ SIGNIFICATIVI PER L’ORDINE TEUTONICO (di Pietro Montedoro) 1198 - Fondazione ufficiale dell’Ordine dell’Ospedale di Santa Maria dei Teutonici di Gerusalemme 1209-1239 - Gran Magistero di Hermann von Salza 1226 - Federico II concede i diritti sulla Prussia all’Ordine con la “bolla d’oro di Rimini” 1236 - Il Papato concede privilegi e protezione all’Ordine 1238 - Si conclude l’evangelizzazione cristiana della Prussia 1242 - Battaglia del Lago Peipus, presso Novgorod 1309 - Acquisizione della Pomerania 1346 - Acquisizione dell’Estonia 1351-1382 - Periodo di massimo splendore dell’Ordine sotto il gran maestro Winrich von Kniprode 1370 - Inizio della colonizzazione dei territori baltici. Battaglia di Rudau 1393-1407 - Gran magistero di Konrad von Jungingen 1394 - Sconfitta dei pirati baltici “Vitalienbrueder” del Gotland. 1402 - Acquisto di Neumark 1406 - Annessione della Samogizia e inizio della decadenza dell’Ordine 1410 - Battaglia di Tannenberg (Grunwald) http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=4&Itemid=29 (5 di 8)22/05/2006 3.52.34

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1410 - Difesa di Marienburg 1412 - Prima pace di Thorun 1422 - Rinuncia della Samogizia 1454 - Guerra con la Lega di Prussia 1457 - Perdita di Marienburg 1466 - Seconda pace di Thorun 1498 - Rifiuto alla sottomissione ai Polacchi 1525 - Adesione alla confessione luterana 1560 - Riconciliazione con il Cattolicesimo del maestro provinciale della Livonia 1595 - Protezione della Casa degli Asburgo e Nuovi Statuti 1800 circa - Entrata dell’Ordine nell’orbita massonica 1809 - Abolizione dell’Ordine da parte di Napoleone Bonaparte 1815 - Ripristino dell’Ordine con il Congresso di Vienna 1834 - Restaurazione dell’Ordine come istituzione religiosa 1839-1929 - Periodo di influenza asburgica 1929 - Riforma e influenza vaticana 1938 - Soppressione dell’Ordine da parte del regime nazionalsocialista 1946 - Soppressione dell’Ordine nei Paesi a dittatura comunista 1947 - Restaurazione dell’Ordine come istituzione religiosa e ospedaliera 1992 - Ripristino dell’Ordine nei Paesi ex comunisti

LA CALATA DEI BARBARI (di Franco Lasorella) Il cronista goto Giordane, vissuto a Costantinopoli nella metà del VI secolo, scrisse che molto tempo prima del suo periodo la popolazione dei Goti viveva nei territori scandinavi e perché era troppo numerosa parte di essa decise di migrare verso il meridione dell’Europa. Partiti con tre grosse navi sotto la guida del re Berig, approdarono nelle coste della Scizia, antico nome con il quale i Romani indicavano le vaste pianure dell’est europeo. In particolare, nella regione della Meotide, i Goti incontrarono il popolo delle Amazzoni. Poi, sempre secondo il suddetto cronista, combatterono contro il faraone Vesosi e l’imperatore Dario di Persia, poi contro Filippo di Macedonia e contro gli Ateniesi, conseguendo vittorie che portarono alla invasione della Macedonia e di gran parte del Peloponneso. Ma all’interno della comunità gota si annidavano grossi pericoli dati dalle streghe Aliorumme, che vennero sconfitte dal re Filimero e deportate nei deserti dove, accoppiatesi con gli spiriti infernali, originarono il popolo degli Unni. A parte le fantasticherie del cronista Giordane sulla antichissima storia dei Goti, una cosa è tuttavia certa: si tratta di un popolo misterioso e di cui non si conosce ancora il luogo d’origine. Nulla però vieta di pensare che i Goti abbiano avuto una migrazione lunghissima dai territori europei nordorientali, e che si fossero stanziati definitivamente tra la penisola di Crimea e il Danubio all’incirca nel I-II secolo. Il sentimento dei fantasiosi racconti delle origini dei Goti è comune a quasi tutte le popolazioni barbare, i cui cronisti descrissero l’inizio oscuro della loro storia come una fuga o come una migrazione, inserendo nelle vicende dati immaginifici, se non soprannaturali, che avrebbero rinforzato l’idea di un’improbabile loro nobile genesi. In Europa gli http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=4&Itemid=29 (6 di 8)22/05/2006 3.52.34

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spostamenti di etnie si verificarono quasi costantemente. Generalmente si trattò di popoli situati oltre i confini dell’impero romano attratti dalla ricchezza del mondo romano, che in momenti di crisi politica o militare di Roma andarono a prendersele anche con la violenza. Gli spostamenti, a partire dal IV secolo divennero invasioni armate effettuate da capi affatto rozzi, ma che bene conoscevano la società romana e della quale spesso ne erano rappresentanti. Fu il caso di Alarico, il quale portò gruppi confederati di Goti dalle regioni balcaniche fino a Roma, la saccheggiò nel 410, e diede origine a quel popolo chiamato Visigoti, che dopo decenni concluse le proprie irruzioni nelle regioni iberiche. Lo stanziamento dei barbari nei territori strappati a Roma avvenne senza eccezione in un clima socialmente difficile. Ad esempio, in Italia i Longobardi si impadronirono di ampie zone della penisola facendo saltare i meccanismi della tassazione vigente, e non furono in grado di salvaguardare i modelli economici del sistema romano. Le cose andarono un po’ meglio in Gallia, dove i Franchi trovarono un accordo con i gruppi di potere dell’amministrazione romana, un’intesa che assicurò al nuovo regno di Clodoveo una base assai solida dal punto di vista economico e sociale. C’è da dire anche che le attuali tendenze della ricerca storico-archeologica non prende in considerazione le prove di uno spostamento di popolo sulla base dei ritrovamenti in una zona particolare di manufatti caratteristici, o caratterizzanti, quella data etnia. Si tende tutt’al più ad identificare aree in cui determinati manufatti sono prevalenti, o che finiscono per trasformarsi in luoghi in cui altri sono gli oggetti che si impongono. Dunque i reperti che tradizionalmente sono riferibili ad una data civiltà, sarebbero in realtà difficilmente etichettabili dal punto di vista etnico. Ne deriva che non basta sostituire all’idea dell’invasione barbarica quella di uno spostamento progressivo, anche di gruppi sparsi nel territorio e nel tempo, come si fa oggi parlando della migrazione dei Goti, dei Longobardi o di altre popolazioni considerate barbare, poiché i dati offerti dalle fonti archeologiche andrebbero interpretati con maggiore cautela. La lezione che proviene dallo studio degli eventi delle invasioni dei barbari è di due tipi: per lo studioso è un invito alla modestia considerata la necessità di affinare gli strumenti metodologici, per il semplice interessato alla storia, invece, è un invito a leggere nel passato con più cautela e con meno pregiudizi.

CRONOLOGIA ESSENZIALE DEGLI EVENTI BARBARICI IN EUROPA (di Franco Lasorella) Anni: 376. I Goti passano il Danubio e si stanziano nella Tracia romana. 378. Pesantissima confitta romana ad Adrianopoli da parte dei Goti. Vi muore lo stesso imperatore Valente. 406. Franchi, Vandali, Alani e Svevi passano il confine sul Reno e penetrano in Gallia. 409. Vandali, Alani e Svevi passano nella penisola iberica. 410. Sacco di Roma operato dai Visigoti di re Alarico. 419. Fondazione del Regno Visigoto di Tolosa http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=4&Itemid=29 (7 di 8)22/05/2006 3.52.34

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429. Fondazione del Regno Vandalo di Nord Africa 430-450. Angli, Sassoni e Juti invadono la Britannia 436. Distruzione del Regno di Burgundia da parte degli Unni e Romani alleati. 451. Gli Unni di Attila sono sconfitti ai Campi Catalaunici (Gallia meridionale) dai Romani del generale Ezio. 456. Rifondazione del Regno di Burgundia con capitale Lione. 476. Caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Deposizione dell’imperatore Romolo Augustolo da parte di Odoacre. 481. Clodoveo diventa re. Inizio del regno unitario dei Franchi nella Gallia settentrionale. 493. Fondazione del Regno Ostrogoto in Italia da parte di Teodorico. 507. I Franchi conquistano la Gallia meridionale battendo i Visigoti a Vouillè. 527. Giustiniano diviene capo dell’Impero Romano d’Oriente (Impero Bizantino). 534. I Bizantini conquistano il Regno Vandalo di Nord Africa. 535-553. Guerra greco-gotica (Bizantina-Ostrogota) 561. Fine definitiva del conflitto con l’occupazione di Narsete (generale bizantino) dell’Italia settentrionale. 568. I Longobardi calano in Italia. 572. Presa di Pavia da parte dei Longobardi e assassinio di re Alboino. 574-583. Guerra tra Longobardi e Bizantini in Italia. 574. Autari viene eletto re dei Longobardi. Stabilizzazione della situazione politica e militare in Italia.

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(di Giuseppe Locaro) I fatti di Rennes le Chateau potrebbero nascondere altre situazioni di quelle che finora sono state dette, cioè nascondere un’altra stupefacente realtà. Com’è noto, Lincoln, Baigent e Leigh nel loro libro “Il Santo Graal” hanno sostenuto l’ipotesi che Gesù non fosse morto in croce ma, grazie all’aiuto di alcuni discepoli, riuscì a farsi credere morto e a scappare nella Francia meridionale, dove sposò Maria Maddalena e dove visse fino a settantaquattro anni. Alla morte sarebbe stato seppellito a Rennes le Chateau. Approfondendo queste circostanze, Richard Andrews e Paul Schellenberger nel loro libro “Alla ricerca del sepolcro”, hanno affermato di avere localizzato la tomba di Cristo, localizzandola nei pressi di Rennes, precisamente sul monte Cardou. Un’ipotesi interessante al riguardo è stata sostenuta anche da Gérard De Sède che nel suo libro intitolato “Rennes le Chateau” ha chiesto di prestare attenzione alla data 1891, anno in cui il curato Bèrenger Saunière scoperse una tomba nel territorio di sua pertinenza religiosa. De Sède ha inserito nelle vicende la Fraternità Rosacrociana, iniziando con il sostenere che i Rosacroce si fossero palesati pubblicamente ogni 108 anni dal 1614, anno in cui furono pubblicati in Germania i due famosi testi programmatici del loro movimento. Peraltro il mitico cavaliere

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Christian Rosenkreutz, dalle cui gesta avrebbe preso origine la confraternita, secondo questi stessi scritti avrebbe condotto la propria esistenza per un eguale numero di anni. Gérard De Sède ha fatto anche notare che il 1891 fosse stato un anno di notevole importanza per l’occultismo europeo: morì la fondatrice della Società Teosofica, Helèna Petrovna Blavatsky, a Parigi fu istituita una loggia della “Golden Dawn” di Alaister Crowley, Josèphin Pèdelan fondò l’”Ordine della Rosa+Croce, del Tempio e del Graal”, dando a tale organizzazione un indirizzo decisamente cattolico. Lo studioso francese ha ipotizzato anche che Saunière si fosse dedicato a studi ermetici ed alla pratica alchemica, quantunque non sarebbe stato chiaro se tali occupazioni gli avessero procurato ricchezze così vaste come è stato tramandato. D’altronde questo tipo di studi avrebbero caratterizzato gli aderenti alla Rosacroce, tanto da fare supporre che lo stesso curato fosse stato uno di loro. Lo stesso motto “terribilis est locus iste”, che si dice fosse stato in uso presso i Rosacroce germanici per indicare particolari situazioni o particolari luoghi occulti e che compare all’ingresso della chiesa rennese di Santa Maria Maddalena, avrebbe probabilmente costituito la riprova dell’ingerenza della Rosacroce nell’affaire di Rennes le Chateau. Si ha notizia dell’esistenza della stessa frase anche in alcune chiese italiane. Per esempio nel Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo nel foggiano, nella chiesa di Santa Maria della Pietà a Bibbona nel livornese, e in quella di Sant’Andrea Apostolo di Mioglia nel savonese. In quest’ultimo caso la frase, incisa su pietra, è interrotta dalla figura di una stella a sette punte ed accompagnata dai segni “I > O I”, interpretati come la data 1701. Se le ipotesi di De Sède fossero esatte, il 1999 (1891+108) sarebbe stato l’anno di una nuova manifestazione rosacrociana i cui effetti, dopo circa sette anni, non sono stati dati ancora di conoscere a noi comuni mortali.

L’ ETERNO DRAMMA DEI TEMPLARI (di Marco Cerchi) Se lo si considera nella sua dimensione storica, l’Ordine Templare rappresenta soltanto un’insignificante nota a piè pagina della storia medievale. Sembra che i Templari non abbiano lasciato nulla di tangibile, tanto da ammettere che i Templari non abbiano fatto la storia. Però hanno fornito molte storie. Il sublime anelito dei fondatori dell’Ordine, l’utopia del monaco guerriero santo, la lotta impari tra lo spietato Filippo IV il Bello ed il mite Jacques de Molay, la follia dissennata del gran maestro Gèrard de Ridefort ed altro, tutto rappresenta una tragedia commovente e profondamente umana. Oltre alle rappresentazioni di realtà leggendarie, ciò che fino ad ora ha intrigato la fantasia sulle vicende dei Templari, sono state le lacune della storia nei loro riguardi. Soprattutto, le accuse formulate da re Filippo e da papa Clemente corrispondevano, almeno in parte, a verità? Che cosa ne fu di quei cavalieri che riuscirono a sfuggire agli arresti ed ai processi inquisitori? Hanno forse continuato a mantenere in vita l’Ordine segretamente ed in clandestinità? Per rispondere a questi ed a molti altri interrogativi, spesso gli storici si arrampicano sugli specchi, senza tuttavia riuscire a colmare le lacune in modo definitivo dato che ancora non sono spuntati documenti conclusivi o fonti di documentazione differenti da quelle tutt’oggi esistenti. Parafrasando una frase di Umberto Eco, oggi si è portati a ritenere che “i Templari c’entrano sempre” e che, a seconda dei gusti, essi sono stati considerati empi eretici o cospiratori spietati, o al contrario, depositari di sublimi conoscenze e protettori del santo graal, alchimisti e martiri. Quasi http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=5&Itemid=27 (2 di 11)22/05/2006 3.52.44

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sempre si è passato da un estremo all’altro: i Templari non sono risultati mai essere noiosi, ma sempre incredibilmente buoni o estremamente cattivi, santi o diavoli. Sembra che per dipingere i cavalieri siano esistiti solo due colori, il bianco e il nero, quelli del loro vessillo. Come sempre però la verità sta nel mezzo. I cavalieri furono semplicemente uomini talvolta forti, talvolta deboli che comunque hanno osato troppo. Dal punto di vista storico essi potrebbero apparire insignificanti, ma il dramma della loro ascesa, del loro declino e della loro fine rappresenta una grande storia. Fino a quando questa storia non corrisponderà a fatti che danno certezze, agli appassionati delle vicende templari non rimane che la loro discrezione di decidere se quanto si è detto sia plausibile oppure siano storielle divertenti. Credere tutto in blocco, senza nessuna verifica, non è un metodo scientifico e conduce solo in un vicolo cieco. Per ora non si sa quale vera “fine” abbiano fatto i Templari, e non lo si saprà mai poiché le tracce del Tempio si sono perse nei bagliori del rogo di Jacques de Molay.

NEL RICORDO DEL POVERELLO DI ASSISI (di Carlo Maria Coppa) Quest’anno cadono i settecentottanta anni dalla morte di Francesco di Bernardone (1182–1226), Francesco d’Assisi, il santo eretto a patrono della nazione italiana e fondatore dell’Ordine Francescano. Ci sembra ora doveroso ricordare la sua inclita figura con brevi note biografiche. Francesco nacque nella cittadina umbra da una nobildonna provenzale e da un ricco mercante di tessuti. Trascorse agiatamente e spensieratamente l’adolescenza e la prima giovinezza. Quindi, dopo tristi episodi connessi alla guerra che si combatteva tra Assisi e Perugia, alla quale partecipò e durante la quale venne fatto prigioniero, si sentì spinto a cambiare vita. A Spoleto, mentre al seguito di un condottiero stava recandosi in Puglia a combattere per Guglielmo di Brienne, Francesco si ammalò gravemente e durante la malattia ebbe un visione che lo risolse definitivamente a vivere secondo il dettato evangelico della povertà e dell’abbandono di ogni bene terreno. Lasciato ogni suo avere nonostante l’opposizione del padre, che usò anche le autorità cittadine civili e religiose per dissuaderlo, si votò prima all’eremitaggio sul Monte Subiaco poi alla predicazione. Fu raggiunto presto da compagni, laici come lui. Il gruppo, di undici persone, si diede una prima semplicissima regola basata su alcune massime dell’evangelo di Matteo. Fu l’inizio dell’Ordine Francescano, che venne approvato verbalmente da papa Innocenzo III nel 1210. Successivamente il gruppo di frati, accresciuto in numero di seguaci, si stabilì alla Porziuncola di Rivotorto dedicandosi con riguardo particolare alla cura degli indigenti, dei malati e dei lebbrosi. Intanto la rivoluzione evangelica del “poverello di Assisi” cominciò a diffondersi nei territori marchigiani e toscani, la cui autorità spirituale trovò il massimo seguito e sostegno tra la gente più umile. Nel 1219, dopo due tentativi andati a vuoto, Francesco raggiunse l’Egitto con l’intento di convertire alla religione di Cristo le popolazioni mussulmane. Non vi riuscì, ma trovò sostegno e comprensione non solo tra i crociati di Terrasanta, ma anche tra alcuni sultani islamici, segnatamente presso il sultano d’Egitto, che lo accolse con deferenza e con i massimi onori. Tornato in patria, Francesco si trovò a dovere risolvere alcuni dissidi interni a proposito del possesso di beni, che la prima regola francescana aveva rifiutato, ma che era ora reclamato da una parte dei suoi nuovi adepti. Sotto la pressione della Santa Sede e dell’amico cardinale Ugolino dei Segni (il futuro papa Gregorio IX), http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=5&Itemid=27 (3 di 11)22/05/2006 3.52.44

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Francesco dovette fare redigere una nuova regola meno rigida, che fu confermata ufficialmente nel 1223 da papa Onorio III. Profondamente turbato dai fatti, lasciò l’ufficio di rettore dell’ordine vivendo il più possibile in disparte, fedele alla sua “santa sorella povertà”, ora sul Monte Subiaco, ora in un isolotto del lago Trasimeno, ora sul Monte Verna, dove ricevette le stimmate nel settembre del 1224. Aveva fatto nominare al suo posto fra’ Pietro Cattanei, al quale succedette frate Elia da Cortona. Gli ultimi due anni di vita furono pieni di sofferenze. Divenuto cieco e tisico, spirò nel 1226 alla Porziuncola, nei pressi di Assisi, assistito dai suoi frati più fedeli. Fu sepolto nella chiesa assisana di San Giorgio, poi nella basilica oggi centro del francescanesimo, fatta costruire appositamente da frate Elia per accogliere le sue spoglie. Fu fatto santo dopo soli due anni dalla morte da papa Gregorio IX. Oltre alle due versioni della “Regula” (la prima è andata perduta), un testamento spirituale e alcune preghiere, Francesco è autore del celebre “Cantico delle Creature” (noto anche come “Cantico di Frate Sole”, del 1225), del quale riportiamo oltre la versione ritenuta originale. Le sua biografia e la sua opera ci sono note attraverso fonti a lui contemporanee: le due “Vite” di Tommaso da Celano, la “Leggenda dei tre compagni” e la “Vita” di San Bonaventura da Bagnoregio, ed infine i “Fioretti” di autore anonimo, dai quali vennero tratti gli “Acta Sancti Francisci” circa un secolo dopo.

IL CANTICO DELLE CREATURE

Altissimu, omnipotente bon Segnore, tue so le laude et la gloria et l’onore et onne benedictione A te solo altissimu se confano, et nullo homo est digno te mentovare. Laudatu sie mi Segnore cum tucte le tue creature spetialmente messer lo frate Sole, lo quale jorna, et allumina noi per loi, et ellu est bellu et radiante cum grande spentore, de te, Altissimu, porta significatione. Laudatu sie mi Segnore per sora luna et le stelle, in celu l’ai formate pretiose et belle. Laudatu sie mi Segnore per frate ventu et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per le quale a le tue criature dai sustentamento. Laudatu sie mi Segnore per sora aqua, la quale est multo utile et humele et pretiosa et casta. Laudatu sie mi Segnore per frate focu, per lo quale allumeni la nocte, et ellu est bellu et iocundo et rubustoso et forte. Laudatu sie mi Segnore per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et guberna et produce fructi cum culoriti fiori et herba. Laudatu sie, mi Segnore, per quilli che perdonano per lo tuo amore et sostegno infirmitate et tribulatione beati quilli che ‘l sosterranno in pace, ka da te, Altissimu, sirano incoronati. Laudatu sie mi Segnore per sora nostra morte corporale, da la quale nullo homo vivente pote skappare, guai a quilli ke moreranno ne le peccata mortali, beati quilli ke se troveranno ne le tue santissime volunctati, ka la morte seconda non farà male. Laudate et benedicete mi Segnore et rengratiate et serviteli cum granda humilitate. http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=5&Itemid=27 (4 di 11)22/05/2006 3.52.44

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PRESUPPOSTI DEL FONDAMENTALISMO ISLAMICO (di Alain Santi) Negli ultimi tempi si fa un gran parlare del cosiddetto “fondamentalismo islamico”. Pochi però conoscono realmente che cosa esso sia e quali siano stati i presupposti, che si perdono agli albori della fondazione e della divulgazione della religione maomettana, e che molto si è intrecciato con la spirito medievale delle Crociate e con l’evoluzione successiva della storia dei popoli occidentali. Vediamo con questo breve articolo di chiarire in cosa esso consista. Innanzi tutto si fa risalire ai primi decenno successivi la morte di Maometto l’origine delle correnti religiose “fondamentaliste”, le sunnite e le sciite che sarebbero sorte, insieme alle kharigite, tra il 656 e il 661 come fazioni politiche protagoniste di una dura lotta di potere, per poi acquisire nel corso dei secoli il carattere di comunità religiose distinte da indirizzi teologici particolari. In seno all’islam emersero tendenze mistiche e il desiderio di intrattenere un rapporto diretto con il divino, caratteristica di numerose scuole di “sufismo”, indirizzo religioso delineato a grandi linee nella rassegna n.9 di “Informazioni Templari”. Ostacolati da legislatori e da califfi, i mistici mussulmani diventarono presto vittime di persecuzioni per tutto il decimo secolo, fino a quando il legislatore Al Ghazali accettò la modalità cultuali del sufismo aprendo la via ad una fioritura eccezionale di studi filosofici, scientifici e teologici che si protrasse fino alla fine del XIII secolo. Per quanto concerne l’epoca moderna, il rapporto con la cultura europea ha certamente costituito il motivo di fondo del dibattito che ha interessato, già dal XVIII secolo, l’intero mondo mussulmano determinando talvolta uno stato di tensione a motivo dell’emergere, accanto alle posizioni decisamente riformistiche, di atteggiamenti di chiusura totale di fronte a qualsiasi influenza culturale estranea all’antica tradizione religiosa. Ai teorici di un islam, per così dire moderato, si contrapposero quanti considerarono il primato della legge religiosa nella vita sociale come elemento irrinunciabile dell’identità islamica, minacciata dal laicismo politico e sociale dell’Occidente secolarizzato. Tale atteggiamento dottrinario si è tramandato fino ai giorni nostri, ed attualmente costituisce la base dei principi del fondamentalismo, che poggia altresì su un malcontento di fondo diffuso negli ambienti religiosi islamici più tradizionalisti. Il termine “fondamentalismo” oggi indica, convenzionalmente, l’ideologia di numerosi movimenti politici del mondo islamico sorti per propugnare, anche mediante il ricorso alla violenza, il ritorno all’osservanza dei precetti della religione come forma di opposizione politica e culturale all’Occidente. Già nel 1929 queste idee caratterizzarono il gruppo dei “Fratelli Mussulmani” il cui esponente di maggior spicco, Sayyd Qutb, fu giustiziato dalle autorità egiziane nel 1966. Il fondamentalismo islamico ha conosciuto la sua massima diffusione negli ultimi anni attraverso l’attività di numerosi movimenti politici e religiosi capaci di influire sulla vita sociale in diversi paesi. Il modello politico cui molti militanti fondamentalisti fanno riferimento è soprattutto quello dell’Iran, dove nel 1979 l’ayatollah Khomeini, una delle più alte autorità dell’islam sciita, riuscì a conquistare il potere facendo del fondamentalismo religioso il motivo ispiratore di una rivoluzione popolare contro il governo filo-occidentale dello scià di Persia. Dopo di allora, altre roccaforti del fondamentalismo sono diventati il Sudan e l’Afghanistan, le cui vicende militari e politiche successive sono tutt’ora oggetto di studio e di valutazioni. In Turchia il rispetto http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=5&Itemid=27 (5 di 11)22/05/2006 3.52.44

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di una costituzione laica non ha impedito, negli anni passati di recente, al partito fondamentalista Refah di diventare forza politica di governo, mentre in Algeria il Fis (Fronte Islamico di Salvezza) fu messo fuori legge dal partito al governo nel 1991, con il relativo scatenamento di una reazione violenta che continua ancora ad insanguinare il paese. Movimenti islamici fondamentalisti, come il cosiddetto Hamas in Medio Oriente, si oppongono al processo di pace tra il popolo palestinese e lo stato di Israele, mentre altri fazioni come gli hezbollah sciiti, sono stati protagonisti della insanguinata storia recente del Libano. Motivo ispiratore di queste compagini è il concetto di “guerra santa” contro gli infedeli di Allah, identificati indifferentemente con i non mussulmani e con i membri della comunità islamica considerati traditori a motivo delle loro posizioni progressiste e, tutto sommato, filo-occidentali.

ACIM. UN SODALIZIO CHE MERITA ATTENZIONE (di Carlo Alberto Ameri) La riscoperta e la valorizzazione di un’eredità nazionale di altissimo valore culturale, come quella tipica dell’epoca medievale, è stata la motivazione che ha consentito la costituzione dell’Acim, “Associazione Culturale Italia Medievale” con sede operativa a Milano. Il progetto degli associati è di unificare i risvolti connessi alla cultura medievale nella sua interezza, e di rendere al Medioevo italiano il ruolo che gli spetta di diritto nel panorama internazionale della cultura. Oltre a sensibilizzare ai temi del Medioevo le istituzioni, l’Acim sta operando per raccordare il mondo ufficiale della ricerca storico-scientifica con quello degli appassionati, affinché ognuno possa offrire il proprio contributo a questo affascinante genere di cultura. In sostanza l’associazione, che opera senza fini di lucro, ha come obbiettivo prioritario la valorizzazione e la promozione di tutto il patrimonio storico ed artistico del Medioevo italiano. Pertanto organizza eventi, manifestazioni e rievocazioni, corsi e seminari, viaggi, visite guidate e soggiorni. Su richiesta fornisce ricerche bibliografiche qualificate e assistenza didattica. Edita un portale e diversi blog di approfondimento, tra i quali una rassegna stampa quotidiana e spazi di dibattito e di confronto. Per sostenere sodalizi che operano nel settore della medievistica, ha istituito il “Premio Italia Medievale” (info: 02. 45329840 [email protected])

BERLUSCONI AVEVA RAGIONE: I CINESI MANGIAVANO BAMBINI LESSI (di Pietro Montedoro) Alcuni saggi documentati di storia hanno fissato nell’espansione della umana bestialità avvenimenti che nessun cronista, me compreso che scrivo queste note, avrebbe mai voluto riferire. Riporto al lavoro di Jasper Becker “La rivoluzione della fame in Cina dal 1959 al 1962: la carestia segreta”, pubblicato in Italia nel 1988 dalle Edizioni “Il Saggiatore”. Riporto tre libri “Il libro nero del comunismo” di Stephane Courtois, a “Utopia e terrore” di Marco Messeri e a “Mao: a life” di Philip Short. Becker, storico e cronista del giornale progressista inglese “Guardian”, in un capitolo del suo libro (che Silvio Berlusconi deve avere di certo consultato per fare le boutades che ha fatto) si apprende che la pratica del cannibalismo ha sempre fatto parte della cultura cinese e che il http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=5&Itemid=27 (6 di 11)22/05/2006 3.52.44

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fenomeno si sia acuito a dismisura in tempi recenti a causa delle carestie programmate in Cina dalle nomenklature comuniste. A sua volta Becker sembra essersi riferito al testo antropologico “Cannibalism in China” del docente dell’Università del New Yersey Kay Ray Chong. Nel lavoro l’antropologo di origine cinese distingueva due tipologie di cannibalismo: una per sopravvivere, alla quale i cinesi ricorrevano come ultima ma pur sempre aberrante risorsa alimentare, l’altra cultuale e rituale insieme, che veniva praticata da persone di classi sociali più elevate. In molti periodi della storia cinese, ha scritto Chong, la carne umana fu considerata una raffinatezza alimentare. Del corpo umano si consumavano preferibilmente le interiora, cuore compreso. Sotto l’imperatore Wu Dhi, nel VI secolo, i prigionieri venivano tenuti in gabbie simili a stie per polli, spesso venduti, e in momenti di carestia bolliti e mangiati. Il cannibalismo era anche valutato in ottica religiosa come forma di vendetta famigliare. Gli stessi precetti di Confucio ne prevedevano largamente l’uso: “… i nemici rei di omicidio devono essere interamente mangiati, ossa, carne, cuore e fegato compresi…” si legge nel “Li Chi” (Memorie dei Riti), antichissimo testo alla base dell’etica confuciana. Jasper Becker, e gli altri studiosi sopra citati, hanno sostenuto che l’atroce tradizione fosse stata recuperata e continuata dal regime comunista per motivi politici ed ideologici. La pratica di antropofagia veniva gestita dai quadri dirigenti del Partito Comunista Cinese. Certa gente vi aderiva per dimostrare il fervore rivoluzionario e la fedeltà al partito. Si originarono in questo modo veri e propri banchetti di carne di persone appartenenti alla classe dirigente sconfitta. Sembra che i pasti umani fossero continuati fino al 1965 con il compiacimento delle massime autorità del partito. A questo punto un dato emerge inoppugnabile: anche se i comunisti cinesi non hanno mangiato lesso di bambini, come la storiografia ufficiale cinese ora contesta, è tuttavia certo che abbiano costretto gli altri a farlo per loro. Nel numero zero (1929) della “Cucina Italiana”, un magazine culinario diventato negli anni successivi autorevole e prestigioso, nello spazio dedicato alle “spigolature” si raccontava che in Cina i bambini venivano regolarmente mangiati. Come se non bastasse, con gusto davvero raccapricciante il giornale forniva la ricetta per gustare le loro manine bollite e marinate in vino di riso. Secondo il giornale, il sapore di queste vivande si sarebbe accostato a quello dell’agnello da latte. L’abitudine di cucinare e di mangiarsi i pargoletti sembra non sia stato perso dai cinesi neanche in tempi attuali. E’ del marzo scorso la notizia, diffusa dalla autorevole agenzia giornalistica “Asia News” e ripresa dai giornali di tutto il mondo, che nella provincia settentrionale del Gansu sono stati trovati in una discarica due braccia umane bollite presumibilmente di due ragazzini diversi dell’età di sei-otto anni. All’analisi autoptica gli arti risultavano essere stati salati e conditi con zenzero e con peperoncino. In una borgata nei pressi della città di Jiamusi, nella provincia dello Heilong Jiang, la polizia cinese ha arrestato due interi gruppi famigliari con l’accusa di avere smembrato e divorato almeno sei bambini. Le autorità di pubblica sicurezza cinesi in seguito all’affioramento delle notizie hanno ordinato il blocco immediato delle stesse per questi casi, come d’altronde già avevano fatto in merito agli episodi accaduti nel 2003 nel Guang Dong: tre anni fa alcuni ristoranti della provincia avevano cucinato bambini in zuppa per servirli a certi uomini d’affari di Hong Kong. Nella stessa regione, inoltre, allora era stato scoperto un traffico di feti umani da bollire o da vendere come prodotti di cosmesi. Alla faccia degli “involtini primavera”!

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EBLA. L’ARCHEOLOGIA RISCRIVE LA STORIA (di Luigi Ciampichetti) Si è appena conclusa la campagna di scavi nel Tell Mardikh, in Siria, condotta dagli archeologi dell’Università La Sapienza di Roma. Con molta probabilità gli scavi saranno ripresi, anche se non è stata comunicata la data delle prossime ricerche. E’ in questo sito, situato a circa 60 chilometri da Aleppo, che nel 1975 gli archeologi italiani avevano scoperto il celebre archivio proto siriano di migliaia di tavolette incise con alfabeto cuneiforme risalenti al 2300-2400 avanti Cristo, documenti di una delle più antiche civiltà della storia. Le tavolette furono rinvenute nell’area del palazzo reale, una costruzione facente parte della mitica città di Ebla la quale, con molta probabilità, sembra essere stata distrutta agli inizi del regno accadiano di Sargon. A lungo si è ritenuto che ogni vestigia originaria di Ebla si fosse perduta a causa delle sovrapposizioni urbanistiche dei secoli successivi, ma l’ipotesi è stata confutata dal ritrovamento del cosiddetto “Tempio della Roccia” nei mesi scorsi, un poderoso edificio adibito al culto del dio della tempesta e della pioggia Hadad, il quale secondo la mitologia proto siriana avrebbe percorso il cielo su di un carro agitando le nubi e lanciando fulmini e vento. Altri elementi farebbero ritenere che la divinità a cui era dedicato il tempio fosse stata Kura, il padre degli dei e degli uomini (lo Zeus greco) e protettore dei culti eblaiti. Il Tempio della Roccia venne abbattuto per due volte, ma poi ricostruito intorno al 1600 avanti Cristo, ovvero nello stesso periodo della costruzione a Gerusalemme del Tempio di Salomone. Un grande filologo tedesco, Wolfram von Soden, poco prima della scoperta delle tavolette cuneiformi tra le rovine di Ebla, aveva asserito che non si sarebbe potuta mai scrivere la storia della Siria e dell’Anatolia del terzo millennio prima di Cristo, perché quelle regioni non avevano conosciuto la scrittura, ma la scoperta del 1975 ha smentito questa previsione. Si è così venuto a sapere che i sovrani di Ebla avessero http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=5&Itemid=27 (8 di 11)22/05/2006 3.52.44

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trasformato la città, in poco più di mezzo secolo, in una potenza internazionale dalle ambizioni proto imperiali attraverso la conquista di città situate sul Mediterraneo e delle regioni ad oriente del fiume Eufrate (Iraq). Si è venuto inoltre a sapere che il potere di Ebla fosse stato fondamentale sul controllo dell’approvvigionamento del legname, del rame e dell’argento sui versanti orientali dell’attuale Libano e in quelli meridionali dei fiumi Amano e Tauro. Poco dopo il 2350 avanti Cristo, Ebla nella Siria interna, Nagar nell’Alta Mesopotamia e Mari sull’Eufrate dominavano questi ricchissimi territori. Quando poi Sargon, ambizioso funzionario del re di Kish, fondò la città di Akkad ed unificò tutte le città della Bassa Mesopotamia, attraverso vittoriose spedizioni militari soggiogò Mari e conquistò Ebla radendola quasi al suolo, come ricorda una trionfalistica iscrizione su una tavoletta cuneiforme.

ATTACCO VATICANO AL “CODICE BROWN” (di Pietro Montedoro) Nell’omelia dei riti del Venerdì Santo, il predicatore della Casa Pontificia monsignor Raniero Cantalamessa ha rivolto un’energica denuncia contro la cultura revisionista dei capisaldi storici del cristianesimo, manifestatasi in questi ultimi tempi nelle opere letterarie del romanziere Dan Brown. Alla presenza degli alti prelati della curia romana e dello stesso pontefice, monsignor Cantalamessa riferendosi al caso dell’ormai celebre “Vangelo di Giuda” tradotto e divulgato in alcune frasi di recente negli Stati Uniti, ha ribadito testualmente che “… Giuda tradì e vendette Cristo per trenta monete d’argento, ma oggi c’è chi lo vende ad editori e librai per miliardi di denari… nessuno ferma questa ondata speculativa, che registrerà un’impennata on l’uscita imminente di un certo film…” L’attacco del Vaticano è stato diretto soprattutto contro il famigerato best seller “Codice da Vinci” e contro la sua versione cinematografica, nelle sale italiane dal 19 maggio, entrambi riportanti ricostruzioni fantasiose della vita di Cristo. In proposito l’Opus Dei ha rivolto formale richiesta alla presidenza e agli azionisti della Sony, azienda produttrice del film, affinché nei titoli di apertura della pellicola sia inserita la didascalia “Vi trovate davanti a un’opera di fantasia, qualsiasi somiglianza con la realtà è puramente casuale”. D’altronde, quella di padre Cantalamessa è stata una severa requisitoria contro il sensazionalismo in campo religioso, contro il prurito di novità sostanzialmente contrapposto alla ricerca del vero, del quale i media nazionali ed esteri non sono esenti da responsabilità. Il predicatore infatti ha sostenuto che all’informazione non interessi la verità storica, ma le novità in campo storico fondate o errate che possano essere. Cantalamessa ha aggiunto: “… si fa ora un gran parlare del tradimento di Giuda e non ci si accorge che lo si sta rinnovando. Cristo viene ancora una volta venduto, ma non più ai capi del sinedrio ma agli editori… per fare dire esattamente il contrario di quello che gli evangeli apocrifi intendevano affermare…” Ma torneremo di certo sull’argomento.

LA TRADIZIONE DRUIDICA IN BRETAGNA (di Carla Console) La Bretagna, la regione più occidentale della Francia, fu la terra dei http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=5&Itemid=27 (9 di 11)22/05/2006 3.52.44

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druidi per eccellenza. La tradizione druidica traspare ancora oggi da ogni cosa, e di quanto asserito darò in questo articolo alcune conferme. A Trehorenteuc, una cittadina situata nel cuore della magica foresta di Brocéliande, dove secondo una tradizione venne educato il druido “mago” Merlino, esiste una chiesa fatta edificare dall’abate Gilard, morto in odore di santità, conosciuta come il massimo santuario del Graal della Francia. Qui tutta l’iconografia è riferita all’esoterismo celtico e alle leggende di re Artù. In special modo, risalta un grande affresco in cui è raffigurato un cervo bianco circondato da quattro leoni rossi, simbologia che gli studiosi hanno attribuito alla figura di Merlino. Anche le scene delle stazioni della Via Crucis sono state reinterpretate in ottica arturiana, dove spiccano anche i personaggi delle leggende del Graal e dove la figura di Cristo è stata posta decisamente in secondo piano contrariamente all’iconografia classica. Tuttavia non sono stati i druidi i primi sacerdoti della Bretagna. Un ancor misterioso popolo abitava il territorio prima dei Celti, una popolazione nata dal mistero e nel mistero dispersa, che ha lasciato testimonianze soltanto nei miti e nelle costruzioni megalitiche. In una leggenda si narra della città chiamata Ys, fatta costruire sul bordo dell’oceano, nel territorio di Dauarnenez, da re Gradlon del popolo Grall per accontentare il desiderio della sua bellissima figlia Dahut. La leggenda prosegue nel raccontare che Ys fu sommersa dalle onde marine e che soltanto il sovrano si fosse salvato dalla furia delle acque, il quale, scampato dal pericolo, per ringraziamento fece erigere una cattedrale nella città di Quimper. A ricordo dell’antica città inghiottita dal mare gli abitanti di Lutèce, che erano alla ricerca di un nuovo nome per la loro città, avrebbero scelto Paris (Parigi), ovvero “par ys”, simile ad Ys. Non è difficile collegare la leggenda di Ys con il mito di Atlantide ed al suo inabissamento. Ma il territorio di Dauarnenez cela altri misteri druidici. Infatti le punte estreme della baia omonima furono considerate come imbarcaderi delle anime dei morti: da qui Ankou, il Caronte bretone, avrebbe guidato la “barca della notte” verso l’Isola dell’Eterna Giovinezza, la destinazione ultima soprattutto delle anime degli eroi. Identificata con l’irlandese Tinan Ohg e con la gallese Avallon, l’isola-paradiso bretone corrisponderebbe alla attuale Ile-Grande o alla Ile d’Aval, situate entrambe al largo di Perros Guirec. E’ evidente il riferimento alle leggende graaliche e alla cultura mortuaria dei druidi. Secondo antichissime fonti, nei pressi del famoso allineamento di menhir di Carnac sarebbe sorto un grande centro spirituale caratterizzato dalla presenza di tempi e di case adibite a comune abitazione. I pietroni sarebbero stai eretti dagli appartenenti al centro per testimoniare la propria scelta iniziatica. Secondo questa tradizione dunque, i menhir di Carnac avrebbero rappresentato una sorta di costruzioni votive per materializzare le preghiere verso le divinità della natura. Le pietre silenziose diventavano testimoni visibili delle esperienze spirituali degli antichi druidi, così disposte per tramandare ai posteri messaggi di natura inizitica e per essere interpretate da chi potesse riconoscerne il significato.

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QUEL CHE RESTA DI DIO Armando Torno Edizioni Mondadori. Pagine 79, euro 14 (di Alfonso Francia) Armando Torno è senza dubbio un pensatore credente come ha dimostrato in questo ultimo suo saggio. Fittamente nutrito di elementi filosofici, il testo li presenta in una prospettiva del tutto innovativa riguardo al problema di Dio. Secondo questi, le discussioni a favore o contro l’esistenza di Dio, non dovrebbero stupire giacché esse rappresentano un dato fisiologico per chi è credente. Un dato che Torno non esita a definire “gioco di Dio”: ovvero sarebbe nella natura stessa dell’Ente Supremo spingere il pensiero umano ad affrontare la possibilità o l’impossibilità della sua esistenza. Così la tesi fondamentale dell’autore è che Iddio non si lascerebbe dimostrare tanto quanto non si lascerebbe smontare, dando l’impressione di figurare come un “grande assente condizionatore della storia del pensiero umano”. E non solo di questo. Da tale prospettiva, l’autore affronta anche le maggiori difficoltà che si sono sempre frapposte alla credenza dell’esistenza di Dio. Prima tra tutte, la presenza del Male nel mondo. Egli perviene alla conclusione che “se Iddio non lo ha tolto dal mondo, il male non è riuscito altresì a negare definitivamente Dio”. Questo principio, ma del tutto privo di dogmatismo, è la chiave intorno a cui ruota il saggio di Torno. Il quale, del resto, non esita a diagnosticare sia l’incoerenza della religione, sia l’impossibilità degli uomini a pensare senza intromettere nella loro logica il concetto di divinità.

PSICOLOGIA DEL GRAAL Emma Jung – Marie Louise von Franz Edizioni Tranchida. Pagine 460, euro 30 (di Alain Santi)

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Già Carl Gustav Jung aveva offerto un’interpretazione psicologica del mito del Graal, inserendolo nel contesto della sapienza alchemica, indagata alla luce della nozione degli archetipi. Per il grande psicanalista svizzero, il Graal altro non sarebbe stato che la pietra filosofale degli alchimisti, la “pietra interiore” capace di diventare da sé stessa “pietra angolare” de sé di ogni individuo. Sua moglie Emma ha proseguito l’opera di ricerca in tale direzione, pervenendo alla ipotesi che la cerca del mitico oggetto riguarda soltanto noi stessi e si apre alla realizzazione interiore. Molti personaggi e molte vicende caratteristiche del mito graalico vengono in questo bel libro analizzate minuziosamente per estrapolare i simboli, e segnatamente gli archetipi della divinità nascosta nell’essere umano che cerca, e spesso ottiene, la liberazione del corpo dai lacci della materia che lo avvinghia.

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Curatori: Gabriele Petromilli (settore redazionale e culturale) info: 348 3726614 Diego Di Giuseppe Stefanori (settore tecnico e amministrativo) info: 393 0515838 E-mail: [email protected]

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IL CORPO NEL MEDIOEVO Jacques Le Goff Edizioni Laterza. Pagine 189, euro 16 (di Alain Santi) Il corpo, inteso nella sua pura carnalità, è stato dimenticato dalla storiografia ed a lungo disprezzato dalla cultura plasmata dal cristianesimo. E’ quanto ci ricorda Jacques Le Goff, in collaborazione con Nicolas Truong, in questo piccolo e intelligentissimo libro. Ma tale disprezzo, sostiene l’autore, non è il risultato solo della predicazione cristiana, ma si deve imputare anche ad una filosofia morale contraria ai piaceri e alle passini della carne diffusa principalmente tra le élites della romanità basso-imperiale. Ciò non ha tolto che la “rinuncia della carne” fosse diventata, con il trionfo del cristianesimo, un modello di vita per tutti i credenti e che il sistema di controllo dettato dalla Chiesa abbia avuto come scopo la repressione della sessualità, bollata come l’espressione più volgare della vita corporale. A partire dalla seconda metà XII secolo, vi furono però vistosi segni nella cultura europea di una rivalutazione del corpo. Basti pensare che un mistico come Francesco d’Assisi esaltava la gioia e celebrava le lodi di “frate corpo”, ed alla diffusione dei riti carnevaleschi e delle tante pratiche di allegrezza che, con o senza la benedizione del clero, hanno attestato la voglia della riappropriazione del corpo da parte delle comunità europee dell’epoca. In questo libretto il celebre storico transalpino propone, con un linguaggio semplice e colloquiale, un’ampia visione delle pratiche e delle rappresentazioni corporali in Europa durante l’età di mezzo.

CASTELLI DEL MONDO AA.VV. Edizioni Withe Star. Pagine 272, euro 50 (di Anna Maria d’Oria) Sono 59 i castelli presi in considerazione in questo bel volume che coniuga storia, storia e suggestive immagini di fortezze, dislocate in ogni parte del pianeta e che si dipanano nell’arco di tempo che va dall’Alto Medioevo all’Ottocento. Ai castelli prescelti sono dedicate schede illustrate, dei quali Gianni Guadalupi ha curato l’aspetto storico e Gabriele Reina quello architettonico ed artistico. Leggendo il testo, colpiscono le differenze tra gli edifici, le quali oltre ad essere determinate dalle tecniche di difesa, dalle collocazioni geografiche di epoche diverse, rispondono sesso a gusti estetici molto diversificati. Si passa dalle austere fortezze medievali (Edinburgo) a ricche dimore signorili (Mosca, Trieste), dalle trame di mura e di archi (Meherangarh) ai lineari e leggeri interni dei castelli orientali (Himeji). L’introduzione del libro è curata da Gianni Guadalupi.

GENGIS KHAN. IL PRINCIPE DEI NOMADI Vito Bianchi Edizioni Laterza. Pagine 318, euro 19 (di Irene Bo) Uno dei pregi maggiori di questo libro consiste nello sforzo dell’autore di fare capire i vari modi con i quali gli storici orientalisti del recente passato hanno interpretato la figura di Temujin, divenuto nel XIII secolo il “Cinggis Khan” (monarca oceanico) padrone di tutto il mondo allora conosciuto, eccezione fatta dell’Europa. Una delle interpretazioni più suggestive del personaggio, riportata da Bianchi nel saggio, è quella offerta negli anni ’30 dagli orientalisti sovietici, che hanno visto il khan come un dispotico conservatore che riuscì a sopraffare il rivale “fratello di sangue” Jamuka, democratico e rivoluzionario. Ed in questo scenario di lotte interne per la unificazione delle tribù mongole, si muove principalmente il libro recensito. A parte la risibilità delle tesi comuniste, appare comunque degna di essere presa in considerazione l’esistenza di un conflitto interno di natura economica tra i due personaggi. E’ infatti fuori dubbio che presso i popoli nomadi la delimitazione delle zone di pascolo degli armenti sia stata la prima causa dei conflitti interni, e che i possessori del bestiame abbiano avuto non insignificanti problemi interni nella pratica della transumanza.

COME DIVENTARE BUDDHA IN CINQUE SETTIMANE Giulio Cesare Giacobbe Edizioni Ponte alle Grazie. Pagine 134, euro 12 (di Gavino Desogus) Fino dal titolo l’autore dichiara ironiche intenzioni, ma non la presa in giro, dato che il primo requisito per un buddista dovrebbe essere quello di non prendersi troppo sul serio. Da buon epicureo, Giacobbe crede che questa religione sia soprattutto una filosofia praticata, una sorta di http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=6&Itemid=30 (2 di 8)22/05/2006 3.52.58

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manuale di sopravvivenza da applicare ogni giorno. Insegna infatti a superare le sofferenze quotidiane con esercizi specifici, che peraltro l’autore ha riportato in sintesi nel libro, al fine di raggiungere il tanto agognato “stato di buddità”, ovvero di illuminazione, raggiungibile da tutti in cinque settimane, appunto. Sarebbe questa una condizione psicologica di serenità interiore che si può raggiungere semplicemente non pensando. Lo stesso autore ammette di non pensare più, giacché il pensiero si costruirebbe da solo. Del resto l’uomo non sarebbe consapevole di quanto automatismo psicologico ci sia nel suo pensiero: se un maschio avesse sempre a disposizione una femmina con cui andare a letto, dice Giacobbe, non si scriverebbero più poesie d’amore. Alla faccia di Cartesio!

L’OPERA POETICA William Butler Yeats Edizioni Meridiano Mondadori. Pagine 1653, euro 49 (di Lucia Capizzari Bowe) Premio Nobel per la letteratura nel 1923, William Butler Yeats nacque a Dublino il 13 giugno del 1865. Trascorse l’infanzia a Sligo, vivace porto dell’Irlanda occidentale, nella casa dei nonni materni proprietari di una piccola flottiglia di pescherecci. Fu affascinato delle storie locali di fantasmi e di fate, di mostri e di streghe, rimanendo soprattutto impressionato dalle leggende sui nobili del posto e sui loro manieri stregati. Nel 1876 si trasferì a Londra in compagnia di uno zio, e nel 1885 si iscrisse alla “Metropolitan School of Art” pubblicando le prime liriche sulla “dublin University Review”. Nello stesso periodo cominciò ad interessarsi di magia, di occultismo e di simbolismo cogliendo ispirazione nell’arte pittorica di William Blake e dei preraffaelliti (principalmente Dante Gabriele Rossetti) ed in poesia, nell’opera di Percy Bysshe Shelly e di John Donne. Teosofo e metafisico amico di Ezra Pound, dell’ancor giovane Thomas Stearns Eliot e di Oscar Wilde, Yeats divenne non solo il massimo poeta irlandese di tutti i tempi, ma l’indiscusso leader del cosiddetto “rinascimento celtico”, un movimento nazionalista fondato sulla rivalutazione e sulla difesa delle tradizioni irlandesi, sull’impegno politico per la separazione e per l’indipendenza dal Regno Unito d’Inghilterra. Nel 1891 aderì alla indipendentista “Irish Republican Brotherhood” (IRB) fondata da Maud Gonne, una pasionaria definita la Giovanna d’Arco irlandese, ed un anno più tardi fondò a Dublino la “Società Letteraria Irlandese”. Nel 1917 sposò la famosa studiosa di dottrine misteriche Georgie Hyde Leeds, donna che su di lui ebbe sempre una grande influenza culturale. Nel 1928 pubblicò la sua raccolta maggiore di poesie, “La Torre”, e quattro anni più tardi “La scala a chiocciola” e “Luna piena di Marzo”. Entrambe le raccolte affrontano il tema della morte e del significato della vita umana, della vanità delle cose mondane e della vecchiaia. Yeats trascorse i suoi ultimi anni in Italia e poi in Francia, dove morì nel 1939. Dieci anni dopo il decesso, il governo della repubblica irlandese mandò una nave da guerra a riprendere il suo corpo. Fu definitivamente sepolto a Sligo, “Ai piedi della montagna di Ben Bulben” come da sua ultima volontà, posto incantevole che è anche il titolo di una delle sue ultime poesie. La pubblicazione delle Mondadori, qui recensita, copre l’arco di un quarantennio di produzione poetica yeatsiana. Sono compresi indiscussi capolavori lirici come “I vagabondaggi di Oisin” e “Sulla caldaia”.

PIO IX Luigi Negri Edizioni Ares. Pagine 238, euro 14 (di Carlo Alberto Ameri) Il senigalliese Giovanni Mastai dei conti Ferretti di Pesaro, salito al soglio pontificio nel 1846 con il nome di Pio IX, ha detenuto il più lungo pontificato della storia, ben 32 anni. Appena eletto era stato salutato come un papa “liberale” e per due anni gli italiani, seguendo il progetto di Vincenzo Gioberti, avevano visto in lui la leva della liberazione italiana dallo straniero. Ma fu inevitabile che la rivolta del 1848 e la proclamazione della Repubblica Romana lo avessero indotto non solo a ripensamenti ma anche ad una chiusura che, a tratti, assunse l’aspetto di una vera e propria violenta repressione. Nel tripudio delle idee per l’unità degli italiani, divenne fatale che la figura di Pio IX fosse demonizzata. In questa monografia il professor Luigi Negri, docente di storia all’”Università Cattolica” di Roma, ha tratteggiato la complessa figura di questo, del resto grande, pontefice. L’autore ha posto particolarmente l’accento sul rifiuto ideologico di Pio IX della tesi per la quale lo Stato godrebbe di diritti senza confini. Il cosiddetto “Sillabo”, un elenco di ottanta principi imprescindibili del Cattolicesimo pubblicato da papa Mastai nel 1864, alla luce di questa considerazione suona come monito profetico per l’avvento degli stati totalitari che sorgeranno nel secolo successivo. Forse per questo motivo Giovanni Paolo II, il papa che ha rivendicato la libertà degli uomini contro il totalitarismo comunista, ha elevato quest’ultimo “papa re” della storia agli onori degli altari.

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HITLER E I TEDESCHI Eric Voegelin Edizioni Medusa. Pagine 262, euro 24 (di Anna Maria d’Oria) In questo saggio l’autore, filosofo statunitense di origine tedesca di specchiata fama, tralascia l’analisi storica della genesi del nazionalsocialismo per concentrarsi sul problema della comprensione della condizione psicologica, ed anche spirituale, della popolazione germanica che si lasciò trascinare nel dramma della guerra. Le conclusioni alle quali l’autore perviene, come scrive lui stesso nel saggio, possono essere estese a adattarsi anche nei confronti dell’ideologia comunista. Il sostanza, l’autore denuncia la supina accettazione dei tedeschi allo “svuotamento” dei principi della democrazia. Il senso del potere statale, e dunque del suo massimo rappresentante Adolf Hitler, era così radicato che i giuristi trovarono modo di giustificare atti di governo ai quali mancava qualsiasi base legale nel segno della Costituzione allora vigente. Voegelin termina il saggio affidando agli uomini un compito da portare a termine anche nel tempo attuale: liberarsi di ogni ideologia. E questo attraverso il recupero della filosofia classica, dell’umanesimo e del cristianesimo, mettendo in tal modo al centro della riflessione la dignità dell’uomo e il suo rapporto con il divino.

LE SPIE DEL FASCISMO Domenico Vecchioni Editoriale Olimpia. Pagine 110, euro 14 (di Carlo Alberto Ameri) Una rete di spie a pieno sostegno di un regime. Un groviglio di organizzazioni d’ogni tipo per fornire informazioni a Benito Mussolini su nemici e su amici durante i primi passi della presa del potere in Italia. Già nel 1922, subito dopo la Marcia su Roma, il duce sapeva che il potere e la capacità di sopravvivenza del fascismo dipendono, in un certo senso, dalle spie e dalla loro fedeltà. Su questa traccia l’autore ricostruisce nei dettagli l’attività in Italia di una imponente struttura spionistica nella prima metà del secolo scorso. Pubblica Sicurezza, Servizio Informazioni Militari, Ceka, Ovra, Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Di queste organizzazioni fasciste Vecchioni, attualmente ambasciatore italiano a Cuba, svela i rapporti e gli scontri interni. Dello stesso autore si ricordano: “Spie e spy-stories della seconda guerra mondiale”, “Cynthia, la spia che cambiò il corso della seconda guerra mondiale” e “Spie della seconda guerra mondiale”.

I SEGRETI DELLA GUERRA D’AFRICA Luigi Romersa Edizioni Mursia. Pagine 276, euro 15 (di Gabriele Petromilli) Nato nel reggiano nel 1917, l’autore di questo memoriale, Luigi Romersa, ha avuto una vita fin troppo movimentata. Ha iniziato nel 1937 a fare il reporter per la “Gazzetta di Parma” e durante la seconda guerra mondiale ha fatto il corrispondente di guerra per più testate giornalistiche, “Corriere della Sera” compreso. A pace conclusa ha girato tutto il mondo per il settimanale “Il Tempo”, distinguendosi per le sue inusuali e innate capacità di fotografare gli avvenimenti. Vincitore di numerosi premi giornalistici e letterari, di Romersa si ricordano capolavori poco conosciuti come “Le armi segrete di Hitler” e “L’ultimo quarto di luna”, storia dei mezzi d’assalto della Marina Militare italiana. Il memoriale di Romersa si concentra quasi esclusivamente sulle figure di due grandi strateghi alleati nella “Guerra d’Africa”, il tedesco Erwin Rommel comandante del mitico Africa Korps ed il suo omologo italiano generale Ettore Bastico, comandante del Corpo di Spedizione Italiano d’Africa Settentrionale. Quest’ultimo, secondo quanto ha scritto Romersa, avrebbe tenuto per tutta la durata degli avvenimenti bellici un diario personale dal quale sarebbe uscita la personalità, per certi versi sorprendente, del leggendario Rommel “volpe del deserto”. “… stratega opinabile ma tattico espertissimo, fiero soldato ed impareggiabile trascinatore di uomini, autoritario ma insieme generoso, euforico nella buona sorte ma facile ad abbattersi nella cattiva…” in questo modo Bastico ha descritto il collega tedesco nel suo diario, continuando “…si sentiva comandante per vocazione, ma si sentiva più di tutto combattente, servendosi del comando per guidare lui stesso i suoi uomini all’azione, di qualsiasi grado o reparto essi fossero stati … è capitato sovente che di notte varcasse da solo i reticolati, inoltrandosi verso le posizioni nemiche per esaminare di persona la situazione e valutare sul posto la possibilità di un attacco o di una manovra … per ore nessuno ne sapeva più nulla ma ricompariva magari all’alba, bianco di polvere, felice come un ragazzo al termine di un’entusiasmante avventura … i soldati ne subivano il fascino, reso tra l’altro più immediato dal fatto che sembrava essere invulnerabile … nessun altro generale sapeva guidare un attacco meglio di lui…” Dopo l’offensiva inglese scatenatasi tra il dicembre del 1940 e il febbraio del 1941, e successivamente nel dicembre di quest’ultimo anno, fu proprio http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=6&Itemid=30 (4 di 8)22/05/2006 3.52.58

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grazie all’audacia e al coraggio di Rommel se le truppe italo-tedesche riuscirono a conquistare la Libia nel 1942. Da questo momento il feldmaresciallo tedesco, galvanizzato dai successi, non volle prestare orecchio all’invito di moderazione tattica consigliato da Bastico. Così, mentre gli inglesi continuavano a ricevere rifornimenti, armi e carri Sherman e Grant dagli Stati Uniti, le speranze di ricevere rinforzi adeguati si rivelavano ogni giorno più vane per gli alleati dell’Asse. Nonostante ciò, Rommel continuò ad inseguire l’VIII Armata britannica verso l’Egitto, fino ad arrivare ad El Alamein, a quasi cento chilometri da Alessandria. La partita sembrava ormai vinta e conclusa, tanto che il 29 giugno del 1942 Benito Mussolini si recò in Africa, fermamente convinto di potere entrare con il suo cavallo bianco in Alessandria nel giro di pochi giorni. Non fu così. I soldati britannici comandati dal maresciallo Montgomery si riveleranno di li a poco ossi assai più duri del previsto. Della controffensiva inglese fecero le spese soprattutto gli italiani della divisione corazzata “Ariete” e i paracadutisti della “Folgore”. Come risulta non soltanto dal diario del generale Bastico, riportato nel libro da Romersa, ad Al Alamein i nostri scrissero pagine di autentico valore e di assoluta abnegazione ai doveri militari. Il 2 novembre del 1942, alle ore 15.30, il comandante della divisione “Ariete” lanciava un messaggio via radio al comando tedesco: “Carri armati nemici hanno fatto irruzione a sud. Ariete accerchiata. Posizione a cinque chilometri nord-ovest di Bir El Abd. L’Ariete combatte ancora…” Poi silenzio.

DOCUMENTARI DA CHARTRES A ROSSLYN. ALLA RICERCA DELLA VERITA’ Gino Bertini DVD. Durata 32 min. (d.e.n.s.) (Irene Bo) La verità è unica, immortale ed eterna e l’uomo, alla continua ricerca di essa, in accordo tra spirito e ragione, può soltanto immaginarla, idealizzandola. Inizia così il nuovo lungometraggio dell’autoreregista Gino Bertini che, dopo avere esplorato con la cinepresa il mondo dei Templari con documentari “I Templari, monaci guerrieri” e “I Templari, misteri e leggende” ora si cimenta nella descrizione di un altro aspetto legato a questi leggendari guerrieri: le cattedrali gotiche e il loro simbolismo. Bertini cerca di leggere questi libri di pietra, nei quali sono nascosti segreti di sapienza e di conoscenza, e parlano il misterioso linguaggio della mistica e della tradizione esoterica. Nella seconda parte, il documentario si sofferma in maniera dettagliata sulle immagini della Collegiata di San Matteo, vicino a Edimburgo, meglio conosciuta come la Cappella di Rosslyn. Vengono evidenziati tutti i particolari di cui è ricca questa meravigliosa costruzione, tempio della spiritualità e del misticismo, monumento commemorativo dell’Ordine del Tempio con una quantità di simboli che continuano a turbare il sonno di storici e di esoteristi, e che affascinano la fratellanza massonica ed i suoi membri che vi si recano da tutto il mondo per esaminarli con attenzione. Il documentario in dvd è stato scritto, diretto e prodotto da Gino Bertini, al quale ci si deve rivolgere per ordini o per informazioni (info: 0583.48296 e/o 3356658140. email: [email protected])

CINEMA MARY di Abel Ferrara con Juliette Binoche, Matthews Modine, Forest Whitaker, Stefania Rocca Usa-Italia 2005 (di Diego Di Giuseppe Stefanori) Il concetto di base di questa pellicola è dei più scomodi in materia di religione. Riguardo lo gnosticismo che, secondo certi indirizzi, sarebbe il modo più autentico di intendere la fede cristiana. Abel Ferrara, attraverso una personale interpretazione dei vangeli apocrifi, traspone in immagini cinematografiche l’idea che il divino sia insita in ogni essere umano, e che ogni persona può diventare il salvatore di se stessa. Nel film, Marie è una attrice drammatica che, interpretando il ruolo di Maria Maddalena, inizia a vivere una profonda crisi spirituale, la quale la spinge a ripercorrere i passi del personaggio che interpreta per ritrovare se stessa. Ted, invece, è un giornalista televisivo di successo che quando sta per perdere moglie e figlio trova in se la forza di rivolgersi a Dio, ritrovando in se la sua scintilla divina. Le due storie narrate nella pellicola sembrano volere focalizzare le difficoltà dell’uomo moderno a percorrere la strada della vita contando soltanto sulle proprie forze interiori. L’interpretazione di Juliette Binoche è magistrale nel http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=6&Itemid=30 (5 di 8)22/05/2006 3.52.58

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doppio ruolo interpretato, una bravura che latita negli altri attori del cast. La pellicola risulta confusionaria e pesante, a tratti troppo documentaristica. Il merito del regista è comunque di avere affrontato una questione attuale e toccante come la rivalutazione, sotto il profilo religioso e storico, della figura di Maria Maddalena.

7 CHILOMETRI DA GERUSALEMME di Claudio Melaponti con Alessandro Etrusco, Luca Ward, Alessandro Haber, Rosalinda Celentano, Eleonora Brigliadori Italia 2006 (di Raf Trementino) La pellicola è tratta dal romanzo best seller di Pino Farinotti, pubblicato dalle Edizioni Paoline e già tradotto in otto lingue. E’ la storia di un quarantene in crisi di identità che ha perso lavoro, che è stato abbandonato dalla moglie e dalla figlia, e che nonostante tutte le avversità riesce a vincere un viaggio in Terra Santa. Va, e sulla strada per Emmaus, a pochi chilometri da Gerusalemme, incontra un uomo vestito con una tunica, con i capelli lunghi e con la barba, che gli si presenta come Gesù Cristo. Con lo sconosciuto il protagonista inizia un dialogo che lo porterà alla rivalutazione della vita in genere, e di se stesso. Il Gesù di Melaponti, pur rispettando i canoni della iconografia classica, è qui rappresentato come un uomo dal linguaggio contemporaneo, con gusti moderni, scevro da aforismi e da parabole il quale ribadisce il messaggio cristiano di salvezza e di pace per gli uomini di buona volontà.

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ARTE PAMELA VINCENTI. PRESENTAZIONE CRITICA (di Armando Ginesi) Cos’è un alfabeto? Una serie di disegni grafici che per convenzione vengono usati come rappresentazione scritta delle parole e dei suoni di una lingua. Dunque un accordo tra individui per significare qualche cosa. Anche la lingua è una convenzione, anch’essa è un accordo consistente in modalità peculiari, decise da una comunità, di parlare e, in quelle alfabetizzate, anche di scrivere e di leggere mediante sistemi ortografici. Infine, che cos’è la luce? Energia elettromagnetica. Tutto vero, all’interno di una dimensione causale. Ma è sufficiente volersi (o sapersi) allontanare dalle cose, innalzarsi verso una dimensione superiore, in direzione d’un cielo che è sempre più alto di noi, quale che sia l’altezza che, umanamente, riusciamo a raggiungere, per cambiare radicalmente il senso delle definizioni che abbiamo dato sopra. Allora l’alfabeto può diventare sì una serie di disegni, ma in qualche modo autosignificanti, al di fuori d’ogni motivazione razionale, colti nella loro qualità formale che nulla a che vedere con le parole e i suoni di una lingua. Un alfabeto inventato, come quello di Pamela Vincenti pittrice, il cui scopo è di identificarsi non con questa o con quella struttura linguistica, ma con le profondità del linguaggio, che è un tesoro individuale capace di rapportarsi alla ricchezza senza confini dell’anima. Allora questi segni di un alfabeto inesistente ma verosimile possono trasformarsi in luce, ma non in quell’energia elettromagnetica di cui parla la fisica, bensì quella stupenda porzione della creazione di cui parla la “Genesi” (1.3) allorché, narrando del primo giorno dell’organizzazione del Creato, scrive: “Iddio disse: sia la luce. E la luce fu”. Una luce, dunque che diventa, anch’essa, impalpabile sostanza dell’anima. I segni http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=6&Itemid=30 (6 di 8)22/05/2006 3.52.58

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dell’alfabeto inventato ma verosimile, mimèsi del reale, si trasformano in luce, dunque in spirito attraverso il fluire del tempo. Il quale, quando è reale, è anch’esso una convenzione costituita dal succedersi irreversibile degli istanti, minuti, ore, giorni, mesi, anni, secoli e millenni. Ma che, nel mondo superiore dell’iperuranio, sta invece immobile a rappresentare non a storia, ma la metastoria, non il corso fluente, ma l’eterno immutabile. Segni alfabetici, luce, tempo come un divenire che aspira all’immobilità: sono tutti elementi sui quali Pamela Vincenti organizza, ma nei quali sa guardare fuori di se, verso quel mondo platonico delle idee che vive nelle dimensioni alte dell’iperuranio, dove possono osare di guardare soltanto gli spiriti eletti. *** Pamela Vincenti, è docente presso un istituto d’arte. Ha partecipato a più di cinquanta esposizioni tra personali e collettive, ed ha esposto opere in prestigiose gallerie di Parigi e di Nizza, di New York e di Cracovia, di Milano e di Roma, ed in altri centri minori. Cell. 347.3496571, numero cui si potrà chiamare direttamente per ulteriori informazioni. Tele disponibili per i lettori di “Informazioni Templari” Titolo: entrambi “…con l’Angelo” Anno: 2003 e 2004 Tecnica: oli su tela Misura: cm. 80 x 110 e cm. 80 x 80 + cm. 80 x 80 (dittico)

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Si invitano i lettori ad intervenire sui temi di questa rassegna, mediante email o posta ordinaria. Qualora gli interventi siano troppo estesi, saranno eventualmente riportati in sunto, pur conservandone inalterati i concetti. I quesiti avranno sempre risposta, anche in via privata. Si consiglia di non inviare lettre in forma anonima, ma se richiesto

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saranno mantenute tali.

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Buongiorno signor Petromilli. Leggendo il suo articolo dal titolo “Mala tempora currunt”, comparso al numero 11 del sito, mi viene da pensare se lei non sia uno di quei elettori che ha scelto come rappresentante al parlamento italiano il signor Roberto Calderoli. Lei stigmatizza l’indecoroso atteggiamento, laddove “indecoroso” è mia espressione, dell’ex ministro che concerne l’esibizione della maglietta come un atto goliardico, ma assolve a pieno titolo il di lui atteggiamento politico, come viene da capire dai concetti, d’altronde opinabili, da lei espressi nello stesso articolo. (Giuseppe Argento - email) La presa di posizione da voi assunta contro il ministro Roberto Calderoli non mi sembra appropriata ai tempi e alle circostanze. Nessuno in Italia ha preso una posizione decisa contro gli extracomunitari islamici la loro prepotenza che dimostrano verso il nostro paese, le nostre leggi e la nostra religione ad eccezione di Calderoli. (Gianfranco Buson - email) A proposito del suo editoriale (“Il fatto”, Informazioni Templari n.12, nds.), signor Petromilli mi faccia la sacrosanta cortesia, dal momento che non si sente in dovere di entrare in merito, di continuare a restarne fuori, curi il suo sito con intelligenza e lasci perdere l’attività di opinionista. Non le si addice. Continui a curare il suo sito, nella speranza che qualcuno vada o più miseramente ci transiti, come è capitato a me ricercando malauguratamente informazioni sui Templari, con mia figlia, da inserire nella sua ricerca di storia. Davvero, mi creda, si dedichi ad altro. Firmato: una persona né di destra né di sinistra ma sicuramente illuminata, non certamente da Silvio Berlusconi, tantomeno dai suoi adepti. Non capisco http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (2 di 12)22/05/2006 3.53.10

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cosa c’entri Dio in tutto questo. Non mi aspetto una risposta, perché tanto la leggerei. (anonimo - email) Dottor Petromilli, ho letto l’articolo dal titolo “Cinque buone ragioni per non votare sinistra”. Sono completamente sintonizzato sulle sue idee, ma mi chiedo se non abbia l’idea di diventare un “Emilio Fede” dei Templari. Complimenti per il lavoro. (Marino Giacaloni - email) Signor Petromilli, la ringrazio per avere indicato in poche righe sentimenti di fede, di patria e di religiosità che dovrebbero appartenere ad ogni buon cittadino. Non ho seguito il suo consiglio, dato che ho votato per l’Unione del professor Prodi, essendo per tradizione famigliare comunista, alla quale non mi sono sentita di voltare le spalle, ma ho apprezzato molto quello che ha scritto. (Luisa Maria Marchesoni - email) Ho apprezzato molto il suo articolo dal titolo “Cinque buone ragioni per non votare sinistra” comparso di recente sulla sua rivista informatica. Non credevo che “i templari” avessero questi sentimenti politici! (Fausto Danzella - email) In riferimento ai vari articoli compresi in codesto portale, gradirei conoscere quali sono le condizioni sociali e religiose in cui versano i nostri correligionari nei paesi arabi coinvolti della guerra. Ringraziando, esprimo complimenti per il sito. (Sarina Nonno - email) Vorrei conoscere la vostra idea sulla vicenda giudiziaria dello storico nazista David Irving, poichè in molti articoli pubblicati avete parlato di nazismo e di SS. La mia non è una presumibile polemica, ma solo curiosità per una vicenda che mi ha appassionato e sulla quale gradirei un ampliamento da parte di un sito storicamente accattivante e che seguo fino dalle prime battute. Grazie della disponibilità. http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (3 di 12)22/05/2006 3.53.10

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(Antonio Brugherio - email) Ne “Il fatto”, articolo a tua firma “Et in Arcadia ego”, tu affermi che ”il dipinto di Guercino potrebbe avvalorare l’ipotesi. Si tratta del foro presente sul cranio accanto ai pastori … il buco starebbe a sottolineare la santità della persona a cui sarebbe appartenuto il teschio”. A me però risulta che quello che a prima vista appare un foro altro non è che una mosca. Certo di una tua precisione, ti invio i migliori saluti. (Franco Ceccarelli - email) Mi riferisco all’articolo a firma del curatore redazionale su “Il fatto” numero 12, dal titolo “Cinque buoni ragioni per non votare sinistra”. Non sarebbe meglio che ogni forma di politica resti fuori dal contesto di un portale di storia medievale e affini? Cosa si cerca di dimostrare con questi articoli? E in modo particolare a chi giova? Grazie per una esatta risposta. (Luigi Amadio - email) Gentile signor Petromilli, le scrivo per soddisfare una mia curiosità e credo che lei potrà accontentarmi. Parlando con degli amici, sono venuta a sapere che esiste in America un Ordine di Venerdì che ha diramazioni nel mondo e in Piemonte. Ho cercato in internet, ma non ho trovato nulla di interessante in merito. Lei ne sa qualcosa? Se sì, me lo fa sapere? Grazie e complimenti. (Emanuela Fiorino - email)

Risponde il curatore

* Il signor Argento si sbaglia. Con tutto il rispetto che ho per i sostenitori della Lega Nord, non sono annoverabile nel computo dei suoi elettori. Parlando in via generale, di questa formazione partitica ammiro l’impegno in difesa della cristianità in Italia ed in Europa, anche se temo che non tutti i leghisti ne conoscano con precisione le ragioni http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (4 di 12)22/05/2006 3.53.10

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culturali e le motivazioni tradizionali. Non accetto invece le nozioni di “popolo padano” e di “Padania”, ai miei occhi entità puramente astratte e del tutto inesistenti sotto il profilo politico. Partendo da simile presupposto leghista, qualsiasi popolazione dislocata all’interno dei confini nazionali dovrebbe anch’essa costituire un’entità a se stante, quando invece molteplici vicende storiche ed antropologiche hanno dimostrato (anche antecedentemente alla guerra del 19151918) l’unitarietà delle popolazioni che vivono nella nostra penisola, isole comprese. L’ostentazione di questo concetto, che in sostanza si risolve in un mero slogan di propaganda, mi sembra che costituisca una lesione alla civiltà e alla identità nazionale e quindi dello Stato italiano stesso. Un tempo, se bene ricordo, i leghisti avevano anche auspicato la secessione dal resto dell’Italia. La rivolta aveva costituito addirittura un progetto politico volto all’emancipazione da “Roma” considerata “ladrona”. Siffatto “celodurismo” leghista ancora non mi va giù. Personalmente dissento anche dalla introduzione nel sistema politico amministrativo italiano della così detta “devoluzione”, fortemente ribadita e introdotta dalla Lega Nord, essendo personalmente un convinto propugnatore della centralità dei poteri dello stato.

* Signor Buson, attenzione a non fare diventare Calderoli un martire cristiano, perché non ne ha avuto la stoffa, né ce l’ha. A mio parere, attaccare così come ha fatto l’ex ministro il sentimento dei fedeli di diversa religione è completamente errato non soltanto per motivi di ordine religioso ma anche di ordine pratico, innanzitutto a causa della mentalità dei mussulmani. Differentemente da noi, la stragrande maggioranza di essi considera il culto una motivazione di vita, tanto che irriderlo non è motivo di satira, ma un grave affronto. Peraltro è deplorevole per una persona civile non ammettere i valori delle convinzioni religiose altrui. Calderoli avrebbe fatto meglio mettere in evidenza i valori della nostra fede http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (5 di 12)22/05/2006 3.53.10

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piuttosto che tentare di ridicolizzare un’altra. A me sembra che una risposta veramente responsabile agli attacchi indubbiamente in atto contro l’italica cristianità siano affatto gli sberleffi dei leghisti, ma un comportamento tendente alla valorizzazione della propria identità di italiani e di cristiani. Concetto che si è dimostrato fuori dalla lunghezza d’onda intellettuale dell’ex ministro. Inoltre, con quella sua gag malandata il tipo ha rischiato di produrre guai maggiori di quelli che erano già capitati, di offrire ulteriori appigli per compiere atti sanguinosi contro i nostri correligionari presenti nei paesi mussulmani, di consentire ai maomettani di fare le stesse cafonerie ancor più di quanto non abbiano già fatto. Calderoli ha soltanto allargato il serbatoio delle ostilità delle popolazioni islamiche verso i cristiani e verso la cultura occidentale. Sarebbe stato meglio che al posto di cercare di mostrare alle telecamere la maglietta con su stampato il Profeta, il ministro l’avesse lavata dall’unto che ricopre molti sedicenti ed imbarazzanti cristiani.

* A prescindere che non trovo giustificato sentirmi dire cosa devo e cosa non devo scrivere a “casa mia”, all’anonimo lettore devo necessariamente fare due appunti. Uno di carattere generale e l’altro personale. Il primo. Evidentemente il signore, oltre a conoscere poco la lingua italiana (ho aggiustato grammaticalmente la sua lettera), non ha capito ancora nulla del senso della vita e dei suoi valori. Il che è molto peggio di avere frequentato male le scuole medie. Lo dimostra la sua esclusione del concetto di Dio in seno a valori connaturati nell’animo umano, quali famiglia e senso di appartenenza sociale (patria), sulla difesa dei quali il mio articolo era sostanzialmente e garbatamente fondato. Non credo tuttavia che l’interlocutore si sia sfogato soltanto contro di me che non condivido le idee delle quali lascia intendere di essere sostenitore. La reazione sembra invece sottointendere la stizzita reazione di un gruppo di compagnucci di sagrestia appartenente ad una ideologia precisa. http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (6 di 12)22/05/2006 3.53.10

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E’ troppo insinuante e cattiva per essere parto di un illetterato, a meno che la perfidia non superi la sua ignoranza. Questo intervento sottintende una fine venatura di ipocrisia. Difatti l’interlocutore sostiene di essere capitato nel sito casualmente, anzi: malauguratamente. Quanto sostiene non è però attendibile se afferma che la funzione di opinionista non mi si addice. Dicendo questo sottintende di avere già letto in precedenza almeno un mio scritto, dunque di avere già visitato il sito sul quale sputa. Circa il mio feeling con il Silvio nazionale, beh, questo è proprio in mente Jovis! Per quanto può contare la mia opinione politica, non ho mai valutato positivamente Berlusconi. In particolare modo il berlusconismo nella morale, nei costumi sociali e nella cultura che propone. Il secondo appunto è che “Informazioni Templari”, portale nel quale l’interlocutore si è “imbattuto”, non hanno bisogno di lettori di quest’ordine, né tanto meno di fare o di avere “adepti”. Pertanto, signor mio, vada pure a quel paese e, soprattutto, ci rimanga.

* A Marino Giacaloni, mio vecchio sodale di militanza politica, ho già risposto in privato rallegrandomi di averlo risentito dopo tanti anni. Inoltre l’ho assicurato che non ho la minima intenzione di imitare Emilio Fede. D’altronde il personaggio mi è cordialmente antipatico. Infatti ho allergia verso persone che mi appaiono ambigue: non ho ancora capito se Fede, il “pèccio” (slang anconetano che indica un tontolone), lo è veramente o ci fa.

* Le lettere di Marchesoni e di Danzella mi ripagano delle critiche ricevute, che ho riportato sopra. Devo correggere tuttavia il signor Fausto, dicendogli che i sentimenti dell’articolo non sono “dei templari” (ovvero dei neo templari, che ovviamente non conosco ad uno ad uno), ma soltanto un’esternazione personale in un momento significativo della vita nazionale. * Signora Nonno, esistono fonti più http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (7 di 12)22/05/2006 3.53.10

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autorevoli cui rivolgersi di quelle che noi le possiamo fornire. Per quanto personalmente conosca, la “Caritas” internazionale ha più volte denunciato le condizioni miserevoli in cui versano i cristiani in Iraq, dalle quali si desume che per gli oltre ottocentomila nostri correligionari, l’unica soluzione sarebbe quella di lasciare il paese. Tra questi, sono circa duecentomila quelli che hanno già fatto domanda di asilo politico al Libano, alla Giordania e alla Turchia, mentre sono centocinquantamila quelli che sono già riusciti a fuggire. La minoranza cristiana ancora in territorio iracheno vive in condizioni estremamente insicure. E’ braccata e subissata da gruppi estremisti organizzati, è stata costretta a chiudere le proprie attività di lavoro. I cristiani in Iraq sono in maggioranza caldei (cristiani di rito egizio), etnicamente discendenti dalla popolazione assira. Meno numerosi sono, in ordine decrescente, i cristiani siro-antiocheni e gli armeni, i cattolici, gli ortodossi e i protestanti (in prevalenza evangelici). Lo scorso anno, nei tredici centri della “Caritas” e nei sei della “Mezzaluna Rossa” presenti in Iraq, sono stati curati circa ventitremila bambini cristiani denutriti al di sotto dei dodici anni, e ne sono stati sepolti cinquanta tra quelli morti per violenze o di stenti. Secondo la “Caritas” internazionale, fino ad ora è stato scarso l’aiuto fornito in materia di richieste di asilo politico da parte dell’”Alto Commissariato per Rifugiati” delle Nazioni Unite. Libano e Giordania hanno ospitato finora soltanto centomila iracheni cristiani che hanno richiesto asilo politico, mentre in Turchia la cifra delle accoglienze è stata molto più ridotta, aggirandosi nell’ordine di circa due migliaia. La “Caritas” si sta occupando di loro per quanto può fare. Fornisce aiuti economici alle famiglie più povere e cure mediche, assiste e media i rapporti con le ambasciate e con le autorità. Nonostante questi aiuti, molti cristiani sono costretti a lavorare in condizioni deplorevoli e precarie. Tuttavia a me sembra che sia meglio vivere da poveri in paesi relativamente http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (8 di 12)22/05/2006 3.53.10

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sicuri, che essere sconvolti dal terrore dentro i confini dello stato iracheno. * Al signor Brugherio confesso che le tesi storiche di Irving non mi interessano più di tanto: il nazismo e il tamtam che lo contorna mi incuriosiscono soltanto per gli aspetti esoterici e in relazione agli ordini cavallereschi del passato. Al contrario, mi colpisce il modo in cui è stata gestita la vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto questo discusso storico. Già è un fatto indecifrabile che si sia fatto arrestare quando poteva ancora tranquillamente dire stupidaggini nel suo paese. I tre anni di reclusione ai quali è stato condannato da una Corte d’Assise di Vienna mi sembra un fatto incredibile, impensabile per un paese di costumi civilissimi come l’Austria. Infatti le sue tesi negazioniste della shoa, costituiscono a tutti gli effetti soltanto suoi personali convincimenti. Ai giudici viennesi non è bastato che Irving non abbia mai fatto apologia del nazionalsocialismo, che abbia ritratto i suoi pareri in pubblico e che porti egli stesso un cognome ebreo e, sebbene abbia espresso teorie deliranti, sia pur sempre uno studioso che in altre occasioni s’è reso autore di apprezzabili ricerche e di profonde analisi. Irving è andato in galera per essere incorso in un reato di pensiero, uno di quelli banditi da ogni codice di legge europeo, anche se profondamente lesivo della dignità del popolo ebreo. Riguardo la vicenda di David Irving mi fa specie il fatto che in Europa, terra della tolleranza e della emancipazione, le opinioni personali portino in prigione. Mi provoca fastidio il fatto che in Europa, mentre non sono contemplati come reati l’apologia di massacratori come Stalin, Mao Tze Tung o Polpot, o l’esaltazione di personaggi politici brutali come Lenin, Fidel Castro o Ernesto che Guevara, ci si dimostri invece inflessibili nei confronti di chi, senza operare violenze, ha raccontato le proprie idee sbagliate.

* Ceccarelli ha ragione da vendere. Da parte mia si è trattato di una deprecabile svista. Con il mio errore svanisce un http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (9 di 12)22/05/2006 3.53.10

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ulteriore, possibile, elemento di decifrazione della frase “Et in Arcadia ego” relazionata ai fatti di Rennes le Chateau. Consiglio chi avesse presso spunto dal mio scritto per ulteriori ricerche, di abbandonare l’indicazione e ringrazio l’amico Ceccarelli, attento studioso jesino di cose templari (mia coscienza critica da sempre: non mi ha fatto mai passare una pulce dalla serratura) per l’attenzione e per la segnalazione. La mosca del Guercino non altera però la realtà della pratica dei fori sulla fronte di personaggi deceduti in odore di santità.

* Signor Amadio, con l’articolo da lei citato non ho avuto la pretesa dimostrare qualcosa che possa apparire strano. Politica su questo sito non intendo farla. In troppi già troppi ne fanno e, come lei afferma giustamente, non porterebbe ad alcun risultato considerando gli interessi culturali che uniscono i nostri lettori. Ma con quel fondo sono voluto entrare nel contesto della politica spicciola in prossimità, del tutto occasionale, della ventura consultazione elettorale nel nostro paese. Ho inteso scriverlo unicamente perché ne ho avvertito l’esigenza morale, forse istintiva, nei confronti di quelli che seguono il sito dicendo esattamente ciò che pensavo, al di là di come gli elettori avrebbero potuto esprimere le loro preferenze. Del resto ritengo che il mio suggerimento di voto abbia fatto poco testo, giacché considero tutte le persone dotate di convincimenti propri che prendono forma soprattutto in queste occasioni. * Signora Fiorino, è singolare leggere e rispondere a lettere di persone come lei: quando mi si scrive per richiedere informazioni, improvvisamente da “acido e sprezzante”, come sono stato da altri definito, divento improvvisamente “gentile signore”! E’ un dato costante, che a me sembra travalichi il semplice caso o le semplici norme, bene accette come le sue, di cortesia. Non conosco l’”Ordine di Venerdì” americano. Ma la sua domanda mi ha incuriosito non poco. http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (10 di 12)22/05/2006 3.53.10

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Così pensando e ripensando a chi o perché fosse venuto in testa di affibbiare un nome così strano ad un ordine, mi è balenato alla mente che esiste un’organizzazione religiosa che si chiama “Chiesa di Freitag”, dal cognome del suo fondatore Alexander Freitag, un signore svizzero che sul finire del XIX secolo si faceva chiamare “profeta degli ultimi tempi”. La parola freitag in lingua tedesca significa venerdì, così che è probabile, ma non verosimile, che i suoi amici si siano riferiti a questa organizzazione. Tuttavia non è un “ordine”, ma una Chiesa vera e propria denominata segnatamente “Chiesa del Regno di Dio”, alias “Associazione Filantropica degli Amici dell’Uomo”. E’ stata fondata nel 1919 o nel 1920 in Svizzera. Ha avuto diffusione soprattutto negli Stati Uniti d’America. Nel nostro paese è diffusa soprattutto in Piemonte grazie alla predicazione del torinese Sebastiano Chiardola, credo defunto una decina di anni fa. Non conosco con precisione i presupposti teologici su cui si fonda la congregazione. So solo che i suoi membri predicano l’avvento della fine dei tempi e la successiva instaurazione di un regno divino di giustizia.

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E' attivo il nuovo sito internet del S. M.T.H.O.

http://web.cheapnet.it/smtho/

Per informazioni rivolgersi alla Gran Precettoria d'Italia: http://www.templari.it/index.php?option=content&task=section&id=7&Itemid=28 (11 di 12)22/05/2006 3.53.10

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tel. 06.58203750 - e.mail [email protected]

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