3 Capitolo 1

October 9, 2022 | Author: Anonymous | Category: N/A
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CAPITOLO PRIMO: Il Frignano, Storia di questo loco solitario et aspro.

Mappa del territorio del Frignano (Archivio di Stato di Modena)

Col termine Frignano termine Frignano1 si è soliti intendere il territorio montano della provincia di Modena compreso tra Bologna e Reggio Emilia; la zona comprende diverse vallate tracciate da torrenti, un tempo impetuo-

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  Quando, il 18 maggio 1452 Borso veniva nominato duca di Modena e Reggio dall’Imperatore Federico III, tra i suoi domini veniva citato “toto et universo territorio Frignani, cum omnibus suis terris, et locis, pertinentiis, et coherentiis quibuscumque in integrum”.  Cfr. Santi V., L’Appennino Modenese, Cappelli editore, Rocca San Casciano, 1895.

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si, come il Dolo, il Dragone, il Rossenna e lo Scoltenna che confluivano nei due grandi affluenti del Po: la Secchia ed il Panaro. La presenza dell’uomo nella zona risale al Neo-Eneolitico, Neo -Eneolitico, tra il Paleolitico Pa leolitico superiore e l’Età del bronzo, ma il territorio acquisisce una connotazione definita dalla presenza dei Liguri Friniati (Friniates). Il nome di quest'area montuosa deriva quasi certamente da questa tribù 2, un popolo estremamente combattivo che resistette per oltre mille anni 3 alla penetrazione romana . Le guerre contro i liguri si rivelarono un impegno maggiore di quanto i romani avessero preventivato: all'inizio non si volle neppure utilizzare il termine "bellum", poiché si pensava ad un'esercitazione militare o poco più 4 Le legioni romane furono impiegate, invece, per quasi vent’ vent’anni. anni. La tribù dei Friniati fu vinta in modo definitivo dal console romano Caio Flaminio nel 565 a.C. ma la resistenza, data anche la natura del terreno, durò ancora a lungo e i Romani dovettero spesso intervenire  

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 per mantenere il controllo dell'Appennino. Il console Emilio Lepido riuscì a sconfiggerli nuovamente e a deportare migliaia di prigionieri nella pianura modenese ove furono impiegati come schiavi nei lavori 2

  I friniati sono stati una tribù appartenente al popolo dei liguri che si insediò all’interno della penisola italiana, in particolare nell’Appennino, tra le attuali pr ovince di Parma, Reggio Emilia, Modena e Pistoia. Le prime notizie su questo popolo risalgono al 1220 a.C. sotto il nome di Ambroni (come chiamavano sé stessi nella loro lingua, secondo Erodoto); divennero nei secoli una delle etnie più importanti della Padania primitiva e di buona parte dell’Europa occidentale. Strabone parla dei Liguri come di un popolo fiero e libero, dove “…le donne erano forti come gli uom ini e gli uomini fiere…”,con raccontando che simili si stanziarono presso torrente Scoltenna lungocome l’AltoleFrignano usi e costumi a quelli dei Celti ildelle zone alpine. Dotati di una costituzione federale con il “vicus” quale prima cellula, vivev ano in “pagi” (distretti) forniti di una certa autonomia. Più vicus formavano un p agus, tanti pagi davano vita al conciliabulum. Cfr. Enciclopedia Grolier . 3  I liguri furono un antico popolo pre-ind oeuropeo stabilitosi nell’Italia settentri o-

nale e nella Francia meridionale intorno al 2000 a.C. Questi si stanziarono nell’attuale Liguria (cui diedero il nome), nel Piemonte, nella Lombardia, nel nord della Toscana e in tutta l’Emilia Romagna. Con ogni probabilità l’occupazione dei territori appenninici avvenne solamente in seguito all’avanzamento dei Celti dal

nord Italia ed alle continue conquiste romane relative al III e II secolo a.C. Cfr. Govi S., L’Appennino Modenese, Formiggini, Roma, 1936, p. 36. 4

 Breve storia della val Dragone (www.lalunanuova.it) (www.lalunanuova.it)..

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di bonifica. Qualche studioso, considerando i caratteri etnici e le peculiarità somatiche della gente di Appennino, propende a teorizzare una origine etrusca degli stessi, anche se non sono stati rinvenuti reperti riconducibili ai popoli della vicina Tuscia che possano confermare questa teoria. I Friniati erano persino arrivati ad occupare la città di Mutina5, ma furono sconfitti in una battaglia estremamente cruenta 6 costata quindicimila morti oltre a migliaia di prigionieri . Una volta passato sotto il controllo romano, il Frignano seguì le sorti dei vincitori, ma anche l'impero l 'impero non lasciò tracce appariscenti del suo dominio se non in qualche toponimo come la "Selva Romanesca"7  che ricopriva parte dell'alta vallata del Dragone oppure nomi di paesi e  borgate originati dal possesso di legionari come Toggiano da Togius, Susano da Sosius o Costrignano da Castrinius 8. Numerosissimi anche i ritrovamenti di monete consolari o imperiali avvenute in diverse località, tuttavia non costituiscono anche queste una prova esauriente per  

ricostruire la storia oggettivamente completa di questa terra. La documentazione si interrompe nuovamente durante il periodo delle invasioni barbariche delle quali non troviamo testimonianze certe; solamente lo storico Carlo Sigonio9  sostiene che le zone 5

 Nome romano di Modena.  A. Galloni ed altri, Palagano, pepita d’oro?,  Grafiche Toschi, 1986. 7  La selva romanesca era una vastissima foresta che iniziava da Frassinoro e si estendeva dal Dolo fino a S. Annapelago per poi discendere verso Chiozza e Castiglione di Garfagnana. In questa selva fino al XV secolo esisteva solo l'Ospizio di San Geminiano (nominato già nel 1105), Ospizio legato a tante leggende sul Patrono di 6

Modena si dice, trovò quil’otto rifugio e amò le sue selve.Arrigo, Un Ospizio importante che vide, che, ad esempio, passare o ttobre 1216 il piccolo re di Sicilia, figlio di Costanza d'Aragona. Molti dei governatori (compreso l’Ariosto) che i Duc hi estensi inviavano per controllare la Garfagnana e il Frignano, trovavano rifugio in questo ospizio all’interno della Selva.  Cfr. Gigli L., Vocabolario etimologico topogra fico e storico delle Castelle, Rocche, Terre e Ville della Provincia del Frignano , “Lo Scoltenna” Pievepelago, 2002. 8  Toggiano è piccola borgata di Palagano, famosa per le vaste miniere di rame di cui un tempo fruiva; Susano e Costrignano: paesi facenti parte del Comune di Pala Pala-gano. Cfr. AA. VV., Palagano e le sue frazioni , Golinelli, Formigine, 2007, p. 40. 9   Carlo Sigonio (Modena, circa  circa  1520  –  presso Modena, Modena,   28 agosto  agosto  1584)  1584)  è stato uno tra i più celebri storici che l’Italia abbia avuto. Insegnò belle lettere a Modena e

a Venezia, l  Venezia, l'eloquenza 'eloquenza a Padova e a Bologna, a Bologna, e  e lasciò numerosi scritti sulle antichità

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dell’Appennino modenese rimasero estranee alle grandi direttrici degli invasori almeno sino all’arrivo dei Longobardi che lasciarono tracce evidenti nel dialetto montanaro e nell’uso di alcuni strumenti agricoli e di uso comune. Certi studiosi sostengono, a riprova della tesi appena citata, che il termine “Frignano” derivi dal nome “Castrum FeroniaFeroni anum”10, un complesso fortificato nelle vicinanze di Paule (Pavullo) che resisterà per oltre 150 anni alle denominazioni longobarde. Per quanto riguarda i territori confinanti che interessano in modo  particolare i miei studi, quelli cioè della vallata dei fiumi Dragone e Rossenna e la zona della Garfagnana 11, la data storica fondamentale romane e la storia del Medioevo. del Medioevo. A  A lui si devono dei commentari su Tito su  Tito Livio e Cicerone e la pubblicazione dei Fasti dei Fasti consolari (1550). (1550). La sua opera più nota è Historiae de regno Italiae ab anno 570 ad annum 1200 libri XX  (1574) (1574) che  che fa dello storico un precursore di Ludovico di Ludovico Antonio Muratori. Cfr. Muratori. Cfr. Biblioteca modenese o notizie della vita e delle opere degli scrittori natii degli Stati del serenissimo signor Duca di Modena, raccolte e ordinate dal cavaliere ab. Girolamo Tiraboschi, Presso la Società

Tipografica, Modena, 1784, p. 134. 10  I Romani, una volta conquistata la zona, mantennero l'organizzazione del territorio preesistente, realizzando in questi luoghi un vero e proprio accampamento militare. È plausibile dunque ipotizzare che la struttura difensiva alto medievale conosciuta con il nome di Castrum Feronianum altro non fosse che una derivazione naturale dell'accampamento militare impiantato dai Romani. Questo territorio fu appartenuto per quasi due secoli alla provincia bizantina durante i quali seppe resistere ai ripetuti assalti dei Longobardi per poi cadere nel 727. Il dominio longobardo durò mezzo secolo conservando il Castrum, fino alla sua scomparsa nel X secolo. Il Castrum Feronianum comprendeva tutto l'attuale Frignano ed aveva probabilmente il suo capoluogo di a Poggiocastro: il colle fortificato più alto. Nei secoli XII,delXIII e XIV all'organizzazione stampo militare si andò sostituendo l'organizzazione le "pievi", dove l'organizzazione civile del territorio coincideva con quella religiosa. Cfr. Santi V., L’Appennino Modenese, Cappelli editore, Rocca San Casciano, 1895. 11   La Garfagnana è un territorio della provincia di Lucca compreso tra le Alpi Apuane e l’Appennino tosco emiliano, ha come centro principale Castelnuovo. È una zona composta prevalentemente da boschi e da terreni impervi, mentre nella parte più meridionale si susseguono fertili colline. Dominio etrusco, romano ed in seguito conquistata dai Longobardi e dai Franchi, la Garfagnana venne retta in epoca medievale da numerose famiglie feudali, mentre la parte più settentrionale del territorio è dominata da Matilde di Canossa che vi farà costruire numerose chiese ed hospitalia. Il territorio viene conteso a lungo tra Lucca, Pisa e Firenze soprattutto per la posizione strategica che la Garfagnana ha con la vicina Emilia. Nel XV secolo i

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risulta essere quella del 29 agosto 1071, data in cui la duchessa Bea12 trice, madre di Matilde di Canossa , fece dono di dodici corti corti al  al monastero di Frassinoro: Roncosigisfredo (che comprendeva Riccovolto, Frassinoro e la Selva Romanesca), Medola (che interessava la vallata meridionale del fiume Dragone, Palagano, Boccassuolo, Sassatella e Casola), Vitriola (con i paesi di Rubbiano, Montefiorino, Costrignano, Savoniero, Susano, Farneta, Gusciola), Montestefano (comprendente i centri di Toano e Cerredolo). Il dominio domini o dell’Abate si tradusse in un’epoca di relativa pace e tranquillità, anche se caratterizzata da difdi fficilissime condizioni economiche e di vita. Il monastero divenne il  punto di riferimento del vasto complesso territoriale e ricopriva, oltre al dominio economico, il duplice ruolo di centro culturale e spirituale.

comuni della Garfagnana fecero atto di dedizione agli Estensi, alcuni però si aggregarono alla repubblica di Lucca. Nel XVI secolo la Garfagnana entrò a far parte del Ducato di Modena e Reggio ed ebbe, per un breve periodo, come commissario il poeta Ludovico Ariosto che si trovò a fronteggiare il fenomeno del brigantaggio. A Sillico ogni anno viene fatta una rievocazione storica per ricordare l’incontro del poeta con i principali esponenti dei briganti garfagnini. Dal 1859 la Garfagnana è incorporata alla provincia di Massa-Carrara. Cfr. Sorbelli A. e Rabetti A., Dizionario biografico frignanese, Lo Scoltenna, Pievepelago, 1952. 12  Conosciuta anche come la Gran Contessa, Matilde di Canossa (1046-1115) è rimasta famosa per la sua opposizione agli imperatori del Sacro Romano Impero e per l’appoggio che dette al papato nel periodo della lotta per le Investiture. Figlia di Bonif acio, acio, marchese di Toscana, rimase orfana da bambina e fu l’unica erede di va-

sti dominiedella casataItalia di Canossa Italia Mantova) nel centro (Arezzo, nell’ Siena). Nelsettentrionale Nel 1076  1076 entrò in (Bergamo, possesso diBrescia un vastoe territorio che comprendeva la Lombardia, la Lombardia,   l'Emilia,  'Emilia,  la Romagna la Romagna e la Toscana, la Toscana, e  e che aveva il suo centro a Canossa, a Canossa, nell  nell'Appennino 'Appennino reggiano. Fu reggiano. Fu una strenua sostenitrice di Papa Gregorio VII contro l’Imperatore Enrico IV, e il suo castello di Canossa fu   teatro nel 1077 dell’umiliazione inflitta dal Papa all’Imperatore. Matilde guidò a nche le sue truppe contro l’esercito imperiale in Italia quando l’Imperatore decise di

privarla di ogni diritto feudale e di tutti i suoi beni (1081), aiutando Papa Gregorio assediato a Roma e resistendo poi nel suo castello all’assedio imperiale. Donò gran parte delle sue ricchezze e dei suoi terreni al papato, ma lasciò in testamento alcune proprietà anche all’Imperatore Enrico V, dando motivo a una nuova controversia fra Impero e Chiesa per il controllo sulla Toscana dopo la sua morte. Cfr. Enciclopedia Grolier .

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Le decime13, le varie imposizioni per la manutenzione manutenzione dell’a bbazia e 14 della via Bibulca   e per la creazione di numerosi hospitalia hospitalia,, che assistevano pellegrini e viandanti dando loro rifugio, costituivano una contribuzione economica eccessivamente gravosa per le genti dell’Appennino.   dell’Appennino. Oltre a tutti i problemi i  problemi elencati, l’Abate l’Ab ate dovette ben presto rivolg rivolgeere le proprie attenzioni verso i signorotti vicini che non celavano di certo le mire espansionistiche ai danni del “povero Abate che fra tanti 13

  La decima è una tassa (di un “decimo”) che esiste fin dall’antichità. Nell’epoca

romana l’agricoltore doveva donare un decimo del proprio reddito come imposta all’erario. Precedentemente la decima veniva applicata fin da tempi antichissimi

come segno di riconoscenza a Dio dal quale proviene ogni cosa (Bibbia e Deuteronomio). Le decime in questione, cioè quelle di epoca medievale, erano suddivise in prediali, dovute dai frutti della terra, personali, dovute dal lavoro; miste, dovute dal prodotto del bestiame. A loro volta queste ultime erano divise in grandi (derivate dal grano, dal fieno e dal legno) destinate al rettore o al curato al curato della parrocchia; della parrocchia;   e piccole, da altre decime prediali, più le miste e le personali che andavano al parroal parroco. Cfr. co.  Cfr. AA. VV., Rassegna frignanese, “Lo Scoltenna”, Pievepelago, 2007. 14  La via Bibulca era una strada, larga come una mulattiera del giorno d’oggi, ma notevole per l’epoca, già nominata nel diploma carolingio del 781 col nome di “ via nova”, iniziava alla confluenza del fiume Dragone col fiume Dolo e si portava a Rubbiano, La Verna, Serradimigni, Tolara, Frassinoro, Pietravolta, Monte Roncadello, S. Geminiano, Passo delle Radici, S. Pellegrino quindi in Garfagnana. L’apertura

della via Bibulca o Via dei Buoi (chiamata anche Via Imperiale), forse perché abbastanza larga da permettere il passaggio di due buoi aggiogati, da alcuni venne fatta risalire all’VIII secolo, agli anni successivi alla conquista longobarda della montagna modenese (728 Ai Longobardi, infatti, necessitavano agevoli collegamenti tra i vari territori dad.C.). loro sottomessi (la Garfagnana prima, la montagna modenese dopo). Altri ritengono che questa via potesse essere stata un tracciato romanico o addirittura pre-romanico riaggiustato. Lungo la via Bibulca sorgevano alcuni ospizi che servivano da ricovero per i viandanti, ed in particolare a Frassinoro, a S. Geminiano (nei pressi dell’attuale Piandelagotti) e a S. Pellegrino in Alpe. La via fu spesso o ggetto di discordie tra il Comune di Modena ed il Monastero di Frassinoro; nel 1164 Federico I concesse al Monastero i diritti di guida e di custodia, essendo spesso percorsa da bande di briganti, del tratto Ponte di Cornilio-Chiozza, in Garfagnana. Nel 1522 Ludovico Ariosto, recandosi ad assumere il governo della Garfagnana, sperimentò lo stato disastroso a cui era ridotta la via definendola "iniqua strada". Attualmente resta solo un breve tratto nei pressi di Piandelagotti. Cfr. AA. VV., Palagano e le sue frazioni , Golinelli, Formigine, 2007.

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nemici, era costretto ad esercitarsi più all’uso della spada spad a che del Sal15 terio ed a costruire più castelli che chiese” . Le minacce portate avan16 ti ora dai Montecuccoli , ora dai conti di Gombola o dai signori da Baiso, spingeva l’Abate ad allearsi ora con l’uno ora con l’altro, r ii-mandando semplicemente di qualche tempo la caduta ormai inevitabile. Alla fine del Duecento i dignitari delle varie comunità del Frignano si recavano a Modena con l’intento di depositare l’atto di sottomissiosottomissi one al comune stesso. Le lotte si fecero sempre più aspre e la gente dell’ Appennino imparò Appennino imparò a convivere con le scorribande delle soldataglie dei vari signorotti che cercavano di impadronirsi delle rocche e delle fortificazioni appartenenti ora al Comune di Modena. Furono i Montecuccoli ad uscire vincitori dalla guerra, ottenendo il dominio della vallata e regnandovi sino alla fine del 1300; questi si dimostrarono dei preziosi alleati per Modena contro il ripetuto tentativo dei Guelfi e di alcune altre casate di sottomettere il Frignano. Verso la fine del’300 il Comune di Modena aveva assegnato assegnato ad Obizzo d’Este il potere su quel territorio che si stava trasformando in “Duca“Duc ato”, tuttavia il controllo dei Montecuccoli perdurò perdurò fino al 1473, data che segnò l’inizio del controllo diretto estense sul Frignano. Nell’atto di investitura del Duca, tr a i domini della Casa d’Este era citato “toto et universo territorio Frignani, cum omnibus suis terris, et locis, pertinentiis, et coherentiis quibuscumque in integrum” 17. Nella vallata del 15

 A. Galloni ed altri, Palagano, pepita d’oro?, Grafiche Toschi, 1986.

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  Montecuccoli è il nome di con un antico modenese le cui prime notizie si hanno a partire dall'anno 1000 dall'anno  1000 i nomi casato “da Frignano”  o “Corvoli” . Nel XIII Nel XIII secolo la famiglia di feudatari di feudatari si stabilisce nel Castello nel Castello di Montecuccolo, situato Montecuccolo, situato nell'omonima frazione dell'attuale comune di Pavullo di Pavullo nel Frignano, e Frignano, e da questo ne deriva il cognome da Montecuccolo poi divenuto Montecuccoli. Da qui nei secoli successivi estese i propri domini negli attuali territori di Mocogno, di  Mocogno, Polinago  Polinago ed oltre. Ad iniziare dal XVII dal XVII secolo iniziò la progressiva decadenza del potere del feudo. Le origini del castello sembra che siano da far risalire all'esistenza di una torre di segnalazione inserita nel sistema difensivo bizantino del Castrum Castrum Feronianum. Cfr. Santi V., L’Appennino Modenese, Cappelli editore, Rocca San Casciano, 1895. 17   L’atto, citato da L. A. Muratori, Delle Antichità Estensi , Modena, 1740, parte II, pp. 210-212 e da G. Tiraboschi, Memorie storiche modenesi , Modena, 1794, tomo III, cap. VII p. 98, è riportato per la parte che più interessa da L. A. Muratori, Piena

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Dragone18 venne nominato un feudatario di fiducia, mentre nei territori circostanti furono inviati alcuni “messi ducali”; una parte del Fr ii-gnano venne gestita da una “Camera Ducale” avente Sestola come cac a poluogo, mentre il territorio del Dragone fu assegnato al nobile ferrarese Maria Vincenzo Mosti19. Tra tutti i paesi del Frignano era proprio la podesteria di Sestola che costituiva l’organo politico, giuridico e amministrativo più vasto di tutto il territorio, rappresentando storicamente il nucleo fondamentale dell’intera zona, tanto che Sestola veniva anche definito come “podesteria Frignani”20. Questa era composta dalla maggior parte del-

  esposizione de i Diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio , Modena, 1712, Appendice de’ documenti, XVII, pp . 388-389. 18

 La Valle del Dragone si estende, da sud verso nord, per circa 20 chilometri da S. Pellegrino in Alpe (1.700 metri s.l.m.) alla confluenza del fiume Dragone col Dolo (300 metri s.l.m.). Ad ovest i monti Roncadello (m 1353) e Modino (m 1414) la separano dalla Valle del Dolo mentre ad est è delimitata dal Sasso Tignoso (m 1492), dall’Alpesigola (m 1642), dal monte Cantiere (m 1618) e dai monti Spino (m 1070), San Martino (m 1053) e S. Giulia (m 935). Cfr. AA. VV., Rassegna VV.,  Rassegna frignanese frignanese,, “Lo Scoltenna””, Pievepelago, 2007.  Scoltenna 19   Vincenzo Maria Mosti è stato un “uomo di talenti, e nato per gl’impieghi. Aveva unito tutte le qualità di un gran ministro. Egli fu deputato nel 1527 a portarsi ambasciatore di congratulazione a nome del Duca Alfonso I d’Este, al Pontefice Clemente

VII, qualora con giubilo universale si vide alfin liberato dalle sue brighe cogli Spagnoli. Appena adempita la sua commissione, poiché fu ritornato da Roma, si vide gratificato con feudi nobilissimi, ed onorato per sé, e suoi discendenti del pregevole soprannome di Estense. Quantunque ciò fosse derivato dal suo lungo, e non interrotto servigiopiù passato: pure il premio superando di molto ladel sua aspettazione, fu da lui attribuito ad un effetto di grandezza, e munificenza Principe, la cui intenzione era principalmente di formare delle Case, che al merito suo proprio. Tratti siffatti di incompatibile generosità d’incomparabile generosità usati con frequenza

da una Corte assai sensata, e che furono in lei ereditari, erano il mezzo onde arricchire il paese d’uomini virtuosi, che venivano da questi esempi maggiormente st imolati a coltivare il propri talenti.” Questa biografia è riportata nel Dizionario storico degli uomini illustri ferraresi f erraresi nella pietà, nelle arti, e nelle scienze colle loro opere, o fatti principali compilato dalle storie, e da manoscritti originali da Luigi Ughi Ferrarese; Ferrara, 1804. 20  A.S.Mo.,  Archivio segreto estense, Registri di Canceller ia, ia, Serie A, Libro de officy

del Stato di Ferrara al tempo del Signor Duca Borso, 1450-1465, p. 276; reg. n. 8, Herculis II officio rum publicorum registrum, 1534-1559.

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le comunità non infeudate della valle dello Scoltenna, del Panaro e del Leo che, insieme ai castelli (organizzatosi poi in podesterie) di Montese, di Montecuccolo e di Semese, avevano dato vita alla organizzazio21 ne del Comune Federativo Frignanese Successivamente Sestola, che insieme a Montecuccolo e Montese aveva costituito la Provincia del Frignano22, si distaccò e da questo momento col termine “Frignano” si intesero tutti i paesi sopraccitati e le podesterie di Rancidoro, Gombo23 24 la, Medola, Montefiorino e Montetortore . Intanto i Mosti  fissarono come sede del proprio feudo inizialmente nel castello di Medola, poi si trasferirono nel castello di Rancidoro, sul crinale che divide le vallate del Dragone e del Rossenna. .

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 G. Santini , , Il Comune di Valle del Medioevo , La Costituzione Federale del Frignano, Milano, 1960; parte II, cap.I L’elenco dei comuni che costituivano il Comune F ederativo Frignanese nel 1320 è riportato da A. Magnani, Memorie historiche de’ Montecuccoli del Frignano , sec. XVII, in A. S. Mo., Manoscritti della Biblioteca , busta 2, n. 12, p. 18; da N. Pedrocchi, Storia di Fanano, Fanano 1927, libro I, cap. XXII, pp. 208-209; in Statuti del Frignano  del 1337-38, n. 2, ed. Sorbelli-Jacoli, Roma 1912, Appendice I. 22  A.S.Mo., Cancelleria ducale estense: leggi e decreti , Capitoli, Decreti diversi, Costituzioni , 1553-1585; busta 8, c. 32. 23  Per l’elenco dei comuni della Podesteria di Sestola e della Provincia del Frignano ci si è attenuti alla Nota delli fumanti della Magnifica Podesteria di Sestola , in B. E. Mo., fondo A. Sorbelli , , Statuta, legese decreta Magnificae potesteriae Montiscuccoli , 1488,  in fumantium commissariatus Potestariae cat.A.4 S. c. 179; alla Descriptio Sextulae Mo., ed Cancelleria Ducale, Leggi e Decreti, Capitoli, seu Decreti diversi, Costituzioni 1553-1585, v. I; e in A.S.Mo., Biblioteca, Statuta, provisiones, ordinamenta Magnificae Potesteriae Sextulae, seu Frignani , 1536. Per le singole voci, cfr. inoltre G. Tiraboschi, Dizionario topografico storico degli Stati Estensi , Modena 1824; e D. Pantanelli  – V. Santi, Itiner ari, ari, ne L’Appennino Modenese , Rocca San Ca-

sciano, 1895, pp. 900-1164. 24  La famiglia Mosti fu una tra le più rispettabili di Ferrara, ad essa appartenevano molti studiosi, dottori e dotti delle lettere; dalla Corte d’Este sono sempre stati r itenuti benemeriti e premiati con feudi, titoli e privilegi. Cfr. Dizionario storico degli uomini illustri Ferraresi, nella pietà, nelle arti, e nelle scienze colle loro opere, o fatti  principali compilato dalle storie, e da manoscritti originali da Luigi Ughi Ferrarese,

Ferrara, 1804.

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La nostra prima analisi andrà ad investigare proprio questo periodo, caratterizzato da scontri e lotte che resero conosciuta in tutta la penisola questa lontana zolla di montagna.

Antico disegno delle terre del Frignano (A.S.Mo.)

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 Nel 1734, con la morte dell’ultimo discendente dei Mosti, il feudo di Rancidoro rimase vacante sino alla nomina estense di alcuni nobili di Fanano, i Sabbatini25, che presero possesso del territorio nel 1741. L’amministrazione di questo feudo da parte dei Mosti si differenzierà sensibilmente da quella esercitata dai Potestà estensi in termini di maggiori tassazioni e sfruttamento della popolazione (i Mosti non vennero mai amati dai loro sudditi mentre gli Este godranno sempre di un’’aura di rispetto e riconoscenza). un L’avvento della Rivoluzione Francese segnerà l’ultimo grande stravolgimento che andremo ad analizzare. Per il Frignano sarà, questo, uno dei periodi più difficili e traumatici; interesserà la nascita della Repubblica Cispadana (poi Cisalpina), le campagne napoleoniche, l’invasione delle truppe francesi e la fuga dei duchi d’Este.  d’Este.  Di seguito viene riportato un documento autentico del XIV secolo che fornisce una minuziosa descrizione di alcuni paesi appartenenti al Frignano. Tale esposizione riguarda solamente la parte appenninica vicina a Pavullo, poiché questi veniva considerato il capoluogo del Frignano. I caratteri che emergono da questa descrizione si possono applicare alla realtà del territorio territorio dell’Appennino modenese nella sua interezza poiché le caratteristiche che affioreranno sono comuni a tutte le comunità del Frignano.

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  Nel 1741 Francesco III d’Este concesse la contea di Rancidoro al conte Alessa ndro Sabbatini, nipote di Giuliano Sabbatini allora vescovo di Apollonia e futuro vescovo di Modena (1743-1757), succedendo alla famiglia Mosti-Este, dopo un breve periodo in cui il feudo di Rancidoro ritornò direttamente sotto la giurisdizione della Camera Ducale. Cfr. Gigli L., Vocabolario etimologico topografico e storico delle Castelle, Rocche, Terre e Ville della Provincia del Frignano , Lo Scoltenna Pievepelago, 2002.

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Relazione del Governatore Carandini sulla Provincia del Frignano, 20 maggio 1574 (A.S.Mo., Rettori (A.S.Mo.,  Rettori dello Stato: Frignano, Frignano, busta numero 5)  Frignano è di comuni 23, di lunghezza circa venti miglia da SestoSest ola alli confini della Garfagnana, et da Sestola verso Modena circa miglia quindici; da Sestola alli confini del Bolognese per traverso circa miglia otto, et altretanto et forse più da Sestola alli confini del territorio di Sassuolo, onde può essere di circuito in tutto circa miglia cento e piùtosto di più. Tutta la detta provincia è allibrata o calcolata  per fumanti n. 341 (nome usitato colà per partimento d’estimo o    grandezze.  Montorso, Lavacchio, Gallinamorta, Torricella, Viacava, Iddano,  Benedello che comprende Chiagnano. Chiagnano. Queste sette terre, o castelli, fanno in tutto fumanti circa n. 54, onde vengono ad essere poco meno della sesta parte d’essa provincia; et è da considerarsi che et per la bontà per lo più d’esse, et per lo sito, et per altre degne circostanze, è la più bella et miglior parte di quella, essendo tutti bei luoghi, et fruttiferi, et habitati da buona, et assai commoda gente, havuto riguardo a’ luoghi di luoghi  di monte, onde ne seguita che il separarli tornaria a danno nocumento assai alla detta Provincia. Le carrozze carrozze con gran difficul difficultà tà si cond condurriano urriano sino in Pavulo, chè presso a ciascuno di detti castelli, o luoghi, et si potriano anco far condurre in ciascuno ciascuno d’essi o ivi vicino, però non saria punto dilett eevole l’andarci.  Ma descendendo a più minuta informatione di ciascu ciascun n luogo:  Montorso è situato suso un monte, ma piacevole et pieno di molte belbe lle colline, lontano un miglio e mezzo dal Pavullo verso levante, confina con gli signori Montecuccoli; è castello sbandato, et ha le case po ste qua e là, circonda tre o quattro miglia il suo territorio; ci sono  famiglie circa cosa n. 44,etdistanno ricchi in circa n.5, il resto povere, tuttiCi possedono qualche casa loro da due o tre ma in poi. pos sono essere da 20 paia di bestie fra buoi e vacche per lavorare i terreni. Non vanno nelle Maremme non solo gli habitanti di questo luo go, ma nemmeno alcun'altro dei soprascritti, anci purdi qua dal fiume Scoltenna ordinariamente o nissuno o pochissimo numero ci va. Non ci è pianura eccetto alcuni prati ch'hanno presso il Pavulo, et il resto è di colline lavorate o fruttifere. Ci sono viti et uve assai bene, ma non  fanno buon vino, et d'altri frutti ce ne sono d'ogni so sorte rte essendo tutto  fruttifero, et di castagneti et d'altro. Si può seminare in detto luogo  stara 120 di formento e d'altri grani; boschi non ce ne sono, anci hanno carestia di legne. Fa soldati il detto luogo al n. di 29; ha bocche in tutto n. 225.

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 Lavacchio è luogo situato in cima cima ad un monte con torre, et alcune case, circa 6, ma poco c'è di buono; lontano mezzo miglio da Montor so verso Sestola, confina con Montorso e Gallinamorta, et altri. Circonda circa 4 miglia con Gallinamorta; famiglie circa n. 16, richhe n. 1, il resto povere, ma tutti possedono qualche cosa, e vivono indu striandosi. Bestie grosse circa para 8. Non ha pianura eccetto poco  prato et valle vicino al Pavulo confinanti à prati di Montorso. Il resto  sono colline et terreni da pascolo, et è peggiore assai del territor territorio io di  Montorso. Ci è honestamente dell'uva, ma cattiva. Castagneti et altri  frutti assai comodamenet. Può seminare circa stara 40 di grani. Ci  sono boscaglie di particolari, et una comune, della quale cava ogni 4 anni lire 30. Fà soldati n. 15, ha bocche n. 100 circa. Gallinamorta è posta in fondo ad un rio detto la Morna, fra monti, lontano dal Pavulo circa due miglia verso Sestola, con una torrazza, et ha circa quattordici case; confina con Lavacchio et Montorso, Iddano et altri; circonda come distanza con Lavacchio da 4 miglia incirca, famiglie circa n. 35, ricche nessuna, se non che tutti stanno in casa loro, et possedono qualche cosa, et si vanno ingegnando di vivere. Bestieet grosse circache para 18. Nonvino, ha ma pianura, colline. Ci è  poc'uva, di piantate, fà cattivo d'altrima frutti ne fà assai bene, et qualche poco di castagne. Semina da circa stara 100 sottoso pra. Ci sono certe boscaglie da lepri dietro alli rili. Fà soldati n. 30.  Ha bocche n. 234. Torricella è suso un monticello, o collinetta elevata, vicino a Pavulo un tratto d'archibugio, con terre e case circa 15; confina con Iddano, Viacava, Mont’obizzo et altri, circonda circa quattro miglia et comprende il Pavulo ch’è un ridosso di case circa vinti, luogo mol tto o ameno, posto in pianura, con un hospitale di S. Lazzaro di buona entrata, ove ogn’anno si fanno tre fiere con grandissimo concorso, et con molt’utile della Provincia; fameglie in tutto n. 55, ricche circa 15,  povere il restante, ma però come s’è detto d i sopra, tutti possedono qualche cosa, et si vanno industriando. Bestiame grosso circa para 35, et alcuni hanno qualche pecora. Ha del piano honesta parte, et il resto belle et buone colline, fà poc’uve, et poco buone, d’altri frutti  può seminare comodamente stara 200. Non ci sono boschi, anzi pat patii sce di legna. Fà soldati 41, bocche n. 330 incirca et è luogo forsi, anzi  senza forsi, il più bello et il migliore ch’alcuno delli soprascritti, per lo sito, et per la bontà del terreno, et rimosso Monzone, è il migliore di tutti gli altri ivi d’attorno.  d’attorno.  Viacava è posta a basso suso una collinetta, vicina ad un rialzo fra monti, con torre et case circa otto, confina con Iddano, Benedello,  Moceno, col territorio o Marchesato di Vignola, et altri; circonda circi rca quattro miglia, fameglie n. 35 circa, ricche n. 10, povere il resto, ma stanno in casa loro, et s’industriano per vivere. Bestiami grossi

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circa para vinti. Pecore ogn’uno qualche poche. Non ha piano, ma colline fruttifere, uva poca et cattiva, ma frutti d’ogni  d’ogni   sorte, et ha buoni castagneti. Può seminare da stara 60. Ha pochissime boscaglie. Soldati n. 30 et bocche n. 160.  Iddano è situato in una bassa suso una collinetta presso a due rialzi fra monti, con torre mal buona, et case n. 10 incirca. Confina con Guia, col Signor Conte Enea Montecuccoli, con Gallinamorta, Viacava, et Benedello. Circonda da tre miglia o poco più; è luogo  piuttosto ameno et buono che aspro. Ha fameglie circa 60, ricche circa vinti. Il resto posseggono et stanno in casa loro, et con industria  s’ingegnano di vivere. Ha bestie grosse circa para 50, et pecore ogn’uno qualche poche. Non ha piano, ma colline coltivate et fruttif efruttif ere, eccetto le selve di castagne delle quali ve n’è quantità grande. Uve ce ne sono honestamente, ma brusche, et frutti fru tti d’ogni sorta, et da olio in fuori, vi si raccoglio d’ogni cosa. Si semina da stara 200 sottosopra di vari grani. Boschi non ce ne sono se non alcuni pochi. Soldati n. 53, et bocche circa 450.  Benedello è posto suso un monticello o collina più verso Modena,  senza con circacirconda n. 12, confina Stato di Vignola, e di Guia, torre, Iddano et case Viacava, da trecon in lo quattro miglia, et com prende Chiagnano, et è buon luogo; fameglie circa n. 60, ricche circa 20. Il resto possede, sta in casa sua, et  s’industria. Bestie grosse circa  para trenta, et ciascuno ha qualche poche pecore. Piano non ce n’è, ma colline belle et fruttifere. Uve assai bene, et honestamente buone, et frutti assai d’ogni sorte. Può seminare stara 400 di vari grani. B o scaglie ce ne sono poco meno della quinta parte. Soldati circa n. 47 et bocche circa n. 400. Questi ultimi tre, cioè Iddano, Viacava et Benedello sono insieme uniti come dalla positura del sito del luogo si può vedere et costitui scono un sol massaro da colte, et in caso pure di separatione tornarebbe forse manco dannoso di questi, per esser più segregati, et lontani da Sestola, se ben poi sono dei più ameni et migliori. Gli soldati di tutti questi luoghi fanno il numero di 239, ch’è una compagnia sotso tto la carica del capitano Ludovico Albinelli, assai buona gente et le bocche possono essere in numero di circa 2000. Seguita l’informatione di Monzone, Moceno, Vaglio et Valdalbero.  Valdalbero.   Moceno è situato in una collinetta deserta con qualche casetta a atttorno, ma poco buone, lontano dal Pavullo un miglio verso Modena; confina col Signor duca di Sora, et di là coi signori Montecuccoli, con  Monzone, et la Torricella; circonda circa quattro miglia, et contiene  sotto una villa dette Galuppo. Fameglie circa 70, ma alcuno è ricco,  povera ge gente nte che fanno le pignatte, e vivono più d’industria che d’altro. Bestiame grosso circa para trenta. Non ha pianura, ma coll iine cattive, insomma è paese sterile. Ci potriano sebbene con qualche

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difficoltà andare le carroze. Semina circa stara 200, ma poco racco glie. Ci sono vari boschetti, e collinette, collinette, da lepri. Soldati 64, bocche n. 389.  Monzone è posto quasi in pianura, più su un miglio di Moceno a man dritta da Modena, verso Sestola con colline amene et buone, et di buone case con persone honorevoli; lontano dal Pavullo miglia due confina con Moceno, Brandola, Montecenere, et altri Signori Montecuccoli; circonda circa quattro miglia, fameglie circa numero 80, ricche almeno 25, il resto sta honestamente bene, et stanno in casa sua, et si industriano. Bestiame grosso circa para cinquanta, et qualche  pecora. Non ha piano, ma belle belle colline et ci anderiano le carroze. carroze. Uve non molte, ma buone, altri frutti et castagneti buoni, et in copia hone stamente semina stara 300 et raccoglie bene. Non ci sono boschi, non  se perdendo spanna. Soldati Soldati n. 60, et bocche n. 553.  In somma è il più bel luogo, et sito, che possegga l’A.V.Ser.ma in quei contorni di qua dall’acque verso Modena, et il migliore e più h onorevole, tutto a rovescio di Moceno. Ci è chiesa honorata con Rettore, che ha entrata in ducatoni 200 incirca, e vi si celebrano li festivi  giorni da sei messe, et la comunità com ha d’entrata circa ca ducatoni 80.  80.  Vaglio è posta lontano daunità Monzone in su tre cir miglia, in un collinetta lontano dal Pavullo miglia cinque sbandato. Confina col fiume Scoltenna, con Quaria, col signor conte Alfonso Montacuccoli e con  Modena; circonda circa miglia quattro; fameglie circa n. 40, tutte pop overe; non stanno in casa loro, ma vanno fuori a travagliare et a guadagnarsi il vivere. Bestiame grosso circa para 20, pecore circa 300. Vanno alle maremme alcuni di loro, ma pochi. Non ha piano ma collinette, né si potria condurne le carroze. Uve poche, et pochi frutti; ha del deserto. Semina circa stara 200 ma raccoglie poco. Non ci sono boschi ma legne cattive. Soldati n. 42 e bocche circa n. 330. Valdalbero è posto suso un monte, lontano un miglio da Vaglio verso di sopra, luogo sterile; confina con Vaglio, Scoltenna, e Montecreto; circonda un miglio e mezzo incirca; fameglie n. 12 povere tutte, ma vanno fuori a guadagnare. Bestie grosse para 6, pecore circa 100.  Non ha piano, e non potriano andarci le ca carroze. rroze. Uve et frutti o nes suni o pochi; semina circa stara 50, ma raccoglie pochissimo. Non ci  sono boschi. Soldati n. 10 10 et bocche n. 60. Gli soldati dei suddetti dei  suddetti quattro luoghi sono n. 176, ch’è una co comm pagnia sotto la carica del Capitano Florio Flori, et sono bocche n. 1332. Che è quanto ho stimato bene, et necessario riferire all’A.V.Ser.ma in questo particolare, alla quale faccio humilissima r iiverenza.  Annibale Carandini Carandini

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Questa attenta relazione effettuata dal Carandini ci introduce la tematica che si andrà ad analizzare nel prossimo capitolo; in maniera più approfondita si esamineranno a fondo quelle situazioni di vita sociale ed economiche che il Governatore aveva citato nel suo rapporto. In  particolare si studieranno da vicino le “povere fameglie” del Frignano e la loro lotta per la sopravvivenza in queste terre infeconde ove, nei  periodi più duri, venivano spinte, contro la loro natura pacifica, a compiere anche atti illegali.

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