2003 - Per Salvare Una Rossa

February 6, 2019 | Author: urguelfa | Category: Homo Sapiens, Philosophical Science, Science, Nature
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Lori Foster

Per Salvare Una Rossa Taken!

Prima edizione Harmony Destiny © 2001 Seconda edizione Harmony Temptation N° 26B del 21/5/2003 ISSN 1125 - 4890

Capitolo 1 L'Eccitazione L'Eccitazione gli era cresciuta dentro a tal punto che temeva di esplodere  per il desiderio. Non era quello che si era aspettato, non era quello che aveva programmato. I capezzoli di Virginia si inturgidirono sotto le punte delle sue dita e lei gemette eccitandolo ancora di più. Gli infilò le dita tra i capelli, gli sussurrò con un tono disperato: «Ti prego!», e lui dimenticò il suo suo ob obie iett ttiv ivo. o. Di Dim menti enticò cò che che i suoi suoi in inte tent ntii eran eranoo altr altri, i, che che no nonn era era veramente attratto da quella donna. «Dillon...» «Ssh... Va tutto bene, tesoro» le mormorò lui, ed era vero. Incredibilmente, Incredibilmente, andava più che bene. Le scostò maggiormente i lembi del cappotto e le sollevò la camicetta sul petto. I suoi seni, pieni, sodi e generosi, si adattavano perfettamente alle sue mani, e lui desiderò sopra ogni altra cosa di averla nuda tra le  braccia, di guardare il colore dei suoi capezzoli alla luce della luna che entrava dal parabrezza, di vedere il piacere nei suoi occhi nocciola, solitamente pieni di determinazione e di arroganza, che ora erano addolciti dal desiderio che provava per lui. Diede dei baci caldi sulla pelle di seta del suo collo e aspirò il suo   personalissimo profumo. Non aveva mai notato che Virginia avesse un  profumo così... unico, prima. Non aveva nemmeno notato quanto era sexy, né immaginato che potesse rispondere con tanto calore alle sue carezze. Gemette di nuovo e lui le sussurrò delle parole dolci riprendendo a  Lori Foster 

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titillarle i capezzoli. La sentì fremere in tutto il corpo, e fu lui che adesso si lasciò sfuggire un gemito. Quello che stava accadendo non andava affatto  bene, ma era terribilmente terribilmente piacevole... Le ragioni per cui aveva freddamente programmato di sedurla adesso gli sembravano sembravano lontane. Gli era impossibile negare l'estremo piacere che stava a sua volta provando, l'incredibile, innegabile eccitazione di cui era preda e di cui sicuramente Virginia era cosciente. Flirt Fl irtare are in macch macchina ina era terri terribil bilmen mente te scomo scomodo, do, ma non im impor portav tava: a: anche se la notte era freddissima, la passione li riscaldava. Lui sapeva che nella grande casa il party era al culmine. La luce che proveniva dalle fine finest stre re illu illum min inat atee face faceva va bril brilla lare re la neve neve e l'ec l'ecoo dell dellaa mu musi sica ca che che impazzava all'interno giungeva fino a loro. Ciò che stava facendo, e il luogo in cui lo stava facendo, era pericoloso, ma era finalmente riuscito a restare solo con lei e non aveva nessuna intenzione di perdere quel vantaggio. Doveva affrettare le cose: aveva già  perso fin troppo tempo. Per trentasei anni era stato un bastardo meschino e determinato, un tratto del carattere che gli aveva instillato suo padre fin dall'infanzia. Non dimenticava mai i fini che si era prefissato, non usciva mai dal tracciato che si era imposto, ma adesso, in quel preciso momento, sembrava che il suo principale obiettivo fosse passato in secondo piano. Voleva Virginia nuda fra le sue braccia, lì, su quello stretto sedile. Voleva entrare in lei,  porre fine a quella che stava diventando una tortura... «Fermati, Dillon.» Il suo tono adesso non aveva niente di autoritario. La sua voce era morbida, dolce, roca per il desiderio, incredibilmente femminile e di nuovo lui si meravigliò che all'improvviso fosse diventata tanto diversa da come si era aspettato, che reagisse in modo tanto diverso da quello che aveva immaginato. Invece di ascoltarla, la strinse a sé. Virginia gli infilò nuovamente le mani nei capelli e, prendendolo come un incoraggiamento, lui le liberò i seni dal reggiseno e prese a titillarle i capezzoli con le labbra. Si chiese come sarebbe stato fare l'amore con quella donna così inaspettatamente sensibile ai suoi baci e alle sue carezze, quella donna che gli faceva venir  voglia di... divorarla. Le fece scivolare una mano sul ventre, e i suoi gemiti divennero disperati. Fece scivolare le dita tra le sue gambe, la sentì trattenere il  Lori Foster 

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titillarle i capezzoli. La sentì fremere in tutto il corpo, e fu lui che adesso si lasciò sfuggire un gemito. Quello che stava accadendo non andava affatto  bene, ma era terribilmente terribilmente piacevole... Le ragioni per cui aveva freddamente programmato di sedurla adesso gli sembravano sembravano lontane. Gli era impossibile negare l'estremo piacere che stava a sua volta provando, l'incredibile, innegabile eccitazione di cui era preda e di cui sicuramente Virginia era cosciente. Flirt Fl irtare are in macch macchina ina era terri terribil bilmen mente te scomo scomodo, do, ma non im impor portav tava: a: anche se la notte era freddissima, la passione li riscaldava. Lui sapeva che nella grande casa il party era al culmine. La luce che proveniva dalle fine finest stre re illu illum min inat atee face faceva va bril brilla lare re la neve neve e l'ec l'ecoo dell dellaa mu musi sica ca che che impazzava all'interno giungeva fino a loro. Ciò che stava facendo, e il luogo in cui lo stava facendo, era pericoloso, ma era finalmente riuscito a restare solo con lei e non aveva nessuna intenzione di perdere quel vantaggio. Doveva affrettare le cose: aveva già  perso fin troppo tempo. Per trentasei anni era stato un bastardo meschino e determinato, un tratto del carattere che gli aveva instillato suo padre fin dall'infanzia. Non dimenticava mai i fini che si era prefissato, non usciva mai dal tracciato che si era imposto, ma adesso, in quel preciso momento, sembrava che il suo principale obiettivo fosse passato in secondo piano. Voleva Virginia nuda fra le sue braccia, lì, su quello stretto sedile. Voleva entrare in lei,  porre fine a quella che stava diventando una tortura... «Fermati, Dillon.» Il suo tono adesso non aveva niente di autoritario. La sua voce era morbida, dolce, roca per il desiderio, incredibilmente femminile e di nuovo lui si meravigliò che all'improvviso fosse diventata tanto diversa da come si era aspettato, che reagisse in modo tanto diverso da quello che aveva immaginato. Invece di ascoltarla, la strinse a sé. Virginia gli infilò nuovamente le mani nei capelli e, prendendolo come un incoraggiamento, lui le liberò i seni dal reggiseno e prese a titillarle i capezzoli con le labbra. Si chiese come sarebbe stato fare l'amore con quella donna così inaspettatamente sensibile ai suoi baci e alle sue carezze, quella donna che gli faceva venir  voglia di... divorarla. Le fece scivolare una mano sul ventre, e i suoi gemiti divennero disperati. Fece scivolare le dita tra le sue gambe, la sentì trattenere il  Lori Foster 

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respiro, poi lei gli disse: «No!» e, tremando, si scostò da lui, si assestò sul sedile, appoggiò la nuca al poggiatesta e chiuse gli occhi. «Scusami, ma non posso farlo.» Il cervello annebbiato di Dillon tornò lentamente alla realtà. Non poteva farlo? Era lui quello che si era dovuto sforzare per raggiungere il suo obiettivo... all'inizio. Era venuto a Delaport City solo per sedurla e avere da lei delle risposte. Non aveva affatto messo in conto che lei potesse essere riluttante all'idea di fare l'amore con lui. «Virginia...» «No» ripeté lei scuotendo la testa. «Non è giusto. Nascondermi qui con te come se mi vergognassi è una cosa meschina. Il fatto che lavori per la mia compagnia e che ho la facoltà di licenziarti in ogni momento non mi dà il diritto di trattarti senza rispetto» gli spiegò mentre si rimetteva a  posto la camicetta. Pensava di trattarlo male perché si stavano nascondendo? Ma loro dovevano nascondersi, altrimenti il suo piano non avrebbe funzionato! Dillon le prese il viso tra le mani. Lunghi ricci di capelli color tiziano erano sfuggiti alle forcine e ora le sfioravano le spalle. Ne fu sorpreso. Di solito Virginia portava i capelli raccolti, non aveva idea di quanto fossero lunghi. Coi capelli sciolti aveva un'aria... vulnerabile, un aggettivo che poche   persone avrebbero attribuito a Virginia Johnson. Ed era anche molto fem femmi mini nile le.. Le sue sue di dita ta gi gioc oche here rell llar aron onoo con con un unaa cioc ciocca ca,, che che trov trovòò incredibilmente morbida e setosa. Si chiese come sarebbe stata con quei capelli rossi completamente sciolti. Una specie di Venere del Botticelli,  pensò. Una dea pagana... Scosse la testa. Evidentemente era stato troppo a lungo senza una donna, si disse. Negli ultimi tempi aveva avuto altre priorità, come per esempio salv salvar aree suo suo frat fratel ello lo.. Dove Doveva va mant manten ener eree il do domi mini nioo di sé, sé, tene tenere re ben ben  presente lo scopo di quella seduzione... «Virginia, sai bene che non puoi farti vedere con me» le disse col suo ton onoo più dol olce ce.. «Cli Cliff la prend endereb erebbbe malis lissim imoo, senza enza con contar tare i  pettegolezzi che nascerebbero a tal proposito.» Lei scosse la testa. Durante le due settimane in cui le aveva fatto una corte decisa quanto discreta, Dillon aveva imparato che Virginia Johnson aveva fatto della testardaggine un'arte; un'arte irritante e sottile quanto l'arroganza e la  Lori Foster 

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mancanza di modestia riguardo alle sue indubbie capacità negli affari. Aveva imparato anche che era bravissima nel prendere decisioni, e che amava farlo sapere a tutti ricorrendo anche a qualcosa che si avvicinava molto alla brutalità. «Non me ne importa un accidente di cosa può pensare mio fratello» gli disse. «È uno snob e raramente ci troviamo d'accordo su qualcosa. Non ha nessun diritto su di me e tantomeno può dirmi cosa devo o non devo fare nella vita.» «Non è questa l'impressione che si ha di lui» ribatté Dillon. Sapendo che doveva stare molto attento nel parlare, prudentemente non aggiunse altro.   Non era certo un tipo accondiscendente, lui. Viveva la propria vita seguendo delle regole tutte sue, secondo un codice d'onore indipendente dalle comuni regole della società. A parte suo padre e suo fratello, non doveva niente a nessuno, ma Virginia era una donna di potere con un carattere autoritario, abituata a esse re indipendente quanto lui, accidenti a lei. Si schiarì la gola e aggiunse: «Tuo fratello è molto protettivo, nei tuoi confronti». «È soltanto un bullo e io sono l'unica che ha il fegato di tenergli testa. Ho il controllo della maggioranza delle azioni e lui sa benissimo che senza di me porterebbe la compagnia alla rovina nel giro di poche settimane.» Anche nel buio Dillon riuscì a cogliere la collera sul suo viso. Virginia non era quel che si dice una bella donna, almeno, prima di quella sera lui non l'aveva mai considerata tale, ed era decisamente testarda e controllata. Impartire ordini a destra e a manca le piaceva e la divertiva. Era anche decisamente sovrappeso, ma poco prima, quando l'aveva tenuta tra le   braccia, non le era sembrata poi così grassa, ma calda e morbida. «Virginia, non posso permettere che tu...» «Non puoi permettere?» lo interruppe lei. «Io faccio sempre quello che voglio, Dillon. Dovresti saperlo.» Si riabbottonò il cappotto, fece per  aprire la portiera, ma lui la bloccò afferrandole il polso. Dal momento in cui le era stato presentato si era dovuto mordere la lingua mille volte per non rivelare la sua vera natura, e molto spesso il desiderio di rimetterla al suo posto era stato così forte che aveva fatto fatica a trattenersi. Lei guardò la mano che le stringeva il polso, poi gli diede uno sguardo che diceva: Come osi? Dillon sapeva da tempo che non amava né essere contraddetta, né che  Lori Foster 

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qualcuno le dicesse cosa doveva o non doveva fare. La maggior parte degli uomini che lavoravano per lei stavano molto attenti a non irritarla perché temevano di essere licenziati, per cui quelli che osavano ribattere erano veramente pochi. Lui non temeva affatto per la sua carriera. Lavorare per  la sua compagnia era solo un fatto temporaneo, un modo per avvicinarsi a lei tanto da impedire il piano distruttivo nei confronti di Wade messo in atto da Cliff; e comunque non era nella sua natura permettere a una donna, qualsiasi donna, di dargli degli ordini e tantomeno di sottostare al suo  pugno di ferro. «Ascoltami, tesoro» le disse, lasciandole il polso per accarezzarle il  braccio. L'unico modo che aveva per avvicinarsi il più possibile a lei era di sedurla, di fare in modo che lo desiderasse, ma sedurre una lady di ferro non era affatto semplice. Aveva praticamente dovuto sfoderare tutto il suo fascino e le sue capacità seduttive, e non c'era abituato. Di solito le donne si lasciavano sedurre da lui con grande facilità, ma Virginia era stata così refrattaria che il suo ego ne aveva sofferto. Al punto che, più che una necessità, il suo piano stava diventando una sfida personale da vincere. «Se non pensi alla tua reputazione, pensa alla mia» le disse. «Se Cliff  dovesse venire a sapere di noi due mi butterebbe fuori in un nanosecondo. È questo che vuoi?» Lei gli diede dei colpetti sulla mano con fare accondiscendente. «Non  preoccuparti. Non glielo permetterei mai. Sono io che alla fine decido chi  buttar fuori e chi no.» Lui sospirò. «Non potrei sopportare di essere difeso da una donna. La gente direbbe che miro solo al tuo denaro e...» «Non dire sciocchezze. Lo sanno tutti che non mi sposerò mai, e quello sarebbe l'unico modo in cui potresti mettere le mani sui miei soldi. Il nostro è solo un affaire, Dillon.» «Che riguarda solo noi due!» ribatté lui con un tono duro. Lei aggrottò la fronte. Dillon fece un respiro profondo e aggiunse: «Scusami. Non volevo alzare la voce, ma quello che c'è tra noi è un fatto  privato e voglio che resti tale». Virginia lo guardò con scetticismo e lui imprecò fra sé. Accidenti a lei! Perché doveva sempre controllare tutto e tutti? Il buffo era che per lui era la stessa cosa, solo che i motivi erano diversi. Era stato allevato con il concetto che doveva essere sempre molto cauto e avere sempre il controllo degli eventi della propria vita. Crescendo aveva interiorizzato la necessità  Lori Foster 

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di tenere tutto sotto controllo per proteggere i suoi cari, mentre Virginia non aveva scuse. Lei lo guardò e annuì. «Okay, se sei così sensibile riguardo a questa faccenda farò in modo che la cosa resti tra noi, ma non ho nessuna intenzione di fare l'amore in macchina. È ridicolo.» «Sono d'accordo con te.» Era quello che Dillon aspettava, quello per cui aveva lavorato per due settimane mettendo a dura prova la propria  pazienza. «Potremmo prenderci un giorno libero e andarcene insieme da qualche parte per stare un po' soli» aggiunse, poi deglutì a vuoto e si costrinse a dire: «Non sai quanto ti desidero, tesoro». Ora che non la stava toccando né baciando, nel sentire di nuovo quel suo tono deciso e autoritario ogni desiderio era svanito in lui, per lasciare il  posto a una fredda determinazione e Virginia era tornata a essere il punto focale del suo schema, il mezzo per raggiungere il suo scopo, fermo restando che non aveva intenzione di farne la sua vittima. Anche se alla fine ne sarebbe potuta uscire un po' umiliata, non voleva ferirla. Tutto quello che voleva ottenere era riuscire a fermare il fratello di lei e salvare il  proprio. «Non posso prendermi una giornata libera, Dillon. Vieni da me questa notte. Dal momento che vivo sola nessuno lo saprà, visto che ti preme tanto la tua reputazione.» Lui le avrebbe dato volentieri un pugno, per quel suo tono. Virginia voleva passare giusto un paio d'ore con lui, non certo passarci la notte e, stranamente, si sentì insultato nella sua dignità di maschio. E poi, per  guadagnarsi la sua fiducia e trovare le prove della frode che era stata posta in atto ai danni della compagnia in modo che il responsabile risultasse Wade, aveva bisogno di tempo. Per far questo era necessario che Cliff non venisse a sapere di lui e sua sorella. «No, è troppo rischioso» ribatté. «Qualcuno potrebbe vedermi.» Lei fece un sospiro drammatico e i suoi occhi nocciola sembrarono dorati, alla luce della luna. «Sei sicuro di volerlo veramente? Voglio dire,  per un uomo che solo pochi momenti fa era eccitato come lo eri tu, mi sembra che tu stia trovando un po' troppi ostacoli. Non ho mai incontrato un uomo così ridicolmente sensibile riguardo alla propria reputazione. O così assurdamente cauto.» Dillon rimase zitto per alcuni secondi. Cliff era soltanto un prestanome,  Lori Foster 

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  perché era Virginia che comunque conduceva il gioco, e tutte le sue speranze di tirar fuori Wade da quel dannato pasticcio erano riposte in lei. Virginia sospirò di nuovo e precisò: «Mi dispiace. Questa situazione era del tutto imprevista. Non sono abituata a cose del genere». Dillon non aveva dubbi, in proposito. Quale uomo avrebbe dato la caccia a una strega come quella? Mentre poco prima la baciava e accarezzava si era rivelata dolce e femminile e lui aveva dimenticato che donna fredda e dominatrice era in realtà; ma quello che aveva imparato in quei momenti sull'altra faccia della sua personalità non era stato casuale.  Non erano sicuramente molti gli uomini che avevano cercato di andare al di là della facciata, e se non fosse stato per Wade di sicuro non ci avrebbe  provato nemmeno lui. «So che è una situazione complicata, ma non vedo un altro modo per...» le disse. «Forse faremmo meglio a dimenticare tutta la faccenda» lo interruppe lei. «Non sono molto tagliata per queste cose e incomincio a sentirmi a disagio.» «No!» Maledizione, non poteva permettersi di perdere tempo coi tira e molla proprio adesso! Portarla fino a quel punto gli era costato tempo e fatica e... «Non voglio lasciar perdere. Ti desidero troppo, Virginia.» Dillon la prese di nuovo fra le braccia e la baciò. Com'era dolce, morbida e sexy! non poté fare a meno di dirsi, e di nuovo dimenticò che cercare di sedurla era stata tutta una strategia. Lei gemette di nuovo, e quando poco dopo Dillon le lasciò le labbra gli sussurrò: «Dammi un attimo di tempo, okay? Ti chiamo fra qualche giorno, okay?». Aprì la portiera prima che Dillon potesse impedirglielo, ma forse era meglio così. La strada era piena di auto parcheggiate e chiunque, arrivando o ripartendo, avrebbe potuto vederli. Nessuno sapeva chi lui fosse veramente, e una volta che si fosse guadagnato la fiducia di lei e avesse rovinato i piani di Cliff sarebbe sparito. Se qualcuno avesse sospettato che lui aveva una storia con Virginia il suo piano sarebbe fallito, e Wade ne avrebbe sofferto moltissimo.

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Capitolo 2 Quando Virginia entrò arretrando nella grande casa dalla porta della cucina, andò a sbattere contro suo fratello Cliff che la guardò sospettosamente. «Che stavi facendo là fuori?» Lei lo scostò da una parte e si tolse il cappotto. Tutti quei baci e quelle carezze l'avevano accaldata. Si era riabbottonata il cappotto solo per creare una barriera contro la travolgente attrazione e le confuse emozioni che le aveva suscitato Dillon. Essere attratta a quel modo da un uomo non era una cosa a cui era abituata, e men che meno essere attratta da un uomo come Dillon. Al solo ricordo di come si era sentita tra le sue braccia ebbe un  brivido. «Stavo intrattenendo una relazione segreta, naturalmente» rispose. «Molto divertente» rispose acido Cliff. «Vuoi dire che esiste un uomo abbastanza pazzo da desiderarti?» ridacchiò poi. Virginia si limitò a scuotere la testa. In un certo senso Cliff aveva ragione. Era raro che un uomo le facesse la corte; almeno, non il genere di uomo che cerca solo una relazione passeggera. Nessuno aveva mai usato  per lei il termine  sex symbol; non con quei chili di troppo e quella sua  personalità incisiva. Gli uomini che cercavano di sposarla per via delle sue quote azionarie nella compagnia erano almeno una decina all'anno, le loro intenzioni non erano mai onorevoli o galanti, ed erano in parte la causa della sua spietatezza. Aveva deciso di rimanere single perché non aveva mai incontrato un uomo che le andasse bene: o erano dei disgustosi cercatori di dote o dei buoni a nulla. Quando aveva conosciuto Dillon per la prima volta si era fatta delle speranze. Rispetto agli imbecilli che suo fratello inevitabilmente assumeva, Dillon Jones era un tipo diverso. Alto e snello, muscoloso senza aver l'aria di passare la maggior parte del suo tempo libero in palestra, con le spalle larghe e i fianchi stretti, dava piuttosto l'impressione di trascorrere il suo tempo all'aria aperta non appena gli era possibile. E dava anche l'impressione di essere molto sicuro di sé, di possedere una prontezza mentale sconosciuta alla maggior parte degli uomini. Possedeva anche quel genere di intensità che fa sentire immediatamente una donna in sua balia, ma la cosa non la spaventava. Niente la spaventava. Era stata una bambina per nulla carina o accattivante che  Lori Foster 

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aveva dovuto combattere per ottenere qualsiasi cosa desiderasse, compreso l'affetto. Si era fatta strada a fatica nella compagnia di suo padre, e dopo essere passata attraverso la terribile esperienza della morte dei suoi genitori, e la lotta per il potere all'interno della società che ne era seguita, ormai erano pochissime le cose che nella vita potevano allarmarla, compresa la corte di Dillon. Che, sfortunatamente, stava però dimostrando di essere un pusillanime come tutti gli altri. Bastava che lei dicesse una parolina e subito si rimetteva al suo posto per paura di irritarla. Perché non era in grado di trovare un uomo che sapesse tenerle testa? Era decisamente delusa dalla sua mancanza di spina dorsale, ma non abbastanza da dare un taglio alla faccenda, rifletté. Forse, con un po' di fortuna quell'uomo avrebbe potuto sorprenderla. Quando avesse capito che lei abbaiava ma non mordeva... «A cosa stai pensando?» le chiese Cliff. «Cosa diavolo hai fatto là fuori  per essere così distratta?» «Senti, non sono dell'umore giusto per sopportare il tuo sarcasmo, fratellino. Non dovresti essere di là a intrattenere gli ospiti o qualcosa del genere?» «Dovresti essere di là da tempo anche tu» ribatté acido lui. «Sai bene che ci sono un sacco di soci importanti.» «Davvero? Come la tua assistente personale? Ho visto Laura seguirti giudiziosamente come un cagnolino, prima. Immagino che adesso ti stia cercando.» Cliff si irrigidì. «La signorina Neil non ti riguarda, Virginia.» In realtà a Virginia non importava niente di ciò che Cliff faceva nel tempo libero con Laura Neil, anche se sospettava che l'avesse promossa a sua assistente personale solo per riuscire a portarsela a letto. Nonostante disapprovasse quella relazione in effetti non erano fatti suoi, per cui si limitò a stringersi nelle spalle. «È vero. Okay, adesso dimmi cosa vuoi.» «Voglio sapere cosa stavi facendo là fuori di così importante da trascurare i tuoi doveri.» «Te l'ho già detto» rispose secca lei, che a quel punto desiderava solo di restare sola per riflettere su come procedere con Dillon. «Quello che faccio nella mia vita non sono affari tuoi. E adesso smettila di seccarmi o ne subirai le conseguenze.» Come si era aspettata, Cliff si chiuse in un silenzio impotente e se ne  Lori Foster 

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andò. Era un vero peccato che fosse nato prima di lei. Ed era un peccato ancora più grave che il loro padre avesse deciso che la compagnia dovesse essere rappresentata da Cliff nonostante fosse privo di spina dorsale e non avesse il necessario senso degli affari solo perché era un uomo. Lei avrebbe ricoperto quella carica molto, ma molto meglio. Aveva imparato l'arte delle vendite direttamente sul campo, lavorando part-time nelle tre piccole filiali della ditta e studiando contemporaneamente organizzazione aziendale, era abilissima negli affari e molto preparata, ma  poiché era una donna non era lei il presidente della compagnia. Anche se non poteva interferire negli affari quotidiani della ditta, comunque, nessuna decisione importante poteva essere presa senza la sua approvazione, ed era proprio quella piccola clausola nel testamento del  padre che le aveva guadagnato l'odio di Cliff, che era stato un bambino insignificante ed era diventato un uomo altrettanto insignificante. Comunque loro due avevano trovato un modo per convivere sul lavoro, anche se in realtà lei conosceva poco suo fratello. Conosceva poco anche Kelsey, sua sorella. Possedeva anche lei delle quote della compagnia ma,  poiché detestava di trovarsi in mezzo al fuoco incrociato fra lei e Cliff, in occasione delle riunioni dava la delega a qualche altro azionista col risultato che non si vedevano nemmeno in quelle circostanze. Kelsey si interessava ai suoi studi e al suo computer, e quasi per nulla degli affari di famiglia. A volte, come quella sera, Virginia la invidiava. Sarebbe stato bello, per una volta, essere una donna normale, una donna come tutte le altre. Se non altro non avrebbe dovuto interrogarsi sulle vere ragioni per cui Dillon stava cercando di sedurla... Che la desiderasse era innegabile: certe reazioni fisiche non si possono simulare. La sua eccitazione era stata concreta, evidente, l'aveva sentita contro di sé; ma c'era sicuramente dell'altro, ne era certa. E se fosse stata una parte della compagnia, cui in realtà puntava? Quando Cliff lo aveva assunto come sovrintendente della sicurezza interna aveva letto il suo file perché era diverso dai soliti tipi che suo fratello assumeva in genere. Invece di un membro del suo tennis club, con quegli occhi scuri che a volte sembravano neri come la notte sembrava  piuttosto un mercenario. O un rinnegato. E il suo file rivelava che non aveva mai fatto lo stesso lavoro troppo a lungo. Aveva girato tutto il paese, a volte aveva operato anche all'estero, e lei era certa che di recente dovesse essere stato in un posto caldo, perché era molto abbronzato e i suoi capelli,  Lori Foster 

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insolitamente lunghi, apparivano schiariti dal sole. Le sue qualificazioni e le sue referenze erano comunque eccellenti, e dal momento che era anche stato per un certo periodo nell'esercito, Cliff lo aveva assunto nonostante il suo aspetto. Sicuramente Dillon Jones conosceva il suo lavoro. Fin dai primi giorni, con la sua approvazione, naturalmente, aveva assunto delle nuove guardie di sicurezza a vari livelli, e aveva licenziato due guardie notturne che non aveva trovato al loro posto ma intente a giocare a poker in una saletta. Aveva anche fatto delle ricerche personali su tutti coloro che si trovavano sotto la sua giurisdizione, dimostrando di prendere molto sul serio il  proprio compito e di esigere dagli altri la stessa serietà. Che fosse intelligente lo si vedeva dal suo sguardo, ed era innegabile che fosse molto attraente e sexy, ma per lei continuava a essere un enigma. Sarebbe stata con lui una sola notte, decise. E anche se in seguito si fosse resa conto che aveva degli altri motivi per sedurla non importava. Il suo cuore non ne avrebbe sofferto. Lei voleva un uomo in grado di tenerle testa, che potesse essere un compagno di vita, che fosse alla sua altezza sotto tutti i punti di vista, e Dillon, con quel suo fisico da sballo e quegli incredibili baci, sarebbe stato semplicemente un riempitivo, un episodio  per interrompere la sua solitudine. Che ormai durava da troppo tempo. Sì, aveva bisogno di carezze, di attenzioni, di quel tipo di attenzioni che solo un uomo può dare a una donna, e anche se non poteva prendere sul serio un uomo come quello, aveva tutto il diritto di concedersi una piccola fantasia, e Dillon Jones era proprio il tipo adatto. «Allora? Com'è andata?» chiese Wade a Dillon nel momento in cui gli aprì la porta. Maledizione, avere tra i piedi Wade era l'ultima cosa di cui aveva   bisogno in quel momento! pensò lui. Quella serata lo aveva irritato   parecchio e non aveva nessuna voglia di mettersi a discutere con suo fratello. Si strinse nelle spalle, si tolse il cappotto di pelle e gli stivaletti e gli domandò: «Che cosa ci fai, qui? Hai intenzione di mandare tutto all'aria,  per caso? Se qualcuno scopre che siamo fratelli...». «Sono stato attento» lo interruppe Wade. «Sono sceso dall'autobus all'angolo e ho proseguito a piedi. E comunque è buio e non può avermi visto nessuno. Allora, mi dici cosa è successo?»  Lori Foster 

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«Calmati.» Lui e Wade erano stati allevati da genitori diversi, e la loro rispettiva visione della vita non avrebbe potuto essere più diversa. «Non è ancora successo niente. Forse succederà qualcosa durante la prossima settimana.» «Maledizione e stramaledizione!» Wade prese a camminare avanti e indietro. «Qual è il problema con quella donna? Nessuna ti ha mai trattato così, prima! Di solito sei tu quello che deve tenerle a distanza!» Dillon scosse la testa. «Non essere ridicolo. Io non sono Romeo, okay? E Virginia non è affatto una stupida. Sarà anche una virago, ma non è affatto una sciocca.» «Quella è una...» «Dacci una taglio, Wade» lo interruppe lui brusco, e trovarsi a difendere Virginia lo stupì. Era sempre stato protettivo, nei confronti delle donne, ma di tutte le femmine che aveva conosciuto lei era quella che meno di tutte aveva  bisogno di un cavaliere che la difendesse. Oltretutto l'idea di usarla non gli   piaceva per niente, anche se sapeva di non avere alternative: Virginia aveva le risposte che gli servivano e lui aveva un solo modo per ottenerle.  Nervosissimo, Wade sedette in una poltrona. «Devi affrettare i tempi, Dillon. Siamo già fuori tempo e comincio ad avere degli incubi in cui finisco in prigione.» «Ti ho già detto che non lo permetterò. Mal che vada ti porterò fuori dal  paese prima che succeda. Puoi stare da me in Messico, mentre io chiarisco la faccenda. Come sta Kelsey?» gli chiese poi per distrarlo. «Incomincia ad avere le nausee mattutine. Sta male, e quel suo dannato fratello sta cercando in tutti i modi di separarci. Pensa che siccome sono senza lavoro, e per di più accusato di un crimine, lei dovrebbe lasciarmi. Ha paura di vedermi, poverina, e mi devo accontentare di qualche telefonata occasionale. Se continua così, avrà il bambino prima che abbiamo modo di sposarci.» Dillon andò in cucina, prese una lattina di Coca Cola e nell'aprirla si macchiò la camicia. Per via del party dei Johnson si era messo camicia e cravatta anche se le cravatte per lui erano una tortura, ma anche quelle rientravano nel piano  per aiutare suo fratello. Il suo fratellastro, si corresse. Non avevano avuto lo stesso padre, ma Wade era suo fratello a tutti gli effetti. Quando la loro madre era morta  Lori Foster 

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lasciando Wade solo, lui aveva cercato Dillon, gli aveva chiesto di  partecipare al funerale e gli aveva detto che voleva far parte della sua vita. Lui a quel tempo aveva appena lasciato l'esercito, viveva un'esistenza molto solitaria ma indipendente, non sapeva da secoli dove diavolo fosse finita sua madre e cosa stesse facendo, e non era particolarmente interessato a saperlo.  Non sapeva che nel frattempo si fosse risposata e avesse avuto un altro figlio. Suo padre si era limitato a dirgli che a un certo punto non aveva più voluto saperne di loro due e se n'era andata e poi non ne aveva parlato mai  più. Mentre lui cresceva, nella loro vita erano passate parecchie donne, nessuna delle quali era stata una presenza importante: le relazioni di suo   padre non erano mai durate a lungo. Nonostante fossero sempre stati abbastanza vicini, non aveva mai capito fino in fondo certi atteggiamenti di suo padre, rifletté, e sospirò. Scoprire all'improvviso di avere un fratello lo aveva colto di sorpresa, ma l'idea che qualcuno volesse far parte della sua vita, qualcuno che lui  potesse proteggere, gli era piaciuta subito. La prima cosa che aveva fatto era stato di aiutarlo finanziariamente  perché potesse frequentare il college, e dopo otto anni durante i quali erano sempre rimasti in contatto e si erano incontrati ogni volta che era stato  possibile tra loro si era creato un legame davvero fraterno. Dillon si tolse la camicia, si lasciò andare sul divano e bevve mezza lattina tutta d'un fiato. Wade scosse la testa. «Guardati! Cos'ha che non va quella donna? Perché diavolo non ti vuole? Io darei un orecchio, per avere un fisico come il tuo!» Dillon rise. «Per l'amore del cielo! Datti una calmata, okay?» «Ma è vero! Tutte le donne della compagnia stravedono per te. Segretarie, dirigenti... tutte! Non ho mai visto niente del genere da quando lavoro lì. Con me sono sempre state tutte molto fredde, riservate. Kelsey è stata l'unica che mi ha prestato attenzione, le altre mi hanno sempre regolarmente ignorato. Poi sei arrivato tu e si sono... animate. Bisbigliano tra loro ogni volta che passi in un corridoio. Persino a Laura Neil viene l'occhio di triglia, il che è un vero miracolo.» «Un miracolo?» Dillon era consapevole dell'attenzione di Laura, ma non l'aveva trovata una cosa stupefacente.  Lori Foster 

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«Da quando sta con Cliff non ha mai guardato nessun altro. Non fa che leccargli i piedi, non te ne sei accorto?» «Forse è innamorata» buttò là Dillon. Wade storse la bocca. «Prima che mi mettessi con Kelsey io e lei abbiamo avuto una relazione, e dopo che abbiamo rotto Cliff l'ha promossa sua assistente personale. Non è affatto innamorata di lui e lui l'ha promossa   per tenersela più vicina. Secondo me spera che Cliff la sposi, ma non accadrà mai. Forse sta incominciando a rendersene conto ed è per questo che ha messo gli occhi su di te. Comunque, come ti ho già detto, un  pensierino su di te l'hanno fatto tutte. Kelsey mi ha riferito che alcune di loro hanno fatto delle scommesse su chi ti avrà per prima.» «Stai scherzando!» esclamò Dillon sbarrando gli occhi. «No, mio caro. E trovo davvero strano che Virginia sia immune al tuo fascino.» «Non è immune.» «Forse... Forse non è attratta dagli uomini. Forse preferisce le donne.» Dillon sollevò gli occhi al cielo. «No, gli uomini le piacciono. Non c'è niente che non vada, in lei, semplicemente non ama avere dei legami che limitino la sua libertà e la sua indipendenza. Senza contare che ci va molto cauta, dato che la maggior parte degli uomini mirano al suo denaro.» «Be', il denaro è l'unica cosa attraente che ha. Data la mia posizione nella contabilità mi trovo spesso a contatto con lei e devo confessarti che mi intimidisce parecchio. Mi fa anche un po' paura, con quella lingua affilata come un rasoio che può tagliarti in due. E poi si comporta come un dittatore.» Lui aveva invece sperimentato come la sua lingua potesse essere morbida e sinuosa, se un uomo si meritava di baciarla nel modo giusto, ma aveva l'impressione che non ci avessero provato in molti... «Cosa hai deciso di fare, a questo punto?» gli chiese Wade. «Aspettare. Mi ha detto che prenderà una decisione entro la prossima settimana.» «Kelsey si agiterà molto, se non risolvo in fretta questa faccenda. Non vede l'ora di lasciare il suo posto di lavoro. Non ne può più di Cliff.» Dillon aveva incrociato Kelsey più volte, alla compagnia, e l'aveva trovata una ragazzina viziata. Si era accorto che Virginia e Cliff cercavano di proteggerla dal mondo, anche perché, essendo la più giovane, aveva preso peggio degli altri la  Lori Foster 

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morte dei genitori. Era comunque il tipo di donna che lui aveva sempre evitato come la peste. Il tipo che si aspetta di essere coccolata e accudita di continuo e che non sa nulla della vita reale. Ma, del resto, nemmeno Wade era quel che si dice un fulgido esempio di maturità... «Sei sicuro che è questo che vuoi, Wade?» gli chiese. «Ti ricordo che siamo ancora in tempo per portare la cosa in tribunale.» «Non c'è modo di indurre Cliff a ritirare la denuncia. Oltretutto non ho la minima idea di quali prove creda di avere in mano, quindi non saprei come muovermi. Kelsey mi ha detto che lui sostiene di avere delle prove schiaccianti, e mi chiedo a cosa diavolo si riferisca e come cavolo le abbia fabbricate.» Se Wade aveva fretta, Dillon invece voleva andar ci piano. Voleva scoprire quali prove Cliff avesse in mente di usare contro suo fratello. A quanto pareva, quell'uomo stava investigando su Wade da tempo, e se non fosse stato per Kelsey loro non ne avrebbero saputo niente se non quando fosse stato troppo tardi. Ancora non c'era stata nessuna denuncia legale, ma Cliff aveva sospeso Wade dalla sua carica, senza stipendio, finché non avesse finito di raccogliere le prove, e il tempo correva. Comunque Cliff era un uomo di potere e Dillon doveva investigare su quella faccenda con molta attenzione e discrezione, dato che nessuno lo aveva autorizzato a farlo. Doveva ficcare il naso in una serie di file e documenti che non aveva nessun diritto di esaminare cercando nel frattempo di non finire in galera, e per fare questo aveva bisogno di Virginia. Non aveva nessuna intenzione di ferirla, ma sarebbe necessariamente stata il suo agnello sacrificale. Nonostante conoscesse già la risposta non poté fare a meno di chiedere a Wade: «Sei sicuro che Cliff  non cambierebbe idea se sapesse che Kelsey aspetta un bambino?». «Stai scherzando? Probabilmente eviterebbe di denunciarmi, ma mi offrirebbe dei soldi per sparire. Pensa che Kelsey sia troppo giovane per  sposarsi.» «Be'» disse Dillon, «non ha tutti i torti. Kelsey ha solo ventidue anni, e tu pochi di più. Il matrimonio non è una cosa da prendere alla leggera, fratellino.» Wade strinse i pugni. «Kelsey aspetta un bambino, Dillon. Come potrei lasciarla proprio adesso? So per esperienza personale che una donna costretta ad allevare un figlio da sola non ha una vita facile. I bambini  Lori Foster 

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hanno bisogno di un padre e Kelsey ha bisogno di un marito.» «Capisco.» Dillon avrebbe voluto che avessero mostrato entrambi un po'  più di responsabilità, prima di tutto non mettendosi in quella situazione, ma ormai era inutile discuterne. Wade riprese a camminare avanti e indietro. «Non è che Kelsey sia una  bambina, ma è l'unica famiglia che Cliff ha ed è molto protettivo con lei. Io non sono certo un partito da mandare in visibilio un probabile cognato, tantomeno Cliff Johnson, ma voglio avere la possibilità di provarci.» Dillon fece un verso di disgusto. Detestava sentire Wade piangere sulla sua infanzia sfortunata. Se lui e sua madre non erano stati ricchi, lui e suo   padre non avevano certo vissuto nel lusso, rifletté. Ma, se non altro, avevano vissuto una vita... avventurosa, si disse subito dopo. «Cliff ha anche Virginia» ricordò al fratello. «Bel vantaggio!» commentò lui. «Una sorella come quella è meglio non averla. È una prepotente, vuole comandare tutti a bacchetta e ha un carattere perfido. Dopo la morte dei genitori ha preso a spadroneggiare e lui la detesta.» Dillon era convinto che Virginia avesse preso in mano la situazione  perché Cliff non era in grado di farlo e Kelsey a quel tempo era poco più che una bambina. «Se Virginia per lui conta così poco, come mai si  preoccupa tanto di chi frequenta?» Wade si strinse nelle spalle. «In effetti dovrebbe essere contento, se qualcuno lo liberasse da lei. Probabilmente teme che possano sposarla per i suoi soldi, che per la maggior parte sono costituiti da azioni della compagnia, e di perdere così quel poco potere che ha.» Dillon si alzò a sua volta. Aveva bisogno di restare solo per fare il punto della situazione. Non poteva permettersi di essere protettivo con Virginia, di provare dei sentimenti nei suoi confronti. Doveva restare lucido e freddo   perché aveva un lavoro da fare, quindi non doveva assolutamente coinvolgersi da un punto di vista emotivo. «Vai a casa adesso, Wade» gli disse. «Ho bisogno di dormire, e comunque non è saggio che tu ti fermi qui a lungo. Se qualcuno dovesse scoprire anche solo che ci vediamo in privato, tutto il piano salterebbe.» «Lo so. Mi dispiace Dillon, ma non potevo aspettare.» «D'ora in poi dovrai armarti di pazienza» ribatté lui asciutto. «Non devi  più venire qui, capito? Mi metterò in contatto io non appena avrò scoperto qualcosa.» sperava così di calmarlo.  Lori Foster 

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Riluttante, Wade si avviò alla porta. «Okay» convenne dalla soglia. «Non occorre che ti dica quanto apprezzi tutto questo. Non avrei saputo a chi altri rivolgermi. L'unico avvocato con cui ho parlato non mi è stato per  niente utile, e comunque so che Cliff non si accontenterebbe di licenziarmi e basta. Si è messo in mente di rovinarmi, e io e Kelsey non sappiamo cosa fare. Contro di lui io non ho una sola possibilità. Cliff può avere i migliori avvocati, gente che può farmi a pezzi senza tante storie. Finirò in prigione e lei si ritroverà sola col bambino. Cliff le renderà la vita impossibile, ne sono certo, e...» «Basta, Wade» lo interruppe Dillon. I melodrammi gli davano la nausea, accidenti! Invece di fare il commercialista, Wade avrebbe dovuto darsi al teatro! «Ti ho detto che ti tirerò fuori da questo pasticcio e lo farò.» Wade annuì, gli fece un mezzo sorriso e se ne andò. Dillon chiuse la porta a chiave e spense le luci. Finalmente solo coi suoi  pensieri, si chiese se stesse facendo la cosa giusta. Forse avrebbe fatto meglio a cercare di tirar su abbastanza denaro per pagare un buon avvocato. Non il genere di avvocato cui si era rivolto all'inizio suo fratello, ma uno di quegli squali da tribunale in grado di competere con quelli di cui si sarebbe servito Cliff. Avrebbe potuto vendere la proprietà che aveva in Messico, ma poi avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo e ormai aveva ricominciato da zero già troppe volte. E c'erano delle altre priorità da considerare. Suo padre non era più giovane e la vita che aveva condotto alla lunga gli aveva causato alcuni  problemi di salute. Se Virginia fosse stata una donna come tutte le altre la faccenda sarebbe stata più semplice, ma era un tipo molto particolare, quasi unico, una vera spina nel fianco. Non aveva mai conosciuto una donna come lei... Si infilò sotto le coperte e intrecciò le mani dietro la testa. Era buio e faceva freddo, e sui vetri della finestra il ghiaccio faceva sì che la luce della luna disegnasse una specie di magico pizzo sulla parete. Si chiese come avrebbe reagito Virginia se avesse scoperto che il suo unico interesse nei suoi confronti riguardava i suoi file, e che la sua ventiduenne sorellina era incinta dell'uomo che era stato accusato di aver  sottratto un mucchio di denaro alla società e voleva sposarlo. E che quell'uomo era il suo fratellastro. Ma soprattutto si chiese come avrebbe reagito se avesse scoperto che non era l'imbranato che supponeva lui fosse. Ne avrebbe sofferto? Si  Lori Foster 

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sarebbe sentita ferita? Probabilmente, in qualunque modo avesse reagito non sarebbe stato come lui si aspettava. Perché era diversa da tutte le altre donne e di certo non gli avrebbe reso le cose facili.

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Capitolo 3 Dillon si trovava nell'ufficio di Cliff, quando due giorni dopo Virginia vi entrò. La schiena appoggiata casualmente alla sedia, le gambe allungate davanti a sé, in un attimo le fece dimenticare la ragione per cui era andata dal fratello. Notò come i jeans gli aderivano addosso sottolineandogli il sesso, come la camicia gli evidenziava le spalle ampie, che teneva entrambe le mani intrecciate sul ventre piatto, che aveva i capelli così lunghi che sfioravano il colletto sbottonato della camicia e che aveva le maniche arrotolate sulle braccia muscolose. Quando i loro sguardi si incontrarono, provò un leggero brivido. Dillon aveva un'aria completamente rilassata, ma i suoi occhi erano all'erta. Le  piaceva molto che avesse quell'aria sicura di sé e un po' arrogante, nei confronti di suo fratello. Trovava la cosa particolarmente sexy, e il suo cuore prese a battere più forte. Guardò Cliff seduto dietro la massiccia scrivania e gli chiese: «Cosa ci fa lui qui? Sono per caso sorti dei problemi?». Cliff la guardò infastidito. «È il capo della mia sicurezza. Perché non dovrebbe essere qui?» Lei si avvicinò alla scrivania cercando di ignorare lo sguardo di Dillon, che sentiva su di sé in modo concreto. Si appoggiò con le mani al ripiano e chiese a Cliff: «Stiamo prendendo qualche decisione o decidendo qualche cambiamento, per caso? È per questo che il signor Jones si trova qui?». «Accidenti, Virginia! Non devi per caso andare in palestra o seguire il tuo corso per dimagrire?» ribatté lui. Lei se ne sentì ferita. Il suo peso era sempre stato un problema, per lei, ma non era certo qualcosa che voleva discutere in presenza di Dillon. Di solito risolveva la faccenda vestendosi con degli indumenti che non sottolineassero i suoi punti critici, e la tunica di lana leggera che quella mattina indossava sui pantaloni faceva meraviglie. Almeno, così aveva creduto. All'improvviso era diventata dolorosamente consapevole dei suoi fianchi troppo larghi, del suo punto vita non certo da vespa, della rotondità del suo ventre e delle sue cosce, e avrebbe voluto essere lontana mille miglia dagli occhi di entrambi. Sospirò appena. I colpi bassi erano una specialità di Cliff, e ormai  Lori Foster 

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avrebbe dovuto essere insensibile alle sue sparate maligne. Non osò guardare Dillon. Non voleva sapere cosa pensasse del commento di suo fratello, cosa pensasse di lei. «Sono una donna molto impegnata, Cliff» gli disse, «ma ho sempre il tempo di venire a vedere cosa stai combinando.» Lui sembrò sul punto di esplodere, ma si limitò a dare una rapida occhiata a Dillon e poi alzò gli occhi al cielo. Virginia si irrigidì. Litigare con Cliff era diventato uno sport quasi quotidiano, sia sul piano del lavoro sia su quello personale. «Ricordi, vero, che ogni decisione prima di tutto deve passare al mio vaglio?» gli rimarcò. «E come posso dimenticarlo, dal momento che non fai che sbattermelo continuamente in faccia?» «Allora?» lo sollecitò lei prendendo il plico che stava davanti a lui per  sfogliarlo. Dopo qualche secondo disse: «Ah, il progetto Eastland». Ignorò la sorpresa di Cliff. Ormai suo fratello avrebbe dovuto sapere che non esisteva aspetto dei loro affari di cui lei non fosse al corrente. La compagnia era la sua vita, il solo ambito in cui sapesse muoversi davvero   bene, e non avrebbe mai permesso che qualcosa che la riguardava sfuggisse al suo controllo. L'idea di espandersi acquistando dei negozi per la vendita al minuto nell'Eastland le piaceva. Una volta costruita la nuova autostrada, la zona commerciale sarebbe rifiorita. Occorrevano solo del tempo e il denaro da investire, e la società li aveva entrambi. Un'espansione avrebbe portato loro nuova linfa vitale in quella zona, e attirato nuovi dettaglianti. «Mi sembra un buon progetto» aggiunse. «Mandamene alcune copie in ufficio e ti farò sapere cosa ne penso.» Cliff ribatté a denti stretti: «È stato calcolato tutto. È già stato testato e approvato persino il personale della sicurezza, ed entro oggi avrò stilato l'accordo di acquisto». «No» disse lei. «Prima voglio studiare bene i costi dell'operazione. Non c'è nessuna fretta. Ci vuole del tempo per...» Cliff si alzò di scatto. Era rosso in viso e teneva i pugni stretti lungo i fianchi. «Virginia, stai tirando troppo la corda!» sibilò, poi si rivolse a Dillon e gli ordinò: «Ti aspetto nella sala riunioni tra dieci minuti!». Subito dopo se ne andò, e nel silenzio che seguì Virginia rimase a guardare la porta a bocca aperta. Non era da Cliff perdere a quel modo la  Lori Foster 

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calma di fronte a dei dipendenti... Senza volerlo, guardò Dillon. Non si era mosso di un centimetro, non sembrava per niente turbato dalla spropositata reazione di Cliff e il suo sguardo era imperscrutabile. Gli fece un mezzo sorriso: per qualche strana, stupida ragione, era sulla difensiva. Il fatto che qualcun altro sapesse che suo fratello la trattava in quel modo era avvilente quanto lo era stato l'essere chiamata cicciona alle elementari. «Sembra proprio che oggi abbia toccato i tasti sbagliati» disse con un tono casuale, per salvare la faccia. «O quelli giusti» ribatté Dillon. «Che intendi dire?» «Perché lo provochi a quel modo, Virginia?» chiese ancora lui. Lei si avviò alla porta. Discutere le faccende di famiglia coi dipendenti,   per quanto attraenti fossero, non era sua abitudine, ma si ritrovò a rispondere: «Ho il diritto di sapere cosa succede in questa compagnia quanto lui. Se non di più». Si voltò, e si accorse che Dillon era a pochi centimetri da lei. Trattenne il respiro, fece un passo indietro e andò a sbattere contro la porta. Non si era accorta che lui l'aveva seguita... Dillon fece un passo avanti fissandola negli occhi. Le fece un carezza su una guancia e le sussurrò: «Ci sono dei modi più gentili, per una donna,  per ottenere ciò che vuole. Soprattutto da suo fratello». Per un attimo Virginia rimase paralizzata dal contatto della sua mano: si era subito sentita stranamente eccitata. Scosse la testa. «Secondo te dovrei andare a forza di sorrisetti e sbattimenti di ciglia, per placare Cliff? Non sono atteggiamenti che fanno parte di me, Dillon, e pensavo che lo avessi capito.» «Pensi che troverai del tempo per me, questa settimana?» le chiese lui. «Cos'è? Hai fretta?» ribatté lei brusca, ancora irritata dal comportamento di Cliff. «No, sono semplicemente un po'... ansioso.» Virginia si sollevò sulle punte dei piedi e gli diede un bacio lieve sul collo. «Purtroppo venerdì ho un meeting importante, ma posso prendermi tutto il giovedì.» «A che ora, allora?» «All'ora che vuoi.» «Molto presto, così avremo tutta la giornata per stare insieme. Questa  Lori Foster 

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attesa mi sta uccidendo.» le confessò ansioso lui. Dopo la staffilata di Cliff sul suo peso, l'evidente desiderio di Dillon fu  per Virginia come un balsamo benefico. Gli porse le labbra, e lui la baciò accarezzandole sensualmente la schiena e i fianchi. Ma con le parole di suo fratello che ancora le echeggiavano nella mente, lei si sentì a disagio e si staccò in fretta da lui. Dillon la guardò interrogativamente, lei distolse lo sguardo per non arrossire. Gli uomini che erano entrati nella sua vita erano stati sempre molto discreti, non avevano mai azzardato dei gesti affettuosi in pieno giorno come stava facendo Dillon. In trent'anni di vita lei aveva avuto due amanti, e con entrambi aveva fatto del sesso soltanto di notte e sotto le coperte, cosa che le era andata più che bene. Aveva fatto con loro del sesso soddisfacente, sicuro e, tutto sommato, prevedibile; e anche se non era mai stato spettacoloso, fra le loro braccia era stata bene e si era sentita felice come mai in altre situazioni. Si augurò che anche Dillon si adattasse a quella routine, che non si aspettasse da lei delle prestazioni troppo... fantasiose. «Non mi sembra che questo sia il posto migliore per avere un approccio, non credi?» gli fece notare. «No, non lo è» convenne Dillon. «Scusami.» aggiunse continuando a guardarla. Lei sospirò. «Dal momento che tieni particolarmente alle apparenze ci  potremmo incontrare al parcheggio della zona commerciale vicino a casa mia, così nessuno ci vedrà partire.» «Ti va bene alle sei?» «Del mattino?» «Sì. Così avremo più tempo per stare insieme.» «Okay» annuì Virginia. «Dove vorresti andare?» Dillon esitò, le accarezzò di nuovo la guancia e rispose: «Sarà una sorpresa». Lei lo guardò divertita. «Come mai eri venuta da Cliff? Era qualcosa di importante?» «Oddio, me n'ero dimenticata! La mia macchina ha qualcosa che non va e volevo chiedergli di prestarmi la sua.» «Non c'è problema» disse Dillon prendendo dalla tasca un mazzo di chiavi. «Prendi quella della ditta che di solito uso io. È nel garage, al piano  Lori Foster 

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terra. Cos'ha la tua che non va? Se vuoi posso darle un'occhiata.» Virginia prese le chiavi. «I freni non funzionano più. Stavo per uscire dal parcheggio sotterraneo, quando mi sono ricordata che avevo dimenticato delle carte sulla mia scrivania e ho frenato. Il pedale ha funzionato a vuoto. Per fortuna stavo andando molto piano. Mi sono fermata perché ho puntato contro il guardrail. Non voglio pensare a cosa sarebbe potuto succedere se avessi percorso tutta la rampa e mi fossi immessa nel traffico...»   Nella guancia di Dillon prese a tremare un nervo. «Voglio darle un'occhiata.» «Controllare la mia macchina non fa parte delle tue mansioni, Dillon» ribatté lei, poi gli sorrise e aggiunse: «È un peccato che venerdì abbia da fare. Avremmo avuto più tempo per stare insieme». Lui sorrise distrattamente e le aprì la porta, come se all'improvviso avesse fretta di andarsene. «Ci vediamo giovedì, allora» le disse. Virginia annuì lentamente. Dillon era un uomo strano, decise, ma l'idea che giovedì avrebbe passato tutta la giornata, e forse anche la notte, con lui l'allettava moltissimo. «Non parlarmi mai più come se fossi un lacchè.» Cliff si girò e sbarrò gli occhi. Dillon chiuse lentamente la porta dietro di sé e gli si avvicinò. Non era veramente arrabbiato con Cliff per come lo aveva trattato poco prima, ma aveva bisogno di sfogarsi. Non era riuscito a dare un'occhiata alla macchina di Virginia perché era già stata portata via, ma aveva comunque avuto conferma dei suoi sospetti. Qualcuno aveva manomesso i freni, perché sull'asfalto, dove la macchina era rimasta ferma in attesa del carro attrezzi, c'era una piccola pozza della sostanza rossastra che costituiva il fluido dei freni. «Di cosa stai parlando?» gli chiese Cliff. Dillon appoggiò le mani sul ripiano della scrivania e si sporse verso di lui con fare imperioso «Del fatto di usare quel tono con me. Se vuoi darmi un appuntamento ti basta dirlo, non è necessario abbaiare.» «Senti, io...» «Io sono un ottimo elemento, Cliff. Sono un professionista di tutto rispetto che fa bene il suo lavoro. Ho migliorato la qualità del tuo sistema di sicurezza. Non ho bisogno di questo particolare lavoro e non mi piace che si usino con me certi toni, hai capito?» Dillon ci stava dando dentro, ma sembrava che ogni volta che lo  Lori Foster 

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affrontava poi Cliff lo rispettasse di più. Al contrario di Virginia. Era davvero un professionista eccellente, forse il migliore sulla piazza. Era stato suo padre a insegnargli i trucchi del mestiere, sia legali sia illegali, il che faceva di lui un elemento unico. Cliff aveva bisogno di lui, soprattutto con Virginia che gli soffiava sul collo. D'altra parte, adesso che si era convinto che lei era in pericolo, forse avrebbe fatto meglio ad andarci piano, con Cliff. Virginia aveva finalmente deciso di concedergli un po' di intimità, ed era possibile che se fosse riuscito a ottenere da lei le informazioni che gli servivano sarebbe riuscito a chiudere presto il caso. Di sicuro Virginia sapeva in cosa consistessero le prove che Cliff sbandierava di avere, e poteva solo sperare che lei gliene parlasse. Si augurava con tutto il cuore che sarebbe stato davvero così semplice.  Non ne poteva più di far la parte del dipendente modello. Aveva sempre  preferito lavorare da solo, accettare degli incarichi a breve termine e poi  passare il suo tempo libero tra l'uno e l'altro in Messico, con suo padre, i suoi cavalli e la sua terra. Si disse che una volta stabilita una relazione con Virginia avrebbe potuto lasciare la compagnia. Come libero professionista lei lo avrebbe di certo trovato sicuramente più interessante e non avrebbe avuto nessuna ragione di pensare che la stesse usando. Scosse la testa. Non gli piaceva per niente il calore che gli scaldava le vene quando considerava il fatto di piacerle. Quello che Virginia Johnson   pensava o avrebbe pensato non aveva importanza. E non ne aveva nemmeno il fatto che i suoi occhi dai riflessi dorati fossero o meno annebbiati dal desiderio. Niente di tutto questo importava. Niente di tutto questo avrebbe dovuto importare... Il sospiro sonoro di Cliff lo riportò al presente. «Hai ragione, Dillon» gli disse. «Non c'era motivo che ti trattassi a quel modo, ma Virginia riesce a irritarmi come nessun altro. È così arrogante, così... ho già abbastanza  problemi senza che lei me ne crei degli altri, maledizione!» Dillon si raddrizzò lentamente. «Di che si tratta? Forse posso darti una mano.» «Si tratta di una situazione che si è venuta a creare prima che ti assumessi.» «E qual è esattamente il problema?» «Un nostro dipendente ha usato la sua posizione nell'amministrazione  Lori Foster 

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 per sottrarci dei soldi. Si è appropriato ogni volta di piccole somme, per  cui non ce ne siamo accorti subito. Ho capito subito di chi si trattava e l'ho licenziato. Fino a questo momento non ho potuto accusarlo ufficialmente  perché non avevo delle prove precise e il raccoglierle ha preso più tempo di quanto non pensassi. Sai bene quanto può essere difficile rintracciare dei numeri, ma adesso credo proprio che riuscirò a inchiodarlo. Ormai è una questione di giorni.» «Che tipo di prove hai in mano?» gli chiese Dillon cercando di controllare sia il tono di voce, sia l'impulso di dargli un pugno sulla bocca. «Scusami, ma i miei avvocati mi hanno proibito di parlarne. Ti basti sapere che quando andremo in tribunale vinceremo.» Cliff chiese con l'interfono a Laura di portare loro del caffè, radunò alcuni fogli sul ripiano e si rivolse di nuovo a Dillon. «Tra poco ho una riunione, ma prima voglio parlare con te della nostra espansione nel centro commerciale.» Dillon si chiese se fosse stato lui a manomettere i freni della macchina della sorella e pensò subito che era possibilissimo. «Okay» gli disse. «Sono tutto orecchi.» Era convinto che quell'operazione nel centro commerciale sarebbe stata solo uno spreco di denaro. Finché quella zona non fosse stata risanata sarebbe stato meglio che i soldi della compagnia venissero investiti per rimodernare i punti vendita già esistenti, ma nonostante Virginia glielo avesse detto e ridetto, lui non sembrava volerlo capire. «Prima però ti voglio parlare di una cosa che riguarda mia sorella» gli rivelò Cliff. Dillon si voltò verso la finestra, che si trovava al quarto piano del   palazzo. Sotto di loro scorreva il traffico cittadino, producendo smog e rumore. Ai lati della strada era stata ammucchiata la neve dei giorni  precedenti, ormai annerita dagli scappamenti. Cosa sarebbe successo se Virginia si fosse immessa senza freni in quel traffico? Detestava stare a Delaport City. Avrebbe voluto essere a casa, ad ascoltare suo padre che gli raccontava le sue vecchie avventure. Quella che stava vivendo lì non era un'avventura, ma un grosso errore. «Di tua sorella?» ripeté voltandosi di nuovo verso Cliff. «Ehm, sì... Ho letto nel tuo file che ti occupi anche di investigazioni, e così...» «Mi occupo di un sacco di cose, oltre alla sorveglianza» annuì lui.  Lori Foster 

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Il suo curriculum era molto accurato, in caso Cliff si fosse preso la briga di controllarlo, ma dubitava che quello smidollato lo avrebbe mai fatto. Era sicuro che invece lo avrebbe fatto Virginia, per cui aveva inserito i nomi delle poche compagnie per le quali aveva lavorato quando aveva avuto bisogno di soldi. «Virginia ha insistito per controllare le tue referenze» gli disse infatti Cliff, «e ne è rimasta impressionata, ma il fatto che non sei mai rimasto a lungo nella stessa compagnia l'ha lasciata perplessa. Te ne ha mai accennato?» «No. A parte dei brevi scambi di parole, io e lei non abbiamo  praticamente mai parlato.» «Fantastico! Quindi non sospetterà di te.» «Sospettare di me? In che senso? Cosa vuoi che faccia, Cliff?» «Voglio che tu la spii. Virginia si vede di nascosto con qualcuno, e Dio solo sa di cosa è capace quella donna.» Dillon strinse i denti. Virginia era capace di scoraggiare qualsiasi avance, di vivere del tutto isolata con la propria lingua tagliente e la  propria arroganza, ma anche di eccitarlo come mai si sarebbe aspettato. Era stata anche capace di crearsi un nemico che stava cercando di farle del male? «Che intendi dire che si vede con qualcuno?» «L'altra sera, al party, l'ho sorpresa che sgattaiolava in cucina dopo essere stata fuori.» «A essere sincero non riesco a immaginare Virginia che sgattaiola.» «Hai ragione. Diciamo che l'ho sorpresa mentre rientrava nella cucina, se preferisci, dopo essere stata fuori a cospirare contro di me.» «A cospirare contro di te? Scusa, ma non poteva semplicemente aver  incontrato un amante?» «È quello che mi ha detto lei» annuì Cliff con un sorriso. «Ma guarda!» aggiunse poi scuotendo la testa divertito. «Tu e lei avete lo stesso senso dell'umorismo!» La porta si aprì e Laura Neil entrò con un vassoio. Dillon si chiese se per  caso non avesse origliato alla porta, ma si disse che comunque la cosa non avrebbe avuto importanza. Notò che guardava Cliff con uno sguardo adorante, mentre si era limitata a fare a lui un cenno con la testa. Dopo aver servito loro il caffè chiese se desideravano qualcos'altro, Cliff  rispose di no senza guardarla, la congedò e Dillon provò un senso di pena  Lori Foster 

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 per lei. Che fosse terribilmente infatuata di Cliff era evidente, ed era altrettanto evidente che Cliff si limitava a usare la propria posizione per approfittarsi di lei: la qual cosa costituì per lui un motivo in più per disprezzarlo. Dopo che Laura se ne fu andata sorseggiò il suo caffè, in attesa, e dopo  pochi minuti Cliff esplose. «Allora? Cos'hai deciso?» «Riguardo a cosa? Non mi pare che tu mi abbia chiesto niente.» «Riguardo al fatto di scoprire cosa sta combinando Virginia, con chi si vede!» «Quanto ci guadagnerei?» «Un bonus di cinquemila dollari. Che se scoprissi qualcosa di concreto verrebbe raddoppiato.» L'ironia della cosa divertì Dillon. Cliff che lo pagava per spiare se stesso! Ma quel piccolo bastardo intendeva spiare anche sua sorella, e i suoi sospetti crebbero ancora di più. No, decisamente non aveva nessuna fiducia, in quell'uomo... Annuì, e Cliff sorrise soddisfatto. Non poteva che accettare, si disse Dillon, altrimenti quel bastardo avrebbe assunto qualcun altro e lui e Virginia sarebbero stati nei guai. «Hai un'idea di chi possa essere?» «Certamente qualcuno che pensa di trarre da lei dei vantaggi. Qualcuno che lavora all'interno della compagnia, probabilmente» rispose Cliff. «Niente di più preciso?» «Si tratta di certo di un tipo con una personalità debole, senza spina dorsale. Sai com'è Virginia, no? Non si metterebbe mai con uno come te, in grado di tenerle testa e non farsi manipolare. Lei esige sempre la massima obbedienza, non accetterebbe mai qualcuno in grado di sfidarla.» «Quindi è uno smidollato, che devo cercare?» gli chiese divertito Dillon. «Esatto. Ma che nel contempo può esserle utile. Magari per via di certi collegamenti.» «Sei sicuro che non abbia semplicemente una relazione della quale non vuole metterti al corrente?» «Sicurissimo. E poi gli uomini si interessano a lei per una sola ragione: usarla. Anche se va dicendo che non si sposerà mai, devo proteggerla dai   profittatori. Virginia è troppo acida e sgradevole per suscitare un sentimento genuino in qualcuno, e non potrebbe che uscirne ferita. Senza contare che la cosa potrebbe avere delle ripercussioni dannose sulla  Lori Foster 

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compagnia.» Dillon si alzò. «Okay, mi darò da fare in questo senso. A proposito, Virginia oggi ha avuto dei problemi coi freni della sua macchina» disse a Cliff guardandolo dritto negli occhi. «Ah, sì?» «Le ho prestato la mia.» continuò Dillon. «Bene» commentò distratto Cliff finendo di radunare i suoi appunti per  l'imminente meeting. «Sei stato molto gentile.» Dillon strinse i denti. Cliff non aveva avuto la reazione che si era aspettato. Andò alla porta, e mentre usciva disse senza voltarsi: «Mi prendo il resto della giornata libera. Ci sentiamo». Cliff si limitò ad annuire, ma Dillon aveva già richiuso la porta.

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Capitolo 4 Virginia aveva appena riattaccato il telefono quando qualcuno grattò leggermente alla sua porta. Sollevò gli occhi, frustrata per come era andata la giornata. Prima i problemi con la macchina, poi lo scontro con Cliff e alla fine il meeting che non era andato per niente bene. Decisamente quella non era stata la sua giornata, ed era stanca. Un  bagno caldo e una buona dormita a quel punto sembravano la solo cura. «Avanti.» Dillon mise dentro la testa. «Stai per andare a casa?» Come sempre, uno sguardo in quegli occhi scuri fu sufficiente a scaldarle le vene. Ormai non aspettava altro che di passare la sua giornata libera con lui. «Stavo giusto per chiamare un taxi. Cosa è successo?» L'idea di doversi eventualmente fermare ancora in ufficio non le andava  per niente, ma per Dillon avrebbe fatto un'eccezione. Passare del tempo con lui non sarebbe stato certo un sacrificio. Lui entrò e richiuse la porta. Era accigliato, e lei sospirò. «Mio fratello ti ha chiesto di parlarmi del suo progetto nella zona commerciale?» «Parlare di affari con Cliff non rientra nelle mie mansioni.» Lei sorrise. «Sono stanca. È stata una giornata pessima.» «Sono venuto per darti un passaggio.» «Farmi da autista rientra invece nelle tue mansioni?» «Perché no? Come capo della sicurezza ho anche il compito di controllare che tu arrivi a casa sana e salva.» Virginia non poté fare a meno di sorridere. «Mi sembra un po' tirata per i capelli, Dillon.» «Non del tutto.» Dillon le si avvicinò, lo sguardo imperscrutabile. «Ho ragione di credere che i tuoi freni siano stati manomessi» le disse. Lei rifletté un attimo, poi si alzò e prese il cappotto dall'attaccapanni. Prima che potesse infilarlo, lui la raggiunse e le mise le mani sulle spalle. «Sto parlando seriamente, Virginia.» «È un'ipotesi ridicola» ribatté lei voltandosi. «Devono essere stati dei teppistelli che hanno preso il nostro parcheggio come campo delle loro azioni. Dovremo mettere un paio di uomini della sicurezza di guardia.» Dillon le fece una carezza su una guancia. «Forse non sono stati dei  Lori Foster 

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teppisti, Virginia. Forse qualcuno ha manomesso i freni della tua macchina deliberatamente.» «Vuoi dire che ho un nemico?» Pur vedendo quanto Dillon era   preoccupato, lei non riusciva a prendere seriamente quella faccenda. «Forse stai lavorando troppo, Dillon. Probabilmente ha più bisogno di me di staccare un paio di giorni.» Lui fece un respiro profondo e ribatté: «Okay, ma permettimi di accompagnarti a casa». «Sono una ragazza grande, Dillon. Non ho bisogno di una balia.» Lui sorrise, e quel sorriso era così smagliante che lei si sentì le ginocchia molli. La baciò, e Virginia dimenticò che si trovavano nel bel mezzo del suo ufficio dove chiunque sarebbe potuto entrare in qualsiasi momento. Poco dopo Dillon si staccò da lei solo quel tanto che gli consentiva di  parlare, le disse con voce roca: «Lo so. Fin troppo bene» e la baciò di nuovo. Fu un bacio veloce e appassionato, e alla fine lui fece un passo indietro e le chiese: «Cosa ti ha detto il meccanico?». Virginia ebbe qualche difficoltà a riprendere il controllo. Quell'uomo era una vera tentazione, e lei era stanca di resistergli. «Non gli ho ancora  parlato. Non potrà darle un'occhiata prima di domani mattina.» «Allora potresti farmi il grande favore di essere molto prudente, fino a domani?» Lei stava per ribattere, se non altro per riaffermare la propria indipendenza. Aveva sempre dovuto combattere così duramente per  affermare se stessa che ormai non sapeva più quando era il caso di smetterla. In realtà l'idea che lui l'accompagnasse a casa le piaceva. Forse una volta là avrebbe smesso di preoccuparsi delle apparenze, sarebbe entrato e avrebbe fatto l'amore con lei tutta la notte, pensò; e alla sola idea si sentì invadere da un'ondata di calore. «D'accordo» gli disse, e prima di annuire Dillon la fissò in silenzio negli occhi per alcuni lunghi secondi. Poi le prese di mano il cappotto, l'aiutò a infilarlo, aprì la porta e si scostò per farla passare. Dillon non aveva voglia di indagare troppo profondamente sulla sua soddisfazione. Che Virginia avesse acconsentito al suo desiderio lo faceva sentire come un conquistatore, una cosa che non gli era successa molto spesso e che sentiva non gli sarebbe accaduta di nuovo molto presto. Lei  Lori Foster 

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adesso era tranquilla. Troppo tranquilla, e lui si stava chiedendo se per  caso non si fosse pentita di aver avuto quel momento di debolezza. Per lui la prudenza non era certo una debolezza, ma di sicuro lo era per Virginia. «Prendi la prossima a sinistra.» Dillon ricordò a se stesso che lei pensava che non sapesse dove viveva e stette ben attento ad aspettare le sue indicazioni per arrivare al suo indirizzo. In realtà, non appena era stato assunto si era peritato di fare un controllo completo su di lei. Quando dopo aver imboccato il suo vialetto si fermò davanti alla sua casa e lei fece per aprire la portiera, lui girò in fretta intorno alla macchina, l'aiutò a scendere. Rimasero a guardarsi negli occhi in silenzio nella luce della luna per  alcuni secondi, Dillon si accorse di desiderarla pazzamente. Si detestava per questo, ma la desiderava. Il ferreo controllo che aveva di solito su se stesso sembrava svanire quando si trattava di quella donna, ed era una cosa senza senso, dal momento che lei non gli piaceva affatto. «Vuoi entrare?» gli chiese. Dillon esitò. Non bisognava certo essere dei geni per capire come sarebbero andate le cose se avesse accettato, e al solo pensiero si eccitò fisicamente. Ma fare l'amore con lei quella sera non sarebbe stato intelligente. Cercò freneticamente una scusa plausibile per rifiutare, ma  prima che potesse parlare vide una tenda muoversi dietro una finestra e si irrigidì. «Hai un cane o un gatto, in casa?» le chiese. «No. Cosa diavolo...» «Ssh» fece lui. «C'è qualcuno, in casa tua.» «Cosa?» «Dammi la chiave.» Virginia obbedì, ma quando Dillon le disse di tornare in macchina si rifiutò, e quando lui si avviò lentamente verso l'ingresso lo seguì. «Accidenti» le sussurrò lui fermandosi. «Vai in macchina, maledizione.» «È casa mia» rispose lei decisa. Lui la prese per le spalle e la scosse. «Questo non è un gioco, Virginia! Per una volta vuoi...» Un attimo dopo sentirono sbattere la porta sul retro nel silenzio della notte. «Stai giù!» le ordinò Dillon prendendo a correre in quella direzione. Come arrivò sul retro della casa capì che l'intruso era in salvo. Il prato  Lori Foster 

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era circondato da un bosco le cui ombre scure lo avevano inghiottito. Imprecò e imprecò di nuovo quando Virginia gli toccò la spalla e per poco, colto di sorpresa, non la colpì. Senza una parola, sapeva che lei non avrebbe accettato un ordine nemmeno se ne fosse dipesa la propria vita, la prese per un braccio e la guidò verso gli scalini che conducevano alla porta di servizio, tenendosi su un lato del sentiero per non cancellare le eventuali impronte lasciate dallo sconosciuto. Una volta entrati trovò due interruttori accanto alla porta. Uno serviva a illuminare la cucina, l'altro l'esterno. Diede un'occhiata in giro, ma non  percepì nessun movimento. «Chiama la polizia» disse a Virginia. «A che servirebbe? Chiunque fosse ormai è lontano.» «Può darsi che non fosse solo» ribatté lui. «Chiama la polizia.» Attese che lei sollevasse la cornetta e si inoltrò con circospezione nel corridoio accendendo via via le luci. Ispezionò tutte le stanze del  pianterreno, poi salì silenziosamente le scale ricoperte da una guida, e quando Virginia lo chiamò dal pianerottolo aveva ispezionato anche le camere del primo piano. «Va tutto bene» le rispose lui dall'ultima camera da letto. «La polizia sta arrivando. Ha detto di farti restare in cucina, che non devi cercare di fare l'eroe» gli disse lei fermandosi sulla soglia. «È il mio lavoro» ribatté Dillon. «Fare l'eroe?» Dillon sorrise. Lo stava prendendo in giro. Si guardò intorno, capì che quella era la sua camera da letto e commentò: «La tua stanza è una vera sorpresa». «Che intendi dire?» Lui uscì nel corridoio e stringendosi nelle spalle rispose: «Che è più femminile di quanto mi aspettassi. Alludo alle tende di pizzo e ai cuscini coi nastri». Sembrò che lei non sapesse cosa dire, e cambiò argomento. «Che ne dici di un po' di caffè? Sono sicuro che i poliziotti lo apprezzeranno, in una notte fredda come questa.» Un attimo dopo delle sirene annunciarono l'arrivo degli agenti. Con loro grande sorpresa, tranne che per Dillon, accertarono che nella casa non mancava nulla, e classificarono l'intrusione come una semplice effrazione. Mentre più tardi bevevano tutti insieme il caffè nel soggiorno, un  Lori Foster 

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giovane ufficiale disse a Virginia: «Con una casa come questa, signora, doveva aspettarsi che prima o poi qualcuno tentasse un furto». «Sono entrati dalla porta della cucina» le disse un poliziotto altrettanto giovane. «Ma come hanno fatto?» chiese irritata lei. «Era sicuramente chiusa a chiave.» «Hanno forzato la serratura. Lasci le luci accese, questa notte» rispose l'ufficiale. «E se vuole un consiglio, domani stesso faccia installare un sistema d'allarme. Una donna che vive sola in un posto isolato come questo...» continuò il poliziotto. «Ci penso io domattina» lo interruppe Dillon. Virginia aggrottò le sopracciglia, ma non disse nulla. Dillon aveva già spiegato la sua posizione nella compagnia di Virginia e il motivo per cui l'aveva accompagnata a casa. L'ufficiale annuì. «Bene. Lascerò di guardia una pattuglia per il resto della notte, anche se è difficile che quel tipo, o quei tipi, ritornino, dal momento che sono stati sorpresi.» Dillon non era d'accordo, ma non appena i poliziotti se ne furono andati disse a Virginia: «Non dovresti restare qui, stanotte». «Dacci un taglio, okay? Sono stanca e voglio andare a letto. Non ho nessun desiderio di trasferirmi da un'altra parte.» Lui prese a camminare avanti e indietro chiedendosi perché lei lo stesse fissando a quel modo. «Qual è il tuo problema?» le chiese fermandosi. «Possibile che non ti renda conto che sei stata minacciata ben due volte nello stesso giorno?» «Ho semplicemente avuto dei problemi con la macchina e poi un ladro si è introdotto in casa mia» ribatté asciutta lei. «Non ho subito degli attentati, Dillon.» Lui strinse i pugni e cercò di non perdere la calma. «Come pensi che sia entrato quel tipo?» «Forzando la serratura, naturalmente.» «Non c'è nessun segno che l'abbia forzata. Sembra piuttosto che abbia usato una chiave.» Lei sbarrò gli occhi e fece un passo indietro. «Mi stai... mi stai dicendo che qualcuno che conosco sta cercando di farmi del male? E chi diavolo sarebbe?» Probabilmente avrebbe dovuto dirle che sospettava di Cliff, ma non ne  Lori Foster 

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ebbe il coraggio. Nonostante la sua prepotenza e il suo orgoglio Virginia era pur sempre una donna, e più vulnerabile di quanto non desse a intendere. Da quello che sapeva di lei, non aveva avuto una vita facile, né qualcuno che l'avesse mai amata veramente, e scoprire che suo fratello   poteva aver cercato di farle del male avrebbe potuto distruggerla. E comunque lui aveva un altro motivo per esitare, ed era la possibilità che se avesse espresso i suoi sospetti lei avrebbe potuto accusare invece Wade  per scagionare il fratello. Per lei Wade sarebbe stato il colpevole ideale. Cliff lo aveva accusato di furto, e piuttosto che credere che Cliff la volesse far fuori per lei sarebbe stato più facile pensare che Wade volesse vendicarsi, e così alla fine sarebbe stato anche accusato di effrazione e di tentato omicidio per la storia dei freni... D'impulso, la prese tra le braccia e la strinse a sé. «Mi dispiace» le disse. «Forse ho esagerato coi miei sospetti, ma permettimi di preoccuparmi per  te, okay?» Lei gli sorrise. «Se proprio insisti... Comunque non è necessario, Dillon. Starò attenta. Non sono una stupida.» «Lo so.» Dillon la baciò, e non avrebbe più smesso. Le sue labbra erano dolci, morbide e arrendevoli, e le assaporò con grande piacere. Virginia si lasciò sfuggire un gemito, quando lui le mordicchiò il labbro inferiore, poi, imprecando fra i denti, Dillon la lasciò e prese il cappotto. «Sei sicura che questa notte starai tranquilla?» Dalla sua espressione capì che lei avrebbe voluto chiedergli di restare, ma che l'orgoglio la tratteneva, e si disse che era meglio così. In meno di ventiquattro ore era cambiato tutto, e adesso voleva riflettere con calma sugli ultimi avvenimenti. Che qualcuno stesse minacciando la sicurezza di Virginia ormai era evidente e, che a lei piacesse o no, mentre cercava di aiutare Wade lui avrebbe fatto del suo meglio per proteggerla. «Perché non ti prendi una vacanza e non te ne vai via per un po', finché le acque non si saranno calmate?» le chiese. «Quali acque? Non ti sembra di drammatizzare un po' troppo?» «Questa non è stata una semplice effrazione, Virginia.» «Ma certo che lo è stata!» «Non hanno rubato niente, accidenti! Come te lo spieghi?» Lei si strinse nelle spalle. «Col fatto che abbiamo sorpreso il o i ladri.» Dillon la prese per le braccia, la pazienza ormai al limite. «E se fossi stata sola? Se non ci fossi stato anch'io? Pensi che quel tizio sarebbe  Lori Foster 

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scappato lo stesso?» Lei lo fissò, sconcertata dal suo tono. «Questo è il mio mestiere, tesoro» le disse Dillon addolcendosi. «So di cosa sto parlando, e ti ripeto che dovresti andartene per un po'. Va' a stare in un albergo, per favore. Io ti raggiungerò giovedì come avevamo deciso.» Lei gli accarezzò una spalla come per blandirlo. «Io qui ho delle responsabilità, Dillon. E del resto non mi è sembrato che la polizia ritenga che quello che è accaduto sia allarmante.» Lui respirò a fondo. «Sono certo che la compagnia può fare a meno di te  per qualche giorno» insistette. Se non avesse dovuto preoccuparsi per lei, ed essendo in grado di dare un'occhiata alle carte del suo ufficio, non solo si sarebbe potuto procurare finalmente le informazioni che avrebbero scagionato Wade, ma avrebbe anche potuto scoprire chi diavolo era il  bastardo che la perseguitava. Gli sarebbe bastato solo un po' di tempo. Lei radunò le tazze vuote per metterle nella lavapiatti, e quando ebbe finito lo guardò con gli occhi pieni di dolcezza e gli disse: «Tu mi piaci, Dillon. Mi piacerebbe passare ancora del tempo con te, ma è stato un  pomeriggio lungo. Non chiedermi troppo, per favore. La compagnia per  me viene prima di ogni altra cosa, ricordalo». Già, ma non apparteneva solo a lei, era anche di suo fratello, e lui aveva la sensazione che Cliff fosse stanco di dividerla con la sorella. Virginia non gli avrebbe dato retta, circa il fatto di prendersi una pausa, lo sapeva. Chiuse un attimo gli occhi. Dal momento in cui si era messo in quella situazione si era sentito allo stesso tempo protettivo e possessivo, nei suoi confronti. Non avrebbe  permesso a nessuno di farle del male, e l'avrebbe protetta al di là della sua volontà anche a costo di rendersi insopportabile. Aveva un solo giorno, e cioè l'indomani, per fare il punto della situazione e studiare un nuovo piano. Senza contare che avrebbe dovuto installare un sistema d'allarme nella sua casa. Sospirò, all'idea delle implicazioni del piano che si stava formando nella sua mente. Virginia avrebbe rimpianto il loro mancato incontro di giovedì, ma se non altro sarebbe stata al sicuro.

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Capitolo 5 Dillon sentì vagamente lo squillo della sveglia, ma non era abbastanza forte da strapparlo al suo sogno. Sapeva che stava sognando, che non stava vivendo una situazione reale, ma non riusciva ugualmente a svegliarsi. La cella era fredda e buia, e pur sapendo che avrebbe dovuto trascorrervi molto tempo non era quella la sua preoccupazione maggiore: era piuttosto Virginia, che lo fissava al di là delle sbarre, il ventre che denotava una gravidanza avanzata. Suo figlio. Sullo sfondo Cliff li additava ridendo e lei appariva triste e lo accusava con lo sguardo. Il trillo divenne sempre più insistente, quasi un grido. Finalmente Dillon si svegliò, il cuore che gli batteva all'impazzata, i muscoli tesi e un'erezione evidente. Incredibile. Si passò una mano sul viso e respirò a fondo finché la contrazione allo stomaco non si affievolì. Il lenzuolo arrotolato intorno alle gambe, gli sembrava di essere in una fornace, tanto era accaldato. Quel sogno, e la reazione che ne era derivata, non avevano senso e lui non voleva sapere né cosa significassero né soffermarsi sullo strano effetto che Virginia aveva su di lui. Era Kelsey che aspettava un bambino, e lui adesso, oltre a salvare suo fratello, aveva deciso di proteggere Virginia e, soprattutto, di non toccarla,  per cui non ci sarebbe stata nessuna possibilità che quel sogno diventasse realtà. Si asciugò con le mani il sudore dal viso. La sveglia, sul comodino, continuava a suonare e finalmente la spense. Erano quasi le cinque del mattino. Un'ora dopo avrebbe dovuto incontrarsi con Virginia. Il giorno fatidico era arrivato. Il cuore che ancora gli batteva forte per via del sogno, che era stato   piuttosto un incubo, districò le gambe dal lenzuolo e lasciò che l'aria fredda del mattino gli avvolgesse il corpo nudo. Infreddolito, rifletté sulla giornata che lo aspettava. Aveva deciso di rapire Virginia. Da quando avevano sorpreso l'intruso nella sua casa non aveva fatto che  Lori Foster 

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  pensare a come intervenire, a come proteggere sia lei sia Wade, e dal momento che lei continuava a rifiutarsi di andarsene per qualche giorno aveva deciso di rapirla. Il solo pensiero gli aveva fatto venire un nodo allo stomaco. Chiunque la conoscesse poteva immaginare come lei avrebbe reagito al fatto di essere tenuta prigioniera. Aveva dovuto combattere con le unghie e coi denti perché accettasse di far installare un sistema d'allarme nella casa, ma alla fine si era accordato con la migliore delle ditte perché la cosa fosse sistemata in giornata. Sapeva che non sarebbe stata una prigioniera facile, e l'idea di darle quello shock lo faceva star male, ma non aveva alternative. Povera Virginia, con quel fratello che la ridicolizzava davanti ai dipendenti e tiranneggiava la sorella minore! Non c'era da meravigliarsi se era diventata l'Erinni che era. Doveva difendersi dagli sciacalli, da coloro che la usavano senza il minimo scrupolo... Per tutta la vita lui aveva pensato che esistessero due tipi di famiglie: quelle formate da un figlio come lui e da un genitore come suo padre, che  per poter sopravvivere si basavano sul coraggio, la forza e la solidarietà, dato che l'uno poteva contare solo sull'altro; e quelle basate sull'amore e la tenerezza, coi bambini che giocano festosi in giardino, i cani che abbaiano, il barbecue sul retro della casa; ma col tempo si era reso conto che ne esistevano di altri tipi, ed era a una di queste che Virginia apparteneva. Lei era di ferro, non c'erano dubbi, ma era sicuro che non avesse mai avuto in famiglia la considerazione di cui aveva bisogno. E nemmeno del vero affetto e della tenerezza. Anche se sua madre lo aveva abbandonato, lui era stato fortunato ad avere suo padre sempre vicino, a insegnargli come difendersi dal mondo... Guardò di nuovo l'orologio. Fra meno di un'ora sarebbe passato a  prenderla. Lei si aspettava una giornata di intimità, e lui le avrebbe invece  procurato lo spavento più grande della sua vita. Avrebbe voluto andarsene da lì, dimenticare Virginia e la sua dannata famiglia, accidenti. Quel sogno ridicolo non significava niente. Anche se gli aveva contratto lo stomaco, non significava un accidente. Non avrebbe voluto essere attratto da lei, ma  per qualche strana ragione la desiderava. E desiderava anche proteggerla. Doveva essere colpa di un qualche bizzarro, indiscutibile fatto chimico...  Non sarebbe stato facile, ma ce l'avrebbe fatta. Una volta che Virginia fosse stata al sicuro avrebbe potuto concentrarsi su Wade.  Lori Foster 

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Si chiese se Cliff stesse usando lo scarso interesse di sua sorella riguardo al sistematico furto di denaro per farle del male, per escluderla dalla compagnia. Virginia non aveva mai detto una parola, a proposito di quegli ammanchi. Sembrava quasi che non fosse al corrente dell'accusa che Cliff  aveva fatto a Wade. E se in realtà fosse andata molto, troppo vicina a scoprire le manovre di suo fratello? Virginia prendeva molto sul serio il suo ruolo all'interno della società e non avrebbe mai partecipato a un piano  per falsificare delle prove... Che Cliff avesse avuto paura che lei scoprisse che era quello, che lui stava facendo? Lui era comunque sicuro che qualcuno stesse cercando di farle del male e che stesse stringendo la corda intorno al collo di Wade. Non era rimasto molto tempo, purtroppo, per cui doveva assolutamente mettere le mani su quei file e scoprire chi era il vero responsabile degli ammanchi. Rapire Virginia era la sua sola possibilità, l'unico modo che aveva per risolvere entrambi i problemi in una volta sola. A Virginia non sarebbe piaciuto per niente, non avrebbe capito le sue ragioni, ma Wade sì. Sapeva che se non avesse risolto subito la faccenda non l'avrebbe fatto mai più, e salvare Wade, al di là dei sentimenti che  provava per lui, era suo dovere, si disse mentre usciva dal letto per andare a fare la doccia. Virginia non riusciva a calmare la propria eccitazione. Era arrivata al  parcheggio con cinque minuti di anticipo e tutto era freddo, buio e coperto di uno strato di ghiaccio che luccicava magicamente alla luce dei lampioni della strada e della luna. Un quarto d'ora dopo due fari illuminarono finalmente il parcheggio e  poi la sua macchina. Il cuore prese a batterle forte e chiuse gli occhi per  calmarsi. Sentiva che Dillon era diverso dagli altri uomini: non era tipo da accontentarsi delle mezze misure, e nemmeno il genere di individuo che si nasconde nell'ombra. E poi la faceva sentire decisamente sexy. Una cosa assurda per una donna della sua età con dei problemi di sovrappeso, ma era così che lui la faceva sentire. Si era persino messa della biancheria sexy, e invece di raccogliere come al solito i capelli li aveva lasciasti sciolti. Quando si era guardata allo specchio si era sentita un po' stupida, ma alla fine li aveva lasciati così com'erano. Si era messa una gonna lunga di cachemire color panna con una  Lori Foster 

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camicetta di seta e un lungo cardigan dello stesso colore. Anche il cappotto era color panna, col risultato che l'unica nota forte erano i suoi capelli rossi. E il rossore sulle guance. Il veicolo che si fermò di fianco alla sua macchina non era l'auto che usav usavaa di soli solito to Di Dill llon on,, ma un cami camion onci cino no,, dal dal qu qual alee lu luii sces scesee con con circospezione per via del ghiaccio che si era formato per terra. Allungò una mano per aprirle la portiera e le disse: «Fa' attenzione. Il terreno è una lastra di ghiaccio». Lei gli porse la mano guantata e scese dalla macchina. Come il giorno  prima, lo sentì attento e protettivo, come se davvero fosse preoccupato per  lei. L'aver sorpreso quel tizio a casa sua lo aveva turbato molto, e in fondo in fondo, nonostante l'essere indipendente fosse diventata per lei una seconda natura, l'idea che Dillon si preoccupasse per lei le faceva piacere. «Ce la faccio da sola, grazie. Lasciami prendere la mia sacca dal  bagagliaio.» «Una sacca?» chiese stupito lui. «Ti «Ti aspe aspett ttav avii che che pass passas assi si un un'i'int nter eraa gior giorna nata ta con con te senz senzaa po port rtar armi mi dietro... qualcosa? Non avevo la minima idea se saremmo usciti a cena o se... saremmo sempre stati in camera.» Aveva messo nella sacca l'occorrente per sistemarsi i capelli, qualcosa di sexy da indossare quando sarebbero andati a letto, e un abito elegante per  la cena. Dal momento che non aveva mai pianificato in anticipo un rendez vous,  prima di allora, non sapeva cosa le sarebbe servito, ma non aveva nessuna intenzione di spiegarlo a Dillon. «Fammi prendere quella sacca» tagliò corto. «Te la prendo io» ribatté lui cingendole un braccio e sostenendola fino alla portiera del camioncino. «Sali pure da questa parte. Inutile che rischi di scivolare e cadere.» «Perché io dovrei scivolare e tu no? Il fatto di essere un uomo ti rende  più stabile sul ghiaccio?» lo stuzzicò lei. Dillon sospirò. «Io so come cadere senza farmi male.» «Okay» gli disse Virginia dandogli le chiavi. «Accomodati.» Quando lo superò per salire sul camioncino, lui le fece notare: «Lo sai che hai un bellissimo sedere, vero?». Il cuore le mancò un battito, a quel rozzo complimento. Virginia si voltò, e dalla sua espressione avrebbe giurato che Dillon fosse sincero. «Devo dire che ci sai fare, con le parole.»  Lori Foster 

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«Scusa l'espressione alquanto... colorita, ma come avrai notato non ho un li ling ngua uagg ggio io mo molt ltoo po poet etic ico, o, in gene genere re.. Comu Comunq nque ue rico ricono nosc scoo un bel bel sedere, quando ne vedo uno» ribatté lui accarezzandole una natica. Lei si accorse di arrossire e fu contenta che fosse buio. Non era abituata a quel tipo di complimenti. Non era abituata ai complimenti in generale. «Grazie» gli disse con un sorriso divertito Virginia. «Mi piace anche come ti sei pettinata. Lo hai fatto per me?» chiese Dillon. Un altro uomo lo avrebbe pensato, ma non lo avrebbe chiesto, notò lei. Per non metterla in imbarazzo. «Li tieni ieni sempr empree sciol ciolti ti qu quaand ndoo fai fai l'am 'amore ore?» la in inca callzò Di Dilllon accarezzandoglieli. Oddio, pensò Virginia un attimo prima che lui la baciasse. Fu un bacio appassionato, famelico, prepotente. Lei non era abituata a tanta foga, a tanto ardore. Dillon era troppo diretto, spontaneo... virile. E la eccitava troppo... La lasciò lentamente, a poco a poco, mordicchiandole le labbra, poi appoggiò la fronte alla sua tempia e la tenne stretta a sé. «Avanti, sali. Prendo la tua sacca e ce andiamo» le disse dopo alcuni, lunghi secondi. Virginia diede un'occhiata al camioncino e gli chiese: «Di chi è?». «Mio. L'ho preferito alla macchina perché sul ghiaccio tiene meglio la strada.» Dillon l'aiutò a salire, aspettò che scivolasse sul sedile accanto a quello di guida, prese la sua sacca, la sistemò sotto il suo sedile, richiuse la  portiera e partì.  Non parlò né mentre lasciavano il posteggio né dopo che si furono immessi sulla strada. Virginia si accorse che aveva cambiato atte attegg ggia iame ment nto, o, che che tu tutt ttaa l'at l'atm mosfe osfera ra fra fra lo loro ro era era cam cambi biat ata. a. Cam Cambi biòò  posizione sul sedile, improvvisamente improvvisamente a disagio, innervosita. «Allacciati la cintura di sicurezza» le ordinò Dillon con un tono secco. «Non usare quel tono con me, o la nostra gita finirà ancor prima di incominciare» incominciare» ribatté lei altrettanto secca guardandolo dritto negli occhi. Lui strinse i denti e prese un thermos con una tazzina di plastica dal cassetto del cruscotto. «Ho pensato che una tazza di caffè ti avrebbe fatto  piacere. Ti ho fatta alzare così presto che probabilmente non hai avuto il tempo di berne una a casa.» «Grazie» disse lei accettandolo.  Lori Foster 

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Dillon sorrise. «Se te lo domando in un tono gentile, te l'allacci la cintura di sicurezza?» le chiese subito dopo. Lei sorrise a sua volta, se l'allacciò e lo guardò. «Contento?» Dillon annuì e le posò una mano su una coscia. Virginia trattenne il respiro. Era bastato quel semplice contatto a turbarla. Si chiese quale sarebbe stata la sua prossima mossa, ma lui sembrava tutto preso dalla guida, quasi distratto. Teneva semplicemente la mano sulla sua coscia senza accarezzarla, senza distogliere un attimo gli occhi dal parabrezza. Si versò il caffè, ne bevve un paio di sorsi e poi gli chiese: «Ne vuoi anche tu?». «Non ora, grazie.» «Mi vuoi dire dove stiamo andando?» «È una sorpresa.» Dillon era diventato decisamente strano, pensò Virginia. Perché era così silenzioso? Perché non la guardava nemmeno per un attimo? Aveva la sensazione che qualcosa non andasse. Si era per caso pentito di averle dato quell'appuntamento? Aveva deciso di colpo di non corteggiarla più? Si aspettava che fosse lei a fare una mossa? E se era così, che genere di mossa? Era decisamente diverso da tutti gli uomini che aveva incontrato fino a quel momento, si disse mentre beveva un altro sorso di caffè, sentendosi sempre più a disagio. Poco dopo lui prese una deviazione che portava verso il Kentucky, e   presto, con quel silenzio, il fatto che lei avesse dormito poco si fece sentire. Gli occhi le si chiudevano, e appoggiò la nuca al poggiatesta. «Dove stiamo andando, Dillon?» gli chiese di nuovo. Lui le fece una breve carezza su una guancia. «Sembri un coniglietto  bianco» le disse. Aveva un tono dolce, adesso. Virginia si sforzò di aprire gli occhi, inutilmente. «Volevo essere bella per te» sussurrò, e subito si chiese  perché mai glielo avesse detto. Posò la tazza quasi vuota sul cruscotto. Desiderava solo dormire. «Mi dispiace» sentì che le diceva Dillon. «Mi dispiace moltissimo. Ricordatelo, Virginia.» Qual ualcos cosa no nonn to torrnav nava, pen pensò vag vagamen amente te lei. lei. Di Dill llon on sembr embraava addolorato, ma anche molto deciso. Cercò di nuovo di aprire gli occhi. Tutto sembrava annebbiato, annebbiato, non riusciva a mettere bene a fuoco nulla. All'improvviso capì. Col respiro corto gli disse: «Bastardo! Mi hai  Lori Foster 

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avvelenata!». «No, non ti ho avvelenata» ribatté lui, e a lei sembrò che la sua voce giungesse da lontano. Non l'aveva forse avvertita che qualcuno stava cercando di farle del male? Ma Dillon era insieme a lei, quando avevano sorpreso l'intruso in casa sua... A meno che non fosse suo complice. Cercò di mettere a fuoco il suo viso e vide che era molto teso. Il camioncino proseguiva il suo viaggio portandola sempre più lontano da casa. Si sentiva sempre più debole, si rendeva conto che stava per perdere conoscenza e fece uno sforzo terribile per non venire meno. Dillon avrebbe voluto che gli dicesse qualcosa, qualunque cosa, invece di fissarlo in quel modo. Lo stava guardando come nel sogno, e al solo ricordo lo stomaco gli si contrasse di nuovo. Virginia doveva essere terrorizzata e lui si odiava per averle fatto ciò che le aveva fatto, ma ciononostante era all'erta, pronto ad affrontare qualsiasi sua reazione. «Cosa mi hai fatto?» Lui sentì freddo al cuore. «Ti ho dato un sonnifero. Non voglio farti del male. Smetti di combattere contro l'effetto della droga, Virginia.» Non vedeva l'ora che si addormentasse per non vedere più il disgusto nei suoi occhi. «Dove siamo?» «Da nessuna parte, ancora.» Dillon lasciò l'autostrada e prese una strada secondaria molto meno trafficata. Era decisamente più lunga di quella che stavano percorrendo, ma del tutto priva di traffico. «Abbiamo ancora da fare un certo numero di chilometri.» Lei voltò faticosamente la testa verso il finestrino e vide scorrere degli alberi in un paesaggio coperto di neve. Fuori adesso faceva molto più freddo, e dalle fessure del camioncino entrava dell'aria gelida. Quando vide che Virginia rabbrividiva e si strofinava gli occhi con i  pugni, Dillon provò un moto di tenerezza. «Non devi aver paura, tesoro» le disse. «Ho sete» ribatté semplicemente lei. Lui prese una bottiglietta d'acqua minerale dal cruscotto, gliela porse e lei, non senza una certa fatica, svitò il tappo, se la portò alla bocca e ne  bevve quasi la metà. Quando subito dopo lo colpì, Dillon non immaginava che potesse avere  Lori Foster 

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ancora tanta forza. Lo colpì con la bottiglietta di plastica, che si ruppe   procurandogli delle escoriazioni al labbro e al naso. Lui imprecò, le strappò di mano la bottiglietta e accostò sbandando al bordo della strada. Virginia si buttò sulla maniglia della portiera. Trovandola bloccata, imprecò e prese a colpirla con dei pugni, gridando. Dillon la prese per le spalle e la fece voltare verso di sé. Virginia prese a scalciare cercando disperatamente di divincolarsi. Lui la bloccò buttandosi con tutto il proprio peso sopra di lei e poi trattenendola per i polsi. «Calmati. Va tutto bene» le disse. «Bastardo!» sibilò lei guardandolo con odio. «Te lo giuro, non ho nessuna intenzione di farti del male. Ti spiegherò tutto quando saremo arrivati allo chalet.» «Quale chalet?» «Quello in cui ho intenzione di tenerti per qualche giorno, finché non sarò sicuro che non corri nessun pericolo. Posso lasciarti andare, adesso?» Lei sbatté ripetutamente le palpebre, cercò ancora una volta di divincolarsi e poi gli disse: «Ti sanguina un labbro, e il naso ti sta diventando blu». «Probabilmente me lo hai rotto. Hai un bel destro, non c'è che dire.» «Non capisco. Non sei l'uomo che pensavo fossi.» «No, non credo di esserlo. Ma non voglio farti del male. Fra qualche giorno ti riporterò a casa.» Lei annuì lentamente, e quando Dillon la lasciò respirò a fondo e si rimise a sedere tranquilla. «Devo andare in bagno» gli disse. «Mi dispiace, ma non ci sono né stazioni di servizio né autogrill prima di  parecchie miglia.» «Io ho bisogno di andare in bagno subito. Non posso aspettare.» Dillon considerò la possibilità di farla scendere, poi la guardò e si disse che avrebbe dato qualsiasi cosa perché lei gli credesse. «Okay. Scendi a terra. Io volterò le spalle.» Lei arrossì, e in quel momento lui la trovò molto attraente e femminile. I capelli scompigliati, gli occhi color topazio animati dalla rabbia e dall'ansia, era irresistibile. Detestava essere la causa della sua paura, ma non aveva avuto scelta. Come aprì la portiera e scese, fu investito da una folata gelida. Si voltò e tese una mano a Virginia per aiutarla a scendere a sua volta. Dopo una  breve esitazione, lei scivolò verso il posto di guida e la prese.  Lori Foster 

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Lo colpì all'inguine, forte, ma non abbastanza da metterlo fuori gioco. Lui cadde sulle ginocchia stringendo i denti per il dolore e la insultò con rabbia. Questa volta, non appena le avesse messo le mani addosso... Virginia cercò di scappare, ma le gambe non le reggevano e cadde   parecchie volte. Mentre Dillon cercava di rialzarsi si diresse verso i cespugli, che peraltro non avrebbero potuto nasconderla, incespicando nella neve, cadendo di nuovo. Dillon respirò a fondo e poi le corse dietro. Sentendolo arrivare lei si voltò un attimo... e subito dopo svenne. Dillon la vide cadere a terra e rimanere immobile. Le si avvicinò col cuore che gli batteva all'impazzata, si inginocchiò accanto a lei e le gridò: «Virginia!». Virginia non si mosse. «Virginia, per l'amore del cielo, apri gli occhi!» Lei sbatté leggermente le ciglia e sussurrò: «Sei un miserabile bastardo, Dillon...». «Lo so, tesoro, lo so» le disse lui scostandole i capelli dal viso e  prendendola poi tra le braccia. «Stai tranquilla, adesso. Come ti senti?» «Mi hai... drogata...» bofonchiò lei. «Andrà tutto bene, Virginia. Non ti farò del male. Mai.» Lei si mise a piangere silenziosamente. «Ti prego, sta' tranquilla. Va tutto bene, te lo assicuro.» Dillon imprecò tra i denti. Le sue parole suonavano assurde anche a lui.  Non stava andando per niente bene, e aveva la sensazione che niente sarebbe più andato bene, in futuro. Se la strinse al petto e prese a cullarla. «Rilassati. Non resistere al sonno, tesoro. Mi prenderò cura di te, mi prenderò cura io di tutto. È questo che sto cercando di fare, credimi.» Virginia chiuse di nuovo gli occhi, il suo corpo si rilassò; ma prima di addormentarsi sussurrò: «Non mi hai mai desiderata veramente. Non mi volevi veramente. Accidenti a te, Dillon. Non hai mai desiderato veramente di...». Il suo respiro divenne regolare. Si era finalmente addormentata, e in modo profondo. Dillon si alzò, la prese in braccio e la riportò al camioncino. Si rese conto di avere un gran freddo e che gli faceva male la gola, ma non era nulla al confronto del male che sentiva al cuore. Per il  bene stesso di Virginia doveva fare in modo che lei non potesse fargli  Lori Foster 

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qualche altro scherzo. Sapeva che se ne avesse dato la possibilità avrebbe combattuto con le unghie e coi denti per liberarsi, per cui doveva prendere delle precauzioni che non le sarebbero piaciute per niente. Per la seconda volta nello spazio di poche ore la sistemò di nuovo sul camioncino mentre nella mente gli echeggiavano ancora le sue parole. Non mi hai mai desiderata veramente...

Si sbagliava di grosso. La desiderava più di quanto avesse mai desiderato qualunque altra donna, e non capiva come mai. Non gli  piacevano né la sua famiglia, né i suoi problemi, né la confusione in cui lo aveva gettato. Si era addormentata imprecando contro di lui. Be', non c'era da stupirsene. Le accarezzò la testa, che lui stesso le aveva  posato sulle proprie gambe. Sentiva il suo respiro sulla pelle, sotto la stoffa dei pantaloni... Era un vero bastardo, si disse. Prima rapiva una donna e poi si eccitava al contatto col suo corpo addormentato. Ma non poteva farci niente. Tutto in lei lo eccitava, di fronte a lei era del tutto disarmato. Comunque non avrebbe approfittato di lei. Non l'avrebbe toccata, anche se si sarebbe preso qualche vantaggio, si disse cercando di prendere le distanze da ciò che aveva fatto. Una mano sul volante e l'altra che le accarezzava i capelli sparsi sulle sue gambe come una fiamma, si chiese come sarebbe stato averla nuda fra le proprie braccia in un letto. Abbassò un attimo lo sguardo sul suo viso. Era pallida, e non aveva più nulla della virago che era nella vita quotidiana. Era una donna come tutte le altre, abbandonata nel sonno con le labbra socchiuse, e terribilmente attraente. Poteva solo immaginare come avrebbe reagito quando si fosse svegliata. Ormai non mancava molto, dato che non avrebbe dormito per più di un'ora. Gli aveva dato una dose di sonnifero sufficiente a farla dormire quel tanto che serviva perché non si rendesse conto di dove la stava  portando. Il sole stava incominciando a spuntare a est, quando circa un'ora dopo arrivarono in vista della loro destinazione, e lei mosse leggermente le dita di una mano. Fece un debole verso e di nuovo si immobilizzò. Sarebbe   bastato che dormisse ancora per pochi minuti, pensò Dillon, perché lui  Lori Foster 

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aveva ancora una cosa da fare, cioè prendere una piccola precauzione,  prima di raggiungere lo chalet. Dato che Virginia non avrebbe mai acconsentito a spogliarsi, doveva  provvedere lui finché era ancora in tempo.

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Capitolo 6 Virginia aprì gli occhi. Cautamente, non capendo cosa non andava e come mai si sentiva così disorientata, si guardò intorno. La testa prese a martellarle, quando i suoi occhi si soffermarono sulle pareti di assi e sul  pavimento nudo. Si trovava in un letto con molte coperte addosso che la tenevano calda, ma il viso era gelato. L'ambiente, che sembrava più che altro una capanna, non sembrava avere molte comodità, ma nel camino sulla parete davanti al letto ardeva un bel fuoco che gettava dei bagliori rossastri nell'altra stanza, che era buia. A poco a poco ricordò gli avvenimenti riguardanti il suo viaggio con Dillon e provò una stretta al cuore. Dovette mordersi un labbro, per  impedire che gli occhi le si riempissero di lacrime. Quel maledetto bastardo. Quel delinquente. Quel miserabile teppista. L'aveva rapita! L'aveva presa in giro fingendo di desiderarla mentre era tutta una finzione! Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma le asciugò subito con le mani. Virginia Johnson non piangeva mai. Dopo alcuni respiri profondi si guardò di nuovo intorno in cerca di Dillon. Sembrava che non fosse da nessuna parte. La baita era  piccolissima, aveva soltanto un altro locale e un bagno che si intravedeva oltre una porta aperta accanto all'angolo cottura, che comprendeva un fornello, un piccolo frigo, un congelatore e un lavandino d'acciaio sopra il quale c'era l'unica finestra della casa, oscurata quasi del tutto dalla neve. Davanti al camino c'erano una sedia a dondolo e una vecchia poltrona, e il letto in cui lei si trovava, poco più che un giaciglio, era sistemato contro la parete opposta. Oltre la sua testa c'era un piccolo cassettone che fungeva anche da comodino, sopra il quale c'erano un orologio e una lampada e nel mezzo della stanza c'era un vecchio tavolo di pino grezzo con due sedie altrettanto malandate.  Non si sentiva alcun suono, a parte lo scoppiettare del camino, e lei deglutì a fatica chiedendosi se avrebbe avuto modo di scappare. Accidenti al freddo, alla neve e alla distanza che avevano percorso, e che non era in grado di valutare. Non poteva accettare di essere una vittima  Lori Foster 

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senza vie d'uscita. Non le importava, se per tornare casa avesse dovuto farsela a piedi nella neve... Quando si tirò su a sedere e le coperte le scivolarono in grembo, notò una cosa che le era sfuggita: Dillon le aveva tolto i vestiti. Grazie al cielo le aveva lasciato la canottiera di seta, ma sotto non aveva  più né il reggiseno né gli slip! Travolta da un senso di mortificazione, si chiese come si fosse permesso di spogliarla, e al pensiero che avesse contemplato il suo corpo appesantito dai chili di troppo, con quei fianchi troppo larghi, quelle cosce troppo grosse e quel ventre troppo abbondante, si sentì morire. Si chiese se avesse riso di lei, mentre le toglieva la biancheria sexy che si era messa; se il suo tentativo di essere seducente lo avesse divertito... Si sentì quasi venir meno per l'imbarazzo. Le guance le si infiammarono, lo sguardo le si appannò. Era molto più di quanto una donna potesse sopportare, e accettare. Per sua fortuna l'umiliazione lasciò presto il posto a una gran rabbia, e fu un grido di rabbia quasi selvaggia, quello che le uscì dalla gola e risuonò nella piccola capanna. La porta dell'ingresso si aprì di colpo e Dillon si precipitò dentro, il corpo in posizione d'attacco, gli occhi che in un attimo controllarono tutto l'interno. Virginia si ammutolì immediatamente. Il Dillon che aveva davanti non era più quello che conosceva. I capelli trattenuti da una bandana rossa legata intorno alla fronte, sembrava un dio pagano. Le ferite che aveva sul naso e sul labbro inferiore davano un ulteriore tocco al suo aspetto selvaggio. I jeans che indossava, lisi e scoloriti, avevano uno strappo sulla coscia e su un ginocchio, le maniche della camicia di flanella aperta sul  petto erano arrotolate fin sopra al gomito e il suo torace era lucido di sudore. «Cosa succede?» le chiese. Lei capì che si era aspettato di trovare un aggressore e dovette fare uno sforzo per non ridere amaramente. Era lui il suo aggressore... «Gridi sempre a quel modo quando ti svegli?» le chiese poiché lei non rispondeva. «Dove diavolo sono i miei indumenti?» «Al sicuro.» «Che diavolo significa, al sicuro? Maledizione, Dillon, cosa diavolo sta  Lori Foster 

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succedendo?» Lui richiuse la porta e andò a sedersi sul bordo del letto. Lei si ritrasse fino alla parete, che sentì gelida contro la schiena seminuda. Riusciva comunque a sentire l'odore di lui, un misto di colonia, virilità e sano sudore, e fece fatica a sostenere il suo sguardo. «È incredibile quanto siano belli i tuoi capelli» le disse inaspettatamente con un tono basso. Allungò una mano, si fece scorrere una lunga ciocca tra due dita e sussurrò: «Non ho mai visto dei capelli come i tuoi». Virginia si irrigidì, lui ritrasse la mano e la scrutò attentamente mordicchiandosi l'interno del labbro. «Stavo tagliando della legna, là fuori» disse poco dopo. «Avevo intenzione di essere presente quando ti fossi svegliata in modo che non ti spaventassi, ma come puoi vedere il camino e il fornello sono l'unica fonte di riscaldamento e così...» «Lasciami andare, Dillon.» «No.» Dillon si tolse la bandana e la usò per asciugarsi il sudore dal viso, poi si passò una mano nei capelli e lei sentì di nuovo quel suo odore unico, inconfondibile. «Finisco di tagliare la legna e ti preparo qualcosa da mangiare. Ti scaldo una minestra, okay? Ti sentirai meglio, dopo aver  mangiato.» Decisamente, non era più l'uomo che lei aveva conosciuto. Non si muoveva e non parlava come il vecchio Dillon; in lui non c'era più nessuna deferenza, nessun atteggiamento formale: le comunicava semplicemente cosa aveva intenzione di fare dando per scontato che lei lo avrebbe accettato. Era stata rapita, si disse Virginia. Era stata rapita da un uomo che non conosceva. Da quell 'uomo. «Ridammi i miei vestiti, brutto bastardo!» Lui scosse leggermente la testa. «Che linguaggio scurrile, per una signora del tuo livello sociale!» commentò. D'impulso lei gli si avventò contro cercando di dargli dei pugni. Dillon le bloccò subito i polsi, e con un sorriso divertito le disse: «Non sai che sollievo sia per me il fatto non ti metta a piangere e non tremi di paura». La appiattì sul letto tenendole le braccia bloccate sopra la testa, le si stese addosso per impedirle di divincolarsi e le sussurrò: «Non cercare di combattere contro di me. Perderesti». Gli occhi nei suoi, era così vicino che Virginia sentiva il suo respiro sul viso. Poi la lasciò di scatto e si alzò, lasciandola col cuore che le batteva  Lori Foster 

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all'impazzata. Lei rimase immobile, cercando di riprendere fiato, di combattere la travolgente sensazione di desiderio che quel corpo caldo, muscoloso e animalesco aveva suscitato in lei. Dillon prese dal tavolo una sedia e sedette di fronte al letto. «Ti ho tolto i vestiti per impedirti di scappare» le disse. «Non posso permettere che tu ti faccia del male, ed è quello che ti succederebbe se tentassi di scappare da qui.» Lentamente, lei si mise a sedere coprendosi fino al collo con le coperte. «Cosa mi faresti se cercassi di scappare?» Dillon rise. «Non ho intenzione di farti niente, Virginia.» Quella risposta, accompagnata da una risata, la ferirono più di quanto lei non volesse ammettere. «Non è al sesso, che stavo alludendo. Non temere. Mi sono resa conto che non mi hai mai desiderata, che hai finto di volermi solo per potermi raggirare.» Dillon si fece di colpo serio. «Siamo molto lontani da tutto, Virginia. Là fuori ci sono solo ghiaccio e neve e gelo. Se dovessi cercare aiuto o semplicemente di tornare a casa, sappi che non ce la faresti mai. Ha ripreso a nevicare e le strade sono impraticabili. Prenderti i vestiti è stato un modo  per impedirti di tentare quella che sarebbe una vera pazzia.» «Non scapperò, te lo prometto, ma ridammi i miei vestiti.» Dillon sospirò. «Ormai ti conosco, Virginia. So benissimo come lavora la tua mente. Cercheresti comunque di scappare, perché l'idea di restartene qui senza far niente ti riesce insopportabile.» «Sì, mi conosci bene» annuì lei. Avrebbe voluto ferirlo come lui aveva fatto con lei, ma non ci sarebbe mai riuscita perché a Dillon di lei non importava niente. Non gli era mai importato niente. «Immagino che tu abbia lavorato a lungo a questo piano, non è così? Quand'è esattamente che ti è venuta l'idea di rapirmi?» «Subito dopo che abbiamo sorpreso quell'intruso a casa tua.» «Davvero? Possibile che tu non riesca a essere onesto nemmeno adesso? Ti aspetti che creda che fino a quel momento sei stato sincero, per caso, che quello che c'era stato tra noi era vero?» Lui non le lasciò gli occhi, ma Virginia si accorse che aveva stretto i   pugni. «Mi sono fatto assumere dalla compagnia e ho cercato di guadagnarmi la tua fiducia per un motivo preciso» rispose. Sentirglielo dire, nonostante lo avesse ormai capito, era tutt'altra cosa.  Lori Foster 

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«Che idiota, sono stata...» fu tutto quello che Virginia riuscì a dire. «Non sei un'idiota. È che io sono molto bravo nel mio lavoro.» «Cioè a mentire» ribatté lei. Dillon sospirò, poi le chiese: «Hai fame? Vuoi qualcosa da bere?». «In modo che tu possa di nuovo avvelenarmi? No, grazie. Non vorrei che una dose ulteriore mi uccidesse.» Dillon imprecò fra i denti e si alzò. «Te l'ho già detto, non ho nessuna intenzione di farti del male. Anzi, ti ho portato qui per la ragione opposta, accidenti. Sto cercando di metterti al sicuro, Virginia.» «Davvero?» disse lei sollevando un sopracciglio. Dentro di sé, per  qualche strana ragione, si rifiutava di aver veramente paura di lui. Aveva  passato più di due settimane cercando di conoscerlo e non riusciva a credere di aver perso ogni capacità di intuizione, non accettava l'idea di aver commesso un errore di valutazione così tragico. Comunque si sentiva ferita. Molto ferita, e il dispiacere che provava la stava accecando. «Come  puoi anche solo pensare che possa credere alla parola di un rapitore? Di un  pervertito?» «Io non sono un pervertito, Virginia.» «Mi hai spogliata mentre ero priva di conoscenza, brutto bastardo! Mi... mi hai guardata! È la cosa più vergognosa e disgustosa che...» Lui le si avvicinò e le disse: «Se non la smetti di provocarmi ti tolgo anche quel poco che hai ancora addosso!». Virginia si tirò le coperte fino al mento chiedendosi perché avesse sempre desiderato incontrare un uomo in grado di tenerle testa. Deglutì a vuoto e decise che avrebbe fatto meglio a stare zitta per non irritarlo ancora di più. Lui scosse la testa con un'aria disgustata e fece un passo indietro. «Accidenti, non voglio gridare con te» disse. «Non voglio spaventarti» aggiunse sperando di calmarla. «No, vuoi semplicemente imbrogliarmi» borbottò lei delusa e amareggiata. Dillon piegò la testa all'indietro e scoppiò a ridere. «Tu non sai mai quando è il momento di fermarti, vero?» Si passò entrambe le mani sul viso e smise di ridere. «Sei una donna davvero unica, lo sai?» Quelle parole, dette con un tono improvvisamente dolce, le arrivarono al cuore, ma subito dopo lei si impose di non farsi prendere in giro di nuovo. «Non hai più nessun motivo di dirmi delle stupidaggini» gli ricordò con un  Lori Foster 

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tono gelido. «Ormai il tuo piano è riuscito, non hai motivo di continuare la farsa.» Dillon sedette di nuovo sulla sedia. «Vuoi sentire qual è davvero il mio  piano, o preferisci continuare a insultarmi?» Fu come se le avesse dato uno schiaffo. «Come hai osato?» gli gridò Virginia. «Non guardarmi in quel modo, okay? Ti ripeto che non ho nessuna intenzione di farti del male.» «No, certo! Ti sei limitato a rapirmi e tenermi prigioniera!» «E adesso sto cercando di spiegarti perché l'ho fatto e cosa ho in mente.» «Puoi risparmiare il fiato perché lo so già.» «Davvero? E che spiegazione ha trovato il tuo cervellino?» «Che vuoi dei soldi, ma non li avrai. Il tuo è un piano stupido, Dillon, e mi stupisce perché non ti credevo affatto uno stupido. Sei un criminale stupido, Dillon. Possibile che non ti sia reso conto che Cliff mi detesta?   Non mi sorprenderebbe affatto se si rifiutasse di pagare il riscatto. Probabilmente sarebbe felicissimo di liberarsi di me.» «Che è proprio la cosa che mi preoccupa di più!» commentò lui in un tono rabbioso. «Ti preoccupa, eh? E si può sapere cosa pensi di fare?» Lui si alzò, mise a posto la sedia, si rimise la bandana e le disse: «Continueremo questa conversazione più tardi. Se sto ancora a sentirti  potrei fare qualcosa di violento». «Hai appena ripetuto che non hai intenzione di farmi del male. Oltre a essere un rapitore e un pervertito sei anche un gran bugiardo!» Si pentì subito di quella frase, ma le parole erano l'unica arma che aveva. Si sentiva vulnerabile, senza difese ed emotivamente ferita, e odiava sentirsi in quel modo. Odiava quasi anche Dillon. Lui riaprì la porta. «Non sono un bugiardo» le disse voltandosi un attimo. «È vero che non ho intenzione di farti del male. Almeno, non nel modo che intendi tu. Ma se insisti nell'insultarmi ti metto sulle mie ginocchia e ti sculaccio come si fa con i bambini. Credimi, sarebbe un'esperienza che non ti piacerebbe per niente.» Si voltò del tutto, indugiò con lo sguardo sul suo corpo nascosto nelle coperte e aggiunse: «Mentre io, dato quello che mi hai fatto passare nelle ultime due settimane, credo  proprio che ne apprezzerei ogni minuto». Come la porta si richiuse alle sue spalle, Virginia riprese a respirare.  Lori Foster 

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Dillon non era affatto l'uomo che lei aveva creduto. E, definitivamente, non era l'amante che si aspettava.   Non era uomo da mezze misure, e lei aveva la certezza che quando faceva l'amore lo facesse con tutta l'intensità di cui era capace, che fosse molto esigente e che prendesse tutto ciò che una donna era in grado di dargli dandole a sua volta tutto ciò che era in grado di darle. Rabbrividì, al pensiero di fare l'amore con quel nuovo Dillon, con quell'uomo duro e autoritario col quale, per qualche inspiegabile ragione, lei si sentiva al sicuro. In fondo non aveva mai avuto realmente paura di lui, si rese conto. No, Dillon Jones non le avrebbe mai fatto del male... Il suo modo di trattarla, deciso, autoritario, ma mai brutale, la sconcertava, e non poteva negare che lui l'attraesse ancora molto.  Nonostante sapesse che per lui era stata tutta una commedia lo desiderava ancora, dovette ammettere, forse ancor più di prima. Ma come poteva desiderarlo ancora tanto? si chiese disperata.   Nonostante tutto, nonostante quello che era successo, nonostante ormai sapesse la verità? Prima di incontrarlo non sapeva nemmeno che un desiderio simile   potesse esistere. Se non fosse scappata subito da lui, probabilmente sarebbe finita col pregarlo di fare l'amore con lei... E non poteva permettere che questo accadesse.

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Capitolo 7 Tagliare la legna si rivelò un'attività catartica: Dillon sentì sparire a poco a poco la tensione che lo avvolgeva, sia sessuale sia emotiva. Vedere Virginia seduta su quel letto con quei capelli sciolti, folti e setosi, i grossi seni che premevano contro la seta della canottiera, gli era costato. Quando l'aveva spogliata aveva cercato di farlo con distacco, aveva cercato di non guardarla, e si era detestato perché si era eccitato ugualmente. E quando poi si era svegliata e aveva incominciato a sputargli addosso il suo veleno non era stato capace di non guardarla. La desiderava. La desiderava talmente tanto che non riusciva a smettere di pensarci... Avrebbe dovuto spiegarle tutto. La cosa avrebbe dato un senso a quello che le stava accadendo, ma era sicuro che non avrebbe mai potuto sopportare l'idea che Cliff si fosse spinto così in là con lei. Lui Cliff voleva distruggerlo, e ci sarebbe riuscito. E poi c'era la possibilità che lei potesse non credergli, se le avesse raccontato tutto adesso. Aveva ammesso di sapere che a Cliff importava  poco di lei, ma lui era certo che non pensava che fosse capace di farle veramente del male. Lei Cliff lo disprezzava, ma non lo temeva. Comunque lui avrebbe dovuto raccontarle di Wade. Forse non lo avrebbe più considerato un bastardo spinto dal denaro, e forse si sarebbe resa conto dell'assurdità della sua accusa riguardo al fatto che lui non l'aveva mai desiderata, mentre invece la desiderava quasi ossessivamente. Mettere una certa distanza tra loro era stata una necessità immediata. L'aveva rapita, e quando tutto fosse finito se ne sarebbe andato, per cui non  poteva complicare ancora di più le cose dando spazio al suo desiderio. Minacciare di sculacciarla era stato un atto di difesa. In realtà avrebbe voluto prenderla tra le braccia e baciarla dolcemente, essere un maschio  per la propria femmina. Non avrebbe mai potuto sollevare anche solo una mano, su di lei. Suo padre gli aveva insegnato che far del male a qualcuno  più debole è un segno di vigliaccheria, tanto più se si tratta di una donna. Le donne dovevano essere protette, difese, come del resto la propria famiglia... Solo che Virginia non voleva essere protetta da nessuno. A parte la forza fisica, era una donna autonoma in tutti i sensi, il che significava che nella  Lori Foster 

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sua vita non c'era spazio per lui. Lei non aveva bisogno di ciò che lui era in grado di darle, e quando tutto fosse stato detto e fatto non lo avrebbe voluto vedere. Lui comunque non aveva intenzione di spiegarle ciò che provava. Se avesse avuto un po' di paura di lui, forse avrebbe smesso di insultarlo, lo avrebbe lasciato in pace. Le sue reazioni gli piacevano, ma nel contempo lo turbavano, e lui non poteva rischiare di perdere il controllo. Le braccia cariche di tronchi, poco dopo aprì la porta con un calcio. Guardò automaticamente verso il letto, e non appena vide che lei non c'era lasciò cadere la legna a terra e si spostò di lato giusto in tempo per evitare una padellata sulla testa. Imprecò, poi afferrò le gambe nude di Virginia e le fece perdere l'equilibrio. Lei cadde sul fondoschiena e gridò alcune imprecazioni degne di uno scaricatore. Cercò di nuovo di colpirlo sulla testa, ma Dillon le strappò di mano la padella e, siccome lei reagì come un belva, le si buttò addosso per  immobilizzarla. «Stai ferma, altrimenti ti farai male!» le intimò. «Sei tu l'unico che mi fa del male, idiota! Lasciami andare!» Cercò di morderlo su una spalla, ma Dillon si ritrasse in tempo. Immobilizzandole i polsi le disse: «Forse è arrivato il momento di somministrarti quella sculacciata». «Provaci e ti eviro!» Quanta violenza per una falsa minaccia!  pensò lui. Virginia si divincolò, e lui si eccitò. «Hai già cercato di evirarmi, ricordi? Forse per colpa tua non potrò avere dei bambini.» «I criminali non rimpiangono certo di non aver avuto dei bambini» ribatté lei, sarcastica. Era assurdo che quella donna, che non gli piaceva, gli facesse perdere la testa a quel modo, pensò lui. Si tirò su e rimase in ginocchio fra le sue gambe divaricate. Lei cercò di divincolarsi, ma la sua presa sui suoi polsi era fortissima. Guardandola negli occhi Dillon le chiese: «Perché hai cercato di fracassarmi la testa?». «Perché non voglio che mi usi.» Lui non poté fare a meno di osservare il suo corpo. La canottiera sollevata fino al seno, la pancia e le gambe nude, aveva fianchi rotondi e cosce ben tornite, come ogni donna dovrebbe avere, ed era una vera  Lori Foster 

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tentazione. Distogliendo a fatica gli occhi da quel corpo dannatamente femminile, la guardò di nuovo in viso, si accorse che era arrossita. Lui stesso faceva fatica a respirare. «Non ho nessuna intenzione di approfittare di te, Virginia. Non devi aver paura che io possa...» «Non era a quello che alludevo, maledetto idiota, ma al fatto che mi usi  per ottenere del denaro!» Dillon sospirò. Si accorse che lei aveva un brutto graffio su una spalla ed esclamò: «Accidenti! Ti ho fatto male!». «Tu devi essere pazzo! Prima mi rapisci, e poi ti preoccupi perché mi hai fatto un paio di graffi!» «Ti fa male da qualche parte?» «No, solo...» «Fammi vedere.» insistette lui. Lei chiuse gli occhi. «Lasciami andare, maledetto bastardo!» lo minacciò digrignando i denti. «Hai battuto il sedere. Ti fa male?» insistette lui. «Ti prego! Tutto questo è ridicolo!» Dillon la lasciò, si alzò, la aiutò ad alzarsi e le disse: «Tornatene a letto. Il pavimento è gelato». «Perché non mi ridai i miei stivali?» «Perché va bene così.» Lei sibilò un insulto e lui rise. «Cerca di rendertene conto, Virginia. Così come sei non puoi scappare, quindi tornatene a letto prima che ti ci porti io di peso.» Dillon raccolse da terra la padella, la rimise al suo posto e poi prese a raccogliere da terra i tronchi ignorando Virginia. Poco dopo sentì scricchiolare le molle del letto e capì che gli aveva obbedito. Dopo essersi lavato, aprì il frigorifero, ne tolse un pezzo di carne e prese a tagliarlo a pezzetti per farne uno spezzatino. «Cliff sta cercando di accusare di furto mi fratello Wade» le disse. «Wade Sanders è mio fratello, o meglio, il mio fratellastro. È per questo che non portiamo lo stesso cognome e non ci somigliamo. Siamo figli della stessa madre, anche se io praticamente non l'ho mai conosciuta.» Si voltò un attimo verso Virginia, che sembrava non avere nessuna reazione. «Wade è innocente, naturalmente, ma finché non saprò quali  Lori Foster 

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sono le prove che tuo fratello sostiene di avere contro di lui, non posso difenderlo. Di certo noi non abbiamo i soldi che ha la vostra famiglia, e per  affrontare un processo ce ne vogliono moltissimi. Gli avvocati di Cliff   potrebbero crocifiggere Wade anche se è innocente, per cui sono stato costretto ad agire in modo... particolare.» Dillon mise lo spezzatino in una pentola, aggiunse dell'olio e della cipolla, lo mise sul fornello e poi sistemò alcuni tronchi nel camino. Per  quanto lo riguardava nella stanza faceva fin troppo caldo, ma lui era completamente vestito mentre Virginia... Si voltò verso di lei, che era rimasta tutto il tempo muta e immobile, e le disse: «Ho un'altra sorpresa per te. Wade e Kelsey si amano». Virginia si lasciò sfuggire un gemito, ma lui la ignorò. Finì di raccogliere i tronchi sparsi per terra e aggiunse: «Oltre a tutto questo, e indipendentemente da come la pensi tu, qualcuno sta cercando di farti del male. Non so di chi si tratti, ma ho i miei sospetti in proposito». «L'unico che sta cercando di farmi del male sei tu, Dillon.» «Ti sbagli» ribatté lui senza voltarsi, mentre sistemava i tronchi in una  pila accanto al camino. «Non ti ho mentito, a questo proposito. Quando tutto sarà finito ti riporterò a casa e me ne andrò. Non devi temere niente, da parte mia.» «Intendi dire che te ne andrai non appena avrai avuto i soldi?» «Non ho intenzione di chiedere nemmeno un cent, Virginia. Voglio solo scagionare Wade, ma non posso darmi da fare in questo senso se nel frattempo devo preoccuparmi della tua incolumità.» «Hai detto che non appena tutto sarà finito e mi avrai riportata a casa te ne andrai. Posso sapere dove?» Dillon scosse la testa. Non poteva dirle che se ne sarebbe tornato in Messico, dove aveva la sua casa. Meno Virginia sapeva di lui, meglio era. «Con te lontana dal tuo ufficio sarò in grado di esaminare i tuoi file, fare alcune ricerche» le rispose invece. «Vuoi dire che mi hai rapita per poter avere accesso al mio ufficio? Che mi hai drogata e mi tieni prigioniera in questa lurida capanna sperduta nel mezzo del nulla, e che mi hai spaventata a morte, solo per poter avere accesso ai miei file?» gli chiese lei, attonita. In effetti il suo sconcerto era comprensibile, ma non stava tenendo conto che qualcuno voleva farle del male. «Cliff odia Wade e sta cercando di rovinarlo» le ricordò Dillon. «Tutto quello di cui ho bisogno è un po' di  Lori Foster 

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tempo per scagionare mio fratello.» «Non hai mai pensato che possa essere colpevole?» «Lo escludo nel modo più assoluto.» «Anch'io pensavo di saper giudicare le persone» ribatté lei gelida. Dillon la ignoro. «Ormai conosco Cliff abbastanza bene. È un bastardo che vuole che tutto vada come desidera lui, che sia giusto o no. Non sopporta che tu abbia un ruolo importante nella compagnia perché la cosa offende il suo orgoglio, non perché pensi che il tuo lavoro non sia importante, e adesso sta cercando di distruggere Wade perché non vuole che stia con Kelsey, non perché lui è veramente colpevole. Tuo fratello è un insicuro e, come tutti quelli che sono molto insicuri, risolve i propri  problemi in modo surrettizio.» Di nuovo Virginia non disse nulla. Lui si schiarì la gola. «In ogni caso Wade e Kelsey si sposeranno.» «Oh, no!» esclamò lei preoccupatissima. «Kelsey non sa quello che fa. Ha solo ventidue anni e...» «Ne ha quasi ventitré, ed è convinta di fare la cosa giusta. Dice di amare Wade, e so che lui ne è pazzamente innamorato e si prenderà cura di lei.» «Ti prego, Dillon! Devi permettermi di parlare con lei, di farla ragionare! Te ne prego!» Dillon si avvicinò al letto. Virginia era in preda a un autentico attacco di ansia. «Pregare qualcuno non le si addice, signorina Johnson» le fece notare calmo. «Accidenti a te! Non è il momento di scherzare, Dillon!» «Kelsey è incinta, Virginia. Aspetta un bambino da Wade. L'idea di finire in prigione lo terrorizza soprattutto perché Kelsey si ritroverebbe da sola con il bambino.» «Se teneva tanto a lei avrebbe dovuto stare attento e non metterla incinta!» sbottò Virginia. «Sì, avrebbe dovuto stare attento, ma ormai quel che è fatto è fatto. E non dimenticare che mio fratello non era da solo, erano in due.» «Ci sono delle alternative, al matrimonio.» «Per esempio?» ribatté lui stringendo gli occhi. «Potrei aiutare Kelsey ad allevare il bambino. Oggi come oggi le donne non hanno necessariamente bisogno di avere un uomo intorno, per  cavarsela, e io posso provvedere a entrambi. Kelsey è mia sorella, e quel  bambino è mio nipote.»  Lori Foster 

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Dillon si rilassò. Le accarezzò i capelli che il riflesso del camino rendeva ancora più rossi. Andava pazzo, per quei capelli... «Stai suggerendo che Wade dovrebbe rinunciare a suo figlio? Sarebbe questa la tua ingegnosa alternativa?» le chiese. «Io... non lo so. Ho bisogno di un po' di tempo per rifletterci sopra.» «Non c'è tempo, Virginia. Bisogna decidere subito. Wade e Kelsey si sposeranno, e Wade dovrà essere scagionato, se non vuoi avere in famiglia un galeotto.» «Come fai a sapere che Wade non ha rubato quei soldi? Da quello che so ci sono delle prove schiaccianti, contro di lui.» «Sai quali sono?» le chiese Dillon. «E perché te lo dovrei dire? Nel caso te lo sia dimenticato, tu sei il cattivo della faccenda e io la vittima. Non aspettarti che ti renda le cose facili, Dillon.» «Infatti non me lo aspetto» sorrise lui, «ma se non mi dai qualche dettaglio io non ti dico più niente.» sapeva che così lei avrebbe capitolato. «Un momento! Non è giusto! Voglio sapere come stanno veramente le cose!» «Qui non puoi darmi degli ordini, Virginia. So che per te non avere lo scettro del comando è un'esperienza nuova, ma potrebbe essere interessante.» Lei diventò rossa per la rabbia. «Se è la guerra che vuoi, accomodati!» sibilò. «Ma stai tranquillo che la prossima volta non sbaglierò il colpo, con la padella!» Dillon sedette sul bordo del letto. Lei si sollevò le coperte fino al mento e gli rivolse uno sguardo di sfida. Com'era eccitante! pensò Dillon. «Vuoi dire che poco fa hai sbagliato deliberatamente e che la prossima volta cercherai di spaccarmi la testa? Ti ringrazio per l'avvertimento, tesoro. Se non altro potrò prendere le  precauzioni del caso.» «Co... cosa intendi dire?» gli chiese lei, visibilmente spiazzata. «Hai notato che questo è l'unico letto della casa?» Lei socchiuse le labbra come se se ne fosse resa conto solo in quel momento. «Questo è una specie di letto, semmai. È poco più di un giaciglio, e per di più troppo stretto.» «Quindi se dovessimo dividerlo in due saremmo come delle sardine in scatola.»  Lori Foster 

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Lei scosse la testa. «Tu non ti infilerai in questo letto con me, Dillon!» «Dal momento che sei stata così generosa da avvertirmi che intendi spaccarmi la testa, ti avverto che ho intenzione di legarti a quel letto, questa notte.» «Non lo farai!» «Sì, che lo farò. Mi piace svegliarmi con la testa intatta, la mattina.» disse ironico. «Dillon...» «Perché adesso non cerchi di riposare un po', tesoro? Il pranzo sarà  pronto tra un paio d'ore.» Dillon tornò al fornello con un sorriso soddisfatto sulle labbra. Non aveva davvero intenzione di legarla. Era convinto che sarebbe riuscito ugualmente a tenerla a bada, e comunque preferiva avere a che fare con la sua rabbia, piuttosto che vederla impaurita o, peggio, in lacrime.

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Capitolo 8 Dillon era un bravo cuoco, non poteva negarlo, ma il fatto che la guardasse ogni volta che si portava un boccone alle labbra le aveva fatto  passare l'appetito. Sapeva benissimo di avere dei chili di troppo e non voleva che lui pensasse che fosse una mangiona. Anche se la vanità era un sentimento assurdo per una vittima, in fondo lei non si sentiva del tutto una vittima. In qualche modo sarebbe uscita da quella situazione, e quello non era il momento di preoccuparsi della linea, si disse. Dopotutto ci aveva  provato inutilmente per anni. «Non mangi più?» le chiese lui. Era rimasto in silenzio così a lungo che Virginia sussultò rischiando di fare scivolar giù la coperta. Se la risistemò meglio intorno al corpo  pensando che avvolta in quella vecchia coperta di lana come se fosse stata un  sarong  doveva essere ridicola, ma dal momento che Dillon si era di nuovo rifiutato di darle i suoi indumenti si era arrangiata con quella perché era arcistufa di stare a letto. «Non ho più fame» rispose. Lui fece una smorfia. «Devi mangiare, altrimenti ti indebolirai e non  potrai più aggredirmi. Avanti, finisci quello che hai nel piatto.» «No, grazie.» «Non metterti a fare la martire, okay?» Dillon scosse la testa «Mi stai deludendo.» «Devo stare attenta al mio peso» disse lei. «Perché?» La stava prendendo in giro, accidenti! «Perché ho addosso dieci chili di troppo, ecco perché» gli rispose decisa. «Io trovo che ti stanno bene. Molto bene. Ti rendono morbida e rotonda. Le donne troppo magre pungono. Non è un caso che la maggior parte degli uomini preferisca le donne con un po' di carne addosso. Sono dei meravigliosi... cuscini.» In tutta la sua vita Virginia non aveva mai sentito niente di più crudo. Né di più ridicolo. Come osava Dillon parlarle a quel modo, insultandola e facendole allo stesso tempo dei complimenti? «Grazie mille per il suo  punto di vista maschile, signor Jones, ma...»  Lori Foster 

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«In realtà mi chiamo Oaks. Dillon Oaks junior, per la precisione, visto che porto il nome di mio padre.» «Sei un Junior?» «Sì, anche se non lo dico mai a nessuno. Mio padre, decisamente, non è molto popolare da queste parti, e se qualcuno dovesse fare delle connessioni dovrei rispondere a domande cui di solito non mi piace rispondere.» «Vuoi dire che anche tuo padre è un rapitore?» chiese sorpresa Virginia. Dillon si alzò e andò a mettere il proprio piatto nel lavandino. «Rispondo solo se finisci lo spezzatino.» Lei lo finì. Maledizione, era affamata, Dillon sapeva benissimo che era sovrappeso e sembrava che non gliene importasse nulla, e morire di fame  per fargli dispetto non aveva senso. Oltretutto era davvero un ottimo cuoco e quello spezzatino era una vera leccornia. Come lei gli ebbe dato il piatto vuoto da mettere nel lavandino, le sedette di nuovo di fronte e le disse: «Mio padre aveva quasi quarant'anni, quando io sono nato. L'esercito era la sua vita, e quando mia madre gli si  presentò con me di pochi mesi in braccio era l'ultima cosa che si era aspettato. Mi ha detto che è stato il più grande shock della sua vita. Anche  perché mia madre gli disse subito che non voleva saperne di me. A lui era  bastata un'occhiata per capire che ero davvero figlio suo. Anche se ero  piccolissimo gli assomigliavo già in modo incredibile, per cui accettò di occuparsi di me. Poco dopo lasciò l'esercito per fare il padre a tempo  pieno. Fu un gesto eccezionale da parte sua, dato che si sentiva un militare fino al midollo. Aveva fatto la seconda guerra mondiale, la guerra di Corea ed era anche stato in Vietnam, non aveva la minima idea di come si viveva da civili, ma sapeva che, dato che non aveva una moglie, se fosse rimasto nell'esercito non avrebbe potuto allevare bene un figlio». Virginia si sistemò meglio sulla sedia. Lo chalet adesso era caldo, ma  poiché il pavimento era comunque gelido puntò i piedi sul bordo della sedia e si circondò le ginocchia con le braccia. «No ha pensato di darti in adozione?» gli chiese. Dillon la guardò indignato. «Non mio padre. Dal momento che non sapeva niente di bambini ha avuto dei momenti piuttosto difficili, mi ha confessato, ma non ha mai rimpianto di essersi occupato di me. Il sangue è sangue, non faceva che ripetermi, e un uomo degno di questo nome si deve occupare prima di tutto della sua famiglia.»  Lori Foster 

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Era per via di quel principio, e di quell'insegnamento, che Dillon si stava dando tanto da fare per Wade, si disse Virginia, ma comunque lei non scusava il suo comportamento per il solo fatto che aveva avuto una buona ragione per agire come aveva agito. «E poi?» gli chiese. Dillon si strinse nelle spalle. «Dopo aver lasciato l'esercito si è trovato un lavoro regolare, ma la vita civile non lo soddisfaceva. Non si ritrovava nel normale contesto civile, e i civili non si trovavano con lui. C'era in lui qualcosa che spaventava gli uomini e... attirava le donne.» Anche Dillon aveva un'aura poco rassicurante, adesso che lo conosceva meglio, pensò Virginia. E anche lui era terribilmente attraente. «E tu hai mai avuto paura di lui?» «Mai, ma ne ho avuto spesso per lui. A volte, quando stava via per  lunghi periodi, un mese, o anche di più, diventavo ansioso, nervoso, ma lui tornava sempre.» «E nel frattempo chi si occupava di te?» «Una governante. Una bravissima governante.» Virginia non riusciva a immaginare un'esistenza di quel genere. «Forse avrebbe fatto meglio a darti in adozione. Se non altro avresti sempre avuto vicino dei genitori.» «In realtà lui passava con me molto più tempo di quanto non facciano in genere dei normali genitori. Mi ha insegnato tutto quello che sapeva. Come difendermi, come ottenere ciò che voglio, come prendermi cura delle persone che mi stanno a cuore. Mi ha insegnato una morale e dei valori personalissimi, ma che mi hanno aiutato molto nella vita. In poche  parole mi ha insegnato a stare al mondo.» «Se era un padre così eccezionale, come mai ti lasciava solo con un'estranea?» «Perché a un certo punto è diventato un mercenario.» «Vuoi dire che era un killer a pagamento?» gli chiese lei con gli occhi sbarrati. «Detto così sembra un assassino. Non andava in giro a tagliare la gola a degli innocenti. Lavorava per il nostro governo. E anche per qualche altra Agenzia.» «Ne parli con orgoglio» commentò lei. Se uno dei suoi genitori avesse avuto un'attività del genere lei sarebbe morta per il dispiacere, pensò, mentre Dillon sembrava compiaciuto del sordido mestiere di suo padre. «No, so solo che ha fatto tutto quel che poteva per potermi tenere con sé,  Lori Foster 

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 per farmi capire che teneva a me più che a ogni altra cosa, che nella sua vita io venivo prima di tutto. Ho sempre saputo che, qualunque cosa fosse successa, lui sarebbe stato lì per me, che se mi fossi trovato in pericolo sarebbe accorso in mio aiuto, che avessi ragione o no. È a questo che serve la famiglia. A darti aiuto e supporto.» Virginia non aveva mai pensato alla propria famiglia in quei termini. I suoi genitori le avevano sicuramente voluto bene, nonostante lei non fosse la loro preferita, ma Dillon parlava come se la vita fosse una guerra piena di rischi, trappole e traversie; probabilmente perché quello era l'unico mondo che aveva conosciuto. Provò un moto di pena per lui, ma lo combatté subito. Non voleva sentirsi dispiaciuta per lui: quello che le aveva fatto era imperdonabile.  Non aveva creduto nemmeno per un attimo che l'avesse rapita per metterla al sicuro: voleva semplicemente frugare nel suo ufficio per difendere suo fratello. Se Cliff lo avesse sorpreso sarebbe finito in prigione. Doveva trovare assolutamente il modo di ragionare con lui. Convincerlo a lasciarla andare. Dillon prese uno strofinaccio e pulì il tavolo. «So usare tutti i tipi di armi, ma il mio strumento migliore per difendermi e attaccare sono le mani» le spiegò. «Mio padre ha incominciato a insegnarmi l'autodifesa quando avevo sei anni. Mi ha insegnato tutto sulla sicurezza, come organizzarla e come violarla. Sono molto bravo, nel mio lavoro, ed è per  questo che Cliff mi ha assunto.» «Sei anche tu un mercenario come tuo padre?» lo incalzò lei sarcastica. «No, possiedo un ranch nel quale allevo cavalli, e ci vivo con lui da quando, qualche anno fa, si è ritirato dalla professione.» Dillon le sorrise e le chiese: «Ti va di fare una partita a carte?». «Stai scherzando, vero?» «No. Visto che siamo chiusi qua dentro, sarebbe un modo carino per  distrarci prima che sia ora di metterci a letto.» Il solo pensiero la turbò. Virginia distolse lo sguardo. Niente, nella sua vita, l'aveva preparata a un uomo come quello e non aveva idea di come comportarsi. «Mi lascerai qui da sola per andare a frugare nel mio ufficio?» gli chiese. «Sì. Conto di andarci domani mattina, ma qui sarai al sicuro.» «Al sicuro? E se dovesse succedermi qualcosa? Ti rendi conto che in questo buco non c'è un telefono? Nessuno che possa darmi una mano in  Lori Foster 

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caso di bisogno?» Dillon prese dal cassettone un mazzo di carte. «Esatto. Non c'è telefono e non ci sono dei vicini, per cui mentre farò le mie ricerche sarai completamente sola, ma se incominci a dirmi qualcosa me la sbrigherò in  poche ore.» Virginia si strinse nelle spalle. Se fosse rimasta sola sarebbe riuscita a scappare. Avrebbe seguito le tracce del camioncino e prima o poi avrebbe raggiunto la strada e fatto l'autostop. Già, ma non aveva i vestiti, maledizione! «Senti, ho un gran freddo. Non potresti darmi i miei indumenti? E i miei stivali?» gli chiese raggomitolandosi ancora di più nel letto. Dillon finì di stendere il suo solitario, poi senza sollevare gli occhi rispose: «Mi hai preso per uno stupido? Non hai una sola possibilità di lasciare questo posto. Siamo miglia e miglia lontani da tutto ed è caduta moltissima neve. Domani mattina ce ne sarà uno strato alto quasi mezzo metro.» «Ma tu intendi partire lo stesso.» «Il camioncino ha la doppia trazione e le catene.» «Bastardo!» sibilò lei tra i denti. «Possiamo fare un patto, se vuoi.» «Che tipo di patto?» chiese lei dopo una breve esitazione. «Vediamo. Mi hai drogata, rapita e mi hai rubato i vestiti. Mi chiedo di cos'altro saresti capace.» «Ti ho detto e ridetto che non ho intenzione di farti del male.» «Mi avevi anche detto...» Virginia s'interruppe, incrociò le braccia sul  petto e si appoggiò allo schienale. «Dammi le prove che Cliff sostiene di avere contro Wade, dammi il tempo per dimostrare che sono false e ti riporto subito a casa. Forse riusciremo anche a scoprire chi è il vero ladro.» Dillon continuava a tenere gli occhi sulle carte, e la cosa la stava innervosendo parecchio. Virginia rifletté sulla sua proposta. Che male avrebbe potuto derivare dal fatto che fosse al corrente delle prove di Cliff? si chiese. Constatando la sua colpevolezza, avrebbe aiutato Wade a scappare all'estero e lui non avrebbe sposato Kelsey. Non gli avrebbe detto che era stata lei, e non Cliff, a scoprire gli ammanchi, comunque. Non finché fosse stata sua prigioniera. «Se sapessi in cosa consistono quelle prove potrei sbrigarmi in fretta»  Lori Foster 

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insistette lui. «E se, come penso, sono false o distorte, potrei evitare a mio fratello sia un processo sia la detenzione preventiva solo perché Cliff non vuole che lui sposi Kelsey.» «È questo che pensi? Che Cliff abbia messo in piedi questa storia per  evitare che Wade sposi la nostra sorellina?» «Sì, perché è così che agiscono i vigliacchi. Con l'inganno e nell'ombra.» «Detto da te suona un po' grottesco.» Possibile che avesse inavvertitamente fornito a Cliff il perfetto strumento per una vendetta? si chiese sconcertata Virginia. In effetti, ora che ci pensava, quando gli aveva mostrato quei conti artefatti al di là della rabbia gli era sembrato stranamente soddisfatto. Lei, all'inizio, non aveva la minima idea di chi potesse essere stato, e infatti aveva incaricato un investigatore di fare per conto suo un'indagine che era tutt'ora in corso, ma  poi Cliff era saltato fuori col nome di Wade e... E poi c'erano gli ultimi strani fatti che le erano successi. «Stai sostenendo che Cliff sapeva da tempo che Wade e Kelsey si frequentavano e non mi ha mai detto niente?» gli chiese. «Probabilmente voleva occuparsi della cosa personalmente, senza interferenze da parte tua. Tu lo tratti come se fosse ancora un ragazzino.  Non mi stupisce che desideri fare qualcosa per conto suo.» «Adesso lo difendi?» «Niente affatto. Penso soltanto che tuo fratello sia un pazzo, a  permetterti di dargli ordini a quel modo. Un vero uomo ti avrebbe mandata al diavolo tanto tempo fa.» Virginia dimenticò la sua attuale posizione, dimenticò tutto tranne l'orgoglio. La compagnia era la sua vita, l'unica cosa in cui fosse riuscita nella sua esistenza, la fonte della sua indipendenza e del suo potere, e adesso Dillon la riduceva a una qualsiasi donnetta assetata di dominio! Si alzò talmente di scatto che la sedia cadde all'indietro. «Senti» le disse lui. «Io avrei voluto che tu collaborassi con me per  chiarire questa storia, la cui verità andrebbe anche a beneficio della compagnia. Tu hai delle grandi capacità, sei determinata e forte. L'errore  più grosso di Cliff è di cercare di sminuire le tue doti invece di trarne un vantaggio comune, secondo me.» Lei sembrò calmarsi. E sembrò stupita dalle sue parole. «Stai solo cercando di blandirmi» gli disse dopo qualche attimo.  Lori Foster 

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«No, Virginia. Sai anche tu che quello che ho detto è vero. Cliff avrebbe molto più successo, con te al suo fianco, ma è così stupido che fa di tutto  per tenerti nell'ombra.» «È quello che sostengo anch'io» dovette ammettere lei. «Non ne dubito, ma immagino che tu lo abbia fatto con violenza e molta arroganza. Devi trovare un altro modo con lui, credimi.» «Ma senti! Adesso devo prendere lezioni di strategia aziendale da uno sporco rapitore!» sbottò lei. «Dimmi in cosa consistono le prove di Cliff, Virginia.» Lei esitò di nuovo, poi raccolse la sedia e sedette. «Okay. Come   probabilmente sai, Wade è stato licenziato. Io volevo semplicemente sospenderlo, ma Cliff non ne ha voluto sapere. Gli ho ricordato che lavora con noi da anni e che in tutto quel tempo non era mai successo niente, che sarebbe stato il caso di indagare anche in altre direzioni, ma è stato inutile.  Non sapevo che mia sorella stesse frequentando Wade. Fino a poco tempo fa viveva lontana da noi, non si interessava della compagnia e io e lei ci   parlavamo di rado. Come sai, Wade è stato allontanato con molta discrezione, ma il fatto è che da quando è stato licenziato non è più mancato nemmeno un cent.» Virginia lo guardò, e all'improvviso si rese conto che gli credeva, che credeva che Dillon avesse fatto tutto per suo fratello. «Dal giorno in cui è stato licenziato non è più mancato un cent.» ripeté. «Cliff ha assunto due investigatori, io ne ho assunto uno per conto mio e tutti e tre sono convinti che non si sia trattato di un errore contabile, ma di una sottrazione sistematica di piccole somme che alla fine costituiscono una grossa somma.» Virginia fece una pausa, e vedendo che Dillon non cambiava espressione, né reagiva, gli disse: «Non ti rendi conto che questa è una  prova schiacciante?». Lui si alzò e le andò vicino. Le sollevò il mento, si chinò verso di lei e la  baciò. La baciò con una tenerezza inaspettata, poi le disse: «È ora di mettersi a letto, tesoro. Forse ti farebbe piacere fare una doccia calda,  prima di coricarti». Lei lo guardò stupefatta. «Dillon, hai sentito quello che ti ho detto? Che Wade sia colpevole è evidente!» «Vai a farti una doccia calda, Virginia. Ci sono degli asciugamani puliti, nel bagno, e immagino che tu abbia portato con te tutto l'occorrente per la toeletta.»  Lori Foster 

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«Dillon, devi dare un taglio a questa storia, altrimenti verrai incriminato anche tu come complice di un delinquente!» «Ti sbagli, Virginia. Non ti dice niente il fatto che Cliff lo abbia accusato ancor  prima di avere la sua preziosa prova?» «N... no, non ci avevo pensato» ammise lei. «Di certo qualcun altro all'interno della compagnia era al corrente della cosa. Di sicuro lo era il colpevole, che naturalmente dopo l'allontanamento di Wade si è guardato bene dal sottrarre altri soldi. E che probabilmente è la stessa persona che sta cercando di farti del male.» «E per quale motivo?» «Ancora non mi è del tutto chiaro.» «Senti, se non è stato Wade e tu pensi di riuscire a scoprire chi è stato, il  problema è risolto e possiamo tornare a casa» gli disse Virginia. Dillon scosse la testa. «Hai dimenticato la faccenda dei freni e dell'intruso? E non guardarmi in quel modo, accidenti! I tuoi freni erano stati messi fuori uso volutamente, e qualcuno è entrato in casa tua servendosi di una chiave. Se non fossi stato con te non sappiamo cosa sarebbe successo, e l'idea che qualcuno possa farti del male non mi piace  per niente. Non permetterò che succeda.» Dillon le fece una carezza sulla guancia. «Mi dispiace, ma la faccenda non è affatto risolta. Sono convinto che questi avvenimenti siano legati tra loro, il che accorcia di molto la lista dei sospetti.»

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Capitolo 9 Virginia avrebbe voluto che si spiegasse, ma Dillon non aveva cuore di dirle tutta la verità. Non ancora. Non prima di avere altre informazioni. Sarebbe già stato abbastanza penoso spiegarlo a Wade. Ormai si era abituato all'idea che la colpa di tutto quel pasticcio fosse di Cliff, ma più rifletteva più si convinceva che doveva aver goduto dell'aiuto di qualcun altro, perché non era abbastanza abile da mettere in piedi un raggiro del genere tutto da solo. Avrebbe dovuto pensarci prima, accidenti! Il fatto che, cosa di cui ormai era definitivamente convinto, gli episodi contro Virginia e la faccenda del furto fossero collegati poteva solo significare che Cliff, se non aveva agito di persona, aveva incaricato qualcuno di manomettere i freni della macchina di sua sorella e di nascondersi poi nella sua casa. Comunque stessero le cose, Dillon aveva intenzione di distruggerli tutti, e sperava solo che Virginia non ne venisse travolta. Mentre fissava il fuoco nel camino, ascoltava il rumore della doccia con la consapevolezza che lei era a pochi metri da lui, nuda, bagnata e  preoccupata. Dio, quanto la desiderava! Quanto avrebbe voluto prenderla tra le braccia e confortarla, proteggerla dalla sua scombinata famiglia! Quando prima l'aveva baciata aveva provato una grande dolcezza, una sentimento che non aveva mai sperimentato prima. Non era stato un fatto di passione, aveva semplicemente voluto confortarla, farle sentire che capiva il suo stato d'animo... Di solito le sue relazioni con le donne erano meramente sessuali. Non aveva mai avuto il tempo, né la voglia, di avere delle relazioni sentimentali, ma con Virginia gli stava capitando qualcosa di diverso. Si sarebbe accontentato di limitarsi a baciarla per tutta la notte... Questo non significava che non desiderasse pazzamente fare l'amore con lei, comunque. Perdersi in quel suo corpo sensualissimo fino a dimenticare tutto e tutti. Ma era un sogno impossibile, oltre che poco prudente. Il rumore della doccia cessò e lui chiuse gli occhi. La immaginò intenta ad asciugarsi le curve generose, il seno prosperoso... L'eccitazione che quelle immagini gli suscitarono fu quasi dolorosa, tanto era intensa e impossibile da controllare.  Lori Foster 

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Si alzò e si avvicinò alla finestra sopra il lavandino. La neve che continuava a cadere fitta coprendo tutto, lo avrebbe aiutato a mettere in atto il suo piano. Muoversi da lì sarebbe stato difficile anche  per lui che aveva a disposizione il camioncino... La porta del bagno si aprì leggermente e lui si voltò. «Ho bisogno di mettermi qualcosa di pulito» gli disse Virginia attraverso lo spiraglio. Dillon sospirò. «Purtroppo, meno sei vestita più sei al sicuro.» Lei si accigliò. «Non posso rimettermi la biancheria che ho tenuto addosso per tutto il giorno, quindi dammi almeno quella!» Lui rifletté un attimo, poi disse: «Okay. Torno subito». Si avviò alla porta. Lei esclamò con un tono allarmato: «Dillon!». «Torno subito, stai tranquilla» la rassicurò lui, dispiaciuto di averla resa così insicura. «Vado solo fino al camioncino per prenderti un cambio e una delle mie camicie.» Rifletté un attimo e poi aggiunse: «Non pensare di spaccarmi la testa. Non potresti fuggire comunque. Ho staccato alcuni fili del motore e non riusciresti a mettere in moto il camioncino». Virginia sbatté la porta. Quando Dillon rientrò con il cambio e una camicia per lei e qualcosa per  sé, Virginia era ancora nel bagno, e quando lui bussò si limitò ad allungare una mano fuori dalla porta per prendere ciò che le aveva portato. Lui sedette di fronte al camino, riflettendo su come comportarsi con lei. Aveva imparato che per molte persone era più facile accettare l'idea di avere una chance che di essere completamente dominate, ma era determinatissimo a portare avanti il suo piano senza ripensamenti. Sapeva che al momento Virginia lo detestava, ma doveva trovare il modo di metterla a proprio agio in modo che si addormentasse e lui potesse abbassare un momento la guardia. Poco dopo uscì dal bagno con la sua camicia, e la coperta sulle spalle come il mantello di una regina. Lui si alzò e le disse: «Okay, mettiti a letto». Lei sbarrò gli occhi. «Cosa hai in mente di fare?» «Ti ho detto che ti avrei legata, no?» «No!» «Non voglio rischiare che tu mi aggredisca di nuovo.» «Tu non mi legherai, Dillon!» Dillon odiò se stesso. Si sentì come un animale, ma non aveva scelta.  Lori Foster 

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«C'è solo un'altra possibilità» le disse. «Che io dorma con te, in modo da sentire ogni tuo movimento. Per mia fortuna ho il sonno leggero. Potrei anche dormire sulla sedia, naturalmente, ma in questo caso dovrei legarti. A te la scelta.» «Non c'è nessuna scelta, ma va bene. Abbiamo bisogno entrambi di dormire.» «Va bene cosa?» «Dormiremo insieme.» Dillon rimase per un attimo senza parole. «Qual è il problema?» gli chiese lei. «Mi hai fatto capire chiaramente che non mi vuoi, quindi...» Lui non rispose. Non poteva rispondere. Virginia era per caso cieca? si chiese. Possibile che non si fosse resa conto di quanto lo eccitava? Eppure aveva sicuramente già avuto degli amanti, dato che aveva trent'anni. Avrebbe dovuto riconoscere i segni del suo desiderio, tanto più che erano così evidenti... Anche in quel momento era così eccitato che sarebbe bastata una sua carezza per farlo esplodere... Annuì. Aveva bisogno di una doccia fredda, si disse. Come avrebbe  potuto dormirle accanto senza toccarla? si chiese mentre si dirigeva verso la porta del bagno. Dopo averla richiusa, vi appoggiò le spalle e chiuse gli occhi respirando ripetutamente a fondo, poi si infilò sotto la doccia che dopo l'uso che ne aveva fatto Virginia ormai era appena tiepida e girò la manopola per avere l'acqua fredda. Era quasi gelata, ma non servì a calmare i suoi bollenti spiriti. Come  poteva presentarsi a lei in quelle condizioni? si chiese sconcertato. Non gli era mai capitata una situazione del genere... Dovette rimanere a lungo sotto l'acqua fredda, prima di essere   presentabile. Si asciugò, si mise degli slip e una t-shirt puliti e infilò nuovamente i jeans. Sdraiarsi accanto a Virginia senza quelli come  protezione sarebbe stata una pazzia. Si lavò i denti, si ravviò i capelli con le dita e tornò nella stanza, rischiarata solo dai riflessi delle fiamme del camino. Virginia era già nel letto, effettivamente molto stretto. La rete cigolò, quando lui fece per stendersi accanto a lei, che si spostò il  più possibile verso la parete tenendosi al materasso per non rotolare verso di lui, cosa che invece avrebbe fatto molto volentieri in altre circostanze. «Questo letto è davvero molto stretto» ribadì.  Lori Foster 

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Virginia dalla sua estremità non rispose. «Forse sarebbe meglio se ci abbracciassimo.» «Forse sarebbe meglio se chiudessi la bocca e cercassi di dormire!» ribatté lei. «Okay.» «Dillon?» lo chiamò Virginia dopo qualche minuto. «Sì?» «Cosa faresti se scoprissi che Wade è colpevole?» «Credo che lo riempirei di pugni.» «Anche se è tuo fratello?» «Soprattutto per quello. Non lo farei certo finire in prigione, ma gli farei capire a calci che quello che ha fatto è terribile e che c'è un prezzo da  pagare.» «È bello che tu lo difenda. Non tutti i fratelli sono come te.» «Alludi a Cliff? E tu cosa faresti se saltasse fuori che lui o Kelsey hanno infranto la legge? Che è stato uno di loro a rubare quei soldi?» «Non lo so. Non ho le idee chiare come te, in proposito.» «Ma tu li ami entrambi, no?» «Sì, ma non abbiamo il rapporto che tu evidentemente hai tu con tuo  padre e Wade.» «Potreste cercare di averlo.» «Ormai è troppo tardi. Se tu riesci a scagionare Wade e lui sposerà Kelsey, la nostra famiglia sarà ancor più separata.» «Non è detto. I problemi possono distruggere le famiglie come riunirle. Se dai a Wade una chance, e credo che quello che penso a proposito del furto abbia un serio fondamento, alla fine potresti scoprire che le cose sono migliori di quanto non pensi.» «Ah!» esclamò Virginia voltandosi verso di lui. «Mi hai rapita, ti rifiuti di dirmi chi è secondo te il vero colpevole e dovrei crederti?» «Dammi il tempo di confermare certi miei sospetti e ti dirò tutto.» «Quando?» «Domani stesso, probabilmente. Non appena sarò tornato.» «Potrei cercare di scappare.» «Non lo farai. Non hai davvero paura di me, non temi per te stessa e la tua famiglia e quindi non hai motivo di scappare.» «Tu non puoi sapere cosa provo.» «Lo so, invece. Sai benissimo che non ti farò del male e sei ansiosa di  Lori Foster 

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sapere come stanno veramente le cose. Domani, dopo che sarò tornato, decideremo cosa fare.» «Davvero mi dirai tutto?» «Te lo prometto.» «Okay. Accetto la parola del mio rapitore, dato che non ho scelta.» Virginia sospirò. «Cliff mi farà passare le pene dell'inferno, per questa storia.» «Questo lo vedremo.» Virginia si voltò di nuovo verso la parete. «Buonanotte, Dillon.» Dillon si limitò ad annuire. Non si era mai sentito più scomodo e a disagio, ma si disse che doveva trovare il modo di dormire. L'indomani sarebbe stata una giornata pesantissima ed era necessario che fosse in forma. Mezz'ora dopo Virginia respirava regolarmente nel sonno, e il fatto che fosse rotolata contro di lui era una tortura. Si voltò in modo da darle la schiena e si mise a fissare il camino riflettendo ulteriormente sulla situazione e i personaggi che vi erano coinvolti, ma ignorare la presenza di quel corpo morbido e caldo contro il proprio era impossibile. Se le cose stavano come lui sospettava, non sapeva come avrebbe fatto a proteggere Virginia dalla tegola che le sarebbe caduta sulla testa. Il solo pensiero gli era insopportabile, e se ne chiese la ragione. La verità era che lei gli piaceva, molto, e quella consapevolezza lo spaventò. Ma ciò che provava era troppo forte, perché potesse negarlo... Virginia si svegliò accaldata, sudata, turbata. Si accorse di essere finita addosso a Dillon, al suo corpo altrettanto caldo, sudato, eccitato. La sua eccitazione le premeva contro lo stomaco e lei teneva una guancia appoggiata sul suo petto e un braccio abbandonato sopra il suo stomaco. Aprì lentamente gli occhi e vide che lui la stava guardando. «Ti sei svegliata» le disse con voce roca, e l'abbracciò. «Dillon...» sussurrò lei. «È bello averti accanto così calda e languida. Mi piace moltissimo.» Virginia non si mosse. Non volle farlo. Si era addormentata desiderandolo come non aveva mai desiderato nessun altro uomo, e adesso... Quando prese ad accarezzarla, non cercò di fermarlo. Dillon era un tipo forte, ma poteva essere anche il più delicato e tenero degli uomini. Le sue  Lori Foster 

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carezze erano quanto di più desiderabile potesse esserci al mondo, e quando divennero più audaci gemette di piacere. Lui guidò la sua mano verso la sua eccitazione e le suggerì come accarezzarlo a sua volta, e mentre lei lo accontentava le accarezzò i capelli respirando in modo sempre più affrettato. Poi, all'improvviso, la bloccò. Prese a baciarla sui seni, sulle cosce, sullo stomaco e le mormorò: «Dio, come sei sexy!». Lei si eccitò ancora di più, sentendo quelle parole, e sentì il proprio corpo diventare sempre più sensibile sotto le sue audaci carezze e i suoi  baci proibiti. Si accorse che di minuto in minuto gli si abbandonava sempre più, che a  poco a poco stava perdendo il controllo di sé, ma si accorse che non gliene importava nulla. Era come se una forza soverchiante avesse messo a tacere la sua volontà, la sua razionalità, il suo orgoglio. «Dillon...» sussurrò di nuovo inarcandosi contro di lui. Non si era mai sentita così, non era mai stata in preda a un desiderio così forte. Era come se solo quello contasse, se le importasse solo di arrivare al culmine. Ma Dillon sembrava non avere nessuna fretta. Continuò ad accarezzarla e a baciarla finché il piacere divenne quasi una tortura. Voleva che Dillon entrasse in lei, che quel desiderio disperato avesse la sua conclusione, ma sembrava che lui traesse un piacere immenso nel vederla struggersi di desiderio. «Ti prego...» non poté fare a meno di implorarlo. «Non ancora, tesoro. Voglio che ricordi tutto questo a lungo. Ti voglio dare qualcosa che non hai mai avuto prima.» «Ma io...» ansimò lei. «Ssh... Questa volta non hai scelta.» Poco dopo Virginia non sapeva più dove si trovava. Dillon giocò ancora a lungo col suo corpo portandolo al limite. Voleva farla impazzire? si chiese vagamente lei pregandolo, implorandolo di porre fine a quello stillicidio, e poco dopo lui la fece esplodere con un lungo, sensualissimo  bacio proibito. Lei gridò, mentre veniva travolta dal piacere. Per un tempo che non avrebbe saputo quantificare giacque immobile, col respiro corto, gli occhi chiusi, persa al mondo, a se stessa, a tutto. Era a malapena consapevole delle braccia di Dillon che la tenevano stretta a sé, sussurrandole parole che in un altro momento non avrebbe sopportato di sentirsi dire.  Lori Foster 

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Quando finalmente ebbe il coraggio di riaprire gli occhi, lui la stava guardando e sorrideva, il viso arrossato, i capelli scompigliati, le labbra socchiuse e ancora umide di lei. «Dormi, adesso» le sussurrò. «Ma tu...» «Dormi, tesoro.»  Nonostante si sforzasse di restare sveglia, presto gli occhi le si chiusero e scivolò nel sonno. L'ultima cosa di cui ebbe percezione fu che dopo averle sistemato addosso la coperta Dillon le aveva messo una mano sullo stomaco e le aveva accostato le labbra alla tempia. Pensò vagamente che non si era mai sentita soddisfatta fisicamente come in quel momento, e che era la prima volta che dormiva con un uomo dopo aver fatto l'amore con lui... Poi non fu più consapevole di nulla. Quando si svegliò, dall'unica finestra dello chalet entrava una luce  bianca di neve. La testa le ronzava come se la sera prima avesse bevuto troppo, e non le ci volle molto per scoprire che era sola nel letto e che Dillon non era più nello chalet. Si alzò di scatto, scese a terra e corse alla porta. Poi vide che sul tavolo c'era un biglietto e lo prese col cuore che le batteva all'impazzata. Dillon se n'era andato.

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Capitolo 10 Dillon era di pessimo umore. Si sentiva un codardo, per essere sgattaiolato via in quel modo dallo chalet, approfittando del fatto che Virginia era profondamente addormentata. Aveva avuto con lei la più incredibile esperienza sessuale della sua vita, e non aveva nemmeno fatto l'amore con lei fino in fondo... Dopo aver parcheggiato nel posteggio del suo condominio, si passò una mano sulla barba ormai ispida. Quando aprì la portiera fu investito da una ventata di gelo, e subito il suo pensiero andò a Virginia e si chiese se la legna che le aveva messo nel camino sarebbe bastata a tenerla al caldo fino al suo ritorno. Guardò l'orologio. Aveva meno di un'ora per presentarsi da Cliff, e doveva esaminare i file di Virginia prima che arrivassero gli altri.  Non appena fosse saltato fuori che lei era sparita sarebbe scoppiato un   pandemonio, e ottenere le informazioni che gli servivano sarebbe stato ancora più difficile. Doveva sbrigarsi. Voleva tornare al più presto da Virginia per  assicurarsi che dopo quella incredibile notte stesse bene. Fece una doccia calda, si rasò, si cambiò e uscì di nuovo per recarsi alla compagnia. Cliff, seduto alla sua scrivania, stava terminando di leggere la posta. Dillon attendeva impazientemente che avesse finito. Data la sua posizione possedeva le chiavi di tutti gli uffici e aveva avuto modo di consultare i file di Virginia perché la sua segretaria non era ancora arrivata. Rintracciare quelli che lo interessavano era stato un lavoro di grande pazienza, ma poi aveva notato sulla scrivania di Virginia una  busta priva di mittente e l'aveva aperta. Conteneva due dischetti con una piccola nota che aveva portato subito in macchina con il computer portatile di lei, e adesso non vedeva l'ora di tornare allo chalet per chiederle delle spiegazioni. Pur sapendo che stava facendo fare delle indagini per conto suo, era stato assalito da una gran rabbia. Perché non gli aveva parlato dei suoi sospetti riguardo al furto? Perché non si fidava abbastanza di lui o perché  Lori Foster 

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aveva un qualche interesse a far condannare Wade? Tutto quello di cui aveva bisogno adesso era che Cliff sapesse che Virginia non si era presentata al lavoro, la qual cosa sarebbe avvenuta da un momento all'altro. Nella sua agenda aveva visto che quella mattina aveva un appuntamento per il quale era già in ritardo e... «Allora» disse Cliff mettendo da parte la posta. «Hai scoperto qualcosa?» «Alludi a tua sorella?» chiese l'altro. Lui annuì. «Devo assolutamente sapere cosa sta combinando, cosa ha in mente. Sai che ieri è scomparsa per tutta la giornata? Si è presa una giornata libera ma non ha detto alla sua segretaria dove sarebbe andata.» «Lo so. Ho dato un'occhiata alla sua agenda e non c'era nessun appunto riguardo a ieri.» «La sua agenda... Accidenti, non ho pensato a consultarla. Forse dovrei darci un'occhiata. Voglio dire, è possibile che ci sia qualcosa che per te non significa niente, ma che potrebbe illuminarmi. Come per esempio un appuntamento col suo complice.» «Li ho controllati tutti e non c'è niente che non sia... regolare» ribatté Dillon. «La cosa non mi ha sorpreso, comunque. Virginia non è affatto stupida né ingenua, e se sta combinando davvero qualcosa alle tue spalle non ha certo segnato appunti sospetti nella propria agenda.» «Già» fece Cliff. Dei colpetti alla porta annunciarono l'arrivo di Laura che portò loro del caffè. Aveva un'espressione preoccupata che Cliff non notò perché non si  prese la briga di guardarla. «Signor Johnson» gli disse mentre gli porgeva la sua tazza, «la segretaria della signorina Johnson mi ha detto che non è ancora arrivata in ufficio.» «Virginia in ritardo? Inaudito!» esclamò lui. «Sì, signore. Il fatto è che pare che avesse un appuntamento mezz'ora fa con il signor Wilson, lui afferma che si dovevano vedere per una questione importante.» Cliff prese automaticamente la cornetta e compose un numero. Dillon mantenne un'espressione impassibile. «A casa non risponde» disse poco dopo Cliff riattaccando. «Evidentemente sta venendo qui.» Si rivolse a Laura. «Fai venire qui il signor Wilson. E fatti mandare subito dalla segretaria di Virginia il suo file al riguardo.»  Lori Foster 

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«Ma la signorina Johnson potrebbe arrivare da un momento all'altro...» obiettò lei. «Non ho nessuna voglia di aspettarla» ribatté Cliff. «Fai come ti ho detto.» «Forse dovresti rifletterci un momento» gli suggerì Dillon non appena Laura se ne fu andata. Cliff si rabbuiò ancora di più, si alzò e prese a camminare avanti e indietro con l'aria di non sapere cosa fare. «Secondo me dovresti dire al signor Wilson che Virginia non sta bene» continuò Dillon. «C'è un'epidemia di influenza, in giro, quindi è plausibile. Si tratta di spostare l'appuntamento di un paio di giorni. È inutile creare degli allarmismi nella compagnia.» «Ma dove diavolo può essere finita?» gli chiese Cliff con un tono ansioso. «Sembri preoccupato» gli disse lui, incuriosito dalla sua reazione. Il telefono squillò e Cliff si affrettò a inserire il vivavoce. Era la segretaria di Virginia che gli diceva che non poteva dargli il file del signor  Wilson perché non aveva la chiave d'accesso al computer. «Le risultano altri appuntamenti, per questa mattina?» le chiese lui sempre in tono ansioso. «Ne ha altri tre qui in ufficio e uno fuori all'ora di pranzo» rispose la donna. «Continui a telefonare a casa sua, e se la trova me lo faccia sapere subito» le disse Cliff prima di interrompere la chiamata. Sedette di nuovo dietro la scrivania e disse come tra sé: «Ieri e anche oggi. Qualcosa non va. Dev'esserle successo qualcosa, accidenti! In tutti questi anni non ha mai, mai, saltato un appuntamento!». Dillon si alzò lentamente. Quella di Cliff era una preoccupazione vera, quindi dopotutto era in pensiero per la sorella, rifletté. Se era stato lui a sabotare la sua macchina e a mandare qualcuno a casa sua, come mai adesso l'idea che potesse esserle successo qualcosa lo preoccupava tanto? «Tu cosa pensi che possa esserle successo?» gli chiese. «E come diavolo faccio a saperlo? Forse il suo complice le è diventato nemico. Sono sicuro che si è coinvolta con qualcuno. Santo cielo, ormai dovrebbe saperlo che se un uomo si interessa a lei è perché ha dei secondi fini! Che non deve fidarsi!» Dillon dovette reprimere un moto di rabbia. «Virginia è una donna di  Lori Foster 

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  buon senso, Cliff. Non mi sembra tipo da mettersi in una situazione rischiosa» gli fece notare. «È troppo testarda per non correre dei rischi. Si butta nelle situazioni come se niente possa fermarla o sfuggire al suo controllo e tutti debbano obbedire ai suoi ordini!» Dillon pensò a come si era abbandonata, a come lo aveva pregato, implorato per il desiderio, a come aveva gridato quando aveva raggiunto il culmine del piacere. A come si era sottomessa alla sua volontà. «Maledizione! Dove diavolo si è cacciata?» imprecò Cliff. Dillon pensò che doveva tornare al più presto da lei. Quando tutto si fosse risolto, lei e Cliff se la sarebbero vista tra loro come meglio credevano. Il loro rapporto non era un suo problema, non lo riguardava. «Ti suggerisco di dire al signor Wilson che Virginia si è improvvisamente ammalata e che si vedranno non appena lei starà meglio. L'ultima cosa di cui hai bisogno è di gettare nel panico la compagnia. Io adesso faccio un salto a casa sua, mi assicuro che non sia là e chiedo ai suoi vicini quando l'hanno vista per l'ultima volta.» «Pensi anche tu che le sia successo qualcosa?» Cliff era terribilmente pallido e di nuovo Dillon si chiese cosa provasse veramente per sua sorella. «Non ne ho idea, ma per prima cosa voglio dare un'occhiata a casa sua» rispose. «Ti chiamo più tardi, okay? Non preoccuparti, e non dire a nessuno che è sparita. Ha preso una brutta influenza, è rimasta a letto e non risponde al telefono, d'accordo?» Cliff annuì distrattamente. Lui aprì la porta e si trovò davanti Laura con il signor Wilson. Si presentò all'uomo, e gli disse che gli dispiaceva, ma avevano appena appurato che Virginia era a casa con una brutta influenza. Dopo che ebbe richiuso la porta, Laura uscì a sua volta nel corridoio e lo chiamò. «Virginia non ha niente di grave, vero?» gli chiese in un tono ansioso. Era davvero preoccupata anche lei? si chiese Dillon. «No, stia tranquilla. Ha solo una brutta influenza che l'ha messa momentaneamente a terra.» «Meno male. Ero preoccupata. Le porti i miei auguri, per favore.» «Non credo che la vedrò prima di lei» rispose pronto Dillon, ma la supposizione di Laura che lui potesse frequentarla lo aveva turbato. «Già, certo» annuì lei imbarazzata. «Chissà come mi è venuto in mente di...»  Lori Foster 

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Lui si strinse nelle spalle e se ne andò. Virginia era il tipo di donna con cui effettivamente avrebbe potuto avere una relazione seria, rifletté. Aveva una volontà di ferro, era intelligente e indipendente. Era anche la donna   più sensuale che avesse mai incontrato, ne era convinto anche se non avevano fatto l'amore fino in fondo. Averla semplicemente tra le braccia,  baciarla e accarezzarla era stata un'esperienza che non avrebbe dimenticato facilmente. E quando se ne fosse andato si sarebbe lasciato dietro un pezzo di cuore, ne era sicuro. Sentì il grido di Virginia non appena si avvicinò alla porta dello chalet, e il sangue gli si gelò nelle vene. Aprì in fretta, immaginando scene di ogni genere, ma tutto quello che vide fu Virginia che, con la sola camicia indosso, saltellava per la stanza menando dei colpi per terra con l'attizzatoio. Come lo vide, corse a rifugiarsi fra le sue braccia e cercò di saltargli in  braccio. Poi si voltò in direzione del camino e indicò balbettando qualcosa  per terra. Un grosso ragno nero correva impazzito da una parte all'altra, terrorizzato. «Uccidilo!» gli gridò. Dillon scoppiò a ridere. «Non c'è niente da ridere, accidenti a te! Uccidilo, Dillon!» Il ragno prese a correre verso di loro e lei strillò come una pazza. Dillon la scostò da sé, si diresse verso il ragno, lo spinse fuori dalla porta con la punta della scarpa e la richiuse. «Ecco fatto» disse a Virginia. «Non... non può rientrare, vero?» «No, tesoro.» «Stavo prendendo un tronco da mettere nel camino quando è spuntato da dietro un altro tronco e mi ha guardato dritto negli occhi, e come sono arretrata è corso verso di me. Ho usato l'attizzatoio per respingerlo, ma non è servito a niente.» «Come sai che ti ha guardata dritto negli occhi?» le chiese Dillon divertito. «L'ho visto!» Dillon rise di nuovo, poi la baciò su una tempia e sulla guancia. «Va tutto bene, adesso. Mi dispiace che ti abbia spaventata. Sono tornato il più  Lori Foster 

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 presto possibile.» Virginia sospirò. «Mi sento una cretina, ma... ho una vera fobia, per gli insetti,sin da bambina. Non li sopporto!» «L'ho notato. E deve averlo notato anche quel brutto ragno. Chissà che freddo avrà, adesso, là fuori...» Si accorse che la camicia le si era sbottonata sul petto scoprendole un seno e non riuscì a staccare gli occhi da quella visone. La prese tra le  braccia e la strinse a sé, subito eccitato. «Lasciami andare, Dillon. Subito» gli intimò lei.

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Capitolo 11 Virginia aveva voglia di piangere, e la cosa la faceva infuriare. Quando quella mattina si era svegliata era così arrabbiata che aveva fatto fatica a mettere a fuoco la stanza, ma poi era stata sopraffatta da un'ondata di rimorso. La consapevolezza di essersi innamorata di Dillon si era fatta strada in lei lentamente, e le aveva preso l'anima e il cuore. Si era resa conto che quando se ne fosse andato si sarebbe sentita come un guscio vuoto, ma si era detta che lui non avrebbe potuto, né dovuto, restare. Lui non le aveva mentito, non si era preso gioco di lei. L'aveva semplicemente fatta innamorare, le aveva mostrato come sarebbe potuto essere tra loro se la situazione fosse stata differente, se lei fosse stata una donna diversa, e quella riflessione l'aveva sconvolta. Tutto quello che poteva sperare era di sedurlo da un punto di vista sessuale, se non sentimentale. Lo desiderava disperatamente. Desiderava fargli provare quello che aveva provato lei la notte prima. Voleva accumulare il maggior numero di emozioni in modo che quando lui se ne fosse andato a lei sarebbero rimasti i ricordi. Sapeva benissimo gli obiettivi che era in grado o non in grado di raggiungere nella vita, e sapeva che non ci sarebbe più stato un uomo per lei. Mai. Avrebbe voluto accoglierlo sul letto, essere con lui dolce e femminile, e invece si era fatta sorprendere nel pieno di una crisi isterica per un dannato ragno... Lui la strinse di nuovo a sé e prese a baciarla voracemente. «Fai l'amore con me, Dillon» gli disse lei quando le loro labbra si lasciarono un attimo. «Non posso, Virginia. Lo sai.» «Che intendi dire?» «Lo sai.» «Io non so niente! Fai l'amore con me, Dillon! Voglio che tu faccia l'amore con me fino in fondo, questa volta!» «Contrariamente a quello che credi, non puoi avere sempre quello che vuoi.» «Allora lasciami. Io voglio tutto o niente.»  Lori Foster 

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«Tu vuoi troppo.» Lei si liberò dal suo abbraccio, andò ad appoggiarsi con la schiena al lavandino e cercò di controllare il misto di rabbia e frustrazione che l'aveva assalita. Lui si tolse il cappotto e la camicia, si sdraiò sul letto si mise un braccio sul viso. Dopo una breve esitazione, lei gli si avvicinò lentamente e prese ad accarezzarlo. «Virginia...» «Zitto... Non muoverti» gli sussurrò lei. Dillon obbedì. Chiuse gli occhi e si lasciò andare alle sue carezze. Poco dopo mormorò di nuovo: «Virginia...». «Non ti piace?» gli chiese lei. «Mi piace troppo.» «Bene, allora.» Senza smettere di accarezzarlo, Virginia prese a dargli dei piccoli baci sul collo, sul petto, sullo stomaco. Dillon si lasciò sfuggire un gemito, e lei gli sbottonò i jeans e prese ad accarezzarlo e baciarlo intimamente. «Ti prego, fai l'amore con me» gli disse poco dopo a fior di labbra. Lui si alzò dal letto, si passò una mano nei capelli, respirò a fondo e le disse: «Nel camioncino ho due dischetti che ti ha lasciato in ufficio il tuo investigatore, con un biglietto che dice che contengono delle prove definitive. In un modo o nell'altro, entro oggi la faccenda sarà risolta e io me ne andrò. Hai capito quel che ti ho detto? Io non posso restare qui, e...». «Allora fai l'amore con me prima che sia troppo tardi. Il resto può aspettare.» L'esitazione di Dillon fu brevissima. Pochi attimi dopo erano entrambi nudi sul letto, eccitati come non mai. Quando Dillon entrò in lei Virginia perse ogni contatto con la realtà e gli occhi le si riempirono di lacrime, tanto erano forti l'emozione e il piacere che lui le stava dando. Si adattarono presto l'uno al ritmo dell'altro, e poco dopo entrambi raggiunsero selvaggiamente il culmine del piacere. Giacquero a lungo l'uno allacciato all'altro, i cuori che battevano forte, in una specie di nebbia incantata. E quando Virginia riprese il contatto con la realtà si disse che, qualunque cosa fosse successa, non avrebbe mai rimpianto quei momenti, mai rimpianto di aver incontrato quell'uomo.  Lori Foster 

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Dillon avrebbe voluto che lei si coprisse. Fare l'amore con Virginia per  tre volte in poche ore non aveva placato il suo desiderio per lei. Lei lo accarezzò dolcemente, teneramente. Nessuna donna lo aveva mai travolto a quel modo, prima di allora. Lasciarla gli sarebbe stato difficile.  Nessuna donna era riuscita a suscitargli quelle sensazioni, quelle emozioni, quei sentimenti... Dopo che ebbero mangiato i sandwich che lui aveva portato, Dillon andò a prendere nel camioncino il computer portatile di Virginia, lo mise sul tavolo, inserì il primo dischetto e la invitò a leggerlo. Lei digitò la sua chiave e gli disse: «Ho incaricato Troy di scoprire chi diavolo ha spostato quelle somme da un file all'altro, e qui ci dovrebbe essere il resoconto delle sue ricerche».   Nel dischetto Troy confermava che effettivamente gli spostamenti di denaro erano avvenuti tramite computer e forniva una serie di prove. Dillon e Virginia constatarono che molti di essi erano avvenuti mentre Cliff si trovava fuori città, il che lo escludeva dalla lista dei sospetti. «Non potrebbe significare che per fare queste operazioni tuo fratello si serviva di un'altra persona?» le chiese Dillon pensieroso. «E di chi, secondo te?» «Be', sicuramente nel corso degli anni ti sarai fatta dei nemici, all'interno della compagnia.» «Tu hai sempre sospettato di Cliff, vero?» «È uno dei nomi che mi è venuto in mente» rispose diplomaticamente lui. «Dillon, dimmi la verità, per favore!» «Qualcuno ha cercato di farti del male, Virginia, non dimenticarlo. Ha tagliato i freni della tua macchina, e non possiamo sapere cosa ti sarebbe successo se non te ne fossi accorta in tempo. Non possiamo sapere nemmeno che intenzione avesse la persona che si era nascosta in casa tua dopo essere entrata con la chiave. Chi potrebbe avere dei vantaggi, se ti succedesse qualcosa di grave?» «Stai insinuando che qualcuno della mia famiglia ha cercato di farmi deliberatamente del male?» «Non lo so. Prima di stamattina avrei giurato che Cliff ne sarebbe stato capace, ma quando Laura gli ha detto che non ti eri presentata al tuo primo appuntamento della giornata si è preoccupato moltissimo e mi ha  Lori Foster 

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incaricato di cercarti. Che è quello che ufficialmente io starei facendo adesso. Non appena avremo finito con questi dischetti ti riporto a casa, e sono sicuro che lui ti accoglierà a braccia aperte.» «Non credere che sia preoccupato per me» affermò Virginia, senza cercare di nascondere l'amarezza. «È semplicemente spaventato perché sa che da solo non è in grado di mandare avanti la compagnia.» «Comunque non può essere stato lui a organizzare quei furti. Non senza l'aiuto di qualcuno, perlomeno. Io un'idea di chi possa essere stato ce l'ho, ma prima voglio finire di esaminare questi dischetti.» Si rimisero insieme al lavoro. Troy aveva ricostruito ogni operazione. Le   prime erano avvenute con la password di Wade, poi erano state usate anche quelle di Cliff, di Virginia e di qualcun altro. Erano partite tutte dallo stesso terminale, e non ci volle molto perché sia Dillon sia Virginia arrivassero alla stessa conclusione. «Laura Neil...» sussurrò lui. «I conti tornano. Un tempo ha avuto una relazione con Wade, ma poi lui l'ha lasciata per Kelsey.» «Lei allora si è messa con Cliff» continuò Virginia, «che però la tratta malissimo. Ho insistito con lui più di una volta perché la trasferisse in uno dei punti vendita. Si è sempre rifiutato, ma da quando ha perso interesse  per lei, praticamente la ignora.» «L'ho notato.» «Dillon, dobbiamo andarcene da qui. Devo assolutamente parlare con Troy, chiedergli di controllare i conti personali di Laura, di verificare se nel tempo abbia per caso fatto degli acquisti sospetti.» «E che qualifica ha Troy per accedere ai suoi conti?» «È un hacker» rispose tranquilla Virginia. «Allora? Mi ridai finalmente i miei vestiti?» «Non ancora. Vado a prendere il mio cellulare sul camioncino così puoi chiamare Troy. Ancora non me la sento di riportarti in città. Non dimenticare che chiunque ci abbia già provato potrebbe ancora farti del male. Voglio prima assicurarmi che la colpevole sia davvero Laura e contattare la polizia, prima di riportati indietro.» Virginia chiuse la comunicazione. Erano le sei del pomeriggio e Troy si era dato da fare per ore. «Allora?» le chiese Dillon. «Laura ha depositato tutte le somme su un suo conto, il che prova  Lori Foster 

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inconfutabilmente la sua colpevolezza e l'innocenza di tuo fratello. Ha anche messo in vendita la sua casa.» Virginia sospirò. «Okay. Possiamo tornare, adesso. Chiameremo la polizia da casa mia.» Dillon esitò, poi le disse con un tono pieno di significato: «Preferirei  partire domani mattina, ma è meglio non perdere tempo. Cliff è molto  preoccupato per te e Wade e Kelsey hanno il diritto di sapere che lui è stato scagionato». Poi andò al camioncino per prendere i vestiti di Virginia. Un'ora dopo erano già sulla strada del ritorno.

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Capitolo 12 Dillon sentì che qualcosa non andava nel momento in cui le porte dell'ascensore si aprirono.  Non avrebbe potuto spiegare a Virginia di cosa si trattava perché non era qualcosa di concreto, ma avvertiva una strana sensazione allo stomaco che gli diceva che lei era in pericolo. «Voglio che tu aspetti al piano di sotto con la guardia notturna» le disse. Lei sollevò le sopracciglia. «E perché? A quest'ora non c'è più nessuno nell'edificio della compagnia.» «Ho la sensazione che qualcosa non vada e non voglio correre rischi.» Con un sorriso, lei si avviò decisa lungo il corridoio verso l'ufficio del fratello. «Ti aspetti di trovare Laura Neil pronta a fare una strage?» Dillon l'afferrò per un braccio e la mise dietro di sé. «Non sottovalutarla solo perché è una donna» le disse sottovoce, poi le indicò la porta dell'ufficio di Cliff dalla quale filtrava della luce. Tutti gli uffici sarebbero dovuti essere chiusi per la notte... «Cosa diavolo fa mio fratello qui a quest'ora?» mormorò lei. «Ssh...» le intimò Dillon. «Se dici un'altra parola ti rinchiudo da qualche  parte.» La guidò verso una grande pianta ornamentale dietro la quale la fece acquattare e le sussurrò: «Resta qui, mentre vado a dare un'occhiata.  Non muoverti, okay?». Lei annuì, lui le diede un bacio lieve sulle labbra e aggiunse: «Non  posso sopportare nemmeno l'idea che possa succederti qualcosa di male». La porta che dava nella stanza esterna dell'ufficio di Cliff si apri silenziosamente. Dillon diede cautamente un'occhiata all'interno, vide che la luce proveniva dall'altra stanza ed entrò. Sentì subito che al di là dell'altra porta due persone stavano parlando concitatamente e si fermò ad ascoltare.  Non gli ci volle molto per capire che Laura si era resa conto che il suo gioco era finito. Cliff stava cercando di convincerla che l'amava, ma lei lo interruppe con una risata. «Sei sempre stato un gran bastardo. Ti meriti tutto quello che ti ho fatto.» «Io credevo che tu mi amassi.»  Lori Foster 

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«All'inizio, forse» ribatté lei con un tono improvvisamente cattivo. «Quando Wade mi ha lasciato ho giurato a me stessa di fargliela pagare. Il fatto che tu l'abbia licenziato è già stata una bella soddisfazione, ma tua sorella ha continuato a investigare per conto suo e... ha sempre cercato di rovinare i miei piani, quella strega, a incominciare dai miei piani su di te!» concluse Laura sempre più incattivita. «Virginia non ha niente a che fare con me e te.» «Come sei ingenuo, Cliff! Hai detto che ti saresti preso cura di me e ho creduto che mi avresti sposato. Sapevo che l'unica vera minaccia sarebbe stata Virginia. Farebbe qualsiasi cosa per proteggere questa maledetta compagnia, ed ero certa che avrebbe indagato su quei furti finché non mi avesse scoperta.» «Mio Dio, le hai fatto qualcosa di male?» «No, ho solo cercato di spaventarla per distrarla dalla faccenda. Se avesse temuto per la propria incolumità non avrebbe avuto il tempo di ficcare il naso dove non doveva.» Dillon sentì che Cliff si schiariva la gola. Si era accorto che la voce gli tremava per la paura, e ne dedusse che Laura dovesse avere una pistola. «È quando ti sei accorta che stavo perdendo interesse nei tuoi confronti che hai deciso tutto?» «Non esattamente. Mi ero già resa conto che se anche mi avessi sposato non sarebbe cambiato nulla. Alla fine Virginia sarebbe riuscita a screditarmi del tutto. È lei che di fatto manda avanti questa compagnia, non tu, per cui ho deciso di appropriarmi di un'ultima somma e tagliare la corda. Sei stato davvero uno stupido a venire qui stasera, Cliff.» «Ero preoccupato per mia sorella, accidenti a te!» «Già... La cosa mi ha sorpreso, sai? Credevo che voi due vi odiaste. A meno che la tua preoccupazione non dipenda dal fatto che sai benissimo che senza di lei non sapresti mandare avanti la baracca.» Per la prima volta Cliff sembrò arrabbiato. «Brutta puttana! Virginia è mia sorella, e al di là dei nostri conflitti le voglio bene! La compagnia non ha niente a che vedere col mio stato d'animo!» Dillon sentì la presenza di Virginia accanto a sé prima ancora che lei lo toccasse. Si voltò e la vide in piedi accanto a lui nel buio, gli occhi pieni di lacrime. Avrebbe voluto imprecare, portarla via da lì per nasconderla da qualche parte, al sicuro, ma in quel momento non poteva fare niente. Anche il più piccolo rumore avrebbe allarmato Laura, e dopo quello che  Lori Foster 

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gli aveva appena sentito dire non voleva che Cliff venisse ucciso. Si portò un dito alle labbra, mentre Laura riprendeva a parlare. «Non so dove diavolo sia finita tua sorella» disse. «Se le hai fatto del male ti uccido!» ribatté Cliff. Lei scoppiò di nuovo a ridere. «Io sono l'unica che ha una pistola, Cliff. Credimi, non avrei nessuno scrupolo a ficcare una pallottola in quel tuo cuore di pietra, ma prima finisci di trasferire quei fondi dove ti ho detto, okay? Abbiamo già perso fin troppo tempo in chiacchiere.» Seguì un breve silenzio nel quale si sentì il ticchettio di una tastiera, poi Cliff, continuando a fissare il video, annunciò con un tono neutro: «Fatto». «Fantastico. Adesso alzati e vieni verso di me.» «Non puoi ammazzarmi qui, Laura. Le guardie notturne ti sentirebbero, e da quando ho assunto Dillon ti assicuro che sono dei professionisti eccellenti.» «Sta zitto. Devo pensare.» «Sai perché mi sono stancato di te così in fretta, Laura?» «Stai zitto, maledizione!» «Probabilmente per la stessa ragione di Wade. Sei una vera leccapiedi, Laura. Puoi criticare mia sorella fin che vuoi, ma lei almeno è una donna intelligente. Una che quando parla dice delle cose interessanti.» «Chiudi quella bocca!» «Tutto quello che ho avuto da te è stata una cieca adorazione. Una cosa che a volte mi dava la nausea.» Laura prese a gridare istericamente, e fu in quel momento che Dillon irruppe nella stanza. Lei si girò, sparò e lo mancò. Lui si gettò a terra e rotolò sul pavimento. Cliff corse verso la stanza esterna e per poco non fece finire per terra Virginia che stava infilando la testa nell'ufficio. Dillon afferrò il polso di Laura e glielo torse finché lei non mollò la  pistola. Mentre Virginia si precipitava a raccogliere l'arma, Laura si divincolò come una furia graffiando Dillon sul viso e sul collo, tirandogli contemporaneamente dei calci. Quando Virginia si rese conto che Dillon si limitava a cercare di tenerla ferma senza reagire, si avvicinò alla ragazza e le disse: «Fagli anche solo un altro livido o un altro graffio e dovrai vedertela con me».  Lori Foster 

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Lo disse con un tono tale che Laura si immobilizzò. Dillon sorrise e le strinse i polsi dietro la schiena. Un attimo dopo le guardie irruppero nella stanza e presero la ragazza in consegna. Dillon tolse di mano la pistola a Virginia e le disse gelido: «Dovevi restare nel corridoio, se non sbaglio». Prima che lei potesse ribattere, Cliff iniziò a raccontare in modo concitato alle guardie ciò che era successo. Dillon lo ascoltò con un orecchio solo, tutta la sua attenzione su Virginia, che appariva  pallidissima. Le guardie misero a Laura le manette e la portarono via. Avevano avvertito la polizia che stava arrivando. «È tutto finito, vero?» chiese Virginia con un filo di voce. Grosse lacrime le spuntarono agli occhi. Dillon deglutì a fatica e le disse: «Non fare così. Mi fa male al cuore». «Io ti amo, lo sai vero?» Dillon chiuse gli occhi e respirò a fondo. «Devo tornare a casa, Virginia. In Messico. Da mio padre. Non posso fare diversamente.» Cliff si avvicinò e posò una mano sul braccio della sorella. «Questa sì che è bella! Per poco quella pazza non mi sparava e tu piangi  per un dipendente!» commentò prima di uscire dalla stanza. Dillon, lo sguardo fisso in quello di lei, le disse: «Se dovessi avere di nuovo bisogno di me fammelo sapere, tesoro». «Ma non puoi andartene adesso!» gridò quasi lei, disperata. «Non te lo  permetterò!» «È meglio che non mi faccia trovare qui dalla polizia. Sono sicuro che saprai cavartela da sola» ribatté Dillon. Le diede un bacio lieve sulle labbra. «Ti amo anch'io, tesoro. Avanti, non piangere. Ti assicuro che se  potessi non ti lascerei. Credo... credo che non dimenticherò mai il tempo che abbiamo passato insieme in quello chalet» le mormorò accarezzandole una guancia, poi si voltò e infilò la porta. «Okay, Cliff» la sentì dire al fratello mentre usciva nel corridoio. «Rimbocchiamoci le maniche. Dobbiamo far ordine in questo pasticcio.» Dillon sorrise. Virginia se la sarebbe cavata benissimo, non aveva  bisogno di lui, pensò, e lo stomaco gli si contrasse. Negli ultimi giorni quella donna gli aveva riempito la vita, gli aveva fatto capire cos'era l'amore, e adesso lui ebbe la certezza che da quel momento in poi si sarebbe sentito svuotato e pensò che, probabilmente, era quello che si  Lori Foster 

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meritava.

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Epilogo Un mese dopo

«Wade dice di aver avuto una promozione e anche un bonus.» Il padre di Dillon rise contento. «I Johnson gli hanno dato un po' di soldi  per attenuare il loro senso di colpa?» «Immagino di sì. Virginia ha proposto la promozione e Cliff il bonus. Come regalo di nozze. A quanto dice Wade è molto... consistente.» «Sono contento per lui. Iniziare un matrimonio con le spalle coperte non fa mai male.» Dillon fissò il suo caffè per alcuni secondi, perso nei propri pensieri, poi si portò la tazza alle labbra, ne bevve un lungo sorso e quel liquido amaro gli diede un attimo di conforto. Mise da parte la lettera di Wade e, guardando suo padre negli occhi tanto simili ai suoi, nei quali brillava una strana luce divertita, gli disse: «Virginia sta cedendo parte del suo potere a Cliff. Secondo Wade, lui ha imparato la lezione» concluse distogliendo lo sguardo dal padre. «Perché hai quella faccia scura, allora? Sono stufo di vederti sempre di malumore.» Glielo aveva detto con un sorriso. Aveva una strana aria divertita fin da quando, poche ore prima, lui era tornato dal suo viaggio d'affari. «Non sono di malumore. È che c'è qualcosa che non capisco e...» Dillon rifiutò il toast imburrato che suo padre gli tendeva e continuò: «Secondo Wade, quello che è successo ha riavvicinato Cliff, Virginia e Kelsey. Virginia si è persino offerta di vendere la sua quota a Cliff, ma lui ha rifiutato. Ha detto che finché non avrà imparato a gestire le cose per conto suo avrà bisogno della sua guida, e sembra anche che Kelsey incominci a interessarsi alla compagnia insieme a Wade». «Be', mi sembra un bel quadretto familiare» commentò il padre. «Già, ma non riesco a immaginare Virginia che vende la sua quota. Quella compagnia significa tutto, per lei. È tutta la sua vita. C'è qualcosa che non mi torna.» «Tu hai semplicemente paura di aver fatto un grosso errore, Dillon, ecco tutto. Secondo me dovresti tornare da lei, te l'ho già detto. Quando un uomo trova una donna come quella, non deve lasciarsela scappare.»  Lori Foster 

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Suo padre glielo aveva ripetuto un centinaio di volte. Per settimane lo aveva tormentato chiedendogli ogni dettaglio su Virginia, ogni piccolo  particolare che la riguardasse.. Lui non aveva ammesso di amarla, perché non voleva ferirlo rivelandogli di essere tornato solo perché era convinto che avesse bisogno di lui. «Dimmi che aspetto ha, Dillon.» «Papà...» Parlare di Virginia gli faceva male al cuore. «Ha dei lunghi capelli rossi, vero? Ed è rotonda nei punti giusti.» «Sì.» Dillon sorrise nonostante l'umore nero. «È morbida e sexy, ma così indipendente, volitiva e testarda da spaventare la maggior parte degli uomini.» «Ma non te.» «È una donna forte. Una lottatrice.» «Una donna così potrebbe essere un'ottima moglie e un'ottima madre.» Pensare a Virginia in quei termini per Dillon era un tormento. Gli era così facile immaginarla con un bambino in braccio e un rapporto finanziario sulla scrivania! Avrebbe messo al mondo dei bambini  bellissimi, di gran carattere e indipendenti come lei. E con loro due come genitori non avrebbero mai sofferto né la solitudine né la paura. Ma non sarebbe mai successo. Le aveva detto che se avesse avuto di nuovo bisogno di lui avrebbe dovuto farglielo sapere, ma Virginia non si era mai fatta viva. Avrebbe potuto avere da Cliff sia il suo numero di telefono sia il suo indirizzo, ma ormai era passato un mese, e lei non aveva dato nessun segno di vita. Aveva ripreso la sua esistenza di sempre, esattamente come lui le aveva detto di fare, ma per quanto lo riguardava il ricordo di ciò che c'era stato tra loro lo tormentava giorno e notte. Non poteva e non voleva dimenticare. Finì di bere il caffè e si alzò. «Devo riparare un recinto, e tra non molto verrà il veterinario per esaminare le femmine che ho appena comprato.» Come si mosse, la testa prese a girargli e ripiombò sulla sedia. Suo padre lo guardò divertito. Accidenti, cosa gli stava succedendo? si chiese lui. Non poteva ammalarsi proprio adesso. Da quando era tornato al ranch si era messo a lavorare come un mulo dall'alba al tramonto per non pensare a Virginia,  Lori Foster 

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ma le sue notti erano senza fine. Le riempiva disegnando progetti e facendo conti senza trarne il minimo sollievo perché lei era costantemente nei suoi pensieri. Guardò suo padre e non riuscì a mettere bene a fuoco il suo viso. «Cosa diavolo mi sta succedendo?» La porta si aprì e Virginia entrò nella cucina. Dillon sbatté ripetutamente le palp palpeb ebre re chie chiede dend ndos osii se stes stesse se aven avendo do un un'a 'all lluc ucin inaz azio ione ne,, se stes stesse se vedendo ciò che non c'era tanto era il desiderio di averla accanto. Sollevò una mano verso di lei, e lei andò a sedersi sulle sue ginocchia. «Ti amo, Dillon.» «Mio Dio... Non dovresti essere qui...» «E invece eccomi qui, in carne e ossa. Mi avevi detto che se avessi avuto   bisogno di te avrei dovuto fartelo sapere, ed eccomi qua. Solo che ho  bisogno di te per sempre, non per un breve periodo, e siccome non sei venuto da me sono venuta a prenderti.» Dillon si sentiva svenire. «Cosa diavolo mi hai fatto?» «Ho messo del sonnifero nel tuo caffè.» Il padre di Dillon scoppiò a ridere. «Hai avuto un buon maestro, non c'è dubbio» commentò, poi, vedendo che il figlio stava per svenire, gridò: «Venite a dare una mano a questa signora, ragazzi! Mio figlio non è esattamente una piuma!». Virginia, con una punta di preoccupazione nella voce, gli disse: «La ringrazio, signore. Non vorrei che quest'uomo si facesse male per nulla al mondo». «Chiamami pure papà. Dopotutto tra poco saremo parenti, no?» la invitò lui. Prima di perdere del tutto conoscenza, Dillon sorrise. Si svegliò nudo. Aprì lentamente gli occhi e si guardò intorno. Sentì che sotto aveva un lenzuolo di seta, ma che sopra non aveva nulla. Lui almeno aveva avuto la decenza di lasciare a Virginia la canottiera, accidenti! Le aveva anche messo addosso una coperta, ma quella strega se n'era guardata bene, pensò sorridendo. Il posto in cui si trovava non aveva niente a che vedere con lo chalet in cui l'aveva portata lui. Sul comodino c'era una bottiglia di champagne dentro un secchiello da ghiaccio, e sulla parete di fronte c'era un camino a gas che mandava intorno dei bagliori rossastri.  Lori Foster 

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Fece per sedersi e si accorse di avere la mani legate alla testiera di ferro  battuto del letto. Con un cordone di seta intorno ai polsi. Si stiracchiò, imprecò divertito, e un momento dopo Virginia aprì la  porta ed entrò nella stanza. «Ti sei svegliato, finalmente!» esclamò. Lui fece finta di divincolarsi, di essere arrabbiato. «Legarmi era proprio necessario?» Virginia sedette accanto a lui sul bordo del letto, osservò il suo corpo nudo e si accorse che era eccitato. «A cosa stai pensando?» gli chiese divertita. «A fare l'amore con te. Subito.» Gli occhi di lei brillarono, le guance le si arrossarono. «Capisco... Ma  prima dovremmo fare alcune cose.» «Togliti la vestaglia.» Lei sollevò gli occhi al cielo. «Hai una brutta tendenza a darmi degli ordini, Dillon...» «So che la cosa ti piace, quindi togliti quella dannata vestaglia.» Virginia esitò un attimo, poi si strinse nelle spalle e disse: «Okay. Serviti  pure». La vestaglia di seta le scivolò giù dalle spalle fino all'inguine. Lei si alzò e se ne liberò del tutto. «Mi sei mancata terribilmente, tesoro» le disse Dillon. Virginia si sdraiò accanto a lui e gli sussurrò: «Non quanto tu sei manca ancato to a me. me. Ogni Ogni gi gior orno no soll sollev evav avoo la corn cornet etta ta del del tele telefo fono no per  per  chiamarti, per pregarti di tornare da me, ma quando te ne sei andato eri così deciso, fermo nella tua decisione che all'ultimo momento mi è sempre mancato il coraggio. Se mi avessi rifiutata, non lo avrei sopportato». «Non lo avrei mai fatto, tesoro.» «Lo so. Wade mi ha detto che secondo lui avresti voluto restare con me, che non avresti mai lasciato tuo padre da solo qui in Messico per una questione di lealtà.» Dillon la baciò sui capelli cercando discretamente di liberare i polsi legati, ma lei aveva fatto un buon lavoro. Non sapeva per quanto tempo sarebbe stato ancora in grado di resistere, di lasciare che fosse lei a condurre il gioco. «Sapevo che tu non avresti mai potuto lasciare la compagnia e che io non avrei mai potuto lasciare mio padre. Sono tutto quello che abbiamo, Virginia.» «Lo capisco, ma la compagnia non significa più così tanto, per me.  Lori Foster 

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Pensavo che fosse tutta la mia vita solo perché non avevo altro, ma dopo aver incontrato te ho capito che niente era altrettanto importante importante per me.» «Hai offerto a Cliff la tua quota per poter venire a vivere qui in Messico con me?» Virginia scosse la testa. «No, Dillon. Non riesco a pensare di vivere qui in Messico. No, lasciami finire. Non sono adatta per quel tipo di vita.» Dillon si guardò intorno nella stanza lussuosa e annuì. «Me ne rendo conto.» «Mi «Mi disp dispia iace ce,, ma ritr ritrov ovar armi mi dava davant ntii un gros grosso so ragn ragnoo che che mi fiss fissaa min inac acci ciooso e aver averee sempr empree i piedi iedi fre fredd ddii non son onoo stat tati mom omen enti ti memorabili.» «E che mi dici di tutto il resto?» le chiese lui. «Che è stato ciò che di meglio una donna possa sognare.» Dillon sorrise. «Kelsey avrà il suo bambino fra pochi mesi, e Cliff ha ancora bisogno della mia guida, per cui finché non avrà imparato a camminare da solo gli farò da consulente. E adesso devo dirti una cosa, ma non devi arrabbiarti.» «Cos'hai combinato?» «Ho comprato un ranch» rispose in fretta lei. «Un po' più grande di quello che hai tu in Messico e... smettila di scuotere la testa, per favore! Quando avrai venduto il tuo mi darai la tua parte, okay?» «No, non è per niente okay!» Dillon cercò di liberare i polsi, e poiché non ci riuscì imprecò ripetutamente. Virginia gli si mise sopra, a cavalcioni. «È per questo che ti ho legato, Dillon Johnson. Sei così dannatamente testardo!» gli disse. «Sarei io, il testardo?» «Sì. Ti amo, Dillon, e voglio che resti con me. Vorrei lasciare subito a Cliff il controllo della compagnia, ma rischierebbe di mandarla in rovina e quindi dovrò aiutarlo ancora per un po', dopodiché mi occuperò degli affari miei, e cioè del ranch e della proprietà che lo circonda. Si trova poco lontano dal confine con il Messico, quindi non lontano da tuo padre né dalla mia famiglia, per cui potremo visitare spesso sia lui sia Cliff, Kelsey e Wade. E il loro bambino, quando sarà nato.» «Virginia...» «Quel posto ti piacerà, Dillon. Si trova qualche decina di chilometri più a nord di Albuquerque. La casa è molto grande e il paesaggio è meraviglioso. meraviglioso. La persona che me l'ha venduto mi ha ceduto anche i cavalli.  Lori Foster 

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