1975 Trattato di psicologia rivoluzionaria Samael Aun Weor
April 4, 2017 | Author: Movimento Gnostico | Category: N/A
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INDICE Capitolo 1 - IL LIVELLO DELL’ESSERE ......................................................................... 2 Capitolo 2 - LA SCALA MERAVIGLIOSA ....................................................................... 5 Capitolo 3 - RIBELLIONE PSICOLOGICA ....................................................................... 7 Capitolo 4 - L’ESSENZA ...................................................................................................... 9 Capitolo 5 - ACCUSARE SE STESSI ............................................................................... 11 Capitolo 6 - LA VITA ......................................................................................................... 13 Capitolo 7 - LO STATO INTERIORE ............................................................................... 15 Capitolo 8 - STATI SBAGLIATI ....................................................................................... 17 Capitolo 9 - VICENDE PERSONALI ................................................................................ 19 Capitolo 10 - I DIVERSI IO ................................................................................................. 21 Capitolo 11 - L’AMATO EGO ............................................................................................. 23 Capitolo 12 - IL CAMBIAMENTO RADICALE ............................................................... 25 Capitolo 13 - OSSERVATORE E OSSERVATO ............................................................... 27 Capitolo 14 - PENSIERI NEGATIVI ................................................................................... 29 Capitolo 15 - L’INDIVIDUALITÀ ...................................................................................... 32 Capitolo 16 - IL LIBRO DELLA VITA ............................................................................... 35 Capitolo 17 - CREATURE MECCANICHE ....................................................................... 37 Capitolo 18 - IL PANE SUPERSOSTANZIALE ................................................................ 39 Capitolo 19 - IL BUON PADRONE DI CASA ................................................................... 41 Capitolo 20 - I DUE MONDI ................................................................................................ 43 Capitolo 21 - OSSERVAZIONE DI SE STESSI ................................................................ 45 Capitolo 22 - LA CHIACCHIERA ....................................................................................... 47 Capitolo 23 - IL MONDO DELLE RELAZIONI ................................................................ 49 Capitolo 24 - LA CANZONE PSICOLOGICA ................................................................... 51 Capitolo 25 - RITORNO E RICORRENZA ........................................................................ 55 Capitolo 26 - AUTOCOSCIENZA INFANTILE ................................................................ 57 Capitolo 27 - IL PUBBLICANO E IL FARISEO ............................................................... 59 Capitolo 28 - LA VOLONTÀ ............................................................................................... 60 Capitolo 29 - LA DECAPITAZIONE .................................................................................. 65 Capitolo 30 - IL CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE .............................................. 70 Capitolo 31 - IL LAVORO ESOTERICO GNOSTICO ...................................................... 75 Capitolo 32 - LA PREGHIERA NEL LAVORO ................................................................ 77
Capitolo Primo IL LIVELLO DELL’ESSERE Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Per quale causa viviamo? A che scopo viviamo? Indiscutibilmente, il povero Animale Intellettuale, erroneamente detto uomo, non solo non sa, ma ignora perfino di non sapere... La strana e difficile situazione in cui ci troviamo è ancora peggiore: ignoriamo il segreto di tutte le nostre tragedie ma siamo convinti di conoscere tutto... Prendiamo un mammifero razionale -una di quelle persone che nella vita credono di essere influenti- mettiamolo in mezzo al deserto del Sahara, lasciamolo lontano da qualsiasi oasi e osserviamo dall’alto di un velivolo tutto ciò che succede... I fatti parleranno da soli: sebbene l’umanoide intellettuale creda di essere forte e molto uomo, in realtà è spaventosamente debole... L’animale razionale è stupido al cento per cento: pensa di sé le cose migliori, è convinto di poter crescere ed affermarsi in pieno grazie all’asilo infantile, ai manuali di galateo, alla scuola elementare e media, al liceo, all’università, al prestigio di papà, ecc., ecc... Sfortunatamente però, dopo tanti studi, buone maniere, diplomi e denaro, sappiamo bene che basta un semplice mal di stomaco per renderci tristi e che, in fondo, continuiamo ad essere infelici e miserabili... Basta leggere la storia universale per sapere che siamo gli stessi barbari di una volta e che invece di migliorare siamo peggiorati... Questo XX secolo, con tutta la sua spettacolarità, le sue guerre, la prostituzione, la sodomia ovunque diffusa, la degenerazione sessuale, le droghe, l’alcool, la crudeltà senza limiti, l’estrema perversione, le sue mostruosità, ecc. ecc., è lo specchio in cui ci dobbiamo guardare. Pertanto, non esiste nessuna valida ragione per vantarci di aver raggiunto una fase superiore di sviluppo... È assurdo pensare che lo scorrere del tempo significhi progresso; eppure, i dotti ignoranti continuano a rimanere imbottigliati nel “dogma dell’evoluzione”... In tutte le pagine nere della “Storia Nera” si ripetono le stesse orribili crudeltà, ambizioni, guerre, ecc... Malgrado ciò, i nostri contemporanei “supercivilizzati” sono ancora convinti che la guerra sia una cosa secondaria, un incidente passeggero che non ha niente a che vedere con la tanto decantata “civiltà moderna”. In realtà, ciò che importa è il modo di essere di ogni persona; ci sono gli ubriachi e gli astemi, persone oneste e avventurieri senza scrupoli. Nella vita si trova di tutto... La massa è la somma degli individui: quello che è l’individuo è la massa, il governo... Dunque la massa è l’estensione dell’individuo; non è possibile la trasformazione delle masse, dei popoli, se l’individuo, se ogni persona non si trasforma...
Non si può negare l’esistenza di diversi livelli sociali: c’è gente di chiesa e di postribolo, di società e di campagna, ecc., ecc. Allo stesso modo esistono anche diversi livelli dell’Essere. Quello che internamente siamo, magnanimi o meschini, generosi o taccagni, violenti o pacifici, casti o lussuriosi, finisce per attrarre le diverse circostanze della vita... Un lussurioso attrarrà sempre su di sé le scene, i drammi e persino le tragedie di lascivia nelle quali si troverà coinvolto... Un ubriaco attrarrà altri ubriachi e si troverà sempre a finire, com’è ovvio, nel bar e nelle osterie... Che cosa si tirerà addosso l’usuraio? L’egoista? Quanti problemi, disgrazie, guai con la Giustizia? Malgrado tutto, la gente amareggiata, stanca di soffrire, ha voglia di cambiare, di voltar pagina nella propria storia... Povera gente! Vorrebbe cambiare e non sa come fare; non conosce il procedimento; si trova in un vicolo cieco... Quello che è loro successo ieri, succede anche oggi e succederà domani; ripetono sempre gli stessi errori e non imparano le lezioni della vita neppure a cannonate. Nella loro vita si ripete ogni cosa: dicono le stesse cose, fanno le stesse cose, si lamentano delle stesse cose... Questa noiosa ripetizione di drammi, commedie e tragedie continuerà fino a quando avremo dentro di noi gli elementi indesiderabili dell’ira, dell’avidità, della lussuria, dell’invidia, dell’orgoglio, della pigrizia, della gola, ecc., ecc... Qual è il nostro livello morale? O per meglio dire, qual è il nostro livello dell’Essere? Finché il livello dell’Essere non cambierà radicalmente, si ripeteranno tutte le nostre miserie: le scene, le disgrazie e le sventure... Tutte le cose, tutte le circostanze che si determinano fuori di noi, sullo scenario di questo mondo, sono esclusivamente il riflesso di ciò che abbiamo dentro. A buon motivo possiamo affermare in tutta serietà che “l’esteriore è il riflesso dell’interiore”. Quando si cambia interiormente, e il cambiamento è radicale, l’esteriore, le circostanze, la vita, cambiano anch’essi. Tempo fa (nel 1974) ho potuto osservare un gruppo di persone che avevano occupato un terreno altrui. In Messico a questa gente viene dato il curioso nome di “paracadutisti”. Si trovano nei pressi del sobborgo rurale Churubusco e, siccome non sono lontani da casa mia, ho potuto studiarli da vicino...
Essere poveri non potrà mai essere un delitto, ma il grave non sta in questo, bensì nel loro livello dell’Essere... Ogni giorno litigano tra di loro, si ubriacano, si insultano a vicenda, si trasformano in carnefici dei propri compagni di sventura, vivono in baracche immonde nelle quali, invece che l’amore, regna l’odio... Molte volte mi è capitato di pensare che, se uno qualsiasi di costoro eliminasse dal proprio intimo l’odio, l’ira, la lussuria, l’ubriachezza, la maldicenza, l’invidia, l’amor proprio, l’orgoglio, ecc., finirebbe per piacere ad altre persone, si assocerebbe, per semplice legge di affinità psicologica, a gente più raffinata, più spirituale; queste nuove relazioni sarebbero determinanti per un cambiamento economico e sociale... È questo il sistema che potrebbe permettere a tale persona di abbandonare il “porcile”, l’immonda “cloaca” in cui vive... Perciò, se vogliamo davvero cambiare in modo radicale, per prima cosa dobbiamo comprendere che ognuno di noi (sia bianco o nero, giallo o rosso, ignorante o istruito, ecc.) appartiene al tale o al tal altro livello dell’Essere. Qual è il nostro livello dell’Essere? Vi siete mai posti questa domanda? È impossibile cambiare di livello se ignoriamo lo stato in cui ci troviamo.
Capitolo Secondo LA SCALA MERAVIGLIOSA Dobbiamo profondamente volere un vero cambiamento: uscire da questa noiosa routine, da questa vita puramente meccanica e ripetitiva... Per prima cosa, dobbiamo comprendere con tutta chiarezza che ognuno di noi, sia borghese o proletario, agiato o della classe media, ricco o miserabile, si trova di fatto in questo o in quel livello dell’Essere. Il livello dell’Essere dell’ubriaco è diverso da quello dell’astemio e quello della prostituta è molto differente da quello della donna illibata. Quanto stiamo dicendo è indiscutibile: fin qui non ci sono dubbi... A questo punto cerchiamo di immaginare una scala che si estende verticalmente dal basso verso l’alto e formata da moltissimi gradini... Su un gradino qualsiasi di questi siamo senz’altro anche noi; sul gradini più bassi ci sarà gente peggiore di noi; sul gradini più alti persone migliori di noi... Su questa Verticale straordinaria, su questa scala meravigliosa, è chiaro che possiamo trovare tutti i livelli dell’Essere... Ogni persona è diversa e questo nessuno lo può contestare... Ora, ovviamente, non stiamo parlando di facce belle o brutte né, tantomeno, si tratta d’una questione d’età. Sulla scala c’è gente giovane e vecchia, anziani già prossimi alla morte e bambini neonati... Ciò che riguarda il tempo e gli anni, il fatto di nascere, crescere, svilupparsi, sposarsi, riprodursi, invecchiare e morire è esclusivo dell’Orizzontale... Nella scala meravigliosa, nella Verticale, il concetto “tempo” non c’entra. Sui gradini di questa scala si trovano solo livelli dell’Essere... La speranza meccanica della gente non è di nessuna utilità: essi credono che, col tempo, le cose andranno migliorando; la pensavano così anche i nostri nonni e bisnonni, ma i fatti ci hanno dìmostrato esattamente il contrario... È il livello dell’Essere quello che conta ed esso è Verticale; ci troviamo su un certo gradino, ma possiamo raggiungerne un altro... La scala meravigliosa di cui stiamo parlando -e che riguarda i diversi livelli dell’Essere- non ha niente a che vedere con il tempo lineare... Un più alto livello dell’Essere è subito sopra di noi, di istante in istante... Non si trova in nessun remoto futuro orizzontale, bensì qui ed ora: dentro di noi, sulla Verticale... È evidente che le due linee (non ci vuole poi molto a capirlo), l’Orizzontale e la Verticale, si trovano di momento in momento all’interno della nostra Psiche e formano una Croce...
La personalità si manifesta e si sviluppa sulla Linea Orizzontale della vita: nasce e muore nel suo tempo lineare, è peritura. Non esiste alcun domani per la personalità del morto: non è lei il nostro Essere... Il livello dell’Essere, l’Essere stesso non è del tempo: non ha niente a che vedere con la Linea Orizzontale..., si trova dentro di noi, ora, sulla Verticale... Sarebbe ben assurdo cercare il proprio Essere fuori di noi... Non è superfluo definire come sintesi quanto segue: titoli, gradi, promozioni, ecc., del mondo fisico esteriore non possono assolutamente elevare o rivalutare l’Essere né, tantomeno, passarlo ad un gradino superiore nei livelli dell’Essere...
Capitolo Terzo RIBELLIONE PSICOLOGICA Non è superfluo ricordare ai nostri lettori che dentro di noi si trova un punto matematico... Tale punto non va mai ricercato nel passato e tantomeno nel futuro... Chi vuole scoprire questo punto misterioso deve cercarlo dentro se stesso qui ed ora, proprio in questo istante, non un secondo prima, né un secondo dopo... Le due aste della Santa Croce, la Verticale e l’Orizzontale, si incontrano in questo punto... Dunque, d’istante in istante, ci troviamo di fronte a due strade: l’Orizzontale e la Verticale... Quella Orizzontale è del tutto ovvia e banale: è il cammino di tutti coloro che seguono la corrente... La Verticale è chiaramente diversa: è la strada dei ribelli intelligenti, quella dei rivoluzionari... Quando ci ricordiamo di noi stessi, quando lavoriamo su noi stessi, quando non ci identifichiamo con tutti i problemi e le pene della vita, di fatto, seguiamo il Sentiero Verticale... Certo, non è mai un compito facile eliminare le emozioni negative, perdere ogni identificazione con il proprio modo di vivere, con i problemi di tutti i tipi, con gli affari, i debiti, le cambiali da pagare, le ipoteche, il telefono, l’acqua, la luce, ecc., ecc... I disoccupati, quelli che per un motivo o per l’altro hanno perso l’impiego, il lavoro, evidentemente se la vedono brutta per mancanza di soldi; per loro, dimenticare il caso, non preoccuparsi né identificarsi con il proprio problema è di fatto oltremodo difficile. Nella vita, chi soffre, chi piange, chi è stato mal ripagato, vittima del tradimento, dell’ingratitudine, della calunnia o della frode si dimentica facilmente di se stesso, del prorio Reale Essere intimo: si identifica completamente con la propria tragedia morale... Il lavoro su se stessi è la caratteristica fondamentale del Cammino Verticale. Nessuno potrebbe percorrere il sentiero della Gran Ribellione senza mai lavorare su se stesso... Il lavoro cui ci stiamo riferendo è di tipo psicologico: è inerente a una certa trasformazione del momento presente, quello in cui ci troviamo: dobbiamo imparare a vivere di istante in istante... Ad esempio: una persona disperata a causa di un problema sentimentale, economico o politico, ovviamente si è dimenticata di se stessa... Se questa persona si ferma un istante, osserva la situazione, cerca di ricordare se stessa e poi si sforza di comprendere il senso del suo atteggiamento... Se riflette un poco, se pensa che tutto passa, che la vita è illusoria, fugace, che la morte riduce in cenere tutte le vanità del mondo... Se comprende che, in fondo, il suo problema non è che un fuoco di paglia, un fuoco fatuo che
all’improvviso si spegne..., immediatamente vedrà con sorpresa che tutto è cambiato... Mediante il confronto logico e l’auto-riflessione intima dell’Essere è possibile trasformare le reazioni meccaniche... È evidente che la gente reagisce meccanicamente davanti alle diverse circostanze della vita... Povera gente! Finisce sempre per essere vittima. Quando qualcuno la lusinga, sorride; quando viene umiliata, soffre. Insulta se viene insultata, ferisce se viene ferita..., ma mai che sia libera! I suoi simili hanno il potere di portarla dall’allegria alla tristezza, dalla speranza alla disperazione. Ogni persona che segue il Cammino Orizzontale è come uno strumento musicale su cui ciascuno dei suoi simili suona quello che gli suggerisce il capriccio... Chi impara a trasformare le reazioni meccaniche, si mette di fatto sul Cammino Verticale. Questo rappresenta un cambiamento fondamentale nel livello dell’Essere, risultato straordinario della ribellione psicologica.
Capitolo Quarto L’ESSENZA Ciò che rende bello e adorabile ogni neonato è la sua Essenza che costituisce, in se stessa, la sua vera realtà... In ogni creatura la crescita fisiologica dell’Essenza è senz’altro molto marginale e trascurabile... Il corpo umano cresce e si sviluppa secondo le leggi biologiche della specie; per l’Essenza, invece, tali possibilità sono di per sé molto limitate... Senza un aiuto, l’Essenza può crescere spontaneamente solo in minima parte... Parlando francamente e senza mezzi termini diremo che la crescita spontanea e naturale dell’Essenza è possibile solo durante i primi tre, quattro o cinque anni di età, ossia nella prima tappa della vita... La gente pensa che la crescita e lo sviluppo dell’Essenza si realizzi sempre in modo continuo, seguendo la meccanica dell’evoluzione, ma lo Gnosticismo Universale insegna chiaramente che non è così... Perché l’Essenza cresca di più, deve succedere qualcosa di molto speciale: occorre realizzare qualcosa di nuovo... Voglio chiaramente riferirmi al lavoro su se stessi. Lo sviluppo dell’Essenza è possibile unicamente con lavori coscienti e sacrifici volontari... È necessario comprendere che tali lavori non si riferiscono a faccende professionali di banca, falegnameria, edilizia, ingegneria o a questioni burocratiche... Questo è un lavoro per ogni persona che abbia sviluppato la personalità: si tratta di qualcosa di psicologico... Tutti sappiamo che abbiamo dentro di noi quello che si chiama ego, me stesso, se stesso... Disgraziatamente l’Essenza si trova imbottigliata, imprigionata nell’ego e ciò è deplorevole... Dissolvere l’io psicologico, disintegrare i suoi elementi indesiderabili è urgente, improrogabile, indifferibile... È questo il senso del lavoro su se stessi. Non potremmo mai liberare l’Essenza senza prima disintegrare l’io psicologico. Nell’Essenza si trova la Religione, il Buddha, la Sapienza, le particelle di dolore del Padre nostro che sta nei cieli e tutti i dati di cui abbiamo bisogno per l’autorealizzazione intima dell’Essere. Nessuno potrebbe annientare l’io psicologico senza prima eliminare gli elementi inumani che porta dentro... È necessario ridurre in cenere la mostruosa crudeltà di questi tempi: l’invidia, che purtroppo
è diventata la molla segreta delle nostre azioni; l’avidità insopportabile, che ha reso la vita così amara; la ripugnante maldicenza; la calunnia, che dà luogo a tante tragedie; l’ubriachezza; l’immonda lussuria, che sa tanto di obbrobrio; ecc., ecc... Man mano che tutte queste abominazioni si van riducendo in polvere cosmica, l’Essenza, oltre ad emanciparsi, crescerà e si svilupperà armoniosamente... Quando l’io psicologico è morto, dentro di noi risplende senz’altro l’Essenza... L’Essenza libera ci conferisce bellezza interiore: da tale bellezza emanano la felicità perfetta e il vero amore... L’Essenza possiede molteplici sensi di perfezione e poteri naturali straordinari... Quando “moriamo in noi stessi”, quando dissolviamo l’io psicologico, godiamo dei preziosi sensi e dei poteri dell’Essenza...
Capitolo Quinto ACCUSARE SE STESSI L’Essenza, che ognuno di noi ha dentro di sé, viene dall’alto, dal cielo, dalle stelle... L’Essenza meravigliosa proviene direttamente dalla nota musicale “La” (La Via Lattea, la Galassia in cui viviamo). In tutto il suo splendore l’Essenza passa attraverso la nota “Sol” (il Sole) e poi, dalla nota “Fa” (la Zona Planetaria), entra in questo mondo e penetra dentro di noi... I nostri genitori hanno creato il corpo adatto per ricevere l’Essenza che proviene dalle stelle... Lavorando intensamente su noi stessi e sacrificandoci per i nostri simili, torneremo vittoriosi nel seno profondo di Urania... Noi stiamo vivendo in questo mondo per qualche motivo, per qualcosa, per qualche fattore speciale... In noi c’è senz’altro molto da vedere, studiare e comprendere, se davvero desideriamo sapere qualcosa di noi stessi, della nostra vita... L’esistenza di chi muore, senza aver conosciuto il motivo della propria vita, è davvero tragica... Ognuno di noi deve scoprire da sé il senso della propria vita: che cosa lo mantiene prigioniero nel carcere del dolore... In ognuno di noi c’è di certo qualcosa che amareggia la vita e contro cui dobbiamo lottare con fermezza... Non è indispensabile che le nostre disgrazie continuino: urge, semmai, ridurre in polvere cosmica ciò che ci rende deboli e infelici. Non serve a nulla insuperbirsi a motivo di titoli, onoreficenze, diplomi, denaro, razionalismo vano e soggettivo, virtù scontate, ecc., ecc. Non dobbiamo mai dimenticare che l’ipocrisia e le vanità illusorie della falsa personalità ci rendono grotteschi, chiusi, antiquati, reazionari, incapaci di vedere il nuovo... La morte ha molti significati, sia positivi che negativi. Consideriamo la magnifica osservazione del Gran Kabir Gesù il Cristo: “Che i morti seppelliscano i propri morti”. Molta gente, sebbene sia viva, di fatto è morta a ogni possibile lavoro su se stessa e, di conseguenza, a qualunque intima trasformazione. Si tratta di persone imbottigliate nel loro dogmi e nelle loro credenze, gente pietrificata dai ricordi del passato, individui pieni di pregiudizi ancestrali, schiavi di “quello che gli altri potrebbero dire”, paurosamente né caldi né freddi, indifferenti, talora “sapientoni”, convinti di esser nel vero perché così è stato detto loro, ecc., ecc. Questa gente non vuole capire che il mondo è una “palestra psicologica” per mezzo della
quale sarebbe possibile annientare quella cattiveria segreta che tutti abbiamo all’interno... Se questa povera gente comprendesse lo stato pietoso in cui viene a trovarsi, tremerebbe di orrore... Tuttavia, queste persone pensano sempre di sé le cose migliori, si vantano delle proprie virtù, si sentono perfette, bonarie, servizievoli, nobili, caritatevoli, intelligenti, sicure di compiere il loro dovere, ecc. La vita pratica è una scuola formidabile, ma considerarla fine a se stessa è palesemente assurdo. Quelli che prendono la vita in se stessa così come la si vive quotidianamente, non hanno compreso la necessità di lavorare su di sé per ottenere una trasformazione radicale. Disgraziatamente, la gente vive in modo meccanico: non ha mai sentito parlare di lavoro interiore... Cambiare è necessario, ma la gente non sa come fare: soffre molto senza nemmeno saperne il perché... Possedere denaro non è tutto: la vita di molte persone ricche è di solito una vera tragedia...
Capitolo Sesto LA VITA Nel corso della vita pratica, si scoprono sempre stupefacenti contrasti. Gente danarosa, che vanta una casa magnifica e numerose amicizie, a volte soffre da non credersi... Umili proletari che svolgono lavori manuali o persone della classe media, invece, vivono di solito nella completa felicità. Molti miliardari soffrono di impotenza sessuale e ricche matrone piangono amaramente per l’infedeltà del marito... Al giorno d’oggi, i ricchi della terra non possono più vivere senza guardie del corpo; sembrano avvoltoi rinchiusi in gabbie dorate... Gli uomini di governo trascinano le loro catene, senza mai essere liberi, circondati, ovunque vadano, da gente armata fino ai denti... Studiamo la situazione più attentamente. È necessario sapere che cos’è la vita. Ciascuno è libero di pensarla come vuole ma, per quanto dicano, nessuno ne sa nulla: la vita è un problema che nessuno capisce... Quando la gente desidera renderci gratuitamente partecipi della storia della propria vita cita avvenimenti, nomi e cognomi, date, ecc., e ricava una gran soddisfazione dal suo raccontare... Questi poveretti ignorano che il loro racconto è incompleto, perché eventi, nomi e date rappresentano soltanto l’aspetto esteriore della storia: manca infatti l’aspetto interiore... Ciò che urge conoscere sono dunque gli stati di Coscienza; ad ogni evento, infatti, corrisponde questo o quello stato animico. Gli stati sono interiori e gli eventi sono esteriori: gli avvenimenti esterni non costituiscono il tutto... Per stati interiori vanno intesi: le buone o cattive disposizioni, le preoccupazioni, la depressione, la superstizione, il timore, il sospetto, la misericordia, l’auto-considerazione, stati di felicità, di piacere, ecc., ecc. È chiaro che gli stati interiori possono corrispondere esattamente agli avvenimenti esteriori od essere originati da questi, oppure non avere alcuna relazione con gli stessi... In ogni caso, stati ed eventi sono due cose diverse. Non sempre le vicende corrispondono esattamente a stati affini. Lo stato interiore di un evento piacevole potrebbe non essere adeguato allo stesso. Così pure, lo stato interiore di un evento spiacevole potrebbe non essere adeguato allo stesso. Avvenimenti a lungo attesi, una volta verificatisi, lasciano la sensazione di qualcosa che mancava...
Mancava di sicuro un adeguato stato interiore che avrebbe dovuto combinarsi con l’avvenimento esteriore... Molte volte è proprio un avvenimento inatteso quello che ci regala i momenti miglior.
Capitolo Settimo LO STATO INTERIORE Combinare correttamente stati interiori con avvenimenti esteriori significa saper vivere in modo intelligente. Qualunque evento, vissuto intelligentemente, esige il proprio specifico stato interiore che gli corrisponda... Sfortunatamente, però, quando la gente ripensa alla propria vita, crede che essa sia costituita esclusivamente da eventi esteriori... Povera gente! Sono convinti che, se questo o quel fatto non fosse accaduto, la loro vita sarebbe stata migliore... Pensano che la fortuna sia venuta loro incontro e si siano lasciati sfuggire l’occasione per essere felici... Si lamentano per ciò che hanno perduto, rimpiangono ciò che hanno disprezzato, sospirano al ricordo di vecchie amarezze e di vecchi problemi... La gente non vuole rendersi conto che vegetare non è vivere e che la capacità di esistere coscientemente dipende solo dalla qualità degli stati interiori dell’Anima... Non importa assolutamente quanto belli siano gli avvenimenti esteriori della vita se non ci troviamo, in quei momenti, nello stato interiore appropriato: anche gli eventi migliori, in quel caso, ci possono sembrare monotoni, inopportuni o semplicemente noiosi... Qualcuno, ad esempio, attende con ansia la festa di nozze. Si tratta di un avvenimento ma, nel momento preciso dell’evento, potrebbe succedergli di essere così preoccupato da non provare nessuna gioia al punto da sembrargli tutto arido e freddo come un protocollo.... L’esperienza ci insegna che non tutte le persone che partecipano a un banchetto o a un ballo si divertono veramente... Anche nelle feste migliori non manca mai qualcuno che si annoia e i brani più deliziosi rallegrano alcuni mentre fanno piangere altri... Sono molto rare le persone che sanno combinare coscientemente l’evento esteriore con lo stato interiore appropriato... Purtroppo, la gente non sa vivere coscientemente: piange quando dovrebbe ridere e ride quando dovrebbe piangere... Controllarsi è diverso. Il saggio può essere allegro, ma non sarà mai preso da folle frenesia; potrà essere triste ma non sarà mai disperato e abbattuto... Il saggio è sereno in mezzo alla violenza, astemio nell’orgia, casto fra la lussuria, ecc... Le persone melanconiche e pessimiste nei riguardi della vita pensano al peggio e francamente non desiderano vivere...
Non passa giorno che non si veda gente che non solo è infelice ma -e questo è peggio- rende amara la vita anche agli altri... Gente così non cambierebbe neppure passando ogni giorno da una festa all’altra: la malattia psicologica è dentro di loro... Queste persone hanno stati interiori definitivamente perversi... Nonostante ciò, si autodefiniscono giusti, santi, virtuosi, nobili, servizievoli, martiri, ecc., ecc... Si tratta di gente che si auto-considera eccessivamente: persone che amano molto se stesse... Individui che si commiserano fuor di misura e che cercano sempre scappatoie per eludere le proprie responsabilità... Persone così sono abituate alle emozioni inferiori ed è evidente che per tale motivo creano ogni giorno elementi psichici infraumani. Gli eventi infausti, i rovesci della fortuna, la miseria, i debiti, i problemi, ecc., sono vicende esclusive delle persone che non sanno vivere... Chiunque può farsi una ricca cultura intellettuale, ma sono poche le persone che hanno imparato a vivere rettamente... Quando uno vuole rendere incoerenti gli eventi esteriori con gli stati interiori della Coscienza, dimostra in effetti la propria incapacità di esistere degnamente. Chi impara a combinare coscientemente eventi esteriori e stati interiori imbocca la strada del successo...
Capitolo Ottavo STATI SBAGLIATI Nella rigorosa osservazione del me stesso, è sempre urgente e indispensabile fare una netta distinzione logica riguardo agli avvenimenti esteriori della vita pratica e agli stati intimi di Coscienza. È necessario sapere immediatamente dove ci troviamo in un dato momento, sia in relazione allo stato intimo di Coscienza, sia nella natura specifica dell’avvenimento esteriore che ci sta succedendo. In se stessa, la vita è una serie di avvenimenti che si manifestano nel tempo e nello spazio... Qualcuno ha detto: «La vita è una catena di martìrii che l’uomo porta aggrovigliata nell’Anima...». Ognuno è libero di pensarla come vuole, ma io credo che, agli effimeri piaceri di un istante fugace, seguano sempre delusione e amarezza... Ogni avvenimento ha un suo speciale sapore caratteristico e anche gli stati interiori sono, allo stesso modo, diversi tra loro; questo è fuori di dubbio. Il lavoro interiore su se stessi si riferisce espressamente ai diversi stati psicologici della Coscienza... Nessuno può negare che portiamo dentro di noi molti errori e che esistono quindi stati sbagliati... Se vogliamo cambiare veramente, dobbiamo modificare radicalmente e con la massima urgenza gli stati sbagliati di Coscienza... La completa modifica degli stati incoerenti dà luogo a trasformazioni radicali nell’ambito della vita pratica... Quando lavoriamo seriamente sugli stati erronei, le vicende spiacevoli della vita non possono certo ferirci tanto facilmente... Stiamo dicendo qualcosa che si può comprendere solo vivendola, sentendola realmente alla prova stessa dei fatti... Chi non lavora su se stesso è sempre vittima delle circostanze, come una fragile barca tra le onde burrascose dell’oceano... Gli avvenimenti mutano senza sosta nelle loro molteplici combinazioni; si susseguono l’uno dopo l’altro a ondate: sono influenze... Esistono sicuramente avvenimenti buoni e cattivi: alcuni eventi saranno migliori o peggiori di altri... Modificare certi eventi è possibile: alterare risultati, cambiare situazioni, ecc., rientra certo nel campo delle possibilità.
Ci sono però situazioni di fatto che non possono essere cambiate; in questo caso, si devono accettare coscientemente, sebbene alcune di esse siano molto pericolose e persino dolorose... Quando non ci identifichiamo con il problema che si è presentato, il dolore sparisce. Dobbiamo considerare la vita come un susseguirsi di stati interiori. L’autentica storia della nostra vita personale è formata da tutti questi stati.. Nel rivedere l’intera nostra esistenza, possiamo verificare di persona che molte situazioni sgradevoli sono avvenute per via di stati interiori sbagliati... Alessandro Magno, pur essendo sempre stato temperante per natura, si abbandonò per orgoglio a quegli eccessi che lo portarono alla morte... Francesco I morì a causa di uno sporco e abominevole adulterio che ancor oggi la storia ricorda molto bene... Quando Marat fu assassinato da una monaca perversa, era gonfio di superbia e d’invidia, ma si credeva assolutamente giusto... Furono evidentemente le cortigiane del Parco dei Cervi che esaurirono la vitalità di quell’inguaribile fornicatore qual era Luigi XV... È molta la gente che muore per ambizione, ira o gelosia e gli psicologi lo sanno benissimo... Non appena la nostra volontà si conferma irrevocabilmente in una tendenza assurda, diventiamo candidati al cimitero... Otello divenne assassino per gelosia e le carceri sono piene di persone che sono sinceramente in equivoco...
Capitolo Nono VICENDE PERSONALI Non si può rimandare ad altro momento la piena autoosservazione intima del me stesso, quando si tratta di scoprire stati psicologici sbagliati. Gli stati interiori inopportuni possono senz’altro essere corretti mediante adeguati procedimenti. Poiché la vita interiore è la calamita che attrae gli eventi esteriori, è necessario eliminare con la massima urgenza dalla nostra Psiche, senza perdere altro tempo, gli stati psicologici scorretti. È inevitabile dover correggere gli stati psicologici sbagliati quando si voglia davvero alterare la natura di certi eventi indesiderabili. Alterare la nostra relazione con determinati eventi è possibile se eliminiamo dal nostro interno certi stati psicologici assurdi. Situazioni esteriori distruttive potrebbero diventare inoffensive e persino costruttive mediante l’intelligente correzione degli stati interiori inadeguati. Quando ci si purifica intimamente, si può cambiare la natura degli avvenimenti sgradevoli che ci capitano. Chi, credendosi molto forte, non corregge mai gli stati psicologici assurdi, diventa vittima delle circostanze. Mettere ordine nella nostra disordinata casa interiore è di vitale importanza se desideriamo mutare il corso di un’esistenza infelice. La gente si lamenta di tutto, soffre, piange, protesta, vorrebbe cambiare vita, lasciarsi alle spalle situazioni disgraziate in cui si trova, ma sfortunatamente non lavora su se stessa. La gente non vuole rendersi conto che la vita interiore attrae circostanze esteriori e che, se queste sono dolorose, lo si deve a stati interiori assurdi. L’esterno è soltanto il riflesso dell’interno: chi cambia interiormente dà vita ad un nuovo ordine di cose. Gli eventi esteriori non saranno mai tanto importanti quanto il modo di reagire di fronte ad essi. Sei rimasto sereno davanti a chi ti ha insultato? Hai ricevuto con piacere le manifestazioni sgradevoli dei tuoi simili? Come hai reagito all’infedeltà dell’essere amato? Ti sei lasciato prendere dal veleno della gelosia? Hai ucciso? Sei in carcere? Gli ospedali, i cimiteri, le prigioni sono pieni di gente sinceramente in equivoco che reagirono in modo assurdo di fronte agli eventi esteriori.
La miglior arma che un uomo Possa usare nel corso della vita è uno stato psicologico corretto. Per mezzo di stati psicologici adeguati è possibile ammansire gli animali feroci e smascherare i traditori. Gli stati interiori non corretti ci rendono vittime indifese della perversione umana. Imparate ad affrontare le vicende più sgradevoli della vita pratica con l’atteggiamento interiore più adeguato... Non identificatevi con nessun avvenimento: ricordate che tutto passa. Imparate a vedere la vita come se fosse un film e ne riceverete i benefici... Non dimenticate che avvenimenti senza alcun valore potrebbero farvi cadere in disgrazia se non eliminate dalla vostra Psiche gli stati interiori inopportuni. Ogni evento esteriore richiede per forza un’adeguato modo di approccio, vale a dire: uno stato psicologico appropriato.
Capitolo Decimo I DIVERSI IO Il mammifero razionale, a torto detto uomo, non possiede una reale individualità definita. Questa mancanza di unità psicologica nell’umanoide è la causa di tante difficoltà ed amarezze. Il corpo fisico, se non è malato, è un’unità completa che lavora organicamente; la vita interiore dell’umanoide, invece, non è in nessun modo un’unità psicologica. La cosa più grave di tutto questo, a dispetto di quanto dicono le diverse scuole di tipo pseudoesoterico e pseudo-occultista, è l’assenza di organizzazione psicologica nel più profondo di ogni soggetto. In tali condizioni non esiste un’attività armoniosa, come un tutto organico, nella vita interiore delle persone. Per quanto riguarda il suo stato interiore, l’umanoide è una molteplicità psicologica, una somma di io. Gli illustri ignoranti di quest’epoca tenebrosa rendono culto all’io, lo divinizzano, lo pongono sugli altari, lo chiamano alter ego, io superiore, io divino, ecc., ecc. Non vogliono rendersi conto -questi saccenti dell’età nera in cui viviamo- che io superiore ed io inferiore sono due parti dello stesso ego pluralizzato... L’umanoide non ha di certo un io permanente, bensì una moltitudine di io diversi, infraumani ed assurdi. Il povero animale intellettuale, a torto detto uomo, è come una casa in disordine nella quale, invece di un padrone, ci sono molti servitori che vogliono sempre comandare e fare i propri comodi... Il maggior errore dello pseudo-esoterismo e dello pseudo-occultismo a buon mercato consiste nel supporre che tutti possiedano un io permanente e immutabile che non ha principio né fine... Se quelli che la pensano così risvegliassero la Coscienza anche solo per un istante, capirebbero che l’umanoide razionale non è mai lo stesso per molto tempo... Dal punto di vista psicologico, il mammifero intellettuale è in continuo cambiamento... Pensare che il nostro amico Luigi sia sempre lo stesso Luigi significa prenderci in giro da soli... Questo tale, che chiamiamo Luigi, porta dentro di sé altri io, altri ego che, in momenti diversi, si manifestano per mezzo della sua personalità. Sebbene a Luigi non piaccia l’avidità, c’è in lui un altro io -chiamiamolo Giuseppe- cui essa non dispiace e così via di seguito... Nessuna persona è la stessa in modo continuo; non c’è affatto bisogno di essere molto sapienti per rendersi conto degli innumerevoli cambiamenti e contraddizioni presenti in ogni soggetto... .
Supporre, perciò, che qualcuno possieda un io permanente e immutabile equivale a un abuso nei confronti del prossimo e di noi stessi... Dentro ogni persona vivono molte persone, molti io: chiunque sia sveglio e cosciente lo può verificare direttamente da sé...
Capitolo Undicesimo L’AMATO EGO Dal momento che “superiore” e “inferiore” sono due sezioni di una stessa cosa, non è superfluo enunciare la tesi seguente: “io superiore ed io inferiore sono due aspetti dello stesso ego tenebroso e pluralizzato”. Il cosiddetto io divino, io superiore, alter ego o cose del genere non sono altro che un sotterfugio del me stesso, una forma di auto-inganno. Quando l’io vuole continuare qui e nell’aldilà, si autoinganna con il falso concetto di un io divino immortale... Nessuno di noi ha un io vero, permanente, immutabile, eterno, ineffabile, ecc., ecc. In realtà, nessuno di noi ha una vera ed autentica Unità di Essere: purtroppo, non possediamo neppure un’individualità vera e propria. Nonostante l’ego continui al di là del sepolcro, esso ha, tuttavia, un principio e una fine. L’ego, l’io non è mai qualcosa di individuale, unitario, completo e totale insieme. In effetti, l’io è una pluralità di io. Nel Tibet orientale gli io vengono chiamati aggregati psichici o semplicemente valori, siano essi positivi o negativi. Se pensiamo a ciascun io come a una persona differente, possiamo senz’altro affermare quanto segue: “Dentro ogni persona che vive nel mondo, esistono molte persone”. Non c’è dubbio: dentro ognuno di noi vivono moltissime persone diverse..., alcune migliori, altre peggiori... Ognuno di questi io, ognuna di queste persone lotta per la supremazia, vuoi essere l’unica e, ogni volta che può, controlla il cervello intellettuale o i centri emozionale e motore, fino a quando un’altra non la sloggia e rimpiazza... La dottrina dei molti io fu insegnata nel Tibet orientale da veri chiaroveggenti, da autentici illuminati... Ognuno dei nostri difetti psicologici è personificato da questo o quell’io. Siccome abbiamo migliaia o addirittura milioni di difetti, evidentemente dentro di noi vive un sacco di gente. In materia psicologica abbiamo potuto chiaramente constatare che i soggetti paranoici, dediti all’adorazione di se stessi, i mitomani, per nulla al mondo abbandonerebbero il culto dell’amato ego. Evidentemente costoro odiano a morte la dottrina dei molti io. Quando si vuole veramente conoscere se stessi, ci si deve auto-osservare e cercare di conoscere i diversi io che stanno dentro la personalità.
Se qualcuno dei nostri lettori non comprende ancora la dottrina dei molti io lo deve esclusivamente alla mancanza di pratica in materia di auto-osservazione. Man mano che si pratica l’auto-osservazione interiore, si va automaticamente scoprendo un sacco di gente: numerosi io che vivono nella nostra propria personalità. Chi nega la dottrina dei molti io, chi adora un io divino, di certo non si è mai auto-osservato seriamente. Parlando stavolta in termini socratici, diremo che gente così non solo ignora ma anzi ignora di ignorare. Infatti, non potremo mai conoscere noi stessi, senza un’autoosservazione seria e approfondita. Fintanto che un qualsiasi individuo insista nel considerarsi “uno”, qualsiasi cambiamento interiore sarà qualcosa di veramente impossibile.
Capitolo Dodicesimo IL CAMBIAMENTO RADICALE Fino a quando un uomo si ostini nell’errore di credersi “uno”, “unico”, “individuale”, è evidente che il cambiamento radicale sarà una cosa del tutto impossibile. Il fatto stesso che il lavoro esoterico cominci con la rigorosa osservazione di se stessi ci indica l’esistenza di una molteplicità di fattori psicologici, io o elementi indesiderabili che è urgente estirpare, sradicare dal nostro interno. Eliminare errori che non si conoscono non sarebbe in alcun modo possibile: su questo non ci sono dubbi. Per prima cosa occorre osservare ciò che vogliamo separare dalla nostra Psiche. Questo tipo di lavoro non è esteriore, bensì interiore e chi pensa che un qualunque manuale di comportamento o un sistema etico superficiale e di facciata gli possa garantire un risultato, si sta sbagliando di grosso. Il fatto concreto e determinante che il lavoro intimo inizi con l’attenzione concentrata sulla piena osservazione di se stessi è motivo più che sufficiente per dimostrare che esso esige uno sforzo personale molto particolare da parte di ciascuno di noi. Senza mezzi termini, possiamo affermare che nessun essere umano potrà fare questo lavoro per noi. Qualsiasi cambiamento nella nostra Psiche è impossibile senza l’osservazione diretta di tutto l’insieme di fattori soggettivi che portiamo dentro. Dare per buona l’esistenza di una molteplicità di errori, scartando la necessità di studiarli ed osservarli direttamente, vuol dire di fatto cercare una scusa, una scappatoia, una specie di autoinganno, uno sfuggire a se stessi. Solo per mezzo di uno sforzo rigoroso nella giudiziosa osservazione di se stessi, senza cercare scappatoie di nessun genere, potremo davvero constatare che non siamo “uno”, ma “molti”. Ammettere la pluralità dell’io ed evidenziarla con la rigorosa osservazione sono due aspetti diversi. Qualcuno potrebbe accettare la dottrina dei molti io senza averne mai provato l’evidenza; quest’ultima è ottenibile solo auto-osservandosi con cura. Sottrarsi al lavoro di osservazione interiore, cercare scappatoie è segno inconfondibile di degenerazione. Finchè un uomo alimenti l'illusione di essere una sola persona e sempre la stessa, non può affatto cambiare, mentre è chiaro che lo scopo di questo lavoro è proprio quello di ottenere un graduale cambiamento nella nostra vita interiore. La trasformazione radicale è una possibilità definita che di norma si perde se non si lavora su se stessi.
Il punto di partenza per un cambiamento radicale rimane introvabile fino a che l’uomo continua a credersi “uno”. Chi rifiuta la dottrina dei molti io dimostra, in effetti, di non essersi mai auto-osservato seriamente. La severa osservazione di se stessi, senza scappatoie di alcun genere, ci permette di verificare da noi stessi la cruda realtà che non siamo “uno” ma “molti”. Nel mondo delle opinioni soggettive, diverse teorie pseudoesoteriche o pseudo-occultiste servono sempre da via traversa per sfuggire a se stessi... È fuor di dubbio che l’illusione di essere una sola persona e sempre la stessa funge da scoglio per l’auto-osservazione... Qualcuno potrebbe dire: «So di non essere “uno”, ma “molti”: me l’ha insegnato la Gnosi». Tale affermazione, per sincera che fosse, sarebbe qualcosa di puramente esteriore e superficiale se non ci fosse una piena esperienza vissuta su questo aspetto teorico. Mettere in evidenza, sperimentare e comprendere è il punto fondamentale; solo così è possibile lavorare coscientemente per ottenere un cambiamento radicale. Affermare è una cosa, comprendere è un’altra. Quando qualcuno dice: «Comprendo che non sono “uno”, ma “molti”», se la sua è vera comprensione e non parole inutili e chiacchiere ambigue, questo indica, segnala, rivela la completa verifica della dottrina dei molti io. Conoscenza e comprensione sono cose diverse. La prima è propria della mente, la seconda del cuore. La pura e semplice conoscenza della dottrina dei molti io non serve a nulla. Sfortunatamente, al giorno d’oggi la conoscenza è andata molto al di là della comprensione, perché il povero animale intellettuale, erroneamente detto uomo, ha sviluppato esclusivamente l’aspetto della conoscenza, dimenticando purtroppo il corrispondente aspetto dell’Essere. Conoscere la dottrina dei molti io e comprenderla è fondamentale per ogni vero cambiamento radicale. Quando un uomo comincia ad osservare attentamente se stesso, dal punto di vista di non essere “uno” ma “molti”, ha chiaramente iniziato un seno lavoro sulla propria natura interiore.
Capitolo Tredicesimo OSSERVATORE E OSSERVATO Non è difficile capire ed è anzi evidente che si inizia davvero a lavorare su tutto ciò che abbiamo dentro quando ci si mette ad osservare seriamente se stessi non più dal punto di vista del credersi “uno”, ma da quello del sapere che ciascuno è “molti”. Sono ostacoli che intralciano e vanificano il lavoro di auto-osservazione intima i seguenti difetti psicologici: mitomania (delirio di grandezza, credersi un dio), culto di se stessi (egolatria, credenza in un io permanente, adorazione di qualunque specie di alter ego), paranoia (saccenteria, autosufficienza, superbia, orgoglio mistico, il credersi infallibile, il non saper vedere il punto di vista altrui). Quando si continua con l’assurda convinzione di credersi “uno”, di possedere un io permanente, un serio lavoro su se stessi risulta davvero più che impossibile. Chi pensa sempre di essere “uno” non sarà mai capace di separarsi dai propri elementi indesiderabili; considererà ogni pensiero, sentimento, desiderio, emozione, passione, difetto, ecc., come funzioni diverse e immutabili della propria natura e anzi si giustificherà davanti agli altri, sostenendo che questi o quei difetti personali sono di carattere ereditario... Chi accetta la dottrina dei molti io comprende, in base all’osservazione, che ogni desiderio, pensiero, azione, passione, ecc., corrisponde a questo o a quell’io ben distinto e individuabile... Qualunque “atleta” dell’auto-osservazione intima lavora dentro di sé con molta serietà e si sforza di separare dalla propria Psiche i vari elementi indesiderabili che porta dentro... Se uno inizia davvero ad osservarsi internamente con sincerità, finisce per dividersi in due: osservatore ed osservato. Se questa divisione non si producesse, è evidente che non potremmo mai fare un passo avanti sulla via dell’auto-conoscenza. Come potremmo osservare noi stessi, se commettessimo l’errore di non volerci dividere in osservatore e osservato? Se questa divisione non si producesse, è ovvio che non potremmo mai avanzare di un solo passo sul cammino dell’auto-conoscenza. Indubbiamente quando questa divisione non avviene, continuiamo ad identificarci con tutti i processi dell’io pluralizzato... Chi si identifica con i diversi processi dell’io pluralizzato è sempre vittima delle circostanze. Come potrebbe modificare le circostanze colui che non conosce se stesso? Come potrebbe conoscere se stesso colui che non si è mai osservato interiormente? Come potrebbe auto-osservarsi se prima non si divide in osservatore e osservato? Ebbene, nessuno può cominciare a cambiare radicalmente fino a quando non sia capace di dire: «Questo desiderio è un io animale che devo eliminare», «Questo pensiero egoista è un altro
io che mi tormenta e che è necessario distruggere», «Questo sentimento che ferisce il mio cuore è un io intruso che devo ridurre in polvere cosmica», ecc., ecc. Naturalmente, ciò è impossibile per chi non si è mai diviso in osservatore e osservato. Chi prende tutti i propri processi psicologici come funzioni di un io unico, individuale e permanente è così identificato con tutti i suoi errori, li tiene così stretti a sé che ha perso in tal modo la capacità di separarli dalla propria Psiche. Gente così non potrà mai cambiare radicalmente: sono persone condannate al più completo fallimento.
Capitolo Quattordicesimo PENSIERI NEGATIVI Pensare profondamente e con la massima attenzione, in quest’epoca involutiva e decadente, è una cosa abbastanza inconsueta. Dal “centro intellettuale” sorgono vari pensieri che provengono non da un io permanente (come stupidamente suppongono i dotti ignoranti) ma dai diversi io che si trovano dentro ognuno di noi. Quando un uomo sta pensando, crede fermamente di stare pensando in se stesso e per se stesso. Il povero mammifero intellettuale non vuol rendersi conto che i molteplici pensieri che s’incrociano nel suo intelletto hanno origine nei diversi io che abbiamo dentro. Questo significa che non siamo veri individui pensanti; in effetti, non abbiamo ancora una mente individuale. Ciononostante, ciascuno dei diversi io che abbiamo dentro sfrutta il nostro “centro intellettuale” e lo utilizza per pensare ogni volta che può. Pertanto, sarebbe assurdo identificarsi con un qualunque pensiero negativo e dannoso, credendolo “nostro”. È chiaro che questo o quel pensiero negativo deriva da qualche io che, in un dato momento, ha utilizzato abusivamente il nostro “centro intellettuale”. Ci sono pensieri negativi di vano genere: sospetto, diffidenza, indisponibilità verso altre persone, gelosia passionale, gelosia religiosa, gelosia politica, gelosia verso amici o familiari, avidità, lussuria, vendetta, ira, orgoglio, invidia, odio, risentimento, furto, adulterio, pigrizia, gola, ecc., ecc. Sono talmente tanti i difetti psicologici che abbiamo da non riuscire a enumerarli con precisione, neanche se avessimo un palato d’acciaio e mille lingue per parlare. Come conseguenza di tutto questo, risulta insensato identificarsi con i pensieri negativi. Poichè non è possibile che esista effetto senza causa, diciamo pure in tutta serietà che non potrà mai esistere un pensiero in sé, generato spontaneamente... La relazione tra pensatore e pensiero è evidente: ogni pensiero negativo trae origine da un diverso pensatore. In ciascuno di noi esistono tanti pensatori negativi quanti sono i pensieri della stessa indole. Osservando la questione dal punto di vista pluralizzato di “pensatori e pensieri”, consegue che ognuno degli io che portiamo nella nostra Psiche è di certo un pensatore diverso dagli altri. Dentro di noi esistono senza dubbio troppi pensatori. Ciascuno di essi, però, malgrado sia solo una parte, in un dato momento crede di essere il tutto...
I mitomani, gli egocentrici, i narcisisti, i paranoici non accetterebbero mai la tesi della “pluralità dei pensatori”, perché amano troppo se stessi e si sentono chissà chi... Come potrebbe questa gente anormale accettare l’idea di non possedere una mente individuale, geniale, meravigliosa?... Questi saccenti, però, pensano di sé le cose migliori e si vestono persino della tunica di Aristippo per dimostrare sapienza e umiltà. Un’antica leggenda racconta che Aristippo, volendo dimostrare sapienza e umiltà, si mise una vecchia tunica piena di rammendi e di buchi, impugnò nella destra il bastone del filosofo e se ne andò in giro per le strade di Atene... Dicono poi che Socrate, al vederlo venire, esclamò a gran voce: «Oh Aristippo, la tua vanità si vede attravarso i buchi della tua veste!». Chi non vive costantemente in stato di “allerta-novità”, “allerta-percezione”, pensando che sta pensando, si identifica facilmente con qualsiasi pensiero negativo. La conseguenza di questo è che il sinistro potere dell’io negativo, autore del corrispondente pensiero in questione, si rinvigorisce deplorevolmente. Quanto più ci identifichiamo con un pensiero negativo, tanto più saremo schiavi del corrispondente io che lo caratterizza. Con riferimento alla Gnosi, al cammino segreto, al lavoro su noi stessi, le nostre personali tentazioni si individuano esattamente negli io che odiano la Gnosi, il lavoro esoterico, perché non ignorano che la loro esistenza dentro la nostra Psiche è mortalmente minacciata dalla Gnosi e dal lavoro interiore. Questi io negativi e litigiosi si impossessano facilmente di alcune bobine mentali immagazzinate nel nostro “centro intellettuale” e danno poi origine a correnti mentali nocive e dannose. Se accettiamo questi pensieri, questi io negativi che in un dato momento controllano il nostro “centro intellettuale”, saremo in seguito incapaci di liberarci dai risultati che essi producono. Non dobbiamo mai dimenticare che ogni io negativo inganna se stesso e gli altri; in conclusione: mente. Ogniqualvolta sentiamo un’improvvisa mancanza di forza, quando l’aspirante rimane deluso dalla Gnosi e dal lavoro esoterico, quando perde l’entusiasmo e abbandona il meglio per il peggio, è ovvio che è stato ingannato da qualche io negativo. L’io negativo dell’adulterio sconvolge le migliori famiglie e rende i figli infelici. L’io negativo della gelosia inganna gli esseri che si adorano e distrugge la loro felicità. L’io negativo dell’orgoglio mistico inganna i devoti del Cammino e questi, sentendosi saggi, aborrono il proprio Maestro o lo tradiscono...
L’io negativo ricorre alle nostre esperienze personali, ai nostri ricordi, ai nostri migliori propositi, alla nostra sincerità e, mediante una rigorosa selezione fra tutto questo, ci presenta qualcosa sotto una falsa luce, qualcosa che affascina e arriva il fallimento... Tuttavia, quando si scopre l’io in azione, quando si è appreso a vivere in stato d’allerta, questo inganno è impossibile...
Capitolo Quindicesimo L’INDIVIDUALITÀ Credersi “uno” è senz’altro una burla di cattivo gusto; sfortunatamente questa vana illusione esiste in ciascuno di noi. Purtroppo, pensiamo sempre di noi stessi le cose migliori: non ci capita mai di comprendere che non possediamo neppure una vera individualità. La cosa peggiore è che ci permettiamo persino il lusso falso di supporre che ciascuno di noi goda di piena coscienza e di volontà propria. Poveri noi! Quanto siamo stupidi! L’ignoranza è senza dubbio la peggiore delle disgrazie. Dentro di noi esistono parecchie migliaia di differenti individui, soggetti diversi, io o persone che litigano tra di loro, che lottano per la supremazia e che non hanno né ordine né regole. Come sarebbe diversa la vita se fossimo coscienti, se ci svegliassimo da tanti sogni e fantasie!... Ma, per nostra sfortuna, le emozioni negative, l’autoconsiderazione e l’amor proprio ci affascinano, ci ipnotizzano, non ci permettono mai di ricordarci di noi stessi, di vederci tali e quali siamo... Crediamo di avere una sola volontà, mentre in realtà abbiamo molte volontà diverse (ogni io ha la propria). La tragicommedia messa in atto da questa molteplicità interiore spaventosa; le diverse volontà interiori cozzano tra di loro, vivono in continuo conflitto, agiscono in direzioni diverse. Se possedessimo una vera individualità, se possedessimo una unità al posto della molteplicità, avremmo anche continuità di propositi, una Coscienza sveglia, una volontà personale e individuale. La soluzione è: cambiare..., ma dobbiamo incominciare ad essere sinceri con noi stessi. Occorre che facciamo un inventario psicologico di noi stessi, per sapere che cosa è superfluo e che cosa ci manca. È possibile ottenere l’individualità ma, se crediamo di averla, questa possibilità svanisce. È evidente che non lotteremmo mai per ottenere qualcosa che crediamo di avere. La fantasia ci fa credere di possedere l’individualità e al mondo esistono persino scuole che insegnano così. Urge lottare contro la fantasia, perché ci fa apparire come se fossimo questo o quello, quando in realtà siamo miserabili, insolenti e perversi. Pensiamo di essere uomini quando, in realtà, siamo soltanto mammiferi intellettuali sprovvisti di individualità. I mitomani si credono Dei, Mahatma, ecc., senza sospettare che neppure possiedono una mente individuale né volontà cosciente.
Gli egocentrici adorano tanto il loro amato ego che non accetterebbero mai l’idea di avere dentro di sé una molteplicità di ego. I paranoici, con il tipico orgoglio che li distingue, nemmeno si disporranno a leggere questo libro... È indispensabile lottare a morte contro le fantasie che ci facciamo di noi stessi, se non vogliamo essere vittime di emozioni artificiali e di false esperienze che, oltre a coprirci di ridicolo, arrestano ogni possibilità di sviluppo interiore. L’animale intellettuale è così ipnotizzato dalla propria fantasia che sogna di essere un leone o un’aquila, quando in verità non è altro che un vile verme strisciante nel fango. Il mitomane non accetterebbe mai le affermazioni suddette: si sente ovviamente Arci-ierofante (checchè ne dicano) senza sospettare che la fantasia è puro e semplice nulla: “nulla fuorché fantasia”. La fantasia è una forza reale che agisce universalmente sull’umanità e mantiene l’umanoide intellettuale in uno stato di sogno, facendogli credere di essere già un uomo, di possedere vera individualità, Coscienza sveglia, volontà, mente individuale, ecc., ecc. Quando pensiamo che siamo “uno” non possiamo muoverci da dove siamo in noi stessi: rimaniamo bloccati ed infine degeneriamo, involviamo. Ognuno di noi si trova ad una determinata “tappa” psicologica e non potremo uscirne a meno di non scoprire direttamente tutte quelle persone o io che vivono dentro di noi. Con l’auto-osservazione interiore, ovviamente, potremo vedere la gente che vive nella nostra Psiche e che dobbiamo eliminare per ottenere la trasformazione radicale. Questa percezione, questa auto-osservazione, cambia fondamentalmente tutti i concetti sbagliati che ci eravamo fatti di noi stessi e, come risultato, constatiamo il fatto concreto che non possediamo una vera individualità. Fino a quando non ci auto-osserveremo, vivremo nell’illusione di essere “uno” e di conseguenza la nostra vita risulterà sbagliata. Non è possibile avere corrette relazioni con i nostri simili fino a quando non si produce un cambiamento interiore nel profondo della nostra Psiche. Qualunque cambiamento interiore esige la preventiva eliminazione degli io che abbiamo all’interno. Non potremmo altrimenti eliminare questi io se non li osservassimo dentro di noi. Coloro che si sentono “uno”, che pensano di sé il meglio, che non accetterebbero mai la dottrina dei molti, tantomeno desiderano osservare gli io e pertanto ogni possibilità di cambiamento è per loro impossibile. Non è possibile cambiare se non eliminando, ma chi si sente in possesso dell’individualità, se accettasse di dover eliminare, di sicuro non saprebbe che cosa eliminare.
Non dobbiamo però dimenticare che chi crede di essere “uno”, preso da sé nell’inganno, crede, sì, di sapere ciò che deve eliminare, ma in realtà nemmeno sa di non sapere: è un “illustre ignorante”. Per “individualizzarsi” è necessario “disegotizzarsi “, ma chi crede di possedere l’individualità non può liberarsi dall’ego. L’individualità è sacra al cento per cento: rari sono coloro che la possiedono, ma tutti pensano di averla. Come potremmo eliminare gli io se crediamo di avere un unico io? Certamente solo chi non si è mai auto-osservato sul serio pensa di avere un unico io. Eppure dobbiamo essere molto chiari in questo insegnamento perché esiste il pericolo psicologico di confondere l’autentica individualità con il concetto di qualche strano io superiore o qualcosa del genere. L’Individualità Sacra è ben al di là di qualsiasi forma di io: è quello che è, che è stato e che sempre sarà. L’autentica individualità è l’Essere e la ragione d’essere dell’Essere è lo stesso Essere. Bisogna distinguere tra l’Essere e l’io. Chi confonde l’io con l’Essere di sicuro non si è mai auto-osservato seriamente. Finchè l’Essenza, la Coscienza, rimane imbottigliata nell’insieme di io che portiamo dentro, il cambiamento radicale sarà qualcosa di veramente impossibile.
Capitolo Sedicesimo IL LIBRO DELLA VITA Una persona è quello che è la sua vita. Ciò che continua al di là della morte è la vita. È questo il significato del libro della vita che si apre con la morte. Osservando la questione da un punto di vista strettamente psicologico, un qualsiasi giorno della nostra esistenza è senz’altro una piccola replica della vita intera. Da tutto questo possiamo concludere che: chi non lavora su se stesso oggi, non cambierà mai. Quando si dice che si vuole lavorare su se stessi, ma non si lavora oggi e si rimanda tutto a domani, si esprime solo una semplice intenzione e niente più, perché nell’oggi c’è la replica di tutta la nostra vita. C’è un proverbio che recita: “Non rimandare a domani ciò che potresti fare oggi”. Se uno dice: «Domani lavorerò su me stesso», non lo farà mai, perché ci sarà sempre un domani. Qualcosa di simile si legge su quei cartelli che alcuni commercianti espongono nei negozi: “Oggi non si fa credito, domani sì”. Quando arriva qualche povero a chiedere credito, si imbatte in questi termini perentori; ripresentandosi, l’indomani, trova ancora invariabilmente lo stesso avviso. Questa è ciò che si chiama, in psicologia, “la malattia del domani”. Finché un uomo dice: “domani”, non potrà mai cambiare. Abbiamo bisogno di lavorare su noi stessi oggi, con la massima urgenza, senza rimandare, senza sperare pigramente in un futuro o in una particolare occasione. Quelli che dicono: «Prima faccio questo e quello, poi lavorerò», in vero, non lavoreranno mai su se stessi; sono costoro gli “abitanti della terra” menzionati nelle Sacre Scritture. Ho conosciuto un grande proprietario terriero che diceva: «Prima devo sistemarmi economicamente, poi lavorerò su me stesso». Quando si ammalò in modo incurabile gli feci visita e gli domandai: «Vuoi ancora sistemarti economicamente?» Mi rispose: «Davvero mi dispiace di aver perso tempo». Morì pochi giorni dopo aver riconosciuto il suo errore. Quell’uomo possedeva molte terre, ma voleva impadronirsi delle proprietà vicine, “sistemarsi”, perché la sua tenuta restasse esattamente circoscritta da quattro strade. Il Gran Kabir Gesù disse: «A ciascun giorno basta il suo affanno!». Auto-osserviamoci oggi stesso, in ciò che concerne il giorno che sempre ritorna, miniatura dell’intera nostra vita.
Quando un uomo comincia a lavorare su di sé oggi stesso, quando osserva i propri dispiaceri e le proprie pene, sta seguendo la strada del successo. Non è possibile eliminare quello che non conosciamo. Prima, dobbiamo osservare i nostri errori. Non solo ci serve conoscere la nostra giornata, ma anche la relazione che abbiamo con la stessa. C’è una certa “giornata normale” che ogni persona sperimenta direttamente, salvo gli avvenimenti insoliti ed inusitati. È interessante osservare la ricorrenza quotidiana, la ripetizione, per ogni persona, di fatti e di parole, ecc. Questa ripetizione o ricorrenza, di parole e di fatti, merita di essere studiata perché ci porta all’auto-conoscenza.
Capitolo Diciassettesimo CREATURE MECCANICHE La Legge di Ricorrenza si manifesta in ogni momento della nostra vita: è un fatto innegabile. Tutti i giorni, nella nostra esistenza vediamo senz’altro un ripetersi di eventi, di stati di Coscienza, di parole, desideri, pensieri, volontà... È ovvio che, quando non ci si auto-osserva, non ci si può rendere conto di questa continua ripetizione quotidiana. Chi non ha alcun interesse ad osservare se stesso, evidentemente non desidera nemmeno lavorare per ottenere una vera trasformazione radicale. C’è gente -e questo è il colmo- che vorrebbe trasformarsi senza lavorare su se stessa. Tutti hanno diritto alla reale felicità dello spirito -non intendiamo negarlo- ma è altrettanto certo che questa felicità è impossibile se non si lavora su se stessi. Si può cambiare nell’intimo solo quando si riesce veramente a modificare le proprie reazioni davanti alle svariate situazioni che ogni giorno ci capitano. Tuttavia non si può modificare il proprio modo di reagire di fronte ai fatti della vita pratica se non si lavora seriamente su se stessi. Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare, essere meno negligenti, diventare più seri e prendere la vita in modo diverso, nel suo senso pratico e reale. Se però continuiamo ad essere come siamo, comportandoci nello stesso modo un giorno dopo l’altro, ripetendo gli stessi errori con la stessa negligenza di sempre, elimineremo qualsiasi possibilità di cambiamento. Se si vuole veramente arrivare a conoscere se stessi bisogna cominciare ad osservare la propria condotta di fronte agli avvenimenti di un qualsiasi giorno della vita. Con questo non vogliamo affatto dire che non ci si debba osservare quotidianamente, ma affermiamo soltanto che bisogna cominciare ad osservare lo svolgersi di una prima giornata. In tutto c’è un inizio e cominciare ad osservare la propria condotta in un giorno qualsiasi della vita è già un buon inizio. La cosa più indicata da farsi è certamente osservare le proprie reazioni meccaniche di fronte a tutti quel piccoli dettagli di intimità coniugale, di famiglia, di alimentazione, di casa, strada, lavoro, ecc., ciò che si dice, si prova o si pensa. È poi importante vedere in quale modo si possono cambiare queste reazioni. Se però crediamo di essere brave persone che in nessuna occasione si comportano in modo incosciente e sbagliato, non avremo mai un cambiamento. Occorre prima di tutto capire che, più che persone, siamo macchine, semplici marionette manovrate da agenti nascosti, da io occulti.
Dentro la nostra persona vivono molte persone: non siamo mai identici. A volte si manifesta in noi una persona meschina, altre volte una persona irritabile; in qualunque altro istante siamo squisiti e benevoli, poco dopo scandalosi o calunniatori, quindi santi, poi bugiardi, e via dicendo. Abbiamo gente di tutti i tipi dentro ognuno di noi, io di tutte le specie. La nostra personalità non è altro che una marionetta, un burattino parlante, qualcosa di meccanico. Cominciamo una buona volta a comportarci coscientemente per una piccola parte del giorno! Bisogna smettere di essere semplici macchine, foss’anche solo per pochi minuti ogni giorno. Questo influirà in modo decisivo sulla nostra esistenza. Quando ci auto-osserviamo e non facciamo ciò che questo o quell’io vuole, è chiaro che cominciamo a non essere più macchine. Un solo momento, in cui si sia coscienti quel tanto da smettere di essere macchine, se viene realizzato di proposito, sovverte -di norma- molte circostanze sgradevoli. Disgraziatamente, viviamo ogni giorno una vita meccanica, monotona, assurda: ripetiamo le stesse vicende. Le nostre abitudini sono sempre le stesse: non abbiamo mai voluto cambiarle, come fossero i binari fissi sui quali prosegue il treno della nostra miserabile esistenza; eppure pensiamo di noi le cose migliori... Dappertutto abbondano i mitomani, coloro che si credono dei: creature meccaniche, ripetitive, personaggi striscianti nel fango, miseri burattini mossi da diversi io. Gente così non lavorerà mai su se stessa...
Capitolo Diciottesimo IL PANE SUPERSOSTANZIALE Se osserviamo attentamente un giorno qualsiasi della nostra vita, vedremo di certo che non sappiamo vivere coscientemente. La nostra vita somiglia ad un treno in movimento che corre sui binari fissi delle abitudini meccaniche, rigide, di un’esistenza vana e superficiale. L’aspetto curioso di questa situazione è che non ci capita mai di modificare le abitudini: sembra che non ci stanchiamo mai di ripetere sempre le stesse cose. Le abitudini ci hanno pietrificati, ma pensiamo di essere liberi; siamo paurosamente brutti, ma ci crediamo belli come Apollo... Siamo gente meccanica: motivo più che sufficiente per mancare di ogni autentico sentimento in relazione a ciò che stiamo facendo nella vita. Ci muoviamo ogni giorno dentro il vecchio solco delle nostre abitudini antiquate ed assurde: è quindi chiaro che non abbiamo un’autentica vita; invece di vivere, vegetiamo miseramente senza ricevere nuove impressioni. Se una persona iniziasse coscientemente la giornata, questa sarebbe molto diversa da tutti gli altri giorni. Quando si prende l’intera vita come il giorno che si sta vivendo, quando non si lascia per domani quello che si deve fare oggi stesso, allora si arriva davvero a conoscere ciò che significa lavorare su se stessi. Non c’è giorno che sia privo di importanza; se vogliamo sul serio trasformarci radicalmente, dobbiamo vederci, osservarci e comprenderci quotidianamente. La gente, però, non vuole vedere se stessa. Alcuni, avendone voglia, giustificano la propria negligenza con frasi come questa: «Il lavoro in ufficio non permette di lavorare su se stessi». Sono parole senza senso, vuote, vane, assurde, che servono solo a giustificare l’indolenza, la pigrizia, la mancanza di amore per la Gran Causa. Gente così, per quante inquietudini spirituali abbia, non cambierà mai. Osservare se stessi è urgente e non ammette deroghe. L’autoosservazione intima è fondamentale per il vero cambiamento. Qual’è il tuo stato psicologico la mattina quando ti alzi? Qual’è il tuo stato d’animo durante la colazione? Sei stato impaziente con i dipendenti? Con tua moglie? Perché lo sei stato? Che cosa ti scombussola sempre? Fumare meno o mangiare meno non è tutto il cambiamento, ma già indica un certo progresso. Sappiamo bene che il vizio e la gola sono inumani e bestiali. Non è opportuno che chi si dedica al Cammino Segreto abbia un corpo fisico eccessivamente
grasso, con il ventre dilatato e senza alcun senso delle proporzioni: sarebbe indice di gola, d’ingordigia e persino di pigrizia. La vita quotidiana, la professione, l’impiego, benché vitali per l’esistenza, costituiscono il sonno della Coscienza. Sapere che la vita è sogno, non significa averlo compreso. La comprensione viene con l’autoosservazione e l’intenso lavoro su se stessi. Per lavorare su di sé, è indispensabile lavorare sulla propria vita quotidiana, oggi stesso, e allora si comprenderà ciò che significa quella frase della preghiera del Signore: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Il termine “pane quotidiano” si riferisce all’espressione greca “pane supersostanziale” o “pane del cielo”. La Gnosi dà questo “pane di vita” nel duplice significato di idee e di forze che ci permettono di disintegrare i nostri errori psicologici. Ogni volta che riduciamo in polvere cosmica questo o quell’io, guadagnamo esperienza psicologica, mangiamo il “pane della sapienza”, riceviamo nuova conoscenza. La Gnosi ci offre il “pane supersostanziale”, il “pane della sapienza” e ci indica con precisione la nuova vita che comincia in noi stessi, dentro noi stessi, qui ed ora. Orbene, nessuno può alterare la propria vita o cambiare alcunché riguardo alle reazioni meccaniche dell’esistenza, a meno che conti sull’aiuto di nuove idee e riceva sostegno divino. La Gnosi ci dà queste nuove idee ed insegna il modus operandi per mezzo del quale si può essere assistiti da forze superiori alla mente. Dobbiamo preparare i “centri inferiori” del nostro organismo per ricevere le idee e le forze che ci giungono dai “centri superiori”. Nel lavoro su se stessi non c’è nulla di disprezzabile. Qualunque pensiero, per insignificante che sia, merita di essere osservato. Qualsiasi emozione negativa, reazione, ecc., dev’essere osservata.
Capitolo Diciannovesimo IL BUON PADRONE DI CASA In questi tempi tenebrosi è molto difficile sottrarsi ai disastrosi effetti della vita, ma è indispensabile farlo, altrimenti la vita stessa ci divora. Qualunque lavoro si compia su di sé, con il proposito di ottenere uno sviluppo animico e spirituale, presuppone sempre -sia ben inteso- l’isolamento, visto che sotto l’influenza della vita, così come di solito è vissuta, non è possibile sviluppare altro che la personalità. Non intendiamo affatto opporci allo sviluppo della personalità, in quanto essa è necessaria all’esistenza, però va detto che è qualcosa di puramente artificiale, non è ciò che di vero e di reale c’è in noi. Se il povero mammifero intellettuale, a torto detto uomo, non si isola, ma si identifica con tutte le vicende della vita pratica e sciupa le proprie forze in emozioni negative, in autoconsiderazioni personali e in chiacchiere vane e ambigue senza alcuna sostanza e per nulla edificanti, non può sviluppare dentro di sé nessun elemento reale, diverso da quanto appartiene al mondo della meccanicità. Chi voglia veramente ottenere l’interiore sviluppo dell’Essenza, deve imparare a restare ermeticamente chiuso. Ci riferiamo a qualcosa di intimo, strettamente collegato al silenzio. Il termine è di antica tradizione, di quando si insegnava in segreto una dottrina -collegata al nome di Hermes- sullo sviluppo interiore dell’uomo. Se si vuole che cresca qualcosa di reale nel proprio intimo, si deve per forza evitare la fuga delle proprie energie psichiche. Quando si hanno fughe di energia e non si è isolati nella propria intimità, non si può certo sviluppare nulla di reale nella propria Psiche. La vita ordinaria di tutti i giorni vuole divorarci senza pietà. Contro la vita dobbiamo lottare quotidianamente, dobbiamo imparare a nuotare contro corrente... Un tale lavoro va contro la vita, si tratta di qualcosa di molto diverso da quello da noi svolto ogni giorno e però dobbiamo praticarlo di istante in istante; mi riferisco alla Rivoluzione della Coscienza. È evidente che se il nostro atteggiamento verso la vita quotidiana è sbagliato alla base, se crediamo che tutto debba andarci per il meglio “perché dev’essere così”, allora arriveranno le delusioni... La gente vuole che tutto le vada per il verso giusto, “perché dev’essere così”, perché tutto deve funzionare secondo suoi piani, ma la cruda realtà è diversa: finché uno non cambia interiormente, che piaccia o no, sarà sempre vittima delle circostanze. Sulla vita si dicono e si scrivono molte stupidaggini sentimentali, ma questo trattato di Psicologia Rivoluzionaria è diverso.
Questa dottrina va subito al sodo, ai fatti concreti, chiari e definitivi: afferma e sottolinea che l’animale intellettuale erroneamente detto uomo è un bipede meccanico, incosciente, addormentato. Il “buon padrone di casa” non accetterebbe mai la Psicologia Rivoluzionaria. Egli compie i propri doveri di padre, sposo, ecc., e per questo pensa di se stesso le cose migliori. Però serve solo ai fini meccanici della natura e nulla più. Per contro, diremo che esiste anche il “buon padrone di casa” che va contro corrente, che non vuole lasciarsi divorare dalla vita; però, soggetti di questo tipo sono veramente pochi e non abbondano mai. Chi è d’accordo con le idee di questo trattato di Psicologia Rivoluzionaria ha una corretta visione della vita.
Capitolo Ventesimo I DUE MONDI Osservare e osservarsi sono due cose completamente diverse; entrambe, tuttavia, esigono attenzione. Nell’osservazione, l’attenzione è orientata verso fuori, verso il mondo esteriore, attraverso le finestre dei sensi. Nell’auto-osservazione di se stessi, l’attenzione è orientata verso dentro e perciò i sensi di percezione esterna non servono: motivo più che sufficiente perché risulti difficile al principiante l’osservazione dei propri processi psicologici intimi. Il punto di partenza della scienza ufficiale, al lato pratico, è l’osservabile. Il punto di partenza del lavoro su se stessi è l’auto-osservazione, l’auto-osservabile. Questi due punti di partenza ci portano in direzioni completamente diverse. C’è chi invecchia intrappolato nei ferrei dogmi della scienza ufficiale, studiando fenomeni esterni, osservando cellule, atomi, molecole, soli, stelle, comete, ecc., senza sperimentare dentro di sé alcun cambiamento radicale. Il tipo di conoscenza capace di trasformare interiormente non potrà mai essere ottenuto con l’osservazione esterna. La vera conoscenza, che può realmente dare origine ad un fondamentale cambiamento interiore, ha come base l’auto-osservazione diretta di se stessi. Occorre dire al nostri studenti gnostici di auto-osservarsi, in che senso debbano auto-osservarsi e per quali ragioni. L’osservazione è un mezzo per modificare le condizioni meccaniche del mondo. L’autoosservazione interiore, invece, è un mezzo per cambiare intimamente. Di conseguenza, possiamo e dobbiamo decisamente affermare che esistono due tipi di conoscenza, l’esterna e l’interna, e che l’incrociarsi dei due ordini di idee potrebbe mandarci in confusione, salvo avere dentro di noi il centro magnetico capace di distinguere di quale conoscenza si tratti. Sublimi dottrine pseudo-esoteriche, dal fondo marcatamente scientifico, appartengono al campo dell’osservabile; ciò nonostante vengono accettate da molti aspiranti come conoscenza interiore. Ci troviamo quindi di fronte a due mondi: l’esteriore e l’interiore. Il primo di questi è percepito dai sensi di percezione esteriore; il secondo può essere percepito solo mediante il senso di autoosservazione interiore. Pensieri, idee, emozioni, aneliti, speranze, delusioni, ecc., sono interiori, invisibili ai sensi ordinari e comuni, e tuttavia sono per noi più reali del tavolo di cucina o delle poltrone della sala.
Viviamo di certo più nel nostro mondo interiore che in quello esteriore e fin qui non ci sono dubbi. Nei nostri mondi interni, nel nostro mondo segreto, amiamo, desideriamo, sospettiamo, benediciamo, malediciamo, aneliamo, soffriamo, godiamo, veniamo delusi, gratificati, ecc., ecc. I due mondi, l’interno e l’esterno, sono senz’altro verificabili in via sperimentale. Il mondo esteriore è l’osservabile. Il mondo interiore è l’auto-osservabile in noi stessi e dentro noi stessi, qui ed ora. Chi vuole veramente conoscere i mondi interni del pianeta terra o del sistema solare o della galassia in cui viviamo, deve prima conoscere il proprio mondo intimo, la propria vita interiore e particolare, i propri mondi interni. “Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei”. Quanto più si esplora quel mondo interiore chiamato “se stesso”, tanto più si comprende di vivere simultaneamente in due mondi, in due realtà, in due ambiti: l’esterno e l’interno. Come, da un lato, è indispensabile imparare a muoversi nel mondo esteriore per non cadere in un precipizio, non perdersi per le strade della città, scegliere i propri amici, evitare di mettersi con gente equivoca, non intossicarsi mangiando, ecc., così pure, mediante il lavoro psicologico su se stessi, impariamo a camminare nel mondo interiore, esplorabile con l’auto-osservazione. Nella decadente razza umana di quest’epoca tenebrosa, il senso di auto-osservazione è praticamente atrofizzato. Man mano che si persevera nell’auto-osservazione di noi stessi, il senso di auto-osservazione intima si svilupperà progressivamente.
Capitolo Ventunesimo OSSERVAZIONE DI SE STESSI L’auto-osservazione intima è un mezzo pratico per ottenere una radicale trasformazione. Conoscere ed osservare sono due cose diverse. Molti confondono l’osservazone di sé con l’essere a conoscenza. Siamo a conoscenza di essere seduti su di una sedia in una sala, ma questo non significa che stiamo osservando la sedia. Siamo a conoscenza che in un certo momento ci troviamo in uno stato negativo, forse a causa di un problema o preoccupati per questa o quella faccenda, oppure pieni di inquietudine e incertezza, ecc., ma questo non significa che lo stiamo osservando. Provate antipatia per qualcuno? Non riuscite a sopportarlo? Perché? Voi direte di conoscere questa persona... Per favore, osservatelo! Conoscere non è mai osservare: non confondente il conoscere con l’osservare... L’osservazione di sé, che è attiva al cento per cento, è un mezzo per cambiare, mentre il conoscere, che è passivo, non lo è. Conoscere non è di certo un atto di attenzione. L’attenzione diretta al proprio interno, verso ciò che sta succedendo interiormente, quella sì che è qualcosa di positivo, di attivo... Nel caso di una persona che ci ispira antipatia, così, quasi d’istinto, e molte volte senza alcun motivo si avverte il turbinio di pensieri che si accumulano nella mente, la ridda di voci che parlano e gridano disordinatamente dentro di noi, quello che stanno dicendo, le emozioni sgradevoli che sorgono interiormente, il sapore sgradevole che tutto ciò lascia nella nostra Psiche, ecc., ecc. Logicamente, in questo stato, ci rendiamo anche conto di stare trattando molto male, interiormente, la persona che ci è antipatica. Ma per vedere tutto ciò, occorre l’attenzione intenzionalmente diretta dentro di noi, non un’attenzione passiva. L’attenzione dinamica proviene, in effetti, dal lato osservante, mentre i pensieri e le emozioni appartegono al lato osservato. Tutto questo ci fa comprendere che il conoscere è qualcosa di completamente passivo e meccanico, in evidente contrasto con l’osservazione di sé che è invece un atto cosciente. Non vogliamo dire con questo che non esista l’osservazione meccanica di sé, ma tale tipo di osservazione non ha nulla a che vedere con l’auto-osservazione psicologica cui ci stiamo riferendo. Anche pensare e osservare sono due cose molto diverse. Chiunque può prendersi il lusso di pensare di se stesso tutto ciò che vuole, ma questo non vuol dire che si stia realmente osservando. È necessario vedere i diversi io in azione, scoprirli nella nostra Psiche, comprendere che dentro ognuno di loro si trova una percentuale della nostra Coscienza, pentirci di averli creati, ecc.
Allora esclameremo: «Ma che cosa sta facendo questo io? Che cosa sta dicendo? Che cosa vuole? Perché mi tormenta con la sua lussuria?... Con la sua ira?», ecc., ecc. Vedremo quindi dentro di noi tutto questo codazzo di pensieri, emozioni, desideri, passioni, commedie private, drammi personali, menzogne elaborate, discorsi, scuse, morbosità, letti di piacere, quadri di lascivia, ecc., ecc... Molte volte, prima di addormentarci, nel preciso istante di transizione tra la veglia e il sonno, sentiamo nella mente voci distinte che parlano tra loro: sono i diversi io che in quei momenti devono rompere ogni connessione con i vari centri della nostra macchina organica per potersi quindi immergere nel mondo nella quinta dimensione.
Capitolo Ventiduesimo LA CHIACCHIERA Bisogna cominciare subito, senza perdere altro tempo, ad osservare la chiacchiera interna ed il luogo esatto da cui proviene. Questa fuorviante chiacchiera interna è senz’altro la causa causorum di molti stati psichici disarmonici e sgradevoli, sia presenti che futuri. Il fiume di inutili parole senza sostanza e, più in generale, ogni discorso pregiudizievole, dannoso ed assurdo che si manifesti nel mondo esteriore, ha ovviamente origine da una conversazione interiore sbagliata. È noto che esiste nella Gnosi la pratica esoterica del silenzio interiore che i nostri discepoli di “terza camera” conoscono. È opportuno dire chiaramente che il silenzio interiore deve riferirsi esattamente a qualcosa di molto preciso e ben definito. Il silenzio interiore si ottiene quando si esaurisce intenzionalmente il processo del pensiero, durante la meditazione interiore profonda; ma non è questo che vogliamo spiegare nel presente capitolo. Quello che ora vogliamo chiarire, in questi paragrafi, non è nemmeno il “vuotare la mente” o il “metterla in bianco” per ottenere in concreto il silenzio interiore. Praticare quel silenzio interiore di cui ci stiamo occupando non significa nemmeno impedire che qualcosa penetri nella mente. Stiamo in pratica parlando di un tipo di silenzio interiore molto diverso: non si tratta di qualcosa di vago o generico... Vogliamo mettere in atto il silenzio interiore in rapporto a qualcosa che già si trovi nella mente: una persona, una vicenda, un fatto proprio o altrui, quello che ci hanno raccontato, quello che ha fatto Tizio, ecc., senza però toccarlo con la lingua interiore, senza discorso intimo... È meraviglioso, straordinario, imparare a tacere non solo con la lingua esteriore, ma anche, per di più, con la lingua segreta interiore! Molti tacciono esteriormente, ma con la lingua interiore spellano vivo il prossimo. La chiacchiera interna, velenosa e malevola, produce confusione interiore. Se si osserva l’errata chiacchiera interna si scopre che è fatta di mezze verità, o di verità messe in reciproca relazione in modo più o meno discutibile, o alle quali è stata aggiunta o tolta qualche cosa. Disgraziatamente, la nostra vita emozionale è fondata esclusivamente sull’autosimpatia. Per colmo di tanta infamia, simpatizziamo solo con noi stessi, con il nostro amato ego, e proviamo antipatia e persino odio verso chi non simpatizza con noi.
Vogliamo troppo bene a noi stessi: siamo narcisisti al cento per cento e su questo non ci sono dubbi. Finché rimarremo prigionieri dell’autosimpatia, sarà più che mai impossibile qualsiasi sviluppo dell’Essere. Dobbiamo imparare a considerare il punto di vista altrui. È importante sapersi mettere nei panni degli altri. “Fate dunque agli altri tutto ciò che volete che gli altri facciano a voi” (Matteo: VII, 12). Ciò che davvero conta in questi studi è il modo in cui gli uomini si comportano internamente e invisibilmente gli uni nel confronti degli altri. Purtroppo, per quanto siamo cortesi e persino sinceri, non c’è dubbio che a volte, invisibilmente e internamente, ci trattiamo molto male gli uni nei riguardi degli altri. Gente apparentemente molto pacifica, trascina quotidianamente i propri simili nel segreto covo del proprio intimo per fare di loro tutto ciò che vuole: vessazioni, burle, sarcasmo, ecc.
Capitolo Ventitreesimo IL MONDO DELLE RELAZIONI Il mondo delle relazioni ha tre aspetti molto diversi che è necessario chiarire con la massima precisione. Primo: siamo in relazione con il corpo planetario, vale a dire con il corpo fisico. Secondo: viviamo sul pianeta Terra e di conseguenza siamo in relazione con il mondo esteriore e con le questioni che ci riguardano nei confronti di famiglia, affari, denaro, ufficio, professione, politica, ecc. Terzo: la relazione dell’uomo con se stesso. Per la maggior parte della gente questo tipo di rapporto non ha la minima importanza. Purtroppo, alla gente interessano solo i primi due tipi di relazione, mentre per il terzo prova la più assoluta indifferenza. Cibo, salute, denaro, affari costituiscono in effetti le principali preoccupazioni dell’animale intellettuale erroneamente detto uomo. Ebbene, è evidente che, tanto il corpo fisico, quanto le cose di questo mondo, sono esterni a noi stessi. Il corpo planetario (corpo fisico) è talvolta malato, altre volte sano e così via. Si crede sempre di conoscere il proprio corpo di carne ed ossa, ma in realtà neanche i migliori scienziati del mondo ne sanno un gran che. Per la vastissima complessità della sua organizzazione, il corpo fisico è senza dubbio ben al di là dalla nostra capacità di comprensione. Per ciò che riguarda il secondo tipo di relazione, siamo sempre vittime delle circostanze: è deplorevole non aver ancora imparato a determinarle coscientemente. C’e molta gente che non sa adattarsi a niente e a nessuno, né avere un concreto successo nella vita. Se pensiamo a noi stessi, dal punto di vista del lavoro esoterico gnostico diventa necessario scoprire al più presto in quale di questi tre tipi di relazioni siamo in difetto. Può succedere il caso non del tutto ipotetico che abbiamo un rapporto sbagliato con il corpo fisico e di conseguenza ci troviamo ammalati. Può succedere che siamo in cattivi rapporti con il mondo esteriore e ne risultino conflitti, problemi economici e sociali, ecc., ecc. Può darsi che abbiamo una cattiva relazione con noi stessi e pertanto soffriamo non poco per mancanza di illuminazione interiore.
È ovvio che se la lampada della nostra camera non è collegata alla rete elettrica, l’ambiente resterà al buio. Chi soffre per mancanza di illuminazione interiore deve collegare la propria mente ai “centri superiori” del proprio Essere. Abbiamo senz’altro bisogno di stabilire corrette relazioni non solo con il nostro corpo planetario (corpo fisico) e con il mondo esterno, ma anche con ciascuna delle parti del nostro Essere. Gli ammalati pessimisti, stanchi di tanti medici e medicine, non si vogliono più curare; i pazienti ottimisti, invece, lottano per vivere. Molti milionari che hanno perso le loro fortune ai tavoli dei casinò di Montecarlo si sono suicidati, mentre milioni di madri povere lavorano per mantenere i propri figli. Sono innumerevoli gli aspiranti delusi che, per mancanza di poteri psichici e di illuminazione intima, hanno rinunciato al lavoro esoterico su se stessi. Pochi sono coloro che sanno approfittare delle avversità. Nel periodi di forte tentazione, di abbattimento e di sconforto, ci si deve appellare all’intimo ricordo di se stessi. In fondo a ciascuno di noi c’è la Tonantzin azteca, la Stella Maris, la Iside egizia, Dio Madre, che ci aspetta per sanare il nostro cuore addolorato. Quando ci si dà lo shock del “ricordo di sé”, si produce un cambiamento davvero miracoloso in ogni attività del corpo, di modo che le cellule ricevono un alimento diverso.
Capitolo Ventiquattresimo LA CANZONE PSICOLOGICA È giunto il momento di riflettere molto seriamente su ciò che si chiama considerazione intima. L’auto-considerazione intima produce effetti senz’altro disastrosi: infatti, oltre ad ipnotizzare la Coscienza, fa perdere moltissima energia. Se non si commettesse l’errore di identificarsi tanto con se stessi, l’auto-considerazione intima sarebbe dei tutto impossibile. Identificandoci con noi stessi ci amiamo fuori misura: sentiamo pietà nei nostri confronti, ci auto-consideriamo, pensiamo di esserci sempre comportati bene con Tizio, con Caio, con la moglie, con i figli e che nessuno abbia saputo apprezzarci. Insomma: siamo dei santi, mentre tutti gli altri sono indisponenti e senza scrupoli. Una delle forme più comuni di auto-considerazione intima è la preoccupazione per quello che gli altri possono pensare di noi: che magari ci ritengano disonesti, bugiardi, insinceri, incapaci, ecc. Purtroppo, la cosa più strana di tutto questo è che non ci rendiamo nemmeno conto dell’enorme perdita di energie che questo tipo di timori comporta. Molti atteggiamenti ostili nei confronti di persone che non ci hanno fatto alcun male vanno esattamente attribuiti alle preoccupazioni che nascono dall’auto-considerazione intima. Nel caso di un’auto-considerazione del genere e di un eccessivo amore per se stessi, l’io, o per meglio dire gli io, anzichè estinguersi, si rafforzano oltre misura. Identificati con noi stessi, ci impietosiamo a tal punto per la nostra situazione che arriviamo magari alla resa dei conti. Ecco come succede che a molti capiti di pensare che Tizio o Caio, il collega o la collega, il vicino, il padrone o l’amico, non li abbiano ripagati come avrebbero dovuto, malgrado le loro ben note virtù. Prigionieri di questi pensieri, diventano insopportabili e noiosi per tutti. Con persone così, praticamente non si riesce a parlare, perché è certo che qualsiasi conversazione va a parare nel loro famoso “libretto dei conti” e diventa il poema delle loro strombazzate sofferenze. È scritto che, nel lavoro esoterico gnostico, l’accrescimento animico è possibile solo attraverso il perdono nei confronti degli altri. Chi vive attimo per attimo continuando a soffrire per ciò che gli è dovuto, per ciò che gli hanno fatto, per le amarezze che gli hanno provocato, continuando sempre con la sua solita canzone, non potrà mai vedere crescere nulla di dentro. La preghiera dei Signore dice: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
Il sentimento di chi pensa che gli altri siano in debito verso di lui, il dolore per il male che gli hanno fatto, ecc., arresta qualsiasi progresso interiore dell’Anima. Il Gran Kabir Gesù disse: “Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché egli non ti consegni al giudice e questi alle guardie e tu non sia messo in prigione. In verità ti dico che non ne uscirai prima di aver pagato l’ultimo centesimo”. (Matteo: V, 25-26). Se ci devono, è perché dobbiamo. Se pretendiamo che ci paghino fino all’ultimo centesimo, dobbiamo pagare prima noi fino all’ultimo centesimo. Questa è la legge del taglione: “Occhio per occhio e dente per dente”..., un assurdo circolo vizioso. Le scuse, la piena soddisfazione e le umiliazioni che pretendiamo dagli altri per il male che ci hanno fatto, vengono richieste anche a noi, malgrado ci crediamo docili come agnelli. È assurdo incorrere nel rigore di leggi tutt’altro che necessarie: meglio portarsi sotto nuove influenze. La “Legge della Misericordia” consiste in un’influenza superiore a quella della “Legge dell’uomo violento”, che dice: “Occhio per occhio, dente per dente”. Occorre mettersi, con la massima urgenza e molto saggiamente, sotto le meravigliose influenze del lavoro esoterico gnostico, dimenticando i conti in sospeso ed eliminando dalla propria Psiche ogni tipo di auto-considerazione. Non dobbiamo mai accogliere dentro di noi sentimenti di vendetta, rancori, emozioni negative, nervosismo per il male che ci hanno fatto, violenza, invidia, continui ricordi di torti subiti, ecc., ecc. La Gnosi è destinata agli aspiranti sinceri che vogliono veramente lavorare e cambiare. Se osserviamo la gente, possiamo personalmente renderci conto che ognuno ha la propria canzone. Ciascuno canta la propria canzone psicologica; intendo con questo la “contabilità psicologica”: sentir parlare dei conti in sospeso, lamentarsi, autoconsiderarsi, ecc. A volte la gente canta la propria canzone senza un preciso motivo, senza che le si dia corda o che qualcuno alimenti il discorso, complice, altre volte, qualche bicchiere di vino... Noi sosteniamo che la nostra noiosa canzone va eliminata; essa ci blocca interiormente e ci ruba non poca energia. In fatto di Psicologia Rivoluzionaria, chi “canta” troppo bene (e non si parla di una bella voce né di canto lirico) sicuramente non può andare al di là di se stesso, perché rimane ancorato al passato... Una persona prigioniera di tristi canzoni non può cambiare il proprio livello dell’Essere, non può andare al di là di ciò che già è.
Per passare ad un livello superiore dell’Essere dobbiamo smettere di essere quello che siamo: occorre non essere quello che siamo. Se continuiamo ad essere quello che siamo non passeremo mai ad un livello superiore dell’Essere. Nella vita pratica succedono fatti incredibili: improvvisamente, una persona diventa amica di un’altra solo perché è facile cantarle la propria canzone. Purtroppo, questo tipo di rapporto termina quando si chiede al “cantante” di tacere o di “cambiare disco”, di parlare d’altro. In tal caso il “cantante”, risentito, va in cerca di un nuovo amico, di qualcuno disposto ad ascoltarlo senza limiti di tempo. Il “cantante” esige comprensione, cerca qualcuno che lo capisca, come se comprendere gli altri fosse cosa facile. Per comprendere gli altri è necessario comprendere se stessi. Disgraziatamente il buon “cantante” crede di esserne capace. Sono molti i disillusi che cantano la canzone degli incompresi e sognano un mondo meraviglioso dove tutto ruoti intorno a loro. Non tutti però si rivelano in pubblico: c’è gente riservata che non esibisce la propria canzone in modo palese, ma la canta in segreto. È gente che ha lavorato molto e ha sofferto troppo, che si sente delusa e pensa che la vita debba loro tutto quanto non sono mai stati capaci di ottenere. Di solito provano un’intima tristezza, sensazioni di monotonia e di noia tremenda, stanchezza interiore o frustrazione su cui si addensano i pensieri. Le canzoni segrete ci sbarrano inequivocabilmente il passo sulla strada dell’auto-realizzazione intima dell’Essere. Purtroppo, queste intime canzoni segrete passano di per sé inosservate, a meno che le osserviamo intenzionalmente. Ogni osservazione di sé lascia ovviamente penetrare la luce in se stessi, nelle proprie profondità intime. Nella nostra Psiche non può avvenire alcun cambiamento interiore a meno che non sia portato alla luce dall’osservazione di sé. È indispensabile osservare se stessi, sia nell’intimità che nei rapporti con la gente. Quando si è soli, si fanno largo degli io molto diversi: pensieri disparati, emozioni negative, ecc. Non sempre chi è solo è ben accompagnato. Anzi, lontano da tutti, è normale trovarsi in cattiva compagnia. Gli io più negativi pericolosi si presentano quando siamo soli.
Se vogliamo trasformarci radicalmente dobbiamo sacrificare le nostre sofferenze personali. Non son poche le volte in cui esprimiamo i nostri piagnistei in canzoni più o meno segrete o palesi.
Capitolo Venticinquesimo RITORNO E RICORRENZA Un uomo è quello che è la sua vita; se un uomo non modifica nulla dentro di sé, se non trasforma radicalmente la propria vita, se non lavora su se stesso, sta purtroppo perdendo il suo tempo. La morte è il ritorno all’inizio stesso della propria vita, con la possibilità di ripeterla nuovamente. Si è scritto parecchio, nella letteratura pseudo-esoterica e pseudo-occultista, sul tema del susseguirsi delle vite: noi preferiamo trattarne come di un susseguirsi di esistenze. La vita di ognuno di noi, in tutte le sue fasi, è sempre la stessa che si ripete di esistenza in esistenza nel corso di innumerevoli secoli. Noi continuiamo nel seme dei nostri discendenti e questo è già stato dimostrato. In particolare, la vita di ciascuno di noi è una pellicola vivente che ci portiamo nell’eternità al momento della morte. Ognuno di noi porta con sé il proprio film e lo ripropone proiettandolo ancora una volta sullo schermo di una nuova esistenza. La ripetizione di drammi, commedie e tragedie è un assioma fondamentale della Legge di Ricorrenza. In ogni nuova esistenza si ripetono sempre le stesse circostanze. Gli attori di queste scene continuamente ripetute sono quella gente che vive dentro di noi: gli io. Se disintegrassimo questi attori, questi io che danno luogo alle reiterate vicende della nostra vita, allora la replica di tali circostanze diventerebbe impossibile. Naturalmente, senza attori non ci possono essere scene: su questo non ci sono dubbi. Ecco il modo in cui possiamo liberarci dalle Leggi di Ritorno e Ricorrenza! È così che si può tornare ad essere veramente liberi. Ognuno dei personaggi che portiamo dentro (gli io) ripete lo stesso ruolo di esistenza in esistenza, ma, se lo distruggiamo, se l’attore muore, il sipario si chiude. Riflettendo seriamente sulla Legge di Ricorrenza o della replica delle scene ad ogni Ritorno, possiamo scoprire, con l’autoosservazione intima, i meccanismi segreti della questione. Se nella scorsa esistenza abbiamo avuto un’avventura amorosa all’età di venticinque (25) anni, senza dubbio, nella nuova esistenza, l’io di quella storia cercherà la donna dei suoi sogni a venticinque (25) anni. Se la donna in questione aveva allora solo quindici (15) anni, l’io di questa avventura cercherà il suo amato, proprio alla stessa età, nella nuova esistenza.
Risulta chiaro comprendere che i due io, sia di lui che di lei, si cerchino telepaticamente e si reincontrino ancora per ripetere la stessa avventura amorosa della passata esistenza. Due nemici che si sono combattuti a morte nella precedente esistenza si cercheranno ancora nell’attuale per replicare la loro tragedia all’età corrispondente. Se nella passata esistenza due persone hanno avuto una lite per delle proprietà all’età di quarant’anni (40), alla stessa età della nuova esistenza si cercheranno telepaticamente per ripetere le stesse vicende. Dentro ognuno di noi vive molta gente piena di impegni e di appuntamenti. Un ladro ha dentro di sé un covo di ladri con diversi progetti delittuosi; l’assassino porta in sé una banda di assassini e il lussurioso porta nella propria Psiche una casa di appuntamenti. In tutto questo, la cosa più grave è che l’intelletto ignora l’esistenza di questa gente, degli io dentro di noi e di questi appuntamenti che fatalmente si concretizzano. Tutte queste tresche degli io che abitano dentro di noi si intessono alle spalle della nostra ragione. Sono fatti che ignoriamo, cose che ci accadono, avvenimenti che si svolgono nel subconscio e nell’inconscio. Con giusta ragione, ci è stato detto che tutto ci succede, come quando piove o come quando tuona. In effetti, abbiamo solo l’illusione di fare, ma non facciamo un bel niente: tutto ci accade, ciò è fatale e meccanico... La nostra personalità è solo lo strumento di varie persone (gli io), per mezzo del quale ciascuna di loro pone in atto i propri disegni. All’insaputa della nostra capacità conoscitiva succede di tutto e, purtroppo, ignoriamo quanto accade alle spalle della nostra povera ragione. Ci crediamo sapienti quando, in realtà, non sappiamo nemmeno di non sapere. Siamo miseri legni sballottati dai turbolenti marosi dell’esistenza. Solo morendo in se stessi è possibile uscire dal gioco, dalla cattiva sorte, dall’incoscienza, dal penoso stato in cui siamo... Com’è possibile svegliarsi se prima non si muore? Solo con la morte si verifica il nuovo! Se il seme non muore la pianta non nasce. Per questo, chi si risveglia veramente, acquista la piena oggettività della propria Coscienza, autentica illuminazione, felicità...
Capitolo Ventiseiesimo AUTOCOSCIENZA INFANTILE È stato saggiamente detto che abbiamo un novantasette per cento di subcoscienza ed un tre per cento di Coscienza. Per dirla in breve, bisogna sapere che il novantasette per cento dell’Essenza che è in noi si trova imbottigliata, imprigionata, rinchiusa in ciascuno degli io che, nel loro insieme, costituiscono il me stesso. È chiaro che l’Essenza o Coscienza, intrappolata in ogni io, si esplica in virtù del proprio condizionamento. Qualunque io che venga disintegrato libera una determinata percentuale di Coscienza; l’emancipazione o liberazione dell’Essenza (o Coscienza) sarebbe impossibile senza la disintegrazione di ciascun io. Quanto più grande è la quantità di io disintegrati, tanto maggiore è l’autocoscienza. Minore è la quantità di io disintegrati, minore è la percentuale di Coscienza sveglia. Il risveglio della Coscienza è possibile solo dissolvendo l’io, morendo in se stessi, qui ed ora. Indiscutibilmente finchè l’Essenza o Coscienza è imbottita, in ciascuno degli io che portiamo dentro è addormentata e subcosciente. È urgente trasformare il subcosciente in cosciente e questo è possibile solo annientando gli io: morendo in se stessi. Non è possibile svegliarsi se prima non si è morti in se stessi. Quelli che cercano di svegliarsi prima per morire poi, non posseggono esperienza reale di quanto affermano, marciano risolutamente sul cammino errato. I bambini neonati sono meravigliosi, godono di piena autocoscienza, sono completamente svegli. Nel corpo del neonato c’è l’Essenza reincorporata e questo da alla creatura la sua bellezza. Non vogliamo dire che nel neonato sia reincorporato il cento per cento dell’Essenza o Coscienza, ma che lo è quel tre per cento che normalmente non è intrappolato negli io. Tuttavia, questa percentuale di Essenza libera, reincorporata nell’organismo dei bambini neonati, dà loro piena autocoscienza, lucidità, ecc. Gli adulti guardano al neonato con pietà, pensando che sia incosciente, ma sono lamentevolmente in equivoco. Il neonato vede l’adulto com’è in realtà: incosciente, crudele, perverso, ecc. Gli io del neonato vanno e vengono, girano intorno alla culla, vorrebbero introdursi nel nuovo corpo ma, visto che il bambino non ha ancora costruito la personalità, ogni loro tentativo di entrare risulta vano.
A volte, al vedere questi fantasmi o io che circondano la loro culla, le creature si spaventano e si mettono a piangere e a gridare, ma i grandi non capiscono che cosa succede e pensano che il bambino non stia bene, abbia fame o sete... L’incoscienza degli adulti arriva a questo punto. Man mano che si forma la nuova personalità, gli io, provenienti da precedenti esistenze, penetrano poco a poco nel nuovo corpo. Quando ormai tutti gli io si sono reincorporati, ci presentiamo sulla scena del mondo con quell’orribile bruttezza interiore che ci è caratteristica; allora andiamo ovunque come sonnambuli, sempre incoscienti, sempre perversi. Quando moriamo, tre cose vanno al sepolcro: 1) - Il corpo fisico. 2) - Il fondo vitale organico. 3) - La personalità. Il fondo vitale, come un fantasma, si disintegra poco a poco nei pressi della fossa, man mano che anche il corpo fisico subisce la stessa sorte. La personalità è subcosciente o infracosciente; entra ed esce dal sepolcro ogni volta che vuole, si rallegra quando i parenti addolorati le portano fiori, ama i suoi familiari e si dissolve molto lentamente, fino a ridursi in polvere cosmica. Ciò che continua al di là del sepolcro è l’ego, l’io pluralizzato, il me stesso, un mucchio di diavoli nei quali è intrappolata l’Essenza (la Coscienza) che, a suo tempo e luogo, ritorna, si reincorpora. È deplorevole che mentre si fabbrica la nuova personalità del bambino, si reincorponino anche gli io.
Capitolo Ventisettesimo IL PUBBLICANO E IL FARISEO Riflettendo un poco sulle diverse circostanze della vita, vale la pena di comprendere seriamente le basi sulle quali poggiamo. Una persona conta sulla propria posizione, un’altra sul proprio denaro, questa sul prestigio, quest’altra sul proprio passato e l’altra ancora su questo o quel titolo, ecc. La cosa più curiosa è che tutti, dal ricco al mendicante, abbiamo bisogno di tutti e viviamo sostenendoci a tutti, quantunque siamo pieni di orgoglio e vanità. Pensiamo per un attimo a quello che possono toglierci. Quale sarebbe la nostra sorte se mettessero il mondo a ferro e fuoco? A che si ridurrebbero le basi su cui facciamo affidamento? Poveri noi! Ci crediamo tanto forti e siamo invece deboli da far paura! L’io che sente in se stesso la base sulla quale ci reggiamo, deve essere dissolto, se aspiriamo realmente all’autentica beatitudine. Tale io sottovaluta la gente, si sente il migliore del mondo, in tutto perfetto, il più ricco, intelligente, esperto della vita, ecc. Si presta benissimo al caso quella parabola del Gran Kabir Gesù sui due uomini disposti in preghiera. Fu detta ad alcuni che confidavano in sé come giusti e disprezzavano gli altri. Gesù il Cristo disse: “Due uomini salirono al tempio a pregare; uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, ritto in piedi, pregava dentro di sé in questo modo: «Ti ringrazio o Dio, perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri... e nemmeno come quel pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago la decima su tutto quanto guadagno.» Il pubblicano, invece, stando a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me che sono peccatore.» Vi dico che costui tornò a casa sua giustificato, a differenza dell’altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato.” (Luca: XVIII, 10-14). Incominciare a rendersi conto della propria nullità e della miseria in cui ci troviamo è assolutamente impossibile finché esiste dentro di noi il concetto dei “più” che ci fa dire: «Io sono più giusto di Tizio, più saggio di Caio, più virtuoso di Sempronio, più ricco, più esperto nelle cose della vita, più casto, più ligio ai doveri, ecc., ecc. Non è possibile passare attraverso la cruna di un ago finché siamo “ricchi”, finchè in noi esiste questo complesso del “più”. “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio”. Cose come: “La mia scuola è migliore, quella degli altri non serve”, “La mia religione soltanto è la vera, tutte le altre sono false e perverse”, “La moglie del tale è una pessima donna, mentre la mia è una santa”, “Il mio amico Roberto alza il gomito, mentre io sono giudizioso ed astemio”, ecc., sono quelle le cose che ci fanno sentire ricchi: motivo per cui, in relazione al lavoro esoterico, siamo tutti come i “cammelli” della parabola biblica.
È urgente auto-osservarsi di momento in momento col proposito di conoscere chiaramente le fondamenta sulle quali poggiamo. Quando si scopre quello che più ci offende in un dato momento, il fastidio avvertito per questa o quella cosa, allora scopriamo le basi sulle quali psicologicamente poggiamo. Secondo il Vangelo cristiano, queste basi costituiscono “l’arena sulla quale edificò la sua casa”. È necessario notare accuratamente come e quando abbiamo trattato gli altri con disprezzo, sentendoci superiori magari a motivo del titolo o della posizione sociale, o per l’esperienza acquisita o il denaro, ecc., ecc. È grave sentirsi ricchi e superiori a Tizio e Caio per questo o quel motivo. Gente così non può entrare nel Regno dei Cieli. È bene, invece, scoprire in che cosa ci si sente lusingati, che cosa soddisfa la nostra vanità, perché vedremo le basi sulle quali poggiamo. Senza dubbio, questo tipo di osservazioni non dev’essere questione puramente teorica: dobbiamo esser pratici ed osservarci meticolosamente in modo diretto, di istante in istante. Quando si comincia a comprendere la propria miseria e nullità, quando si abbandonano le manie di grandezza, quando si scopre la futilità di tanti titoli, onori e vane differenze nei confronti dei nostri simili, allora è segno inequivocabile che si comincia a cambiare. Non può cambiare chi si aggrappa a parole come queste: “La mia casa”. “Il mio denaro”. “Le mie proprietà”. “Il mio lavoro”. “Le mie virtù”. “Le mie capacità intellettuali”. “Le mie capacità artistiche”. “Le mie conoscenze”. “Il mio prestigio”. Ecc., ecc. Il fatto di afferrarsi al “mio” è più che sufficiente ad impedirci di riconoscere la nostra nullità e miseria interiore. C’è da stupirsi davanti allo spettacolo di un incendio o di un naufragio: molte volte, in questi casi, la gente, disperata, cerca di salvare cose che fan ridere, cose senza importanza. Povera gente! Si riconoscono in queste cose, contano su delle stupidaggini, si attaccano a quello che non ha la minima importanza. Sentire se stessi per mezzo delle cose esteriori, basarsi su di esse, equivale a trovarsi in stato di assoluta incoscienza. Il sentimento della Seità (l’Essere Reale) è possibile solo dissolvendo tutti quegli io che abbiamo dentro di noi; prima di ciò, tale sentimento è del tutto impossibile. Purtroppo, gli adoratori dell’io non accettano questo: essi si credono Dei, pensano già di possedere quei “Corpi Gloriosi” di cui parlò Paolo di Tarso, essi suppongono che l’io sia divino e non c’è verso di toglier loro dalla testa tali assurdità. Con questa gente non si sa proprio che fare: le si spiega e non intende, sempre attaccata alla sabbia sulla quale ha posto la casa, sempre alle prese con i dogmi, i propri capricci, le proprie sciocchezze.
Se questa gente si auto-osservasse seriamente, verificherebbe da sé la dottrina dei molti, scoprirebbe dentro se stessa tutta la varietà di persone o io che vivono al nostro interno. Come potrebbe esistere in noi il reale sentimento del nostro vero Essere quando quegli io stanno sentendo per noi, pensando per noi? L’aspetto più grave di tutta questa tragedia è che uno pensa che sta pensando, sente che sta sentendo, quando in realtà è un altro che, in un certo momento, pensa con il nostro tartassato cervello e sente con il nostro cuore in pena. Poveri noi! Quante volte crediamo di amare ma, in realtà, ciò che succede è che un altro, dentro di noi, pieno di lussuria, utilizza il centro del cuore. Siamo degli sventurati, confondiamo la passione animale con l’amore e tuttavia è un altro dentro di noi, dentro la nostra personalità, che passa per uno stato di tale confusione. Tutti pensiamo che non pronunceremmo mai le parole del fariseo della parabola biblica: “Ti ringrazio, o Dio, perché non sono come gli altri uomini”... Nondimeno, e per quanto sembri incredibile, ci comportiamo tutti i giorni così. Il venditore di carne al mercato dice: «Io non sono come gli altri macellai che vendono carne di cattiva qualità e imbrogliano la gente». Nel suo negozio, il venditore di tessuti assicura: «Io non sono come altri commercianti che si sono arricchiti rubando sulle misure». Il venditore di latte sostiene: «Io non sono come altri lattai che mettono acqua nel latte: mi piace essere onesto». La signora confida alle amiche: «Io non sono come la tale che va con altri uomini: grazie a Dio sono onesta e fedele a mio marito». In sintesi: gli altri sono malvagi, ingiusti, adulteri, ladri e perversi, mentre ognuno di noi è docile come un agnello, un “santino di cioccolata”, buono per fare il presepe in qualche chiesa nei panni di un Gesù Bambino dorato. Quanto siamo stupidi! Pensiamo sempre che non faremmo mai tutte quelle sciocchezze e cattiverie che vediamo commettere agli altri e arriviamo perciò alla conclusione che siamo persone squisite, senza vedere le stupidaggini e meschinità che facciamo. Nella vita ci sono strani momenti, in cui la mente, senza preoccupazioni di sorta, riposa. Quando la mente è quieta, quando la mente è in silenzio, ecco arrivare il nuovo. In tali istanti è Possibile vedere le basi, le fondamenta su cui poggiamo. Quando la mente è in profondo riposo interiore, possiamo verificare da noi la cruda realtà di quella sabbia della vita sulla quale abbiamo posto la casa. (Vedi Matteo VII, 24-29, parabola che tratta delle due fondamenta).
Capitolo Ventottesimo LA VOLONTÀ La Grande Opera è innanzitutto la creazione dell’uomo, realizzata da se stesso, a base di lavori coscienti e sacrifici volontari. La Grande Opera è la conquista interiore di se stessi, della nostra vera libertà in Dio. Se veramente vogliamo la perfetta emancipazione della volontà, dobbiamo disintegrare al più presto tutti quegli io che vivono dentro di noi. Nicolas Flamel e Raimondo Lullo, poveri entrambi, liberarono la propria volontà e realizzarono innumerevoli prodigi psicologici che destano stupore. Agrippa, invece, non arrivò oltre la prima parte della Grande Opera: morì penosamente, ancora in lotta per disintegrare i suoi io, per possedere se stesso e determinare la propria indipendenza. La perfetta emancipazione della volontà assicura al saggio il dominio assoluto sul fuoco, l’aria, l’acqua e la terra. A molti studenti di psicologia contemporanea parrà esagerato quanto detto sopra, circa il potere sovrano della volontà emancipata, eppure la Bibbia ci narra meraviglie a proposito di Mosè. Secondo Filone, Mosè era un iniziato nella terra dei faraoni, sulle sponde del Nilo. Cugino del faraone, sacerdote di Osiride, fu educato tra la colonna di Iside, la Madre Divina, e quella di Osiride, il Padre nostro che dimora in segreto. Mosè era discendente dal Patriarca Abramo, il grande Mago caldeo, e dal venerabile Isacco. Mosè, l’uomo che liberò il potere elettrico della volontà, possedeva il dono di compiere prodigi. Ben lo sanno i divini e gli umani: così, infatti, sta scritto. Tutto quello che le Sacre Scritture dicono di questo condottiero ebreo è del tutto straordinario, portentoso. Mosè trasforma il suo bastone in serpente; trasforma la sua mano in quella di un lebbroso, poi le restituisce la vita. La prova del roveto ardente mette in luce il suo potere, la gente comprende, si inginocchia, si prostra. Mosè utilizza una verga magica, emblema del potere reale, del potere sacerdotale dell’Iniziato ai Grandi Misteri della vita e della morte. Davanti al faraone, egli muta l’acqua del Nilo in sangue: i pesci muoiono, il fiume sacro si infetta, gli egiziani non possono bere e il sangue si sparge nei campi irrigati dal Nilo. Ma non basta: fa apparire milioni di rane di proporzioni gigantesche, enormi, mostruose, che escono dal fiume ed invadono le case. Poi, con un suo gesto, rivelatore di una volontà libera e sovrana, le orribili rane svaniscono.
Siccome, però, il faraone non libera gli israeliti, Mosè compie nuovi prodigi: copre la terra di sudiciume, suscita nubi di mosche immonde e schifose che poi si dà il lusso di far scomparire. Scatena una peste paurosa e -tranne che per i giudei- a tutti muore il bestiame. Prendendo fuliggine da un forno -dicono le Sacre Scritture- la lancia nell’aria e questa, spargendosi sugli egiziani, li copre di pustole ed ulcere. Stendendo il suo famoso bastone dei maghi, Mosè fa piovere grandine dal cielo, in modo tanto violento che essa distrugge ed uccide. Fa poi scoccare una folgore di fuoco: rimbomba il tuono terribile e piove a dirotto; poi, con un gesto, ritorna la calma. Il faraone, però, insiste inflessibile... Mosè, con un colpo tremendo della sua verga magica, fa sorgere, come per incanto, nugoli di locuste..., poi, calano le tenebre. Un altro colpo di verga e tutto torna all’ordine primitivo. È ben noto il finale di questo dramma biblico dell’Antico Testamento: interviene Jehovah e fa morire tutti i primogeniti degli egizi. Al faraone non resta altro rimedio che lasciar partire gli ebrei. In seguito, Mosè si serve della sua verga magica per fendere le acque del Mar Rosso ed attraversarlo all’asciutto. Quando i guerrieri egiziani si precipitano nella scia, sulle tracce degli israeliti, Mosè, con un gesto, fa si che le acque tornino a chiudersi inghiottendo gli inseguitori. Molti pseudo-occultisti, di certo, a questa lettura, vorrebbero compiere gli stessi prodigi ed avere gli stessi poteri di Mosè; ma questo risulta impossibile finché la volontà resta intrappolata in ciascuno di tutti quegli io presenti nei vari ripieghi della nostra Psiche. L’Essenza imprigionata nel me stesso, è il Genio della lampada di Aladino, desideroso di libertà... Il Genio, se libero, può compiere prodigi! L’Essenza è “volontà-coscienza” e si esprime, purtroppo, nel limiti del nostro condizionamento. Quando la volontà si libera, allora si mescola, si fonde e si integra con la Volontà Universale, diventando, per questo, sovrana. La volontà individuale, fusa assieme alla Volontà Universale, può realizzare tutti i prodigi di Mosè. Esistono tre tipi di azioni: a) - Quelle corrispondenti alla Legge del caso. b) - Quelle che appartegnono alla Legge di Ricorrenza (fatti che si ripetono ad ogni esistenza). c) - Azioni intenzionalmente determinate dalla volontà cosciente. È indubbio che solo chi abbia liberato la volontà mediante la morte del me stesso può compiere azioni incondizionate, per opera del libero arbitrio. Le consuete azioni dell’umanità sono sempre il risultato della Legge di Ricorrenza o il semplice effetto di casi meccanicamente prodotti.
Chi possiede una volontà veramente libera può determinare nuove circostanze, mentre chi ha la volontà prigioniera nell’io pluralizzato è vittima delle circostanze. Nelle pagine bibliche c’è una serie magnifica di interventi di alta magia, veggenza, profezia, prodigi, trasfigurazioni, resurrezione di morti per insufflazione o imposizione di mani, o fissando lo sguardo alla radice del naso, ecc. Nella Bibbia, abbonda il ricorso al massaggio, all’olio sacro, ai passi magnetici, all’applicazione di un po’ di saliva sulla parte malata, alla lettura del pensiero... Si legge di estasi, di apparizioni, di parole venute dal cielo, ecc., ecc.: vere meraviglie della Volontà Cosciente, libera, emancipata e sovrana. Stregoni, fattucchiere e maghi neri abbondano come la mala erba, ma questi non sono santi, né profeti, né adepti della Fratellanza Bianca. Nessuno può arrivare alla “Reale Illuminazione”, né esercitare il sacerdozio assoluto della Volontà Cosciente, se prima non è morto radicalmente in se stesso, qui ed ora. C’è molta gente che con frequenza ci scrive per lamentarsi di non possedere l’Illuminazione; reclamano poteri, pretendono “chiavi” che li trasformino in maghi, ecc., ma non si danno mai pena di auto-osservarsi, di auto-conoscersi, di incenerire quegli aggregati psichici, quegli io nei quali è intrappolata la volontà, l’Essenza. Questo tipo di persone sono condannate senz’altro al fallimento. Sono gente che brama le facoltà dei santi ma che in alcun modo è disposta a morire in se stessa. Eliminare gli errori è di per sé qualcosa di magico e meraviglioso, che implica una rigorosa auto-osservazione psicologica. Esercitare poteri è possibile quando si libera radicalmente la facoltà meravigliosa del volere. Siccome la volontà della gente, purtroppo, è in trappola dentro ogni io, essa, ovviamente, è divisa in molteplici volontà che si esplicano nei limiti del proprio condizionamento. È facile capire che ogni io possiede, per questo, una sua particolare volontà incosciente. Le innumerevoli volontà imprigionate negli io si scontrano frequentemente tra di loro, rendendoci pertanto incapaci, deboli, impotenti, miserabili e vittime delle circostanze.
Capitolo Ventinovesimo LA DECAPITAZIONE Man mano che si lavora su se stessi, si comprende sempre più quanto sia necessario eliminare radicalmente dalla propria natura interiore tutto quello che ci rende così abominevoli. Le peggiori circostanze della vita, le situazioni più critiche, le vicende più difficili, sono sempre molto proficue per l’auto-scoperta intima. Gli io più segreti affiorano sempre in frangenti insospettabili e critici, quando meno ce l’aspettiamo; se siamo in stato di allerta li scopriremo senz’altro. I periodi più tranquilli della vita sono proprio i meno favorevoli per il lavoro su se stessi. Esistono momenti della vita troppo complessi, nei quali si ha una marcata tendenza a identificarsi facilmente con gli avvenimenti e a dimenticare completamente se stessi; in quegli istanti si commettono sciocchezze che non portano a nulla; eppure, se fossimo allerta, se invece di perdere la testa, in quegli stessi momenti, ci nicordassimo di noi, scopriremmo con stupore certi io dei quali non avremmo mai sospettato l’esistenza. Il senso dell’auto-osservazione intima è atrofizzato in ogni essere umano ma, lavorando seriamente e auto-osservandosi di momento in momento, questo senso si sviluppa progressivamente. Via via che il senso dell’auto-osservazione continua a svilupparsi mediante il suo uso continuo, diverremo sempre più capaci di percepire direttamente quegli io della cui esistenza non abbiamo mai avuto sentore. Davanti al senso dell’auto-osservazione intima, ognuno degli io che abitano al nostro interno assume realmente una figura segretamente affine al difetto stesso che personifica. L’immagine di ciscuno di questi io ha senz’altro un certo inconfondibile sapore psicologico, per mezzo del quale afferriamo, catturiamo, carpiamo istintivamente la sua intima natura ed il difetto che la caratterizza. In principio, l’esoterista non sa da dove cominciare: sente il bisogno di lavorare su se stesso ma si trova completamente disorientato. Approfittando dei momenti critici, delle situazioni sgradevoli, delle più avverse condizioni, se stiamo allerta scopriremo i nostri principali difetti, gli io che dobbiamo disintegrare al più presto. A volte si comincia dall’ira o dall’amor proprio, o dal nefasto attimo di lussuria, ecc., ecc. Indispensabile è, soprattutto, cogliere indizi durante i nostri stati psicologici quotidiani, se davvero vogliamo cambiare definitivamente. Prima di addormentarci, sarebbe bene che esaminassimo i fatti accaduti durante il giorno, le situazioni imbarazzanti, la “fragorosa risata di Aristofane” ed il “sottile sorriso di Socrate”.
Potrebbe darsi che abbiamo ferito qualcuno con una risata, oppure messo a disagio qualcun’altro con un sorriso od uno sguardo fuori luogo. Ricordatevi che, nell’esoterismo puro, è bene tutto ciò che si trova al suo posto ed è male tutto ciò che è fuori posto. L’acqua è utile al proprio posto, ma cattiva e dannosa fuori posto, quando inondasse la casa e provocasse danni. Il fuoco in cucina e nel suo spazio appropriato, oltre che utile, è buono; al di fuori di quello, se bruciasse i mobili della sala, sarebbe cattivo e dannoso. Qualsiasi virtù, per santa che sia, al suo posto è buona, ma fuori posto è cattiva e dannosa. Con le virtù è possibile danneggiare il prossimo. Per questo è indispensabile fare ricorso alle virtù solo a tempo e luogo debito. Che direste di un sacerdote che predicasse la parola del Signore in un bordello? Che direste di un uomo tranquillo e tollerante che benedicesse la banda di aggressori intenti a violentare la moglie e le figlie? Che direste di questa tolleranza portata all’eccesso? Che pensare dell’atteggiamento caritatevole di un uomo che, invece di sfamare la propria famiglia, distribuisse il denaro tra coloro che mendicano per spendere nella soddisfazione del vizio? Come valutare un uomo servizievole che, a un bel momento, finisse per prestare il pugnale a un assassino? Ricordiamoci, cari lettori, che anche tra le note poetiche si nasconde il delitto. C’è molta virtù nei malvagi e molta malvagità nei virtuosi. Per quanto sembri incredibile, il delitto si occulta perfino nello stesso profumo della preghiera. Il delitto si traveste da santo, usa le migliori virtù, si presenta come martire e officia addirittura nei templi sacri. Man mano che il senso dell’auto-osservazione intima si sviluppa in noi mediante il suo uso continuo, potremo vedere tutti quegli io che servono da base al nostro temperamento individuale, per sanguigno o nervoso, flemmatico o bilioso che sia. Vogliate crederlo o no, dietro il nostro temperamento, nelle più remote profondità della Psiche, si nascondono le più esecrabili creazioni diaboliche. Con lo sviluppo continuo e progressivo del senso di auto-osservazione intima, è possibile vedere tali creazioni, osservare i mostri infernali dentro ai quali si trova intrappolata nientemeno che la Coscienza. Finchè l’uomo non abbia dissolto queste creazioni dell’inferno, queste aberrazioni di se stesso, nel più profondo continuerà senz’altro ad essere qualcosa che non dovrebbe esistere: una deformità, un’abominazione. Ciò che più preoccupa in tutto questo è che l’abominevole non si rende conto della propria abominazione: si crede bello, giusto, una brava persona e addirittura si lamenta per l’incomprensione degli altri; si dispiace per l’ingratitudine dei suoi simili, dice che non lo capiscono, piange e sostiene che tutto gli è dovuto, che lo hanno ricambiato in malo modo, ecc., ecc.
Il senso dell’auto-osservazione intima ci permette di verificare direttamente da soli il lavoro segreto con il quale, in un periodo di tempo predeterminato, stiamo dissolvendo questo o quell’io (questo o quel difetto psicologico), magari scoperto in condizioni difficili e quando meno lo sospettavamo. Nella vita, non vi è mai capitato di pensare talvolta a quello che più o meno vi piace o dispiace? Avete riflettuto sui segreti meccanismi dell’azione? Perché volete una bella casa? Perché desiderate una macchina “ultimo modello”? Perché volete essere sempre all’ultima moda? Perché ambite non essere ambiziosi? Che cos’è che più vi ha offeso in quel momento? Che cosa, ieri, vi ha lusingato di più? Perché in quell’istante vi siete sentiti superiori a questo o quel tipo? A che ora vi siete sentiti superiori a qualcuno? Perché vi siete insuperbiti nel racconto dei vostri successi? Non avreste potuto tacere mentre criticavano una nota persona? Avete accettato un brindisi per sola cortesia? Avete accettato di fumare pur non avendone il vizio, magari per un gesto di ossequio o un concetto di virilità? Siete sicuri di essere stati sinceri in quella conversazione? E quando vi giustificate, quando vi lodate, quando raccontate i vostri successi, ripetendo ancora una volta quanto detto ad altri già prima, siete consapevoli di essere stati vanitosi? Il senso dell’auto-osservazione intima, oltre a permettervi di vedere chiaramente l’io che state dissolvendo, vi consentirà di vedere anche i risultati, in termini precisi e sofferti, del vostro lavoro interiore. All’inizio, queste creazioni infernali, queste aberrazioni psichiche che purtroppo ci caratterizzano, sono più brutte e mostruose delle più orrende bestie mai apparse in fondo ai mari o nelle selve più intricate della terra. Via via che procediamo nel lavoro, con il senso dell’autoosservazione interiore potremo rilevare il fatto non indifferente che quelle abominazioni perdono volume, vanno rimpicciolendo... È interessante sapere che queste bestialità, man mano che si riducono di dimensione, man mano che perdono volume e rimpiccioliscono, guadagnano in bellezza, assumendo lentamente sembianze infantili; infine si disintegrano e diventano polvere cosmica. Allora, l’Essenza intrappolata si libera, si sprigiona, si sveglia. La mente non può di certo alterare alla radice alcun difetto psicologico; le facoltà razionali, ovviamente, possono permettersi il lusso di etichettare un difetto con questo o quel nome, di giustificarlo, di passarlo dall’uno all’altro livello, ecc., ma non possono, di per sé, annientarlo, distruggerlo. Abbiamo assoluta necessità di un potere igneo superiore alla mente, di un potere che sia in grado per se stesso di ridurre questo o quel difetto psicologico in semplice polvere cosmica. Fortunatamente, esiste in noi quel potere serpentino, quel fuoco meraviglioso che gli antichi alchimisti medioevali battezzarono con il misterioso nome di Stella Maris, la Vergine del Mare, il Mercurio della scienza di Hermes, la Tonantzin del Messico azteco, quella derivazione del nostro Essere intimo, Dio-Madre dentro di noi, sempre rappresentata con il Sacro Serpente dei Grandi Misteri. Se, dopo aver osservato e compreso profondamente questo o quel difetto psicologico (questo o quell’io), supplichiamo la nostra Madre Cosmica individuale (ognuno infatti ha la propria) perché disintegri, riduca in polvere cosmica il difetto compreso, quell’io che è stato oggetto del nostro lavoro interiore, potete esserne certi, perderà volume e si ridurrà lentamente in polvere.
Tutto questo, naturalmente, comporta lavori di fondo ininterrotti e svolti in successive riprese, perché nessun io può essere mai disintegrato all’istante. Il senso di auto-osservazione intima potrà constatare il progressivo avanzamento del lavoro relativo al difetto che ci interessa disintegrare davvero. Quantunque sembri strano, Stella Maris è il segno astrale della potenza sessuale umana. Ovviamente, Stella Maris ha il potere effettivo per distruggere le aberrazioni contenute nella nostra sfera psicologica interiore. La decapitazione di Giovanni Battista ci deve invitare a riflettere: non è possibile alcun cambiamento psicologico radicale se prima non si passa per la “decapitazione”. Tonantzin, Stella Maris, il nostro Essere derivato, potenza elettrica sconosciuta all’intera umanità, e che giace latente nel fondo stesso della nostra Psiche, gode ovviamente del potere che le permette di decapitare qualunque io prima di sottoporlo alla disintegrazione finale. Stella Maris è quel fuoco filosofale che si trova latente in tutta la materia organica e inorganica. Gli impulsi Psicologici possono provocare l’azione intensa di questo fuoco e rendere quindi possibile la decapitazione. Alcuni io vengono generalmente decapitati all’inizio del lavoro psicologico, altri a metà e gli ultimi alla fine. Come potenza ignea sessuale, Stella Maris ha piena coscienza del lavoro da svolgere ed esegue la decapitazione al momento opportuno, nell’istante adeguato. Finché non sia stata compiuta la disintegrazione di tutte queste abominazioni psicologiche, di ogni atto di lascivia, di tutte le nostre nefandezze (furto, invidia, adulterio segreto o manifesto, ambizione di denaro o di poteri psichici e via dicendo), per quanto ci crediamo persone per bene, di parola, sincere, cortesi, caritatevoli, belle dentro, ecc., non finiremo di essere altro che sepolcri imbiancati, belli fuori ma pieni di schifosa putredine dentro. L’erudizione libresca, la pseudo-sapienza, l’informazione completa sulle Sacre Scritture (siano esse d’oriente o d’occidente, del nord o del sud), lo pseudo-occultismo, lo pseudo-esoterismo, l’assoluta sicurezza di essere ben documentati, il settarismo intransigente basato sulla piena convinzione e cose del genere, non servono a nulla, perché in fondo esistono effettivamente solo cose che ignoriamo: creazioni infernali, nefandezze e mostruosità che si nascondono dietro un bel viso, dietro un volto venerabile, sotto la santissima veste del sacro leader, ecc. Dobbiamo essere sinceri con noi stessi, domandarci che cosa vogliamo, perché se ci siamo accostati all’insegnamento gnostico per pura curiosità, se non è veramente il passare per la decapitazione ciò che desideriamo, allora stiamo ingannando noi stessi, stiamo difendendo la nostra putredine, stiamo agendo da ipocriti. Nelle più venerabili scuole della sapienza esoterica e dell’occultismo c’è molta gente sincera, eppure in errore, che vorrebbe davvero auto-realizzarsi ma che non si dedica alla disintegrazione delle proprie abominazioni interiori. Sono in molti a credere che bastano le buone intenzioni per arrivare alla santità, ma è chiaro che finché non si lavora intensamente sugli io che portiamo di dentro, essi continueranno ad esistere nel sottofondo dello sguardo pietoso e della buona condotta.
È giunta l’ora di sapere che siamo dei malvagi travestiti con la tunica della santità, lupi con il pelo di pecora, cannibali acconciati da gran signori, carnefici nascosti dietro il sacro segno della croce... Per quanto maestosi possiamo apparire nei nostri templi o nelle nostre aule di luce e d’armonia, per quanto dolci e sereni ci vedano i nostri simili, per quanto umili e devoti sembriamo, nel fondo della nostra Psiche continuano ad esistere tutte le abominazioni dell’inferno e tutte le mostruosità delle guerre. In fatto di Psicologia Rivoluzionaria si rende per noi evidente la necessità di una trasformazione radicale e questa è possibile solo dichiarando una guerra a morte, spietata e crudele, contro noi stessi. Noi tutti non valiamo di certo alcunché: ciascuno di noi è una sciagura per la terra, quanto di più esecrabile vi è in essa. Fortunatamente, Giovanni Battista ci ha insegnato il cammino segreto: “morire in se stessi mediante la decapitazione psicologica”.
Capitolo Trentesimo IL CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE Poiché non esiste una vera individualità, è impossibile che esista continuità di propositi. Se non esiste “l’individuo” psicologico, se in ognuno di noi vivono molte persone, se non c’è un soggetto responsabile, sarebbe assurdo pretendere da qualcuno continuità di propositi. Sappiamo già che dentro ogni persona vivono molte persone: dunque, in noi, il pieno senso della responsabilità non esiste per nulla. Ciò che un dato io afferma in un dato momento, non può assolutamente essere preso sul serio, a causa del fatto che un qualsiasi altro io può affermare l’esatto contrario in ogni altro momento. Il grave è, tra l’altro, che molta gente crede di possedere senso di responsabilità morale e si auto-inganna affermando di essere sempre la stessa. Ci sono persone che, ad un certo momento della loro vita, si accostano agli studi gnostici: brillano della forza del loro anelito, si entusiasmano nel lavoro esoterico e giurano persino di consacrare l’intera loro esistenza a questi argomenti. Tutti i fratelli del nostro movimento arrivano perfino ad ammirare senza riserve un tale entusiasmo. Al vedere persone di questo genere, tanto devote, determinate e sincere, non si può fare a meno di provare una grande allegria. Tuttavia, l’idillio non dura molto: un giorno, per questo o quel motivo, giusto o ingiusto, semplice o complesso, la persona si ritira dalla Gnosi: allora abbandona il lavoro e, per aggiustare le cose o nel tentativo di giustificarsi, aderisce a qualche altra organizzazione mistica e pensa che, dopotutto, sia meglio così. Tutto questo andare e venire, tutto questo interminabile cambiamento di scuole, sette o religioni, è dovuto alla molteplicità di io che in noi lottano tra di loro per la supremazia. Poichè ogni io possiede un proprio criterio, una propria mente ed idee proprie, è del tutto normale questa girandola di pareri, questo costante sfarfallare tra le organizzazioni, di ideale in ideale... La persona, in sé, non è altro che una macchina, veicolo di volta in volta utile all’uno o all’altro io. Alcuni io mistici portano all’auto-ingannano: dopo aver abbandonato questa o quella setta giungono alla conclusione di credersi dei, brillano come fuochi fatui e infine svaniscono. Ci sono persone che si affacciano per un attimo al lavoro esoterico e poi, non appena interviene un altro io, abbandonano definitivamente questi studi e si lasciano risucchiare dalla vita. Se uno non lotta contro la vita, ovviamente questa lo divora e sono veramente rari gli aspiranti che non se ne lasciano prendere.
Il centro di gravità permanente non può esistere, avendo dentro di noi una molteplicità di io. È del tutto normale che non tutti si auto-realizzino intimamente. Sappiamo bene che l’autorealizzazione intima dell’Essere esige continuità di propositi e siccome è molto difficile trovare qualcuno che possegga un centro di gravità permanente, non è poi tanto strano che sia rarissima la persona in grado di arrivare alla profonda auto-realizzazione interiore. La cosa normale è che ci si entusiasmi per il lavoro esoterico e poi lo si abbandoni, mentre è strano che qualcuno non lo lasci e giunga alla meta. In nome della verità affermiamo che il Sole sta facendo un esperimento di laboratorio molto complicato e terribilmente difficile. All’interno dell’animale intellettuale, a torto detto uomo, esistono germi che, opportunamente sviluppati, possono renderci uomini solari. È bene precisare, tuttavia, che non sempre questi germi si sviluppano, anzi, di norma degenerano e purtroppo si perdono. In ogni caso, tali germi, che dovrebbero trasformarci in “uomini solari”, hanno bisogno di un’ambiente adeguato, poiché è risaputo che il seme, in ambiente sterile, non germina ma va perso. Perché la reale semenza dell’uomo, depositata nelle ghiandole sessuali, possa germinare, si richiede continuità di propositi ed un corpo fisico normale. Se gli scienziati continueranno a fare esperimenti sulle ghiandole di secrezione interna, qualsiasi possibilità di sviluppo dei germi solari potrà andare perduta. Quantunque sembri incredibile, le formiche hanno già attraversato un processo del genere, in un remoto passato della nostra Terra. C’è da stupirsi al vedere la perfezione di un agglomerato di formiche. L’ordine che regna in qualunque formicaio è senz’altro formidabile. Quegli Iniziati che hanno risvegliato la Coscienza sanno, per diretta esperienza mistica, che le formiche, in tempi neppur vagamente immaginabili dai massimi storiografi, furono una razza umana che creò una poderosa civiltà socialista. Dalla loro organizzazione epurarono quindi i dittatori, soffocarono le diverse sette religiose ed il libero arbitrio, poiché tutto ciò sottraeva loro il potere, mentre lo scopo era un regime totalitario, nel senso più completo della parola. In queste condizioni, eliminata l’iniziativa individuale ed il diritto alla religione, l’animale intellettuale precipitò nella degenerazione e nell’involuzione. A tutto questo si aggiunsero gli esperimenti scientifici: trapianti di organi, di ghiandole, esperimenti ormonali, ecc., il cui risultato fu un rimpicciolimento graduale e l’alterazione morfologica di quegli organismi umani fino a trasformarli, alla fine, nelle formiche che oggi vediamo.
Quella civiltà e tutto l’insieme di attività collegate all’ordine sociale costituito divennero meccanici e si perpetuarono di padre in figlio. Oggi c’è da stupirsi al vedere un formicaio, ma non possiamo far a meno di lamentarne la mancanza di intelligenza. Se non lavoriamo su noi stessi, involviamo e degeneriamo in modo pauroso. L’esperimento che il Sole sta facendo nel laboratorio della natura, oltre che per la sua difficoltà, ha dato indubbiamente pochissimi risultati. È possibile creare “uomini solari” solo quando in ognuno di noi esista una vera disposizione a collaborare. La creazione dell’uomo solare non è possibile se prima non stabiliamo al nostro interno un centro di gravità permanente. Come potremmo avere continuità di propositi se non ponessimo il centro di gravità nella nostra Psiche? Qualsiasi razza che il Sole crea in natura non ha altro scopo che quello di servire agli interessi di questa creazione e all’esperimento solare. Se il Sole fallisse nel suo esperimento, perderebbe ogni interesse per una razza del genere ed essa resterebbe di fatto condannata alla distruzione e all’involuzione. Ciascuna delle razze che sono esistite sulla faccia della Terra è servita per l’esperimento solare: da ognuna il Sole ha ottenuto qualche successo, raccogliendo piccoli gruppi di “uomini solari”. Quando una razza ha dato i propri frutti, scompare per gradi, oppure perisce violentemente con immani catastrofi. La creazione di “uomini solari” è possibile quando si lotta per rendersi indipendenti dalle forze lunari: non c’è dubbio, infatti, che tutti quegli io presenti nella nostra Psiche sono esclusivamente di tipo lunare. Sarebbe del tutto impossibile liberarci dalla forza lunare se prima non stabilissimo in noi un centro di gravità permanente. Come possiamo dissolvere la totalità dell’io pluralizzato se non abbiamo continuità di propositi? In che modo avere continuità di propositi senza previamente stabilire nella nostra Psiche un centro di gravità permanente? La razza attuale ha, senza dubbio, condannato se stessa alla degenerazione e all’involuzione perché, invece di rendersi ìndipendente dall’influenza lunare, ha perso ogni interesse per l’intelligenza solare. Il vero uomo non può sorgere mediante la meccanica evolutiva. Sappiamo bene che l’evoluzione, e la sua corrispondente gemella involuzione, sono due Leggi che reggono semplicemente l’asse meccanico di tutta la natura. Ci si evolve fino a un certo punto perfettamente definito e poi subentra il processo involutivo; ad ogni salita segue una discesa e viceversa.
Noi siamo solamente macchine controllate da diversi io. Serviamo all’economia della natura e non abbiamo un’individualità definita, come a torto suppongono molti pseudo-esoteristi e pseudo-occultisti. Occorre cambiare con la massima urgenza, perché i germi dell’uomo diano i loro frutti. Solo lavorando su noi stessi, con autentica continuità di propositi e pieno senso di responsabilità morale, possiamo trasformarci in “uomini solari”. Questo implica consacrare l’intera nostra esistenza al lavoro esoterico su noi stessi. Chi spera di giungere allo “stato solare” grazie alla meccanica dell’evoluzione, inganna se stesso e si condanna di fatto alla degenerazione involutiva. Nel lavoro esoterico non possiamo concederci il lusso di essere versatili; chi ha idee volubili, chi oggi lavora sulla propria Psiche e domani si lascia fagocitare dalla vita, chi cerca scuse e giustificazioni per abbandonare il lavoro esoterico, finisce per degenerare ed involvere. Qualcuno trascina nel tempo il suo errore, lascia tutto a domani, mentre bada a migliorare la posizione economica, senza tener conto che l’esperimento solare è qualcosa di molto diverso dal suoi criteri e dai suoi scontati progetti. Non è certo facile diventare uomini solari quando abbiamo la luna dentro di noi (l’ego è lunare). La Terra ha due lune: la seconda si chiama Lilith ed è un po’ più lontana della luna bianca. Gli astronomi vedono Lilith come una lenticchia, perché è di proporzioni molto ridotte. Quella è la luna nera. Le forze più sinistre dell’ego giungono alla Terra da Lilith e producono risultati psicologici infraumani e bestiali. I crimini della stampa rossa, gli assassinii più mostruosi della storia, i delitti più insospettabili e via dicendo, si devono alle onde vibratorie di Lilith. La duplice influenza lunare, rappresentata dall’ego che ogni essere umano ha dentro di sé, fa di noi un vero fallimento. Se non vediamo l’urgenza di consacrare tutta la nostra esistenza al lavoro su noi stessi per liberarci dalla doppia influenza lunare, finiremo ingoiati dalla luna, involvendo e degenerando sempre più in un succedersi di determinati livelli che, a ragion veduta, potremmo definire incoscienti e infracoscienti. La cosa più grave è che non possediamo una vera individualità: se avessimo un centro di gravità permanente, lavoreremmo seriamente fino ad ottenere lo “stato solare”. In queste questioni, però, si trovano talmente tante scuse, scappatoie sempre diverse ed attrazioni tanto affascinanti che, in genere, è quasi impossibile comprendere l’urgenza del lavoro esoterico. Malgrado tutto, il piccolo margine di libero arbitrio che ci rimane, unito all’insegnamento
gnostico orientato verso il lavoro pratico, potrebbero servirci da base per i nostri nobili propositi riguardo all’esperimento solare. La mente volubile non capisce ciò che stiamo dicendo: legge questo capitolo e poi lo dimentica; dopo verrà un altro libro e un altro ancora, e da ultimo finirà per aderire a qualche istituzione che venda il passaporto per il Cielo, che parli in termini più ottimistici, che assicuri comodità nell’al di là. Così è la gente: vere e proprie marionette controllate da fili invisibili, burattini meccanici con idee volubili e senza continuità di propositi.
Capitolo Trentunesimo IL LAVORO ESOTERICO GNOSTICO Per lavorare seriamente su se stessi, occorre studiare la Gnosi e utilizzare da subito le idee pratiche riportate in quest’opera. D’altronde, non potremmo lavorare su di noi per dissolvere questo o quell’io senza averlo preventivamente osservato. L’auto-osservazione apre un varco al nostro interno perché vi penetri un raggio di luce. Ogni io si esprime in un certo modo nella mente, in altro modo nel cuore e in modo ancor diverso nel sesso. Occorre osservare l’io che abbiamo catturato in un certo momento ed è indispensabile vederlo in ciascuno di questi tre centri del nostro organismo. Se staremo allerta nei rapporti con la gente, vigili come la sentinella in tempo di guerra, ci potremo auto-scoprire. A che ora è stata ferita la vostra vanità? Il vostro orgoglio? Lo ricordate? Che cosa vi ha più contrariato, quest’oggi? Qual è stato il motivo di questa contrarietà? Quale la sua causa segreta? Ecco che cosa studiare! Osservate la mente, il cuore, il sesso... La vita pratica è una scuola meravigliosa: nelle interrelazioni si possono scoprire gli io che portiamo dentro. Mediante l’auto-osservazione, qualsiasi contrarietà, qualunque incidente ci può condurre alla scoperta di un io, che può esser di amor proprio, invidia, gelosia, ira, cupidigia, sospetto, calunnia, lussuria, ecc. Occorre conoscere se stessi prima di poter conoscere gli altri. Imparare a vedere il punto di vista altrui è indispensabile. Se ci mettiamo al posto degli altri, scopriamo che i difetti psicologici, che noi rinfacciamo loro, dentro di noi sono più che d’avanzo. Nel lavoro esoterico, amare il prossimo è indispensabile, ma amare gli altri è impossibile se prima non impariamo a metterci nei loro panni. La crudeltà continuerà ad esistere sulla faccia della terra finché non avremo imparato a considerare il punto di vista altrui. Ma se non si ha il coraggio di vedere se stessi, com’è possibile mettersi al posto degli altri? Perché dovremmo esclusivamente vedere l’aspetto negativo delle altre persone? L’antipatia meccanica verso qualcuno che vediamo per la prima volta è la dimostrazione che non sappiamo metterci nei panni degli altri, che non amiamo il prossimo, che abbiamo la Coscienza davvero addormentata.
Una certa persona ci è antipatica? Per quale motivo? Forse perché a volte beve? Osserviamoci... Siamo sicuri della nostra virtù? Siamo sicuri di non aver dentro di noi l’io dell’ubriachezza? Sarebbe meglio se, vedendo un ubriaco fare pagliacciate, dicessimo: «Quello sono io: che pagliacciate sto facendo! ... » Siete donne oneste e virtuose e per questo non potete sopportare una certa signora? Avete antipatia nei suoi confronti? Perché? Vi sentite davvero sicure di voi stesse? Credete di non avere dentro di voi l’io della lussuria? Pensate che quella donna, malvista per gli scandali e i facili costumi, sia perversa? Siete davvero sicure che dentro di voi non esistano la stessa lascivia e perversione che vedete in quella donna? Sarebbe meglio se vi auto-osservaste intimamente e, in profonda meditazione, vi metteste nei panni di colei che tanto odiate. È urgente mettere a frutto il lavoro esoterico gnostico; è indispensabile comprenderlo e apprezzarlo se aneliamo realmente ad un cambiamento radicale. Diventa indispensabile saper amare i nostri simili, studiare la Gnosi e diffondere tra la gente questo insegnamento, altrimenti si cade nell’egoismo. Se ci si dedica al lavoro esoterico su se stessi ma non si dà l’insegnamento agli altri, il progresso interiore risulta molto difficile, per mancanza di amore verso il prossimo. “Colui che dà riceve e, quanto più dà, più riceve, mentre a chi non dà sarà tolto anche quel poco che ha.” Questa è la Legge.
Capitolo Trentaduesimo LA PREGHIERA NEL LAVORO Osservazione, giudizio ed esecuzione sono i tre fattori basilari della dissoluzione. Primo: si osserva. Secondo: si giudica. Terzo: si giustizia. In tempo di guerra, le spie vengono osservate, poi giudicate e infine fucilate. Nell’interrelazione con il prossimo esiste auto-scoperta ed autorivelazione. Chi rinuncia alla convivenza con i propri simili, rinuncia anche all’auto-scoperta. Qualunque caso della vita, per quanto insignificante possa sembrare, è senz’altro causato da un attore dentro di noi, un aggregato psichico, un io. L’autoscoperta è possibile quando ci troviamo in stato di allerta-percezione, allerta-novità. L’io scoperto in flagrante dev’essere osservato accuratamente nel nostro cervello, nel cuore, nel sesso. Un qualsiasi io di lussuria potrebbe manifestarsi nel cuore come amore, nel cervello come un ideale..., ma se ponessimo attenzione al sesso sentiremmo una certa e inconfondibile eccitazione morbosa. Ogni io deve essere giudicato in modo definitivo. Dobbiamo metterlo sul banco degli imputati e giudicarlo impietosamente. Se davvero vogliamo prender coscienza dell’io che desideriamo estirpare dalla nostra Psiche, dobbiamo escludere qualsiasi scusa, giustificazione o considerazione. L’esecuzione è diversa: non sarebbe possibile giustiziare un qualsiasi io senza averlo prima osservato e giudicato. La preghiera nel lavoro psicologico è fondamentale per la dissoluzione. Occorre un potere che sia superiore alla mente se si vuole davvero disintegrare un determinato io. La mente, di per sé sola, non potrà mai disintegrare un io: questo è fuori discussione. Pregare è conversare con Dio. Se veramente vogliamo disintegrare gli io, nella nostra intimità dobbiamo fare appello a Dio Madre. Chi non ama la propria Madre, il figlio ingrato, fallirà nel lavoro su se stesso. Ciascuno di noi ha la propria personale Madre Divina individuale: ella è, in sé, una parte del nostro Essere, una parte derivata. Tutti i popoli antichi tributarono culto a Dio Madre nel più profondo del proprio Essere. Il principio femminile dell’Eterno è Iside, Maria, Tonantzin, Cibele, Rea, Adonia, Insoberta, ecc. Se nel piano puramente fisico abbiamo un padre e una madre, anche nel più profondo del nostro Essere abbiamo il nostro Padre che dimora in segreto e la nostra Divina Madre Kundalini.
Ci sono tanti Padri in Cielo quanti sono gli uomini sulla terra. Nel nostro intimo, Dio Madre è l’aspetto femminile di nostro Padre che dimora in segreto. Egli ed Ella sono in effetti le due parti superiori del nostro Essere intimo. Egli ed Ella sono sostanzialmente il nostro Reale Essere, ben al di là dell’io della psicologia. Egli si sdoppia in Ella e comanda, dirige, istruisce. Ella elimina gli elementi indesiderabili che ci portiamo in seno, a condizione di un continuo lavoro su noi stessi. Quando saremo morti alla radice, quando tutti gli elementi indesiderabili saranno stati eliminati, dopo molti lavori coscienti e sacrifici volontari, ci fonderemo ed integreremo con il Padre-Madre: saremo allora Dei meravigliosamente sublimi, al di là del bene e del male. La nostra personale Madre Divina individuale, per mezzo dei suoi poteri di fuoco, può ridurre in polvere cosmica uno qualunque -tra i tanti io- che sia stato previamente osservato e giudicato. Non è necessaria una formula specifica per pregare la nostra intima Madre Divina. Dobbiamo essere molto semplici e naturali nel rivolgerci a Lei. Il bimbo che si rivolge alla mamma non adopera formule specifiche: dice quello che gli esce dal cuore e basta. Nessun io si dissolve istantaneamente; la nostra Divina Madre deve lavorare e persino soffrire moltissimo prima di ottenere l’annientamento di qualsiasi io. Dedicatevi all’introspezione, dirigete nell’intimo la vostra preghiera, cercando interiormente la vostra Divina Signora e con suppliche sincere potrete parlarle. Pregatela di disintegrare quell’io che avrete in precedenza osservato e giudicato. Il senso dell’auto-osservazione Intima, man mano che si svilupperà, vi permetterà di verificare il progressivo avanzamento del vostro lavoro. Comprensione e discernimento sono fondamentali; è però indispensabile qualcosa di più, se si vuole davvero disintegrare il me stesso. La mente può permettersi il lusso di etichettare qualsiasi difetto, passarlo dall’uno all’altro ambito, esibirlo o nasconderlo, ma non potrà mai alterarlo in modo fondamentale. E necessario un potere speciale, superiore alla mente, un potere di fuoco capace di ridurre in cenere qualsiasi difetto. Stella Maris, la nostra Divina Madre, ha questo potere: può polverizzare qualunque difetto psicologico. La nostra Divina Madre vive nella nostra intimità, al di là del corpo, degli affetti e della mente. Ella è di per se stessa un potere igneo superiore alla mente. La nostra personale Madre Cosmica individuale possiede saggezza, amore e potere. In Lei esiste assoluta perfezione. I buoni propositi, benché continuamente ripetuti, non servono a nulla, non portano a nulla. A nulla servirebbe ripetere ogni giorno: «Non devo abbandonarmi alla lussuria», perché gli io lascivi continueranno lo stesso ad esistere nel fondo della nostra Psiche.
Neppure servirebbe ogni giorno ripetere: «Non devo arrabbiarmi più», perché gli io dell’ira continueranno comunque ad esistere nel nostro fondo psicologico. Tantomeno servirebbe dire tutti i giorni: «Non voglio più comportarmi da avido», perché nei vari ripieghi della nostra Psiche gli io dell’avidità continueranno ugualmente ad esistere. Non avrebbe alcun senso appartarsi dal mondo per rinchiudersi in un convento o vivere in una caverna: gli io che si trovano dentro di noi continuerebbero ad esistere. Alcuni anacoreti che vivevano in grotte, con una rigorosa disciplina, arrivarono all’estasi dei santi e furono portati nei cieli, dove videro e udirono cose che agli esseri umani non è dato comprendere; ciò nonostante, gli io continuarono ad esistere dentro di loro. L’Essenza può senz’altro sfuggire dall’io, grazie a rigorose discipline, e godere così dell’estasi, ma dopo la felice esperienza ritorna all’interno del me stesso. Chi si è abituato all’estasi senza aver dissolto l’ego crede già di aver ottenuto la liberazione, ma si autoinganna credendosi un Maestro e anzi finisce per involvere nelle regioni sommerse. Non oseremmo mai pronunciarci contro il rapimento mistico, contro l’estasi e la felicità dell’Anima in assenza dell’ego. Vogliamo solo rimarcare la necessità di dissolvere l’io per ottenere la liberazione finale. L’Essenza di qualsiasi anacoreta disciplinato, abituata a sfuggire all’io, ripete l’impresa dopo la morte del corpo fisico: gode per un certo tempo dell’estasi e poi torna -come il Genio della lampada di Aladino- dentro la bottiglia, nell’ego, nel me stesso. A quell’Essenza allora non resta altro rimedio che tornare a prendere un nuovo corpo fisico, con lo scopo di ripetere la vita sul tappeto dell’esistenza. Molti mistici che disincarnarono nelle caverne dell’Himalaya, in Asia Centrale, sono ora persone qualsiasi, gente volgare di questo mondo, nonostante i loro seguaci ancora li adorino e li venerino. Qualunque proposito di liberazione, per grandioso che sia, se non tiene in considerazione la necessità di dissolvere l’ego, è destinato a fallire.
INDICE Capitolo 1 - IL LIVELLO DELL’ESSERE ......................................................................... 2 Capitolo 2 - LA SCALA MERAVIGLIOSA ....................................................................... 5 Capitolo 3 - RIBELLIONE PSICOLOGICA ....................................................................... 7 Capitolo 4 - L’ESSENZA ...................................................................................................... 9 Capitolo 5 - ACCUSARE SE STESSI ............................................................................... 11 Capitolo 6 - LA VITA ......................................................................................................... 13 Capitolo 7 - LO STATO INTERIORE ............................................................................... 15 Capitolo 8 - STATI SBAGLIATI ....................................................................................... 17 Capitolo 9 - VICENDE PERSONALI ................................................................................ 19 Capitolo 10 - I DIVERSI IO ................................................................................................. 21 Capitolo 11 - L’AMATO EGO ............................................................................................. 23 Capitolo 12 - IL CAMBIAMENTO RADICALE ............................................................... 25 Capitolo 13 - OSSERVATORE E OSSERVATO ............................................................... 27 Capitolo 14 - PENSIERI NEGATIVI ................................................................................... 29 Capitolo 15 - L’INDIVIDUALITÀ ...................................................................................... 32 Capitolo 16 - IL LIBRO DELLA VITA ............................................................................... 35 Capitolo 17 - CREATURE MECCANICHE ....................................................................... 37 Capitolo 18 - IL PANE SUPERSOSTANZIALE ................................................................ 39 Capitolo 19 - IL BUON PADRONE DI CASA ................................................................... 41 Capitolo 20 - I DUE MONDI ................................................................................................ 43 Capitolo 21 - OSSERVAZIONE DI SE STESSI ................................................................ 45 Capitolo 22 - LA CHIACCHIERA ....................................................................................... 47 Capitolo 23 - IL MONDO DELLE RELAZIONI ................................................................ 49 Capitolo 24 - LA CANZONE PSICOLOGICA ................................................................... 51 Capitolo 25 - RITORNO E RICORRENZA ........................................................................ 55 Capitolo 26 - AUTOCOSCIENZA INFANTILE ................................................................ 57 Capitolo 27 - IL PUBBLICANO E IL FARISEO ............................................................... 59 Capitolo 28 - LA VOLONTÀ ............................................................................................... 60 Capitolo 29 - LA DECAPITAZIONE .................................................................................. 65 Capitolo 30 - IL CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE .............................................. 70 Capitolo 31 - IL LAVORO ESOTERICO GNOSTICO ...................................................... 75 Capitolo 32 - LA PREGHIERA NEL LAVORO ................................................................ 77
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