-Il-Verbo-Degli-Uccelli-Ita-Sufismo-Islam-Religione-Byfanatico-2014.pdf

September 26, 2017 | Author: teologiko | Category: Moses, Divine Grace, Reason, Angel, Soul
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Le notizie tramandateci su Farld ad-Din 'Anar, uno dei più celebri poeti mistici persiani, sono scarse e incerte. Visse tra il Il 00 e il 1200, in un'epoca in cui il Sufismo era assai praticato e i problemi della metafisica erano oggetto di attiva speculazio­ ne. Per un certo tempo esercitò probabilmente la professione di farmacista ('Anar significa infatti «il venditore di droghe») e, per quanto si sappia ben poco della sua educazione, ebbe sicuramente una conoscenza profonda della musica, dell'astronomia, della medicina e del­ le teorie delle scuole dell'epoca. Tra le nume­ rose opere che gli vengono attribuite, li verho degli uccelli, di cui è accertata l'autenticità, è la più celebre. Costruita secondo un'articolata struttura dialogica che rielabora epistole filo­ sofiche di vari autori antichi ( Avicenna, Al­ Ghazali), l'opera, più che un poema narrativo in senso stretto, è un libro sapienziale dove l'allegoria del viaggio degli uccelli lascia tra­ sparire e a volte emergere l'intento didascalico. I volatili, riuniti in convegno, scelgono come re il favoloso uccello Simurgh (trasparente sim­ bolo della divinità) e decidono di raggiungere la sua corte. Finalmente partono, ma solo tren­ ta su centomila riescono ad arrivare a destina­ zione dopo aver attraversato le sette valli lungo cui si snoda la mistica via, una rappresentazio­ ne simbolica degli stadi attraverso cui l'anima, con costante progressione, attinge la perfezio­ ne divina. Simurgh (il ) è in realtà lo specchio di quegli eletti che giungono alla sua corte: l'esplorazione attariana del «mare dell'anima>> si compie dunque nella scoperta della sua totale identità con il mare divino. E come a ribadire l'intenzione didasca­ lica dell'opera, nell'epilogo il poeta esorta i lettori a rileggere più volte i suoi versi, perché «i figli dell'illusione sono naufragati nella mu­ sica dei miei versi, ma i figli della realtà hanno penetrato i miei segreti>>.

In copertina: l�:ufi e il cmTo. Miniatura persiana appartenente Kalila wa Dimna XV secolo (particolare).

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totalmente sotto il dominio di Satana. Tu dunque ritirati dal suo regno, spezza ogni rapporto con lui! » .

U n tale si lamenta di lblis

Un tale si recò presso un asceta e molto si lamentò di Ibl:is, cosi dicendo : « Il demonio mi assale con l'inganno, e con i suoi raggiri corrode la mia fede » . I l sant'uomo gli rispose : « Poco fa Iblis è venuto a trovar­ mi. Si lamentava proprio di te, e in preda a disperazione e av­ vilimento per tua causa, cosi mi ha detto: " Il mondo è mio dominio, ma io non ho potere su chi è nemico al mondo " . Quanto a me, so bene che cosa rispondergli, giacché spesso mi ha ferocemente azzannato : " Via le zampe dal mio pode­ re " , gli grido. " e che nessuno abbia mai rapporti con te! " » . Colui che h a saputo sottrarsi a l dominio di Iblis, non ha più nulla a spartire con lui.

Malik Dinar

Un tale disse a Malik Dinar n : « lo ignoro la mia reale condizione, e ugualmente non conosco la tua. Ora siedo alla mensa del Signore, e un istante dopo soggiaccio agli ordini di Satana! » . Malik Dinar gli rispose: « Buon uomo, sono rare l e prede della tua specie che il demonio ha la fortuna di cacciare ! Egli ti ha strappato alla via senza che tu opponessi resistenza. Di musulmano, in verità, non ti resta che il nome ! · Tu che vege­ ti in catene, prigioniero delle miserie del mondo, dovresti di­ sperarti giacché somigli a un cadavere! Se una volta ti esortai ad abbandonare il mondo, ora invece ti dico di tenertelo ben stretto. Avendo a lui affidato ogni fortuna, come potresti !a­ sciarlo con cuore lieve? » . O incosciente, che naufragasti nel mare dell'avidità, i n ve­ rità ignori quanto hai perduto! I due mondi, indossando le vesti del lamento, piangono incessantemente mentre tu sguaz­ zi nel peccato. L'amore per il mondo ti ha fatto dimenticare il sapore 28 della fede, e per la tua famé smodata hai perduto l'anima!

Gesù e Satana

Gesù,29 il figlio di Maria, si era assopito un giorno posando

U capo su una pietra. Quando si ridestò dopo un dolcissimo

sonno vide Iblis, il maledetto, che lo sovrastava, e così lo in­ terrogò: « O spirito dannato, che vai cercando da queste parti? » . Iblis rispose: « Hai tenuto sotto la testa una pietra che mi appartiene, nessuno potrà negarlo essendo l'intero mondo mio dominio! Hai fatto dunque uso di una mia proprietà e hai invaso impunemente il mio podere! » . Allora Gesù s i liberò di quella pietra, appoggiando i l ca­ po sulla nuda terra per riprendere il sonno. Soddisfatto, Iblis così prese congedo : « Ora posso andarmene, e siano d'oro i tuoi sogni! » . O tu che sei rimasto impigliato nella . ruota del mondo, co­ me un fanciullo giochi con le corde, ma non legarti al mondo, giacché la corsa su questa ruota è senza fine! Ben presto an­ che tu sarai chiuso tra le pietre di una tomba : perché dunque accumulare pietra su pietra ? Per quanto ancora vorrai ammas­ sare ricchezze sapendo che ogni cosa rovinerà su se stessa? Se intendi imitare Qiiriin, non dimenticare che i beni non ti seguono oltre la fossa. Così insegnarono i profeti, e tu non travisare le parole dei maestri! Cos'è il mondo se non un ni­ do di avidità e d'ingordigia, sfuggito di mano anche a Nimrud e al Faraone? Iddio, l'Altissimo, umiliò i loro nomi, ma tu ugualmente hai permesso che la tua anima fosse presa in que­ sta rete! Fino a quando ti darai pena per un mondo così vile? L'inesistente carcassa del tuo corpo fa parte di questa realtà inesistente. Per poter stringere un solo atomo di codesta car­ cassa, perennemente tu languì nello stordimento e nella con­ fusione. Come potrà divenire uomo colui che si perde in un atomo insignificante? Chiunque respiri l'inesistente, è cento volte più spregevole di esso. L'azione del mondo è in realtà inazione, e cos'è l'inazione se non prigionia? Il mondo è un fuoco indomabile, che ad ogni istante consu­ ma una creatura. Quando le sue fiamme cominciano a lambir­ ti, saresti davvero un leone se riuscissi a sfuggire loro. Come un leone cuci i tuoi occhi dinnanzi a questo fuoco, altrimenti sarai da lui arso come fossi una falena. Colui che a somiglian­ za della falena adora il fuoco, merita di bruciare nella sua eb­ bra presunzione. Con tutto il fuoco che ti circonda è impossi­ bile non ardere senza posa. Stai in guardia, affinché non si ap­ picchi anche alla tua anima!

La preghiera di un ricco

Un ricco cosl pregava: « Mio Dio, abbi pietà di me, aiuta­ mi ad agire rettamente! ». Un folle di Dio, udendo le sue parole, gli disse : « Da Lui non otterrai pietà facilmente! Cosl grande è la tua arroganza che l'intero mondo non potrebbe contenerla. Cammini orgo­ gliosamente, a testa alta, lo sguardo rivolto al cielo, e ai quat­ tro lati hai oro e argento, dieci servi e altrettante ancelle pron­ te a servirti: quando mai, sia pure segretamente, sarebbe le­ cito commiserarti? Giudica tu stesso se puoi ritenerti degno della misericordia divina. Vergognati infine! Se tu non aves­ si in sorte che una pagnotta, potresti ritenerti degno della di­ vina pietà. Ma se non distoglierai gli occhi da denari e pos­ sessi, non sperare che essa si manifesti. E allora fallo, final­ mente, se desideri divenire un uomo veramente libero ».

U n asceta parla della morte

Un asceta ebbe a dire: « O congrega di impostori, solo mo­ rendo sarete finalmente costretti a distogliere lo sguardo dal mondo! Ma dovreste farlo molto prima, o stolti, e definitiva­ mente. Quando cadono le foglie a che giova seminare? A co­ sa vale, in quell'attimo, stornare gli occhi dal mondo? Colui che lo farà soltanto in punto di morte, morirà impuro: in lui non cercate purezza ! » .

9

Dell'amore per l'oro

Un altro uccello disse all'upupa: « Io amo l'oro, la passio­ ne per l'oro è divenuta la polpa stessa della mia carne. Se nella mano non stringo un fiore dorato, non riesco ad esse­ re come fiore. sorridente. L'amore per l'oro costituisce il mio mondo e la mia vita e mi ha reso cosl, gonfio di pretese e pri­ vo dei valori del reale ». L'upupa rispose: « O tu che sei confuso da una vile appa­ renza ! L'aurora delle divine qualità è ancora celata al tuo cuo­ re. Tu sei cieco di giorno e di notte, sei prigioniero delle ap­ parenze come la vile formica. Aspira a conoscere il reale, non continuare a rivolgerti tra forme illusorie! Che cos'è il rea­ le se non la Fonte? E le forme sono meno di nulla. L'oro di­ venne pregiato in virtù del suo colore, e tu come un bimbo ti

sei perduto inseguendo i colori ! L'oro che tanto ti distrae dal pensiero del creatore è un idolo: abbattilo, stanne lontano ! Nessuno può trarre beneficio dal tuo oro, e tu stesso non ne avrai gioia alcuna. Se doni un granello d'oro a un mendican­ te, togli la pace a lui e a te stesso. Infatti non potrai accon­ tentarti di essere ringraziato come un benefattore qualsiasi, bensl pretenderai di ricevere l'omaggio che si conviene a un Junayd! 30 Tu cerchi di ingraziarti il prossimo con l'aiuto del denaro, ma dall'aiuto del signore rifuggi quasi fosse un mar­ chio di fuoco sul tuo fianco. Il mese venturo però dovrai pa­ gargli l'affitto della bottega. E che bottega è questa! Dovrai pagare l'affitto con la tua vita! L'intera tua esistenza è tra­ scorsa affinché da codesta bottega uscisse a fatica una mo­ netina ». O tu, che hai venduto tutto per nulla e il tuo nobile cuore hai donato al mondo, sappi che Egli avrà pazienza fin quando sarai dinnanzi alla forca, allorché la sorte ti toglierà di sotto i piedi la scala su cui salisti ! Tu naufragasti nelle acque del mondo, ma presto avrai bisogno della fede. Però ricorda, o amico, che fede e mondo non possono coesistere. Tu cerchi la liberazione nelle cure terrene, ma non è lì che la troverai, e dovrai piangere lacrime amare. Distribuisci al primo crocic­ chio tutto ciò che possiedi: " non otterrai felicità che in pro­ porzione alla tua munificenza " .31 A tutto quanto esiste si deve rinunciare, anche alla vita. Ma fin quando avrai come compagno l'amore per le cose del mondo, non potrai separarti da questa vita, non potrai liberar­ ti da beni e denari. Se un sacco ti serve per dormire, ebbene sappi che quel sacco è un invalicabile ostacolo sulla tua via. Orsù, brucia il tuo sacco, tu che vuoi conoscere Iddio ! Quan­ to durerà la tua ipocrisia? Con Dio dividi il tuo sacco! E se oggi non lo brucerai per paura, sarai escluso domani dalla sua corte. Restando aggrappato a questo mondo, riceverai da ogni parte le più crudeli pugnalate. Infelice colui che è dominato dai propri guai, giacché nau­ fragherà in essi senza rimedio. « Va » 32 è parola che si com­ pone di due lettere: alef e vav. La prima la vedrai stampata nella polvere, l'altra nel sangue.

Il novizio che nascondeva l'oro

Un novizio nascondeva una piccola quantità d'oro, non osan­ do confessarlo al maestro. Costui, pur sapendolo, non ne fa­ ceva parola, e il discepolo continuava a nascondergli la verità. Un giorno entrambi partirono per un lungo viaggio, finché

giunsero a una valle tenebrosa da cui si dipartivano due vie. Il discepolo cominciò a temere per il suo oro che, com'è noto, rende vile ogni uomo. Chiese perciò al suo maestro : « Abbia­ mo di fronte due strade: quale dovremmo scegliere? ». « Get­ ta via ciò che possiedi », rispose egli, « giacché in questo con­ siste il tuo primo errore. Qualunque strada poi vorrai pren­ dere, andrà bene comunque: il diavolo fugge atterrito dinnan­ zi a colui che si separa dal denaro_ Ma per un granello d'oro tu, che dell'inganno ti nutri, spaccheresti in due un capello! Come uno zoppicante somaro sei giunto alla fede, con le ma­ ni gravate da pietre prive di valore. Restando preda dell'in­ ganno, divieni simile al demonio, ma se ritrovi la fede tor­ nerai sovrano di te stesso ». Colui che ebbe la via ostruita dall'oro finì per smarrirsi, giacendo in un buio pozzo con i piedi in catene, come Giu­ seppe. E allora resta lontano da questo pozzo senza fondo! E non respirare, giacché dal pozzo salgono miasmi sconosciui.i.

Uno shaykh visita Riibi'a

Uno shaykh di Bassora 33 si recò a visitare Rabi'a e le chie­ se: « O tu che sei maestra d'amore, parlami di qualcosa che nessuno ha mai detto, o scritto, o veduto : qualcosa, intendo, che d'improvviso ti si sia rivelata, giacché l'anima mia arde per il desiderio di conoscerla ! » . Rabi'a così gli rispose: « O nobile shaykh, tempo addietro avevo filato alcune corde, che portai al mercato per venderle. Il mio cuore ne fu allietato perché ne ricavai due dirham d'argento. Non volli tenerli entrambi nella stessa mano, te­ mendo che il farlo potesse precludermi la via, ma ne strinsi uno nella destra e l'altro nella sinistra : questo è un fatto che non posso tacere. Per questo stesso motivo Mu}:tammad, il vanto degli inviati, scelse la privazione a conforto della fede. L'uomo di mondo vende l'anima e il cuore ai suoi affari con­ torti, stende centomila reti per catturare un granello d'oro ' proibito, e quando finalmente l'ottiene, la morte lo coglie e tutto finisce. Suo legittimo erede rimane quella pietruzza e a lui non resta che dolore e tormento » . O tu che per l'oro vendesti Simurgh ! I l tuo cuore arde co­ me torcia per il desiderio dell'oro e allora sappi, o formichi­ na, che se oserai metter piede sulla via sarai trattenuta per i capelli ! E se in questa via anche un capello è di troppo, co­ sa dire dell'oro e dell'argento? La punta di un capello non può entrare nell'alcova dell'Amato ed è per questo che nes­ suno osa presentarsi alla porta del suo palazzo.

L'asceta e l'uccellino

Un asceta, che dall'intimità con Dio aveva tratto ogni gioia, s'era ritirato dal mondo e nell'alcova del cuore si intratteneva con Lui in segreto colloquio. Dio era il suo intimo amico ed egli Gli confidava ogni cosa, al punto che se anche non fosse esistito, Dio sarebbe bastato per entrambi. Quell'uomo possedeva un giardino in cui s'innalzava un magnifico albero e lì un giorno un uccello fece il suo nido : era una creatura dal canto melodioso e seducente, ogni nota del quale celava mille impenetrabili arcani. Affascinato da quel canto meraviglioso, il sant'uomo prese a gradire la com­ pagnia dell'uccello. Iddio allora si rivelò al profeta di quel tempo e gli disse: « A quell'uomo comunica questo mio mes­ saggio: " È ben strano comportamento, il tuo ! Tu che Mi fo­ sti così fedelmente devoto, tu che per anni e anni ardesti di desiderio per Me, alla fine Mi hai barattato con un uccello ! Sebbene sia creatura di perfezione assoluta, con il suo canto ti ha portato alla rovina. Io ti acquistai e ti educai e come ringraziamento tu, volgare adultero, Mi hai venduto per un uccello! Hai bruciato in un istante un patrimonio d'intimità: chi ti ha insegnato una simile riconoscenza ? " » . Non darti anche tu a questo facile mercato : io sono il tuo confidente, non perdermi !

IO

Della vanità del mondo

Un altro uccello così si rivolse all'upupa: « Il mio cuore arde di gioia, essendo meraviglioso il luogo in cui vivo. È un castello tutto d'oro che incanta il cuore, e solo a guardarlo ci si sente felici. Essendo per me fonte d'immensa gioia, come potrei mai abbandonarlo ? Dall'alto di quel castello io mi sen­ to il re degli uccelli, e allora perché mai dovrei avventurar­ mi in questa valle di pericoli abbandonando la mia condizio­ ne regale, e come potrei vivere privato di un simile castello? In verità, nessuno che fosse sano di mente uscì mai dal giar­ dino d'Iram 34 per affrontare i terribili disagi di un viaggio ! » . L'upupa così rispose : « O non essere dalle vili ambizioni, tu non sei un cane, e allora perché vuoi restare in questa for­ nace? Il mondo inferiore è un'immensa fornace e il tuo splen­ dido castello ne è un'infima parte. Sebbene a te paia una di­ mora paradisiaca, alla tua morte si muterà in dura prigione.

Solo se la morte non calasse la sua mano sugli uomini, tu po­ tresti gioire di una simile dimora » .

Il re che costruì un castello dorato

Un re fece edificare un castello dorato, spendendo non me­ no di centomila dinar. Quand'ebbe concluso quest'opera pa­ radisiaca, la fece arredare con mobili e tappeti di squisita fat­ tura. Da ogni provincia del regno giunsero ospiti per ren­ dergli omaggio, recando doni preziosi. Un giorno il re invitò a corte amici e sapienti, e quan­ do ebbero preso posto intorno a lui su scanni dorati, egli vol­ le così interrogarli: « Al mio castello, ditemi, manca forse qualcosa in bellezza o perfezione? » . Tutti risposero : « In verità nessuno sulla faccia della ter­ ra ha potuto o potrà mai ammirare nulla di simile! » . Un asceta allora si levò a parlare: « O fortunato », così dis­ se, « purtroppo io vedo un buco nel tuo palazzo, e questo è un difetto notevole, senza il quale io ritengo che persino l'in­ visibile castello del paradiso avrebbe inviato il suo omaggio » . I l re gli rispose : « I o non vedo alcun buco, o stolto gua­ stafeste ! » . L'asceta replicò : « Mio nobile signore, i l buco è quello da cui passerà 'Izrii'il, l'angelo della morte, e sinceramente ti au­ guro che tu possa chiuderlo prima, altrimenti a nulla ti ser­ viranno e castello e trono e corona! Benché il tuo palazzo sia di una bellezza paradisiaca, sarà la morte a renderlo squalli­ do ai tuoi stessi occhi. Nulla rimane in eterno, questo è il senso ultimo della nostra esistenza. Neppure questo castello potrà durare : perché dunque ingannarsi ? » . Non vantarti d i possedere case e castelli, non cavalcare ol­ tre il Rakhsh 35 della superbia ! E se qualcuno individua un difetto nella tua pretesa grandezza, peggio per te!

Il mercante che costruì un palazzo dorato

Un bizzarro mercante volle costruire un palazzo dorato, per il desiderio di possedere qualcosa di straordinario. Quan­ do l'edificio fu terminato, cominciò a spedire inviti ovunque, e con mille lusinghe e blandizie egli stesso adescava i passan­ ti per indurii a visitarlo. Il giorno dell'inaugurazione quello stolto correva dunque per ogni dove quando un folle, che per caso l'aveva veduto,

gli gridò: « Anch'io verrei di corsa al tuo palazzo, ma ho al­ tro da fare, o sciocco, e ti prego quindi di scusarmi ! » . E soggiunse: « Non seccare il tuo prossimo! » .

Il ragno

e

l a mosca

Hai mai osservato il ragno? Trascorre inquieto il suo tem­ po, perduto in un pensiero ossessivo. Con lungimiranza co­ struisce la sua casa in un angolo e tesse amorosamente una te­ la meravigliosa per catturare la mosca. E quando finalmente la vedrà cadere nella sua rete, succhierà a quella sciagurata tutto il sangue delle vene, poi la lascerà li a seccare, cosi da trarne in futuro vigore e nutrimento. Ma un giorno il padro­ ne di casa con un sol colpo di scopa spazzerà via la casa del ragno e la sua preda.36 Ebbene, il mondo e colui che in esso cercò nutrimento so­ migliano alla mosca nella tela di quel ragno. Se anche posse­ dessi l'intero mondo, la morte ti strapperebbe a ogni cosa. Non bramare perciò le ricchezze, a meno che tu non ti nu­ tra di cervella d'asino! Esse, o stolto, saranno date in pasto alle vacche! L'agire di colui che non può fare a meno di tam­ buri e bandiere non è più consistente del suono o del vento. Il vento gonfia le bandiere e il suono prorompe dai tamburi, ma suono e vento valgono meno di un sasso da mezzo dang! Non cavalcare oltre questo mondo di vanità, non insuperbi­ re per la nobiltà della tua stirpe! Prima o poi la pantera vie­ ne spogliata della sua pelle, che verrà strappata, stanne certo, anche dalla tua carne ! In verità è assurda la tua pretesa di mostrarti: scompari piuttosto, o perirai! Non è tollerabile codesta arroganza: abbassa la testa! Fino a quando continue­ rai a giocare con te stesso ? China il capo e non osare risolle­ varlo o almeno non giocare più di quanto tu già non faccia! Ignori forse che la tua casa e il tuo giardino sono per te una prigione e che i tuoi possessi portano alla rovina la tua ani­ ma? Abbandona per sempre codeste tracotanti macerie! Fino a quando percorrerai le vie di un mondo che si nutre di pro­ tervia? Apri l'occhio della vera ambizione,37 contempla la via, inizia il cammino e volgi lo sguardo alla divina corte! Se sa­ prai condurre la tua anima sino a essa, l'intero mondo non potrà contenere la tua gloria. ·

Un uomo nel deserto

Un uomo stolto e d'animo rozzo che attraversava un de­ serto, casualmente incontrò un derviscio, e cosl lo interrogò: « O sant'uomo, descrivimi la tua azione! » . Quegli rispose : « Perché mai m e l o chiedi? Vergognati! Sono imprigionato nelle angustie del mondo: sapessi quanto mi va stretto in questo momento! » . L'uomo replicò : « Quel che dici è inverosimile: i l deserto è forse un luogo angusto? » . « Se non l o fosse », replicò i l derviscio, « come m i saresti capitato tra i piedi? ».

L'ignaro e l'innamorato

A uno stolto era morto il figlio prediletto e di colpo aveva perduto pace e serenità. Camminava dietro la bara del figlio e in preda a disperazione e tormento si lamentava tra le la­ crime: « Figlio mio, come hai potuto congedarti dal mondo senza aver veduto ancora nulla? Mestamente sei uscito dal- , l'esistenza senza averla neppure assaporata! ». Un innamorato, udendo quelle parole, cosl commentò: « In­ finite volte questo prato vide simili spine! Se pensi di impa­ dronirti del mondo, morirai prima di conoscerlo. Getti uno sguardo sul mondo e la vita è già giunta al suo termine. Ma quando vorrai stendere l'unguento su codeste ferite? Se non ti separerai dalla carne corrotta la tua anima preziosa resterà immersa nel letame ». Due inc05Cienti

Un incosciente aveva acceso un bastoncino d'aloe e un al­ tro, vicino a lui, mugolava di piacere aspirandone il profumo. Un derviscio cosl li apostrofò: « Mentre tu mugoli, quel mi­ serabile legno cessa di ardere. E quanto a te, anche se bruci l'aloe, non smetterai per questo di puzzare, né mai il tuo na­ so potrà salvarsi da un cosl grande fetore ». Il tempo della vita devi amministrarlo con oculatezza : non conosco nel mondo virtù migliore di questa.

II

Delle lusinghe della bellezza

Un altro uccello disse all'upupa: « O nobile guida, l'amo­ re per una rubacuori ha stretto in ceppi le mie ali. La passio­ ne si è impadronita di me, sottraendomi la ragione per me­ glio asservirmi. Il pensiero del suo bel volto mi preclude la via, incendia le mie messi. Lontano da lei non ho pace un istante, e sono certo che perderò la fede nell'attesa. Fin quan­ do il mio cuore arderà nel fuoco di questa pena, come potrò affrontare la via? Come potrei inoltrarmi nella valle che ci sta dinnanzi, affrontando ogni sorta di pericoli? Io non posso privarmi, neppure un istante, di quel suo volto di luna per cercare la via. Il mio dolore ormai non conosce rimedio, e nell'azione mi è impossibile distinguere tra fede e empietà, entrambe soggette al suo amore, e il fuoco della mia anima è il risultato della sua passione. Se non ho chi mi consoli in questa pena, mi basterà aver essa come compagna. L'amore mi ha gettato nella polvere, mi ha aperto sanguinose ferite. I suoi riccioli hanno dissolto il velo che ottenebrava i miei occhi. Ma inseguendo lei ho quasi esaurito le mie forze : non posso più vivere un istante senza guardarla ! La polvere del­ la via è intrisa del sangue delle mie ferite.38 Ti ho rivelato la mia vera condizione e ora, dimmi, che potrò mai fare? » . L'upupa così rispose : « O tu, incatenato alle apparenze, dominato dall'ansia di questo mondo. L'amore per le forme esteriori non è amore per la conoscenza, ma solo gioco dei sensi, o perversa creatura! L'amore per una bellezza sogget­ ta a decadenza non può che recare dolore. Ma se esistesse nna bellezza viva in eterno, empio sarebbe non ricercarne la compagnia. Le apparenze si adornano con lacrime e sangue, ma del nome di Dio s'è colmata la luna. Se anche non esistes­ sero le lacrime e il sangue, non si potrebbe scoprire nell'inte­ ro universo un mondo più squallido del nostro. Quel che in esso trovi di meraviglioso è fatto di sangue e di lacrime : ec­ co la sua pretesa bellezza ! E allora, fino a quando vagherai tra le forme apparenti alla ricerca dell'imperfezione? L'auten­ tica bellezza si manifesta nell'invisibile, lì devi cercarla! Quan­ to a lungo ti trascinerai stretto nelle catene dell'illusione ? Finirai per precipitare in una sequela di disgrazie. Se cadesse il velo che ti cela l'azione, nulla rimarrebbe din­ nanzi ai tuoi occhi, né creature né luoghi : sarebbe cancellata l'illusione del mondo. Quanto ora ti appare glorioso, si mo­ strerebbe come abbietto ai tuoi occhi. L'amore delle apparen­ ze, o tu che scruti il reale, dissemina inimicizia tra gli uomi-

ni. Ma colui che è amico dell'invisibile, realmente sa amare, essendo libero dall'errore. Ogni altra forma d'amore sarà invalicabile ostacolo sulla tua via, e ti farà piangere amara­ mente quando ti si parerà dinnanzi inatteso » .

Un discepolo innamorato

Vi fu un giovane di straordinario talento e d'ingegno ric­ co e penetrante e cosi avido di conoscenza da non abbandona­ re per un solo istante lo studio : in un anno riposava, forse, due notti. Con il resto del mondo non aveva relazioni, es­ sendo egli totalmente votato agli studi. Le pupille del suo maestro brillavano di gioia contemplando quel discepolo da cui non aveva avuto che soddisfazioni. Lo prediligeva sopra ogni altro, e a lui parlava in modo del tutto particolare. Quel maestro aveva nella sua casa una schiava che rendeva pazzi di gelosia il sole e la luna: occhi scherzosi, ladra di cuo­ ri, cibo dell'anima, corpo da fenice, meraviglia del mondo. Era di una dolcezza che umiliava lo zucchero, di una acerbità che rapiva gli acerbi. Il suo aspetto era pervaso di spirito : era grazia nella grazia, incanto nell'incanto. Due esche ella incon­ sapevolmente lanciava nel mondo : la prima di mielate parole. che fluendo dalle sue labbra facevano cadere ali e piume agli uccelli, l'altra di languidi sguardi che come frecce i suoi oc­ chi scoccavano per avvelenare il sangue degli innamorati. Ebbene, lo sguardo di quell'allievo esemplare cadde un gior­ no su di lei. « Da questo momento », si disse, « io sarò il suo discepolo, e lei il mio maestro », ed era già perduto nella bellez­ za del suo volto. La schiava gli rapì il cuore e ne divenne l'esclu­ sivo ornamento. Quel giovane pensava : « Il suo volto di lu­ na può bastarmi, non mi servono altri maestri ! E se avrò bi­ sogno di una guida, ebbene, l'amore è discepolo e la bellezza è il suo maestro » . Così egli abbandonò le lezioni del vecchio istitutore, non sopportando neppure la sua presenza, mentre sempre più si esasperava la passione per il nuovo maestro. Consumava il giorno e la notte nell'adorazione di quell'idolo, dimentico or­ mai dello studio, e cosi per la pena d'amore si ridusse a ra­ metto di zafferano, divenendo giallo come il fiele. L'amore annullò la ragione sino a rendere quel giovane sazio persino di se stesso. Benché a lungo si fosse dedicato agli studi, bastò un poco d'amore per disperdere al vento le sue migliori inten­ zioni. La scienza delle cose esteriori gli aveva procurato fa­ ma e superbia, l'amore gli portò fuoco e tormento. Chiun-

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que s'incammini lungo la via della scienza, privo di autentico amore, imparerà a desiderare onori e prebende, non altro! Quel discepolo fu travolto dalla passione al punto di non saper più distinguere una lucciola da una lanterna/9 e la not­ te dal giorno. Ormai stremato e succube della pena amorosa, cadde improvvisamente ammalato. Fu allora che il maestro venne a conoscenza di quanto era accaduto tra lui e la schia­ va, e nella sua saggezza decise di ricorrere a uno stratagem­ ma: incise una vena sul polso della fanciulla e le sommini­ strò una pozione che le provocasse il mestruo. Dopo breve tempo quella schiava divenne gialla come l'oro e il dolce melograno del suo volto assunse il colore dello zafferano. Ogni grazia disparve dal suo aspetto e il suo volto perse fre­ schezza. Della sua celebrata bellezza non rimase più nulla : la coppa si ruppe e il coppiere si dileguò. E quanto uscì dal suo corpo fu raccolto in un catino, sia il sangue dello svenamento che quello mestruale. Solo allora quel nobile maestro chiamò il suo pupillo, do­ po aver ordinato alla schiava di nascondersi dietro una tenda. Dapprima fece entrare il suo allievo, quindi gli presentò la fanciulla. Il giovane guardò e riguardò il suo volto, in preda a stupore, e si chiese come tanta bellezza fosse potuta incor­ rere in così grande sventura. E il suo cuore si raffreddò per la fanciulla e riprese a bruciare per il desiderio di conoscere. Quando il maestro capì che il discepolo era finalmente libere , la sua pena si mutò in gaudio incontenibile. La passione per la fanciulla si era finalmente placata nel suo prediletto e l'amo­ re era morto. Il maestro ordinò che gli fosse portato quel ca­ tino, e così parlò al suo discepolo : « Mio caro, cosa mai ha agito in te? Il tuo tormento è ora svanito e la pace tornata e se quella schiava fu a lungo il tuo unico oggetto d'amore, ora allontana gli occhi da lei, giacché ben altro devi deside­ rare! Sulla via di quell'amore s'era perduta la tua autentica vocazione, ma dove sono ora finite la tua impudenza e la tua protervia? Quell'idolo che suscitò in te un desiderio inestin­ guibile, ti aveva trascinato nella più totale abiezione! Perché il tuo volto fu reso giallo dalla passione, e perché una passio­ ne così grande si è raffreddata così di colpo? Tu ora sei ritor­ nato quello di un tempo, esattamente come la mia schiava, sebbene la bellezza di lei sia scomparsa. Quello che i tuoi oc­ chi più non vedono, ella lo ha perduto per sempre. Osserva qui dentro, ne è pieno questo catino ! Proprio quando il suo sangue si separò da lei, il tuo grande amore cominciò a raf­ freddarsi. Con questa schiava tu hai pesato il vento e in ve­ rità ti innamorasti di qualche goccia di sangue! Privo di sag-

gezza entrasti nella via, giacché ti innamorasti di un liquido impuro ». Fu cosi che quel discepolo fece atto di pentimento e ripre­ se a studiare con zelo, tornando ad essere uomo d'azione. Colui che adora le apparenze come può meditare sulle di­ vine qualità ? La tua carne demoniaca è seguace dell'illusione, ma la tua anima spirituale partecipa di quanto è reale. Di­ mentica le apparenze per amore dei divini attributi, affinché risplenda su di te il sole della conoscenza. Le apparenze sono fatte di lacrime e sangue. Ma fino a quando tu vagherai tra le apparenze in cerca dell'imperfezione? La vera bellezza risie­ de nell'invisibile, li devi cercarla!

Shibli consola un afflitto

Un infelice piangeva vicino a Shibli, che gli chiese: « Per­ ché ti lamenti ? » . « O shaykh » , rispose, « u n amico, dalla cui bellezza ave­ vo ricevuto nuova vita, è morto, e anch'io sto morendo di do­ lore e sono a tal punto disperato che il mondo è divenuto te­ nebroso ai miei occhi ! ». Lo shaykh così lo confortò : « Il tuo cuore è reso folle dal dolore, ma perché piangere? Tu puoi avere destino migliore, scegliendoti un Amico immortale ed evitando così di morire per il dolore. L'amore per un amico destinato a morire sarà per te fonte di pena inconsolabile » . Colui che è schiavo dell'amore per l e apparenze andrà in­ contro a molteplici sventure. Quelle vane forme gli sfuggiran­ no ben presto dalla mano, e a lui non resterà che il dolore del­ la separazione.

Il mercante che vendette la sua schiava

Un mercante possedeva un'immensa quantità di denari e di beni, tra cui una schiava dalle labbra di zucchero. Un giorno decise di venderla al mercato, ma dopo perse la pace e se ne pentì amaramente. Disperato si recò dal nuovo padrone, di­ sposto a ricomprarla per più di mille denari, giacché il suo cuore ardeva incessantemente per il desiderio di lei. Ma il nuovo padrone non volle rivenderla e allora l'infelice prese a vagare per le vie della città con il capo cosparso di polvere, dicendo tra le lacrime: « Questa pena è troppo grande, ma ben se la merita colui che nella sua follia cucì gli occhi della ragione e vendette la signora del suo cuore per un soldo!

Quel giorno fu per lui, che aveva tra le mani una simile for­ tuna, l'inizio della propria rovina ». In verità ogni respiro della tua vita è una perla, ogni tuo atomo è una guida verso Dio! Dalla testa ai piedi tu fosti ri­ coperto dai suoi doni : offri dunque a te stesso i doni dell'Ami­ co! Quando finalmente saprai da Chi ti separasti, capirai che troppo a lungo tollerasti la separazione. Iddio ti allevò col­ mandoti di favori, ma nella tua totale ignoranza ti sei attar­ dato presso altri.

Un

re

alla caccia con i cani

Un re in procinto di partire per la caccia, disse al guardiano dei suoi cani: « Portami il cane arabo! ». Quel re possedeva un cane di razza araba perfettamente addestrato, dal manto simile al raso. Portava un collare tempestato di gemme che gli conferiva un aspetto regale, aveva anelli d'oro alle cavi­ glie e bracciali di gran pregio alle zampe anteriori, e al collo uno splendido guinzaglio di seta. Il re, che lo stimava animale di grande intelligenza, reg­ gendo personalmente il guinzaglio galoppava dunque seguito dal cane, quando a un tratto esso vide sul sentiero delle ossa e di colpo s'arrestò. Il re si voltò a guardare, e quando lo vi­ de immobile sulla strada, il fuoco della gelosia divampò in lui al punto che le fiamme lambirono il povero cane. « Come è possibile », disse, « vivendo con un re, volgere gli occhi ad altro? » . Senza indugio recise i l guinzaglio, ordinando a l suo segui­ to: « Abbandonate al suo destino questo sciocco animale! ». Se quel cane avesse mangiato centomila spilli, forse avreb­ be compiuto un'azione per lui più propizia. Il guardiano obiettò : « Questo cane è ornato riccamente e ha il corpo ricoperto di gemme e preziosi : se ha meritato la solitudine e il deserto, che oro e raso e perle restino a me! ». Ma il re gli ordinò: « Distogli il cuore dall'oro e dall'ar­ gento di cui è ricoperto, e !ascialo andare cosl adornato affin­ ché si ricordi chi ebbe a conoscere e da qual re fu costretto a separarsi! ». O tu, che fin dal principio conoscesti l'Amico e che poi nel­ la tua infinita incoscienza 40 te ne separasti, procedi lungo il sentiero del vero amore, bevi il vino dei forti a dispetto dei draghi! Tu devi sapere che questi mostri vivono qui stabil­ mente e gli amanti devono offrire anche la testa per ottenere il riscatto. Quello che procura tormento all'anima dell'uomo,

rende i draghi innocui come le formiche. Gli amanti, uno o cento che siano, si nutrono del loro stesso sangue lungo la via.

Il martirio di l:lallaj

Quando I:Iallàj 41 fu messo a morte, pronunciò queste uni­ che parole : « Io sono Dio » . Ma esse non furono comprese da nessuno, e per questo mani e piedi gli vennero mozzati, perse molto sangue e il suo corpo divenne completamente giallo: e chi, in simili condi­ zioni, avrebbe potuto mantenere un volto vermiglio? Ma quel sole luminoso si sfregò i sanguinanti moncherini sul bel volto di luna dicendo : « Poiché il sangue è il colore dell'uomo, in questo modo ho reso il mio volto ancora più luminoso! Vo­ glio che il mio volto sia più rosso che mai e non giallo affinché nessuno pensi che io abbia paura. Quando il carnefice si vol­ terà verso di me, avrà di fronte un coraggioso. Il mondo per me non fu che l'anello di una mim 42 : perché mai dovrei te­ mere il patibolo? Per colui che nel mese di luglio 43 mangiò e bevve con i draghi dalle sette teste, e in simili giochi molto si intrattenne, la forca non è che un'inezia! » .

Un discorso d i Junayd

Junayd, guida della fede e mare senza fondo, una notte ten­ ne discorso a Baghdad. Cosi elevate furono le sue parole che il cielo, assetato, si chinò sino ai suoi piedi. Junayd aveva un fi­ glio adolescente, un ragazzo bello come il sole. Ebbene, qual­ cuno gli mozzò la testa e la lanciò tra la folla che ascoltava il sermone del padre. Al vederla Junayd non si scompose, ma continuò a predicare alla folla e cosi disse: « Quella pentola che in questa nobile sera ho messo sul fuoco degli antichi se­ greti, deve pur cucinare una simile pietanza! E forse ne cuci­ nerà di più, non certo di meno! » .44

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Della morte

Un altro uccello così si rivolse all'upupa: « Io ho paura del­ la morte, poiché la valle è lunga e io sono sprovvisto del via­ tico. Sono certo che il mio cuore cosi pavido di fronte alla mor­ te, mi abbandonerà alla prima stazione. Fossi anche il potente

emiro della morte, quando giungerà la mia ora dovrò lasciare la vita tra i lamenti. Colui che affronta la morte con la spa­ da in pugno, vedrà la mano e la spada spezzarsi ». L'upupa rispose: « O essere debole e inetto ! Fino a quan­ do resterai quel vile mucchietto di ossa che sei ? Hai accata­ stato ossa su ossa, e vi hai fatto sciogliere dentro il midollo ! Tu ancora ignori che ti restano a malapena due respiri di vi­ ta, tu ignori che chiunque nacque morl, divenendo polvere, e il vento disperse quanto aveva posseduto. Tu fosti nutrito per morire, fosti messo al mondo per perderlo. Il cielo è simile a un catino rovesciato e ogni sera al crepuscolo si tinge di san­ gue, giacché il sole, menando terribili fendenti, vi fa saltar dentro le teste dei mortali. E tu, puro o corrotto, non sei che una goccia d'acqua im­ pastata con la polvere. L'uomo, sappilo, è una goccia d'acqua e nient'altro: quando mai potrà competere con il mare? Do­ vessi anche comandare sul mondo sino alla fine dei tuoi giorni, anche tu infine dovrai consumarti e morire tristemente ».

La morte della fenice

La fenice è uno strano e affascinante uccello che vive nel­ le terre d'India. Possiede un becco lunghissimo che è provvi­ sto come il flauto di numerosi fori, non meno di cento. Vive priva di compagno, e anzi la solitudine è la sua ragion d'es­ sere. Da ogni foro del suo becco sgorga una diversa melodia, tra le cui note si cela un arcano. Quando da quei fori s'innal­ za il suo triste lamento, pesci e uccelli diventano inquieti per lei, tutte le belve si placano e perdono quasi coscienza per la dolcezza di quel canto. Un filosofo che un tempo fu intimo amico della fenice, venne iniziato da lei alla scienza della musica. Ella, che vive quasi mille anni, presagisce il momento del­ la morte e quando sta per giungere, rassegnata, raduna at­ torno a sé della sterpaglia, poi vola su quella pira e, inquie­ ta, canta a se stessa lugubri nenie. Da ognuno dei fori del suo becco pare che sgorghi un diverso lamento di morte, che sale dal profondo della sua anima incontaminata: come esper­ to menestrello , modula arie diverse e, mentre canta, trema come una foglia nell'angoscia della morte. Al suono di quel flauto lamentoso, belve e uccelli vengono a lei per ascoltarla, dimentichi come per incanto delle cose del mondo, e a migliaia le muoiono dinnanzi, sopraffatti dal­ la pena per la sua triste sorte, e infiniti altri cadono in pro­ fondo deliquio, incapaci di sostenere la malinconia del suo

canto. Davvero è straordinario quel giorno ! Mentre diffon­ de il suo struggente lamento pare che la fenice trasudi sangue ; poi quando è giunta l'ora della morte, ella agita furiosamente le ali e le piume da cui si sprigionano scintille, e in breve tempo è avvolta dal fuoco. L'incendio si propaga agli sterpi che bruciano lentamente finché tutto, e legno e uccello, si trasforma in ardenti tizzoni che ben presto si riducono in ce­ nere. Quando si è spenta anche l'ultima brace, una nuova fe­ nice sorge dalle ceneri. Mai una creatura mortale poté, come la fenice, rinascere o partorire dopo la morte. Ebbene, anche se ti fosse concesso di vivere quanto una fenice, dopo infiniti dolori dovresti ugualmente morire. La fenice per mille anni ha vagato per il mondo piangendo su se stessa, levando il suo doloroso la­ mento in perfetta solitudine. In nessuna parte del mondo, infatti, strinse legami e mai nutrì affetto per alcuno. La mor­ te infine le rende giustizia, spargendo al vento le sue ceneri. Nessuno potrà sottrarsi agli artigli della morte, ricordalo, e allora liberati dall'inganno ! Ma sebbene nel mondo non esi­ stano creature immortali, nessuno giunge, anche se sembra in­ credibile, preparato alla morte! Benché la morte sia con noi aspra e crudele, è necessario porgerle il collo : infiniti sono nostri travagli, ma questo in verità è fra tutti il più duro.

Un ragazzo al funerale del padre

Un ragazzo seguiva il feretro del padre, così dicendo tra le lacrime: « Un giorno come questo, padre mio, non ebbi mai a viverlo prima d'ora, e l'anima mi si strazia ». Un sufi, udendo le sue parole, osservò: « Anche a colui che fu tuo padre mai prima d'ora accadde di vivere un simile giorno! » . La prova che toccò in sorte a quel ragazzo fu lieve, men­ tre il padre dovette affrontare impresa ben ardua . O tu, ve­ nuto al mondo privo di tutto, ti sei messo a pesare il vento con il capo cosparso di polvere ! Dovessi anche regnare su cento reami, di qui non uscirai che stringendo vento ! 45

La morte del flautista

A un flautista morente qualcuno volle chiedere : « O tu, esperto di tanti segreti, come ti senti in questa difficile ora? » . Il flautista rispose : « Nulla so dirti circa l a mia condizio­ ne : per l'intera esistenza ho soffiato vento e alla fine dei miei giorni vado sotto terra. Non esiste altro rimedio alla morte

1e non il guardarla in volto, e per questo io verso lacrime amare! » . Noi tutti nascemmo per morire e la vita ben presto ci ab­ bandona, ma molto prima di quel giorno noi dobbiamo a ciò rassegnarci. Anche colui che dominò il mondo è marcito da tempo nella fossa. E anche colui che scalfl con una freccia la volta celeste è ridotto a nulla nella polvere della tomba. Tut­ ti ormai dormono sotto terra, e però si rivoltano tormentati e senza riposo ! Considera quanto sia ardua la via della mor­ te, di cui la tomba è solo la prima stazione. Se tu conoscessi l'amarezza del morire, la tua esistenza ne sarebbe sconvoltà.

Gesù e la brocca parlante

Un giorno Gesù bevve ad un limpido ruscelletto la cui ac­ qua era più dolce dell'essenza di rose. Uno dei discepoli riem­ pl una brocca con quell'acqua, poi insieme ripresero il cammi­ no. Più tardi Gesù volle bere l'acqua della brocca, ma que­ sta volta gli parve amara. Ritrasse le labbra stupito, escla­ mando: « Mio Dio, l'acqua della brocca non era forse quella del ruscello? Svelami dunque il mistero! Perché mai que­ st'acqua è cosl amara, mentre l'altra era più dolce del miele? ». Allora la brocca prese a parlare, dicendo : « O Gesù, io sono molto vecchia, avendo vissuto mille anni sotto le nove cupole celesti, in forma di brocca, di pentola e di bottiglia. Ridiventassi brocca mille volte ancora, io continuerei a offri­ re l'amaro sapore della morte. È l'amarezza della morte che rende me stessa cosl triste e la mia acqua tanto amara ! ».46 O incosciente, sappi ascoltare i segreti della brocca, non continuare a vivere nella stoltezza del somaro ! Tu che in ve­ rità hai smarrito te stesso, vai in cerca dei segreti prima che la vita ti abbandoni! Se non conosci te stesso mentre vivi, come potrai dopo morto attingere i segreti? Dall'intelletto non avrai notizie di te, e neppure morendo troverai tracce del­ la tua vera essenza. Colui che muore nell'ignoranza è perdu­ to, giacché nacque uomo e divenne non-uomo. E se moltepli­ ci veli coprono gli occhi di quello sventurato, come potrà ri­ trovare se stesso ?

La morte di Socrate 47

Un discepolo chiese a Socrate in punto di morte : « O mae­ stro, quando il tuo corpo sarà lavato e avvolto nel sudario, in quale luogo dovremo seppellirlo? » .

Socrate così rispose: « Se riuscirai a trovarmi, o giovane, seppelliscimi dove ti pare. Dopo un'intera esistenza non so­ no riuscito a trovare me stesso, e allora come potrai sperare tu di trovarmi da morto? Così stanno le cose nel momento della mia dipartita: non conosco nulla di me stesso! » . Non esiste altro rimedio alla morte s e non il fissarla in volto. Anche la foglia del nostro volto dovrà tristemente ca­ dere. Noi tutti nascemmo per morire e la vita ben presto ci abbandona, ma molto prima di quel giorno dobbiamo a ciò rassegnarci. Colui che ebbe il mondo intero sotto il suo . si­ gillo è marcito da tempo nella fossa. Sia il servo che il re dei re si sono ridotti a nulla nella tomba. Principi o misera­ bili, tutti scompaiono ; interi o mutili, tutti mutano colore! La vita è un'interminabile teoria di affanni, e lo sarà anche la morte se da queste pene non saprai estrarre il tesoro. Il te­ soro è Simurgh, tutto il resto è tormento e dolore. O tu, non continuare a vagare nel mondo privo di uno scopo!

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Della felicità

Un altro uccello così parlò all'upupa : « O tu, che possiedi una fede incrollabile, non contare su di me! Ho trascorso l'in­ tera esistenza nel dolore, e mentirei se dicessi che sono sta­ to anche per un solo istante felice. Così grande è la pena del mio povero cuore che ogni atomo del mio essere piange. So­ no vissuto nello smarrimento e nell'impotenza, e oppresso da un simile fardello di dolore languo infelice: come potrei af­ frontare la via che ci si apre dinnanzi ? Se non avessi un cari­ co così doloroso sarei ben lieto di iniziare questo viaggio, e invece il mio cuore sanguina incessantemente! Questa è la mia reale condizione : che mai potrò fare ? » . L'upupa dalla voce soave, uccello esperto della via e con­ sapevole di danni e benefici, così gli rispose : « O folle e ar­ rogante creatura, totalmente immersa nel trambusto del mon­ do! Tu sei perennemente insoddisfatta, e le mete terrene ti sfuggono nello stesso istante in cui ti agiti per raggiungerle. Lascia ciò che si consuma nello spazio di un respiro : la vita può farne a meno. Il mondo dovrà passare, anche tu dunque passa oltre, abbandonalo e non fermarti a guardarlo! Colui che lega il suo cuore a ciò che è instabile, non può avere un cuore ardente. O generoso, se hai bisogno di uno scopo, co­ mincia a sospirare per lui! E se d'uno scopo qualsiasi ora ti vanti , del vero scopo non vantarti con nessuno! » . ·

Un veggente rifiuta lo sharbat

Un veggente dall'alito profumato non aveva mai accettato dello sharbat,48 da nessuno. Un tale un giorno gli chiese: « O tu che assaporasti la divina presenza, perché non gradisci lo sharbat? ». Egli rispose: « Io vedo la morte che mi sovrasta, pronta ad afferrare il calice prima ch'io possa avvicinarlo alle lab­ bra. Con un simile guardiano che incombe, io non berrei sharbat ma veleno ! Con lui dietro le spalle, come potrei gra­ dire codesta bevanda? Di certo non sarebbe per me acqua di rose, ma fuoco mortale ! » . Quel che non dura oltre l'intervallo d i un respiro, fossero anche cento mondi, non vale più di un mezzo chicco di gra­ no. E mentre insegui quell'unione che ancora ti è ignota, co­ me puoi radicarti in quanto è privo di radici ? Se la tua vita è offuscata dall'insoddisfazione non lamentarti, giacché non dura più di un respiro. E se dovrai affannarti, che sia per la gloria eterna e non per l'abiezione! Nessuno mai vide, nep­ pure a Karbala,49 le sventure e le tribolazioni che i profeti pa­ tirono ! Ma quanto esteriormente ti si mostra come dolore, ai veggenti in realtà parve tesoro. A ogni istante infiniti doni ti sono elargiti e ti vengono offerti i cento mondi della gra­ zia divina. Ma tu, o immemore, neppure per un istante hai smesso il tuo cruccio ! È questo forse il segno del tuo amore? Vattene, tu non hai polpa, sei soltanto vilissima buccia ! Se realmente desideri percorrere il sentiero d'amore, la tua ani­ ma e la tua mente dovranno essere in perpetua rivolta!

Lo schiavo riconoscente

Un re nobile e buono volle un giorno donare un frutto a uno dei suoi schiavi. Costui lo addentò con profonda felicità e disse : « In verità, mai ebbi ad assaporare nulla di più dolce ! » . Era così intensa l a soddisfazione dello schiavo nel mangia­ re quel frutto, che anche il sovrano ne ebbe desiderio e gli disse: « Porgimene uno spicchio, tu che mangi il frut �� con tanto gusto! » . L o schiavo gli porse sollecito i l frutto, m a quando il re l'ebbe addentato gli parve così amaro che le sue sopracciglia si corrugarono. « Chi mai'», esclamò, « fu capace di tanto, chi mai poté mangiare un frutto tanto amaro come se fosse dolcissimo? » . L o schiavo così rispose : « Mio signore, infiniti sono i do-

ni che ricevetti dalle tue mani! In verità tu a ogm Istante mi elargisci un tesoro: come posso lamentarmi per l'amarezza di un frutto? lo che mi sono umiliato sotto il manto della tua grazia, non potrei mai amareggiarmi 50 per causa tua. Se anche la tua mano mi porge un frutto amaro, io non in­ tendo rifìutarlo » . Le pene della sua via sono infinite, ma innumerevoli so­ no i tesori che Egli ci dona. La sua azione reca indicibile tor­ mento, giacché così fu stabilito. Tu cerchi la felicità nella ca­ sa del tormento, ma la felicità terrena è fatta di spasimi e do­ lore. Qui ogni boccone è intinto nel sangue del cuore e nul­ l'altro puoi mietere se non verità. E infatti gli iniziati non mangiarono boccone lungo questa via senza intingerlo nel san­ gue del loro cuore. Da quando presero posto alla mensa, non spezzarono pane senza patire i più atroci tormenti.

Il principe e il

sufi

Un principe chiese un giorno a un sufì : « Fratello, come trascorri la tua esistenza? » . Quegli rispose : « Io sono imprigionato nella fornace 51 del mondo, con le labbra riarse e il ventre bagnato e non ho spezzato un solo pane nel timore che laggiù mi spezzino il collo! » . S e cerchi l a felicità nel mondo, sei immerso nel sonno oppu­ re stai parlando di un sogno. Ma se ricerchi la vera felicità, sii prudente affinché tu possa da uomo attraversare il �ira{. La felicità non è possibile nel mondo: è questa una legge che in esso non fu promulgata, regnandovi la carne che è come fuoco ! Hai mai visto sulla terra un cuore felice? Potresti gi­ rare il mondo a compasso, ma non troveresti nessuno che ap­ paia contento.

Shaykh Mahna

Una vecchia chiese a shaykh Mahna 52: sta: « Ricorda­ ti sempre quanto sto per dirti: non pronunciare mai la parola " io" se non vuoi divenire simile a me stesso ». Se resti legato anche solo per un filo all'esistenza, non sei altro che un infedele, e come tale non puoi servire il tuo Si­ gnore. La meta della via è l'insoddisfazione e il buon nome dell'uomo di Dio consiste nell'infamia. Se egli raggiungerà la meta, i suoi cento io cadranno di colpo in frantumi.

L'educazione dell'iniziato

Un sant'uomo un giorno ebbe a dire: « È preferibile che l'iniziato rimanga al buio, affinché possa naufragare nel mare di se stesso e spezzare ogni legame con il mondo. Se anche un nonnulla gli apparisse dinnanzi, potrebbe cadere in errore oppure, ancor peggio, divenire infedele all'istante ». Quanto d'invidia o di violenza alligna nella tua anima, sol­ tanto gli occhi di un uomo di Dio potranno scoprirlo, non i tuoi. In te stesso si annida una fornace popolata di draghi che tu, o incosciente, lasciasti in libertà. Di continuo sei co­ stretto a nutrirli, giacché tu stesso li ridestasti dal sonno ed eccitasti i loro appetiti. Se sfiori la punta di un loro pelo, lo trasformi in cento orribili serpenti. Se un giorno tu vedessi la tua anima immonda, come potresti più vegetare nell'inco­ scienza?

Un cane tra le braccia di un sufi

Un cane immondo andò ad accoccolarsi tra le braccia di un sufi, che rimase impassibile. Un tale allora gli chiese, colmo di

1tupore : « O sant'uomo, che aspetti a liberarti da questo cane ? • · Il sufi cosl rispose: « I l lerciume d i questo cane è soltan­ to esteriore, mentre il mio è interiormente nascosto. Ciò che In questo animale si mostra, è dunque ben celato nel mio Intimo. E poiché il mio essere interiore è del tutto identico al suo aspetto, come potrei liberarmi da un mio simile? » . E se anche vedi nella tua anima poco lerciume, è certo che aei mille volte più impuro di quanto tu possa credere. Davve­ ro singolare sarebbe questa tua pretesa purezza ! Per quanto rari siano gli ostacoli sulla tua via, dovrai indietreggiare, per una montagna o per una pagliuzza. La barba dell'asceta

Ai tempi di Mosè viveva un asceta che non riusciva a con­ quistare la libertà interiore né a contemplare la luce del sole dell'anima, sebbene vivesse immerso in perpetua preghiera. Quel sant'uomo aveva una barba lunghissima, ch'era solito pettinarsi con somma attenzione. Un giorno, vedendo Mosè da lontano, si avvicinò a lui e gli disse : « O signore del Si­ nai. ti scongiuro, chiedi all'Altissimo per quale motivo non vuole concedermi l'estasi dell'unione » . Quando Mosè ritornò sul Sinai e pose al Signore la doman­ da dell'asceta, Egli rispose: « Costui si tenga lontano da Me ! � ancora indegno dell'unione, dominato com'è dalla cura del­ la sua barba! » . Mosè riferl la risposta all'asceta, che immediatamente pre­ se a strapparsi la barba piangendo. Non molto tempo dopo Ga­ briele apparve a Mosè e gli disse : « Quell'asceta non ha altro pensiero che non sia la sua barba : quando l'aveva era in an­ sia per lei, mentre se la strappava era in pena » . Sebbene sia grave colpa trarre anche un solo respiro dimen­ tichi di Lui, noi con infiniti pretesti continuiamo a ignorarLo. O tu che non ti sei ancora liberato dalla cura della tua barba e neppure osi naufragare in questo mare di sangue, solo rin­ negando la tua barba potrai aspirare a immergerti nel mare di te stesso, e in caso contrario sarà proprio quella la causa della tua rovina.

Uno stolto annegato a causa della sua barba

Uno stolto, che aveva una lunghissima barba, cadde un gior­ no nelle acque di un fiume. Qualcuno, vedendolo dalla riva, gli gridò : « Orsù, getta via quella borsa ! » . Ma quegli rispose : « Non è una borsa, bensì la mia barba, e non è della barba che ora mi preoccupo ! » . « Ben detto » , replicò l'altro, « è proprio l a tua barba. Ma ora cerca di liberartene, o perirai ! » . O tu, che non t i vergogni di portare l a barba come una capra e sei tutto preso dalla sua cura, non dalla vergogna! Finché avrai rapporti con il demone della carne, in te alber­ gheranno Faraone e Hiimàn.82 Ma tu volgi le spalle al mondo come Mosè, poi affronta il Faraone, afferralo per la barba e tienilo ben stretto ! Combatti con lui, virilmente, una dura battaglia! Tagliati la barba e incamminati lungo la via! En­ tra nella via che ti si apre dinnanzi! Sebbene codesta barba non ti procuri che ansia, neppure per un istante ne provi di­ sgusto. Sulla via della fede saggio è colui che non indugia a pettinarsi la barba : diffida di essa, fanne un tappeto da sten­ dere sulla via. Il viandante non avrà che il proprio sangue co­ me bevanda e il proprio cuore come cibo, e se anche fosse un lavandaio, non vedrebbe mai il sole, e se fosse un contadino non vedrebbe un filo d'acqua. Un sufi alle prese con una nuvola

Ogni volta che un sufi si apprestava a lavare la propria ve­ ste, una nube nerissima appariva nel cielo. Un giorno, accor­ gendosi che la sua veste era sudicia, corse da uno speziale per acquistare del sapone, pur temendo l'arrivo della nuvola. E infatti questa si presentò puntualmente e così si ripeté la situazione di sempre. Quel sufi allora implorò : « O nuvola, perché sei comparsa ? Vattene, sono venuto per acquistare dell'uva: devi sapere che io la compero da costui in gran se­ greto. Perché rimani? Non è sapone quello che compero! Oh, quanto sapone dovrà essere spr�cato per causa tua? Ma ora con questo sapone di te mi !dvo le mani ! » .83

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Dell'appagamento

Un altro uccello chiese all'upupa : « Dimmi, o nobile gui­

cla, cosa mai dovrebbe appagarmi durante questo viaggio? Se

mi rispondi si placherà la mia ansia e godrò nel cammino del conforto di una direzione. Se la via è lunga, l'uomo ha bleosno di sentirsi guidato per non essere vinto dall'angoscia del viaggio. lo, che ancora non so accettare la direzione del mondo invisibile, mi tengo sempre lontano da chi persevera nell'errore ». L'upupa così rispose: « Finché vivi, sii pago solo di lui e Ubcro da tutto, se veramente desideri servirlo. Poiché è in lui che si sazia la tua dolente anima, rendila felice servendolo ! Nei due mondi i veri uomini sono paghi di lui ; la vita delle celesti cupole proviene da lui ; anche tu dunque acquetati in lui! Come i cieli ruota anche tu per il desiderio che egli t'in­ fonde! Che altro potresti preferirgli? Dimmelo, o non esse­ re, e vediamo se potrà appagarti anche solo un istante! » . Un folle in compagnia delle fiere

Un folle di Dio, o meraviglia! , abitava sulle montagne in pacifica convivenza con le fiere. A tratti era colto da mistiche estasi e chi allora lo avesse veduto, in verità avrebbe smarrito se stesso. L'estasi lo dominava per una ventina di giorni ed egli dall'alba al tramonto danzava, ripetendo all'infinito: « Ora Tu e io siamo soli, nessuno può disturbarci ! La gioia è final­ mente discesa, allontanando ogni pena! ». Come potrà morire colui che ha donato il suo cuore al­ l'Amico? Anche tu offriGli il tuo cuore che si è invaghito di Lui! La morte non potrà ghermire la tua anima finché dura il desiderio di Lui!

Un innamorato in punto di morte

Un innamorato nell'ora della morte piangeva a dirotto. Gli fu chiesto perché fosse in pena e così lui rispose: « Se piango come nuvola di primavera, è perché in quest'ora mi è impos­ sibile morire. E ho ben ragione di lamentarmi: come potrei morire finché il mio cuore è unito al Signore? » . Uno dei suoi intimi gli disse: « Se il tuo cuore è con Lui, a maggior ragione ti sarà dolce morire! ».

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