Fisiologia Umana Definitivo

May 3, 2017 | Author: tettedure | Category: N/A
Share Embed Donate


Short Description

beee beee...

Description

Sommario FISIOLOGIA DELLE CELLULE ECCITABILI :

3

MEMBRANA CELLULARE COME UN CIRCUITO :

3

FUNZIONAMENTO ELETTRICO DEL NEURONE :

6

SINAPSI E TEORIA SINAPTICA :

9

CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO E POTENZIALE D’AZIONE : LA SENSIBILITÁ

22 23

GENERAZIONE DEGLI IMPULSI NELL’ESTEROCETTIVITA’ (ES. CORSPUSCOLO DEL PACINI) :

26

CLASSIFICAZIONE DELLE FIBRE NERVOSE :

30

SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA :

30

SENSI ESTEROCETTIVI SPECIALI :

37

UDITO :

37

EQUILIBRIO :

47

VISTA

51

GUSTO :

69

OLFATTO :

75

GENERAZIONE COSCIENTE DEL MOVIMENTO :

80

RUOLO DELLA CORTECCIA MOTORIA :

80

NUCLEI DELLA BASE :

85

FUNZIONI ELEVATE DELL’ENCEFALO :

92

SISTEMA LIMBICO :

92

FUNZIONI ELEVATE DEL NOSTRO ENCEFALO:

96

SONNO E RITMI CIRCADIANI : CONTROLLO DELLE FUNZIONI CORPOREE INTERNE :

100 106

SISTEMA NERVOSO AUTONOMO :

108

SISTEMA ENDOCRINO :

123

STUDIO DEL CONSUMO ENERGETICO DEL CORPO : METABOLISMO BASALE : TERMOREGOLAZIONE :

159 159 176

METABOLISMO E LAVORO MUSCOLARE :

182

DIDESTIONE E PROCESSI DI ASSORBIMENTO :

184

ATTIVITA’ MUSCOLARI DEL TUBO DIGERENTE :

186

PERFUSIONE SANGUIGNA :

187

ATTIVITA' DIGESTIVE DELLE SECREZIONI SUI VARI NUTRIENTI :

187

ASSORBIMENTO DEI VARI NUTRIENTI :

189

RISPOSTE PROTETTIVE DELL’APPARATO DIGESTIVO :

204

CUORE E METODI D’INDAGINE

205

CARATTERISTICHE DEL TESSUTO MUSCOLARE CARDIACO :

205

CICLO CARDIACO

209

1

MIOCARDIO DI CONDUZIONE E RITMICITA’ DEL CUORE :

216

ELETTROCARDIOGRAMMA NORMALE :

220

CONDIZIONI DI VARZIAZIONE DELL’ELETTRICARDIOGRAMMA

225

CAUSE ED INTERPRETAZIONE DELLE ARITMIE CARDIACHE :

230

CIRCOLAZIONE E REGOLAZIONE :

235

CARATTERISTICHE GENERALI DI CIRCOLAZIONE :

235

CELLULE DEI VASI :

246

CELLULE DEL SANGUE :

252

PIASTRINE ED EMOSTASI :

255

CARATTERISTICHE DEL MICROCIRCOLO :

259

DINAMICA DELLO SCAMBIO LIQUIDO MICROCIRCOLO-INTERSTIZIO-LINFA :

260

REGOLAZIONE DELLA CIRCOLAZIONE :

263

CONTROLLO DELL’EFFICIENZA CARDIACA E DELLA SUA GITTATA :

273

CIRCOLAZIONE IN ALTRI DISTRETTI DELL’ORGANISMO

278

CIRCOLAZIONE POLMONARE :

278

CIRCOLAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO

282

CIRCOLAZIONE CORONARIA

284

CIRCOLAZIONE CEREBRALE

285

RENE E REGOLAZIONE DELLA FUNZIONE RENALE :

287

DISTRIBUZIONE DEI LIQUIDI CORPOREI E LORO COMPOSIZIONE :

287

ANATOMIA FUNZIONALE DEL RENE :

288

FORMAZIONE DELL'URINA E REGOLAZIONE DELLE ATTVITA' NEL NEFRONE :

290

FILTRAZIONE GLOMERULARE DEL PLASMA :

291

OPERAZIONI DI RIASSORBIMENTO E SECREZIONE DEI TUBULI RENALI :

296

MECCANISMI DO CONTROLLO DELL'OSMOLARITA' DEL LIQUIDO EXTRACELLULARE

308

REGOLAZIONE DELLA QUANTITA' PLASMATICA DI ALTRI IONI :

316

SISTEMA DI REGOLAZIONE ACIDO BASE DELL'ORGANISMO :

323

FUNZIONALITA RESPIRATORIA :

330

LEGGI CHE GOVERNANO I GAS

330

VIE AEREE

331

MUSCOLI INSPIRATORI ED ESPIRATORI :

333

DINAMICA DELL'ATTO RESPIRATORIO :

334

VALORI STANDARD E TECNICHE SPIROMETRICHE DI MISURAZIONE

336

FORZE DETERMINANTI LA PRESSIONE ALVEOLARE

339

ANALISI DEL LAVORO RESPIRATORIO

344

VARIAZIONE DEI GAS ATMOSFERICI DURANTE LA RESPIRAZIONE :

354

VENTILAZIONE E PERFUSIONE NEI POLMONI :

357

RESISTENZA E MODIFICA DEL FLUSSO POLMONARE :

363

TRASPORTO DEI GAS RESPIRATORI :

365

2

REGOLAZIONE DELLA RESPIRAZIONE :

370

INTRODUZIONE : Caro lettore. Quest’inopportuna mole di parole – circa 187400 – è il prodotto di una follia di durata semestrale nell’intento di comporre un file unico dal quale si potesse studiare fisiologia, senza “sbattere” la testa ed il conto corrente in migliaia di libri di testo. Ma andiamo subito al sodo; ho pensato di condividere con tutti gli studenti questo prodotto (anche se imperfetto e ridondante) per facilitare quello che definisco “il Calvario dello studente di fisiologia” ossia quello di dover cercare informazioni incomplete a destra ed a sinistra, con la costante paura di studiare da un testo non del tutto supportato dal professore. Ho pensato di farlo gratuitamente per due motivi fondamentali : a). Lo studio in questo paese costa molti soldi, e sarà sempre più costoso, quindi un piccolo aiuto deve iniziare almeno dalla collaborazione tra studenti. b). Questo file non è perfetto ed ha assorbito informazioni da molte fonti d’autore, quindi sarebbe poco corretto farlo pagare sfuttado l’altrui lavoro. Ad ogni modo utilizzatelo come vi pare : copiatevelo mille volte, datelo alla NASA, fateci un fumetto, usatelo come cartine per le cicche, o utilizzatelo per fermare le porte di casa, sarò sempre felice che vi si trovi un’utilità; tuttavia, vi chiedo solo di non venderlo e di non ricavarci un profitto che sia al di fuori del vostro studio; questo file è stato creato per essere libero. Detto ciò i principali dati tecnici : questo file è basato sul programma di fisiologia stilato dal professor Reggiani, nell’anno 2012-2013, sulla base delle lezioni dei docenti Danieli, Mucignat, Reggiani, Rubini e Vassanelli. Per comporlo sono state utilizzate sbobine, lucidi e libri di testo : Guyton, Ganong, Baldissera (vol1e2) Per permanenza su file cartaceo e assenza di tempo per copiarli non sono stati inclusi nella dispensa, alcuni argomenti (che consiglio di studiare dalle stesse sbobine, mal che vada dal libro consigliato dal docente, o se siete suicidi, dal Badissera) -

Cervelletto : struttura e funzione fisiologica Midollo : struttura, controllo motorio intrinseco, vie di conduzione motoria, riflessi spinali Tronco encefalico nel sistema motorio : nuclei bulbari e pontini di controllo motorio Sistema attivatore della corteccia nel meccanismo della generazione delle onde elettroencefalgrafiche Corteccia cerebrale d’associazione

In questo file saranno presenti alcune ridondanze o incongruenze, date dal fatto che le informazioni numeriche (come osmolarità ecc..) variano da libro a libro; tuttavia non sono state di ostacolo al mio studio; saranno presenti (forse ... sicuramente) orrori di ortografia e arzigogolazioni linguistiche (non odiatemi), che sarei tentato di giustificare dall’effetto “gatto su tastiera” ma sono, piuttosto, il tristo frutto della mia percentuale di analfabetismo e dello stress psicotropo pre-esame. Detto ciò, buono studio ed in bocca a lupo per l’esame. Francesco Benvenuti

FISIOLOGIA DELLE CELLULE ECCITABILI : Integrazione delle lezioni di Vassanelli con il Guyton MEMBRANA CELLULARE COME UN CIRCUITO : PRINCIPI CHE SPINGONO PARTICELLE CARICHE ATTRAVERSO MEMBRANE SEMIPERMEABILI : vi sono vari fattori che spingono i componenti chimici, carichi o meno, ad attraversare la membrana plasmatica cellulare da una soluzione ad un’altra : PRESSIONE OSMOTICA: in un sistema di due soluzioni a medesimo solvente, separate l’un l’altra da una membrana selettivamente permeabile per lo stesso, è quella pressione esercitata dalla migrazione termodinamica delle

3

molecole del solvente dalla soluzione a minore concentrazione di equivalenti alla soluzione a maggiore concentrazione equivalente. Legge di Van’t Hoff : Osmolalità : concentrazione degli equivalenti di un soluto osmoticamente attivo disciolti in un chilo di solvente puro.

-

Concentrazione di equivalenti (mVa): anche tra soluzioni con 2 soluti differenti, il sistema va a considerare la capacità del soluto di “saturare” i buchetti di permeabilità selettiva della membrana semipermeabile, con una funzione che aumenta all’aumentare della concentrazione, del volume molecolare e della valenza del soluto stesso.

Osmolarità : concentrazione degli equivalenti di un soluto osmoticamente attivo disciolti in un litro di soluzione.

Imp : molalità e molarita per soluzioni abbastanza diluite, come può essere un plasma sanguigno fisiologico, differiscono per meno dell’1% del valore e possono quindi essere utilizzate alternativamente ottenendo sempre risultati più che validi; tuttavia in ambito medico è preferita l’osmolarità poiché è più semplice da calcolare. PRESSIONE OSMOTICA DEL PLASMA O PRESSIONE ONCOTICA : la pressione osmotica del plasma non dipende solamente dalle specie solubili all’interno del plasma stesso ma anche dalle proteine disciolte all’interno del plasma e del liquido intracellulare che, in grande concentraizone come esse sono, vanno ad influenzare di molto la pressione oncotica; inoltre l’attività elettrostatica degli ioni e delle proteine stesse va ad effettuare un’aggregazione delle particelle cariche che va a diminuire il loro reale potenziale osmotico di un coefficiente Φ.

Φ = 0,93 (coefficiente che corregge la pressione osmotica teorica all’interno della cellula) ES : Osmolarità del plasma : 290 mOsm/L Pressione osmotica per mOsm = 19,300 mmHg Pressione osmotica del plasma in condizioni fisiologiche a 37C° = 5590 mmHg Soluzione fisiologica : una soluzione si dice fisiologica quando possiede la medesima osmolarità del plasma sanguigno; in genere è composta da una soluzione di cloruro di sodio alla concentrazione di 145 mM. ES : soluzione fisiologia di cloruro di sodio -

Va = 2 Molarità = 145 mM

Osmolarità = 290 mOsm/L PRESSIONE IDROSTATICA : pressione di natura meccanica che genera il fenomeno di filtrazione secondo il quale il solvente di due soluzioni tende a passare dalla soluzione a pressione maggiore verso la soluzione a pressione minore (edema)

4

DIFFUSIONE : fenomeno che, date due soluzioni fluide in collegamento fra loro attraverso un mezzo fluido, consente la migrazione di particelle dalla soluzione a maggiore concentrazione sino alla soluzione a minore concentrazione con un determinata velocità. Legge di Fick :

(

)

A : area di membrana attraverso la quale avviene la filtrazione dV : velocità delle molecole (cα – cβ) : differenza di concentrazione tra le due soluzioni. Δx : distanza percorsa dalle molecole D : coefficiente di diffusibilità POTENZIALE ELETTROCHIMICO TEORICO : energia potenziale elettrica necessaria per bilanciare la forza pressoria di tipo elettrochimico di un soluto carico in due soluzioni a concentrazione differente e poste in contatto tramite una membrana semipermeabile. Equazione di Nerst : R : costante dei gas perfetti T : temperatura assoluta z : valenza della specie chimica F : costante di Faraday (uguaglia le moli di cariche ai volt) ln(mol esterna)/ln(mol interna) : concentrazione in moli all’interno e all’esterno della membrana imp : questa equazione teorica, però, è raramente soddisfatta poiché non tiene conto dei canali e delle piccole perdite che scorrono attraverso la membrana disperdendo, in parte, il potenziale di membrana. Equilibrio elettrochimico : stato nel quale il potenziale elettrochimico di una specie chimica permeabile attraverso una membrana semipermeabile viene uguagliato ai due lati della stessa consentendo un flusso netto di cariche nullo. Tuttavia ! in un sistema cellulare, e più nello specifico, in un sistema fisiologico dell’organismo umano ci sono due condizioni particolari che rendono l’equazione di Nerst poco attendibile : -

Sulle due facce della membrana occorrono variazioni estremamente piccole di concentrazione (1/3000000 o 1/100000000 delle coriche interne della fibra) delle due soluzioni, quindi l’equazione considererà solamente la variazione di potenziale. Lo spazio extracellulare è troppo grande per subire una variazione di concentrazione nelle sue specie chimiche, che si disperdono immediatamente. Lo spazio intracellulare vede uscire dalla membrana solamente le cariche direttamente adese ad essa e quindi solamente quelle consentite dalla propria capacità elettrica, che è estremamente piccola.

-

La membrana subirà piccole perdite della propria energia potenziale elettrochimica grazie alla presenza di fenomeni di diffusione passiva e di canali ionici aperti che consentiranno una piccola migrazione delle sue cariche.

Membrana come un circuito : secondo questi presupposti la membrana plasmatica può essere considerata come un circuito elettronico molto semplice caratterizzato da un generatore di forza elettromotrice – pompe ioniche di membrana – collegato ad un condensatore a bassa capacità – membrana plasmatica – unito in parallelo ad una resistenza fissa – dispersione per diffusione incontrollata – e ad una resistenza variabile – canali ionici controllati. POTENZIALE DI MEMBRANA REALE : equazione che tiene conto di tutte le perdite medie della membrana plasmatica e della sua natura di condensatore.

5

Legge di Goldman-HodgKin-Katz :

[ ] [ ]

[ [

] ]

[ ] [ ]

Canali ionici voltaggio dipendenti : strutture proteiche transmembrana composti, in genere, da una subunità funzionale e da subunità ausiliarie che li indirizzano sulla porzione di membrana plasmatica corretta, che permettono il passaggio selettivo di molecole cariche, una alla volta, attraverso uno stretto canale dotato di numerosi aminoacidi carici in grado di spogliare e sostituirsi al guscio di idratazione consentendo il trasporto solamente di quelle specie totalmente spogliate dal proprio guscio; sono presenti subunità in grado di aprire o chiudere il canale in base al voltaggio della membrana. Pompa cationica Na/K : la pompa sodio potassio espelle fuori dalla cellula 3 ioni sodio per ogni 2 ioni potassio in ingresso, risultando così in una perdita netta di cariche verso l’esterno dalla cellula; questo causa una polarizzazione progressiva della membrana. POTENZIALE DI MEMBRANA A RIPOSO DI UN NEURONE : il potenziale di riposo della membrana elettricamente eccitabile di un neurone viene determinato sia dai flussi di diffusione del sodio e del potassio attraverso essa stessa, sia dall’attività dei canali ionici e delle pompe che la permeano; il suo valore ammonta in media a -90 mV. Gradienti di concentrazione del sodio e del potassio : - Na(interno)/Na(esterno) = 0,1 - K(interno)/K(esterno) = 35,0 Concentrazioni transmembrana delle specie chimiche : - Na(esterno) = 142 mOsm/L - Na(interno) = 14 mOsm/L - K(esterno) = 4 mOsm/L - K(interno) = 140 mOsm/L Costituzione del potenziale di membrana a riposo : il potassio possiede dal canto proprio un potenziale di equilibrio di Nerst di circa -94 mV mentre il sodio di circa +61 mV; tuttavia, il potassio è 100 volte più permeabile attraverso la membrana (per diffusione semplice) rispetto al sodio, esercitando un influsso maggiore sulla determinazione del potenziale transmembrana che si attesta attorno ai –86 mV; infine, l’attività elettrogenica della pompa sodio potassio negativizza il potenziale trasmembrana di -4 mv attestandolo attorno ai -90 mV. ALTRI IONI NELLA COSTITUZIONE DEL POTENZIALE DI MEMBRANA : Cariche negative non diffusibili : all’interno della cellula sono presenti numerose cariche negative, principalmente rappresentate da proteine e/o acidi nucleici, che non possono traspirare attraverso la membrana plasmatica e che vanno a condizionare un potenziale negativo di fondo anche in assenza di gradienti ioni ci transmembrana. Diffusione del calcio : sulla membrana plasmatica di tutte le cellule eccitabili sono presenti pompe del calcio che vanno ad espellerlo continuamente nell’ambiente extracellulare creando un gradiente di concentrazione di 1000 volte quello intracellulare; l’attivazione i particolari canali del calcio voltaggio dipendenti permette un flusso in ingresso del calcio che depolarizza (anche se di poco) il potenziale di membrana durante il potenziale d’azione. Regolazione dle calcio sul canale del sodio : gli ioni calcio possiedono un’azione allosterica sulle subunità dei canali del sodio andando ad aumentare il voltaggio richiesto ai canali del sodio per passare allo stato aperto. FUNZIONAMENTO ELETTRICO DEL NEURONE : POTENZIALE D’AZIONE : il potenziale d’azione è una variazione di potenziale della membrana eccitabile del neurone caratterizzato da un’ampiezza media di 100 mV e da una durata media di 2-3 ms che inizia a partire dal cono di emergenza del neurone per propagarsi successivamente lungo l’assone neuronale e lungo i dendriti – back propagation. 1. Il potenziale di membrana del cono di emergenza viene portato lentamente a -70 mV

6

2. I canali del sodio del cono di emergenza aprono velocemente la propria porta di ingresso tra -70 e -50 facendo divenire la membrana 500-5000 volte più permeabile a Na, mentre chiudono lentamente la propria porta di chiusura. 3. Tra -50 e 0 i canali del potassio cominciano ad aprirsi lentamente ma non fanno uscire il potassio, mentre le porte di chiusura dei canali del sodio continuano a chiudersi lentamente. 4. Tra 0 e +35 i canali del potassio si aprono del tutto mentre i canali del sodio si chiudono del tutto, il potassio comincia a ripolarizzare la membrana 5. Da +35 a -125 i canali del sodio aprono la porta di chiusura e chiudono la porta di apertura, mentre i canali del potassio si chiudono lentamente 6. A -90 i canali del sodio hanno porta di apertura chiusa e porta di chiusura aperta, mentre i canali del potassio sono chiusi. Back propagation : fenomeno attraverso il quale l’attività di un neurone va ad irradiare il proprio impulso elettrico all’interno dei dendriti neurali influenzandone la capacità di ricezione degli stimoli nervosi assonici. Funzionamento discreto dei canali voltaggio dipendenti : i canali voltaggio dipendenti non possiedono stati intermedi di chiusura o di apertura, essi funzionano in maniera dicotomica soltanto, quindi o tutti aperti o tutti chiusi; il voltaggio regola solamente il tempo passato in condizione aperta o chiusa secondo l’equazione della distribuzione probabilistica delle condizioni termodinamiche :

K = costante di Boltzmann T = temperatura assoluta ΔE = differenza di potenziale ai due lati della membrana

METODO PER MISURARE IL POTENZIALE D’AZIONE : Voltage clamp : questo metodo prevede un apparato elettronico in grado di modificare a piacimento il voltaggio di membrana dell’assone neuronale, al fine di regolare l’apertura o la chiusura dei suoi canali ionici voltaggiodipendenti, ed in grado di indurre una flusso di corrente uguale ed opposto al conseguente flusso ionico transmembrana a canali aperti per mantenere sempre costante il voltaggio di membrana, misurando, così, il flusso netto di cariche e la sua evoluzione nel tempo. -

-

Se si varia il potenziale transmembrana da -90 a + 10 mV i canali del sodio di aprono in modo subitaneo (nel giro di 1ms) facendo entrare le cariche; il flusso di corrente quindi aumenta repentinamente, per poi richiudersi lentamente durante il ms successivo Appena il potenziale di membrana è di + 10 i canali del potassio cominciano ad aprirsi lentamente andando ad istituire un flusso di ioni potassio che aumenta lentamente nel tempo per poi cessare altrettanto lentamente con il ristabilirsi del voltaggio di membrana di -90 mV.

Patched clamp : metodo che consente di misurare il flusso di ioni, e quindi la conduttanza, attraverso un singolo canale transmembrana, appoggiando la punta cava di una micopipetta, di diametro di circa 1-2 um, alla membrana cellulare eccitabile per poi applicare una pressione negativa ed isolare, come una ventosa, la porzione di membrana delimitata dal bordo della pipetta dalla membrana circostante; successivamente il voltaggio può essere fissato (clamped) per consentire la valutazione della conduttanza relativa al voltaggio del canale. Metodo per la misurazione del voltaggio transmembrana : prevede lo stiramento di un capillare cavo da ematocrito, sotto fiamma bunsen, per ottenere un ago cavo di diametro micrometrico che, una volta riempito di soluzione a concentrazione intracellulare e dotato di un elettrodo a cloruro di argento, viene inserito all’interno dell’assone neurale per mettere in relazione il suo potenziale interno con il potenziale di terra (0 secondo convenzione) tramite un voltmetro. PROPAGAZIONE DEL POTENZIALE D’AZIONE : il fenomeno principale di propagazione del potenziale d’azione prevede la diffusione libera di correnti cationiche – propagazione elettrotonica - all’interno dell’assoplasma

7

del’assone neurale, sino a circa 1-3 mm di distanza dal punto di depolarizzazione, causando la depolarizzazione di un sito distante dal punto di eccitazione primari privocando la nascita di un potenziale d’azione nel segmento successivo, destinato anch’esso alla porpagazione. Fattore di sicurezza della propagazione : il potenziale d’azione va a causare la depolarizzazione di una sezione di membrana eccitabile adiacente solamente se la sua intensità è superiore alla soglia di apertura di canali del sodio della stessa membrana; in particolare :

Direzione di propagazione : il potenziale d’azione dell’impulso nervoso può propagarsi dalla zona di eccitazione primaria, in entrambe le direzione ove fosse ancora presente una membrana eccitabile. Periodo refrattario assoluto : periodo della durata di 1 ms nel quale i canali del sodio di una porzione di membrana appena eccitata rimangono refrattari all’attivazione anche se sottoposti ad un’intenso stimolo depolarizzante; questa caratteristica dura fintantochè il potenziale di membrana non raggiunge il proprio valore di riposo; nelle grosse fibre può arrivare a durare 1/2500 secondi consentendo : -

Unidirezionalità nella conduzione : l’impulso nervoso non può ritornare sui suoi passi per via dell’assenza di canali del sodio eccitabili.

-

Limitazione nella frequenza massima : siccome la fibra nervosa necessita un tempo minimo di separazione tra gli impulsi nervosi stessi pari al proprio periodo refrattario assoluto; la propria frequenza massima sarà uguale al reciproco del proprio periodo refrattario (supponendo una durata istantanea dell’impulso nervoso stesso) che in media corrisponde a 2500 Hz.

Ricostituzione attiva della concentrazione cationica :il passaggio di un potenziale d’azione richiede una variazione infinitesimale della concentrazione intracellulare di cationi, specialmente nelle fibre più grosse, tuttavia il passaggio di 1000-2000 potenziali d’azione al secondo rende necessaria un’azione di ripompaggio attivo dei cationi tramite un’attività della pompa ATPasica Na/K direttamente proporzionale alla concentrazione intracellulare di ioni Na. VELOCITA’ DI CONDUZIONE ELETTROTONICA DELLA FIBRA NERVOSA : la velocità può oscillare da un minimo di 0,25 m/s per le piccole fibre amieliniche sino ad un massimo di 100 m/s per le grosse fibre mielinizzate e viene solitamente influenzato dalla mielinizzazione della fibra e dallo spessore della fibra stessa.

Spessore della fibra e resistenza del neurite : il raggio della fibra nervosa è direttamente proporzionale alla resistenza della membrana e dell’assoplasma neurale, divenendo quindi inversamente proporzionale alla distanza massima percorribile dall’impulso e al tempo necessario all’impulso completarsi in un punto della membrana. Mielinizzaizone : la guaina mielinica si dispone in una successione di manicotti, composti ciascuno da un rivestimento concentrico di sfingomielina altamente isolante, che vanno a ricoprire l’intera lunghezza del neurite mielinizzato interrompendosi in zone nude – nodi di Ranvier – ricche di canali cationici e pompe protoniche ogni 1-3 mm della fibra nervosa; essi consentono di velocizzare di 5-50 volte l’impulso nervoso, che diviene saltatorio, e di renderlo meno dispendioso energeticamente. -

Aumento della barriera dielettrica : i vari strati di singomielina fungono da dielettrico estremamente efficiente tra assoplasma e liquido extracellulare del neurone consentendo di minimizzare il numero di

8

cationi necessari (diffuse dal potenziale d’azione del nodo di Ranvier precedente) al raggiungimento del potenziale di soglia, aumentando di fatto il rapporto di sicurezza. -

Conduzione saltatoria : questo sistema consente la propagazione della depolarizzazione da un nodo di Ranvier direttamente al nodo successivo tramite flussi di corrente attraversanti il liquido extracellulare; questo determina l’eliminazione di parte del tempo T perso dal sistema per attivare una maggiore quantità di canali del sodio.

-

Economizzaizone dell’impulso : siccome la depolarizzazione attiva si sviluppa, di fatto, solamente all’interno dei piccoli nodi di Ranvier, la perdita netta di cationi risulta circa 1/100 di quella caratterizzate una normale fibra amielinica; questo si traduce in un utilizzo minore di pompe sodio/potassio ed in una conseguente minore spesa di energia.

FATTORI CHE RALLENTANO O BLOCCANO IL POTENZIALE D’AZIONE : -

Esteri etilici : il consumo di etanolo, per via degli enzimi di protezione epatica, produce numerosi esteri etilici, tutti derivati dall’acetaldeide epatica; questi esteri possono inserirsi nel rivestimento lipidico della sfingomielina rendendola molto più permeabile alle correnti ioniche rallentando, di conseguenza, il potenziale d’azione all’interno delle fibre nervose; questo provoca il rallenttamento delle percezione e dei riflessi di una persona con tasso alcolemico sufficientemente elevato.

-

Anestetici locali (procaina e tetracaina) : gli anestetici locali agiscono quasi tutti impedendo il funzionamento dei canali del sodo tramite, spesso, l’innalzamento reversibile della propria soglia di attivazione; in questo modo il rapporto di sicurezza diviene di molto inferiore ad 1 e gli impulsi nervosi non possono più essere condotti attraverso la fibra, creando un’anestesia quasi completa.

SINAPSI E TEORIA SINAPTICA : SINAPSI NEURALE : forma di contatto fisico e fisiologico tra cellule nervose ed altre cellule nervose, o di altra natura, che ne consente una comunicazione chimica o elettrica consentendo la trasmissione d’informazioni, sotto forma di impulsi nervosi. SINAPSI INTEGRATIVE : tutte quelle sinapsi nelle quali un PPSE non si traduce ai in un potenziale d’azione della membrana postsinaptica, bensì, vi e sempre una sommazione spaziale o temporale di più potenziali postsinaptici. SINAPSI ELETTRICA : sinapsi filogeneticamnet più antica di tipo simmetrico, dove il terminale presinaptico non differisce dal terminale postsinaptico, che consente la conduzione bidirezionale di potenziali nervosi, come correnti elettrotoniche di flussi ionici, dal citoplasma di una cellula a quello dell’altra cellula mediante una comunicazione fisica fra i due. - SNC (sono molto rare in quello umano) - Miociti lisci : permettono la conduzione delle onde di contrazione nei muscoli lisci - Cardiomiociti : permettono la formazione del sincizio funzionale cardiaco. NOTA ! espulsione del nero nei cefalopodi I cefalopodi necessitano un’elevata ed istantanea coordinazione contrattiva dei muscoli escretori dell’inchiostro per espellerlo velocemente non appena si presenta un pericolo; quindi, il loro sistema nervoso gangliare istituisce numerose sinapsi elettriche. Caratteristiche basilari : Ritardo sinaptico 40 mV Cono di emergenza = 20 mV

PPSI potenziale postsinaptico inibitorio : variazione del potenziale della membrana neuronale verso un valore più negativo - iperpolarizzazione - del potenziale di membrana di riposo. Meccanismo : solitamente viene aumentata la permeabilità agli ioni cloro e potassio della membrana che, avendo potenziale di equilibrio pari a -70 e -95 mV, vanno a iperpolarizzare il potenziale di membrana rendendolo ancora più negativo. 

Durata del PPSI : l'iperpolarizzazione per apertura dei canali del Cl e del K dura 1-2 ms, la normalizzazione del potenziale di membrana dura 15 ms.

Inibizione : l'iperpolarizzazione della membrana neuronale va a rendere sempre più negativo il potenziale di membrana rendendo sempre più lontana la soglia di eccitazione per un'eventuale potenziale postsinaptico o potenziale d'azione scorrente nell'assone. 

Inibizione postsinaptica : inibizione che va ad iperpolarizzare i dendriti o il soma neurale, rendendo più lontano il raggiungimento della soglia di eccitazione nel cono di emergenza.



Inibizione presinaptica : inibizione sempre effettuata tramite GABA, che va ad iperpolarizzare un determinato segmento dell'assone neurale o direttamente il terminale presinaptico impedendo la conduzione del potenziale d'azione sino ai canali del calcio.

SOMMAZIONE DEGLI EFFETTI SINAPTICI : siccome ogni singolo PPSE è insufficiente al raggiungimento della soglia di eccitazione - 0,5-1 mV - del cono di emergenza, per attivare il potenziale d'azione di un neurone è necessario sommare le PPSE di più sinapsi sullo steso neurone. -

Sommazione di potenziali eccitatori e inibitori (inibizione) : i PPSI possono sommarsi ad un PPSE e contemporaneo o situato a breve distanza temporale causando un allontanamento dalla soglia di eccitazione del potenziale di membrana.

-

Facilitazione o sommazione di PPSE : quando un PPSE ha un intensità insufficiente a superare la soglia di eccitabilità del cono di emergenza assonico si ha un avvicinamento alla soglia di eccitabilità dels potenziale di membrana facilitando la generazione di un potenziale d’azione ad un successivo PPSE.

Sommazione spaziale : sommazione di più potenziali postsinaptici avvenuti simultaneamente in più terminali sparsi su ampie aree della membrana neuronale

19

Imp : questo può avvenire poiché una differenza di potenziale applicata in qualsiasi punto della membrana neuronale provoca una variazione unifirome del potenziale di tutta la membrana. Sommazione temporale : sommazione di più potenziali postsinaptici generati in una successione temporale abbastanza rapida da un'unica sinapsi. -

Costante di tempo : durata caratteristica dell’impulso di depolarizzazione o iperpolarizzazione sulla membrana del cono d’emergenza neuronale, direttamene proporzionale alla dimensione della superifice totale del neurone.

Imp : questo può avvenire poiché lo stato di depolarizzazione o di iperpolarizzazione del neurone ha una durata temporale di circa 15ms EFFETTI SINAPTICI SUI DENDRITI : l’eccitazione dei terminali postsinaptici neuronali avviene molto più frequentemente sui dendriti ed il potenziale d’azione viene riportato al soma mediante una corrente elettrotonica di ioni che fluiscono attraverso il suo corpo. Conduzione decrementale : siccome la membrana del dendrita è sottile e relativamente permeabile agli ioni la corrente elettrotonica passante attraverso il dendrita è soggetta ad un processo di resistenza che determina un decremento d’intensità e di differenza di potenziale direttamente proporzionale alla distanza del PPSE dal soma. -

I dendriti più corti, dove il PPSE o il PPSI viene applicato più vicino al soma, sono più efficaci nella variazione del potenziale di membrana del pirenoforo neurale.

Potenziali d’azione dendritici : i dendriti posseggono un certo contenuto di canali trasnmembrana del calcio, sodio e potassio voltaggio-dipendenti che, sotto opportune variazioni di potenziale, vanno a generare potenziali d’azione deboli tramite ingresso di ioni calcio; in questo modo vanno a mantenere l’ampiezza del PPSE scorrente nel dendrita. Sommazione temporale e spaziale dei potenziali d’azione : i dendriti come il soma neuronale, possono sommare i PPSE e PPSI contemporanei o a breve distanza temporale fra loro RISPOSTA DEL NEURONE IN RELAZIONE AI PPSE E PPSI : Stato eccitatorio : grado complessivo di polarizzazione della membrana di un neurone sommando assieme tutte le influenze sinaptiche che giungono al neurone stesso. -

Stato eccitatorio : si ha quando gli impulsi eccitatori prevalgono su quelli inibitori Stato inibitorio : si ha quando gli impulsi inibitori prevalgono su quelli eccitatori

Risposta del neurone : il neurone spara per tutto il periodo nel quale il suo stato eccitatorio supera la soglia di eccitazione della membrana neuronale stessa (del cono di emergenza) -

Stato eccitatorio : dipende dalle caratteristiche del neurone ed è differente da neurone a neurone Frequenza di impulsi neurali : dipende dalle caratteristiche del neurone stesso.

COATTIVAZIONE RECETTORIALE : fenomeno che vede la cosecrezione di due neurotrasmettitori differenti (andando contro il principio di Dale) agenti nella stessa direzione al fine di ottenere differenti intensità di stimolazione del terminale postsinaptico. Sinapsi secernente neurotrasmettitore a basso e altro peso molecolare : - Stimolazione breve e lieve del terminale presiaptico  neurotrasmettitore a basso peso - Stimolazione prolungata ed intensa del terminale presinaptico  neurotrasmettitore ad alto peso PLASTICITA’ SINAPTICA : caratteristica tipica delle sinapsi chimiche, alla base del processo d’apprendimento, che vede una modifica strutturale della sinapsi nel tempo e della sua efficienza di conduzione.

20

Postulato di Hebbe : si ha il potenziamento al lungo termine solamente quando avviene una stimolazione contemporanea del neurone pre e postsinaptico. -

LTP o potenziamento a lungo termine : miglioramento duraturo dell’efficienza di conduzione di una sinapsi chimica che vede la generazione di potenziali d’azione sempre più intensi e lunghi. LTD o depressione a lungo termine : peggioramento duraturo dell’efficienza di conduzione di una sinapsi chimica che vede la generazione di potenziali d’azione sempre più lievi e brevi.

CARATTERISTICHE DELLA TRASMISSIONE SINAPTICA : Fatica sinaptica : meccanismo che permette la cessazione di un’attività eccitatoria estremamente intensa e duratura di una sinapsi dopo un determinato numero caratteristico di impulsi. - Esaurimento delle vescicole di neurotrasmettitore, sufficiente solamente per 10000 impulsi. - Inattivazione dei recettori transmembrana del temrminale postsinaptico. - Sviluppo di concentrazioni anomale di ioni nel citoplasma del terminale postsinaptico. Fatica sinaptica come meccanismo di protezione : la fatica sinaptica consente di proteggere il sistema nervoso da un’iperattività e da un’ipereccitabilità dei neuroni (in caso di epilessia) troppo prolungata. Alcalosi nella trasmissione sinaptica : una variazione del pH sanguigno da 7,4 a 8 può causare uno stato di ipereccitabilità di pochi o tutti i neuroni corticali, causando spesso crisi epilettiche. NOTA MEDICA ! soggetti predisposti alle crisi epilettiche Se i soggetti predisposti alle crisi epilettiche iperventilano possono avere una crisis epilettica per eliminazione dell’anidride carbonica del sangue Acidosi nella trasmissione sinaptica : una variazione di pH del sangue da 7,4 a 7 è sufficiente a deprimere fortemente l’attività neuronale di alcuni o tutti i neuroni corticali causando stati comatosi. Anossia nella trasmissione sinaptica : brevissimi periodi di anossia possono provocare abolizione totale dell’eccitabilità di molti neuroni dell’SNC NOTA MEDICA ! perdita di coscienza per anossia Brevissimi periodi anossici, anche solo di 3-7 s, provocano sempre una perdita di coscienza sino a che un adeguata circolazione non è ristabilita. SINAPSI NON INTEGRATIVE : tutte quelle sinapsi nelle quali non vi è sommazione temporale o spaziale degli impulsi postsinaptici, bensi, ad ogni depolarizzazione postsinaptica corrisponde un potenziale d’azione nella membrana cellulare bersaglio. GIUNZIONE NEUROMUSCOLARE O PLACCA MOTRICE : forma di sinapsi chimica colinergica che occorre tra un terminale presinaptico della ramificazione di un assone motorio – bottone terminale – ed un invaginazione del sarcolemma – doccia sinaptica – nella porzione centrale di una fibra muscolare striata volontaria, separate l’un l’altra da uno spazio vuoto di 20-30 nm – fessura sinaptica – all’interno del quale diffonde l’acetilcolina, ed isolata esternamente da una guaina di cellule di Schwann chela separa dal liquido extracellulare; essa trasduce l’impulso neurale in un potenziale d’azione muscolare causante la contrazione motoria della fibra striata. -

Unità motoria : insieme ti tutte le giunzioni neuromuscolari che un solo assone fa con una o più fibre muscolari striate di uno stesso muscolo; più l’unità motoria è piccola più fine sarà il controllo della motilità del muscolo in toto.

Struttura del bottone terminale : espansione bottoniforme dell’assone piramidale, possedente un assoplasma estremamente ricco di mitocondri per la sintesi dell’acetilcolina e di vescicole per la sua secrezione (circa 300000 vescicole), caratterizzato da una membrana presinaptica butterata da numerosi addensamenti actinici – inspessimenti densi – ai lati dei quali si localizzano numerosi canali del calcio voltaggio-dipendenti che fanno entrare ondate di ioni Ca ad ogni potenziale d’azione.

21

-

Ruolo del calcio : come per i neuroni acetilcolinergici integrativi, un aumento della concentrazione di calcio nell’assoplasma provoca sia un’attivazione della calmodulina calcio che, legandosi alla sinapsina delle vescicole secretorie, le fa distaccare dal citoscheletro actinico degli inspessimenti densi; sia un’attivazione della sinaptogamina nelle vescicole ancorate alla membrana presinaptica, causando l’esocitosi di 125 vescicole ad impulso nervoso.

Fessura sinaptica : viene riempito da uno stroma liquido all’interno del quale sono presenti grandi concentrazioni di un enzima degradativo dell’acetilcolina – acetilcolinesterasi. Struttura della doccia sinaptica : viene caratterizzata da numerose invaginazioni nel citoplasma cellulare, delimitate da espansioni digitiformi del sarcoplasma nella fessura sinaptica – pliche subneurali – possedenti nella propria porzione più vicina al bottone terminale una grande quantità di canali ionici nicotinici (per l’acetilcolina) e, nel fondo dello fosse che le separano, una grandissima quantità di canali del sodio voltaggiodipendenti. Recettore nicotinico per l’acetilcolina : proteina recettoriale di 275 KDa composta da 5 subunità transmembrana – α β δ γ – a formare un canale ionoforo dal diametro di 0,65 nm che, grazie a numerosi gruppi aminoacidici negativi al proprio interno, permette la facile diffusione di ioni Ca, Na e K in entrambi i sensi ed ostacola la diffusione degli anioni Cl; il suo stato aperto è determinato dal cambiamento allosterico conseguente al legame con 2 molecole di acetilcolina. -

Specificità cationica del recettore nicotinico : il recettore nicotinico permette il passaggio di Cationi Na, Ca e K, ostacolando quello degli ioni Cl, sia per l’elevatissima concentrazione di ioni Ca e Na extracellulari e K intracellulari, sia per la estrema negatività del potenziale del sarcoplasma : ben al di sotto del potenziale di equilibrio del Cl.

-

Potenziale di qeuilibrio del recettore : anche se premette il flusso bidirezionale di cariche positive, il suo potenziale di equilibrio è fisso a 0 mV; valore che determina ugualmente una depolarizzazioe elevata del potenziale di equilibrio del sarcoplasma fisso a -90 mV

CONTRAZIONE DEL MUSCOLO STRIATO E POTENZIALE D’AZIONE : Potenziale di placca o end plate potential : intensa depolarizzazione di 55-75 mV del sarcoplasma nella doccia sinaptica, causata dalla liberazione dei acetilcolina dal bottone sinaptico in seguito ad un unico impulso nervoso, che si estende nel sarcoplasma adiacente causando sempre un potenziale d’azione. -

Soglia di sicurezza : il potenziale di placca, normalmente, ha un’ampiezza pari a 3 volte la soglie di eccitazione del sarcoplasma, in modo da assicurare, anche in caso di stanchezza sinaptica e carenza di vescicole, la capacità di controllo del neurone sulla fibre muscolare.

-

Rimozione dell’acetilcolina dalla fessura sinaptica : l’acetilcolina, dopo un pontenziale di placca, deve essere rimossa nel giro di qualche millisecondo per impedire una contrazione spastica della fibra muscolare; questo avviene per degradazione enzimatica tramite acetilcolinesterase e tramite dispersione dell’acetilcolina nell’ambiente extracellulare.

Potenziale d’azione del sarcolemma : onda di depolarizzazione del sarcolemma da -90 a 0 mV, causata dall’attivazione dei canali del sodio voltaggio dipendenti, in seguito al superamento della soglia di eccitazione della membrana; in grado di propagarsi bidirezionalmente a tutta la fibra muscolare striata volontaria causando l’accoppiamento eccitazione-contrazione responsabile dell’accorciamento dei sarcomeri della cellule e quindi dell’intera fibra muscolare. -

Durata del potenziale d’azione : 1 – 5 ms Velocità di conduzione : 3 – 5 ms

Propagazione del potenziale d’azione : siccome la fibra muscolare possiede una lunghezza ed una permeabilità agli ioni cloro è estremamente elevate, la conduzione elettrotonica del potenziale d’azione attraverso di essa sarebbe

22

assolutamente inefficace; risulta necessario, quindi, la rigenerazione del potenziale d’azione tramite attivazione dei canali del sodio voltaggiodipendenti. Potenziale del sarcolemma a riposo : per via della grande concentrazione intracellulare di anioni Cl il potenziale transmembrana del sarcolemma ammonta a -80 -90 mV ACCOPPIAMENTO ECCITAZIONE-CONTRAZIONE : Reticolo sarcoplasmatico : intreccio di compartimenti intracitosolici, suddivisi in cisterne e tubuli, capaci di trasportare il potenziale d’azione del sarcoplasma sino in profondità della fibra muscolare massimizzando la sua capacità di aumentare la concentrazione sarcoplasmatica di ioni Ca, causando la contrazione ATPasica dei sarcomeri. -

Tubuli a T : lunghissime introflessioni tubulari dello spazio extracellulare, composti da una membrana plasmatica ricca di canali del sodio voltaggio dipendenti e recettori per la diidropiridina, che penetrano in profondità attorno alle miofibrille delle fibre muscolari, per andare a contattare le cisterne del reticolo sarcoplasmico ai quali recettori della rianodina si accoppiano funzionalmente e meccanicamente.

-

Cisterne : cisterne intracellulari chiuse e disposte a coppie attorno ai tubuli a T – triade – riempite da un liquido elettrolitico ad altissima concentrazione di ioni Ca chelati alla calsequestrina, possedente una membrana plasmatica ricca di recettori per la rianodina accoppiate ai recettori della diidropiridina e di pompe per il Ca. Pompa del Ca ATPasica : pompa proteica transmembrana del reticolo sarcoplasmatico, sempre attiva, capace di pompare il calcio dal sarcoplasma al reticolo sarcoplasmatico sino a concentrazioni pari a 10000 volte il livello standard. Calsequestrina : proteina capace di chelare 40 ioni Ca per singolo elemento molecolare, che aiuta a diminuire il gradiente elettrochimico del calcio a cavallo delle cisterne sarcoplasmatiche, rendendo il lavoro della pompa Ca++ molto meno dispendioso.

Aumento della concentrazione Ca : quando il potenziale d’azione penetra attraverso i tubuli a T raggiungendo la prossimità delle cisterne, attiva i recettori per la diidropiridina sulla membrana tubulare che aprono, a loro volta, i relativi recettori per la rianodina sulla membrana delle cisterne; questi si aprono per pochi millisecondi lasciando uscire un flusso massivo di ioni Ca nel sarcoplasma che andrà a stimolare la contrazione dei sarcomeri . -

Transiente eccitatorio Ca : onda di concentrazione di ioni Ca della durata di 1/20 di secondo, che fluisce attraverso il sarcoplasma della fibra muscolare andando a stimolare la contrazione di tutte le miofibrille; essa eleva la concentrazione intracitoplasmatica del Ca di 500 volte il suo valore standard, superando di 10 volte il limite di contrattilità dei sarcomeri nella fibra.

Imp : siccome la contrazione del sarcomero dura molto poco, circa 1/20 di secondo (tanto quanto dura l’onda di concentrazione del calcio) un’eventuale contrazione duratura del muscolo deve essere eseguita con la ripetizione di multipli impulsi nervosi contrattivi a frequenze elevate.

LA SENSIBILITÁ Riorganizzazione delle lezioni di Vassanelli SENSIBILITÀ: complesso di funzioni del sistema nervoso che permettono di trasdurre segnali provenienti dall’interno e dall’esterno (variazioni di energia trasdotte in potenziali d’azione, ad opera degli organi di senso) e dei meccanismi di elaborazione che portano ad indurre risposte riflesse (nel midollo spinale e nel tronco encefalico) o raggiungere una vera e propria percezione cosciente (a livello di corteccia, aree somatosensoriali e cognitive)

23

Imp : infatti ascendendo nel sistema nervoso centrale il concetto di “sensibilità” si espande fino ad arrivare alla “percezione” degli stimoli. Organi di senso (trasduttori) : trasduttori del segnale contenenti cellule deputate a trasdurre le varie forme di energia (che rappresentano gli stimoli sensoriali) in una variazione di potenziale di membrana - recettori sensoriali – che è la forma interpretabile dal nostro sistema nervoso. -

Udito Vista Olfatto Gusto Esterocettività cutanea Propriocettività Enterocettività

Stimoli : segnali energetici che interagisccono con il nostro corp. -

sensibilità esterocettiva : stimoli che provengono dall’esterno del nostro corpo

-

sensibilità enterocettiva : stimoli che provengono dall’interno del nostro corpo

Vie della sensibilità, ad eccezione del nervo ottico ed olfattivo, decorrono sia nei nervi spinali che nei nervi cranici CLASSIFICAZIONE SUL MECCANISMO DI TRASDUZIONE DEL SEGNALE : Sensibilità dolorifica (nocicettori) : coinvolge recettori trasducenti stimoli lesivi in potenziali d’azione. Sensibilità meccanocettiva (meccanocettori) : coinvolge dei meccanocettori in grado di trasdurre input meccanici in potenziali d’azione. -

Tatto Popriocettività Barocettività (anche se non sono presi in considerazione) Equilibrio Udito

Sensibilità termica (termocettori) : coinvolge dei recettori in grado di trasdurre input termici in potenziali d’azione. -

Sensibilità somatica esterocettiva termica

Sensibilità elettromagnetica (coni e bastoncelli) : coinvolge dei recettori in grado di trasdurre fotoni elettromagnetici (nell’uomo) in potenziali d’azione. -

Vista (nell’uomo)

Sensibilità chimica (chemiocettori) : coinvolge dei recettori in grado di trasdurre variazioni dii composizione chimica o concentrazioni istantanee in potenziali d’azione. -

Gusto Olfatto

24

-

Glomi

Raggruppamento dei 5 sensi per zona d’azione : Sensibilità esterocettiva : permette di percepire e configurare il mondo che sta al di fuori del corpo. -

Sensibilità Somatiche : sono presenti la meccanocettiva, la termica e la dolorifica,

-

Sensibilità Speciali : troviamo la vista, l’udito, l’equilibrio, l’olfatto ed il gusto.

Sensibilità enterocettiva o viscerale : permettono di monitorare lo stato spaziale, dinamico e funzionale-fisiologico dei tessuti di tutto il corpo, generando riflessi autonomi necessari all’omeostasi. -

Sensibilità Somatiche : sono presenti meccanocettività , termocettività, nocicettività

-

Sensibilità Speciali : sono presenti chemiocettività (prevalentemente glomi o cellule sparse)

Sensibilità propriocettiva : riguarda gli stimoli sia interni che esterni, permettendo di percepire e ricostruire la posizione dei vari segmenti corporei nello spazio ORGANIZZAZIONE DELLE VIE SENSITIVE : le vie di trasmissione del senale nervoso, si organizzano in una catena di neuroni - sensitivi primari, secondari e terziari – in grado, terminalmente, di portare l’informazione ai gangli d’integrazione autonoma locale, che organizzano riflessi autonomi, a centri inferiori del midollo spinale o del tronco encefalico, che organizzano riflessi autonomi o somatici incoscienti, e al talamo o al rinencefalo, che organizzano una risposta di tipo cosciente. Neurone sensitivo primario : è il primo neurone della via sensitiva sempre esterno all’SNC (tranne che per la propriocettività del viso) che percepisce direttamente o indirettamente tramite recettore specifico (es bastoncello) lo stimolo energetico andando ad inviarlo al secondo neurone sensitivo localizzato nell’SNC o ad interneuroni che ne dividono il segnale o generano unarco diastaltico. -

Suddivisione del segnali in ingresso : molto spesso, per la sensitività di tipo enterocettivo od esterocettivo somatico (non speciale) quando l’assone del neurone sensitivo primario entra nel midollo spinale o nel tronco encefalico, si ha una suddivisione del suo assone al fine di coinvolgere il maggior numero possibile di neuroni sensitivi secondari, questo genera un elevata sicurezza alle lesioni delle vie di trasmissione del segnale, tuttavia, determina una bassa precisione del segnale.

Neurone pseudounipolare : neuroni veicolanti tutta la sensibilità somatica viscerale esterocettiva, caratterizzati da un corpo assonico gangliare a forma di goccia e senza ramificazioni dendritiche, dotato di un unico cono d’emergenza, in grado di dividersi a T in un assone centrifugo, verso il recettore od il territorio da innervare, ed un assone centripeto, verso i neuroni sensitivi secondari; non catalogabile efficacemente. Neurone bipolare oppositopolare : neuroni veicolanti la sensibilità esterocettiva speciale, caratterizzati da un corpo assonico affusolato dal quale originano, ad un polo un lungo prolungamento terminante in una ramificazione dendritica sempre rapportata a qualche recettore, e dall’altro polo un lungo prolungamento assonico terminante al neurone sensitivo secondario. Neurone sensivito secondario (o catena di neuroni): neurone multipolare stellato disposto sempre all’interno di un nucleo dell’SNC in grado di ricevere il segnale sensitivo proveniente dal neurone sensitivo primario per poi inviarlo centripetamente lungo le vie di connessione dell’SNC per andare a formare sinapsi con neuroni sensitivi terziariari, o con interneuroni che ne dividono il segnale o generano un arco diastaltico.

25

Neurone sensitivo terminale : neurone multipolare posto all’interno del talamoin grado di integrare terminalmente il segnale per andare a elaborare una risposta riflessa o rendere cosciente l’informazione sensoriale inviandola mediante una catena polineuronale al tutto l’encefalo. GENERAZIONE DEGLI IMPULSI NELL’ESTEROCETTIVITA’ (ES. CORSPUSCOLO DEL PACINI) :

CORPUSCOLO DEL PACINI : meccanocettore tattile di grandi dimensioni, a forma di cipolla, composto da un di guscio di guaine concentriche di cellule connettivali (cellule di schwann

modificate) avvolgenti un'unica fibra nervosa recettoriale, ricca di canali ionici meccanosensibili e con una guaina mielinica iniziante direttamente all’interno del corpuscolo del pacini, in grado di distribuire la pressione su tutta la struttura della fibra; quest’organo risponde alla stimolazione fisica a pressione con un aumento di potenziale di membrana proporzionale all’intensità della stessa stimolazione meccanica – potenziale generatore recettoriale – in grado di causare un potenziale d’azione solo superata la soglia treshold di 10mV.

Canali meccanosensibili : sono dei canali ionici, conducenti generalmente cationi (preferibilmente Na+, utile alla depolarizzazione) in grado di aumentare il tempo passato nella propria conformazione aperta proporzionalmente alla pressione su di essi esercitata; essi sono caratterizzati da una struttura transmembrana simile ai canali voltaggio dipendenti Na, ma possedente una subunità connessa alla matrice extracellulare ed una subunità connessa al citoscheletro cellulare; in questo modo flessioni della fibra possono causare l’apertura dei canali e la depolarizzazione. POTENZIALE GENERATORE : aumento progressivo del potenziale di membrana, prodotto ed agente nella stessa fibra amielinica contenuta nel corpuscolo del pacini (senza propagarsi nella fibra efferente), possedente un’intensità proporzionale in modo lineare all’intensità di compressione della fibra stessa, in grado di depolarizzare il primo nodo di ranvier più vicino sino ad una soglia di treshold dopo la quale il potenziale generatore si traduce in un potenziale d’azione propagato lungo la fibra nervosa. Relazione intensità di stimolo-frequenza di scarica : un aumento dell’intensità di stimolazione meccanica del corpuscolo del Pacini, provoca un aumento proporzionale dell’intensità del potenziale di membrane, determinando

26

un aumento del potenziale transmembrana del primo nodo di Ranvier; questo causa una maggiore capacità di superare le maggiori soglie di reffrattarietà delle terminazioni già attivate, andando ad accelerare la frequenza delle depolarizzazioni della fibra mielinica Adattamento della risposta recettoriale allo stimolo cronico : quando uno stimolo diviene prolungato, tutti i recettori dimostrano una diversa capacità di ridurre la frequenza e l’ampiezza della propria scarica di potenziali d’azione, in modo da silenziare o diminuire la percezione o l’effetto di un determinato stimolo. -

Recettori tonici : sono recettori che adattano lentamente la propria frequenza di scarica basale, sino ad un minimo oltre al quale non possono più scendere; coinvolgono i recettori incoscenti del sistema propriocettivo o della sensibilità viscerale. Barocettori Chemocettori Nocicettori

-

Recettori fasici : sono recettori che adattano velocemente la propria frequenza di scarica basale, sino ad una frequenza nulla di silenziamento; coinvolgono i recettori coscienti della sensibilità esterocettiva e speciale. Termocettori Chemocettori Meccanocettori Vista

Imp : la stimolazione tattile leggere e continuata, infatti, risulterebbe molto fastidiosa se fosse continuata nel tempo in modo costante; tuttavia, la stimolazione viscerosensitiva o dolorifica, ha un ruolo nel mantenere l’omeostasi del corpo soprattutto se è prolungata; è sua funzione, quindi, durare nel tempo.

GRAFICO A  diamo uno stimolo (sufficientemente elevato per superare la soglia) e misuriamo il potenziale di recettore: inizialmente il potenziale del recettore arriverà a superare la soglia. Se lo stimolo permane, il potenziale del recettore inizia a diminuire l’ampiezza, il recettore si adatta. E’ un meccanismo legato allo stato di apertura dei canali meccanosensibili che iniziano ad essere meno aperti, la probabilità di apertura diminuisce nel tempo e quindi il potenziale di recettore diminuisce.

27

Ciò si traduce nel fatto che mentre inizialmente si era sopra soglia e si “sparavano” potenziali d’azione (il neurone veniva stimolato), mano a mano che lo stimolo perdura, si va sotto soglia, non si avranno più potenziali di azione e si ha un rarefarsi progressivo della frequenza di scarica del neurone.

GRAFICO B  all’inizio dello stimolo, il potenziale di soglia è superato e si ha la scarica. I recettori poi si adattano molto rapidamente, la scarica diminuisce e si annulla rapidamente. Lo stimolo si applica, rimane costante per un po’ e torna a zero. Si avrà una prima risposta solo all’inizio dello stimolo, nella fase iniziale: (alcuni recettori come il corpuscolo di Pacini rispondono non solo nella fase di applicazione dello stimolo ma anche quando questo viene rimosso) INTERPRETAZIONE DELL’INTENSITA’ DELLO STIMOLO : il cervello percepisce, in ogni momento, un’elevatissima quantità di segnali simili che giungono da tante tipologie differenti di recettori sensitivi; tuttavia riesce a distinguerne perfettamente la natura, la posizione o la provenienza riflessa, e la intensità del segnale; questo tramtite una suddivisione a mappa specifica della percezione sensoriale cerebrale e ad una discriminaizone (frequenza dipendente) e numero di fibre dipendente dell’intensità dello stimolo. DISCRIMINAIZONE DELLA NATURA E DELLA POSIZIONE (LEGGE DELLA PROIEZIONE) : qualunque sia il punto d’induzione di un potenziale d’azione lungo una via specifica per una particolare sensibilità in un particolare settore del corpo, la sensazione percepita sarà uguale a quella generata naturalmente dalla stimolazione di quella sensibilità in quel settore. DISCRIMINAZIONE DELL’INTENSITA’ DI UN IMPULSO : l’intensità di uno stimolo percepito dal sistema nervoso centrale dipende sia dalla frequenza della scarica

recettoriale, sia dal numero di recettori (e di fibre nervose) che tale stimolo ha attivato. Interpretazione per frequenza di scarica recettoriale : siccome un aumento dell’intensità dei stimolaizone sul recettore porta ad un aumento automatico della frequenza di scarica recettoriale; allora il cervello è portato ed interpretare un aumento della frequenza con un aumento dell’intensità

Andamento della frequenza rispetto all’intensità dello stimolo : all’aumentare dell’intensità della stimolazione sensoriale la frequenza di scarica del recettore aumenta in modo logharitmico, con un rapido aumento iniziale per brevi variazioni di intensità e con una lento aumento finale per intensità più elevate, terminante in una saturazione della frequenza di stimolazione.

28

-

Legge di Stevens: la frequenza di risposta ad uno stimolo è proporzionale alla frazione dell’intensità massima con il quale lo stimolo è applicato – S – con, a seconda del recettore coinvolto, l’elevazione e la moltiplicazione per due costanti A e K.

-

Legge di Weber-Fechner della percezione (vecchia legge non più supportata) : la frequenza di risposta ad uno stimolo, espressa come moltiplicazione della minima frequenza possibile, varia logaritmicamente rispetto allo stimolo espresso come moltiplicazione del mimino stimolo ancora percepibile; e cioè, varia in modo logaritmico rispetto alla variazione della frequenza di risposta del recettore.

I  intensità dello stimolo Io  stimolo minimo in grado di produrre una sensazione k  costante che varia a seconda dell’eperimento s  intensità della percezione Grafico sull’esperimento intensità dello stimolo/frequenza di risposta eseguito sul gatto : -

in ascissa è riportata l’intensità della stimolazione (espressa in centesimi rispetto allo stimolo massimale che si può applicare); in ordinata è riportata la frequenza di scarica

All’inizio la frequenza di scarica cresce molto rapidamente, poi cresce sempre meno fino ad arrivare ad una situazione di saturazione (posso aumentare lo stimolo finchè voglio ma la frequenza di scarica rimane la stessa) secondo (nel gatto) un coefficiente A = 0,52 ed un coefficiente K = 9,4

R  risposta in termini di frequenza di scarica 9,4  costante che varia da esperimento ad esperimento s  intensità stimolo 0,52  costante arbitraria che dipende dall’esperimento Percezione dello stimolo a seconda dell’intensità di stimolazione : la variazione d’intensità di stimolazione viene percepita dalla coscienza come una variazione lineare dell’intensità di percezione; questo dimostra un interpretazione del cervello logaritmica dell’aumento di frequenza recettoriale.

R frequenza della stimolazione Interpretazione per unità sensoriali attivate : il cervello percepisce la variazione d’intensità di un impulso in base alla quantità di campi recettivi stimolati, e quindi, in base al numero di unità sensoriali attivate dallo stimolo, ed in base alla soglia minima dei recettori attivati dallo stimolo. Unità sensoriale : è il complesso formato da un assone e da tutte le sue ramificazioni dendritiche, recettori inclusi, innervanti una determinata area di tessuto – campo sensoriale – parzialmente sovrapposto a quello delle altre unità sensoriali limitrofe.

29

-

Numero di unità sensoriali attivate e intensità dello stimolo : un aumento dell’intensità dello stimolo porta ad un’aumentata interazione con le aree sensoriali limitrofe; causando un attivazione di multiple aree sensoriali.

Soglia minima d’attivazione dei recettori : ogni recettori possiede una soglia minima d’intensità di stimolazione necessaria per evocare un potenziale d’azione nella fibra nervosa efferente; l’altezza di questa soglia minima determina se il recettore è per stimoli pesanti o per stimoli leggeri, e quindi l’interpretazione cerebrale della sua frequenza di scarica.

CLASSIFICAZIONE DELLE FIBRE NERVOSE : CLASSIFICAZIONE DELLE FIBRE NERVOSE : le fibre nervose possiedono una velocità di conduzione varibile dai 120 m/S sino agli 0,5 m/s; la quale viene determinata dal grado di mielinizzazione e dal siametro della fibra. FIBRE MIELINICHE O DI TIPO A: fibre dotate di guaina mielinica per donare un aumentata velocità di conduzione – conduzione saltatoria – dle potenziale d’azione, possedenti una velocità variabile in base al loro diametro da 120 a 0,5 m/s, responsabili della conduzione di tutti i segnali esterocettivi somatici e speciali. Gruppo Ia o Aα : fibre propriocettive provenienti dalle terminazioni anulospirali dei fusi neuromuscolari, possedenti un diametro di 17um ed una velocità di conduzione da 120 a 80 m/s Gruppo Ib o Aα : fibre propriocettive provenienti dagli organi tendinei del Golgi , possedenti un diametro di 16um ed una velocità di conduzione da 110 a 80 m/s Gruppo II o Aβ – Aγ : fibre esterocettive portanti il tatto epicritico, possedenti un diametro di 8 um ed una velocità di conduzione da 75 a 33 m/s. Gruppo III o Aδ : fibre esterocettive portanti la sensibilità tattile protopatica, possedenti un diametro di 3um ed una velocità di conduzione da 30 a 3 m/s FIBRE AMIELINICHE O GRUPPO C O GRUPPO IV : fibre dotate di un rivestimento di cellule di schwann senza guina multipla mielinica, e possedenti un diametro tra 1,5 e 0,5 um ed una velocità di conduzione variabile in base al loro diametro da 2 a 0,5 m/ e responsabili della conduzione dei segnali esterocettivi di dolore urente, sensibilità termica, sensibilità viscerale, prurito e tatto grossolano; questo tipo di fibre compone lamaggior parte delle fibre dei nervi spinali e la totalita delle fibre sensitive dei nervi autonomi. SENSIBILITA’ ESTEROCETTIVA : GENERALITA’ : RECETTORI E FUNZIONI : corpuscoli di Pacini  percezione specifica e risposta agli stimoli vibranti corpuscoli di Meissner  risposta alle variazioni dinamiche della pelle, fasico corpuscoli di Ruffini  risposta allo stretch, stiramento della pelle, tonico dischi di Merkel  sono i più sensibili e permettono di riconoscere la forma degli oggetti e la natura della loro superficie con alta capacità di discriminazione terminazioni libere  recettori nocicettivi deputati alla percezione del dolore e forse anche del caldo e del freddo FIBRE NERVOSE LEGATE AI SENSI CUTANEI :

30

Via dei cordoni posteriori : porta la sensibilità esterocettiva epicritica e protopatica cosciente al nucleo ventrale posteriore del talamo 1. Neurone sensitivo primario : neurone pseudounipolare di grosso calibro, presente nella metà mediale del ganglio spinale. -

Assone centrifugo : grosse e mielinizzate fibre nervose Aβ o Ia che si dirigono all’interno dei nervi spinali per terminale localmente ai corpuscoli del pacini e dai dischi del Merkel ed ai propriocettori coscienti muscolo-articolari.

-

Assone centripeto : grosse e mielinizzate fibre nervose Aβ o Ia che continuano nella metà mediale della metà mediale della radice posteriore dei nervi spinali per poi penetrare nel cordone posteriore della sostanza bianca midollare (saltando il filtro della sostanza gelatinosa del Rolando) per poi risalire omolateralmente sino ai nuclei gracile e cuneato omolaterali o dare collaterali alla stessa sostanza gelatinosa. Fascicolo gracile : scorre nella porzione più mediale dei cordoni posteriori portando la sensibilità esterocettiva epicritica e protopatica cosciente della porzione sacrale, posta più medialmente e della porzione lombare, posta più lateralmente. Fascicolo cuneato : scorre nella porzione più laterale dei cordoni posteriori portando la sensibilità esterocettiva epicritica e protopatica cosciente della porzione toracica, posta più medialmente e della porzione lombare, posta più lateralmente. Collaterali ai neuroni sensitivi secondari del lemnisco spino-talamico (anterolaterale) : vanno ad agire sul III, IV, V, VI strato della sostanza grigia, mediando l’ingresso degli stimoli di tipo protopatico esterocettivo somatico.

2. Neurone sensitivo secondario : neuroni multipolari di grandi dimensioni contenuti all’interno dei nuclei gracile e cuneati della porzione infero-posteriore del bulbo, possedenti : -

Assone centripeto : decussante nella decussazione tegmentare superiore per risalire nella sostanza bianca controlaterale del tronco encefalico – lemnisco mediale – andando a terminare al nucleo ventrale posteriore del talamo, mantenendo in esso la medesima somatotopia, andando a terminare sulle aree 321 di Bordmann – somatosensoriale I e II.

Via del lemnisco spinale o via spino-talamica o sistema anterolaterale : sistema che porta l’esterocettività protopatica cosciente al nucleo ventrale posteriore del talamo, al nucleo reticolare ed intralaminare del talamo ed alla formazione reticolare del tronco encefalico -

Somatotopia del lemnisco spinale : tutti i fasci spinotalamici possiedono una fasci caudali più laterali, mentre fasci più rostrali posti più medialmente; ovvero con fasci sacrali lateralmente, e fasci cervicali medialmente, questa domatotopia si mantiene anche nel talamo

Fascio spinotalamico ventrale o paleospinotalamico : fascio che porta la sensibilità esterocettiva tattile grossolana e dolorifica, mediando la funzione motivazionale del dolore, all’interno del cordone laterale controlaterale del midollo spinale, sino alla formazione reticolare mesencefalica ed al nucleo talamico centrolaterale. 1. Neurone sensitivo primario : neurone di tipo pseudounipolare di piccolo o medio calibro, contenuto nella porzione medio-centrale del ganglio spinale che invia :

31

-

Assone centrifugo : piccole fibre mielinizzate tipo Aδ o gruppo II scorrenti all’interno del nervo spinale per terminare ai corpuscoli del Pacini, del Meissner e del Ruffini della zona cutanea da innervare.

-

Assone centripeto : piccole fibre mielinizzate tipo Aδ o gruppo II scorrenti all’interno della porzione mediale della radice posteriore del nervo spinale, andando a superare il filtro della sostanza gelatinosa del Rolando per terminare sui neuroni secondari della III e IV lamina omolaterale.

2. Neurone sensitivo secondario : neurone multipolare di piccole dimensione, contenuto all’interno della III e IV lamina omolaterale del corno posteriore midollare, inviante : -

Assone centripeto : decussante alla decussazione grigia della sostanza grigi per andare a risalire nel cordone anteriore della sostanza bianca controlaterale – fascio spinotalamico ventrale – sino a risalire il tronco encefalico nel lemnisco mediale andando a fare sinapsi con il nucleo posteriore ventrale del talamo, con il nucleo reticolare, intralaminare e della linea mediana del talamo e con la sostanza reticolare mesencefalica (attivatrice per lo stato di veglia della corteccia cerebrale), le quali proiettano al lobo limbico, al lobo frontale e all’insula.g

Fascio spinotalamico laterale o neospinotalamico : fascio che porta la sensibilità esterocettiva dolorifica e termica, mediando la componente sensitivo discriminativa del dolore, all’interno del cordone laterale controlaterale del midollo spinale, sino al nucleo ventroposterolaterale del talamo, e quindi alla corteccia somatosensitiva I e II. 1. Neurone sensitivo primario : neurone di tipo pseudounipolare di piccolo, contenuto nella porzione mediocentrale del ganglio spinale che invia : -

Assone centrifugo : piccole fibre mielinizzate tipo Aδ o gruppo II e del tipo C o gruppo IV scorrenti all’interno del nervo spinale per terminare con terminazione libere della zona cutanea da innervare.

-

Assone centripeto : piccole fibre mielinizzate tipo Aδ o gruppo II e del tipo C o gruppo IV scorrenti all’interno della porzione centrolaterale della radice posteriore del nervo spinale, andando a fare sinapsi con i neuroni della sostanza gelatinosa del Rolando (lamina I) o con i neuroni secondari del nucleo porprio (lamina II)

2. Interneurone sensitivo della sostanza gelatinosa del Rolando : sono dei piccoli neuroni multipolari della sostanza gelatinosa del rolando, che fanno sinapsi con i neuroni sensitivi secondari del nucleo porprio con la funzione di modulare il passaggio degli stimoli dolorosi ai neuroni secondari in base alla loro natura ed in base alla regolazione da parte del sistema reticolare. 3. Neurone sensitivo secondario : piccoli neuroni multipolari posti nella II lamina o nucleo proprio del corno posteriore omolaterale del midollo spinale emettenti. -

Assone centripeto : decussante alla decussazione grigia della sostanza grigia per andare a risalire nel cordone laterale della sostanza bianca controlaterale – fascio spinotalamico laterale – sino a risalire il tronco encefalico nel lemnisco mediale andando a fare sinapsi con il nucleo posteriore ventrale del talamo, con il nucleo reticolare, intralaminare e della linea mediana del talamo e con la sostanza reticolare mesencefalica (attivatrice per lo stato di veglia della corteccia cerebrale)

SENSIBILITA’ TATTILE :

32

MECCANOCETTORI DEL TATTO : sono tutti quanti rappresentati da corpuscoli con una distribuzione estremamente disomogenea in rapporto alle aree di maggiore importanza esterocettiva; si possono suddividere in meccanocettori epicritici, per la sensibilità fine, e meccanocettori protopatici, per la sensibilità grossolana Corpuscoli di Meissner: molto numerosi nelle regione cutanee glabre (specie in polpastrelli, labbra, palme dei piedi ecc.) -

-

Campi recettivi piccoli e ben definiti : caratteristica che permette elevata discriminazione spaziale o acuità permettendo una percezione fine della forma delle superfici (Es : e riconoscono le caratteristiche dinamiche fini degli oggetti) Trasduzione di stimoli rapidi : permette la percezione di interazioni istantanee con l’ambiente (Es : afferrare una palla) Recettori fasici : percepiscono la variazione della pressione sulla pelle (Es : percepiscono vibrazioni a bassa frequenza)

Dischi di Merkel: segnalano caratteristiche statiche dell’oggetto e sono infatti recettori tonici (rispondono per alcuni secondi allo stimolo). -

Campi recettivi piccoli ed elevata densità recettoriale : che favorisce ina grande discriminazione spaziale o acuità (Es : percezione delle lievi pressioni delle irregolarità degli oggetti) Recettori tonici : percepiscono gli stimoli prolungati sulla pelle (Es : lievi pressioni esercitate sulla cute)

Organi del Ruffini: -

Campi recettivi molto grandi : possiedono una bassa discriminazione spaziale (Es : percepiscono il tatto grossolano) Recettori tonici : percepiscono gli stimoli prolungati sulla pelle (Es : forti pressioni esercitate sulla cute)

Corpuscoli di Pacini: nel derma della pelle e sono molto simili agli organi del Ruffini ma meno risolutivi. -

Campi recettivi molto grandi : possiedono una bassa discriminazione spaziale o acuità (Es : percepiscono vibrazioni ad alta frequenza di grandi aree, persino di intere dita) Recettori fasici : percepiscono la variazione della pressione sulla pelle (Es: vibrazione ad alta frequenza)

ACUITÀ TATTILE O RISOLUZIONE SPAZIALE : la misura della massima distanza tra due stimolazioni puntiformi alla quale siano percepite ancora come distinte dal cervello, determinata dal meccanismi periferici di affinamento del segnale e da meccanismi centrali di affinamento del segnale. Elevata acuità : di percepiscono sue stimoli ancora come distinti a millimetri o frazioni di millimetro di distanza. -

Labbro Polpastrelli (pelle glabra) Lingua

Bassa acuità : si percepiscono due stimoli ancora come distinti a centimetri di distanza. -

Pelle pelosa (in generale) Schiena : acuità di 1-3 cm Polpaccio : acuità di 5 cm

MECCANISMI LOCALI DI DETERMINAZIONE DELL’ACUITA’ : Densità di singoli campi sensoriali per unità di superficie : più campi sensoriali ci sono per la medesima unità di superficie più efficacemente si può discriminare la separazione delle stimolazione puntiformi mediante assoni differenti; questa caratteristica è a propria volta determinata dalla :

33

-

Densità di recettori per unità di superficie : più la superficie della cute e ricca di recettori più possibilità ho di creare un maggior numero di campi sensoriali.

-

Dimensione dei campi sensoriali : meno recettori innervano le unità sensoriali (singoli assoni), e quindi più piccola è l’area innervata da ogni singolo assone, più efficacemente potròdiscriminare due stimolazioni vicine.

Bassa divergenza della via sensoriale : minore è la quantità di neuroni sensitivi secondari che il neurone sensitivo primario contatta, minore sarà il numero di vie attivate e di aree corticali stimolate, e maggiore sarà la discriminazione della separazione tra due impulsi tattili vicini (puntiformi) Sommazione sensitiva : siccome un unico neurone di un unità sensitiva riceve le frequenze d’impulso da una moltitudine di altri recettori, allora le intensità di stimolazione di ogni recettore aumentano l’intensità d’attivazione e di scarica totale del neurone innervante l’unità sensitiva. MECCANISMI CENTRALI DI DETERMINAZIONE DELL’ACUITA’ : il sistema nervoso centrale possiede meccanismi in grado di aumentare risaltare l’intensità di scarica di una stimolazione specifica tramite l’aumento della distanza virtuale tra le aree stimolate ed il silenziamento delle altre aree. Dimensioni dell’area corticale proporzionali alla densità recettoriale : più grande è l’area corticale (e quindi i neuroni) ricevente gli stimoli da un'unica unità sensoriale, maggiore sarà la magnificazione del particolare sensitivo, e quindi, maggiore sarà l’acuità percettiva. -

Contingenza spaziale delle unità sensoriali vicine : le unità sensoriali fisicamente contingenti o sovrapposte, corrisponderanno ad aree sensitive corticali ugualmente sovrapposte o vicine, in modo da consentire una migliore rappresentazione spaziale del corpo.

Meccanismo d’inibizione laterale (nei nuclei del midollo spinale) : ogni neurone di un campo sensoriale specifico attua un’azione di inibizione laterale parziale interneurone-mediata, proporzionale al livello di stimolazione della prima area, su tutti i neuroni delle aree sensoriali limitrofe a quella stimolata (eventualmente costimolate con essa) facendo svettare (ma non isolare) l’impulso della sola unità sensoriale maggiormente stimolata. -

Somma algebrica degli effetti stimolanti ed inibenti : nell’inibizione laterale il neurone più stimolato ha un effetto inibitorio maggiore di quello dei neuroni meno stimolati, attuando un inibizione dell’attività inibente dei neuroni meno stimolati, che a sua vola causa, un ulteriore aumento dell’attività del primo neurone.

-

Fattore di sicurezza da annullamento di segnale : se supponessimo in meccanismo ad inibizione laterale totale, un impulso di uguale intensità applicato su due aree sensoriali limitrofe causerebbe l’annullamento totale della segnalazione delle due unità sensoriali; questo non avviene poiché l’inibizione tra neuroni non è mai totale.

34

SENSIBILITA' TERMICA TERMOCETTORI : sono tutti quanti della famiglia delle terminazioni libere, localizzati in modo piuttosto omogeneo nel derma di tutta la cute, differenziati in recettori per il caldo e per il freddo ma con una bassissima acuità sensoriale, ovvero discriminazione spaziale. Recettori per il freddo : rispondono ad un ampia gamma di temperature stazionarie minori di quella corporea – da 5° ai 35° - (non sotto i 5° perchè in questa zona le fibre dolorifiche segnalano il rischio di congelamento) e galle temperature stazionarie superiori ai 45° - freddo paradosso. Recettori per il caldo rispondono prevalentemente a una gamma di temperature stazionarie comprese tra 30° e 45°. Recettori per la variazione di temperatua : come i recettori fasici, rispondono a brevi variazioni di temperatura silenziando velocemente la propria risposta. AUMENTO DELLA DISCRIMINAZIONE TERMICA : il nostro sistema servoso centrale riesce a discriminare una determinata temperatura da un'altra, tramite la differente frequenza di scarica associata ad una determinata termperatura o variazione di temperatura.

ADATTAMENTO : per cui in caso di uno stimolo molto superiore alla soglia di attivazione i recettori rispondono prima con uno stimolo ad alta frequenza, che poi va diminuendo (sia nei recettori per il caldo, che in quelli per il freddo)

35

SENSIBILITA’ DOLORIFICA : ad un evento nocivo immediato, prima si sente un dolore acuto – dolore rapido – che poi tende un po' a diminuire e permane un dolore sordo, tendenzialmente prolungato o cronico - dolore lento – Infatti fisiologicamente si distinguono due fasi e due differenti sistemi differenti che li veicolano. NOCICETTORI : recettori deputati alla raccolta di stimoli dolorosi e associabili, con dovuta certezza, alla famiglia dei recettori a terminali liberi e suddivisibili in recettori per il dolore rapido, e recettori per il dolore lento. Dolore rapido: è provocato da stimoli meccanici e termici di elevata intensità e dannosità (la martellata sul dito (stimolazione meccanica) e il fuoco) che comunicano al midollo spinale con fibre Aδ veloci (velocità di conduzione di 6-30 m/sec) al fine di generare nel midollo archiriflessi salvavita e di avviarte una massiva ed intensa segnalazione alla corteccia cerebrale cosciente; mediando il proprio stimolo tra primo e secondo neurone mediante glutammato. -

Via ascendente del dolore rapido : la stimolazione dolorosa viene trasmessa da neuroni secondari tramite fascio neospinotalamico al talamo e alla formazione reticolare, dal quale vengono poi trasmessi a nuclei basali e alla corteccia somato-sensitiva.

Imp : esperimenti di ablazione della corteccia somatosensitiva hanno mostrato che esiste una percezione di dolore anche quando la corteccia stessa è rimossa. Per cui si ritiene generalmente che la parte di codifica delle informazioni del dolore sia perlopiù pertinente al talamo piuttosto che alla corteccia somatosensitiva.

Dolore lento: è provocato prevalentemente da stimoli chimici, anche se quelli meccanici e termici possono comunque contribuire a generarlo, dei prodotti liberati in seguito al danno tissutale - instamina, bradichinine, potassio e acido piruvico – ed è veicolato al midollo da lente fibre di tipo C amieliniche (velocità di conduzione: 0,52 m/sec) giungendo al talamo in modo lento; questo dolore è mediato tra primo e secondo neurone dalla sostanza P e dal glutammato. -

Via ascendente del dolore lento : la stimolazione dolorosa viene trasmessa dai neuroni secondari, tramite fascio paleospinotalamico, al talamo e alla formazione reticolare, dal quale vengono poi trasmessi a nuclei basali e alla corteccia somato-sensitiva.

DOLORE RIFERITO: Nel caso di un dolore viscerale, il dolore non viene percepito essenzialmente a livello del viscere, ma viene irradiato alle zone cutanee correlate embriologicamente al viscere stesso. ES : L'appendicite proietta in basso, a livello della fossa iliaca destra, ma a volte in centro o addirittura a sinistra. Per quanto riguardo l'infarto del miocardio, il dolore riferito avviene a livello del torace, con irradiazioni alla spalla e braccio sinistri (N.B. l'infarto miocardico coinvolge nella maggioranza dei casi il ventricolo sinistro).

Origine embriologica del circuito del dolore riferito: in pratica sullo stesso secondo neurone della stessa via dolorifica che porta poi al talamo, convergono i segnali dolorifici esterocettivi dalla cute (e in particolare dalla cute del torace spalla e braccio sinistri) ed i segnali dolorifici viscerali del viscere vicini durante lo sviluppo embrionale; tuttavia, siccome lo stimolo cutaneo è molto più frequente di quello viscerale un’attivazione di quel secondo neurone viene interpretata dal cervello come un danno al dermatomero associato. MODULAZIONE DEL DOLORE : meccanismo di modulazione della percezione del dolore tramite la regolazione nella sostanza gelatinosa del Rolando e nel nucleo proprio della comunicazione tra primo e secondo neurone sensitivo dolorifico; questo avviene tramite una regolazione locale guidata dalla sostanza gelatinosa del Rolando e tramite una regolazione centrale della comunicazkione sinaptica nel nucleo porprio.

36

Modulazione locale della sostanza gelatinosa del Rolando o Gate control dolorifico : nella soatanza gelatinosa del Rolando è resente un circuito neuronale inibitorio, composto da una fibra dolorifica C lenta, collegata tramite un interneurone eccitatorio ad il neurone secondario del nucleo porprio, e da una fibra veloce tattile del gruppo II Aβ NOTA MEDICA ! stimolazione elettrica transcutanea ed agopuntura nella terapia del dolore cronico In queste terapie vengono stimolate le fibre tattili della zona cutanea che genera il dolore, tramite degli elettrodi posti sulla cute o degli agi impiantati in essa, favorendo la stimolazione delle grosse fibre mieliniche del tatto, in grado di bloccare la via dolorifica. Modulazione centrale del dolore : nuclei della sostanza grigia periacqueduttale, se stimolati da peptidi oppioidi endogeni o oppioidi, hanno la funzione di stimolare i neuroni del nucleo del rafe magno e della sostanza reticolare laterale a produrre encefaline e B-endorfine, tramite fibre discendenti all’interno del midollo spinale, direttamente nel nucleo proprio, al fine di limitare la comunicazione tra neurone sensitivo primario e secondario. -

Risposta ai peptidi oppioidi endogeni : le cellule dell’infiammazione, e alcuni meccanismi neurali, permettono la secrezione di peptidi oppioidi endogeni con la funzione di stimolare la sostanza grigia periacqueduttale ad inibire la sensazione dolorifica tramite vie discendenti.

SENSI ESTEROCETTIVI SPECIALI : Integrazione delle lezioni di Vassanelli e della Mucignat (per il vestibolare) con il libro Guyton UDITO :

CARATTERISTICHE DEL SUONO : Il suono è un’onda pressoria che si propaga in un fluido ad una velocità nell’aria di circa 340 m/s (piccole variazioni possono essere dovute a gradi diversi di rarefazione dell’aria). Nei liquidi di 1500 m/s, e nei solidi a valori di 3000-4000-5000 m/s. Intensità : quantità di energia per unità di superficie e di tempo, che viene veicolata dal suono ad una determinata frequenza di oscillazione; direttamente dipendente dalla sua ampiezza. -

Misurazione dell’intensità sonora relativa all’orecchio umano o scala Bell : il bell è l’espressione dell’intensità di un suono – Wi – come logaritmo della suo valore espresso in minime intensità udibili dall’orecchio umano Wo – . Scala in base 14 : siccome il nostro orecchio può percepire da un’intensità di ad un’intensità di allora la scala logaritmica possiede 14 differenti potenze di 10 al quale l’orecchio può sentire. deciBell : siccome una scala in base 14 è troppo poco precisa allora si esprimono le intensità sonore come decimi di logaritmo dello loro intensità relativa, ampliando la scala da 14 a 140 valori differenti.

Tonalità : frequenza caratteristica alla quale un onda sonora pura oscilla; l’orecchio umano percepisce 2000 tonalità differenti per una frequenza da 20Hz a 20000Hz. Timbro : insieme di armoniche multiple oscillanti che vengono sommate alla tonalità di base del suono, dando l’unicità di una voce di una persona o di un particolare strumento. ANATOMIA FUNZIONALE DELL’ORGANO DELL’UDITO :

37

Orecchio esterno : è composto dalla struttura cartilaginea del padiglione auricolare, continuante all’interno del lato della testa con un breve canale – meato acustico esterno – terminante con la membrana timpanica che lo separa dall’orecchio medio; possiede la funzione di convogliare ed amplificare l’informazione sonora verso il timpano. Orecchio medio : è composto da una cavità della piramide del temporale – meato acustico interno - aperta tramite un canale membranoso nella nasofaringe – tuba di Eustachio – e contenente i tre ossicini di comunicazione vibratoria timpano-finestra ovale : il martello, collegato con il manubrio al timpano, con la testa alla parete dell’orecchio medio, e con l’apofisi breve all’incudine, collegata con la testa al martello e il manubrio alla testa della staffa, e la staffa, terminante con una piastra – piede della staffa – inserita nella finestra ovale della coclea e fissata ai suoi margini tramite il legamento anulare. -

Tensore del timpano : piccolo muscoletto, attaccato al manubrio del martello, con la funzione di tendere la membrana timpanica riducendone le vibrazioni, e quindi, diminuendo lo stress della coclea ai suoni forti. Stapedio : contraendosi tira il piede della staffa al di fuori della finestra ovale, andando a limitarne la rientranza e quindi lo stress della coclea ad intensità sonore molto forti.

Orecchio interno : cavità ossea scavata dentro all’osso piramidale – labirinto osseo – all’interno della quale viene collocata una struttura neuromembranosa di simile forma - labirinto membranoso – immersa in un fluido di galleggiamento – perilinfa – simile al liquor, e riempita di una soluzione ricca di potassio – endolinfa . in grado di permettere la funzionalità nervosa del vestibolo e della coclea. -

Coclea : struttura membranosa composta da un tubo a spirale, lungo 35mm, arrotolato si se stesso in 2,8 giri, suddiviso da due membrane connettivali che ne percorrono paralellamente la lunghezza – membrana basilare e membrana di Reissner – in 3 camere parallele percorrenti totalmente la coclea : Scala vestibolare e timpanica : due scale che scorrono parallelamente sopra e sotto alla camera centrale, comprendendola come in un sandwitch, riempite di un liquido povero di potassio – perilinfa – e comunicanti l’una con l’altra al centro della spirale cocleare mediante un sottile canalino ricurvo ad U – elicotrema Scala vestibolare : finisce terminalmente nella finestra ovale, chiusa dal piede della staffa e dal legamento anulare. Scala timpanica : finisce terminalmente nella finestra rotonda, chiusa dalla membrana timpanica secondaria.

38

Scala media : scala scorrente compresa tra la scala vestibolare e timpanica, riempita di endolinfa e contenente tutti i recettori uditivi e la membrana tectoria, comunicante con il labirinto membranoso, ma non comunicante con le altre due scale.

ORGANO DI CORTI : organo recettoriale sviluppato nella scala media , per tutta la sua lunghezza e poggiandosi sulla membrana basilare, composto da 4 file di cellule capellute recettorialmente attive – cellule ciliate – suddivise in 1 unica fila concentrica (circa 3500 cellule) ai pilastri reggenti la membrana tectoria e la lamina reticolare (pilastri del corti) – cellule ciliate interne - e in 3 file di cellule eccentriche (circa 20000 cellule) ai pilastri del corti – cellule ciliate esterne – che possiedono le proprie cilglia apicali inserite dentro ad una membrana sottile, elastica e viscosa – membrana tectoria – fissata centripetamente alla membrana basilare tramite i pilastri del Corti. Rapporti dele cellule cicliate con la linfa delle scale : essendo le giunzioni strette tra le cellule ciliate impermeabili all’endo o alla perilinfa, allora l’endolinfa non può contattare la base delle cellule cilicate, mente la perilinfa non può contattare i loro apici; infatti, grazie alla permeabilità della membrana basilare alla preilinfa, si ha che ogni cellula ciliata possiede : base bagnata dalla perilinfa e processi apicali bagnati dall’endolinfa. Innervazione nei neuroni sensitivi primari : i neuroni sensitivi primari bipolari oppositopolari, sono raggruppati all’interno della cavità ossea attorno alla quale si avvolge la coclea – modiolo – componendo il ganglio spirale del Corti, del quale il 90-95% dei neuroni innerva le cellule ciliate interne ed il 10-5% innerva le cellule ciliate esterne.

39

CELLULE CILIATE : sono i veri meccanocettori sensoriali dell’udito e dell’equilibrio, caratterizzate da una membrana eccitabile a potenziale basale di -60mV, suddivisibile in una base inserita in un epitelio di sostegno e collegata con i dendriti dei neuroni sensitivi, e da un apice, immerso nell’endolinfa della lamina reticolare, dal quale dipartono 30150 stereociglia che si immergono nella membrana tectoria, suddivise in : un ciglio più grande ed immobile – chinociglio – conformato a clava e contenente 9 coppie di microtubuli, ed altre ciglia più piccole e mobili – stereociglia – contenenti un citoscheletro interno di actina collegata a molecole contrattili di miosina. Trasduzione meccano-elettrica degli stimoli meccanici uditivi : sulla superficie laterale dell’apice delle stereociglia più dipartono dei sottili filamenti a molla di actina – connessioni apicali – che collegano lo sterociglio più basso con le subunità esterne dei canali K transmembrana (meccano dipendenti) della superficie dello stereociglio limitrofo più alto, causando un cambiamento di stato del canale del potassio proporzionale alla distanza reciproca delle ciglia -

Stereociglia si avvicinano al chinociglio : si ha un tensionamento dei filamenti di collegamento, con un risultante aumento del tempo di apertura del canale del K provocando un ingresso di K e Ca dall’endolinfa (iperosmolare) che depolarizza le cellule ciliate sino a -50mV causando la liberazione di acetilcolina (glutammato per il Ganong) dalle loro basi, provocando un eccitamento dei neuroni sensitivi primari.

-

Stereociglia normali : la loto lieve vicinanza tende leggermente la connessione apicale provocando uno stato di apertura minima basale del canale del potassio responsabile del potenziale di riposo di -60mV

-

Stereociglia si allontanano dal chinociglio : si ha una maggiore chiusura dei canali del K, con predita del tono basale d’ingresso di ioni K e Ca, provocando un iperpolarizzazione della membrana plasmatica.

Importanza del potassio nell’endolinfa : come per tutti i meccanocettori è il potassio che determina l’attività elettrica della cellule e la sua elevata concentrazione nell’endolinfa permette di aumentarne l’attività eccitatoria. -

Ruolo delle cellule ciliate interne : hanno funzione meramente recettoriale la depolarizzazione della membrana plasmatica della cellula ciliata interna provoca la liberazione di acetilcolina o glutammato dalla sua base con attivazione vera e porpria dell’impulso uditivo.

-

Ruolo delle cellule ciliate esterne : hanno funzione di amplificazione della vibrazione pressoria dell’endolinfa; esse, infatti, contegono una proteina che risponde contrattivamente alla depolarizzazione della membrana plasmatca cellulare – rapidina – in modo da amplificare le variazioni di pressione sonora aumentando la chiarezza del suono.

40

SECREZIONE E RICICLO DEL POTASSIO DELL’ENDOLINFA : il nuovo potassio viene attivamente concentrato dalle cellule della stria vascolare nell’endolinfa, tramite Na/K ATPasi, prelevandolo dal plasma sanguigno; tuttavia, una volta entrato nel citoplasma delle cellule ciliate viene trasportato, tramite giunzioni comunicanti, al citoplasma delle cellule di sostegno limitrofe, che poi lo irradiano, lentamente, al citoplasma delle cellule della stria vascolare che lo reinseriscono all’interno dell’endolinfa. TRASMISSIONE OSSICULARE DEL SUONO NELL’ORECCHIO : trasmissione del suono tramite la messa in vibrazione della catena di ossicini dell’orecchio interno, possedenta una funzione di ampificazione degli stimoli; infatti la superficie del timpano è più grande di quella della finestra ovale e l’azione di leva degli ossicini moltiplica di 1,3 la forza di escursione, permettendo di ridurre la perdita energetica a solo il 60% dell’energia sonora 3000Hz -

Riflesso timpanico : riflesso della durata di 40-160 ms in grado di rispondere ad un suono insolitamente inteso e basso (non alto) tramite una retrazione della staffa dalla finestra ovale (contrazione dello stapedio) ed una tensionamento del timpano (contrazione del tensore) andando a proteggere la coclea da un’eccessiva stimolazione vibratoria a bassa frequenza Vulnerabilità del riflesso timpanico : quando si hanno suoni a frequenza molto elevata ed intensa, come lo scoppio di un arma da fuoco, si ha l’impossilità del riflesso timpanico d’intervenire per un possibile danno cocleare, visto la sua eccessiva lentezza e visto la sua inutilità nel contrastare i suoi alti. Filtro per la voce umana in ambienti rumorosi : in ambienti molto rumorosi il nostro orecchio tende ad eliminare tutte le frequenze più basse di quelle della voce umana; viene infatti teso il timpano in modo da permettere il passaggio delle sole onde ad elevata frequenza, come sono quelle della voce umana.

Timpano : si comporta come un risuonatore capace di percepire la variazione di pressione dell’onda sonora traducendola in una vibrazione della propria struttura, andando a faro oscillare il martello. Martello : alla vibrazione della membrana timpanica bascula come un martello con fulcro posto alla congiunzione con l’orecchio medio, premendo alternativamente con la propria apofisi sulla testa dell’incudine. Incudine : funge da prolungamento meccanico dell’apofisi del martello sino alla finestra ovale e possiede la funzione di trasmettere la vibrazione alla staffa. Staffa : il piede della staffa oscilla come una porta sui cardini posti al margine posteriore della finestra ovale andando a trasmettere la vibrazione alla perilinfa della scala vestibolare e timpanica.

41

TRASMISSIONE AEREA DELL’IMPULSO SONORO : la vibrazione dell’onda sonora provoca l’induzione i un onda nella perilinfa tramite la diretta variazione di pressione atmosferica sulla membrana timpanica secondaria (fenomeno poco importante) TRASMISSIONE OSSEA DELL’IMPULSO SONORO : la vibrazione della perilinfa viene attivata dalla vibrazione stessa delle ossa craniche, che trasmette i rumori esterni estremamente forti o la frequenza di vibrazione di oggetti posti al contatto con il cranio.

TRASMISSIONE COCLEARE E STIMOLAZIONE DELLE CELLULE : quando il piede della staffa immette una vibrazione nella perilinfa della scala vestibolare essa progredisce dentro di essa aumentando la propria ampiezza di oscillazione, sino a raggiungere una massima ampiezza ad una distanza dalla finestra dipendente dalla frequenza dell’onda; questa oscillazione abbassa ed alza la membrana di Reissner andando ad abbassare ed alzare la membrana basilare, ( essendo essa molto molle) in questo causa lo spostamento relativo delle cellule ciliate dalla membrana tectoria, flettendone le ciglia; dopo di ciò, l’onda pressoria supera l’elicotrema, percorre tutta la scala timpanica, sino a scaricarsi nella vibrazione della membrana timpanica secondaria. -

Meccanismo di ottimizzazione della flessione delle stereociglia : siccome la membrana basilare scende ruotando parzialmente contro la parete ossea del labirinto, come una porta co il porprio cardine, allora si sposta centrifugamente rispetto alla membrana tectoria, trascinando le cellule ciliate centrifugamente e provocando la flessione delle stereociglia sensitive.

-

Amplificazione zonale frequenza dipendente e percezione delle tonalità : siccome la membrana d Reissner possiede una larghezza che diminuisce all’aumentare della distanza della finestra ovale allora la massima ampiezza – risonanza – di oscillazione della membrana di Reissner si ha, per ogni frequenza d’onda con fissata intensità, ad una distanza costante dall’inizio della scala vestibolare inversamente proporzionale alla sua frequenza; allora l’orecchio riesce a discriminare la frequenza dell’onda in base alla porzione di coclea stimolata.

42

Frequenze elevate : mettono in vibrazione la porzione iniziale della membrana di Reissner, che, come per le canne dell’organo è meno distanti dalla finestra ovale e può supportare minori lunghezze d’onda. Frequenze basse : mettono in vibrazione la porzione apicale della membrana di Reissner, che, come per le canne dell’organo è più distante dalla finestra ovale e può supportare maggiori lunghezze d’onda.

VIA CENTRALE DELLA STIMOLAIONE UDiTIVA : 1. Neuroni sensitivi primari bipolari oppositopolari del ganglio di Corti vanno a proiettare tramite la componente cocleare dell’VII nervo cranico direttamente direttamente ai nuclei cocleari dorsale e ventrale. 2. Neuroni sensitivi secondari multipolari dei nuclei cocleari ventrali e dorsali, vanno a proiettare tramite via reticolare, alla formazione reticolare mesencefalica e alle olive inferiori, vanno a proiettare tramite fibre ascendenti, ai collicoli inferiori, e , tramite braccio quadrigemino inferiore, ai corpi genicolati mediali del talamo. 3. Neuroni sensitivi terziari del talamo vanno a proiettare tramite capsula interna alle aree acustiche primarie e secondarie da entrambe le orecchie andando a stimolarei neuroni con l’orecchio ipsilaterale e ad inibire i neuroni con l’orecchio controlaterale. DISCRIMINAZIONE DELLE CARATTERISTICHE DEL SUONO AI NEURONI SENSITIVI PRIMARI : Discriminazione della tonalità o frequenza : -

Punto dell’organo di Corti messo massimamente in vibrazione (gia visto) : siccome la distanza della membrana di Reissner messa in vibrazione dall’onda sonora è inversamente proporzionale alla frequenza della stessa onda, allora la frequenza del suono viene riconosciuta in base alla porzione di organo del Corti stimolata, e quindi, in base agli assoni che veicolano il potenziale d’azione. Infatti : Ogni porzione differente dell’organo di Corti possiede un assone differente in grado di veicolarne il segnale; quindi zone differenti hanno assoni differenti

-

Effetto volley o frequenza del potenziale d’azione : fenomeno possibile solo per le onde a frequenza minore di 2000 Hz (il professore dice a frequenze di 400-500Hz) nel quale la frequenza del potenziale

43

d’azione nelle fibre nervose è sovrapponibile alla frequenza del suono permettendo, quindi, il discernimento del suono per la frequenza di oscillazione del potenziale d’azione Discriminazione dell’intensità : -

Quantità di cellule ciliate soggette a massima stimolazione : il numero di cellule ciliate interne stimolate a parità di frequenza sonora e quindi il numero di assoni che veicolano il segnale andrà ad aumentare all’aumentare dell’intensità del suono. Suoni a bassa intensità : quasi ogni assone veicola una frequenza differente. Suoni ad alta intensità : più assoni rispondono alla medesima frequenza, poiché ogni assone diviene sensibile ad un intervallo maggiore di frequenze.

Caratteristiche percettive : Dipendenza della frequenza dall’intensità del suono : una tonalità, bassa o acuta, viene percepita maggiormente se la sua intensità aumenta; cioè viene percepita più bassa ancora, o più alta ancora de la sua intensità aumenta. Dipendenza della frequenza dalla durata del suono : l’altezza di una tonalità non può essere percepita per stimolazioni più brevi di 0,01s mentre è percepita sempre più maggiormente all’aumentare della durata del suono. Fondamentale mancante : l’orecchio è capace di mantenere una stimolazione simile a quella appena creata da una tonalità anche quando la frequenza primaria cessa di esistere, facendo permanere un immagine residua del suono. DISCRIMINAZIONE DEI NEURONI SENSITIVI SECONDARI DEI BULBARI (nuclei cocleari): i neuroni dei nuclei cocleari hanno la medesima fonotopicità dei neuroni del ganglio di Corti, con la sola differenza di possedere una risoluzione molto più elevata per suoni più bassi.

DISCRIMINAZIONE FONOTOPICA DELLA CORTECCIA UDITIVA PRIMARIA : la corteccia uditiva primaria o area 41 di brodmann presenta una mappa che corrisponde alla lunghezza della coclea dispiegata, con una porzione anterolaterale che percepisce i suoni bassi (apice della coclea) ed una pozione posteromediale che percepisce i suoni alti (inizio della coclea) AREE UDITIVE ASSOCIATIVE : le aree uditive associative sono le aree 22 di brodmann e il piano temporale , caratterizzate da un elaborazione via via più fine del suono, da una notevole plasticità funzionale (Es: soppressione della mancanza di capacità visiva con acuizione della localizzaizone sonodora)e da una suddivisione emisferica dei diversi compiti. Area 22 sinistra : presenta l’abilità di comprendere i segnali acustici destinati al linguaggio Area 22 destra : presenta l’abilità di elaborare le melodie, l’intensità e la tonalità dei suoni. Piano temporale : area costantemente più estesa nell’emisfero di sinistra, specialmente nei destrimani, implicata nell’elaborazione uditiva del linguaggio parlato; quest’area è più sviluppata nei muscicisti e nelle persone molto intonate. PERCEZIONE DELLA POSIZIONE DI UN SUONO : la percezione della posizione di un suono sul piano attorno all’individuo avviene grazie alla cooperazione di due sistemi di percezione della posizione sull’asse frontale – differenza d’intensità e differenza di fase – e da un sistema di percezione della posizione sull’asse sagittale – orientamento del padiglione auricolare

44

Percezione sull’asse frontale : permette di capire la posizione distanza laterale di un suono tramite la valutazione della distanza di tale suono da entrambe le orecchie. -

Sistema per variazione d’intensità : sfruttando la zona d’ombra della testa, ogni orecchio percepisce un’intensità di un suono differente a seconda della posizione dello stesso rispetto alla testa, il cervello quindi integra la differente intensità co cui viene percepito uno stesso suono da entrambe le orecchie al fine di valutarne la distanza sull’asse frontale dall’asse sagittale

-

Sistema per differenza d fase : essendo le orecchie separate da una determinata distanza sull’asse frontale un una fonte d’onda che non sia allineata con l’asse sagittale della testa produce fronti d’onda che possiedono distanze diverse dalle due orecchie andando a giungere alle orecchie con una fase istantanea diversa (in un orecchio è in massimo mentre nell’altro è in minimo) generando picchi di frequenza neuronale con fasi differenti; il cervello integra la differenza di fase delle onde provenienti dai neuroni delle due orecchie al fine di valutarne la differenza di distanza della fonte d’onda dalle due orecchie e quindi, l’angolo di distanza della fonte dall’asse sagittale.

Percezione sull’asse sagittale : permette di capire la distanza e la posizione (fronte o retro) di un suono rispetto alla testa, tramite la variazione contemporanea e uguale in ambe due le orecchie dello stesso suono. -

Variazione d’intensità per zona d’ombra simmetrica del padiglione auricolare : siccome i padiglioni auricolari raccolgono meglio i suoni provenienti frontalmente e sono all’incirca uguali in entrambe le orecchie, la variazione della posizione di una fonte sonora dalla testa, lungo l’asse sagittale, produce una variazione simmetrica d’intensità della percezione dell’onda in entrambe le orecchie; il cervello quindi integra la differenza d’intensità di entrambe le orecchie e determina la posizione sull’asse sagittale rispetto alla testa.

AUDIOGRAMMA : espressione su un grafico della variazione della soglia minima di percezione uditiva rispetto alla variazione della frequenza, esprimendola come percentuale della soglia minima normale (predeterminata) per quella stessa frequenza; l’audiogramma, quindi, da una misura della variazione di percezione acustica per tutte le frequenze udibili normalmente dall’orecchio umano. -

Campo della parola : campo di frequenze tra i 500 ed i 3000 Hz al quale ogni individuo umano è molto più sensibile, possedendo una soglia minima di percezione molto più bassa.

Audiometro : macchinario composto da un paio di cuffie ed una camera insonorizzata, in grado di prmettere la valutazione della variazione della soglia minima percettiva rispetto alla frequenza di ogni singolo orecchio tramite la somministrazione alternata di un fruscio costante ad un orecchio – per mascherare la propagazione del suono – e di un tono puro all’altro orecchio ad intensità via via discendenti – per valutarne la soglia minima percettiva.

45

SORDITA’ : Una sordità può essere dovuta a diversi problemi: timpanici, problemi che riguardano la catena degli ossicini (con l’età va incontro a irrigidimento e si sente meno), danno recettoriale, o danni neurologici veri e propri a livello del nervo acustico o addirittura più avanti nelle vie uditive, fino alla corteccia. Valutazione della sordità con il metodo di Weber : questo metodo indaga le origini di una sordità andando a utilizzate la conduzione ossea del suono tramite diapason in vibrazione appoggiato sul cranio, andando a bypassare i problemi della sordità timpanica ed ossiculare. -

il soggetto sente di più dall’orecchio danneggiato : la sordità è timpanica o ossiculare poiché sia il soggetto sente la vibrazione per integrità dei recettori, sia il soggetto sente più intensità per precedentemente ipersensibilizzazione per adattamento all’ipoacusia delle sue cellule ciliate.

-

Il soggetto sente di più dall’orecchio normale : la sordità è recettoriale o neurologica poiché il non sentire un uguale o aumentata intensità sonora significa un malfunzionamento nella raccolta dell’informazione recettoriale.

Valutazione della sordità con il metodo di Rinne : questo metodo indaga le origini della sordità che può affliggere una persona andando ad utilizzare la conduzione ossea del suono tramite diapason in vibrazione appoggiato al processo mastoideo sino ad attenuazione del rumore sotto la soglia di percezione ossea (non amplificata) per poi applicare il diapason vibrante sotto la soglia ossea vicino al meato uditivo esterno per testare de la soglia di percezione ossea è più alta o più bassa di quella di percezione ossiculare aerea. -

Il soggetto sente di più dalla conduzione ossea : allora la sordità è data dal un problema di conduzione ossiculare, quindi si ha sordità timpanica o ossiculare.

46

-

Il soggetto sente di meno dalla conduzione ossea : allora la funzione di amplificazione ossiculare è intatta mentre la percezione nervosa è calata, quindi la sordità è sensoriale o neuorgena.

EQUILIBRIO : EQUILIBRIO : senso che rileva l’orientamento dell’asse della testa nello spazio e l’accelerazione lineare o angolare dinamica alla quale è sottoposta, con il fine di stabilizzare l’asse corporeo in condizioni statiche – equilibrio statico – in condizioni dinamiche – equilibrio dinamico e di mantenere fisso il punto della visione – riflesso vestibolo-oculare. ANATOMIA FUNZIONALE DEL LABIRINTO (continuazione della parte dell’udito) : Canali semicircolari : sono 3 strutture ossee cilindriche conformate a ferro di cavallo – canali semicircolari del labirinto osseo – contenenti al proprio interno una struttura cilindrica simile ma membranosa immersa nella perilinfa – labirinto membranoso – orientate ciascuna con il proprio piano maggiore su uno sei 3 piani del corpo – sagittale, frontale, orizzontale –e caratterizzate da una terminazione espansa – ampolla – all’interno della quale vi è una struttura recettiva – cresta ampollare – composta da un insieme di cellule ciliate, con stereociglia apicali immerse in una membrana gelatinosa che tappa trasversalmente l’ampolla – cupola – e basi in stretto contatto con le fibre afferenti dei neuroni sensitivi primari bipolari oppositopolari dei nuclei vestibolari. -

Canale semicircolare laterale : è orientato in modo da essere parallelo al piano orizzontale solo a testa inclinata di 30° in avanti; possiede la funzione di rilevare i movimento rotatori imperniati sull’asse del collo.

-

Canale semicircolare anteriore : canale con piano maggiore orientato lungo l’asse sagittale ma lievemente ruotato in avanti e inclinato lateralmente di 45 °; possiede la funzione di rilevare i movimenti di rotazione verticale della testa.

-

Canale semicircolare posteriore : canale con piano maggiore orientato lungo l’asse coronario, ma lievemente inclinato indietro e ruotato lateralmente di 45°

Utricolo e sacculo : sono 2 strutture ossee sacciformi poste al centro del labirinto osseo, contenenti altre 2 strutture membranose ad esse equivalenti ma immerse in perilinfa e riempite di endolinfa proveniente dallo stesso canale medio della coclea con in quale comunicano; e contenenti sul fondo dell’utricolo e sulla parete semiverticale del sacculo un organo recettoriale specializzato – macula o organo otolitico – composto da una membrana basale di cellule ciliate sensitive sorrette da cellule di sostegno, possedenti stereociglia apicali immerse in una membrana gelatinosa – membrana otolitica – contenente piccoli cristalli di carbonato di calcio di 3-19mm di lunghezza – otoliti o otoconi – a densità maggiore di quella dell’acqua; e con basi cellulari in rapporto con i dendriti afferenti dei neuroni sensitivi bipolari oppositopolari dei gangli vestibolari. -

Utricolo : è orientato orizzontalmente Macula dell’utricolo : organello che giace sul pavimento dell’utricolo con un orientamento orizzontale che ha il compito di rilevare le acceleazioni gravitazionarie dirette lungo l’asse del corpo.

-

Sacculo : è orientato verticalmente Macula del sacculo : organello posto sulla parete mediale del sacculo, con un orientamento verticale, possedente il compito di rilevare le accelerazioni gravitaizonarie dirette quando di è distesi.

47

CELLULE CIGLIATE SENSITIVE DEL LABIRINTO : vere cellule recettrici del senso dell’equilibrio, lievemente differenti dalle cellule cigliate uditive e suddivisibili in cellule di tipo I a forma di fiasco e cellule di tipo II a forma di cilindro, caratterizzate da una superficie basale effettuante sinapsi glutamatergica eccitatoria con i neuroni sensitivi primari e ricevente sinapsi CGRP inibitorie dal sistema reticolare, e da una superficie apicale dalla quale diparte un chinociglio dall’orientamento spaziale spazializzato attorno al quale si si dispongono ad esagono le altre stereociglia con lunghezza degradante ma orientate come i chinociglio. Funzionamento della cellula cigiliata vestibolare : questa cellula presenta un potenziale di membrana, a riposo, di 60mV, in grado di attivare una frequenza tonica basale di scaricamento sinaptico di 100 Hz, in grado di essere incrementata dalla depolarizzazione indotta dall’avvicinamento delle stereociglia al chinociglio o essere decrementata dalla iperpolarizzaizone indotta dall’allontanamento della streociglia dal chinociglio Orientamento del chinociglio e funzione recettoriale : il chinociglio delle cellule cigliate vestibolare è orientato in modo da massimizzare la rilevazione sensitiva per il quale è finalizzato. -

Ampolle : nelle ampolle le chinociglia delle cellule sono orientate tutte verso la stessa direzione, in modo da amplificare la segnalazione del sistema; inoltre, sono orientate specularmente nei canali laterali di destra e sinistra al di produrre un segnale discorde durante una medesima accelerazione angolare.

-

Utricolo : nell’utricolo le chinociglia sono orientate in tutte le direzioni al fine di percepire tutte accelerazioni lineari lungo vari assi d’inclinazione e quindi di percepire l’orientamento dine dell’asse della testa nello spazio.

MECCANICA DI RISPOSTA ALL’ACCELERAZIONE ANGOLARE DELLE CRESTE AMPOLLARI : siccome le chinociglia delle ampolle di canali semicircolari dei due lati sono orientate in modo speculare per sipondere in modo discorde alla medesima accelerazione angolare (direzione di rotazione del capo) il tronco encefalico è in grado di rilevare un’accelerazione angolare in una direzione tramite contemporanea attivazione e disattivazione delle ampolle controlaterali. -

Deformazione della cresta ampollare dentro l’ampolla : genericamente generata da una accelerazione angolare del canale semicircolare nel verso opposto all’ampolla o da una decelerazione nel verso dell’ampolla , sul suo stesso piano, causante una flessione delle stereociglia delle cellule cigliate della cresta ampollare dentro all’ampolla, con generazione di una depolarizzazione delle cellule ciliate e quindi una scarica nei neuroni primari innervanti le creste.

-

Deformazione della cresta ampollare fuori dall’ampolla : genericamente generata dal una accelerazione angolare del canale semicircolare nel verso dell’ampolla, o di una decelerazione del movimeno nel verso opposto, sul suo stesso piano, causante una flessione delle stereociglia delle cellule cigliate ampollari fuori dall’ampolla, con generazione di una iperpolarizzazione delle cellule ciliate e quindi di un silenziamento della trasmissione nervosa dei neuroni primari innervanti le creste.

1. Quando si ruota il capo di applica un’accelerazione angolare sui canali semicircolari orientati nelle componenti planari della rotazione; tuttavia, la massa d’inerzia dell’endolinfa causa un movimento relativo del liquido all’interno del canale semicircolare, causando la compressione verso ldella cresta ampollare nel canale semicircolare al lato della direzione rotazione ed una decompressione della cresta ampollare nel canale semicircolare opposto alla direzione di rotazione.

48

2. Dopo qualche decimo di secondo l’endolinfa acquista la velocità della rotazione angolare dei canali semicircolari in modo che la pressione positiva e negativa sulle creste ampollari si riduce in intensità e in 15-30 secondi le creste ampollari riprendono la loro disposizione di riposo 3. Quando di frena la rotazione del capo si applica una delerazione angolare sui canali cemicircolari orientati nelle componenti planari della rotazione, ma la massa d’inerzia dell’endolinfa continua il movimento relativo acquisito andando a causare decompressione sulla cresta ampollare del canale semicircolare al lato della rotazione e una compressione sulla cresta ampollare del canale semicircolare del lato opposto alla rotazione.

MECCANICA DI RISPOSTA ALL’ACCELERAZIONE LINEARE DELLE MACULE DEL SACCULO E DELL’UTRICULO : essendo la membrana otolitica 3 o 4 volte più densa dell’endolinfa essa possiede una massa d’inerzia ed una forza peso molto maggiore rispetto a quella dell’endolinfa, questo la porta, in caso di accelerazione locomotiva o gravitazionale verso le cellule capellute sottostanti, ad esercitare una forza compressiva sulle ciglia sottostanti, causando una scarica tonica negli assoni che le innervano con frequenza pari all’intensità della compressione e quindi dell’accelerazione. Inclinazione non omogenea delle chinociglia e precisione della rilevazione sacculare ed uticulare : essendo le chinociglia del saccculo e dell’utriculo dirette in molteplici direzioni consentono di rilevare molteplici direzioni di spostamento della membrana otolitica rendendo il sacculo e l’utricolo capaci di rilevare anche piccole variazioni della direzionalità di un accelerazione lineare.

-

Scarica tonica della macula dell’utricolo : si avvia durante la posizione eretta del capo, per azione della accelerazione gravitazionale e per l’accelerazione lineare di ascesa e di discesa, per azione dell’inerzia della membrana otolitica.

-

Scarica tonica della macula del sacculo : si avvia durante la posizione distesa del capo, per azione dell’accelerazione gravitazionale e per accelerazione lineare sagittale del corpo, per azione dell’inerzia della membrana otolitica.

GANGLIO VESTIBOLARE : viene composto da un insieme di 19000 neuroni bipolari oppositopolari che da ciascun lato innervano creste e macule originanti assoni centripeti scorrenti all’interno del nervo statoacustico per andare a terminare ai nuclei vestibolari quadripartiti omolaterali o direttamente al lobo flocculonodulare del cervelletto. Fibre dai canali semicircolari : proiettano principalmente al nucleo vestibolare superiore e mediale proiettando tramite fascicolo longitudinale mediale ai nuclei dei nervi oculari,al talamo e alla corteccia somatosensoriale Fibre dal sacculo e dall’utriculo : proiettano principalmente al nucleo laterale che invia tramite fascicoli vestibolospinali (anteriori-laterali) ai nuclei motori del midollo spinale, oppure tramite peduncoli cerebellari inferiori al lobo flocculonodulare del cervelletto, grazie alla via reticolae ascendente ai nuclei del sistema reticolare mesencefalicog e tramite il fascicolo longitudinale mediale al talamo e alla corteccia somatosensoriale MANZANZA DI UN AREA CORTICALE DEDICATA ALLA COSCIENZA DELL’EQUILIBRIO E DELLA POSIZIONE : tutti i segnali vestibolari, tramite talamo, terminano indistintamente sulla corteccia somatosensoriale, andandosi ad integrare con tutti gli altri segnali del corpo (propriocettivi e tattili) REGOLAZIONE RETICOLARE DELLO STATO DI ATTIVITA’ DEL VESTIBOLO : essendo le fibre vestibolari in grado di attivare la corteccia proiettando sul sistema reticolare attivatore mesencefalico, devono poter essere silenziati per

49

favorire la disattivazione corticale nel sonno; questo processo viene eseguito dallo stesso sistema reticolare attivatore tramite delle fibre afferenti inibitorie CGRP che vanno a modulare la funzione delle cellule ciliate. FUNZIONI MEDIATE DALLA STIMOLAZIONE DEL SACCULO E DELL’UTRICOLO : Coscienza della posizione nello spazio e dell’accelerazione : funzione mediata dall’integrazione dei segnali del nucleo vestibolare laterale alla corteccia somatosensoriale. -

nucleo vestibolare – fascicolo longitudinale mediale – talamo (bilaterale) – corteccia somatoestetica (bilaterale)

Mantenimento dell’equilibrio statico : siccome le cellule ciliate delle macule del sacculo e dell’utricolo sono orientate lungo differenti assi incidenti contro la membrana otolitica esse permettono la rilevazione anche di minime inclinazioni dell’asse della testa e del corpo in quasi tutte le direzionim causando, tramite azione sui nuclei vestibolari e sulle olive inferiori, riflessi nervosi tali da mantenere efficacemente l’orientamento testa-corpo e corpo- suolo. -

Nucleo vestibolare – peduncolo cerebellare inferiore – lobo flocculonodulare (omolaterale) Nucleo vestibolare – fasci vestibolo-spinali – nuclei motori del midollo spinale (bilaterale)

Mantenimento dell’equilibrio dinamico : un’accelerazione lineare del sacculo e dell’utricolo provocata dall’accelerazione della corsa, produce un’accelerazione relativa delle membrane otolitiche contro le cellule cigliate, generante un riflesso stimolante l’inclinazione del corpo verso la direzione dell’accelerazione sino a riportare l’asse di accelerazione della membrana otolitica perfettamente perpendicolare alle cellule ciliate. -

Nucleo vestibolare – peduncolo cerebellare inferiore – lobo flocculonodulare (omolaterale) Nucleo vestibolare – fasci vestibolo-spinali – nuclei motori del midollo spinale (bilaterale)

Durata del riflesso di accelerazione lineare : una volta che il corpo ha acquisito una velocità costante, il riflesso cala per diminuzione della pressione delle membrane otolitiche, portando il corpo in posizione quasi verticale. FUNZIONI MEDIATE DALLA STIMOLAZIONE DEI CANALI SEMICIRCOLARI : Coscienza del movimento nello spazio : funzione mediata dall’integrazione dei segnali del nucleo vestibolare mediale e superiore alla corteccia somatosensoriale. -

nucleo vestibolare – fascicolo longitudinale mediale – talamo (bilaterale) – corteccia somatoestetica (bilaterale)

Riflesso vestibolo-oculare : funzione che mi permette di mantenere la vista su di un punto fisso nello spazio indipendentemente dal movimento della testa tramite una velocissima integrazione sottocorticale nel cervelletto, delle informazioni vestibolari preintegrate nei nuclei vestibolari e delle informazioni visive preintegrate nel nucleo pretettale, poi reinviate ai nuclei vestibolari che, grazie al fascicolo longitudinale mediale, collegato ai nuclei dei nervi oculari del tronco vanno ad controllare direttamente il movimento dei muscoli oculari -

nucleo vestibolare – peduncolo cerebellare inferiore – corteccia cerebellare (integrazione con i segnali visivi pretettatli) – peduncolo cerebellare infeirore – nucleo vestibolare – fascicolo longitudinale mediale – nuclei dei nervi oculari (bilaterali)

50

VISTA ANATOMIA FUNZIONALE DELL’OCCHIO : Involucro esterno dell’occhio : l’occhio è composto da un involucro esterno – sclera – che anteriormente diviene perfettamente trasparente a formare una lente concava – cornea – e sulla sua faccia interna contiene uno strato altamente vascolarizzato di arterie nutritive per l’occhio – coroide – sopra si 2/3 posteriori della quale vi si appoggia lo strato sensitivo principale – retina. Cristallino : lente convessa altamente trasparente e deformabile, posta dietro alla cornea separandosi da essa mediante una camera – camera anteriore – riempita di umor acqueo, e mediante l’iride, collegato con i propri margini al margine anteriore inspessito della corioide – corpo ciliare – tramite un legamento anulare – zonula o legamento del cristallino – che lo collega meccanicamente ai muscoli ciliari presenti all’interno del corpo ciliare. Iride : è una membrana opaca e pigmentata a seconda della persona, disposta attorno alla pupilla per delimitarla, contenente muscoli costrittori o dilatatori della pupilla in grado di aumentare o diminuire la quantità di luce in ingresso nella camera oculare. Umor vitreo : gel di consistenza gelatinosa, e molto trasparente, che riempie la camera dell’occhio ponendosi tra retina e lente del cristallino. Umor acqueo : liquido limpido e molto trasparente, prodotto dal corpo ciliare per diffusione e trasporto attivo, che riempie la camera anteriore dell’occhio sino ad essere riassorbito dalla rete trabecolare del canale dello Schlemm posto tra iride e cornea. STRUTTURA ISTOLOGICA DELLA RETINA : la retina è una membrana disposta sopra a tutta la corioide del fondo oculare sino ai margini dei corpi ciliari, separata dalla prima da una membrana – membrana di Butch – formata uno strato esterno di cellule gliari del Muller – membrana limitante esterna – ed uno più interno composto da cellule epiteliali pigmentate, separata dall’umor vitreo da una seconda membrana di cellule gliari del Muller – membrana limitante interna – e composta al proprio interno da una successione di 3 strati di corpi cellulari fittamente ammassati – nucleare esterno, nucleare interno (o delle cellule bipolari) e delle cellule gangliari – separati fra loro da due strati plessiformi di assoni e dendriti - strato plessiforme interno e strato plessiforme esterno – sulla quale superficie interna scorrono vene e arteriole nutritizie (per i neuroni gangliari) provenienti dalla connessione cieca del nervo ottico con la retina – papilla oculare. -

Irrorazione sanguigna della retina : mentre lo strato neurale è irrorato dalle arterie della papilla ottica, lo strati di cellule recettoriali e irrorato dai vasi del coroide.

-

Strati e distorsione della luce : il problema principale della retine è possedere gli strati fotosensibili ricoperti da strati non recettivi di neuroni e vasi che devono essere attraversati necessariamente dalla luce per produrre un immagine; questi creano un segno nell’immagine percepita dal cervello, he poi viene cancellato dall’integrazione dello stesso.

-

Struttura specifica della fovea : all’interno di una macchia pigmentata circolare al centro della retina – macula lutea – è presente un infossamento circolare di 1,5mm di diametro (angolo visivo di 5°) - fovea centralis – caratterizzato da una porzione circolare ancora più interna, di diametro tra 0,41 e 1,2 mm – foveola – composta da coni del diametro minimo di 0,8 um e caratterizzata da fattori che ne aumentano l’acuità visiva fotopica : Coni molto densi, molto sottili e molto ricchi di pigmento Assenza totale di bastoncelli

51

Vasi e neuroni sono al contorno e non ostacolano la luce Rapporto diretto verticale singolo cono – singolo assone CELLULE DELLO STRATO NUCLEARE ESTERNO : sono le cellule disposte in posizione più vicina possibile all’epitelio pigmentato dell’occhio. Fotorecettori della retina : cellule di tipo bastoncellare, suddivisibili in due tipologie – bastoncelli e coni – composte entrambe da un segmento esterno recettivo, derivato da un ciglio modificato e poggiante sull’epitelio pigmentato, riempito da pile di sacculi membranari piatti (simili a quelli del Golgi) contenenti i composti chimici sensibili alla radiazione elettromagnetica e responsabili della trasduzione fotone-potenziale d’azione, e da un segmento interno funzionale, rappresentante il coro cellulare vero e proprio e contenente numerosi mitocondri. -

Coni : sono i fotorecettori meno comuni dell’occhio umano – 6 milioni nella retina – ma estremamente importanti nella percezione dei colori – ce ne sono 3 tipi nei primati; essi possiedono un segmento esterno di forma conica, con sacculi formati da invaginaizoni della membrana plasmatica esterna, soggetti ad un processo di rciciclo più diffuso che sembra iniziare in siti multipli del cono; ed un segmento interno molto più grosso e voluminoso di quello dei bastincelli Azione dei coni : determinano una variazione del potenziale di membrana direttamente proporzionale alla differenza tra intensità massima percepita dai bastoncelli ed intensità incidente, hanno una percezione relativa dell’intensità della luminosità; funzionano bene a modificazione della luminosità di fondo

-

Bastoncelli : sono i fotorecettori più comuni dell’occhio umano – 120 milioni nella retina – ma estremamente importanti nella percezione dell’intensità luminosa; essi possiedono un segmento esterno molto lungo e sottile, caratterizzato da sacculi formati da veri e propri compartimenti cellulari a se stanti, soggetti ad un processo di riciclo veloce tramite fagocitosi e neosintesi; e da un segmento interno un po’ più sottile ma molto più lungo. Azione dei bastoncelli : determina una variazione del potenziale di membrana direttamente proporzionale all’intensità assoluta dello stimolo luminoso; in questo modo possono percepire l’intensità assoluta della luminosità, funzionano bene nella percezione a bassa luminosità di fondo.

Neuroni orizzontali o cellule H : interneuroni disposti sul piano di appoggio delle basi delle cellule recettoriali e specializzati nella conduzione orizzontale d’informazione tra i fotorecettori, agenti tramite sinapsi infilate tra estremità dei recettori e dendriti bipolari,in grado di sopprimere la comunicazione tra recettore e cellula bipolare– inibizione laterale – in modo da rendere più nitida l’immagine; sono disposti nello strato plessiforme esterno e mediano la formazione dell’immagine retinica secondaria. CELLULE DELLO STRATO NUCLEARE INTERNO : cellule occupanti lo strato intermedio della retina e finalizzate nella produzione dell’immagine secondaria della retina. Neuroni bipolari (neuroni sensitivi secondari) : sono 12 tipologie differenti di neuroni sensitivi secondari bipolari oppositopolari che mediano la connessione tra recettori e cellule gangliari, interpretandone parzialmente i dati, al fine di elaborare un’immagine secondaria della percezione visiva. -

Neuroni bipolari dei bastoncelli : essi contattano bastoncelli e coni nella misura di più di uno per neurone bipolare. Neuroni bipolari dei coni (nani): neuroni bipolari presenti principalmente nella fovea umana e caratterizzati dal contatto con un solo cono per neurone bipolare

Cellule amacrine : sono 29 tipologie di grossi interneuroni multipolari, specializzati nella conduzione orizzontale d’informazione tra le cellule gangliari, in grado effettuare connessioni laterali nello strato plessiforme interno

52

ponendo i propri terminali assonici nelle sinapsi tra assoni delle cellule bipolari e dendriti delle cellule gangliari; esse sono contenute nello strato plessiforme interno e hanno la funzione di interpretare i movimenti ed i contorni. -

Connessioni reciproche delle cellule amacrine : la cellula amacrina riceve una sinapsi da un neurone bipolare e da una sinapsi inibitoria con il neurone bipolare di partenza; questa connessione ha la funzione di autolimitare – feedback negativo – l’eccitazione della stessa cellula amcrina al fine di interpretare meglio il movimento

-

Connessioni in serie delle cellule amacrine : più cellule amacrine che ricevono segnali dai neuroni bipolare effettuando una serie di sinapsi fra di loro, al fine di monitorare ed organizzare la percezione del movimento, per poi scaricarsi su cellule gangliari magocellulari responsabili nella spedizione alla corteccia del informazioni sul movimento.

Cellule gangliari (neuroni sensitivi terziari): sono neuroni di tipo cerebrale, multipolari, in grado di ricevere segnali da una o più cellule bipolari e produrre un lungo assone centripeto che, scorrente in direzione nasale nello strato interno delle fibre del nervo ottico, va a fuoriuscire dalla retina mediante disco ottico andando a formare il nervo ottico verso il chiasma; queste cellule sono responsabili della formazione dell’immagine terziaria e dell’interpretazione dei colori e del movimento. -

Cellule gangliari nane o individuali o parvocellulari o X: cellule possedenti un solo dendrite collegato, tramite 1 o 2 cellule bipolari, ad un massimo di 2 coni, e responsabili dell’elaborazione per sommazione e sottrazione del colore nei 3 canali; sono molto più comuni nella macula e molto più rade nella periferia retinica.

-

Cellule gangliari diffuse o magnocellulari o Y e W: cellule possedenti una moltitudine di dendriti collegati, tramite molte cellula bipolari, con molti bastoncelli e molti coni, e responsabili dell’elaborazione per sommazione e sottrazione del movimento e dei contorni degli oggetti; sono molto più comuni all’esterno della macula poiché possiedono un grande campo recettoriale.

CELLULE FORMANTI MEMBRANE : Epitelio pigmentato della retina : è lo strato della retina appoggiato direttamente sulla corioide mediante lamina limitante esterna, e composto da un epitelio di tipo pavimentoso semplice, caratterizzato da una pigmentazione melaninica in grado di impedire la rinfrazione della luce nuovamente all’interno dei recettori luminosi, in modo da rendere più nitide le immagini, e dalla capacità di impregnarsi e stoccare vitamina A (utile nella funzione dei fotorecettori) Cellule del muller :sono cellule tipo gliare con funzione protettiva per la retina disposte in modo da attraversare completamente lo spessore della retina e da formare, con i propri pseudopodi esterni, due strati comprendenti la retina internamente ed esternamente come un sandwitch - membrana limitante interna, membrana limitante esterna. FORMAZIONE FISICA DELL’IMMAGINE SULLA RETINA : FORMAZIONE DI UN’IMMAGINE NELL’OCCHIO : nell’occhio sono presenti 3 superfici di rinfrazione che deviano i raggi luminosi : la superficie anteriore della cornea (più denso dell’aria), la superficie anteriore del cristallino (più denso dell’umor acqueo) ed il passaggio tra cristallino e umor vitreo (meno denso di quest’ultimo) Modello dell’occhio ridotto si suppone che tutta la rifrazione dell’immagine avvenga, invece che su ogni superficie di cornea e cristallino, su un'unica lente immaginaria (comprendente sia cornea che cristallino) con superficie anteriore corrispondente a quella della cornea, raggio di curvatura di 5mm e centro di curvatura corrispondente al centro ottico situato 15 mm davanti alla retina in modo da porre i fuoco principale dell’immagine (all’infinito) sulla superficie retinica.

53

-

Fuoco principale sulla superficie retinica : l’importanza di avere il fuoco principale sulla superficie retinica in condizioni di cristallino rilasciato (ed assenza di patologie di deformazione oculare)consente di focalizzare direttamente sulla retina i singoli oggetti più distanti di 6 m senza sforzo da parte del cristallino.

Angolo visivo AnB : angolo avente come fulcro il centro ottico e sotteso tra il piano orizzontale dell’occhio e la linea passante per il punto più elevato dell’oggetto osservato; nell’occhio, sulla retina, spazza l’altezza (capovolta) dell’oggetto che, quindi, può essere calcolata in base alla tangente dell’angolo visivo per la distanza dell’oggetto dal centro ottico. -

Percezione della lontananza : quando un’oggetto si allontana all’esterno dell’occhio si ha un aumento della sua distanza ma una costanza della sua altezza, la tangente dell’angolo visivo (e quindi l’angolo stesso) si riduce; all’interno dell’occhio, però, siccome la distanza tra centro ottico e retina (proiezione dell’oggetto sulla retina) è costante, allora la diminuzione della tangente dell’angolo visivo deve essere bilanciata dalla diminuzione dell’altezza (dimensioni) dell’oggetto proiettato sulla retina.

-

Percezione del sotto e del sopra : sino dalla nascita il cervello umano percepisce dome “sopra” tutte le immagini retinice proiettate sulla metà inferiore della retina e percepisce come “sotto” tutte le immagini proiettate sulla metà superiore della retina; questo è dovuto alla inversione simmetrica delle immagini al centro ottico della cornea.

Formazione dell’immagine a diverse distanze della stessa dall’occhio (funzione della pupilla) : -

Emmetropia : condizione tipica dell’occhio normale e sano, dove tutte le diverse strutture rinfrangenti sono disposte e conformate in modo tale che, anche a cristallino completamente a riposo, i raggi di un oggetto all’infinito (più distante di 6 metri) sono focalizzati sulla superficie della retina (che si trova perfettamente al secondo fuoco delle lenti composite dell’occhio) Appiattimento del cristallino nell’emmetropia : durante l’emmetropia la forza di ritorno elastico del legamento anulare del cristallino, teso tra capsula del cristallino e corpo ciliare, tende la membrana anteriore e posteriore della capsula del cristallino appiattendolo (vista la sua elevata elasticità e morbidezza) e riducendo la sua convessità in condizioni di riposo.

-

Accomodamento: Visione di oggetti più vicini di 6 metri (riflesso di risposta all’avvicinamento) : siccome al cristallino giungono raggi divergenti e la dia convessità a riposo del cristallino fa cadere il punto focale dietro alla retina allora il cristallino deve variare la propria convessità accorciare il punto focale sulla retina¸ gli occhi devono convergere per puntare la fovea sul medesimo punto e la pupilla deve essere più stretta per focalizzare l’immagine . Ovalizzazione della superficie anteriore nell’accomodazione : durante il processo di accomodazione avviene una contrazione delle fibre longitudinali del muscolo ciliare, responsabili dell’avanzamento del corpo ciliare verso la cornea provocando un restringimento del diametro interno dell’anello del corpo ciliare; questo porta ad una diminuita tensione nei legamento anulare e, automaticamente, della membrana anteriore della capsula del cristallino (quella posteriore rimane tesa) provocando un aumento della convessità della superficie anteriore della lente del cristallino; questo processo, inoltre, attiva le fibre a sfintere del muscolo ciliare provocando una compressione attiva dei lati del cristallino massimizzandone l’ovalizzazione.

54

Punto prossimo dell’occhio : minima distanza possibile di un oggetto dall’occhio al quale tale oggetto può ancora essere osservato distintamente supponendo la massima accomodazione possibile dell’occhio. -

Perdita di plasticità del cristallino e spostamento del punto prossimo : durante l’invecchiamento sia per perdita di plasticità del cristallino, che per irrigidimento della sua capsula che per atrofia del muscolo ciliare si ha una perdita progressiva della massima convessità di accomodamento, lentamente sino ai 20’anni, molto rapidamente sino ai 40’anni e molto lentamente dai 50 in poi, con la perdita totale della capacità di accomodamento a 60’anni e slittamento del punto prossimo a 85cm.

Punto remoto dell’occhio : massima distanza di un oggetto dall’occhio alla quale sia ancora necessario il riflesso di accomodamento del cristallino, quindi il punto oltre il quale si ha l’oggetto all’infinito – nell’occhio sano è 6m. FUNZIONI DELL’IRIDE : l’iride esplica la sua funzione variando il diametro del foro d’ingresso della luce nella camera oculare – pupilla – e quindi, grazie alla sua natura altamente pigmentata, riducendo la quantità di raggi di luce passanti per il centro ottico e riducendo il diametro dell’immagine sulla retina. Funzione dell’iride nella risposta all’avvicinamento : quando si fissa un oggetto molto vicino, la sua immagine proiettata tende ad ingrandirsi di molto permettendo ad alcuni suoi punti di proiettarsi oltre il raggio di curvatura della retina e ad alcuni raggi di passare per punti laterali distorti del cristallino; la riduzione del diametro della pupilla quindi aumenta l’angolo visivo, facendo avanzare il centro ottico, in modo da allungare la distanza focale riducendo la dimesione dell’immagine (che rientra nella retina)massimizzando quindi il limiti visibili dell’oggetto e va ad escludere il passaggio di raggi da porzioni laterale e distorte del cristallino permettendo la riduzione della distorsione dell’immagine. Riflesso alla luce della pupilla : variazione del diametro della pupilla con diversa intensità, velocità e permanenza a seconda della verso e dell’intensità di variazione dell’illuminazione dal suo valore normalmente riscontrato nell’ambiente. -

Riflesso diretto e consensuale dell’occhio all’aumento di illuminazione : riflesso parasimpatico estremamene veloce – 3-4 s –di costrizione del diametro pupillare con un’intensità linearmente proporzionale alla variazione di luminosità e durata relativa al tempo di adattamento della retina al maggiore flusso fotonico (recettori alla melanocortina), capace di ridurre il diametro della pupilla sino a 3 mm. Circuito parasimpatico utilizzato : il segnale luminoso stimola i recettori non adattati alla melanocortina, questi inviano assoni tramite nervo ottico al corpo genicolato laterale, attraversandolo senza fare sinapsi per giungere tramite braccio quadrigemello superiore al tetto del mesencefalo dove viene integrato il segnale nervoso per poi inviare assoni eccitatori al nucleo di Edinger-Westphal che stimola tramite nervo oftalmico il muscolo costrittore dell’iride.

-

Riflesso diretto e consensuale dell’occhio alla diminuzione dell’illuminazione : riflesso ortosimpatico e lento – 15-20s – di dilatazione del diametro pupillare, possedente un intensità linearmente proporzionale alla variazione di luminosità e durata relativa al tempo di adattamento della retina (recettori alla melanocortina) al maggiore flusso fotonico, capace di aumentare il diametro della pupilla sino a 7mm

ELABORAZIONE RETINICA-NEURALE DELLE FORME E DEI CONTORNI : MECCANISMO DELLA FOTOTRASDUZIONE : i sacculi del segmento esterno contenenti sulla propria membrana un pigmento sensibile alla luce – rodopsina – lievemente differente in sensibilità a seconda dei coni, ed un enzima in grado doi degradare il GMPc – GMPc fosfodiesterasi - membrana plasmatica esterna, invece, contiene un canale transmembrana per il sodio GMPc ed una pompa eleterogenica Na/K ATPasi sempre attiva; quando le cellule recettrici percepiscono un fotone vanno ad iperpolarizzare la propria membrana. -

Soglia si sensibilità dei coni : i coni si attivano con l’incidenza di 5 fotoni

55

-

Soglia di sensibilità dei bastoncelli : i bastoncelli si attivano con l’incidenza di 1 fotone

Rodopsina : recettore proteico per la visione cosciente, del tipo 7TM, componente il 90% delle proteine transmembrana dei sacculi nei bastoncelli e nei coni (ce ne sono 3 nei coni), caratterizzata da un peso di 40 KDa, possedente un nucleo interno legato tramite una lisina ad un retinale, orientato parallelamente alla membrana plasmatica, en una subinità trasmembrana associata ad una proteina G eterotrimerica – trasducina o GT1 in grado di attivare una GMPc fosfodiesterasi trasmembrana dl sacculo. -

Retinale 1 : aldeide del composta alcolico retinolo o vitamina A, in grado di passare tramite stimolazione fotonica da una conformazione a minima energia – 11-cis-retinale – ad una conformazione stabile ad alta energia - tutto-trans-retinale – causando un ambiamento conformazionale della rodopsina.

Rodopsina dei bastoncelli : va a rispondere a frequenze di 505 nm e possiede la trasducina G1t come intermediario. Opsina dei coni : i coni possiedono 3 opsine rispondenti a 3 frequenze d’onda – 440, 535, 565 nm – e possiede la trasducina G2t come intermediario. Melanopsina : recettore proteico per percezione reticolare della luminosità ambientale, correlato alla regolazione cicardiana del sonno, contenuto in pochi e sparsi recettori bastoncellari possedenti assoni diretti al nucleo soprachiasmatico e al nucleo genicolato laterale per il controllo dello stato di attivazione della corteccia e del diametro pupillare Condizione al buio : 1. 2. 3. 4. 5.

La rodopsina rimane legata con l’11 cis retinale La trasducina GDP si mantiene legata alla rodopsina Il GMPc non viene distrutto e mantene una concentrazione citoplasmatica elevata I canali Na+ GMPc dipendenti permangono nello stato aperto I il sodio pompato all’esterno dalle Na/k ATPasi continua a rientrare nella cellula, mentre il potassio si accumula nel citoplasma. 6. La membrana plasmatica si iperpolarizza 7. Si ha liberazione continua di neurotrasmettitore – si mantiene la depolarizzazione dei neuroni Condizione alla luce : 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.

Un raggio di luce va ad incidere contro il retinale della rodopsina L’11-cis retinale cambia conformazione in tutto trans retinale. La rodopsina cambia la propria conformazione molecolare la trasducina GDP va a scambiare GDP con il GTP e di stacca come trasducinaGTP attiva la trasducina GTP attiva va a legare ed attivare la GMPc fofodiesterasi la GMPc fosfodiesterasi attivata produce una diminuzione dei livelli di GMPc intracitosolici il Canale Na+ si chiude in assenza di GMPc interrompendo la cortocircuitazione del ritorno del sodio. La Na/K ATPasi va a produrre una depolarizzazione della membrana creando gradiente Na e K. Cessa la liberazione basale del neurotrasmettitore – cessa la depolarizzazione dei neuroni 50% del tutto trans retinale viene riciclato dalla isomerasi retinica per essere ricaricato sulla rodopsina 50% dell’11 cis retinale perso viene riprodotto e ricaricato dalla vitamina A

RISPOSTE ELETTRICHE ED ELABORAZIONE DEI NEURONI DELLA RETINA : le variazioni di potenziale dei fotorecettori retinici possono essere elaborate e trasmesse alla corteccia mediante due sistemi di raccolta ed integrazione :un sistema canalizzato e con poca integrazione orizzontale (parvocellulare), che invia segnali tipicamente foveali dalle cellule gangliari nane alla corteccia visiva, ed un sistema con molta integrazione orizzontale e convergenza (magnocellulare), che invia segnali tipicamente periferici dalle gangliari diffuse alla corteccia visiva; in entrambi i sistemi tuttavia, l’interazione delle varie depolarizzazioni ed iperpolarizzazioni dei neuroni H, delle cellule bipolari si

56

risolve nelle generazione di treni di potenziali d’azione solamente nelle cellule gangliari ed amacrine, che mediano l’informazione finale inviata ai corpi genicolati laterali ed alla corteccia. -

Sistema canalizzato o parvocellulare : sistema che raccoglie le informazioni solamente dai coni, tipico della fovea retinica, nel quale ogni cono possiede un neurone bipolare e gangliare X dedicato con una via nervosa diretta verso i neuroni corticali; questo sistema canalizza l’informazione dei colori con campi recettoriali molto piccoli (minimi teorici) – 1 cono 1 campo un neurone corticale

-

Sistema convergente o magnocellulare : sistema che raccoglie le masse d’impulsi recettoriali dai bastoncelli e dai coni nel quale ogni neurone bipolare contatta molti recettori ed ogni cellula gangliare W e Y contatta molti neuroni bipolari; finalizzato all’integrazione delle informazione riguardanti movimento e contorni, permettendo reazione di integrazione e inibizione tra diverse cellula, ma costituendo campi recettoriali grandi (massimi teorici)

Risposta elettrica ed utilità della cellula bipolare (in relazione alle cellule H) : neurone bipolare non in grado di produrre potenziali d’azione, ma in grado di variare il proprio potenziale di membrana, a seconda della propria tipologia di appartenenza, proporzionalmente all’informazione ricevuta dal suo campo rotondo di fotorecettori (con diametro 300um nella fovea e di 2mm nella periferia) caratterizzato da una struttura concentrica, dove al centro i fotorecettori sono direttamente collegati al neurone bipolare stimolando la variazione del potenziale di membrana in modo agonista, mentre alla periferia anulare i fotorecettori si collegano alla cellula bipolare tramite cellule H inibitorie, stimolando (se illuminati) la variazione antagonista del potenziale di membrana bipolare impedendo al contempo la stimolazione agonista del centro; questo sia per inibizione diretta cellule H-neurone bipolare sia per abolizione della comunicazione recettore-neurone bipolare. -

Cellule bipolari iperpolarizzanti : si iperpolarizzano se illumino il centro e di depolarizzano se illumino la preiferia Cellule bipolari depolarizzanti : si depolarizzano de illumino il centro e si iperpolarizzano se illumino la periferia.

Cellule H : la cellula H è in interneurone di raccolta dei segnali dei coni e dei bastoncelli che non genera un potenziale d’azione ma un potenziale di iperpolarizzazione continuo chiamato – potenziale S – dipendente direttamente dal grado d’illuminazione – bastoncelli – e dalla saturazione della lunghezza d’onda – coni - al fine di modulare la stimolazione dei bastoncelli e di filtrare la stimolazione dei coni. -

Filtrazione del colore dei coni : la cellula orizzontale se attivata da una particolare tipologia di cono permette di andare a inibire lo stesso cono attivato o il cono complementare esplicando una adattamento al tipo di luce colorata oppure una filtrazione della luce passante al neurone bipolare. Filtrazione del colore puro : quando vi è un’attivazione del canale M e L (rosso e verde) o quella del canale S (blu) la cellula H va ad inibire il canale complementare, rispettivamente S o Me L, al fine di far passare solo un canale per volta (quello più stimolato) alle cellula gangliari. Adattamento al colore : quano vi è una stimolazione prolungata del canale M/L o del canale S la cellula H va ad inibire il medesimo canale, diminuendo l’inibizione del canale complementare; in questo modi si ha un adattamento alla percezione dei colori anche un colore ambientale predominante.

-

Aumento dell’acuità dei neuroni bipolari: la cellula orizzontale se attivata dall’aumentata stimolazine di tutti e tre i coni M, L e S e dei bastoncelli, nell’anello antagonista del campo recettoriale del neurone bipolare, va a limitare l’azione agonista di un eventuale illuminazione del centro del campo, permettendo una discriminazione maggiore delle illuminazioni parziali nel campo recettoriale del neuorne bipolare e quindi un aumentata acuità per i contorni..

57

Attività elettrica delle cellule amacrine : sono interneuroni in grado di produrre pochi picchi transitori di potenziale d’azione nel proprio assone, in risposta ad una iperpolarizzazione della cellula bipolare (per illuminazione del centro nella bipolare iperpolarizzante e dell’anello periferico nella bipolare depolarizzante) permettendo di integrare la variazione di risposta agonista nel tempo di più neuroni bipolari separati (variazione di stimolazione di più aree recettoriali) comunicando ai neuroni gangliari magnocellulari W e Y eventuali informazioni riguardanti il movimento di una fonte di luce sulla retina. Ricapitolando : -

Attività elettrica dello strato plessiforme esterno (attività parvocellulare): permette la distinzione di colori mediante una inibizione dei vari canali luminosi fra loro.

-

Attività elettrica dello strato plessiforme interno (attività magnocellulare) : permette la distinzione delle differenze di contrasto, delle differenze d’intensità e della variazione di posizione sulla retina (movimento)

ELABORAZIONE DEI CONTORNI E DEL MOVIMENTO DELLE CELLULE GANGLIARI W e Y : le cellule gangliari, tramite un meccanismo d’inibizione laterale dell’effetto dei recettori sulla cellula gangliare stessa e di una disposizione concentrica dei recettori agonisti ed antagonisti nel proprio campo recettivo permettono una maggiore percezione dei contrasti lineari o circolari (contorni) poiché uno stimolo parziale del proprio campo recettivo varia di molto l’attività agonista o antagonista dela cellula gangliare mentre una sua illuminazione diffusa lascia invariata la sua attività. Attività elettrica e tono basale delle cellule gangliari : tutte le cellule gangliari comunicano con il cervello attraverso frequenze di potenziali d’azione trasmessi lungo gli assoni del nervo ottico, con varia velocità di conduzione a seconda della cellula gangliare, mantenendo in assenza di stimolazione una frequenza di attività di fondo di 5-40 cicli al secondo, responsabile, per alcuni, della percezione del nero in caso di non stimolazione. Imp : il fatto che anche il nero sia una percezione è dimostrata dal fatto che il punto cieco della retina, o una privazione totale di un occhio, porta all’assenza totale di percezione, persino di quella del nero. Campo recettivo della cellula gangliare e variazione dell’attività elettrica della cellula : il campo recettivo della cellula gangliare è l’area recettoriale della retina, con le quale si collega tramite neuroni bipolari, in grado di mediare due attività antagoniste sulla frequenza di scarica basale delle cellule gangliari; esso è costituito da un centro concentrico e da una periferia anulare possedenti due influenze antagoniste sulla frequenza della cellula gangliare per inibizione laterale. -

Stimolazione diffusa del campo recettivo : siccome il centro e la periferia antagoniste sono ugualmente stimolate allora l’effetto del centro annulla l’effetto della periferia sulla cellula gangliare mantenendo invariata la frequenza di scarica basale delle cellule gangliari.

-

Stimolazione parziale del campo recettivo : si ha una variazione di frequenza basale della cellula gangliare direttamente proporzionale al rapporto tra l’area agonista e l’area antagonista illuminate. Illuminata maggiore area agonista : la cellula gangliare aumenta la propria frequenza di scarica Illuminata maggiore area antagonista : la cellula gangliare diminuisce la propria frequenza basale di scarica

Cellule centro ON : cellule gangliari possedenti un centro agonista collegato tramite neuroni bipolari depolarizzanti o eccitatori ed una periferia anulare antagonista poiché collegata tramite neuroni bipolari iperpolaizzanti o inibitori o poiché collegata tramite cellule inibitorie orizzontali H ai neuroni bipolari depolarizzanti del centro

58

Cellule centro OFF : cellule gangliari possedenti un centro antagonista collegato tramite neuroni bipolari iperpolarizzanti o inibitori o collegato tramite cellule inibitorie orizzontali H ai neuroni bipolari depolarizzanti della periferia ed una periferia anulare agonista collegata tramite neuroni bipolari depolarizzanti o eccitatori Illuminazione Tipologia di cellula Centro ON Centro OFF

Illuminazione del centro

Illuminazione periferica

Aumento della frequenza Diminuzione della frequenza

Diminuzione della frequenza Aumento della frequenza

Variazione della grandezza dei campi recettoriali gangliari nelle varie porzioni retiniche : più piccolo è il campo recettoriale gangliare più elevata è la sua acuità visiva (risoluzione angolare) tuttavia la dimensione dei campi gangliari aumenta all’aumentare della distanza dalla fovea da un minimo foveolare di 0,8um o il diametro di un solo cono ed un massimo periferico di 2mm ELABORAZIONE DEL COLORE : COLORE : sensazione proveniente dalla stimolazione della retina con varie lunghezze d’onda dello spettro visibile (scala cromatica) e dello spettro non visibile –colore porpora Colori complementari : colori che sommati assieme mi danno il colore bianco Colori primari : sono colori che possono darmi qualsiasi colore dello spettro luminoso. -

Rosso : percepito come una λ tra 647 e 723 prevalentemente dai coni L Verde : percepito come una λ tra 492 e 575 prevalentemente dai coni M Bleu : percepito come una λ tra 455 e 492 prevalentemente dai coni S

DIFFERENZE DEI CONI PER I COLORI : nella retina sono presenti 3 tipologie di coni, identici per il meccanismo di trasduzione fotochimica del segnale ma possedenti 3 tipologie di rodopsine, varianti solamente per la tipologia dell’aminoacido dedito alla legame del retinale, in grado di assorbire lo spettro luminoso in 3 finestre di lunghezza d’onda, ciascuna possedente una frequenza di massimo assorbimento. -

Coni L o large o rossi : assorbono in uno spettro di lunghezza d’onda da 460 a 680 nm con un picco massimo di assorbanza a 570 nm (arancione) Coni M o medium o verdi : assorbono in uno spettro di lunghezza d’onda da 440 a 620 nm con un picco massimo di assorbanza a 535 nm (verde) Coni S o short o bleu : assorbono in uno spettro di lunghezza d’onda da 400 a 530 nm con un picco massimo di assorbanza a 445nm (bleu)

Semistimolazione dei recettori a lunghezza d’onda non ottimale : una lunghezza d’onda differente da quella di massima stimolazione, a parità di intensità i luce, permette una stimolazione parziale dei recettori con un ipepolarizzazione lieve della loro membrama. TEORIE DELL’INTERPRETAZIONE NERVOSA DEL COLORE : Teoria dei rapporti cromatici : la lunghezza d’onda di uno stimolo viene valutata in base al differente livello di attività delle singole tipologie di coni ovvero, in base al rapporto della distanza della lunghezza d’onda incidente dalla lunghezza d’onda di stimolazione massima delle 3 tipologie di coni. -

Onda che stimola 99% L/42% M/0% S  onda si tipo arancione Onda che stimola 83% L/83% M/0% S  onda di tipo giallo Onda che stimola 31% L/67% M/36% S  onda di tipo verde Onda che stimola 0% L/0% M/97% S  onda di tipo bleu

59

Teoria tricromica di Young-Helmholtz : l’interpretazione corticale di una lunghezza d’onda avviene tramite l’integrazione nella corteccia visiva dell’informazione proveniente da 3 canali cromatici, i primi 2 dei quali –R/V e B/G – misurano, ciascuno, la prevalenza di uno dei due colori complementare (della coppia) ed l’ultimo dei quali – C/S – va a valutare il livello totale dei 3 colori complementari, ovvero il livello di bianco nell’onda. ATTIVITA’ NERVOSA NELL’INTERPRETAZIONE DEL COLORE : Percezione dei colori e ruolo delle cellule gangliari X : il nostro sistema nervoso centrale pecepisce una lunghezza d’onda sotto forma del differente livello d’azione agonista di 2 cellule gangliari dedicate ad ogni canale cromatico – (R/V) e (G/B-C/S) – nelle quali la percezione del colore è la risultante degli effetti contrastanti di due coni complementari scaricanti sulla stessa gangliare, ovvero della saturazione prevalente nell’onda di uno dei 2 colori complementari del canale – R/V e G/B –, e la percezione della luminosità - C/S – è risultante dalla quantità di uguale saturazione dei 3 colori primari . Cellule gangliari del canale R/V : valutano se un onda è più rossa o più verde ricevendo un segnale agonista dai coni L e antagonista dai coni M mediante due neuroni bipolari con polarizzazione tipica differente (uno iperpolarizzante ed uno depolarizzante) in modo da esaminare se una lunghezza d’onda è tra rosso e verde in base al livelli di scarica agonista della cellula gangliare. -

Onda con λ tra verde e rosso : quest’onda genera, nei recettori, una differenza di potenziale di membrana inversamente proporzionale alla distanza in λ dalla lunghezza d’onda di massima risposta dei coni M e L. Polarizza più i coni L ed attiva il neurone bipolare agonista  onda più verso il rosso e attività gangliare agonista Polarizza i coni L = agli M e attiva entrambi i neuroni bipolari  onda gialla (580nm) e attività della cellula gangliare nulla Polarizza più gli M ed attiva il neurone bipolare antagonista onda più verso il verde e attività della cellula gangliare più antagonista

Cellule gangliari del canale G/B e Chiaro/Scuro : esse ricevono un segnale agonista dai coni L e dai coni M (assieme), mentre segnale antagonista dai coni S mediante due neuroni bipolari con polarizzazione tipica differente, in modi da esaminare se una lunghezza d’onda è tra giallo e blue in base al livelli di scarica agonista della cellula gangliare. -

Onda con λ tra blu ed il canale giallo (L/M) : quest’onda genererà, nei recettori S e M/L, una differenza di potenziale di membrana inversamente proporzionale alla distanza di λ dalla lunghezza di massima risposta dei coni S e dei coni L/M Polarizza più coni S e attiva il neurone bipolare antagonista  onda più verso il bleu e attività gangliare antagonista. Polarizza i coni S = ai coni M/L e attiva il neurone agonista ed antagonista  onda bianca e attività nulla della cellula gangliare Polarizza più i coni M/L e il neurone bipolare agonista  onda più verso il giallo e attività gangliare agonista

Porzione parvocellulare del nucleo genicolato laterale : elabora l’informazione sul colore proveniente dalle cellile gangliari tramite il nervo ottico ed invia l’informazione ai blob dello strato 2 °e 3° e allo strato 4°C profondo della corteccia visiva primaria sotto forma di 3 canali differenti :

60

-

Canale rosso/verde : segnala la differenza tra l’intensità di risposta dei coni L e M Canale blu/giallo : segnala la differenza tra l’intensità di risposta dei coni S e M/L Canale della brillanza : segnala la luminosità tramite somma della risposta dei coni M/L e di alcuni bastoncelli.

Blob dello strato II e III : sono dei piccoli ammassi di neuroni ricchi di citocromoossidasi e relativamente cilindrici, dal diametro di 0,2mm, in grado di elaborare specificamente l’informazione visiva sui colori, attivandosi a seconda della propria specificità, andando as inviare l’informazione cromatica all’area V8 dove viene analizzata. ELABORAZIONE EXTRARETINICA DELL’IMMAGINE VISIVA ED INVIO ALLA CORTECCIA : CELLULE GANGLIARI : le cellule gangliari sono 2 tipologie di neuroni profondamente differenti, e hanno la funzione di integrare il messaggio neurale delle cellule amacrine e bipolari, inviando informazioni ai corpi genicolati laterali secondo due canali con funzioni diversificate – canale parvocellulare e canale magnocellulare. -

Cellule gangliari grandi o M (magnocellulari) : cellule in grado di ricevere il segnale orizzontale delle cellule amacrine – relativo al movimento degli oggetti – e verticale dai coni e dai bastoncelli, inviando informazioni sul movimento delle linee visive e sulla profondità alla porzione magnocellulare dei nuclei genicolati, formando la via magnocellulare.

-

Cellule gangliari piccole o P (parvocellulari) : cellule in grado di ricevere il segnale verticale da coni e bastoncelli andando ad integrare ed inviare le informazioni sul colore, la luminosità e la definizione delle forme, tramite nervo ottico, alla porzione parvocellulare dei nuclei genicolati, formando una via parvocellulare.

NERVO OTTICO : nervo formato dalla riunione degli assoni delle cellule gangliari parvo e magnocellulari sul dischetto di emergenza dello stesso dalla retina – disco ottico - posto a 15° di distanza dalla fovea sul lato nasale della retina – punto cieco – per emergere sucessivamente posteriormente alla sclera dell’occhio, andando a terminare al chiasma ottico con il nervo ottico controlaterale. CHIASMA OTTICO : lamina quadrangolare di materia bianca posta caudoanteriormente al 3° ventricolo, caratterizzata dal passaggio al tratto ottico controlaterale della metà nasale delle retine, e dal passaggio al tratto ottico ipsilaterale della metà temporale delle due retine. TRATTI OTTICI : 2 fasci di fibre comprendenti i segnali dell’emilato nasale della retina controlaterale ed i segnali dell’emilato temporale della retina ipsilaterale, procedente attorno al mesencefalo, circondando la porzione pretettale – donando fibre di melanopsina per la formazione reticolare – andando a terminare al corpo genicolato ipsilaterale. CORPO GENICOLATI LATERALI : nuclei di neuroni talamici posti sopra al tratto ottico, suddivisibili ventro-lateralmente in 6 lamine di materia grigia, delle quali le 3 lamine più esterne – 3°-6° - sono composti da neuroni di piccolo calibro – porzione parvocellulare – importanti nell’elaborazione dei colori, dei contorni e della luminosità (via parvocellulare) e le 2 lamine più interne – 1° - 2° - sono composte da neuroni di grande calibro – porzione magnocellulare – importanti nell’elaborazione del movimento, della profonditò e dello sfarfallamento (via magnocellulare); i corpi genicolati laterali sono, quindi, un attivo centro di integrazione per quanto riguarda la profondità e la preintegrazione dei canali colorati. Somatotopia dei nuclei genicolati laterali : ogni lamina possiede una rappresentazione punto a punto delle singole unità recettoriali (gangliari) della retina (quindi dei singoli campi recettoriali) con una mappa retinotopica allineata ventro-lateralmente tra le varie lamine secondo un asse trasversale, e ricalcante con una simmetria posteroanteriore la simmetria fovea-periferia della retina, tuttavia, con una maggiore densità neuronale o grana neuronale dedicata fovea – fattore d’ingrandimento genicolato.

61

-

Area della fovea : occupa più o meno l’1/3 caudale del corpo genicolato (in tutte e 6 lamine) Area della periferia : occupa i 2/3 anteriori del corpo genicolato (in alcune lamine)

Afferenze ai nuclei genicolati : tali nuclei ricevono un 80-90 % delle afferenze dalla corteccia cerebrale stessa, medianti circuiti di feedback per il rilevamento della posizione e del movimento, ed un 10-20% solo di afferenze parvicellulari e magnocellulari dal nervo otticco ( e quindi dalla retina) -

Afferenze parvocellulari : afferenze che proiettano sulla mappa reinotopica punto a punto delle lamine pavocellulari tutti gli assoni del tratto ottico provenienti dalle cellule gangliari nane parvocellulari della retina omolatrale. Afferenze della metà nasale della retina controlaterale : proiettano sullo strato 4° e 6° Afferenze della metà temporale della retina ipsilaterale : proiettano sullo strato 3° e 5°

-

Afferenze magnocellulari : afferenze che proiettano sulla mappa reinotopica punto a punto delle lamine magnocellulari tutti gli assoni del tratto ottico provenienti dalle cellule gangliari grandi, diffuse o magnocellulari della retina omolatrale. Afferenze dalla metà nasale della retina controlaterale : proiettano sullo strato 1° Afferenze della metà temporale della retina ipsilaterale : proiettano sullo strato 2°

Efferenze dai nuclei genicolati laterali : vanno ad inviare informazioni perintegrate dall’immagine retinica secondo la via parvocellullare sullo strato 4c profondo e secondo la via magnocellulare sullo strato 4c superficialedella corteccia visiva tramite fascio genicolo-striato. -

Efferenze parvocelluari : trasmette tramite fascio genicolo-striatale le informazioni relative all’interpetazione del colore, all’interpretazione dei contorni e dell’illuminazione allo strato corticale 4C profondo e alla regione interlaminare dei nuclei genicolati (che proietta ai blob del II e III strato della corteccia occipitale)

-

Efferenze magnocellulari : efferenze che proiettano tramite fascio genicolo-striato le informazioni relative all’interpretazione del movimento, della profondità e dello sfarfallamento alla corteccia 4C superficiale.

-

Efferenze dei nuclei interlaminari : efferenze che proiettano ai blob del II e III strato della corteccia occipitale le informazioni relative al colore suddiviso secondo i 3 canali primari – R/V – B/G – Chiaro/scuro; tramite fascio genicolostriato

PROIEZIONI GENICOLOSTRIATE : fasci di fibre che dipartono dai nuclei genicolati laterali per continuare omolateralmente postero-cranialmente, abbracciando con una sezione semilunare la superficie laterale del ventricolo temporale – ansa del meyer – per poi separarsi in due fasci separati al livello del corno posteriore del ventricolo laterale, il primo passante superiormente al corno per portare la vista dell quadrante superiore dell’emiretina omolaterale al labbro superiore della scissura calcarina, il secondo passante inferiormente e medialmente al corno per portare la vista del quadrante inferiore dell’emiretina omolaterale al labbro inferiore della scissura calcarina. -

Somatotopia del fascio genicolo-calcarino nell’ansa del Meyer : presenta una sezione semilunare, con alla sua metà craniale le fibre del quadrante craniale dell’emiretina omolaterale, alla metà caudale le fibre del quadrante caudale dell’emiretina omolaterale, delle quali, la metà più al centro contiene i fasci delle

62

cellule dell’emimacula omolaterale, mentre, la metà più esterna contiene i fasci delle cellule dell’emiperiferia omolaretale. -

Somatotopia del fascio genicolo-calcarino alla scissura calcarina : portandosi alle due labbra della scissura calcarina ruotano la loro somatotopia medio-cranio/posteriormente portandola su un asse anteroposteriore, in modo che i fasci terminanti sulla porzione posteriore (più ampia) delle labbra portino le informazioni delle macule, mentre i fasci terminanti sulla porzione anteriore (più piccola ed esterna) delle labbra portino le informazioni della periferia.

CORTECCIA OCCIPITALE VISIVA PRIMARIA : nastro di corteccia cerebrale situato sulla faccia mediale del lobo occipitale, componendo le labbra della scissura calcarina e ricevente le afferenze dirette genicolo-calcarine dai nuceli genicolati ipsilaterali, composta istologicamente da 6 strati di materia grigia dei quali, il IV strato, con un a densità di granuli sensitivi estremamente alta – grana della retina – viene suddiviso orizzontalmente dal passaggio di una spessa Stria del Gennari in uno strato più esterno – 4° superficiale o parvocellulare – raccogliente le afferenze della via parvocellulare, ed uno sstrato più intern – 4°profondo o magnocellulare – raccogliente le afferenze della via manocellulare; mentre il II e III strato , viene caratterizzato da clusters di neuroni di diametro 0,2 mm, ricchi di citocromo ossidasi – blob – riceventi afferenze parvocellulari dai nuclei genicolati laterali medianti i singoli canali del colore. Imp : la corteccia visiva primaria presenta la capacità diseparare le afferenze retiniche sul colore da quelle relative al movimento ed ai contorni, tramite la scomposizione del mondo in un insieme di linee a vario orientamento. Retinotopia della corteccia visiva primaria o area 17 di Brodmann : la corteccia visiva primaria possiede una rappresentazione a mappa retinotopica punto a punto, con proiezione singoli campi recettoriali gangliari (nella fovea corrispondenti anche ad un solo cono) su uno o anche più neuroni corticali – fattore d’ingrandimento, caratterizzata dalla raccolta di tutte le informazioni del quadrante superiore dell’emiretina omolaterale sul labbro superiore della scissura e dalla raccolta di tutte le informazioni del quadrante inferiore dell’emiretina omolaterale sul labbro inferiore della scissura, dimostrando, ulteriormente, una simmetria maculo-periferia intraquadrante corrispondente alla simmetria posterio-anteriore intralabiale, ovvero, una macula rappresentata in un’area molto grande della porzione posteriore delle labbra ed una periferia rappresentata in un area molto piccola della porzione anteriore delle labbra. Imp : è da notare come la somatotopia postero-anteriore della simmetria macula-periferia sia ricalcalnte la realtà del posizionamento corporeo; la macula, infatti, sta in una posizione centroposteriore rispetto alla periferia della retina. Fattore d’ingrandimento e aumento dell’acuità visiva nella corteccia : la grana molto fine ella corteccia visiva primaria, così come lo erano state le lamine dei corpi genicolati laterali, consente una maggiore densità neuronale per area recettiva rispetto alla sua stessa densità recettoriale retinica; questo permette la corrispondenza di più di un neurone per singolo recettore, che, tramite successivi fenomeni di sommazione ed inibizione laterale degli impulsi gangliari, consente di ridurre le distorsioni delle immagini per imperfezioni di diffrazione e diffusione dell’occhio, ed una acuità visiva superiore a quella del minimo diametro possibile dei recettori (2’’ d’arco invece che 23’’) Teoria della colonne d’orientamento : ogni determinata area recettoriale retinica di una cellula gangliare corrisponde, sullo strato IV della corteccia visiva primaria, ad un insieme di tanti cilindretti verticali di diametro 1mm, ogniuno dei quali composto da una colonna di neuroni semplici e complessi in grado di rilevare solo stimoli lineari con lo stesso orientamento che tuttavia differisce da cilindretto in cilindretto di circa 5-10° d’inclinazione, dotando la medesima area recettoriale gangliare di cilindretti coprenti tutti i 360° di orientamento di una linea; in questo modo a seconda dei cilindretti attivi nel tempo ad uno stesso stimoli lineare di un area recettoriale corticale, il cervello può risalire al suo orientamento e al suo spostamento.

63

Imp : tutti i neuroni corticali possedenti un campo recettoriale in grado di fargli rilevare delle differenze di orientamento delle linee possono essere detti rivelatori di caratteristiche. -

Neuroni corticali semplici : singoli neuroni presenti nel IV strato profondo della corteccia visiva primaria e possedenti un campo recettoriale conformato ad ellisse con asse maggiore orientato spazialmente e suddiviso concentricamente o asimmetricamente in un area agonista ed in un’area antagonista, conformate in modo fa separarsi fra loro con linee parallele all’asse maggiore dell’ellisse, capaci di rispondere diversamente a stimoli lineari di contorni di oggetti proiettati sulla retina, a seconda della posizione e della variazione di orientmento nel tempo, in modo condizionato all’asse maggiore dell’ellisse. Neuroni a campo simmetrico e concentrico : possiedono un centro agonista bastoncellare interno una periferia antagonista ellittica, con linee di separazione tra i due campi paralleli all’asse maggiore dell’ellisse. Neuroni a campo assimmetrico : possiedono un area agonista ed un area antagonista allungate e separate da una linea di separazione parallela all’asse maggiore dell’ellisse. Formazione del campo recettivo del neurone semplice : supponendo un insieme di neuroni CGL possedenti aree recettive circolari con centri agonisti molto piccoli e periferie antagoniste molto ampie e, supponendo che questi siano allineati lungo una stessa linea retta, allora il neurone corticale demplice che li raccoglie possiederà una colonna centrale con la massima area agonista e la minima area antagonista e due colonne periferiche ad essa parallele con la massima area antagonista ed una nulla area agonista Rilevamento dell’orientamento dei contorni : l’effetto dell’orientamento e la posizione di una stimolazione lineare sul campo recettoriale di un neurone semplice simmetrico varia a seconda del rapporto fra area agonista ed area antagonista stimolate dall’impulso luminoso; e quindi, a seconda della posizione che la barra occupa sull’asse minore ed a seconda dell’inclinazione rispetto all’asse maggiore dell’ellisse (di orientamento) o

Effetto agonista centrale massimo : la barra luminosa è perfettamente sovrapposta e coincidente alla colonna centrale agonista.

o

Effetto antagonista periferico massimo : la barra luminosa è perfettamente sovrapposta e coincidente ad una delle due colonne antagoniste, oppure è perpendicolare alla colonna agonista centrale.

Rilevamento del movimento del neurone semplice asimmetrico : un neurone semplice asimmetrico agonista, con campo recettoriale +\- o -\+ risponde nel tempo in modo differente a seconda della direzione e dell’inclinazione di avvicinamento di una stimolazione lineare. o o -

Avvicinamento + - : si ha un picco di attività agonista seguito poi da un minimo di attività Avvicinamento -  + : si ha un minimo di attività seguito poi da un picco di attività agonista.

Cellule complesse o neuroni complessi : neuroni singoli, presenti nel II e nel III strato, possedenti un campo recettivo ellissoidale con asse maggiore orientato, totalmente agonista e privo di aree antagoniste, che si connette alle cellule semplici della medesima colonna e del medesimo orientamento, rispondendo in modo generico a qualsiasi stimolo lineare attraversante la sua area, indipendentemente dalla sua posizione sull’asse minore dell’ellisse, con un intensità agonista inversamente proporzionale all’angolo tra lo stimolo e l’asse maggiore. o

Parallela all’asse del campo : massimo stimolo agonista

64

o

Perpendicolare all’asse del campo : minimo stimolo agonista

Ruolo delle cellule complesse : permettono un rilevamento generico della presenza e dell’entità d’inclinazione di un singolo impulso lineare (linea o contorno) dimandando un analisi più accurara alle cellule semplici del medesimo orientamento poste sotto di lui. Teoria delle colonne di dominanza : sono una successione di lamine, come avviene nei corpi genicolati laterali, fittamente accostate fra loro e, alternativamente, ciascuna dominata dalle afferenze di un solo occhio, composte dalle colonne di orientamento dei neuroni semplici nello strato 4 parvocellulare. CORTECCE CISIVE ACCESSORIE E SECONDARIE : aree che integrano parallelamente differenti aspetti della visione in modo da produrre una conoscenza dettagliata e cosciente dell’ambiente circostante, andando ad elaborare le 2 vie preintegrate uscenti dalla corteccia primaria. -

via dorsale o parietale : porta le informazioni sull’analisi del movimento via ventrale o temporale : porte le informazioni sull’analisi delle forme ed il riconoscimento dei volti.

Aree della corteccia secondaria o accessoria : -

Aree V2, V3, VP : progressiva elaborazione di campi visivi più ampi Area V3A : elaborazione del movimento Area MT/V5 : elaborazione del controllo visivo del movimento+ Area Lo : riconoscimento dei grandi oggetti Area V8: interpretazione dei colori dall’informazione proveniente dai blob dello strato II e III.

ACUITA’ VISIVA E ADATTAMENTO ALLA LUMINOSITA’ : ACUITA’ VISIVA : è il più piccolo angolo visivo, sotteso tra il centro ottico egli assi di proiezione di due punti sulla retina al quale è ancora possibile distinguere i due punti separatamente, tale caratteristica viene influenzata da fattori diottrici dei mezzi oculari, da fattori nervosi e dal fattori di illuminazione e saturazione ambientale. FATTORI DIOTTRICI : sono tutti quei fattori in grado di modificare la messa a fuoco del dettagli fisico sulla superficie della retina, mediante modifica della distanza focale, modifica della rifrazione delle lenti, modifica della diffrazione dell’occhio, della trasparenza dei mezzi oculari della riflessione luminosa dell’epitelio pigmentoso o della lunghezza dell’occhio Triade di avvicinamento : serie di fenomeni avvenenti per consentire la messa fuoco di un medesimo punto distante meno di 6 metri dal centro ottico dei due occhi sulla fovea di entrambi gli occhi ed aumentanti con un intensità direttamente proporzionale all’avvicinamento dell’oggetto stesso all’occhio. -

Movimento di vergenza Movimento di adattamento del cristallino Costrizione pupillare

Difetti nella focalizzazione di un elemento sulla retina : -

Ipermetropia : un oggetto posto all’infinito viene focalizzato in un punto oltre la retina per via di una minore convessità del cristallino (per una sua e di elasticità) o per una minore lunghezza dell’occhio Ipermetropia ed età : con l’aumentare dell’età si può verificare una certa ipermetropia per via dell’incapacità del muscolo ciliare di costringere e di far avanzare il cristallino, che diviene via via più rigido.

-

Miopia : un oggetto posto all’infinito viene focalizzato in un punto davanti alla retina per via di una maggiore convessità del cristallino o per una maggiore lunghezza dell’occhio

65

-

Astigmatismo : condizione caratterizzata da un differente raggio di curatura del cristallino su un asse rispetto che in un altro asse, permettendo una differente distanza focale per due punti separati da un asse orizzontale rispetto a sue punti separati da un asse verticale.

FATTORI NERVOSI E RETINICI :l’acuità visiva determinata dalla percezione propria dello stimolo da parte delle cellule gangliari per via di una variazione di composizione recettoriale e di convergenza dei segnali circolanti nella retina diviene massima al livello foveale, dove è possibile distinguere una distanza minima di 25’’ d’arco ossia 2um di distanza sulla retina (due puntini distanti1,5-2mm a 10m di distanza) per poi decrescere a 2,5° di distanza ad un valore del 50%, a 7,5° di distanza ad un valore del 25% e, all’estrema periferia ad un valore minimo dello 0,25% -

Risoluzione foveale della retina : nell’area di 2° d’ampiezza, corrispondenti a 1,5 mm di diametro, della fovea si risole tutta la risoluzione della retina.

Fenomeno di distinzione di due linee: due linee luminose separate da una sola striscia di coni , in ombra, anche se strasbordano illuminando parzialmente tale zona, sono ancora separabili fintantochè sia presenta una minima differenza d’intensità luminosa - soglia incrementale – tra la zona in ombra e le due linee. Soglia incrementale : minimo contrasto o differenza tra due luminosità differenti ancora rilevabile dal nostro sistema visivo. -

Soglia incrementale e inibizione laterale dei neuroni gangliari : i neuroni gangliari possiedono una straordinaria abilità nello sottrarre gli impulsi provenienti dai neuroni bipolari – tramite inibizione laterale – in modo da risaltare anche il minimo contrasto d’intensità luminosa.

Variazione di grana della retina : -

Variazione della canalizzazione del segnale o grana retinica : nella porzione della fovea la grana retinica è più fine per via di una canalizzazione 1recettore – 1 cellula gangliare della retina determinante un diametro minimo di 0,8um per area recettoriale gangliare (o assone di nervo ottico); man a mano che si avanza nella porzione periferica si ha un aumento delle afferenze di coni e bastoncelli per cellula gangliare con un aumento del diametro dell’area recettoriale sino a terminare ad una distanza di 10° in periferia in grana retinica grossa con diametro minimo delle aree recettoriali di 2 mm e una afferenza di oltre 250 recettori per cellula gangliare.

-

Variazione della concentrazione di coni dalla fovea alla periferia : la fovea ha una densità estremamente elevata di coni – 34000 coni in 1,2 mm di diametro – di diametro molto piccolo che ne consente un elevata acuità visiva con luminosità superiore alla soglia dei coni, che diminuisce con l’allontamento alla periferiag sino ad una densità di 5-6 coni ogni 100 um

ADATTAMENTO ALLA LUCE E ADATTAMENTO AL BUIO : Regolazione del diametro pupillare : tramite riflessi parasimpatici od ortosimpatici si puòregolare la quantità di luce entrante dentro l’occhio tramite regolazione del diametro dell’iride. Modifica recettoriale della soglia assoluta : fenomeno molto lento ma molto intenso nel quale viene modificata la sogli assoluta dei recettori ovvero la minima quantità di fotoni necessari ad attivare un recettore Rapporto sbiancamento e rigenerazione : la variazione della velocità di sbiancamento della rodopsina, determinato dalla variazione di luminosità, rispetto alla velocità costante di rigenerazione della stessa determina il grado di sbiancamento retinico ovvero il grado di “povertà” di rodopsina nei recettori.

66

Modifica gangliare della soglia assoluta : fenomeno molto lento ma di piccola intensità nel quale viene modificatala soglia minima neuronale, ovvero la minima quantità di recettori necessari ad influenzare un neurone gangliare. -

Curva di adattamento al buio : progressiva diminuzione della soglia assoluta retinica di percezione della luminosità caratterizzata da un rapido iniziale aumento di 10 volte in 1 minuto, dato dall’adattamento nervoso e dall’adattamento dei coni, da un rallentamento intermedio a 10 minuti per terminazione dell’adattamento dei coni ed inizio dell’adattamento dei bastoncelli, un secondo rapido aumento di 6000 volte in 20 minuti, per adattamento dei bastoncelli, terminando ad un valore massimo di 25000 volte in 40 minuti.

-

Curva dell’adattamento alla luce : fenomeno estremamente veloce, caratterizzato da processi chimici e nervosi, nel quale si ha la perdita della precedente sensibilità alla luce della retina con una velocità esponenzialmente degradante e tendente alla minima soglia di percezione entro 0,1s dall’inizio.

DIFFERENTE SENSIBILITA’ AL BUIO DELLA FOVEA E DELLA PERIFERIA : sotto la soglia assoluta dei coni gli unici a percepire stimoli sono i bastoncelli quindi, avendo la fovea una nulla densità di bastoncelli, la acuità visiva notturna aumenta con l’aumento della distanza angolare dalla fovea, andando a superare la definizione dei coni alla visione con luce dopo i 30° di distanza. MOVIMENTI OCULARI : i movimenti oculari consentono di muovere l’asse degli occhi secondo tre gradi di libertà, tramite rotazioni del globo oculare attorno a 6 assi differenti – asse visivo, asse frontale, asse verticale e 2 assi obliqui sul piano frontale (corrispondente al movimento dei muscoli obliqui) al fine di far cadere un punto dell’oggetto interessato dall’attenzione, in un area ampia 100° di angolo visivo, all’interno della fovea della retina, e classificabili come : movimenti cogniugati o movimenti di convergenza. Movimento verso sinistra e verso destra hanno uguale ampiezza di 50° Movimento verso l’alto è di 40° ed il movimento verso il basso è di 60° -

Innervazione dei muscoli oculare : il controllo dei muscoli oculari è eseguito dai nuclei dei nervi oculari che per ogni direzione di movimento vanno ad eccitare l’attivazione dei muscoli agonisti e ad inibire l’azione dei muscoli antagonisti.

Movimenti di vergenza o convergenza : sono movimenti lenti ma con latenza breve – 160ms - che permettono di variare l’angolo d’incidenza tra gli assi visivi tramite movimento opposto degli occhi verso l’interno o verso l’esterno (solo sino ad assi ottici paralleli) per far coincidere la fovea dei due occhi sul medesimo punto osservato più vicino di 6 metri o più lontano di 6 metri (all’infinito) Movimenti di versione o coniugati : sono movimenti che permettono di spostare gli assi visivi del medesimo angolo e con la medesima direzione, tramite un movimento uguale degli occhi verso la stessa direzione, per spostare sul piano frontale il punto di coincidenza della fovea dei due occhi; è il solo movimento se la distanza è superiore ai 6 metri. -

Movimenti saccadici di fissazione : movimento veloce e spezzato, il più veloce dell’intero corpo, finalizzato a cambiare il punto nello spazio a fuoco sulla fovea di entrambi gli occhi; esso si presenta come volontario o semivolontario e preordinato : ossia possedente uno schema motorio predefinito nelle unità di scarica della sostanza reticolare truncale ma fatto partire da enagrammi volontari della corteccia motoria frontale o dalla corteccia involontaira occipitale. Latenza del movimento saccadico di fissazione : la scarica che precede un movimento saccadico ha un valore minimo di 200ms per saccadi di 5° mentre può raggiungere un valore massimo di 240° per saccadi di 40°

67

Refrattarietà del sistema saccadico : la saccade non può essere modificata o interrotta durante il movimento e presenta un periodo refrattario lungo 200ms dopo il movimento durante il quale non può essere avviata una nuova saccade. Velocità angolare della saccade : la velocità di una saccade è direttamente proporzionale all’ampiezza dell’angolo di rotazione, sino ad un valore di 700°/s Precisione del movimento : la precisione di localizzazione del nuovo punto nella fovea è inversamente proporzionale all’ampiezza di movimento oltre ai 15°. Prima dei 15° : una saccade basta per centrare il fuoco del punto che svuole osservare nella fovea. Dopo i 15° : una saccade non basta per centrare il fuoco del punto che si vuole osservare nella fovea, ma e necessaria una nuova saccade Acuità visiva durante la saccade : l’acuità visiva durante la saccade viene soppressa da un meccanismo centrale in modo da mandare al cervello solo brevi flash del movimento. Non necessità di un bersaglio : il movimento saccadico, in quando semivolontario o completamente volontario, non presenta la necessità di un bersaglio predeterminato ma può essere eseguito puntando l’infinito. Cotrollo discreto della saccade : l’impulso di movimento delle saccadi è preelaborato dal centri di scarica della sostanza reticolare truncale, che mantiene un’elevata frequenza di scarica per tutta la saccade, la quale attiva dei unità toniche reticolari a scarica veloce che aumenta con la saccade, per comandare movimenti ad elevata ampiezza o centri reticolari tonici a scarica lenta che non aumenta con la saccade, per comanare i movimenti a bassa ampiezza. Imp : l’aumento della frequenza di scarica dei centri tonici veloci è determinante per vincere la resistenza legamento-tissutale al movimento dell’occhio nella cavità oculare. Stimolo alla saccade : presenza di uno spostamento istantaneo dell’oggetto. -

Movimento d’inseguimento : movimenti lento e continuo dell’occhio, di tipo involontario, finalizzato al mantenimento del fuoco di un punto in movimento relativo rispetto all’occhio, continuamente focalizzato su entrambe le fovee. Latenza del movimento d’inseguimento : la scarica che precede un mvimento d’inseguimento possiede una latenza inversamente proporzionale alla velocità del bersaglio, con una latenza di 170 ms per bersagli a 5°/s e di 140 ms per bersagli a 20°/s Velocità angolare del movimento d’indeguimento : presenta una velocità massima d’nseguimento di 40-50 °/s. Refrattarietà del movimento d’ingesuimento : non presenta alcuna refrattarietà ma un controllo basato sulla velocità dell’oggetto fissato dalla fovea. Precisione del movimento saccadico : presenta una precisione estremamente elevata

68

Acuità visiva durante il movimento d’indeguimento : è quasi uguale a quella ad occhio fermo Necessita di un bersaglio Controllo continuo del movimento : o per via vestibolare o per via tettale necessita di una scarica continua di tipo tonico dei neuroni dei nuclei oculomotori. Stimolo al movimento : viene indotto dalla presenza di velocità relativa bersaglio-occhio Movimenti oculari composti da movimenti di vergenza e versione : sono in genere i movimenti di fissazione attraverso i quali cambiamo l’oggetto a fuoco sulla fovea di entrambi gli occhi o manteniamo a fuoco sulla fovea di entrambi gli occhi il medesimo punto in spostamento relativo rispetto all’osservatore. -

Movimento saccadico di fissazione volontario: movimento per focalizzare al centro della fovea di entrambi gli occhi un punto interessato dall’attenzione, composto da sole saccadi.

-

Nistagmo optocinetico : movimento per aumentare il tempo di focalizzazione di un punto in movimento (meno di 40-50°/s) al centro della fovea, composto da un primo movimento di inseguimento di un punto con saccade successiva al limitare del campo visivo per centrare lo sguardo su un altro punto.

-

Nistagmo vestibolare : movimento per aumentare il tempo di focalizzazione di un punto fisso con movimento del capo (più di 40-50°/s) al centro della fovea, composto da un primo movimento di’nseguimento nella direzione opposra al movimento della testa ed una successiva saccade per rifocalizzare il centro della vista.

TRIADE DI FISSAZIONE O DI AVVICINAMENTO : insieme di movimenti oculari finalizzati alla focalizzazione di un punto più vicino di 6m all’interno della fovea di entrambi gli occhi; composto da accomodazione del cristallino, da costrizione della pupilla e da convergenza degli occhi. CAMPO VISIVO E VISIONE BINOCULARE : CAMPO VISIVO : è la porzione di mondo esterno visibile secondo il cono visibile di un occhio che, virtualmente circolare ad occhio fuori dalla sua orbita, viene limitato medialmente dal naso, lateralmente dall’osso temporale, inferiormente dallo zigomo e superiormente dal sopracciglio. NOTA MEDICA ! scotomi Punti ciechi mono o binoculari dati da processi patologici di degenerazione della retina o delle vie nervose centrali. VISIONE STEREOSCOPICA : fenomeno nel quale la superficie di un campo visivo coperta contemporaneamente da entrambi gli occhi viene scomposta in punti corrisposdenti , ossia in punti stimolanti porzioni più o meno corrispondenti con un’intensità più o meno simile nelle due retine, poi fusi al livello corticale per dare una visione tridimensionale del mondo. NOTA MEDICA ! diplopia Immagine doppia per variazione dei punti corrispondenti che non cadono più sullo stesso punto della retina. GUSTO : AROMA DI UN ALIMENTO : è l’interpretazione nella corteccia gustativa di tutte le afferenze trigeminali – sensibilità tattile, sensibilità termica, sensibilità dolorifica – olfattive e gustative vere e proprie in grado di suggerire al nostro

69

cervello le caratteristiche organolettiche principali dell’alimento, ossia suggerisci se tale nutrimento è utile o dannoso partecipando al meccanismo di appagamento da nutrizione. Gradevolezza del mangiare e circuito di appagamento : l’atto del nutrirsi attiva numerosi centri di ricompensa del cervello – nuclei tegmentali e corteccia prefrontale – poiché, essendo unlo strumento fondamentale per il mantenimento dell’omeostasi del corpo, si è evoluto come un processo piacevole, che da soddisfazione. AFFRENZE TRIGEMINALI : la valutazione trigeminale ha una valenza esclusivamente protettiva consentendo il monitoraggio della nocività immediata degli alimenti introdotti in bocca; essa comprende una stimolaizone tattile, termica, e dolorifica di tutta la superficie del cavo orale e faringeo, integrata centralmente dalla corteccia somatosensitiva primaria del gusto. Sensazioni tattili : sono mediate dai recettori tattili posti nelle papille filiformi della lingua e mediano la sensazione di : -

Dimensione Consistenza Ruvidità Posizione nel cavo orale Astringenza : questa sensazione è mediata dalla precipitazione della mucina salivare ad opera di molecole come tannini di frutta acerba o vino.

Sensazioni termiche : sono mediate da terminazioni libere sparse in tutto il cavo orale e ci fanno valutare la nocività termica immediata degli alimenti Sensazioni dolorose o nocicettività : queste sensazioni consentono di valutare le caratteristiche chimico-fisiche estremamente e palesemente dannose per l’organismo. Piccantezza : sensazione mediata dalla stimolazione diretta delle fibre dolorifiche trigeminali del cavo orale mediante la molecola di capsaicina. SENSAZIONE DEL GUSTO : sensibilità di tipo chimico, mediata dalla percezione delle molecole alimentari disciolte nella saliva mediante 5 specifici chemocettori – amaro, dolce, umami, salato, acido – presenti in piccoli organuli recettoriali specializzati –gemme gustative – poste sulla superficie della lingua, sopra le papille gustative – sulla superficie di tutto il cavo orale, faringeo e della prima porzione dell’esofago (con eventuali presenze di gemme anche nelle vie aeree profonde) che permette all’integazione corticale dell’area gustativa di esaminare la composizione chimica e l’eventuale nocività degli alimenti, mentre permette all’integrazione truncale di consentire i riflessi parasimpatici della preparazione alla digestione (aumento della salivazione e della motilità e secrezione gastrica) Gusto ed esigenze metaboliche : spesse volte il gusto permette di selezionare i cibi più in accordo con la propria carenza metabolica, ossia i cibi che permettono di sopperire eventuali deficienze nutrizionali o minerali dell’organismo. Gusto e associazione negativa postmalattia : se una stimolazione gustativa di un certo tipo avviene subito prima di un malessere generalizzato e particolarmente acuto, nel cervello avvien un’associazione negativa tra il gusto pregresso e lo stato di prostrazione dovuto alla malattia, si ha, quindi, un circuito protettivo che porta il soggetto a repellere (per periodi più o meno lunghi) certi tipi di cibi (la loro consistenza, temperatura e sapore) SOGLIA DELLA SENSAZIONE DEL GUSTO : è la concentrazione minima alla quale, un soggetto normale in condizioni standard, può percepire psico-fisiologicamente la minima sensazione gustativa legata a quella determinata sostanza. Soglia de gusto e protezione dell’omeostasi : la soglia del gusto delle sostanze viene organizzata in modo da diminuire repentinamente per tutte le sostanze amare (e quindi potenzialmente dannose) in modo da preservare l’individuo da danneggiamenti.

70

Soglia del gusto ed esigenza metabolica : alcuni meccanismi autonomi e neuroendocrini permettono una minore espressione di determinati recettori sulle cellule gustative in modo da massimizzare l’assunzione di determinati nutrienti carenti nell’organismo (come il sale) soglia del gusto e composizione della saliva : la saliva può, spesso, variare la propria composizione proteica e minerale generando delle variazioni nella percezione di alcuni gusti. TIPOLOGIE DI GUSTI DIFFERENTI : tutti i gusti che percepiamo, come i colori, sono una composizione di 5 tipologie di gusti primari – dolce, l’amaro, l’umami, il salato e l’acido – ogniuno mediato da un recettore differente e da una cellula con differente specializzazione; essi segnalano una caratteristica composizione chimica dell’alimento e la sua compatibilità con le esigenze nutrizionali dell’organismo. Gusto dolce : sensazione che media la percezione del valore energetico e zuccherino di un alimento, con valenza affettiva di tipo gradevole, in generato dalla stimolazione delle afferenze del dolce mediante cellule con recettori del dolce attivate da : -

Zuccheri Glicoli Aldeidi Chetoni Esteri Aminoacidi Piccole proteine Sostanze inorganiche : acidi alogenati, acidi solfonici, sali di piombo e sali del berillio

Soglia del gusto dolce : per il saccarosio equivale a 0,01M, questo valore è uno dei più alti, sia perché gli zuccheri non sono dannosi, sia perché la loro assunzione è necessaria per la vita. Gusto amaro : sensazione che media la percezione del contenuto in alcaloidi (spesso tossici) dell’alimento, con valenza affettiva di tipo estremamente sgradevole, generato dalla stimolazione degli assoni dell’amaro mediante cellule gustative con recettori del dolce, attivate da : -

Sostanze organiche a lunga catena azotata Sostanze alcaloidi

Soglia del gusto amaro : per il chinino equivale a 0,000008M, questo valore è il più basso, sia perché le tossine sono spesso amare, sia perchè i prodotti alcaloidi non possiedono una grande valenza nutritiva. Gusto umami : sensazione simile ad un salato più corposo e completo, che media la percezione del contenuto proteico in L-glutammina degli alimenti, con valenza affettiva estremamente gradevole, generato dalla stimolazione degli assoni per l’umami da parte delle cellule gustative per l’umami. -

L-glutammina Glutammato o acido glutammico

Soglia del gusto umami : per l’L-glutammato è una soglia piuttosto alta, sia perché l’acido glutammico segnalala composizione in aminoacidi nutritivi di un alimento, sia perché tale composto e solo blandamente tossico. Gusto salato : sensazione mediata dalla percezione di sali ionizzati all’interno della saliva (principalmente sodio e potassio), con valenza gradevole se stimolante assoni del salato buonoe con valenza sgradevole se stimolante assoni del salato cattivo tramite, rispettivamente, due tipologie di recettori recettori a bassa soglia (gradevoli) e recettori ad alta soglia (sgradevoli) -

NaCl

71

-

KCl CaCl2 LiCl NaI NaF

Soglia del gusto salato gradevole : per il cloruro di sodio è 0,01 M sia perché tali concentrazioni di sodio sono utili, sia perché non sono tossiche. Soglia del gusto salato sgradevole : per il cloruro di sodio è estremamente maggior edi 0,01 M, sia perché tali concentrazioni di sodio sono inutili, sia perché sono tossiche. Gusto acido : sensazione mediata dalla percezione della concentrazione di ioni idrogeno all’interno della saliva (prodotti spesso dalla decomposizione degli alimenti), con valenza affettiva sgradevole ma soggetta a mutamenti interpersonali, tramite la stimolazione degli assoni dell’acido mediante cellule gustative per l’acido. Soglia del gusto acido : per l’acido cloridrico è di 0,0009M, sia perché tali sostanze non sono, in genere, utili per l’organismo, sia perché possono essere molto dannose. BOTTONI GUSTATIVI : piccoli organelli a forma di cipolla e preposti alla trasduzione degli stimoli sapidi in stimoli elettrici, dal diametro di circa 1/30 di mm e dalla lunghezza di circa 1/16 mm, composti da circa 50 cellule ciascuno – cellule gustative centrali sorrette da cellule sustentacolari al contorno – e caratterizzati da un canalino cilindrico centrale aperto nel cavo orale – poro gustativo – nel quale interno sporgono i villi recettivi veri e propri delle cellule gustative e da numerose terminazioni sensitive avvolte attorno al bottone, che vanno a formare sinapsi con le cellule gustative entrando nelle loro scanalature di membrana. -

Cellule gustative : cellule responsabili della trasduzione elettrica dello stimolo chimico, dalla vita media di 10 giorni, (nei mammiferi inferiori) caratterizzate da una membra apicale possedente uno o più ciglia ricche di recettori gustativi per uno stesso stimolo sapido, da membrane laterali adese tramite giunzioni aderenti a cellule di sostegno, e da una membrana basale carica di vescicole di neurotrasmettitori – sostanza P – formanti una sinapsi chimica attiva con gli assoni delle cellule sensitive primarie dei gangli genicolato, nodoso e giugulare.

-

Cellule sustentacolari : cellule cilindriche disposte a corolla attorno alle cellule gustative, rappresentanti stati non ancora maturi delle stesse cellule recettoriali, suddivisibili in cellule del primo tipo, estremamente immature e secernenti sostanze tensioattive lavanti i recettori sapidi dai loro stimoli ed in cellule del terzo tipo, caratterizzate da un medio stadio di differenziazione e formanti già sinapsi con i propri neuroni recettoriali.

-

Cellule staminali : cellule componenti la porzione basale del bottone gustativo, a forma prevalentemente piramidale, coinvolte nella funzione di sostituzione continua delle cellule gustative degenerate e senescenti con nuovi elementi attivi; queste cellule consentono la graduale sostituzione degli elementi attivi.

Bottoni gustativi della lingua : sono posti sulla superficie delle papille vallate, fungiformi e foliate in raggruppamenti ben ordinati, dove svolgono la maggior parte della percezione gustativa della bocca, essendo innervati da : -

2/3 anteriori della lingua : neuroni sensitivi primari del ganglio genicolato del nervo faciale 1/3 posteriore della lingue : neuroni sensitivi primari del ganglio petroso del nervo glossofaringeo

Bottoni gustativi di orofaringe, vie aeree e porzione superiore dell’esofago : bottoni gustativi sparsi in conformazione isolata sulla superficie mucosa della rinofaringe, dell’orofaringe, dell’epiglottide, della laringe, e della prima porzione dell’esofago, innervate tutte dai neuroni sensitivi primari del ganglio nodoso tramite vago.

72

-

Funzionamento : non appena uno stimolo sapido viene disciolto dalla soluzione acquosa salivare esso va a penetrare all’interno del poro gustativo, stimolando i recettori transmembrana delle ciglia sensitive delle cellule gustative; in questo modo esse avviano una cascata di reazioni intracellulari finalizzata al rilascio di sostanza P nella sinapsi basale.

Pulizia del bottone gustativo : particolari cellule secernenti poste dentro e fuori al bottone gustativo permettono la secrezione di tensioattivi e detergenti capaci di liberare il poro gustativo dagli stimoli sapidi per una loro desaturazione estremamente veloce (finalizzata all’attivazione di una nuova risposta) -

Specificità per assone : la percezione gustativa specifica di una particolare cellula gustativa di un bottone gustativo non è legata alla qualità del messaggio elettrico che produce ma, come nella retina, alla specificità del determinato assone che stimola, e quindi, dell’effetto che un determinato canale elettrico ha sul sistema nervoso centrale; ci sono, quindi, assoni che se stimolati danno il dolce, il salato, l’amaro, l’acido e l’umami. NOTA ! Se ad un particolare recettore, posto fenotipicamente in una posizione che ne dona la capacità di trasdurre lo zucchero come dolce, facciamo esprimere il recettore per l’amaro, automaticamente tutte le molecole amare saranno percepite come dolci.

-

Specificità per concentrazione di stimolante : ogni bottone sinaptico possiede cellule gustative specifiche per ogni gusto, tuttavia, una concentrazione lieve di molecole sapide fa attivare solo la percezione gustativa specifica delle cellule gustative maggiormente espresse, mentre una concentrazione elevata di molecole sapide, fa attivare tutte le percezioni gustative di tutte le cellule contenute nel bottone gustativo; in questo modo, essendo la conentrazione di determinate cellule gustativa variante sulla lingua, ci sono zone della lingua più propense a percepire un tipo di gusto (ma non incapaci di percepirne gli altri)

RECETTORI GUSTATIVI : sono proteine transmembrana in grado di convertire una particolare concentrazione di un'unica famiglia di stimoli sapidi in soluzione salivare nella secrezione di neurotrasmettitori – sostanza P – dalla base della cellula gustativa, tramite due tipologie di effetti cellulare – trasduzione del segnale intracellulare via proteine G oppure depolarizzazione diretta della membrana plasmatica. Recettori 7TM associati a G-protein : questa famiglia di proteine, alla quale appartengono i recettori per il dolce, per l’amaro e l’umami, sono tutte proteine transmembrana 7TM associate ad una proteina G rimerica – gutsducina – lievemente differente da recettore a recettore, in grado di stimolare il rilascio di neurotrasmettitore – sostanza P – dalla base della cellule mediante diversi meccanismi. -

Recettori T1R per il dolce e l’umami : classe di due recettori della famiglia Tast Receptors, piuttosto simili fra loro, entrambi associati alla proteina G gustducina per la trasduzione del segnale ed entrambi eterodimeri delle isoforme di T1R condividenti l’isoforma T1R3, in grado di bloccare la fuoriuscita di potassio dalla cellula causando un’iperpolarizzazione di membrana responsabile del rilascio del neurotrasmettitore. per il dolce T1R1/T1R3 : recettore massimamente eccitato dalla saccarina per l’umami T1R2/T1R3 : recettore massimamente eccitato dall’L-glutammato

-

Recettore VR2 per l’amaro : classe di recettore 7TM estremamente sensibile al proprio ligando, appartenente alla famiglia di proteine transmembrana, caratterizzato da una gustducina trimerica attivante due differenti vie di segnalazione per il rilascio calcio indipendente del neurotrasmettitore : l’attivazione della via della fosfodiesterasi mediante la subunità α attiva e l’attivazione della via della fosfolipasi C mediante la subunità β3 e γ13.

73

Recettori con trasduzione per depolarizzazione diretta : famiglia di canali transmembrana alla quale fanno capo i recettori per il salato e per l’acido, inducenti il rilascio calciodipendente delle vescicole di neurotrasmettitore – sostanza P – tramite una depolarizzazione diretta della membrana plasmatica cellulare, senza proteine di trasduzione intermedie, ottenuta permettendo un flusso netto di cationi in ingreso nella cellula. -

Recettori per il salato a bassa soglia ENAC : famiglia di canali transmembrana passivi estremamente sensibili al sodio, sensibili all’amiloride, al potassio e al cloro, inducibili direttamente da un meccanismo aldosterone dipendente (quindi regolabili in base alla natremia) in grado di depolarizzare la membrana delle cellule gustative anche a basse concentrazioni di sodio e medianti la sensazione gradevole del salato. Inattinazione temperatura dipendente : i canali ENAC sono inattivati al 70% per temperature eccedenti i 40C° (facili da trovare in una pietanza) permettendo di percepire una pietanza calda (come il brodo) molto meno salata di quanto non sia normalmente.

-

Recettori per il sodio ad alta soglia : famiglia di canali trasmembrana passivi, poco sensibili ai cationi e all’amioride, non inducibili da un meccanismo aldosterone dipendente in grado di depolarizzare la membrana plasmatica solamente ad elevate concentrazioni di sodio, quindi, medianti la sensazione sgradevole del salato.

-

Recettori per l’acido : recettori a canale ionico transmembrana – TRP o transient receptor potentials – in grado di determinare un rilascio voltaggio-dipendente dei neurotrasmettitori dalla base cellulare mediante una depolarizzazione di membrana indotta dal blocco della fuoriuscità iperpolarizzante di ioni potassio dalla cellula mediante un flusso netto dio ioni idrogeno nella cellula (non si capisce il nesso logico) Livello di CO2 e recettori per l’acido : sulla superficie esterna della cellula, vicino ai recettori per l’acido, sono presenti numerose anidrasi acide, in grado di convertire la CO2 in acido carbonico che, tramite la propria dissociazione, va immediatamente a stimolare tali recettori.

VIE CENTRALI ED ELABORAZIONE DEL GUSTO : l’elaborazione centrale delle informazioni provenienti dai 5 differenti canali del gusto permette una discriminazione affettiva centrale dello stesso, una coscienza di cosa si sta mangiando ed una serie di risposte riflesse prodigestive o espulsive del cibo ingerito. Neuroni sensitivi primari : sono neuroni gangliari contenuti nel ganglio gnicolato del faciale, ne ganglio petroso del glossofaringeo e nel ganglio nodoso del nervi vago, in grado di raccogliere i singoli assoni centrifughi dal nervo vago, nervo glossofaringeo e nervo faciale per poi inviare unovi assoni centriperti andanti a terminare sui neuroni sensitivi secondari del nucleo solitario. Neuroni sensitivi secondari : sono neuroni centrali nucleari, contenuti tutti all’interno del nucleo gustativo del tratto solitario, in grado di raccogliere segnali centrifughi profenienti dal tratto solitario ed inviare segnali ai neuroni motori del centro del vomito, che mediano l’espulsione degli alimenti, ai neuroni del nucleo motore del nervo vago, che mediano la contrattilità e l’attività gastrica ai neruoni dei nuclei salivatori, che mediano la salivazione, ai neuroni del nucleo ipotalamico ventromediale e laterale, che media il senso di sazietà, ai neuroni dei nuclei basali, che mediano il carattere affettivo del cibo, ed ai neuroni sensitivi terziari del nucleo posteromediale talamico. Neuroni sensitivi terziari : sono neuroni centrali talamici in grado di integrare le afferenze trigeminali con quelle gustative andando a inviare ‘informazione alla corteccia gustativa dell’insula, dell’area prefrontale e dell’area somatosensoriale 1 ADATTAMENTO AL GUSTO : nell’arco di circa 1 minuto dalla stimolazione con una stessa tipologia di gusto, si avvia un processo di veloce adattamento, che porta alla riduzione sostanziale del livello di percezione di quel gusto, sino

74

ad un minimo che persiste al persistere della medesima stimolazione; questo meccanismo è mediato da un’adattamento recettoriale e da un adattamento centrale -

Adattamento recettoriale : è responsabile della metà del fenomeno di adattamento al gusto ed è causato dalla lenta diminuzione della frequenza di scarica della cellula gustativa se sottoposta per un determinato periodo alla medesima stimolazione.

-

Adattamento centrale : è responsabile dell’altra metà del fenomeno di adattamento al gusto, ed è causata dalla lenta diminuzione della percezione della frequenza di scarica basale delle cellule gustative.

OLFATTO : OLFATTO : l'olfatto è un senso chimico sensibile alla comparsa di nuove molecole aeree almeno in parte lipo e idrosolubili (ma non in grado di valutanre la concentrazione) che consente di valutare le qualità istantanee e generali dell'aria esterna, eventuali proprietà chimiche e biologiche di cibi od oggetti ed la salute o la salubrità di un'altra persona; esso, al contrario degli animali, non è in grado di riconoscere una singola molecola, ma un "blend" o miscela di molecole determinati lo schema stimolatorio di una determinata informazione o caratteristica. ADATTAMENTO DEL SENSO DELL'OLFATTO : il senso dell'olfatto serve solo ad avvisarci se nell'ambiente è comparso un nuovo odore, non ha la finalità di indicarci la variazione della sua quantità, o la sua intensità; nei primo secondo di esposizione all'odore la sua percezione cala quindi del 50%, tramite fenomeni calcio dipendenti di adattamento recettoriale, per poi calare lentamente di un altro 50% (scomparendo definitivamente) tramite fenomeni d'inibizione glomerulare guidata dai granuli del bulbo olfattivo; questo perché :  

Scappiamo dall'odore che ci terrorizza appena lo sentiamo Se restiamo la stimolazione deve socmparire

Recettori a nucleotidi ciclici basati su GMPc : sono dei particolari recettori ad adattamento molto lento, scaricanti su glomeruli a collana del bulbo, importante del primo trimestre di vita per l'individuazione del capezzolo dal quale suggere. ALTRE STRUTTURE RECETTORIALI COINVOLTE : RECETTORI TRIGEMINALI : possiedono il ruolo di informare il cervello sulla pericolosità immediata dell'aria inspirata, come aria troppo fredda, aria troppo calda o gas tossici/irritanti per le mucose; a volte possono essere tratti in inganno da particolari sostanze chimiche :   

Mentolo : attiva i recettori trigeminali per il freddo, tuttavia non è un odore Capsaicina : attiva la risposta irritante della via olfattiva - lo starnuto CO2 : quando è molto concentrata provoca una stimolazione irritativa dei recettori trigeminali.

RECETTORI CHIMICI VESTIGIALI O SECONDARI : che ospitano recettori chimici con differenti proprietà, alcuni dei quali principalmente sviluppati negli animali, derivati dal medesimo nucleo embrionale del bulbo e dell'epitelio olfattivo. Ganglio di Grueneberg : Insieme di neuroni olfattivi che non si trovano nella mucosa olfattiva (che riveste le pareti dorso-laterali delle cavità nasali), bensì in quella respiratoria vicino all’uscita delle narici. Sono sensibili a temperatura e pressione: sono recettori per la qualità dell’aria che si inala, infatti attivano riflessi che vanno a proteggere le vie respiratorie, ad es. se l’aria è troppo fredda si tende a diminuire la profondità del respiro. Organo vomero-nasale o di Jacobson : piccolo organo olfattivo evoluto a partire dagli anfibi, utile nella percezione di comunicazioni ormonali sociali nei mammiferi inferiori e nell'organizzazione di risposte neuroendocrine in base ai feromoni ambientali, composto da due epiteli sensoriali disposti a mezzaluna alla ai due lati del vomere della base del setto nasale, ai quali le molecole odorose giungono dossolvendosi in un piccolo canalino pieno di muco, invianti

75

fibre centripete verso il bulbo olfattivo accessorio - amidala e ipotalamo neuroendocrino - regolando lo sviluppo ontogenetico tramite stimolazione del rilascio di gonadotropine e prolattina dall'ipofisi anteriore Utilità nell'uomo : nell’uomo è un organo vestigiale, presente nel 70/80 % dei casi a 2 cm dall’ingresso della narice (fossetta vomero-nasale), inattivo e privo di recettori connessi al bulbo olfattivo, che inizia a differenziarsi nel primo trimestre, a partire dal placoide olfattivo in neuroni che proiettano direttamente all’ipotalamo e funzionalmente molto importantu poichè forniscono la guida ai neuroni che producono gonadotropine. NOTA MEDICA ! Sindrome di Kallmann Nei feti che non sviluppano l’organo vomero-nasale questi neuroni restano ectopici e non sono in grado di liberare gli ormoni che stimolano l’ipofisi anteriore a rilasciare le gonadotropine: si manifesta la sindrome di Kallmann (ipogonadismo con anosmia). MEMBRANA OLFATTIVA : membrana epiteliale a forma circa rettangolare, dalla superficie di 2,5 Cm2 per lato, che ricopre la porzione superiore di entrambe le cavità nasali, estendendosi medialmente sulla porzione superiore del setto nasale e lateralmente a ricoprire il turbinato superiore e, a volte, il turbinato medio, composta da una palizzata di cellule cilindriche non eccitabili - cellule di sostengo - tra le quali si interpongono i neuroni piriformi chemocettori dell'olfatto - cellule olfattive - entrambe poggianti su uno strato di cellule staminali neurogene e epiteliogene di forma tondeggiante -cellule staminali - in grado di rigenerare le cellule olfattive e le cellule di sostegno, ancorate ad una lamina basale cribrosa in stretto contatto con la lamina cribrosa dell'etmoide; tra le cellule di sostegno si sviluppano piccole ghiandole acinose semplici - ghiandole del Bowmann - responsabili della secrezione di muco in grado di adsorbire tramite dissoluzione le molecole odorose aeriformi. 

Muco olfattivo : secrezione viscosa ed estremamente ricca di acqua, in grado sia di proteggere neuroni e celule di sostegno da un essiccamento fatale, sia di dissolvere gli odori anche parzialmente idrosolubili, al fine di consentirne l'interazione con i recettori olfattivi.

CELLULE OLFATTIVE : neuroni bipolari eccitatori glutamatergici modificati, a forma di pera dal diametro di 0,1 um e lunghezza sino a 200um, caratterizzati da una vita media di 30 giorni e continuamente sostituiti dalle staminali migranti dall'area sottoventricolare cerebrale alla base dell'epitelio olfattivo, composti da un'estremità apicale con 10-20 ciglia sensitive ricche di recettori depolarizzanti per l'odore e sporgenti dentro il muco olfattivo per 200um, e da una estremità basale dal quale diparte un lungo assone penetrante la lamina cribrosa sino a fare sinapsi glutamatergica eccitatoria con i glomeruli del bulbo; ogni neurone olfattivo produce un solo tipo di recettore che, tuttavia, può essere stimolato da differenti sostanze odorose. Disposizione dei recettori ; i neuroni olfattivi si dispongono, dall'alto verso il basso in ciascuna membrana olfattiva, in 4 fasce per lato, ciascuna caratterizzata famiglie di recettori diversi ma espressi in posizione casuale all'interno della medesima fascia. Attività elettrica del neurone olfattivo : ogni cellula olfattiva, possedendo una frequenza tonica basale di 0,3-3 Hz, inviata tramite il suo assone alle sinapsi glutamatergiche dei glomeruli nel bulbo olfattivo, presenta un 'attività elettrica trasduttrice imperniata sull'aumento (più frequente) sino a 1-20 Hz o diminuzione (più rara) sino a 0 Hz del suo tono basale tramite, rispettivamente, la depolarizzazione o l'iperpolarizzazione ligando-dipendente della membrana delle sue ciglia. 

Variazione della risposta neurale in base alla storia di stimolazione : particolari meccanismi intracellulare permettono al neurone olfattivo di rispondere con differente intensità ad una stimolazione ripetuta del medesimo odore; determinando un'interpretazione differente della medesima stimolazione nel bulbo olfattivo .

Imp : ogni neurone trasporta l’informazione relativa alla stimolazione di un singolo recettore ad un unico glomerulo nel bulbo olfattivo SOGLIA DEL SISTEMA OLFATTIVO : essendo la trasduzione olfattiva dotata di un'amplissima amplificazione del segnale via cAMP, possiede una elevatissima sensibilità a concetrazioni estremamente basse di stimolanti olfattivi, raggiungendo sensibilità estremamente maggiori degli strumenti analitici più recenti.

76

Imp : a volte, l'aumento della concentrazione di una molecola di sole 10 volte, può causare una saturazione completa dei recettori. Differenti soglie per recettori differenti : differenti concentrazione di un'unica molecola possono provocare percezioni del tutto differenti per la stessa; questo avviene per reclutamento di recettori a soglia via via differente. RECETTORI OLFATTIVI : Recettori transmembrana di tipo 7TM, con una piccola coda aminoterminale extracellulare ed una piccola coda carbossiterminale intracellulare, caratterizzati da un estremità extracellulare possedente domini 3-4-5 in grado di legare debolmente vari e differenti molecole odorose e di una estremità intracellulare associata ad una proteina G trimerica - proteina Golf - in grado di variare la polarità della membrana cellulare regolando il flusso di Cl- uscente dalla cellula, mediante la via dell'adenilato ciclasi o la via della IP3 

Estrema variabilità genomica dei recettori per l'olfatto : l'ampiezza dello spettro di molecole riconosciute è, in parte, dovuto all'estrema quantità di geni dedicati alla produzione di 300 o più recettori differenti fra loro; essi occupano la famiglia più ampia di geni nel genoma dei mammiferi - 2% del genoma - occupando (nell'uomo) circa 388 geni funzionalmente attivi presenti in tutti i cromosomi, escluso l'Y



Specificità recettoriale : siamo in grado di distinguere la presenza ma non la concentrazione di circa 300010000 molecole differenti fra loro, in base, si pensa : Alla lunghezza della catena di atomi di C (ottanolo odora di arancio, mentre l’eptanolo di violetta) Ai gruppi funzionali ( ottanolo odora di arancio, mentre l’acido ottanoico di rancido) Alla stereoisomeria (L-carvone odora di carruba, mentre il D-carvone è inodore)



Elevata amplificazione del segnale e sensibilità : l'elevatissima sensibilità della cellula olfattiva, anche ad un piccolo numero di molecole odorose, è attribuibile alle due vie parallele di segnalazione del segnale : la via amplificazione cAMP e la via di segnalaizone tramite IP3, entrambe risultanti nell'amplificazione del segnale mediante Ca.

MECCANISMO DI TRASDUZIONE : Legame alla molecola odorosa : appena un odore lievemente idrosolubile viene disciolto nel muco, una proteina legante stimoli odorosi - OBP - cattura la molecola e la presenta al recettore neurale che la lega tramite interazioni deboli. Trasduzione elettrica del segnali chimico : questa via consente ai recettori, tramite l'azione di una proteina G trimerica, di attivare una trasduzione del segnale cAMP e IP3 dipendente, in grado di attivare mediante un meccanismo calcio dipendente la fuoriuscita di cloro dalla cellula andando a variare il potenziale di riposo di 55mV. 

Nel ciglio sensitivo :

1. La Obp lega la molecola odorosa ai gruppi 3-5-6 del recettore permettendo l'attivazione della GolfGDP che si stacca come GolfGTP 2. La Golf-GTP attiva l'adenilato ciclasi di tipo 3 che converte l’ATP in cAMP, innalzandole la concentrazione e attiva la IP3 fosfolipasi che permette il rilascio di IP3 nel citoplasma 3. Alti livello di cAMP e IP3 attivano molti canali del calcio ligandodipendenti (I amplificazione) che causano l'ingresso di molto calcio extracellulare 4. La concentrazione di Ca intracellulare aumenta (II amplificazione) e causa un'attivazione dei canali del cloro calciodipendenti. 5. I canali del cloro calciodipendenti si aprono e permettono la fuoriuscita di cloro causando la depolarizzazione della membrana 

Nel cono di emergenza :

77

1. Il potenziale di membrana supera la soglia di treshold per il potenziale d'azione, causando la formazione di un potenziale d'azione nel cono che si dirige alla sinapsi. 

Nella sinapsi :

2. Il potenziale d'aizone attiva i canali del calcio voltaggiodipendenti che permettono l'ingresso del calcio nella sinapsi. 3. l'aumento della concentrazione sinaptica di calcio permette il rilascio delle vescicole di neurotrasmettitore. TERMINAZIONE DELLA TRASDUZIONE : siccome la membrana olfattiva deve essere pronta a percepire la comparsa di nuovi odori in mezzo a tanti altri, la trasduzione del segnale del neurone sensitivo per il medesimo stimolo dura estremamente poco, consentendo una nuova stimolazione dopo la stimolazione immediatamente precedente; questo viene attuato mediante un insieme di processi attivati durante la stimolazione stessa, il processo di eliminaizone dello stimolo odoroso dal recettore, da un processo di riduzione rapida del livello di cAMP e da un processo di disattivazione intrinseca del canale del Ca ligandodipendente Eliminazione dello stimolo odoroso dal recettore : essendo la molecola legata solamente tramite interazioni deboli, viene rilasciata nel millisecondo dal recettore, per poi essere sequestrata nuovamente dalle OBP (che ne impediscono un nuovo legame) per poi essere endocitata dalla cellula e degradata ossidativamente meditante la catena del citocromo P-450 Riduzione rapida della cAMP intracitosolica : questo processo prevede sia l'inattivazione dell'adenilato ciclasi tramite una chinasi attivata dallo stesso calcio - CAM, sia l'attivazione calciodipendente di una fosfodiesterasi degradante il cAMP intracitosolico, tutto avvenente durante lo stesso processo di trasduzione del segnale. Inibizione intrinseca del canale calcio : questo effetto permette di limitare il tempo di apertura del canale del calcio, e quindi del calcio entrante tramite questo canale, tramite un'azione inibitoria dello stesso calcio intracellulare sullo stato di apertura del proprio canale.

ELABORAZIONE BULBARE DELL’OLFATTO : come per tutte le altre stimolazioni di tipo sensitivo, la rilevazione dell'odore non si basa sulla qualità della risposta (frequenza o intensità) dei neuroni recettori ma sullo schema spaziale e temporale di attivazione assonica, e quindi dalla mappa di glomeruli attivati nel medesimo istante; ogni odore, quindi, viene riconosciuto per una codice neurotopica (o glomerulotopica) nel bulbo olfattivo. Infatti : difficilmente ci capita di percepire odori puri, ossia creati da una sola molecola, bensì, è molto più frequente una stimolazione da parte di più molecole differente, determinanti un timbro dell'odore molto simile al timbro dei suoni. BULBO OLFATTIVO : più che un ganglio è un'estroflessione claviforme dell'encefalo, disposto come adagiato sopra la lamina cribrosa dell'osso etmoide, possedente la funzione di contenere la rappresentazione neurotopica dei differenti odori composto dada numerosi interneuroni dopaminergici inibitori - cellule pterigoglomerulari e cellule dei granuli interni - e da pochi grandi neuroni eccitatori a lunga proiezione - 25 cellule mitrali e 60 cellule a pennacchio - che raccolgono i segnali provenienti da tutti gli assoni di neuroni olfattivi con i medesimi recettori in trutture sinaptiche specializzate - glomeruli - per poi generare lunghi assoni non mielinizzati scorrenti nel nervo olfattivo sino alla corteccia olfattiva laterale e alla corteccia olfattiva mediale; esso è responsabile della :   

Convergenza dei segnali olfattivi in un codice di popolazione glomerulare Integrazione principalmente inibitoria dei vari segnali recettoriali con afferenze centrali Amplificazione del segnale in uscita.

Glomeruli del bulbo : sono agglomerati di sinapsi conformati attorno al pennacchio dendritico delle cellule a pennacchio e delle cellule mitrali, responsabili della convergenza di tutti i segnali eccitatori provenienti dalle cellule olfattive con il medesimo tipo di recettore - circa 5000 cellule per glomerulo - ed inibiti dalle afferenze dopaminergiche integrative dei granuli e delle cellule pterigoglomerulari. ATTIVITA' ELETTRICA DEL BULBO :

78

Comunicazione centripeta del codice glomerulare dell'odore : ogni glomerulo raccoglie tutti gli assoni delle cellule olfattive possedenti il medesimo recettore, e quindi, la medesima specificità sensitiva; in questo modo ogni glomerulo media solamente un tipo di sensazione olfattiva e viene inviato al cervello un odore codificato in uno schema di attivazione glomerulare, si cosituisce, quindi, una di mappa glomerulotopica dei differenti stimoli sensoriali che, a seconda dello schema caratteristico di attivazione, media un differente schema odoroso al cervello. Integrazione inibitoria dei neuroni dopaminergici : i singoli neuroni pterigoglomerulari e dei granuli sono in grado di modulare il codice d popolazione glomerulare tramite un'inibizione laterale dei singoli glomeruli oppure, una deattivazione centrale degli stessi permettendo sia un veloce adattamento agli stimoli odorosi sia un' elevata variabilità della percezione del singolo odore a seconda dello stato dell'SNC sia un affinamento delle singole capacità di percezione odorosa. 

Modulazione centrifuga del codice glomerulare : fenomeno modulatorio eseguito da fibre eccitatorie centrifughe provenienti dalle porzioni olfattive del cervello, tramite tratto olfattivo, ed esercitante , un'azione inibitoria mediata dai neuroni pterigoglomerulari e dei granuli sulle cellule mitrali e a pennacchio in modo da affinare la percezione olfattiva, di inibirla o di modificarla a seconda dello stato dell'SNC



Modulazione intrabulbare del segnale glomerulare : fenomeno modulatorio generato dall'attività delle singole cellule mitrali e mediato dagli interneuroni inibitori in grado di affinare la percezione odorosa tramite inibizione laterale e di silenziarla nel fenomeno di adattamento.

TRATTO OLFATTIVO : viene rappresentato dal primo nervo cranico, ovvero, dall'insieme di assoni afferenti non mielinizzati e provenienti dalle cellule a pennacchio e mitrali, trasportanti il codice di attivazione glomerulare a due vie di elaborazione del segnale corteccia olfattiva mediale arcaica (archeocorteccia) e alla corteccia olfattiva laterale antica (paleocorteccia) e dall'insieme di assoni centrifughi non mielinizzati e trasportanti segnali inibitori e modulatori dall'ipotalamo sino alle cellule dei granuli. VIE CENTRALI DI ELABORAZIONE : il segnale olfattivo afferisce a tre gruppi di centri encefalici filogeneticamente distanti di elaborazione odorosa che ne esaminano le caratteristiche a tre livelli gradatamente differenti in complessità : i centri della corteccia mediale o archipallio, responsabili nella reazione istintiva agli stimoli odorosi (fuga, rabbia, pulsione sessulae), i centri della corteccia laterale o paleopallio, responsabili dell' interpretazione affettiva, innata e acquisita, ed i centri della neocorteccia olfattica o neopallio, responsabili dell'integrazione cosciente degli odori e della valutazione oggettiva degli stessi. CORTECCIA OLFATTIVA MEDIALE O ARCHIPALLIO : rappresenta la prima stazione di afferenza ed interpretazione del codice di popolazione glomerulare dal bulbo olfattivo, filogeneticamente primigenia, comprendente i nuclei basali del setto (localizzati lungo la sua linea mediana) ed i nuclei basali dell'ipotalamo, in grado di mediare particolari riflessi autonomi ipofisari e particolari riflessi motori basilari (come leccarsi le labbra, trattenere il fiato o stringere le narici) CORTECCIA OLFATTIVA LATERALE : rappresenta la seconda stazione di afferenza ed interpretazione del codice di popolazione glomerulare del bulbo, comprendente i corpi amogdaloidei, il corno d'ammone, il fornice e la corteccia prepiriforme e piriforme, possedente sia la funzione di via di conduzione diretta bulbo-corticale del segnale olfattivo, sia la funzione di elaborare sensazioni e comportamenti acquisiti rispetto a determinati stimoli. Funzione di conduzione diretta bulbo-corticale : questa parte di encefalo è l'unica che consente il collegamento diretto tra assoni del bulbo olfattivo e corteccia cerebrale del giro limbico (paleocorteccia), in modo da consentire l'assoziazione sentimentale ed emotiva degli stimoli olfattivi in base o meno ad esperienze pregresse. Funzione di riflessi di apprendimento olfattivo : grazie principalmente all'ippocampo (colonne del fornice e corno d'ammone) questa via permette di associare ad un odore caratteristiche di gradevolezza o sgradevolezza in base all'apprendimento di esperienze passate, guidando, in base ad esse, azioni riflesse quali il rigetto orale ed il vomito

79

Rigetto odoroso da apprendimento : uno stato patologico, specie se gastrointestinale e molto acuto, insorto dopo l'ingestione di alimenti con un'aroma tipico, o dopo la percezione di particolari odori ambientali, farà associare tale stimolazione olfattiva a reazioni cerebrali riflesse procuranti nausa e senso di vomito; questo sistema di apprendimento, infatti, permette agli animali di rifiutare preventivamente i cibi che possono causare danni. QUADRANTE POSTEROLATERALE DELLA CORTECCIA ORBITOFRONTALE : via di elaborazione del segnale olfattivo più recente e raffinata, ricevente l'informazione nervosa tramite mediazione del nucleo dorso-mediale del talamo e responsabile dell'analisi oggettiva e cosciente del codice di popolazione olfattivo proveniente dal bulbo.

GENERAZIONE COSCIENTE DEL MOVIMENTO : RUOLO DELLA CORTECCIA MOTORIA : Riassunto del libro Guyton, modificato sulla base del programma

CORTECCIA MOTORIA : porzione di neopallio occupante tutto il terzo posteriore del lobo frontale, confinando dorsalmente con la scissura di Rolando, inferiormente con la scissura del Silvio e medialmente, addentrandosi nella scissura interemisferica, con il giro del cingolo, rappresentante la più evoluta forma di arco diastaltico neoencefalico, ricevendo le afferenze sensoriali direttamente dai neuroni corticali sensitivi, in grado di determinare un movimento volontario tramite 3 fasi distine : una immaginazione del movimento nello spazio, una traduzione di tale immaginazione in un pattern temporale di movimenti, ed una traduzione di ogni singolo movimento in un pattern di attivazione muscolare. Strategia del controllo motorio corticale : siccome lo sviluppo di una contrazione mantenuta nel tempo del sistema muscolare deve essere strutturata in una prima contrazione attivante fasica ed intensa ed in un mantenimento a bassa energia della contrazione prima iniziata, allora, nella corteccia mooria dovranno esserci due famiglie di neuroni - neuroni fasici e neuroni tonici.  

Neuroni fasici : permettono un'attivazione veloce, intensa ma breve della fibra muscolare mediante una scarica ad alta frequenza ma non mantenuta nel tempo Neuroni tonici : permettono un'mantenimento della forza contrattiva muscolare mediante una scarica a bassa frequenza ma mantenuta nel tempo.

Strati della corteccia motoria : i neuroni della cortecci a motoria sono sudivisibili in 6 strati funzionalmente differenti:   

Strato I : possiede una funzione integrativa e di interconnessione con gli altri strati Strato II-IV : contiene numerosi granuli e piccole cellule piramidali con una funzione di ricezione ed integraizone degli stimoli somatosensoriali. Strato V : contiene grossi neuroni piramidali possedenti la funzione di inviare i segnali motori al midollo spinale.

CORTECCIA MOTORIA PRIMARIA (area 4) : area di corteccia occupante totalmente ed esclusivamente il labbro della circonvoluzione precentrale o prerolandica, dall'opercolo del frontale, esposto sulla scissura del Silvio, alla fine caudale della faccia mediale del lobo frontale (interemisferico) Ruolo della corteccia motoria primaria : corteccia possedende la funzione di tradurre ogni singolo movimento semplice (enagramma mentale), giunto dalle aree premotorie, in un pattern temporale di attivazione di muscoli agonisti ed inibizione di muscoli antagonisti da inviare al midollo spinale tramite una via diretta piramidale o una via indiretta extrapiramidale. Somatotopia della corteccia primaria : la corteccia motoria primaria possiede una corrisponsenza cranio-podalica del corpo di tipo latero-mediale; ed è occupata principalmente dai neuroni di controllo della bocca e delle mani, poiché sono in grado di attuare i movimenti più fini.

80



Controllo muscolare di faccia, occhi e bocca : zona ampia nella porzione più laterocaudale dell'area motoria primaria



Controllo muscolare della mano e del braccio : zona più ampia che occupa tuta la porzione laterale mediana dell'area motoria.



Controllo muscolare del tronco : zona più limitata che occupa l'apice craniale della corteccia motoria.



Controllo muscolare del piede e della gamba : zona media che occupa la faccia interemisferica dell'area motoria primaria.

Organizzazione colonnare della corteccia motoria primaria : la corteccia motoria primaria viene suddivisa in tante colonnine funzionalmente indipendenti, di diametro inferiore a 1mm e composte da 6 strati di materia grigia, con la funzione di integrare le afferenze sensitive e di controllo dal talamo e dalle altre aree corticali e di amplificare una risposta motoria a piccoli gruppi di neuroni sinergici, controllanti uno o più muscoli agonisti allo stesso movimento; questi neuroni possono suddividersi funzionalmente in neuroni piramidali fasici o neuroni piramidali tonici. CORTECCIA MOTORIA SECONDARIA O PREMOTORIA (area 6) : area di corteccia posta 1-3 cm anteriormente all'area motoria primaria, estesa dall'opercolo del frontale sporgente nella scissura del Silvio, sino alla scissura longitudinale che la separa dall'area motoria accessoria; essa presenta 4 suddivisioni funzionali aggiuntive in aree singole preposte al controllo delle mani, dei muscoli vocalizzanti, del movimento degli occhi e del movimento del collo (concorde con quello degli occhi) Ruolo dell'area premotoria : l'area premotoria anteriore possiede il ruolo di immaginare e disegnare nel tempo e nello spazio una sucessione di movimenti per un determinato fine, mentre, l'area premotoria posteriore, possiede il ruolo di codificare il disegno mentale in un pattern temporale di singoli movimenti semplici, che verranno inviati alla corteccia motoria primaria per essere tradotti in stimolazione dei neuroni motori. 

Area premotoria ventrale e neuroni a specchio : la particolare presenza di neuroni a specchio nell'area premotoria ventrale, consente ad essa di tradurre in un'immagine mentale del movimento come successione di singole azioni (come quando agisce per determinare un movimento volontario) una successione di movimenti osservati visivamente da un altro essere umano o ascoltati in una spiegazione verbale; quest'area è molto importante nell'imitazione e nell'apprendimento di nuovi movimenti dagli altri simili.

Somatotopia della corteccia premotoria : presenta una corrispondenza somatica cranio-podalica di tipo lateromediale, quindi ricalcando la specificità distrettuale delle singole aree con le quali confina; inoltre, viene suddivisa in singoli distretti che dimostrano una spiccata somatotopicità - aree premotorie specifiche Aree premotorie distrettualmente specifiche : 

Area premotoria di Broca : area premotoria coinvolta nella traduzione delle intenzioni verbali in un pattern temporale di movimenti vocalizzanti, al fine di consentire l'articolazione di movimenti efficaci a riprodurre il suo voluto.

Localizzazione : per i suoi stretti rapporti con i neuroni corticali primari dei muscoli della bocca e della lingua, si localizza anteriormente all'area della corteccia primaria comandante i muscoli vocali, ossia superiormente alla scissura del Silvio ed inferiormente all'area oculomotoria premotoria volontaria. 

Area premotoria oculomotrice volontaria : area premotoria coinvolta nella traduzione delle intensioni visive (attenzione mentale) in un pattern temporale di movimenti oculari, al fine di consentire l'articolazione di contrazioni dei muscoli oculari necessari a volgere lo sguardo nella direzione voluta.

Localizzazione : si localizza anteriormente all'area motoria primaria per i muscoli oculari, superiormente all'area di Broca ed inferiormente a quella rotatoria del capo.

81



Area premotoria motoria del collo : area premotoria connessa funzionalmente con quella oculomotria volontaria, possedente la funzione di tradurre le intenzioni di sguardo in un pattern temporale di movimenti di muscoli spino-spinali e spino-dorsali finalizzati all'articolazione di un movimento in grado di volgere le orbite verso il punto di attenzione desiderato.

Localizzazione : si localizza anteriormente all'area motoria primaria in una posizione superiore all'area oculomotrice volontaria ed inferiormente a quella di agilità motoria della mano. 

Area premotoria per l'agilità della mano : area premotoria coinvolta nella traduzione dell'immagine mentale del veloce movimento della mano in un pattern temporale di movimenti di muscoli intrinseci ed estrinseci della mano, finalizzati ad articolare dei veloci movimenti delle dita finalizzati ad uno scopo mentale.

Localizzazione : si localizza anteriormente alla porzione alta dell'area motoria primaria, posizionandosi superiormente all'area dei movimenti del collo ed inferiormente alla scissura interemisferica. AREA MOTORIA ACCESSORIA (area 8) : area più piccola d tutte le altre aree frontali motoria, localizzata cranioanteriormente all'area premotoria, nella porzione posteriore dell'area compresa tra solco interemisferico e scissura longitudinale del lobo frontale. Funzione dell'area motoria accessoria : permette la traduzione della componente statica e grossolana immagini mentali motorie in un pattern di movimenti prolungati e poco precisi, bilaterali, finalzzati al mantenimento di una postura corretta e compatibile a facilitare o a permettere l'immagine motoria. Somatotopia dell'area motoria accessoria : quest'area possiede una somatotopia totalmente differente da quella della aree motorie standard. AFFERENZE PRINCIPALI DELLA CORTECCIA MOTORIA FRONTALE : la corteccia motoria frontale integra le informazioni sensitive esterocettive e propriocettive genereli e le intenzioni mentali in modo da elaborare una reazione in accordo con l'attività modulatoria dei nuclei della base in grado i risolvere un determinato problema o di assolvere ad una determinata necessità mentale. Informazioni coordinative dall'altro emisfero : tramite le fibre del corpo calloso permettono di coordinare l'azione delle singole aree motorie dei due emisferi, per attuare risposte che possano coinvolgere entrambi gli antimeri del midollo spinale. Informazioi di nuclei ventro-posteriori del talamo: mediano le informazioni propriocettive ed esterocettive del corpo direttamente alla corteccia motoria. Informazioni dai nuclei ventro-anteriori del talamo : mediano le informazioni modulatorie per lìattività motoria da parte dei nuclei della base, del sistema reticolare (nucleo rosso) e del cervelletto. Informazioni sottocorticali dalla corteccia : media la informazione dalle aree somatosensitive, dalle aree acustiche, visive e dal lobo frontale anteriore. Informazione dei nuclei intralaminari ; mediano, tramite radiazione callosa, tutte quelle fibre responsabili dell'attivazione aspecifica della corteccia mediante sistema reticolare truncale ascendente. FEEDBACK SOMATOSENSORIALE : meccanismo attraverso il quale le fibre provenienti dai fusi neuromuscolari e dai recettori tattili della pelle possono ritornare centripetamente alla corteccia motoria primaria dove inducono un meccanismo di ronforzo dell'attività motoria delle fibre muscolati mediante un feedback positivo sui neuroni motori piramidali primari : 

Fusi neuromuscolari : se durante una contrazione muscolare si contraggono maggiormente i fusi del muscolo stesso, il loro centro viene stirato, provocando l'invio di segnali centripeti in grado di aumentare la frequenza agonista dell'impulso contrattivo nel neurone primario corticale.

82



Recettori tattili : una stimolazione dei recettori attili della pelle durante una presa induce i neuroni somatomotori primari corticali a potenziale tale contrazione.

VIE DI COMUNICAZIONE MOVIMENTO VOLONTARIO : la corteccia motoria può inviare l'impulso motorio ai neuroni piramidali secondari, interneuroni tonici o addirittura a neuroni sensitivi secondari del midollo o dei nuclei del tronco encefalizo mediante due vie differenti per funzione e composizione; una via piramidale, per il il controllo diretto di tipo fasico del movimento cosciente e fine, ed una via extrapiramidale, mediata dai nuclei della base, dal cervelletto, e dai nuclei reticolari del tronco encefalico, pe un controllo di tipo tonico dell'interneurone o del secondo neurone piramidale. VIA PIRAMIDALE : via raccogliente gli assoni piramidali eccitatori per il 30% dall'area motoria primaria, per il 30% dalle aree premotoria e accessoria e per il 40% dalle aree somatosensitive primarie, per poi discendere nel ginocchio e nei 2/3 anteirori del braccio posteriore della capsula interna (centro semiovale), disponendo l’homunculus motorio con i la testa nel ginocchio ed i piedi tra il terzo posteriore e i 2/3 anteriori del braccio posteirore; continuano nel tronco con homunculus motorio avente testa medialmente e piedi lateralmente, passando inizialmente nei 3/5 mediali del peduncolo cerebrale mesencefalico, successivamente tra i nuclei basilari della porzione basilare ponte ed infine nelle piramidi del bulbo, dove avviene la decussazione motoria delle piramidi nella quale l’85-90% delle fibre (le più laterali) decussano mantenendo la medesima somatotopia iniziale (mano mediale-piede laterale) – fascio cortico-spinale laterale - mentre il 15-10% delle fibre (quelle più mediali) restano omolaterali – fascio corticospinale anteriore- per poi decussare alla commissura bianca del mielomero innervato. 

Fibre piramidali delle aree motrici primarie e premotorie : sono il 60% delle fibre piramidali ed entrano in sinapsi diretta con i neuroni somatomotori secondari di midollo e tronco.

Fibre sottili e di medio diametro :sono l’85-90% delle fibre piramidali, scarsamente mielinizzate e dal diametro di 4 um, che entrano in sinapsi indiretta mediata da interneuroni con grossi gruppi di neuroni somatomotori secondari di midollo e tronco in modo da stimolare i motoneuroni sinergici andando contemporaneamente ad inibire i neuroni antagonisti Fibre delle cellule di Beltz dell’area 4 : sono il 3% delle fibre piramidali, grosse 16 um e molto mielinizzate, trasmettenti segnali ad una velocità di 70m/s, che entrano in sinapsi diretta con piccoli gruppi di motoneuroni secondari del rigonfiamento midollare lombosacrale inviando rami collaterali ricorrenti che inibiscono le stesse cellule di beltz, in un circuito di affinamento del movimento. Fascio cortico-spinale ventrale (decussazione distale) : contiene fibre destinate ai mielomeri cervicali e primi toracici decorrendo nel funicolo anteriore in prossimità della fessura mediana del midollo spinale omolaterale sino a scomparire al 2° o 3° mielomero toracico; esso contatta pochi motoneuroni secondari dell’antimero opposto, molti interneuroni eccitatori ed i neurone sensitivo secondario mediante decussazione attravreso commissura bianca del mielomero bersaglio. 

Ruolo : il fascio corticospinale diretto o ventrale è composto pincipalmente a fibre della corteccia accessoria (area 8) finalizzate al controllo bilaterale grossolano dei muscoli posturale del tronco.

Fascio cortico-spinale laterale (decussazione prossimale) : contiene le fibre destinate agli ultimi mielomeri toracici ai mielomeri lombari e sacrali decorrendo nella porzione posteriore del funicolo laterale del midollo spinale controlaterale sino a scomparire presso il 4° mielomero sacrale; esso contatta pochi motoneuroni secondari nel corno anteriore dell’antimero occupato, molti interneuroni eccitatori e qualche neurone sensitivo secondario. 

Ruolo : fascio che contiene, per eccellenza, le cellule di Beltz specifiche dell'ara 4; questo fascio consente il controllo diretto e fine dei muscoli degli arti, in modo essenzialmente unilaterale.

Sistema motorio laterale : i fasci cortico spinali laterali scorrono nel cordone laterale della sostanza bianca dle midollo spinale assieme ai fasci rubro-spinali, formando una via con funzione parallela. Collaterali del sistema piramidale :

83

Circuito tipo Renshaw dei neuroni piramidali giganti di Beltz : i neuriti di grosso calibro delle cellule di Beltz producono collaterali ricorrenti che raggiungono l’area motrice 4 della corteccia contattando interneuroni inibitori in grado di inibire l’eccitamente delle cellule di Beltz, in un circuito di inibizione laterale finalizzato alla raffinazione del controllo motorio. Collegamento alla via extrapiramidale : nel ponte e nel bulbo le fibre piramidali emettono collaterali eccitatorie per i nuclei del circuito extrapiramidale/reticolare – gangli della base, formazione reticolare, nucleo rosso, sostanza nera, olive inferiori, nuclei vestibolari Collegamento alla via esopiramidale : discendendo nel ponte e nel bulbo le vie fibre piramidali emettono collaterali per portare gli enagrammi rispettivamente ai neuroni basilari del ponte, ai neuroni del nucleo arcuato ed ai neuroni della sostanza reticolare, per informare il cervelletto dell’attività motrice intenzionale. 

Fibre ponto-cerebellari : originano dai nuclei basilari del ponte e si connettono alla corteccia cerebellare omo e controlaterale mediante il peduncolo cerebellare medio.



Fibre arcuo-cerebellari : originano dal nucleo arcuato per decorrere verso la corteccia cerebellare omo e controlaterale mediante il peduncolo cerebellare inferiore seguendo due vie differenti:



Fibre arciformi esterne ventrali : scorrono verticalmente lungo la superficie ventrale esterna del bulbo



Strie midollari : decorrono antero-dorsalmente lungo il rafe bulbare per poi raggiungere il centro del pavimento del 4 ventricolo percorrendolo medio-lateralmente con le strie midollari (ben visibili)



Fibre reticolo cerebellari : originano dalla formazione reticolare pontina per andare a terminare sulla corteccia omo e controlaterale del cervelletto mediante peduncolo cerebellare inferiore

VIA CORTICO-RUBRO-SPINALE : via parallela alla cortico-spinale o piramidale, finalizzata al controllo delle componenti fasico-posturali alla base dei movimenti fini delle appendici estreme degli arti superiori; ovvero, finalizzata al supporto del movimento piramidale fino (come quello delle dita della mano) con un movimento mantenuto e posturale che lo faciliti (come quello dell'estensione del polso) tramite ricezione degli enagrammi motori corticali ed traduzionene in pattern di attivazione di singoli muscoli da parte del nucleo rosso. Nucleo rosso : nucleo di sostanza reticolare presente posteriormente ai peduncoli cerebrali del mesencefalo, suddivisibile in una porzione parvocellulare, più recente ed occupante la sua metà superirore, possedente la funzione essenzialmente integrativa di intermediare ed integrare le afferenze cerebellari regolatorie alla corteccia motoria primaria e premotoria, ed una porzione magnocellulare, più antica ed occupante la sua metà inferiore, possedente la funzione essenzialmente motoria di tradurre le sequenze tonico-posturali della via piramidale in pattern di attivazioni di singoli muscoli e di elaborare reazioni fuscolari fasiche sulla base di impulsi cerebellari per correggere i movimenti. 

Somatotopia della porzione magnocellulare motoria : come la corteccia motoria primaria e premotoria presenta un'organizzazione somatotopica rappresentante tutte le aree muscolari del corpo, con una suddivisione meno precisa rispetto alla corteccia cerebrale.



Composizione di neuroni prevalentemnente fasici : il nucleo rosso contiene molti neuroni fasici al fine di mediare le correzioni delle azioni motorie tramite il controllo di contrazioni rapide da parte del cervelletto.

Afferenze della porzione magno-cellulare del nucleo rosso : 

Via cortico-rubro : fasci di fibre derivanti dai neuroni delle aree motorie accessorie che, una volta usciti dai fasci piramidali dei peduncoli cerebrali mesencefalici, vanno a terminare sui neuroni di grosso calibro della porzione magnocellulare, con la funzione di portare i pattern mentali della sucessione di movimenti tonico-posturali.

84



Collaterali del sistema piramidale : collaterali ai fasci che normalmente terminano ai mielomeri midollari, originati dai peduncoli cerebrali, in grado di mediare i pattern di attivazione muscolare ai neuroni magnocellulari del nucleo rosso, i quali adattano la risposta tonico-posturale in base ad essi.

Via rubro-spinale : via decussante nella porzione inferiore del bulbo e continuante all'interno dei cordoni laterali controlaterali del midollo spinale, in posizione ventrale rispetto ai fasci corticospinali crociati laterali, composta da assoni eccitatori dipartenti dai neuroni magnocellulari della metà inferiore de lnucleo rosso destinati a terminante in modo fasico-correttivo o tonico-posturale sia su interneuroni eccitatori della sostanza grigia intermedia del mielomero bersaglio sia sui neuroni motori secondari del corno anteriore controlaterale. 

Via motoria laterale : viene composta da tutti gli assoni con funzione motoria scorrenti all'interno della colonna laterale di sostanza bianca spinale, comprendendo la via cortico-spinale crociata laterale e la via cortico-rubro-spinale, entrambe con funzione di controllo e raffinamento dei movimenti volontari

NUCLEI DELLA BASE : Riassunto sulla base del Baldissera, riorganizzato sulla base del programma

SISTEMA DEI NUCLEI DELLA BASE : Insieme di circuiti paralleli e segregati cortico-sottocortico-corticali con finalità modulatoria molto flessibile sulle differenti aree corticali ai quali proiettano - inibitoria (non eccitatoria) o eccitatoria - tramite un pattern finalizzato alla risoluzione di determinati obbiettivi, motori o cognitivi. 

Sistema parallelo : la costituzione del sistema dei nuclei basali come un sistema di strutture agenti in parallelo consente loro di adattarsi a varie risoluzioni di problemi tramite l'attivazione e la composizione di diverse vie

Aspetti complessi congitivomotori: controllano gli aspetti organizzativamente complessi del movimento, come l'apprendimento procedurale, la ripetitività, il movimento rapido in situazioni di variabilità ambientale, la motivazione. Afferenze dei nuclei della base : sono fibre eccitatorie di tipo glutamatergico che provengono dalla corteccia cerebrale - fibre cortico-striatali - o dai nuclei intralaminari del talamo - complesso nucleare parafascicolarecentromediano. 

Nuclei di ricezione : nuclei che ricevono connessioni afferenti da talamo e corteccia, rappresentati interamente dallo striato.

Corpo striato : massa di materia grigia derivata dal ganglio basale del telencefalo, con funzione di ingresso e prima integrazione dei segnali, composta da una formazione dorsale congitivo-motoria, suddivisa dalla capsula interna in nucleo caudato e putamen, rappresentante la zona d'ingresso del talamo e della neocorteccia ed una formazione ventrale emotiva affettiva, rappresentante la zona d'ingresso per la paleocorteccia ed il sistema limbico. o

Organizzazione microfunzionale dello striato (striosomi e matrice) : il corpo striato si compone di un mosaico di piccole unità funzionalmente indipendenti, suddivisibili in cluster di piccoli neuroni che esprimono bassi livelli di acetilcolinesterasi - striosomi - che ricevono le afferenze cortico-striatali dello strato 5 profondo della corteccia (prevalentemente limbica) e che inviano le efferenze strio-nigrali alla pars compacta della substantia nigra, immersi in una matrice addensata di neuroni ricchi di acetilcolinesterasi, che riceve le afferenze cortico-striatali dallo strato 2-3 e 5 superficiale della corteccia ed invia le proiezioni ai neuroni GABAerdici della pars reticolata della substantia nugra; tutto lo striato è composto da una prevalenza di neuroni di proiezione su interneuroni nel rapporto 3:1

Neuroni di tipo I Golgi di proiezione : sono i neuroni inibitori che compongono la maggior parte dello striato, presentanti caratteristiche omogenee fra loro, ovvero un esteso albero dendritico in grado di produrre fitti rapporti interstriatali, ed un attività GABAergica inibitoria unità alla secrezione di un neuropeptide specifico per il bersaglio da inattivare (sostanza P, encefalina, neurotensina).

85

Attività elettrica : questi neuroni possiedono una attività di scarica fasica inibitoria (GABAergica) a bassa frequenza - via diretta inibita via indiretta disinibita --> inibizione di Gpe --> disinibizione di NST -->Attivazione di Gpi/SNpr --> inibizione talamica --> minore ecccitazione glutamatergica corticale Minore dopamina dalla NRpc --> interneuroni colinergici stratali attivati --> neuroni GABAergici di proiezione congelati --> nessuno shifting tonico all'inizio del movimento --> permane la via indiretta attivata Patologie ipercinetiche : patologie caratterizzate da una maggiore facilità nell'iniziare (anche involontariamente) o nell'esagerare un movimento (sia in forza che in velocità) e da una discinesia ed ipertonia motoria anche a riposo, determinate da un danneggiamento nell'attivazione della via indiretta di inibizione dei pattern motori scorretti causante, all'attivazione del canale, una iperstimolazione dei nuclei talamici eccitatori mediatori. 

Corea di Hungtington : meccanismo patologico che determina una minore attività del nucleo subtalamico nella attivazione dei meccanismi di output inibitori dei nuclei talamici stimolatori per selettiva distruzione dei neuroni GABAergici striatali di proiezione (della via indiretta) inibitori della risposta del Gpe (eccitatori del NST); questo determina un rinforzo della via diretta di disinibizione talamica e, quindi, di stimolazione

91

corticale rispetto alla via indiretta, per via di una maggiore attività inibitoria del Gpe sul NST e, quindi, sui meccanismi di output inibitori talamici; questo determina movimento involontari o volontari di estrema velocità, violenza e diacinesia, che scompaiono solo durante il sonno. Minore attività dei neuroni GABAergici inibitori il Gpe --> maggiore attività del Gpe --> minore attività del nucleo subtalamico --> inibizione diretta di Gpi/SNpr --> attivazione talamica --> attivazione corticale 

Emiballismo : meccanismo patologico determinato da una minore attività inibitoria della via indiretta sui nuclei eccitatori talamici per distruzione uni o bilaterale del nucleo subtalamico per eventi necrotizzanti, determinante un rinforzo dell'azione inibente dei nuclei di output e stimolante dei nuclei talamici, con generazione di movimenti volontari o involontari di estrema ampiezza e inusitata violenza (ballismo) o con fenomeni coreici di movimenti involontari scoordinati e violenti, entrambi inibiti dal sonno.

Minore attività o nulla attività del NST --> maggiore inibizione diretta del Gpi/SNpr --> attivazione talamica --> attivazione corticale

FUNZIONI ELEVATE DELL’ENCEFALO : SISTEMA LIMBICO :

Integrazione delle lezioni d Reggiani alle informazioni del sito internet brain from bottom to top ed al Baldissera SISTEMA LIMBICO : sistema di nuclei encefalici, diencefalici e di paleo e archipallio responsabile delle risposte vegetative allostatiche (prevalentemente tramite ipotalamo) e delle pulsioni motivazionali e istintive entrambe elaborate in base alla coloritura emotiva dei pensieri o dei fatti che passano attraverso il nostro flusso di coscienza, composto da un nucleo centrale diencefalico – ipotalamo – che elabora le connotazioni emotive alle informazioni che giungono ad esso da numerose aree sensitive sottocorticali – setto, area preolfattoria, nuclei anteriori del talamo, nucleo accumbens, sistema ippocampico e amigdala – il tutto contornato da un anello di paleocorteccia – giro del cingolo – che ne media la comunicazione verso la neocorteccia. CONTROLLO EMOTIVO DELLE FUNZIONI MENTALI O MOTORIE : il sistema limbico permette di colorare con una connotazione emotiva positiva o negativa una determinata informazione mentale tramite un circuito della gratificazione ed un circuito della punizione che ci permette di organizzare tutta la nostra spinta comportamentale nell’economia della riduzione del livello di attività dei centri della punizione, inibendo i comportamenti con valenza negativa, e di aumento dell’attività dei centri della gratificazione, rinforzando e ripetendo i comportamenti co valenza positiva. Circuito della gratificazione : centri la quale attivazione nervosa dona, in modo subconscio, una connotazione positiva generale all’ambiente elaborativo cosciente mentale, permettendo rinforzare positivamente una catena di pensieri o un comportamento gratificante; questo circuito si dispone in nuclei

92

situati lungo il fascio mediale del prosencefalo ovvero nel sistema dopaminergico ventrale.

-

Sistema dopaminergivco ventrale : sistema di vie dopaminergiche ascendenti e discendenti lungo il fascio mediale del prosencefalo, con centro nel area tegmentale ventrale del mesencefalo e passanti tramite l’ipotalamo laterale per terminare con un fascio mesolimbico al nucleo accumbens e con un fascio mesocorticale alla corteccia prefrontale, responsabile del rinforzo delle situazioni gratificanti e della connotazione positiva del loro ricordo. Imp : il sistema dopaminergico ventrale è parallelo al sistema dopaminergico dorsale, con centro nella sostanza nera, che, tramite fascio nigro-striatale determina l’inibizione dei comportamenti motori corticali. Altre connessioni : Ipotalamo laterale e ventromediale Amigdala (Amigdalo) – Ippocampo

-

Sistema endorfinergico/encefalinergico diffuso : sistema di piccoli neuroni dispersi all’interno del sistema limbico associato alla gratificazione – VTA e nucleo accumbens - in grado di agire sui recettori mu dei neuroni gabaergici inibendone l’inibizione dei neuroni dopaninergici, permettendo un maggiore livello generale di dopamina nei circuiti della gratificazione e quindi uno stato emotivo maggiormente positivo. Peptidi oppioidi e recettori u : i recettori mu dei peptidi oppioidi (piccole proteine da 25-30 aminoacidi) consentono di aprire i canali del potassio dei neuroni bersaglio iperpolarizzandone la membrana e indebolendone la risposta

Funzionamento del circuito della gratificazione : l’attivazione del senso della gratificazione corrisponde all’attivazione dei neuroni dopaminergici dell’area tegmentale ventrale che vanno ad aumentare il livello dopaminergico del nucleo accumbens determinando un’inibizione dei suoi neuroni gabaergici con 93

rinforzo positivo dell’azione cortico-striatale associata al benessere e della corteccia prefrontale, determinando (grazie alla sua integrazione) lo stato di benessere dell’elaborazione mentale cosciente, quindi la comprensione del motivo del benessere. Funzione molecolare del nucleo accumbens : i neuroni gabaerdici del nucleo accumbens possiedono recettori dopaminergici D2 inibitori in grado di trasformare l’aumento di dopamina nell’inibizione dell’azione stessa del nucleo accumbens consentendo il rinforzo del circuito cortico-striatale gratificante; parallelamente, tali neuroni possiedono sinapsi con neuroni gabaergici del VTA e dell’ipotalamo in grado di inibire il rilascio di dopamina (quindi di diminuire l’effetto gratificante) e con neuroni encefalinergici/endorfinergici (degli stessi nuclei) in grado di inibire l’inibizione dei neuroni gabaergici (quindi di aumentare il rilascio di dopamina) -

Ruolo dell’ipotalamo ventromediale e laterale : il nucleo accumbens ed i nuclei tegmentali ventrali vanno ad informare o dello stato di benessere l’ipotalamo che, sia potenzia a feedback positivo l’attività del circuito di gratificazione tramite fasci dopaminergici tuberoinfundimbolari determinanti il rilascio di ossitocina e vasopressina che upregolano i recettori dopaminergici dell’accumebns e fasci endorfinergici/encefalinergici in grado di disinibire (dal GABA) il rilascio di dopamina nell’accumbens, sia determina una risposta visceromotoria/endocrina di rilassamento tramite fasci discendenti autonomi dopaminergici e sistema endocrino dell’adenoipofisi. NOTA MEDICA ! ossitocina e rapporto sessuale L’ossitocina liberata durante un rapporto sessuale è un grado di potenziare l’azione gratificante della dopamina sul nucleo accumbens e sull’ipotalamo, aumentando la condizione di benessere generale.

-

Ruolo dell’amigdala : l’amigdala viene informata della connotazione positiva del circuito della gratificazione e sia determina l’associazione del comportamento con lo stato di benessere, determinando l’apprendimento emotivo, sia la ripetizione della stimolazione dopaminergica ai recettori D2 dei neuroni ippocampali, finalizzata alla mediazione del senso di benessere e al potenziamento del circuito di Papez. NOTA MEDICA ! dipendenza psichica La dipendenza psichica da una sostanza stupefacente possiede la sua natura nell’associazione positiva attuata dall’amgdala tra l’assunzione (o anche il gesto) di tale sostanza e lo stato di benessere che ne consegue, portando, inconsciamente, a desiderare il ripetere di tale esperienza.

-

Ruolo dell’ippocampo : l’ippocampo riceve afferenze dopaminergiche dal VTA mediante neuroni dopaminergici dell’amigdala, andando a potenziare il circuito di Papez della memoria a breve termine promuovendo il consolidamento mnemonico con associazione emotiva.

Effetti delle sostanze stupefacenti ricreative : le sostanze stupefacenti piacevoli vanno tutte a determinare un aumento del livello dopamina del nucleo accumbens e della corteccia prefrontle determinando una situazione di benessere generalizzato, agendo per varie vie. -

Oppioidi (morfina, eroina ecc..) : creano un legame a maggiore affinità con i recettori mu dei neuroni gabaercici del sistema dopaminergico ventrale deteminando una diminuzione della inibizione della dopamina, e quindi un aumento del livello dopaminergico del nucleo accumbens e della corteccia prefrontale.

-

Alcool : agisce massimizzando gli effetti inibitori del GABA ma, parallelamente, diminuendo l’attività della MAO, causando un accumulo di dopamina nelle sinapsi dopaminergiche del nucleo accumbes e della corteccia prefrintale, aumentandone il senso di benessere.

-

Nicotina : agisce massimizzando gli effetti eccitatori dei canali nicotinici acetilcolinergici dei nei neuroni dopaminergici del VTA, permettendo, anche tramite un’inibizione della MAO un aumento 94

del livello di dopamina del nucleo accumbns e della corteccia cprefrontale con aumenti della sensazione di benessere Assuefazione e dipendenza fisica: l’aumento dell’attività dopaminergica dei neuroni del VTA porta alla downregolazione dei suoi recettori, con conseguente diminuzione dell’atttività di base della nicotina e diminuzione del livello dopaminergico dell’accubens in assenza di nicotina; questo porta il fumatore ad aumentare la dose d a desiderare il fumo per essere felice. -

Cocaina : va ad inibire completamente la distruzione della dopamina ad opera della MAO, permettendo un sua accumulo sinaptico e, quinid, un aumentata azione gratificante nel nucleo accumbens e nella corteccia prefrontale.

Circuito della punizione e del dolore : centri la quale attivazione dona una connotazione di malessere ed ansietà generalizzata all’ambiente elaborativo mentale di un individuo permettendo di inibire negativamente o di rifuggire una catena di pensieri o un comportamento sgradevoli; questo sistema si riferisce ad un network aree telencefaliche, diencefaliche e truncali organizzate in 3 circuiti differenti di elaborazione del dolore e del suo rapporto con il circuito di punizione. Imp : per il dolore e la sensazione di malessere non vi è un centro localizzato come quello dell’appagamento e della gratificazione, ma si h un vero e proprio network di aree differenti dell’SNC, ogniuna interessata in diversi aspetti del dolore

Soppressione della gratificazione : sotto la spinta dell’evoluzioen si è delineata la capacità dei centri di punizione di sopprimere, se attivati, anche la più forte attivazione die centri della gratificazione. Rabbia : fenomeno dovuto all’intensa attivazione dei centri di punizione caratterizzata dall’attivazione delle reazioni di difesa-attacco, con reazioni aggressive anche al minimo stimolo. 95

-

Sistema spinotalamico laterale : sistema scorrente nel midollo e terminante tramite nuclei ventrali posteriori del talamo alle aree SS1 e SS2 della corteccia, con un fine totalmente cognitivo di discriminare localizzazione, intensità, tipologia e ricordo del dolore.

-

Sistema spinotalamico mediale : sistema ascendente dal midollo e terminante tramute nuclei talamici ventromediali alla corteccia limbica, insulare e frontale e tramite nuclei truncali al sistema limbico esteso, permettendo la connotazione affettivo emotiva del dolore, la memoria emotiva, la analgesia centrale e la risposta fight or flight. Sistema del grigio periventricolare : sistema che comprende la porzione periventricolare di talamo, ipotalamo, amigdala e ippocampo in grado di mediare alla corteccia anteriore del cingolo e prefrontale la connotazione emotiva negativa del dolore e la memorizzazione emotiva, e quindi il senso di malessere associato, e di mediare all’adenoipofisi ed ai centri ortosimpatici la secrezione di ormoni da stress – catecolamine o glucocorticoidi – che preparino alla azione di attacco o fuga. Grigio periacqueduttale : sostanza trucale attorno all’acquedotto del Silvio che permette, tramite vie endorfinergiche-encefalinergiche discendenti un inibizione, tramite sostanza gelatinosa, dell’imput doloroso permettendo l’analgesia da stress e l’anaglesia da effetto placebo (solo parzialmente) Corteccia del cingolo anteriore : permette di associare al dolore la sua connotazione negativa di tipo emotivo dandone una valenza di tipo affettivo e generando lo stimolo comportamentale di avversione e allontanamento dal dolore.

-

Sistema associativo corticale : sistema formato dalla corteccia associativa e dallo striato in grado di mediare la sensazione spiacevole del dolore nel flusso di coscienza focalizzandone l’attenzione dell’individuo. Corteccia cingolata posteriore : permette di fondere la percezione discriminata del dolore con la sua valenza affettivo-emotiva permettendone una unica sensazioen globale da trasmettere alla coscienza. Corteccia parietale laterale e insula anteriore : sono la finestra della coscienza sulla sensazione negativa globale del dolore, rendendo la sensazione dolorosa reale e compresibile. Striato : va a rinforzare i circuiti di allontanamento dal dolore e va ad inibire i circuiti che causano lo stimolo dolorifico. NOTA MEDICA ! asimbolia del dolore I soggetti che possiedono danni cerebrali al lobo parietale e all’insula possono presentare una perfetta discriminaizione del dolore ma una mancanza della componente motivo-affettiva negativa di repulsione per lo stesso; ovvero non provano malessere dal dolore.

FUNZIONI ELEVATE DEL NOSTRO ENCEFALO: Integrazione delle lezioni di Reggiani con il Baldissera [N.D.A.] In questo capitolo si fa spesso riferimento al concetto di significante e significato; questi termini sono stati utilizzati dalla mia testa come analogia per semplificare la comprensione del funzionamento del cervello associativo : con signifcato intedo qualsiasi immagine oggettiva o motoria creata dalle aree secodarie dell’encefalo, motorie o sensitive (es : la fotografia di una caffettiera ricostruita nello schermo “virtuale” della corteccia visiva secondaria, o l’immagine del mio braccio che la prende, nello spazio virtuale della corteccia premotoria) e con significante la comprensione, cosciente (idea), di ciò che rappresenta il significato (so che è una caffettiera, implicando la possibiltà che essa possa farmi il caffè, sia stata comprata, sia fatta di ferro ecc..)

96

COSCIENZA : continua consapevolezza del nostro esistere generata dal continuo flusso concatenato di pensieri generati dalla nostra corteccia in modo autonomo o in rapporto alle afferente sensitive o emotiveoistintive giungenti ad essa. Pensiero : elaborazione di un determinato significante cosciente (generato ex novo o da afferente sensitivoemotive) in base allo stato emotivo, tramite un processo di attivazione contemporanea o sequenziale di più aree della corteccia, determinanti gli aspetti più elevati e specifici di tale pensiero, e di aree del sistema limbico, talamo e della formazione reticolare truncale craniale, determinanti la coloritura emotiva di tale pensiero e la sua importanza affettiva, dalla quale scaturisce la motivazione. MEMORIA : processo in grado di conservare per periodi di tempo variabili, consentendone un successivo richiamo volontario o funzionale all’occorrenza, di tutti gli enagrammi della sfera congnitiva – immagini verbali (pensieri), immagini sensoriali e sequenze motorie – o emotiva – pulsioni istintive legate ad un accadimento – acquisiti tramite un apprendimento di tipo ripetitivo o di tipo emotivo. MECCANISMO SINAPTICO BASE DELLA MEMORIZZAZIONE : ogni processo di memorizzazione è reso possibile da una modifica fisica, chimica o strutturale del circuito sinaptico rappresentante tale informazione, la quale natura neurale ne influenza la durata nel tempo. Memoria a breve termine : ritenzione di una informazione prettamente visiva o verbale per la durata di alcuni secodi o minuti tramite l’intaurarsi di un fenomeno di latenza sinaptica del circuito riverberante che codifica tale informazione (circuito di Papet o lobo prefrontale) in grado di mantenerne un’attività elettrica limitata ma costante nel tempo. Memoria a lungo termine – intermedio : ritenzione delle informazioni in circuiti corticali per giorni o settimane attraverso un processo di facilitazione o inibizione a termine intermedio del circuito sinaptico codificante tale informazione tramite modifiche di tipo fisico chimico della membrana plasmatici sinaptica, influenzante la frequenza di scarica eurotrasmettitoriale. 

Facilitazione modello di una sinapsi : la sinapsi viene format ad un terminale sinaptico di trasmissione dell’impulso sensoriale da memrorizzare o scartare – terminale sensitivo – e da un terminale di trasmissione di un impulso facilitatorio alla membrana de terminale presinaptico – terminal facilitatorio – tramite sinapsi serotoninergica. Adattamento : l’attivaazione ripetuta della sinapsi sensitiva senza l’attivazione contemporanea della sinapsi facilitatoria serotoninergica, provoca una diminuzione dei canali del calcio della membrana presinaptica andando a diminuire la sua abilità di liberare neurotrasmettitore in seguito ad un potenziale d’azione. Facilitazione : fenomeno nel quale l’attivazione della sinapsi sensitiva, e contemporaneamente di quella facilitatoria, provoca il rilascio di serotonina in grado di stimolare, tramite attivazione di un adenilato ciclasi, una chinasi specifica che fosforica i canali del potassio della membrana presinaptica bloccandoli nella conformazione chiusa,mantenendo un costante stato di depolarizzazione nel terminale presinaptico per giorni o settimane, facilitante il rilascio continuo di neurotrasmettitori (e quindi una segnalazione sensitiva continua) Soglia della facilitazione successiva : una pecedente facilitazione di una sinapsi aumenta e facilita una successiva facilitazione della stessa, prolungandone la durata.

Memoria a lungo termine – lungo : ritenzione delle informazioni per anni o addirittura per tutta la durata della vita in circuiti corticali molto profondi, attraverso un meccanismo di modifica strutturale di intere sinapsi del circuito sensitivo, migliorandone sensibilità ed efficacia, tramite : -

Aumento delle vescicole sinaptiche nel terminale presinaptico 97

-

Aumento dei siti d’interazione vescicola-membrana nel terminale presinaptico Aumento del numero dei terminali presinaptici Modifica della struttura delle spine dendritiche

MEMORIA COGNITIVA : memoria che può essere codificata potenzialmente da un’azione motoria del corpo o da una sequenza razionale di pensieri. 

Memoria dichiarativa : memorizzazione dei dettagli e della connotazione emotivo affettiva di un pensiero di tipo verbale-linguistico o visivo in grado di essere estratto ed integrato nel flusso di coscienza in ogni momento e a volontà.



Memoria procedurale (implicita) : memorizzazione incosciente dei dettagli dei pattern motori finalizzati a completare azioni complesse, in grado di rievocarli istintivamente, subconsciamente ed in modo estremamente veloce all’ccorrenza, senza che il soggetto riconfiguri coscientemente l’immagine di tale azione motoria; vie è un passaggio diretto tra pattern memorizzato e corteccia motoria primaria.

Sede e meccanica della memoria a breve termine (circuito di Papez) : la memoria cognitiva a breve termine è originata da una continua attività elettrica interna ad uno dei canali circolari autoriverberanti del circuito di Papez a 3 neuroni (limbico) la qui attività viene mantenuta costante in modo specifico per secondi o miniuti da facilitazioni sinaptiche a breve termine. Memoria a intermedi o lungo termine (corteccia a 6 strati) : la memoria cognitiva a lungo termine è originata dalla facilitazione permanente o quasi (durante mesi o anni) di particolari schemi sinaptici neuronali cognitivi e dei loro rapporti (differenze o similitudini) con altri schemi confrontabili preesistenti tramite potenziamento sinaptico. Consolidamento della memoria cognitiva : tutti gli anagrammi di tipo verbale-lignuistico, sensoriale o di tipo motorio vengono memorizzati costantemente nella memoria a breve termine, intesa come segnale riverberante interno al circuito di Papez, tuttavia, il passaggio alla memoria a lungo termine (intermedio o lungo), come sedimentazione nella corteccia a 6 strati. Avviene grazie ad un rinforzo a ripetizione, strettamente corticale, od un rinforzo ad accentuazione emotiva, strettamente. 

Consolidamento base della memoria cognitiva : il processo che, stimolato dalla ripetizione o dal rinforzo emotivo, vede l’ippocampo e la corteccia paraippocampale (paleopallio e archipallio) comportarsi da condotto che trasforma le memorie a breve termine stoccate nell’attività riverberante del circuito di Papet nelle memoria a lungo termine dei potenziamenti a schemi sinaptici corticali, codificandone i pattern verbali-linguistici o motori in classi di qualità e quantità, fissate nella corteccia tramite associazioni in termini di similitudini e differenze (di tali classi per ogni ricordo) rispetto alle classi memorie precedentemente consolidate, connettendo le nuove memorie a quelle vecchie in modo da formare una chiave di repere per la loro successiva ricerca.

Valenza del consolidamento nell’economia dell’allostasi : siccome la nostra memoria viene bombardata in ogni momento da informazioni di qualsiasi tipo, onde evitare una repentina sturazione, deve essere in grado di discernere e memorizzare solo quelle effettivamente importanti per l’allostasi dell’organismo nel mondo che lo circonda; quindi solo quelle estremamente ripetute (e quindi utili) o quelle estremamente connotate emotivamente (quindi da evitare o da perseverare) 

Facilitazione o memoria positiva : processo che consolida uno schema associato a qualsiasi stimolo propedeutico alla memorizzazione – stimolo facilitatorio – sotto forma di un impulso nocicettivo o tattile (negli animali meno evoluti) o di un impulso affettivo/emotivo (negli animali superiori)



Adattamento o memoria negativa : processo che consente di non consolidare una memoria contenuta all’interno del circuito riverberante del Papez se non connotata da un qualsiasi stimolo di tipo 98

facilitatoria, saciandola decadere ed indebolendo una sua successiva memorizzazione (viene ignorata). Consolidamento di ripetizione : fenomeno attivato consciamente dal continuo ripasso mentale o motorio di uno schema verbale-liguistico o di uno schema motorio immagazzinato nella memoria a breve termine del circuito riverberante di Papez che assicura, dopo 5-10 min - un ora di processo, un corretto avviamento del consolidamento mnemonico cognitivo di tale schema nella corteccia a 6 strati. Consolidamento per rinforzo emotivo : fenomeno non attivato in modo volontario, ma del tutto inconsciamente, in grado di fissare un particolare schema motorio, sensitivo o verbale-lunguistico (più raramente) dal circuito riverneberante del Papez alla corteccia a 6 strati, in seguito alla coloritura di tale ricordo con una valenza di tipo emotivo (positiva o negativa), da parte dei centri di punizione o gratificazione del sistema limbico esteso (in particolare dell’ipotalamo tramite azione associativa dell’ippocampo e dell’amigdala) che ne rinforzi l’attività (alla pari o meglio del meccanismo ripetitivo)

MEMORIA EMOTIVA (riflesso i Pavlov) : memorizzazione incosciente di un particolare stato emotivo associato ad una particolare immagine sensitiva o cognitiva in grado di tradursi, alla ripetizione di tale immagine, in una pulsione di tipo comportamentale predeterminata (istintiva tramite segnali ascendenti limbici) o in un riflesso di tipo autonomo/endocrino (tramite segnali discendenti libici). Memoria a breve, intermedio o lungo termine (nucleo amigdaleoideo) : fenomeno di potenziamento a lunghissimo termine in grado di trasferire il rapporto tra coloritura emotiva (gratificazione o punizione) rispetto alla conseguenza di un particolare schema sensitivo e lo schema sensitivo di per se stesso circolante nel circuito riverberante di Papez, sotto forma di un potenziamento stabile di uno schema sinaptico del nucleo amigdaleoideo. RUOLO DELLE STRUTTURE ENCEFALICHE ALLA BASE DELLA MEMORIZZAZIONE : Circuito di Papez : circuito riverberante profondo al telencefalo, che le percepisce informazioni integrate della cortecia associativa tramite connessioni intracorticali al giro del cingolo, il quale le invia tramite connessioni dentate all’ippocampo (sede del LTP della memoria autoriverberante), che spedisce tali informazioni tramite fibre del sistema fimbria-fornice direttamente ai corpi mammillari, che le ripetono tramite fascio mammillo-talamico ai nuclei talamici anteriori, che inviano l’informazione tramite peduncolo talamico inferiore al nuovamente al giro del cingolo. Connessioni in ingresso del ciruito :

99

-

Cortico-paraippocampale : la corteccia invia gli enagrammi mentali o le rappresentazioni sensitive da memorizzare o da connotare emotivamente al giro del cingolo, ossia all’ippocampo, che le invia a tutte le strutture limbiche d’interpretazione emotiva, iniziandone la memorizzaizone a breve termine.

-

Connessioni con l’amigdala e l’ipotalamo : mediano il rinforzo dell’informazione circolante nel circuito riverberante connotandola con una coloritura di tipo emotivo.

Connessioni in uscita del circuito : -

Ippocampo-(amidgalo)-ipotalamo-prefrontale : permette all’ipotalamo di vedere una determinata informazione sensitiva o mentale, in modo da connotarla emotivamente con il proprio sistema dopaminergico o serotoninergico (in modo positivo o negativo) e di comunicare tale informazione colorata emotivamente alla corteccia prefrontale sovraorbitaria (spesso tramite nucleo accumbens) che si occupa dell’elaborazione del tono affettivo-emotivo dovuto a tale informazione, e quindi delle pulsioni ad agire e dell’umore, o all’ippocampo che avvia il processo di consolidamento della memora.

Ippocampo e formazione paraippocampica : l’ippocampo è importante nell’associazione della connotazione affettivo/emotiva elaborata dall’ipotalamo di un informazione contenuta nella memoria temporanea del circuito del Papez, e nel suo trasferimento e codifica nelle zone di immagazzinamento corticale a lungo termine. -

Long term potential nell’ippocampo : l’ippocampo possiede un medesimo circuito ripetuto trasversalmente per tuta la sua lunghezza, composto da 3 sinapsi, una prima sinapsi in ingresso (fascio dentato) dalla corteccia del cingolo con primo un primo neurone – CA3 – in grado di fare una nuova sinapsi con un neurone in uscita – CA1 – potenziabile per lungo termine (secondi o minuti) in grado di mantenere l’attività del circuito di Papez della memoria a breve termine, sino a che tale pattern non è trasferito alla corteccia a 6 strati.

NOTA MEDICA ! lesioni ippocampiche e caso HM La rimozione dell’ippocampo bilaterale, come nel caso del signor HM, provoca una profonda amnesia anterograda (incapacità di consolidare le memorie a lungo termine) data dall’incapacità di convogliare le nuove informazioni tramite ippocampo ai circuiti di memorizzazione corticali. Amigdala : piccola struttura che corrisponde alla finestra dell’ipotalamo sul mondo visivo ed uditivo esterno, essendo la sua unica via d’ingresso per segnali dal lobo occipitale visivo e temporale acustico, e che funge da struttura di immagazzinamento della memorizzazione emotiva, ovvero dei compotramenti istintivi riflessi a situazioni ambientali (allostatici) Talamo : possiede il ruolo di ricercare tramite chiavi di lettura le informazioni consolidate nella memoria a lungo termine, a seconda della necessità funzionale. NOTA MEDICA ! lesioni del talamo La lesione di alcuni nuclei del talamo porta ad un’amnesia retrograda per i fatti precedentemente consolidati, ma una intatta memoria anterograda. SONNO E RITMI CIRCADIANI : Itegrazione delle lezioni di Reggiai con il Baldissera VEGLIA : stato fisiologico dell’encefalo di un mammifero, occupante tutta la fase di mobilità e una parte della fase di quescienza caratterizzato dalla responsività adattativa, motoria o integrativa dell’organismo a tutti gli stimoli del mutamento del mondo esterno e del proprio mondo interno. SONNO : in un mammifero è uno stato di non responsività motoria ed integrativa al variare del mondo interno e del mondo esterno (quasi totale) determinata attivamente da una serie di processi fisiologici indotti da meccanismi

100

interni all’encefalo, occupante parte del periodo di quescenza dell’organismo caratterizzato da una costante reversibilità a stato fi veglia in seguito a stimoli, di vario genere, superanti una certa soglia del risveglio Imp : il sonno si differenzia dallo stato di coma “naturale” o farmacologico, o dallo stato di ibernazione, poiché è un contesto fisiologico assolutamente reversibile in ogni momento della sua durata, senza condizioni di sorta. MECCANISMO DETERMINANTE IL RITMO DI SONNO VEGLIA : l’induzione del sonno a partire dallo stato di veglia è un meccanismo complesso determinato sia da un affaticamento del sistema colinergico attivatore del midollo e dei nuclei talamici intralaminari e reticolari (quindi della corteccia), sia da una parallela attivazione e disinibizione (dal sistema attivatore indebolito) dei nuclei d’inibizione attiva aminergica (serotonina o dopamina) – centri ipnogeni – agenti tramite una depressione sinaptica diretta dell’eccitazione midollare ed encefalica ed una depressione indiretta per inattivazione dei nuclei reticolari attivatori colinergici. Mantenimento della veglia : durante il giorno, quando il soggetto è in stato di veglia si ha un attivazione dell’area facilitatoria acetilcolinergica della base del telencefaco, la quale, sia inibisce i centri ipnogeni, sia stimola i nuclei reticolari e intralaminari del talamo a stimolare la corteccia con elevate frequenze di scarica, la quale, tramite un meccanismo di eccitazione a feedback positivo rieccita il talamo mantiene un ritmo talamo-corticale dello stato di veglia (onde alpha) -

Inibizione del ritmo talamo-corticale : tramite un azione combinata di inibizione diretta della corteccia e dei nuclei della base per via serotoninergica neuroormonale e per inibizione della risposta colinergica attivatrice di ha una diminuzione dell’eccitazione a feedback positivo talamo-corticale con un isolamento sensitivo centrale della corteccia cerebrale ed un calo della sua attività elaborativa; questo permette un riposo dell’intero manto corticale tramite una ridotta attività (almeno nel periodo 4)

-

Inibizione midollare dei neuroni sensitivi secondari : tramite un azione combinata dell’inibizione serotoninergica discendente e della inibizione del sistema colinergico attivatore discendente si ha una riduzione di tutte le afferenze somatosensitive e propriocettive dal midollo alla sostanza reticolare facilitatoria permettendo un mantenimento dello stato d’inibizione talamocorticale.

-

Inibizione midollare dei motoneuroni secondari : tramite un inibizione discendente serotoninergica attiva (prevalentemente serotoninergica) dai nuclei ipnotici del sonno (prevalentemente quelli della linea mediana) si ha un’inibizione del tono generale della muscolatura scheletrica estremamente importante per limitare i movimenti in condizioni di sonno REM.

-

Depressione dei centri ortosimpatici del midollo e attivazione dei parasimpatici truncali : tramite il sistema d’inibizione attiva serotoninergica si ha un attivazione dei centri truncali parasimpatici ed un inibizione di quelli midollari ortosimpatici, permettenti un inibizione generale del tono vascolare (abbassamento della pressione) e della gittata cardiaca.

Aree determinanti lo stato di veglia : -

Area facilitatoria acetolcolinergica del telencefalo basale (reticularis pontis oralis): area di neuroni gigantocellulari e parvocellulari, presenti nella porzione del tegmento laterale pontino e mesencefalico (porzione basale del telencefalo) in grado di stimolare con scariche di potenziali d’azione tramite assoni ascendenti le aree dei nuclei reticolari, genicolato laterale e intralaminare del talamo, che a loro volta stimolano la cortecciacerebrale (diffusamente e nel lobo occipitale), e, tramite assoni discendenti, i neuroni piramidali e sensitivi secondari del midollo.

Aree determinanti lo stato di sonno :

101

-

Nuclei del rafe del bulbo : i nuclei del rafe bulbare, ma in genere tutta la sostanza grigia della linea mediana, possiede piccoli neuroni serotoninergici che inviano sia assoni ascendenti inibenti la formazione reticolare truncale – centri acetilcolinergici di attivazione diffusa corticomidollare – il talamo (e quindi la corteccia) – nuclei reticolari, intralaminari e genicolato laterale – l’ipotalamo, la neocorteccia e la paleocorteccia (corteccia limbica), responsabili dell’inibizione dell’encefalo generale e del suo sistema di attivazione colinergico; sia assoni discendenti inibenti i neuroni sensitivi secondari del midollo spinale, permettendo la riduzione centrale delle afferenze sensitive in ingresso, ed i neuroni motori piramidali secondari, permettendo la riduzione della risposta motoria ai cloni del sonno REM.

-

Nuclei della porzione ventrale dell’area preottica dell’ipotalamo : neuroni che possiedono una funzione di inibizione aminergica dei nuclei a proiezione diffusa del talamo, inibendo indirettamente il ritmo a feedback talamocrticale, e dei nuclei basali del telencefalo.

-

Nucleo del tratto solitario e area postrema : possiedono un attività di tipo dopaminergico inibitorio in grado di inibire i nuclei a proiezione diffusa del talamo, la sostanza reticolare facilitatoria acetilcolinergica e determinate aree della corteccia occipitale.

Meccanismo intrinseco temporizzato dell’alternanza sonno-veglia : tutti i sistemi d’inibizione o di eccitazione della corteccia sembrano avere un meccanismo di controllo temporizzato, forse espletato dall’esaurimento dei neurotrasmettitori immagazzinati nei terminali sinaptici o per bioaccumulo di particolari segnalatori autocrini di veglia, in grado di terminare l’eccitazione e di stimolare l’inibizione cortico-trunco-midollare, facendo partire lo stato di incoscienza ed il tono ortosimpatico del sonno. Mediatori neurormonici autocrini ed endocrini del sonno : sono un insieme di mediatori prodotti dallo stesso metabolismo corporeo o dal metabolismo batterico in grado di variare la propria concentrazione in modo sinusoidale nel tempo e di stimolare a seconda della propria soglia i nuclei ipnotici o attivatori. -

Adenosina : essendo il principale prodotto del metabolismo cellulare è una molecola soggetta a bioaccumulo nel liquor cerebrale in seguito agli elevatissimi livelli metabolici dei neuroni cerebrali durante la giornata, fungendo da orologio per la misurazione della durata dello stato di veglia; essa, infatti, superata una certa concentrazione soglia nel iquor cefalorachidiano permette un induzione del sonno fisiologico tramite un inibizione diretta del sistema reticolare acetilcolinergico della base del telencefalo (grazie ai recettori A1 inibitori dell’adenosina sui neuroni gigantocellulari) ed un’attivazione indiretta del centro ipnotico dell’area preottica ipotalamica, tramite inibizione delle influenze colinergiche inibitorie che l’area facilitatoria truncale aveva su di esso.

-

Peptide muramil : peptide di origine batterica, liberato a ritmi circadiani all’interno del circolo sanguigno dalla flora batterica intestinale, permettente l’induzione di una stimolazione dei centri ipnotici aminergici del tronco cerebrale.

-

Ammine endogene (dopamina, adrenalina, noradrenalina, istamina) : neurormoni con la funzione di inibire i centri ipnotici e di stimolare i centri attivanti in modo da attivare lo stato di veglia.

-

Ornessina 1 e 2 : molecole che agiscono in modo sinergico con il sistema intsaminico in modo da stimolare in particolare il sistema attivatore aceticolinergico della base del telencefalo.

FUNZIONE FISIOLOGICA DEL SONNO : il sonno possiede una funzione fisiologica nella normalizzazione dell’attività nervosa dell’encefalo e del midollo spinale finalizzata ad un miglioramento nei processi cognitivi di base (memoria,

102

ragionamento e reattività), nello sviluppo encefalico (soprattutto el periodo infantile) e nei processi neuroendocrini autonomi responsabili dell’omeostasi corporea. Modulazione della funzione ortosimpatica : durante il sonno la profonda inibizione tonica del sistema ortosimpatico, accompagnata da una conseguente eccitazione del sistema parasimpatico consente una pausa funzionale nei sistemi aminergici del tronco encefalico consentendone una risintesi dei mediatori ed un ritorno a piena potenzialità funzionale. NOTA MEDICA ! morte da assenza di sonno Un assenza di sonno molto prolungata può portare ad un esaurimento totale della risposta ortosimpatica con un conseguente squilibrio nell’adattamento omeostatico autonomo attivo dell’organismo, portando ad una rapida morte per cessazione della regolazione basilare. Conservazione delle riserve metaboliche dell’organismo (e diminuzione dle bioaccumulo di scorie) : durante il sonno si ha un sostanziale calo della termoregolazione attiva del corpo per sopressione dei centri cerebrali ipotalamici; si ha quindi una diminuzione della spesa energetica finalizzata al mantenimento della temperatura corporea con una maggiore influenza ambientale su di essa ma un maggiore risparmio energetico per la termogenia. NOTA MEDICA ! difficoltà nell’addormentarsi a temperature ambientali molto elevate In caso di temperature ambientali molto elevate, come nelle estati afose, il corpo, non riuscendo a regolare efficientemente la propria temperatura durante il sonno impedisce al soggetto l’addormentamento, in modo da evitare pericolose ipotermie. Attività cognitiva di azzeramento delle asincronie funzionali tra le aree cerebrali : nella sua attività di inibizione del ritmo talamo-corticale di attivazione della corteccia il sonno permette un azzeramento delle asincronie del funzionamento delle singole aree accumulate durante la veglia prolungata. Fissazione e pulizia mnemonica : ci sono evidenze circa l’importanza nella fissazione di nuove memorie apprese e nell’eliminazione di quelle superflue durante i periodi d’intensa attività cerebrale del sonno REM. Modulazione delle funzioni endocrine (?) : funzione non tanto sicura del sonno per via del rapporto di casualità celato nelle modificazioni endocrine contemporanee ai periodi di sonno; sembra, infatti, chesiano tali modificazioni ad indurre il sonno piuttosto che il contrario : -

Ormone somatotropo ipofisario : questo ormone viene sintetizzato soltanto all’inizio della fase 4, andando ad inibire con il proprio aumento di concentrazione la fase REM; tuttavia la sua sintesi scema alla fine della fase 4 (come sotto un controllo circadiano temporizzato) causando la disinibizione della fase REM

-

Prolattina : ormone secreto dalla ipofisi anteriore, sotto controllo ipotalamico, solamente alle prime ore del mattino

-

Ormone tireotropo : il suo picco di secrezione durante la sera viene estremamente ridotto durante il sonno.

-

Melatonina : ormone secreto solo alla chiusura delle palebre sotto un controllo diretto dell’incidenza luminosa retinica.

-

Glucocorticoidi : la loro secrezione viene temporizzata da un orologio circadiano interno, tuttavia, può essere soppressa durante il periodo di sonno.

FASI DEL SONNO : durante il sonno sono presenti differenti pattern fisiologici di attivazione dell’encefalo, del tronco e del midollo spinale, alternate l’una dopo l’altra in un ciclo che si ripete – ciclo del sonno - incominciando dal fenomeno di addormentamento e terminando nel fenomeno del risveglio, caratterizzate da differenti attività elettroencefalografiche e funzioni fisiologiche, varianti dal sonno molto riposante della fase 4 al sonno attivo ed onirico della fase 1 REM.

103

Fasi di sonno N-REM o non rem : Fase 1 addormentamento : fase tipica del sonno leggero, appena dopo uno stato di veglia quiescente, caratterizzata da un iniziale inibizione ipnotica del ritmo di sincronizzazione talamo-corticale – onde alpha – e del tono midollare, quasi parallelo all’inizio d’inibizione ortosimpatica e stimolazione tonica parasimpatica, attuato mediante un iniziale asimmetria del normale sistema sonno veglia di eccitazione ed inibizione e destinato, lungo la scala discendente dell’addormentamento (salvo interruzioni non fisiologiche) alla fase 2 del sonno. -

Onde elettroencefalografiche : vengono caratterizzate da una frequenza piuttosto bassa di onde a basso voltaggio – onde 𝛉 – con interruzioni di brevi fusi di onde α di veglia – fusi dell’addormentamento – causato dall’attivazione a sprazzi del ritmo di aggiornamento talamo-corticale.

Fase 2 e 3 del sonno : fasi di sonno intermedio di tipo N-REM, di durata di pochi minuti ciascuna destinate ad evolversi in scala discendente, alla fase 3 o 4, per inattivazione definitiva del ritmo talamo-corticale, aumentando la soglia del risveglio, o nella scala ascendente, alla fase 1 REM o 2, tramite attivazione asincrona del sistema acetilcolinergico di attivazione truncale, con aumento della soglia di risveglio. -

Onde elettroencefalografiche : vengono caratterizzate da una frequenza bassa di onde a basso voltaggio preludenti alla fase 4 – onde 𝛉

Fase 4 del sonno o sonno ad onde lente δ : tipo di sonno molto riposante a bassa attività onirica e fissazione mnemonica della stessa, occupante porzioni di 20 minuti nei primi cicli del sonno (generalmente dorante la prima ora e mezza di sonno) per poi succedersi in un alternanza do altre fasi N-REM e fasi 1 REM durante tutta la notte, arrivando a comporre sino al 75 % del periodo di sonno totale (a seconda dello stato di riposo o del rebound accumulato da un soggetto) durante il quale di verifica : -

soglia per il sveglio più alta di quella dello stadio 3 ma più bassa dello stadio 1 REM Calo della frequenza respiratoria ed un suo aumento della profondità e della componente diaframmatica Occhio rivolti in dietro o in movimento lento e non cogniugato Palpebre in posizione chiusa Movimenti somatici assenti .a relativamente poco inibiti, limitati solo ai cambiamenti di posizione Stato stabile d’inibizione ortosimpatica e di stimolazione parasimpatica Diminuzione del 20-30% del tono vascolare diffuso corporeo Miosi ipnotica relativamente poco accentuata Frequenza cardiaca bassa con attività inotropa negativa Inturgidimento del clitoride ed erezione del pene

-

Elaborazione mentale della fase 4 : attività mentale logica ma non percettiva, segnata dalla non comunicazione della aree talamiche, caratterizzata dall’elaborazione continuativa dei concentti e dei fatti verificatisi subito prima dell’addormentamento.

-

Onde elettroencefalografiche del sonno lento : sonno nel quale il normale ritmo di aggiornamento talamocorticale a onde α viene completamente inibito lasciando lo spazio ad un ritmo di aggiornamento intrinseco cortico-corticale di tipo sinusoidale e molto regolare, caratterizzato da potenziali abbastanza ampi e da una frequenza di 3-5 Hz – ondeδ – determinato dall’attivazione dei nuclei ipnotici ipotalamotruncali e dalla inibizione dei nuclei attivatori truncali

Fase 1 REM : tipo di sonno decisamente meno riposante per il sistema nervoso centrale, ad alta produzione onirica e fissazione mnemonica, dalla durata media di 5-30 minuti ed occupante principalmente la seconda metà del periodo del sonno, alternandosi in modo ciclico con le fasi N-REM, componendo in media il 20% della durata del sonno (aumentante all’aumentare della giovinezza, del periodo di rebound specifico, della riposatezza e della durata del

104

sonno) causato principalmente un’attivazione del sistema acetilcolinergico attivante del tronco encefalico e da un’inibizione di quello inibente aminergico, determinante un attivazione fasica del circuito PGO onirico e oculomotore e del tono ortosimpatico truncale -

Alta soglia del risveglio Elevata inibizione dei motoneuroni secondari del midollo mediante via serotoninergica per impedire movimenti scheletrici durante la scarica del sistema attivatore colinergico.

Attività PGO nell’induzione del sonno REM : particolare situazione nella quale, durante un periodo di sonno di tipo 2 si ha una disarmonia nell’inibizione dei nuclei aminergici ipnotici (locus ceruleus), probabilmente indotta dall’accumulo dell’ormone somatotropo adenoipofisario, che causa un attivazione autocrino del sistema acetilcolinergico attivatore del nucleo reticolaris pontis oralis, automaticamente tendente all’attivazione, che attiva mediante fibre colinergiche i nuclei midollari ortosimpatici (inibendo quelli parasimpatici) la sostanza reticolare dei collicoli e dei nuclei vestibolari (governanti i movimenti involontari cogniugati degli occhi) ed il corpo genicolato del talamo, l’ultimo del quale, mediante fibre attivatrici genicolo-occipitali permette l’attivazione della corteccia occipitale (e della corteccia ad essa associata) permettendo la visione endogena del sogno. -

-

-

Attivazione fasica del sistema ortosimpatico da scariche del colinergico attivattore : questo fenomento provoca, contemporaneamente, un aumento del tono vascolare e della pressione, un aumento aritmico della frequenza cardiaca, e una midriasi associata all’oculomozione. Scarica fasica dei collicoli superiori nel movimento oculare : tramite stimolazione afferente dcolinergica i collicoli danno luogo, assieme al nucleo vestibolare, a movimenti cogniugati del globo oculare. Scarica motoria della corteccia motoria cerebrale : probabilmente componente l’illusione motoria onirica, scariche motorie molto intense dipartono dalla corteccia motoria, provocando, assieme alle scariche di movimenti oculari, qualche convulsione clonica dei muscoli scheletrici del corpo. Attività onirica durante il sonno REM : attività percettiva sensoriale endogena vividamente interpretata emotivamente, affettivamente e logicamente dalla coscienza sopita dell’individuo, in grado di svilupparsi solamente durante il sonno REM ed, in particolari, durante le scariche di movimenti oculari.

Onde elettroencefalografiche del sonno REM : viene caratterizzato da un’intensa attività corticale, di tipo spesso focalizzato sul lobo occipitale, con un ritmo di onde β del tutto identiche a quelle dei processi di veglia attiva (basso voltaggio a 14 Hz) generato dall’attivazione localizzata quasi sempre al solo lobo occipitale del ritmo di veglia talamo-corticale tramite sistema PGO attivato dalle afferenze aceticolinergiche attivatorie dell’area facilitatoria colinergica della base del telencefalo. PERIODI DEL SONNO : il sonno presenta un periodo di durata molto variabile fisiologicamente da individuo a individuo e, generalmente, estremamente diminuito durante la vacchiaia, ma sempre caratterizzato da un primo periodo di addormentamento, da una ripetizione di 4 o 5 cicli di sonno da 90-100 minuti ciascuno, e da un periodo di risveglio, ciascuno dei quali composto da una scandita ed esatta successione temporale di fasi differenti in modo crescente (verso lo stato di attivazione della corteccia 1) – scala cresciente – od in modo decrescente (verso lo stato di inattivazione della corteccia 4) – scala decrescente. Periodo di addormentamento : è una scala sempre decrescente durante la quale l’attività elettrica della corteccia ha un rallentamento progressivo sino alla cessazione della frequenza di aggiornamento talamo-corticale e all’inizio della frequenza di aggiornamento corticale –onde δ – a causa di una depressione dei sistema attivanti del tronco e da una attivazione dei sistemi ipnotici di tronco e diencefalo, caratterizzati da un pasaggio dalla fase 1 dei fusi di addormentamento, alla fase 2 e 3, ed infine alla fase 4, con un progressivo aumento della soglia di risveglio. Ciclo del sonno : periodo della durata media di 90-100 minuti, composto da una prima scala ascendente dallo stadio 4 allo stadio 1 REM, con progressivo aumento della attività corticale e della soglia di risveglio (a livelli molto più alti di quelli della semplice fase 4) e da una sucessiva scala discendente, dallo stadio 1 REM allo stadio 4, con progressiva diminuzione dell’attività corticale e della soglia del risveglio; tendente a rpetersi per tutta la durata del

105

sonno dimostrando un diminuzione progressiva delle fasi 3 e 4, con l’aumento del riposo, ed un aumento della fase 1 REM e 2. -

Prima metà della notte : viene caratterizzata da una minore componente di fase REM e da una maggiore componente di fase N-REM, con prevalenza particolare della fase 4. Seconda metà della notte : viene caratterizzata da una maggiore componente di fase REM e da una minore componente di fase N-REM, con un assenza di fase 3 e 4.

VARIAZIONI DEL SONNO FISIOLOGICHE DURANTE LA VITA : Crescita del bambino : -

Ridistribuzione dei cicli di sonno durante la giornata : nel bambino i cicli sono polifasici, ovvero ci sono più cicli durante un’intera giornata, nell’adulto i cicli sono monofasici, ovvero vi è solo un ciclo alla notte. Aumenta la durata del ciclo di sonno singolo : nel bambino i cicli hanno una durata di 45 minuti, mentre nell’adulto i cicli hanno una durata di 90-100 minuti; vi è un raddoppio del ciclo. Riduzione della percentuale del sonno REM : nel bambino appena nato occupa il 50% del sonno, nell’adulto occupa una percentuale del 20%, questo per via del maggiore sviluppo neuronale del cervello del bambino.

Invecchiamento dell’adulto : -

Riduzione della durata del sonno : la durata del sono fisiologico varia da 7 nell’adulto giovane a 6 ore nell’anziano. Riduzione della durata del periodo 4 : il sonno viene caratterizzato da un periodo 4 quasi inesistente e da una dominanza di periodi 2 e 3. Aumento dei brevi risvegli : nell’anziano il sonno presenta sino a 3 o più risvegli nella notte. Riduzione del periodo REM : si ha una riduzione da 4 periodi rem a sonno completo sino a solo 1.

CONTROLLO DELLE FUNZIONI CORPOREE INTERNE : Integrazione delle lezioni di Reggiani con il Baldissera

CONTROLLO DELLE FUNZIONI CORPOREE INTERNE : il corpo umano permette di mantenere costante la sfera delle funzioni interne, nel tempo, in rapporto alle variazioni dell’ambiente esterno tramite una rapporto d’intercomunicazione tra le sue varie parti a quasi tutti i livelli, nel quale spiccano il sistema endocrino, più abile a far comunicare tra loro le cellule di tutti i distretti corporei, ed il sistema nervoso autonomo, più abile nel modulare tale comunicazione in base al rapporto con il mondo esterno. Omeostasi: mantenimento costante dei parametri interni dell’organismo, tramite sensori che percepiscono la deviazione di alcuni parametri e centri integrativo-effettori in grado di ristabilirli. Allostasi: variazione dei parametri interni dell’organismo nell’economia dell'adattamento a nuove condizioni ambientali, necessario al mantenimento dell’omeostasi

106

REGOLAZIONE DEL DOPPIO ANELLO:: nell’economia dell’omeostasi e dell’allostasi l’SNC funge da centro di integrazione in grado di raccogliere le informazioni dalle vie afferenti assoniche o endocrine (via ormoni o citochine) sia da esterocettori (segnali dal mondo esterno) che da enterocettori (segnali dall'interno dell'organismo) emettendo segnali in grado d’influenzare gli imput di tali sfere recettoriali tramite comandi visceromotori o somatomotori lungo tre diverse uscite: 

Efferente somatica : via diretta verso i muscoli scheletrici, unico strumento di interazione con il mondo, che passa attraverso i motoneuroni, e ci permette di rispondere precisamente ai segnali che ci sono arrivati tramite gli esterocettori. Motoneurone secondario come sede finale d’integrazione : il motoneurone secondario riceve, integra ed elabora una sola risposta efferente per tutti i segnali dai centri superiori (cervelletto, olive, nuclei vestibolari, corteccia e nuclei della base) e intraspinali (riflessi dal core itegrativo del midollo). Via molto precisa e diretta : il motoneurone secondario possiede un messaggio perfettamente concorde con quello che giunge alle pacche motrici essendo direttamente collegato ai muscoli senza alcun neurone intermediario sede integrativa.



Efferente vegetativo (nelle sue componenti parasimpatica e ortosimpatica,) che controlla il mondo interno tramite muscolatura liscia e funzioni ghiandolari (soprattutto esocrine) e una che utilizza il Motoneurone visceromotore primario come sede d’integrazione : il motoneurone visceromotorio primario midollare o truncale è la se di convergenza ed integrazione (non definitiva) di tutti i segnali provenienti dai centri premotori superiori e midollari, quali il core centrale e le vie sensitive. Via non precisa e indiretta : il neurone visceromotore primario controlla indirettamente i centri effettori con la mediazione intermezza di un neurone visceromotore gangliare, sede finale d’integrazione sensoriale, in grado di modificare il segnali efferente al viscere. Convergenza sull’effettore finale : molto spesso sull’effettore finale (ghiandola o muscolo liscio) vi è un bilancio intrinseco tra l’effetto di più innervazioni differenti e del sistema endocrino. Costanza di attività basale : questo sistema presenta sempre un’attività basale basando la sua abilità regolatoria nella variazione della frequenza della sua scarica tonica. 107



Sistema endocrino : vi sono due sistemi endocrini principali, uno allostatico dove l’SNC controlla con segnalazioni ormonali, attraverso asse ipotalamo-ipofisi, l’attività del mondo interno tramite la stimolazione di tiroide, surreni e gonadi, ed uno omeostatico che regola il proprio controllo in base al solo assetto biologico interno dell’organismo (paratitoidi, cellule parafollicolari e pancreas). Imp : in questo modello (incompleto) non figura il pancreas e le paratiroidi, che risentono solo in maniera minima di questo tipo di controllo.

SISTEMA NERVOSO AUTONOMO : SISTEMA NERVOSO AUTONOMO : porzione non volontaria del sistema nervoso, suddivisibile in una componente centrale ed in una periferica, possedente il ruolo di mantenere l'omeostasi interna del corpo nei confronti degli accadimenti nel mondo esterno, andando a mantenere la naturale variabilità dei parametri chimico-fisici dell'organismo entro determinati limiti, precisi e molto ristretti, tramite il controllo dei visceri interni ottenuto per funzione nervosa diretta, funzione neuroendocrina e stimolazione della funzione endocrina ghiandolare. Sistema nervoso autonomo centrale : viene composto da nuclei di neuroni di II tipo Golgi, modulati da reti di interneuroni inibitori ed eccitatori, capaci di integrare le afferenze nervose centrali e le afferenze nervose periferiche per organizzare risposte ordinate visceromotorie nel sistema nervoso autonomo periferico, tramite fibre efferenti attivatorie o inibitorie ai neuroni pregangliari del sistema nervoso parasimpatico ed ortosimpatico. Sistema nervoso autonomo periferico : sezione del sistame nervoso centrale composta da una catena di neuroni visceromotori di primo e secondo ordine, riuniti in nuclei o gangli composti di glia ed interneuroni modulatori eccitatori o inibitori, in grado di convertire ed integrare le afferenze modulatorie centrali (emozionali) e le afferenze sensitive viscerali (riflessi) in azioni visceromotorie, suddivisibile sia funzionalmente, sia per le vie efferenti del nevrasse, sia per la localizzazione dei somi dei neuroni motori primari e secondari, in un sistema autonomo parasimpatico, ortosimpatico ed enterico. 

Sezione simpatica e parasimpatica : sezione funzionale del sistema nervoso autonomo periferico possedente un motoneurone visceromotore primario posto all'interno di nuclei del sisema nervoso centrale - tronco ecefalico o midollo spinale - ed un motoneurone visceromotore secondario posto all'esterno del sistema nervoso centrale, vicino o lontano all'organo da innervare. Sistema simpatico : possiede un motoneurone primario colinergico visceromotore posto nel nucleo intermediolaterale dei mielomeri spinali dal primo toracico al terzo lombare, ed un motoneurone secondario adrenergico visceromotore posto nei gangli prevertebrali, situati in posizione distale dagli organi, con corte fibre afferenti pregangliari mielinizzate e lunghe fibre efferenti postgangliari non mielinizzate, o nei gangli paravertebrali - celiaco, mesenterico superiore e inferiore, aorticorenale - situati in posizione relativamente vicina agli organi, con lunghe fibre afferenti mielinizzate pregangliari e corte fibre efferenti amielinizzate postgangliari. Sistema parasimpatico : possiede un motoneurone primario colinergico visceromotore posto per il parasimpatico truncale (cervicale) nei nuclei truncali - nucleo motore del vago X, nucleo edinger-westfald, salivatorio superiore, salivatorio inferiore - e per il parasimpatico sacrale nel nucleo intermediolaterale parasimpatico dei mielomeri sacrali, ed un motoneurone secondario colinergico visceromotore, posto per entrambi i sistemi parasimpatici in ganglietti nella parete degli organi bersaglio, con lunghe fibre afferenti pregangliari mielinizzate e corte fibre efferenti postgangliari non mielinizzate.



Sezione autonoma enterica : sezione dunzionale del sistema nervoso autonomo periferico possedente motoneuroni visceromotori prmari e secondari riuniti in piccoli ganglietti all'interno della parete dei visceri stessi - plesso mioenterico di Auerbach, plesso sottomucoso del Messner - correlati di interneuroni inibitori o eccitatori, al fine di convertire le afferenze sensitive dirette degli organi in risposte visceromotorie dirette (riflessi viscerali); questo sistema è molto importante nella peristalsi e nei movimenti di massa colici.

108

Imp : parasimpatico ed ortosimpatico possiedono un'azione antagonista su un medesimo organo solamente nelle porizioni viscerali innervate contemporaneamente da entrambi i sistemi nervosi periferici; tuttavia, nella maggior parte dei casi gli organi vengono innervati da solo una componente con attività, in genere, eccitatoria. COMPONENTE CENTRALE DEL SISTEMA AUTONOMO O SISTEMA LIMBICO ESTESO : aggregati di sostanza grigia composta da interneuroni modulatori ed integratori e da neuroni premotori vegetativi che ricevono afferenze vsicerosensitive dai nuclei ricettivi del midollo e del tronco ed inviano efferenze modulatorie centrali tramite vie centrali ai neuroni visceromotori primari del tronco e del midollo, ed occupante la pozione di SNC tra la corteccia cerebrale limbica e la base del tronco, capace di integrare una risposta viscerale premotoria di coordinamento tra i sistemi parasimpatici ed ortosimpatici del corpo dal afferenze sensitive periferiche(al livello truncale) o motivazionali corticali (al livello del sistema dei gangli della base) - integrazione vegetativa - tramite tre livelli di complessità comportamentale via via discendente al discendere nell'SNC : Primo livello gerarchico del sistema limbico esteso : prende in considerazione la risposta delle strutture diencefaliche e telencefaliche nell'integrazione motivazionale-emotiva e istintiva vegetativa. 

Risposta telencefalica (influenze motivate) : elaborazione autonoma nella quale la corteccia cerebrale elabora emotivamente-motivaizonalmente le afferenze viscerali per inviare una risposta visceromotoria (ricevendone una regolazione a feedback) mediante via diretta e via indiretta alla porzione limbica effettrice dell'amigdala, dell'ippocampo e dell'ipotalamo modulando l'espressione viscerale dell'integrazione autonoma della componente emotivo-motivazionale. Nuclei riceventi le afferenze viscerosensitive : i nuclei amigdaloidei, l'ippocampo, il talamo, il nucleo del letto della stria terminale e l'ipotalamo vanno a ricevere afferenze dirette dai neuroni viscerosensitivi secondari del midollo spinale e afferenze indirette dal nucleo solitario, nucleo parabrachiale rombencefalico.



Risposta diencefalica (influenze istintive) : elaborazione autonoma da parte dell'ipotalamo modulante la coordinazione autonoma istintiva rispetto alla sfera emotivo-motivazionale dell'individuo e all'ambiente esterno, permettendo una risposta parzialmente allostatica - mantenimento dell'omeostasi dell'ambienete interno in condizioni ambientali variabili - regolando : temperatura, volume ed osmolarità del fluidi corporei, metabolismo, comportamenti di ingestione e risposte riproduttive istintive. Struttura anatomica dell'ipotalamo : l'ipotalamo è una struttura di materia grigia alla base del diencefalo, estesa anteroposteriormente come un quadrilatero a libro aperto cranialmente, dipartendo cranialmente dalle linee terminali delle pozioni laterali del pavimento del III ventricolo, formando il pavimento del ventricolo stesso, per poi terminare caudalmente all'interno della porzione tuberale (anteriormente) al chiasma ottico (centralmente) e ai corpi mammillari (posteriormente) suddivisibile medio-lateralmente in 3 striscie di materia grigia funzionalmente differenti - zona pariventricolare, zona mediale, e zona laterale - ciascuna suddivisa postero-anteriormente in - zona preottica, zona anteriore, zona tuberale e zona mammillare.

1. Zona periventricolare dell'ipotalamo : zona posta esattamente al ridosso del 3° ventricolo suddivisibile in una porzione meramente neuroendocrina e neuroormonica ed una porzione premotoria viscerale. o

Porzione neuroendocrina : area comprendente il nucleo paraventricolare, sopraottico e arcuato composta da neuroni magnocellulari, con funzione neuroendocrina diretta e neuroni parvocellulari, con funzione facilitatoria o inibitoria endocrina dell'adenoipofisi. Neuroni magnocellulari : cellule dal grosso calibro invianti assoni efferenti secretivi formanti sinapsi con i fitti capillari dei corpuscoli del Growing, all'interno dell'ipofisi posteriore, nei quali liberano ossitocina e vasopressina. Ruolo dell'ossitocina nell'induzione del parto : uno sbilanciamento nell'equilibrio tra livello di progesterone plasmatico, diminuente le proteine contrattili del miometrio ed i suoi recettori per l'ossitocina, ed il livello estrogenico plasmatico, aumentante le proteine contrattili del miometrio e la quantità dei suoi recettori per p'ossitocina, verso l'estrogeno, a fine gravidanza, provoca un aumento di responsività miometrica alla secrezione di ossitocina, ossia alla fosforilazione ossitocina-dipendente

109

delle miosine del muscolo liscio, causante l'attivazione delle contrazioni uterine con l'espulsione del feto. Ruolo dell'ossitocina nella suzione del latte : durante l'allattamento, la suzione del capezzolo materno da parte del bambino causa l'attivazione di meccanocettori epidermici che mandano un segnale afferente eccitatore tramite fasci spino-talamici sino ai neuroni magnocellulari della porzione neuroendocrina dell'ipotalamo, dai quali causa la secrezione di ossitocina per via circolatoria, che permette la stimolazione della contrazione degli adenomeri e l'espulsione del latte. Neuroni parvocellulari : neuroni di piccolo calibro invianti assoni efferenti secretivi caratterizzati da piccoli granuli a catena di rosario formanti sinapsi secernenti in fitti capillari fenestrati dell'eminenza mediana, ingresso del circolo portale ipotalamo-ipofisario, in grado di produrre nell'ER, modificare nel Golgi e nelle vescicole di neurotrasmetttori in viaggio distale verso il terminale sinaptico e secernere in modo calcio-dipendente nel circolo portale ipofisario degli agenti facilitatori della secrezione adenoipofisaria - liberanti corticotropica (CRH), tireotropina (TRH), ormone della crescita (GHRH) e gonadotropine (GnRH) - ed inibitori della secrezione adenoipofisaria - somatostatina (GHIH), prolattina (PIF). o

Porzione visceromotrice : area comprendente 6 nuclei collocati agli estremi anteriore e posteriore dell'ipotalamo, nella regione preottica-anteriore e mammillare dello stesso, possedenti un attività di generatore ipotalamico di attività motoria viscerale andando a integrare le afferenze sensitive e di controllo dal tratto solitario, parabrachiale, dall'organo subfornicale, dalla zona mediale dell'ipotalamo, dal nucleo soprachiasmatico, e dai nuclei del sistema limbico esteso, ed inviare le efferenze sensitive di controllo visceromotorio ai neuroni premotori vegetativi (simpatici e parasimpatici) del tronco dell'encefalo ed ai motoneuroni controllanti il sistema endocrino.

2. Zona mediale dell'ipotalamo : porzione situata tra la zona periventricolare e la zona laterale presentante un nucleo con funzione circadiana e 6 nuclei con funzione visceromotoria, endocrinomotoria e somatomotoria finalizzate al mantenimento dell'omeostasi. o

Nucleo soprachiasmatico : nucleo possedente una funzione di orologio circadiano della zona periventricolare dell'ipotalamo, temporizzandone la secrezione di ATCH, gonadotropine e della funzione GIAMV, della parte ipotalamica di controllo comportamentale, temporizzando il ritmo sonno-veglia, e della porzione oressinergica dell'ipotalamo laterale, influenzando il ritmo sonno veglia e l'ingestione di cibo. Funzione di oscillatore circadiano del nucleo soprachiasmatico : il nucleo suprachiasmatico viene composto da neuroni di natura peptidergica (ad azione lenta) a base di vasopressina e VIP in grado di settare e sincronizzare l'oscillazione temporale ciclica di tutti gli aggregati a controllo autonomo centrali con l'alternanza tra giorno e notte, grazie alla ricezione di afferenze indicanti lo stato di luce dai recettori alla melanopsina della retina mediante il fascio retinotalamico del tratto ottico, in grado di attivare un circuito molecolare autolimitante con il passaggio buio-luce e di attivare un circuito endocrino autolimitante con il passaggio luce-buio. Circuito del passaggio buio-luce : il passaggio buio-luce provoca una scarica di glutamato dei terminali sinaptici del tratto retinoipotalamico che causa l'inizio di un processo molecolare autooscillante all'interno dei neuroni del nucleo suprachiasmatico consentendone la regolazione della secrezione neuropeptidergica.

a. CLOCK e BMAL1 vanno a stimolare la trascrizione del gene Cry dal DNA che produce il regolatore Cry inattivo (defosforilato) b. CLOCK e BMAL1 vanno a stimolare la trascrizione del gene di CLOCK e BMAL1 autoinducendo la produzione di regolatore CLOCK e BMAL1 attivo c. CLOCK e BMAL1 vanno a stimolare la trascrizione del gene Pre, che produce il regolatore Pre inattivo d. L'azione glutamatergica sui neuroni del nucleo suprachiasmatico determinano l'ativazione di una proteinchinasi che causa la fosforilazione attivante di Pre/Cry.

110

e. Pre/Cry attivati vanno ad impedie l'attacco di CLOCK e BMAL1 al DNA permettendo il blocco del circuito stesso di produzione del blocco. f. Il circuito si ferma per un determinato temoi (mattino) per poi ripartire. Circuito del passaggio luce-buio : il passaggio luce buio provoca una diminuzione della scarica dei terminali glutamatergici del tratto retino-ipotalamico provocando una stimolazione ortosimpatica indiretta della ghiandola pineale che va a produrre melatonina con un circuito a feedback negativo e temporizzato andando a regolare la secrezione neuropeptidica dei neuroni suprachiasmatici. a. La dimininuzione di luce provoca un aumento di attività dei neuroni di proiezione alla parte parvocellulare del nucleo paraventricolare che attivano il nucleo paraventricolare nella porzione parvocellulare b. La porzione parvocellulare del nucleo paraventricolare attivo a sparare in modo eccitatorio sui neuroni ortosimpatici pregangliari del midollo spinale attivando i neuroni ortosimpatici visceromotori primari innervanti il ganglio cervicale superiore. c. I neurone ortosipatici visceromotori primari contattano i neuroni del ganglio cervicale superiore e attivano i neuroni veisceromotori ortosimpatici secondari. d. I neuroni ortosimpatici visceromotori secondari vanno a contattare le cellule della ghiandola pineale attivando la secrezione di melatonina. e. La melatonina in circolo va ad esercitare un azione inibitoria sul nucleo paraventricolare che riduce nel tempo la produzione di melatonina dopo la prima attivazione. o

Nuclei visceromotori, somatomotori ed endocrinomotori : sono due nuclei estesi anteroposteriormente per tutto l'ipotalamo, che controllano il riconoscimento dei volti e la risposta attaccodifesa, due nuclei della regione preottico-ipotalamo e della regione premammillare, che controllano la termoregolazione, un nucleo localizzato nella porzione parvocellulare del nucleo paraventricolare, che controlla l'assunzione di cibo e acqua (centro della sete e della fame) e dalla sostanza nera (mesencefalo) e tegmentale ventrale (ponte) della porzione craniale della colonna comportamentale con la funzione di controllo del comportamento esplorativo (allontanamento da una posizione e rutorno alla partenza) Comportamenti di ingestione : comportamenti volti alla correzione precisa della carenza di acqua - sete - o di particolari nutrienti - fame - determinata da afferenze meccanocettive o chemocettive ad i nuclei della porzione mediale dell'ipotalamo - oressizzanti o assetanti - e rientrante dopo il ristabilimento della carenza da parte di afferenze meccanocettice o chemocettive, centrali o periferiche, agli stessi nuclei ipotalamici - anoressizzanti o dissetanti. Regolazione della sete : la sete, intesa come pulsione verso il dissetamento viene promossa dal nucleo preottico mediano (nucleo GIAMV) del sistema limbico esteso ed il nucleo solitario, che inviano efferenze telencefaliche per l'induzione del comportamento del bere, mente, intesa come regolazione endocrina della funzione renale di diuresi e natriuresi, viene promossa dai neuoni premotori viscerali dei nuclei sopraottico e paraventricolare, che regolano la secrezione endocrina di ADH. 

Via osmolare : via che regola la pulsione della sete e del dissetamento in base all'osmolarità dei liquidi interstiziali mediante degli osmocettori posti nell'organo vascoloso che efferiscono verso il nucleo preottico mediano, sopraottico e paraventricolare, e mediante osmocettori epatici nel circolo portale che afferiscono mediate nervo vago al nucleo del tratto solitario.



Via barocettiva : via che regola la pulsione della sete e del dissetamento in base al volume plasmatico mediante barocettori dell'arco aortico e atriali, che afferiscono con le fibre vagali al nucleo del tratto solitario, e mediante barocettori del sistema juxtaglomerulare renale, che, tramite renina-angiotensina II vanno a stimolare i neuroni del l'organo vascoloso e dell'organo subfornicale (a loro volta connessi con i neuroni del nucleo sella sete)per via endocrina.



Via di estinguimento immediato della sete : via che estingue immediatamente la pulsione della sete non appena viene ingerito dell'acqua tramite osmocettori dell'orofaringe e barocettori dello stomaco, che afferiscono tramite nervo vago e nervo glossofaringeo al nucleo del tratto solitario.

111

Regolazione della fame : è una regolazione molto complessa, poiché influenzata in modo prepotente dalle qualità odorose, sapide, visive e meccaniche degli alimenti, intesa come pulsione verso lo sfamamento con un particolare alimento o in modo generico promossa dall'attività dei nuclei della colonna comportamentale del sistema limbico esteso che comunicano con la corteccia limbica cosciente - nucleo del tratto solitario, nucleo arcuato, nucleo dorsomediale (GIAMV, zona ipotalamica periventricolare viscerale), porzione parvocellulare del nucleo paraventricolare, nucleo ventromediale e zona laterale dell'ipotalamo, stimolati da segnali ormonali liberati dalla distensione e da chemocettori gastrointestinali che agiscono direttamente o indirettamente su tali nuclei in modo da stimolare la fame - oressizzanti - o di causare il senso di sazietà - anoressizzanti. Azione diretta : tramite stimolazione paracrina dei neuriti afferenti e per via endocrina i neuroni dell'area postrema collegati al nucleo del tratto solitario. Azione indiretta : tramite stimolazione dei neuroin dei diversi nuclei ipotalamici. 

Stimoli oressizzanti : è un unico segnale rappreesentato dalla grelina sintetizzata dsal riempimento della mucosa gastrica e duodenle



Stimoli anoressizzanti : vengono rappresentati da colecistochinina, secreta da tutto l'intestino, peptide tirosina-tirosina, secreto dalle porzioni più distali dell'apparato digerente e dal peptide simile al glucagone, espresso dal digiuno e dal pancreas.

3. Zona laterale dell'ipotalamo : zona posta sulla porzione ipotalamica più laterale ed in rapporto con talamo e struttue ad esso adiacienti, con la funzione di zona di interzonnessione tra ipotalamo e sistema limbico esteso e come zona di regolazione del ritmo sonno veglia e dell'ingestione del cibo mediante produzione di oressine con una popolazione di neuroni oressinergici a neuriti molto divergenti. Secondo livello di complessità (influenze omeostatiche) : prende in considerazione l'integrazione vegetativa rombencefalica di ponte e bulbo, modulante una risposta essenzialmente omeostatica, ovvero l'attività cardiorespiratoria e la funzione digestiva gastrointestinale. 

Mesencefalo, ponte e bulbo : elaborazione autonoma nella quale la sostanza periacqueduttale attorno all'acquedotto dal silvio e 4° ventricolo - core - e due sue estensioni in senso ventromediano - paracore mediano - ed in senso laterodorsale - paracore laterale - vanno ad elaborare meccanicamente ed in modo riflesso autonomo le afferenze viscerali e preintegrate dai nuclei midollari e dal nucleo solitario per inviare una risposta visceromotoria (ricevendone una regolazione a feedback) mediante via reticolo-spinale al midollo e per sostanza reticolare truncale ai nuclei visceromotori parasimpatici truncali, modulando le risposte vegetative autonome riflesse e direttamente determinanti la vita : ritmo cardioresporatorio e funzione digestiva o

Struttura dei nuclei d'integrazione autonoma : hanno una struttura di tipo reticolare, con cellule ricche di arborizzazioni dendritiche spinose e corti assoni amielinici estremamente ramificati terminalmente, con neuroni della porzione ventrale-mediana prevalentemente serotoninergici (più antichi filogeneticamente) e neuroni della porzione laterale prevalentemente noradrenergici e dopaminergici.

Nuclei di ricezione delle afferenze viscerosensitive : sono vari nuclei in posizione bilaterale possedenti interneuroni tipo II Golgi in grado di ricevere le afferenze viscerosensitive dirette o preintegrate in modo ordinato viscerotopograficamente. Nuclei bulbari : porzione ventrolaterale del bulbo, formazione reticolare bulbare e nucleo solitario e motore viscerale del vago, raccogliente solo le afferenze vagali da tutti gli organi. Nuclei del ponte e del mesencefalo : nuclei parabrachiali, nuclei del rafe, formazione reticolare diffusa, grigio periacqueduttale

112

Terzo livello di complessità : prende in considerazione l'integrazione vegetativa spinale, modulante nei tratti toracolombari i riflessi vegetativi ortosimpatici dalle afferenze sensoriali viscerocutanee e, nei tratti lombosacrali le funzioni evacuative della vescica urinaria (minzione) e del colon (movimenti di massa del riflesso della defecazione) 

Midollo spinale : elaborazione autonoma nella quale la sostanza reticolare pericanalicolare, attorno al canale centromidollare, e due sue estensioni in senso ventromediano - paracore mediano - ed in senso laterodorsale - paracore laterale elaborano meccanicamente in modo riflesso e automatico le afferenze sensitive viscerocutanee preintegrate dei nuclei intermediomediale del midollo, per inviare una risposta visceromotoria (ricevendone una regolazione a feedback) mediante sistema reticolare e reticolo-spinale midollare ai nuclei intermediolaterale e parasimpatico sacrale del midollo andando a regolare risposte meccaniche a stimolazioni viscerali sensitive, Nuclei di ricezione delle afferenze viscerosensitive : sono i nuclei intermediomediale del sistema spinale.

COMPONENTE PERIFERICA DEL SISTEMA AUTONOMO : il sistema endocrino periferico è composto da neuroni di ricezione afferente del segnale viscerosensitivo, organizzati in nuclei o in gangli intraparietali o associati ai nervi afferenti, in grado di recepire ed inviare il segnale ad entrambi i sistemi para e ortosimpatico, da neuroni di associazione interneurale, disposti all'interno di gangli o di nuclei troncomidollari, in grado di integrare i segnali afferenti periferici e discendenti centrali sia in base alla somatotopia che al ritardo temporale con i quali afferiscono, con una complessità di risposta riflessa crescente procedendo caudo-cranialmente, e da due catene efferenti di neuroni visceromotori inibitori o eccitatori - sistema efferente ortosimpatico e sistema efferente parasimpatico disposti nei nuclei truncomidollari (generalmente primari) e nei gangli (generalmente secondari) in grado di generare o trasportare una risposta riflessa visceromotoria inibitoria o eccitatoria del viscere stimolato. 

Sinapsi gangliare come centro d'integrazione : il neurone visceromotore gangliare non ripete semplicemente il segnale dal neurone visceromotore primario ma lo integra con iperpolarizzazioni inibenti, tamite interneuroni inibitori dopaminergici e depolarizzazioni facilitanti, tramite interneuroni eccitatori con GnRH (fattore di rilascio della gonadotropina come fattore stimolante) in modo da diminuire le frequenze di PDA dal NPG troppo alte ad un tetto massimo e di aumentare le frequenze di PDA troppo basse.

1. Un picco di depolarizzazione, più ampio e positivo, proveniente dall’acetilcolina liberata dal NPG, che supera il potenziale soglia si ha un PDA 2. Un potenziale postsinaptico negativo dovuto a piccoli neuroni dopaminergici iperpolarizzanti (inibitori) determinante una situazione inibitoria in grado di distanziare il PDA successivo 3. Una debole e lunga onda positiva legata al GNRH che favorisce l’instaurarsi di PDA successivi e permette una sommazione degli stimoli. 113



Neurone pregangliare come via afferente comune : come nel caso del motoneurone piramidale secondario il neurone visceromotore pregangliare è la via convergente comune di segnali centrali (previsceromotori) da ipotalamo, tronco e midollo e di segnali viscerosensitivi (mediante interneutoni) dai gangli spinali, nel numero di circa 5000-10000 assoni a cellula, che integrano per dare una risposta.

Afferenze viscerali comuni : sono i rami che portano la componente sensitiva delle azioni riflesse dalle pareti dei tutti i visceri del corpo, organizzate in un neurone viscerosensitivo primario localizzato in gangli al di fuori del sistema nervoso centrale, ossia, nelle afferenze del sistema autonomo truncale, nel ganglio nodoso o giugulare per il nervo vago, nel ganglio petroso per il glossofaringeo, nel ganglio genicolato per il faciale e nel ganglio semilunare per il trigemino, e nelle afferenze del sistema autonomo spinale, nei gangli della radice posteriore dei nervi spinali, i quali invano fibre centripete nei tratti d'ingresso all'SNC - radice posteriore dei nervi spinali e tratti dei nervi cranici - suddivisibili in fibre lente e peptidergiche di tipo amielinico importanti nella modulazione dei processi infiammatori - fibre C - fibre veloci mielinizzate e glutamatergiche medianti le altre sensazioni viscerali (chimiche e meccaniche) - fibre Aδ - in grado di connettersi a neuroni viscerosensitivi di primo tipo del Golgi o funicolari che inviano la risposta via spinotalamica ai centri del sistema limbico esteso superiori con assoni di tipo funicolare ascendente, o neuroni viscerosensitivi del secondo tipo del Golgi o interneuroni, che inviano la risposta ai neruroni premotori, della sostanza reticolare del core midollare e truncale o ai neuroni visceromotori parasimpatici o ortosimpatici primari dei nuclei spinali o dei nuclei truncali. Efferenze visceromotorie : sono delle catene di neuroni visceromotori, composte da un neurone visceromotore primario sempre acetilcolinergico posto in nuclei dell'SNC (salvo per i neuroni del sistema vegetativo enterico) collegato tramite fibre pregangliari efferenti sempre mielinizzate ad un neurone visceromotore secondario acetilcolinergico o noradrenergico, posto in gangli esterni all'SNC, differenziate per posizione e neurotrasmettitore utilizzato dai neuroni visceromotori secondari e per lunghezza e mielinizzazione delle fibre pre-e-postsinaptiche 

Efferenze visceromotrici ortosipatiche : Fibra ortosimpatica pregangliare : sono fibre mielinizzate e piuttosto corte (in genere) che originano dai neuroni visceromotori primari ortosimpatici del nucleo intermediolaterale del midollo spinale (da T1 a L3) per decorrere nelle radici anteriori dei nervi spinali, passando tramite ponte bianco all'interno dei gangli paravertebrali : ganglio cervicale superiore, medio e inferiore (ganglio stellato) per la colonna cervicale, 11 gangli toracici + ganglio stellato, per la colonna toracica, 4 gangli lombari, per la colonna lombare, 4-5 gangli sacrali, per l'osso sacro, e 1 ganglio coccigeo impari, per il mielomero C0. Gangli di tutti i segmenti vertebrali : terminare con sinapsi acetilcolinergiche ai neuroni visceromotori secondari all'interno dei gangli paravertebrali stessi o continuare nei tronchi ascendenti e discendenti ai neuroni visceromotori secondari ortosimpatici di altri gangli senza ponte bianco (cervicali, lombari e sacrali). Gangli dei segmenti toracici-inferiori e lombari : continuare nei nervi splancnici superiore, medio ed inferiore diretti verso i gangli paravertebrali : celiaco, mesenterico superiore, inferiore e aorticorenale. Gangli del segmento toracico : continuare nel nervo splancnico superiore per passare nel ganglio celiaco e terminare nella midollare del surrene. o

Neurotrasmettitore : acetilcolina

Fibra ortosipatica postgangliare : sono fibre amielinizzate piuttosto lunghe (eccetto per quelle dei gangli prevertebrali) che nel caso di un'origine dai gangli prevertebrali vanno a terminare sui visceri muscolocutanei dei dermomiotomerI (vasi, ghiandole sudoripare, muscoli erettori del pelo) e di un'origine dai gangli prevertebrali vanno a formare dei grando plessi nervosi di fibre ortosimpatiche e ganglietti parasimpatici e del sistema autonomo viscerale sopra l'avventizia dei visceri toraco-addomino-iliaci : plesso cardiaco, posto attorno al cuore ed ai grandi vasi, plesso celiaco, posto attorno all'arteria celiaca, plesso ipogastrico, posto alla biforcazione dell'aorta. o

Neurotrasmettitore : noradrenalina associata ad ATP(per recettori purinergici) o neuropeptide Y, la maggior parte, acetilcolina, per le ghiandole suodoripare, dopamina, per la midollare del surrene.

114

Sinapsi varicosa postgangliare : queste sinapsi sono caratterizzate dall'unione dei terminali postsinaptici a varicosità delle arborizzazioni terminali presinaptiche dei neuriti postgangliari, connotati da un'estrema instabilità di posizionamento lungo la fibra, data dalla mancanza di addensamenti recettoriali nella membrana postsinaptica, e da un incostante rilascio di neurotrasmettitore in seguito alla stimolazione da parte di un potenziale d'azione. 

Efferenze visceromotrici parasimpatiche : Fibra parasimpatica pregangliare : sono fibre mielinizzate piuttosto lunghe che originano nel tronco da neuroni visceromotori parasimpatici del nucleo di Edinger-Westphald, scorrenti nel nervo oculomotore comune per andare a controllare il tono dei muscoli intrinseci dell'occhio, del nucleo salivatorio superiore ed inferiore, scorrenti nel VII e IX nervo cranico per andare a controllare l'attività di ghiandola lacrimale, ghiandole salivari e ghiandole nasali, del nucleo dorsale motorio del nervo vago ed ambiguo, scorrenti nel X nervo cranico, per controllare l'attività di tutti i visceri nelle cavità toraco-addominale (ma non pelvica), e che originano dal midollo sacrale presso neuroni parasimpatici del nucleo sacrale parasimpatico laterale, scorrenti prima nei nervi spinali sacrali (dal 2 al 4) e sucessivamente nei nervi pelvici per innervare i visceri pelvici e genitali. o

Neurotrasmettitore : acetilcolina

Fibra parasimpatica postgangliare : fibra amieliniche e molto corte che originano nei ganglietti intramurali dei visceri, da neuroni parasimpatici motori secondari per andare a terminare con sinapsi direttamente agli effettori viscerali o

Neurotrasmettitore : acetilcolina, associata a VIP

Fenotipo trasmettitoriale dei delle diverse terminazioni e neuropeptidi : le terminazioni sinaptiche classiche ad acetilcolina o noradrenalina sono associate a recettori postsinaptici metabotropici specifici per determinati peptidi in determinate funzioni dell'organismo. Caso particolare della midollare del surrene : la midollare dle surrene, per la sua origine embrionale dalle creste neurali, è considerata come un agglomerato di neuroni ortosimpatici secondari visceromotori modificati per la secrezione sinusoidale, dei quali il 20 % che secerne noradrenalina viene innervato da fibre pregangliari ortosimpatiche acetilcolinergiche dal ganglio celiaco originate da neuroni ortosimpatici visceromotori stimolati dalla carenza di glucosio, mentre l'80% secerne adrenalina e viene innervato da fibre pregangliari ortosimpatiche acetilcolinergiche dal ganglio celiaco originate dai neuroni ortosimpatici visceromotori stimolati dalla carenza di pressione arteriosa. 

Effetto della secrezione del surrene : il surrene è responsabile della secrezione prevalentemente di adrenalina circolante, ed in minor misura di noradrenalina, secreta solo al 10% dal surrene e al 90% dai terminali ortosimpatici sparsi nel corpo, con la funzione di causare una blanda vasodilatazione muscolare, tramite stimolazione dei recettori adrenergici β2, e di causare un aumento di gittata cardiaca, tramite stimolazione dei recettori adrenergici β1; causando un sostaziale aumento di gittata cardiaca con calo della pressione arteriosa diastolica

RIFLESSI AUTONOMI DEGLI ORGANI PELVICI : tutte le attività degli organi pelvici - defecazione, minzione, erezione ed eiaculazione - sono attività riflesse di tipo spinale, sottoposte a controllo subordinato volontario, originate dal controllo integrato e coordinato fra attività viscemotoria (parasimpatica ed ortosimpatica) e somatomotoria (infatti l'attività dei muscoli lisci deve essere aiutata dalla muscolatura del pavimento pelvico, striata, per assolvere alle proprie funzioni) tramite il controllo di 3 tronchi nervosi differenti : nevi ipogastrici, contenenti fibre di tipo ortosimpatico, nervi pelvici, contenenti fibre prevalentemente parasimpatiche e poche fibre ortosimpatiche ed i nervi pudendi, che contengono fibre somatomotorie e simpatiche. Riflesso legati all'apparato urinario di immagazzinamento ed escrezione: il sistema di immagazzinamento ed escrezione dell'urina si compone di un serbatoio di riempimento, costretto da un muscolo liscio - detrusore della vescica - rilassato dall'azione dell'ortosimpatico e contratto dall'azione del parasimpatico, e da un sistema di transito, l'uretra, regolato da uno sfintere interno liscio del collo della vescica (nell'uomo cricolare e trofico - sfintere uretrle

115

interno) rilassato dal parasimpatico e contratto dall'ortosimpatico, e da uno sfintere esterno striato, contratto dalle afferenze somatomotorie del neuroni esomatomotore secondario del midollo sacrale tra S2 e S4. Sistema d'integrazione premotrice viscerale e somatica : 

Centro d'integrazione premotoria del midollo sacrale : viene rappresentato dalla sostanza reticolare del core pericanalicolare del midollo sacrale e toracico, contenente neuroni premotori visceromotori in grado di ricevere afferenze viscerosensitive dai meccanocettori della vescica e dell'uretra mediante nervi pelvici e nervo piccolo splancnico, mediando il riflesso spinale di riempimento vescicale con eccitazione dell'ortosimpatico ed inibizione del parasimpatico (rilassamento della vescica e costrizione dello sfintere del collo della stessa) e di ricevere afferenze discendenti premotorie dal nucleo pontino della minzione, mediando il riflesso centrale della minzione, con eccitazione del parasimpatico ed inibizione dell'ortosimpatico (rilassamento dello sfintere del collo sella vescica e costrizione della vescica)



Sistema d'integrazione premotoria del nucleo pontino della minzione : viene rappresentato dalla sostanza reticolare del grigio periacqueduttale del ponte truncale, contenente neuroni premotori visceromotori in grado di ricevere afferenze viscerosensitive dai meccanocettori della vescica e dell'uretra mediante fasci ascendenti spino-talamici e grigio periacqueduttale del bulbo dal nucleo viscerosensitivo intermediomediale del midollo toracico, mediando sia la componente somatica di contrazione del muscolo sfintere striato del'uretra nel riflesso di riempimento vescicale, ed afferenze modulatorie centrali mediante sistema reticolare truncale discendente dal sistema limbico esteso, in modo da integrarare in base alla volontà motivazionale e alla sfera emotiva il passaggio dal riflesso di riempimento a quello della minzione, con stimolazione del parasimpatico, inibizione dell'ortosimpato ed inibizione tonica e prolungata del sistema somatomotore dello sfintere striato esterno (rilassamento dello sfintere del collo e dello sfintere esterno (tonico), e, costrizione del muscolo detrusore della vescica)



Sistema limbico telencefalico : viene composto dai neuroni della corteccia del cingolo, della corteccia orbitofrontale e di alcuni nuclei dell'ipotalamo possedenti afferenze meccanocettive o nocicettive dalla parete della vescica e dall'uretra in grado di rendere cosciente la sensazione di impellenza all'urinazione e lo scorrere effettivo dell'urina durante la minzione, e, possedenti afferenze generiche dal sistema limbico e dalle aree associative, in grado di tradurre in una stimolazione del centro pontino per la minzione la volontà di urinare.

Sistema viscerosensitivo : 

Neuroni viscerosensitivi primari : possiedono un soma posto all'interno del ganglio mesenterico inferiore e delle fibre afferenti meccanocettive di tipo Aδ e nocicettive del tipo C che giungono dai nocicettori e dei meccanocettori della vescica e dell'uretra, e da fibre efferenti decorrenti all'interno del nervo piccolo splancnico terminanti ai neuroni viscerosensitivi secondari ed ai neuroni somatosensitivi secondari del midollo toracico.



Neuroni viscerosensitivi secondari : possiedono un soma posto all'interno del nucleo intermediomediale del midollo toracico emanante fibre efferenti spino-spinali verso i neuroni del core grigio d'integrazione del midollo toracico - riflesso spinale ortosimpatico - e del core del midollo sacrale - riflesso spinale parasimpatico - e fibre ascendenti lungo i cordoni laterali della sostanza bianca midollare, sino al talamo, corteccia limbica ed ipotalamo, per la sensazione cosciente dell'impellenza all'urinazione, mentre al nucleo pontino della minzione per rafforzare con la fuoriuscita dell'urina dall'uretra il riflesso della minzione.

Sistema visceromotorio ortosimpatico : 

Neuroni visceromotori primari : neuroni posti all'interno del nucleo intermediolaterale del midollo lombare da L1 a L2, emananti fibre efferenti pregangliari tramite nervo piccolo splancnico ai neuroni visceromotori ortosimpatici dei ganglio mesenterico inferiore, e riceventi fibre modulatorie dal nucleo pontino della minzione - veicolante il riflesso volontario della minzione - e dal nucleo del core del midollo - veicolante il riflesso spinale di riempimento vescicale.

116



Neuroni visceromotori secondari : neuroni posti all'interno del ganglio mesenterico inferiore, emananti fibre ortosimpatiche postgangliari sino al muscolo detrusore della vescica (inibenti poiché con recettori beta adrenergici) e allo sfintere del collo della vescica (eccitanti poiché con recettori alfa adrenergici) rendendo effettivo l'attuazione motoria ortosimpatica del riflesso di riempimento vescicale e del riflesso della minzione centrale.

Sistema visceromotorio parasimpatico : 

Neuroni visceromotori primari : neuroni posti all'interno del nucleo intermediolaterale del midollo sacrale da S2 a S4 emananti fibre efferenti pregangliari tramite nervi sacrali e nervi pelvici sino ai neuroni visceromotori parasimpatici secondari dei ganglietti intratecali della vescica e dell'uretere e riceventi fibre afferenti modulatorie dal nucleo pontino della minzione - veicolante il riflesso cosciente della minzione - e dal core del midollo sacrale - veicolante il riflesso spinale di riempimento vescicale.



Neuroni visceromotori secondari : neuroni visceromotori colinergici posti all'interno di ganglietti intratecali della parete vescicale e dell'uretere emananti fibre efferenti postgangliari colinergiche molto corte sino al muscolo detrusore della vescica (che stimolano agendo sui recettori muscarinici) ed al muscolo del collo della vescica (che inibiscono agendo su recettori nicotinici) rendendo effettivo il riflesso spinale e centrale della minzione.

Sistema somatomotorio : 

Neuroni somatomotori primari : neuroni posti all'interno del nucleo pontino della minzione, emananti fibre efferenti motorie discendenti nei fasci reticolo spinali sino a terminare con sinapsi colinergiche sui neuroni motori secondari del corno anteriore del midollo sacrale da S2 a S4, e riceventi afferenze sensitive via fascio spino-talamico dal nucleo intermedio mediale del midollo sacrale - media la componente somatica durante il riflesso spinale del riempimento - e dal sistema limbico esteso e corticale - rendendo effettivo il controllo volontario dell'inizio della minzione (rilassamento del muscolosfintere estern uretrale)



Neuroni somatomotori secondari : neuroni tonici posti all'interno del corno del midollo sacrale, emananti fibre efferenti colinergiche nei nervi sacralli S2-S4, scorrenti nei nervi pelvici, sino ad innervare in modo eccitatorio muscolo sfintere esterno dell'uretra, ricevendo fibre afferenti eccitatorie colinergiche dai neuroni motori primari del nucleo pontino della minzione, regolando lo stato tonico del muscolo sfintere esterno dell'uretra nel riflesso della minzione e nel riflesso di riempimento vescicale.

Riflesso spinale (e parzialmente centrale) di riepimento vescicale : questo riflesso permette un riempimento agevole di urina nella vescica senza che la pressione aumenti al punto da impedire il deflusso del bolo urinario dagli ureteri e senza alcuna perdita di urina all'esterno della stessa, sia tramite un rilassamento riflesso del muscolo detrusore della vescica ed una costrizione del collo vescicale, tramite azione dei fasci afferenti viscerosensitivi al core premotorio del midollo toracico e sacrale che consente un inibizione del parasimpatico ed una stimolazione dell'ortosimpatico, sia tramite una costrizione tonica e proporzionale alla pressione endovescicale del muscolo striato esterno dell'uretra, tramite effetto dei fasci viscerosensitivi spinotalamici agenti sui neuroni somatomotori primari del nucleo pontino della minzione che consente un eccitazione dei neuroin somatomotori secondari del midollo sacrale (controllanti il tono dello sfintere striato esterno dell'uretra) Riflesso centrale della minzione : questo riflesso permette uno svuotamento mantenuto nel tempo della vescica tramite l'uretra, sino a che essa non contiene più urina, avvenente sia tramite una prolungato effetto di contrazione del muscolo detrusore della vescica e di rilassamento dello sfintere del collo dell'uretra, mediante l'azione stimolante dei neuroni premotori ad integrazione volontaria con fasci reticolo-spinali sui neuroni visceromotori primari del parasimpatico sacrale ed un azione inibente dei neuroni premotori ad integrazione volontaria con i fasci reticolo-spinali sui neuroni visceromotori primari dell'ortosimpatico toracico, sia tramite un rilassamento tonico del muscolo sfintere esterno striato dell'uretra, ottenuto mediante azione inibente tonica delle afferenze volontarie sui neuroni somatomotori primari del nucleo pontino che, tramite il collegamento con il fascio reticolo spinale, causano una diminuzione dell'attività tonica dei neuroni somatomotori primari sacrali, rilassando il muscolo sfintere esterno dell'uretra; tutte queste funzioni sono mantenute nel tempo dalla stimolazione del nucleo pontino della minzione con fibre afferenti meccanocettive (tramite fasci spinotalamici) che segnalano il flusso di urina nell'uretra e la costrizione della vescica.

117

Riflesso dell'eccitazione sessuale femminile e maschile : rlflesso di tipo quasi essenzialmente limbico esteso eccitazione sessuale psicogena - e solo in minore misura di tipo spinale - eccitazione riflessa, scatenato dalla stimolazione fisica delle aree erogene (tra le quali i genitali) e/o da particolari stati emotivo-motivazionali dell'individuo (solo per il centro limbico esteso), finalizzato alla preparazione dei genitali alla funzione riproduttiva mediante una facilitazione dell'atto meccanico della penetrazione vaginale con inturgidimento parasimpatico dei tessuti erettili della donna e del maschio (erezione peninea e tumescienza delle piccole labbra e della clitoride) e lubrificazione ortosimpatca dello scorrimento penineo nel canale vaginale con secrezione di muco lubrificante da parte del pene e della cervice uterina. Sistema d'integrazione premotoria somatoviscerale : 

Centro d'integrazione premotoria somatoviscerale del midollo spinale : zona di sostanza reticolare del core del midollo spinale, composta da neuroni premotori visceromotori in grado di ricevere afferenze somatosensitive dalle zone erogene e dai genitali, afferenze viscerosensitive dai visceri pelvici e genitali determinanti l'eccitazione sessuale da riflesso spinale, o afferenze modulatorie visceromotorie dal sistema limbico esteso, determinanti l'eccitazione sessuale psicogena, andando a regolare la funzione visceromotoria ortosimpatica al livello T11 - L2, responsabile dell'aumento di secrezione ma della detumescienza dei tessuti erettili, la funzione visceromotoria parasimpatica al livello S2-S4, responsabile della diminuzione della secrezione ghiandolare ma dalla tumescienza dei tessuti erettili, e la funzione somatomotoria ortosimpatica al livello S2-S4, responsabile dell'aumento di tono dei muscoli ischio e bulbocavernosi.



Centro d'integrazione premotoria somatoviscerale encefalica : zona di sostanza gigia comprendente tutto il sistema limbico esteso encefalico e truncale, con particolare attenzione della corteccia del giro del cingolo e della porzione prefrontoorbitaria, dei nuclei paraventricolari e paragiganticellulare dell'ipotalamo, in grado di recepire afferenze somatosensitive o viscerosensitive, via spinotalamica, dai neuroni sensitivi secondari del midollo sacrale andando ad integrare lo stato emotivo-motivazionale ed ideativo di un soggetto in rapporto alle afferenze sensitive erogene per generere una risposta viscero e somatomotoria, inviata tramite fibre reticolo-spinali ai mielomeri toracolombari e sacrali, al fine di determinare il controllo psicogeno semivolontario della stimolazione ortosimpatica, parasimpatica e somatomotoria finalizzata all'eccitazione sessuale

Afferenze sensitive viscerosomatiche : 

Neuroni viscerosensitivi e somatosensitivi primari : neuroni posti all'interno dei gangli delle radici posteriori dei nervi sacrali, riceventi fibre efferenti dal nervo pudendo provenienti dal pene, dalla clitoride e dalla vagina, fibre afferenti dai nervi pelvici, dal canale vaginale, retto, cervice uterina, e fibre afferenti dal nervi ipogastrici, dal corpo dell'utero, dalla prostata, e dalla cervice uterina, ed emananti fibre centripete all'interno dell'SNC, terminanti su neuroni sensitivi secondari dei nuclei dell'SNC spinale.



Neuroni viscerosensitivi e somatosensitivi secondari : neuroni posti all'interno del nucleo intermediomediale o del nucleo porprio del midollo emananti fibre centripete ascendenti tramite vie spino-talamiche del cordone laterale del midollo spinale sino ai neuroni premotori viscerali o samitici del midollo sacrale, lombare o del sistema limbico esteso.

Sistema visceromotorio ortosimpatico : + secrezione - tumescenza 

Neuroni visceromotori ortosimpatici primari : si trovano posti all'interno del nucleo intermediolaterale dei mielomeri spinali da T11 a L2, emananti fibre efferenti ecetilcolinergiche pregangliari tramite nervo piccolo splancnico, e sucessivamente nervi ipogastri ai neuroni ortosimpatici visceromotori secondari del plesso ipogastrio, riceventi fibre afferenti modulatorie dai centri premotori spinali toracolombari - eccitazione sessuale spinale - e dai centri premotori del sistema limbico esteso - eccitazione sessuale psicogena.



Neuroni viscromotori ortosimpatici secondari : si trovano posti nei ganglietti del plesso ipogastrio ed emanano fibre ortosimpaiche agenti sui visceri pelvici, in grado di stimolare la secrezione delle ghiandolette intrapelviche, fibre ortosimpatiche scorrenti nel nervo pudendo ed agenti sui visceri peninei, in grado di stimolare la costrizione dei vasi arteriosi, e quindi la detumscienza degli organi erettili.

118

Sistema visceromotorio parasimpatico : + tumescenza - secrezione 

Neuroni visceromotori parasimpatici primari : si trovano posti all'interno del nucleo intermedio laterale parasimpatico dei mielomeri da S2 a S4, emanti fibre efferenti acetilcolinergiche pregangliari tramite nervi sacrali verso i neuroni visceromotori parasimpatici secondari del plesso pelvico, e riceventi afferenze modulatorie da neuroni premotori spinali sacrali - eccitazione sessuale riflessa spinale - e dai centri premotori del sistema limbico esteso - eccitazion esessuale psicogena.



Neuroni visceromotor parasimpatici secondari : si trovano sparsi all'interno dei ganglietti del plesso pelvico ed emananti fibre parasimpatiche postgangliari agenti sui visceri intrapelvici, in grado di inibire la secrezione delle ghiandole intrapelviche, fibre parasimpatiche scorrenti nei nervi pelvici e perineali, in grado di stimolare la dilatazione delle arteriole e quindi la tumescienza degli organi erettili.

Sistema somatomotorio : + tumescienza ed innalzamento del pene Umento  Neuroni somatomotori primari : si trovano all'interno del sistema limbico esteso di proiezione somatomotoria (tronco encefalico) emanando fibre somatomotorie primarie discendenti per le vie reticolospinali del midollo sino ai neuroni somatomotori secondari del corno anteriore del midollo spinale sacrale, e ricevente afferenze dal sistema limbico esteso, mediando l'effetto somatomotore dell'integrazione emotivomotivazionale e sensitiva del sistema corticale cerebrale. 

Neuroni somatomotori secondari : si trovano all'interno del corno anteriore del midollo psinale sacrale, emanando efferenze somatomotorie secondarie per i nervi sacrali ed il nervo pudendo profondo, sino ad innervare i muscoli striati ischiocavernosi e bulbocavernosi (determinanti maggiore tumescienza degli organi erettili e l'erezione del pene) e ricevendo sia afferenze dai neuroni somatomotori primari del sistema limbico esteso - mediando l'eccitazione sessuale psicogena - sia afferenze dai neuroni premotori del core del midollo sacrale - medianti l'eccitazione sessuale riflessa spinale.

Riflesso psicogeno o spinale modello di inturgidimento - erezione del pene : non appena in seguito alla stimolazione della cute nelle zone erogene maschili e/o in eguito ad autocondizionamento emotivo-motivazionale, si ha una diminuzione del tono ortosimpatico innervante gli sfinteri delle arteriole eccline del pene, che si dilatano aumentando l'afflusso di sangue ai corpi cavernosi del pene e al corpo spongioso uretrale; parallelamente un aumento del tono somatomotore dei neuroni motori secondari del midollo sacrale causa un aumento di contrazione dei muscoli ischiocavernosi e bulbocavernosi che, oltre a far innalzare il pene, vanno a comprimere le vene drenanti gli stessi corpi cavernosi, provocando un ingorgo di sangue con un aumento di pressione nei copri cavernosi; questo causa una pressione contro la tonaca elastica albumiginea del pene che lo trasforma in un corpo duro-elastico per via della maggiore tensione strutturale esterna. Riflesso spinale o psicogeno di secrezione - eiaculazione : quando si ha un intensa afferenza di segnali dai meccanocettori del glande del pene ai neuroni del nucleo paragigantocellulare dell'ipotalamo ed ai neuroni premotori del segmento lombotoracico e sacrale, si attua una fortissima attivazione del componente ortosimpatico per l'innervazione dello sfintere uretrale interno e prostatico, che si contraggono creando una sorta di tubo isolato, nel quale, grazie alla fortissima attivazione dell'ortosimpatico, si ha il riversamento del contenuto (in ordine temporale) delle ghiandole bulbo uretrale, della prostata, delle vescichette seminali e del contenuto epididimale, dove, per opera delle contrazioni ritmiche del pavimento pelvico, si ha un aumento di pressione sino a 50-60 cmH2O; a questo punto, all'apice dell'orgasmo, si ha l'inversione di controllo ortosimpatico-parasimpatico, inducendo il rilascio dello sfintere prostatico con emissione nell'uretra, e quindi esternamente al pene, di un getto in pressione di sperma. Riflesso della defecazione : il sistema di contenimento delle feci si compone dei compartimenti sigmoideo-rettale, l'ultimo d i quali costretto da un muscolo liscio in grado di comprimerlo ad elevate pressioni interne, rlassato dall'ortosimpatico nel riflesso di riempimento del retto ed eccitato dal parasimpatico nel riflesso di defecazione, chiuso da uno sfintere liscio - sfintere interno del retto - rilassato dal parasimpatico e contratto dall'ortosimpatico e da uno sfintere esterno striato, modulato in modo tonico dal sistema somatomotore. Sistema d'integrazione premotrice viscerale e somatica :

119



Centro d'integrazione premotoria del midollo sacrale : viene rappresentato dalla sostanza reticolare del core pericanalicolare del midollo sacrale e toracico, contenente neuroni premotori visceromotori in grado di ricevere afferenze viscerosensitive dai meccanocettori del retto mediante nervi pelvici e nervo piccolo splancnico, mediando il riflesso spinale di riempimento rettale con eccitazione dell'ortosimpatico ed inibizione del parasimpatico (rilassamento del retto e costrizione dello sfintere rettale interno) e di ricevere afferenze discendenti premotorie dal nucleo pontino della defecazione, mediando il riflesso centrale della defecazione, con eccitazione del parasimpatico ed inibizione dell'ortosimpatico (rilassamento dello sfintere del retto e costrizione del retto)



Sistema d'integrazione premotoria del nucleo pontino della defecazione : viene rappresentato dalla sostanza reticolare del grigio periacqueduttale del ponte truncale, contenente neuroni premotori visceromotori in grado di ricevere afferenze viscerosensitive dai meccanocettori del retto mediante fasci ascendenti spinotalamici e grigio periacqueduttale del bulbo dal nucleo viscerosensitivo intermediomediale del midollo toracico, mediando sia la componente somatica di contrazione del muscolo sfintere striato nel riflesso di riempimento rettale, ed afferenze modulatorie centrali mediante sistema reticolare truncale discendente dal sistema limbico esteso, in modo da integrarare in base alla volontà motivazionale e alla sfera emotiva il passaggio dal riflesso di riempimento a quello della defecazione, con stimolazione del parasimpatico, inibizione dell'ortosimpato ed inibizione tonica e prolungata del sistema somatomotore dello sfintere striato esterno



Sistema limbico telencefalico : viene composto dai neuroni della corteccia del cingolo, della corteccia orbitofrontale e di alcuni nuclei dell'ipotalamo possedenti afferenze meccanocettive dalla parete del retto in grado di rendere cosciente la sensazione di impellenza alla defecazione e, possedenti afferenze generiche dal sistema limbico e dalle aree associative, in grado di tradurre in una stimolazione del centro pontino per la defecazione.

Sistema viscerosensitivo : 

Neuroni viscerosensitivi secondari : possiedono un soma posto all'interno del nucleo intermediomediale del midollo toracico emanante fibre efferenti spino-spinali verso i neuroni del core grigio d'integrazione del midollo toracico - riflesso spinale ortosimpatico - e del core del midollo sacrale - riflesso spinale parasimpatico - e fibre ascendenti lungo i cordoni laterali della sostanza bianca midollare, sino al talamo, corteccia limbica ed ipotalamo, per la sensazione cosciente dell'impellenza alla defecazione.

Sistema visceromotorio ortosimpatico : 

Neuroni visceromotori primari : neuroni posti all'interno del nucleo intermediolaterale del midollo lombare da T10 a L2, emananti fibre efferenti pregangliari tramite nervi ipogastri ai neuroni visceromotori ortosimpatici gangli paravertebrali, e riceventi fibre modulatorie dal nucleo pontino della defecazione veicolante il riflesso volontario della defecazione - e dal nucleo del core del midollo - veicolante il riflesso spinale di riempimento vescicale.



Neuroni visceromotori secondari : neuroni posti all'interno del ganglio mesenterico inferiore, emananti fibre ortosimpatiche postgangliari sino al muscolo detrusore del retto (inibenti poiché con recettori beta adrenergici) e allo sfintere del retto interno (eccitanti poiché con recettori alfa adrenergici) rendendo effettivo l'attuazione motoria ortosimpatica del riflesso di riempimento rettale e del riflesso della defecazione centrale.

Sistema visceromotorio parasimpatico : 

Neuroni visceromotori primari : neuroni posti all'interno del nucleo intermediolaterale del midollo sacrale da S1 a S3 emananti fibre efferenti pregangliari tramite nervi sacrali e nervi pelvici sino ai neuroni visceromotori parasimpatici secondari dei ganglietti intratecali e riceventi fibre afferenti modulatorie dal nucleo pontino della defecazione - veicolante il riflesso cosciente della defecazione - e dal core del midollo sacrale veicolante il riflesso spinale di riempimento rettale.

120



Neuroni visceromotori secondari : neuroni visceromotori colinergici posti all'interno di ganglietti intratecali della parete emananti fibre efferenti postgangliari colinergiche molto corte sino al muscolo liscio del retto (che stimolano agendo sui recettori muscarinici) ed al muscolo dello sfintere interno (che inibiscono agendo su recettori nicotinici) rendendo effettivo il riflesso spinale e centrale della defecazione.

Sistema somatomotorio : 

Neuroni somatomotori primari : neuroni posti all'interno del nucleo pontino della defecazione, emananti fibre efferenti motorie discendenti nei fasci reticolo spinali sino a terminare con sinapsi colinergiche sui neuroni motori secondari del corno anteriore del midollo sacrale da S2 a S4, e riceventi afferenze sensitive via fascio spino-talamico dal nucleo intermedio mediale del midollo sacrale - media la componente somatica durante il riflesso spinale del riempimento - e dal sistema limbico esteso e corticale - rendendo effettivo il controllo volontario dell'inizio della defecazione (rilassamento del muscolo sfintere esterno)



Neuroni somatomotori secondari : neuroni tonici posti all'interno del corno del midollo sacrale, emananti fibre efferenti colinergiche nei nervi sacralli S2-S4, scorrenti nei nervi pelvici, sino ad innervare in modo eccitatorio muscolo sfintere esterno , ricevendo fibre afferenti eccitatorie colinergiche dai neuroni motori primari del nucleo pontino della defecazione, regolando lo stato tonico del muscolo sfintere esterno dell'uretra nel riflesso della minzione e nel riflesso di riempimento vescicale.

Riflesso spinale della contenzione fecale : durante le fasi tra una defecazione e l'altra, in coincidenza co il riempimetno del retto, si ha un aumento del tono ortosimpatico generale, con un maggiore distensibilità del muscolo liscio rettale ed un maggior tono contenitivo del muscolo sfintere interno del retto, generando una contenzione delle feci. Riflesso spinale di defecazione : durante i movimenti di massa del colon che spingono materiale nell'ampolla rettale, quando la pressione intrarettale supera i 55mmHg si ha una parziale attivazione parasimpatica che rilassa il muscolo sfintere interno del retto, con una risposta riflessa del muscolo sfintere esterno del retto che mantiene la contenzione fecale. Azione volontaria della defecazione : il nucleo pontino della defecazione causa un rilassamento del muscolo sfintere esterno del retto, una diminuzione del tono ortosimpatico generale ed un aumento del tono parasimpatico generale, generante una contrazione del muscolo liscio del retto ed un rilassamento ulteriore del muscolo sfintere striato interno. IPOTALAMO : aggregato di nuclei di materia grigia immersi in una matrice di fibre di materia bianca, disposto, appena sopra al chiasma ottico ed al peduncolo ipofisario a formare le partetilatero-posteriori di una struttura a tasca - III ventricolo - con una funzione di ecntro di integrazione per tutte le afferenze viscerosensitive, somatosensitive, umorali e del sistema limbico, rappresentante la sfera emotivo-intellettivo dell'individuo, in modo da generare azioni endocrine, comportamentali (istinti) e neurovegetative, finalizzate al mantenimento dell'omeostasi dell'individuo ed alla prosecuzione della stessa specia alla quale l'individuo appartiene.  

 

Nuclei ipotalamici periventricolari : porzione sottile di tessuto attorno alla cavità del terzo ventricolo che individua un nucleo periventricolare ed un nucleo arcuato alla base del ventricolo. Nuclei ipotalamici anteriori : nuclei posizionati cranioanteriormente al chiasma ottico, suddivisibili craniocaudalmente in : nucleo paraventricolare, nucleo ipotalamico anteriore, area preottica, nucleo sopraottico e nucleo soprachiasmatico. Nuclei ipotalamici laterali : può essere suddivisa in area ipotalamica laterale, nucleo dordomediale e nucleo ventromediale. Nuclei ipotalamici posteriori : area ipotalamica posteriore e corpi mammillari.

Afferenze :  

Visiva, uditiva e odorosa : provengono tutte indirettamente dal talamo (visiva e uditiva) e dal rinencefalo (olfatto) tramite una via indiretta mediata dall'amigdala, vera porta sul mondo dell'ipotalamo. Viscerosensitive : provengono tutte tramite sistema reticolare truncale ascendente.

121

 

Somatosensitive : informazioni tattili, dolorifiche e termiche che provengono dai vari distretti tramite vie ascendenti truncali e spinali, con la mediazione di talamo e amigdala o tramite sistema reticolare ascendente Emotivo-comportamentali : vi a doppia comunicazione tra ipotalamo e corteccia limbica mediato dall'ippocampo, dall'amigdala e dal talamo determinando la coloritura emotiva degli enagrammi mentali corticali e la loro espressione viscerale.

Termoregolazione : fenomeno che tende a mantenere la temperatura corporea più prossima possibile ad un determinato valore di default considerato dall'ipotalamo normale - set point - tramite l'azione dei nuclei dell'ipotalamo anteriore - nucleo ipotalamico anteriore e area preottica - e dell'ipotalamo posteriore - nucleo ipotalamico posteriore in grado di determinare aumento della T corporea se < del T set point - termogenesi - o di determinare una diminuzione della T corporea se > del T set point - termolisi mediante fenomeni come regolazione della vasocostrizione dell'ipoderma, regolazione del metabolismo basale via tireotropina, regolazione del tremore da riscaldamento, regolazione della sudorazione ed induzione di comportamenti semiconsci tendenti al riscaldamento. Afferenze : 

 

Neuroni termocettori dell'ipotalamo : neuroni presenti nel nucleo preottico e nel nucleo ipotalamico anteriore in grado di regolare la prorpia frequenza di scarica in base alla temperatura ambientale ed in base a aprticolari segnali chimici che ne alterano la risposta, facendola slittare a frequenze più elevate o più basse. Neuroni termocettori del midollo spinale : neuroni presenti nella spina dorsale rilevanti la temperatura ed invianti segnali all'area ipotalamica posteriore. Termocettori cutanea : neuroni presenti su tutta la cute del corpo ed inviante fibre secondarie ascendenti ai neuroni dell'area ipotalamica posteriore.

Regolazione della temperatura mediante modifica del set point : durante la febbre vi è un innalzamento della temperatura di tipo fisiologico par azione di pirogeni endogeni o esogeni (pirogeni prodotti dai batteri) che vanno ad innalzare il set point dei neuroni termocettori, ovvero fanno comportare tali neuroni come se percepissero una temperatura minore di quella effettiva. Regolazione della secrezione di ADH e sete : fenomeno che tende a mantnere costante la volemia e la natremia plasmatica mediante l'azione secretiva dei neuroni magnocellulari del nucleo sovraottico e paraventricolare che, stimolati dalla segnalazione di elevata osmolarità o bassa pressione cardiaca, vanno a secernere ADHnei corpuscoli del Growing dell'ipofisi posteriore (quindi in circolo) determinando una riduzione della perdita renale di acqua mediante riduzione della permeabilità del tubuli distali, una forte vasocostrizione responsabile di un aumento di pressione, e la stimolazione dei nuclei inducenti la sensazione di sete. 

Tono di base secretivo per ADH: la vasopressina viene secreta continuamente, con un tono di base pulsatile, dall'ipofisi posteriore in assenza di alcuna stimolazione; quindi, la regolazione nervosa della secrezione di vasopressina si basa sulla variazione del tono basale di vasopressina ematica. Afferenze : 

 

Osmocettività intrinseca dei neuroni magnocellulari : ogni neurone magnocellulare presenta un'osmocettività intrinseca dettata dal proprio collassamento della membrana dato dalla differenza osmolare con il proprio ambiente extracellulare Osmocettori dell'organo circumventricolare : l'organo circumventricolare presenta osmocettori destinati con i propri assoni a controllare l'attività dei nuclei sopraottico e paraventricolare. Barocettori e chemocettori aortici e carotidei : piccoli organelli invianti assoni in grado di controllare l'attività del nucleo sovraottico e paraventricolare.

Regolazione della secrezione di ossitocina : fenomeno che tende a regolare l'espulsione dal latte dalla mammella e la contrazione uterina durante l'espulsione del feto mediante l'azione riflessa secretiva dei nuclei sovraottico e paraventricolare che, stimolati dalla segnalazione nervosa meccanocettiva della suzione del bambino sull'areola mammaria o della trazione dell'utero per incuneamento del bambino del canale del parto vanno a secernere ossitocina nei corpuscoli del Growing dell'ipofisi posteriore (quindi in circolo) determinando la contrazione del muscolo liscio degli adenomeri mammari, con espulsione del latte per riflesso neuroendocrino e contrazione del muscolo liscio dell'utero con espulsione del feto dal canale del parto.

122

Afferenze :  

Meccanocettori dell'areola mammaria : meccanocettori presenti nel derma di tale area cutanea, invianti assoni afferenti lungo il fascio spino-talamico sino all'ipotalamo. Meccanocettori di distensione uterina : meccanocettori viscerali presenti nella tonaca uterina , invianti tramite fascio spino-talamico sino all'ipotalamo.

Regolazione dell'attività delle cellule dell'adenoipofisi : avviene sempre per liberazione di ormoni facilitanti o inibenti la secrezione delle cellule adenoipofisarie dai neuroni dell'ipotalamo nei capillari dell'eminenza mediana d'ingrasso nel circolo portale ipotalamo-ipofisario.     

Regolazione della secrezione di tireotropina : viene attivata dalla secrezione di TRH dal nucleo periventricolare Regolazione della secrezione di ormone della grescita : viene attivata dalla secrezione di GHRH dal nucleo arcuato (che stimola) e dalla secrezionedi ormone inibente dal nucleo periventricolare. Regolazione della secrezone di corticotropina : viene attivata dalla secrezione di corticotropina CRH dal nucleo periventricolare. Regolazione della gonadotropina : viene attivata dalla secrezione di GnRH dall'area preottica e dal nucleo arcuato Regolazione della prolattina : viene attivata dalla secrezione di PRF e inibita dalla secrezione di PIF dal nucleo arcuato.

SISTEMA ENDOCRINO : SISTEMA ENDOCRINO : sistema parallelo a quello nervoso, composto da cellule con funzione secretiva singole, o composte in organi - ghiandole endocrine - con secrezione interna ai fluidi di molecole - ormoni - in grado di agire su cellule bersagli provocandone un particolare comportamento, senza, tuttavia, alcun contatto cellula-cellula.  

Comunicazione autocrina : comunicazioni di una cellula secernente con se stessa, influenzando la propria stessa funzione. Comunicazione paracrina : comunicazione di una cellula secernente su cellule bersaglio differente da quella che secerne.

Regolazione della secrezione endocrina : la magior parte delle ghaindole endocrine possiede un tono basale di secrezione sul suale si inscrive una regolazione finalizzata in base a stimoli provenienti dall'esterno del corpo, carenza di ossigeno, temperatura, paura, ed in base ad una regolazione a feedback negativo o positivo in base all'attività stessa della ghiandola endocrina e all'attività delle cellule che deve influenzare. CLASSIFICAZIONE DEGLI ORMONI PER LA PROPRIA NATURA MOLECOLARE : Ormoni aminoacidici : sono due ormoni prodotti a partire dall'aminacido tirosina sia dalla tiroide - tireotropina e tireoxina, sia dalla midollare del surrene - adrenalina e noradrenalina. 

Tiroxina e tireotropina : viene prodotta dalla modificazione delle tirosine attivate ad una glicoproteina tireoglobulina - da parte dei tireociti, e dalla sua successiva endocitosi e modifica tirosinasica.



Adrenalina e noradrenalina : vengono prodotte dalla modifica enzimatica nel granuli di secrezione delle cellule della midollare del surrene della tirosina poi liberata da tali cellule mediante ingresso di ioni calcio, come qualsiasi segnalatore neuronale.

Ormoni peptidici : sono gli ormoni con la famiglia più grande e la più grande variabilità in specificità e funzione, prodotti dalla semplice sintesi proteica delle cellule secernenti e, nella maggior parte delle volte, attivate terminalmente da un clivaggio di un precursore più grande con la produzione di più ormoni con funzione differente; sono prodotti da : ipotalamo, ipofisi, cellule parafollicolari della tiroide, paratiroidi pancreas endocrino, cellule ghiandolari disseminate della mucosa enterica, gonasi e placenta.

123

Sintesi dagli ormoni peptidici : in ogni caos vengono sintetizzati come preproormoni all'interno dell'ER ruoso dai suoi ribosomi, per, successivamente essere modificato dagli enzimi del reticolo endoplasmicol liscio e dal golgi, per poi rssere inviato in vescicole sino in prossimità della membrana secretiva; quasi tutti gli ormoni peptidici contendono dei siti di clivaggio proteolitico composti da due aminoacidi basici in grado o di trasformare un ormone inattivo in un ormone attivo o di trasformare un preproormone in due o più ormoni attivi Secrezione degli ormomi peptidici : le vescicole di neurotrasmettitore si associano mediante proteine di ancoraggio alla membrana plasmatica di secrezione per poi fondersi con essa all'ingresso spontaneo o elettromediato di calcio intracellulare. Ormoni steroidei : sono tutti ormoni prodotti dalla modificazione, nel reticolo endoplasmaticol liscio e nel golgi, del colesterolo captato dalla cellula o prodotto dall'acetil Co-A, suddivisi in varie classi d'azione a seconda dei gruppi funzionali che possiedono, non soggetti ad immagazzinamento ma secreti non appena sintetizzatiCorticoidi : possiedono un colesterolo con un gruppo funzionale idrossietanale sull'anello pirrolico, un gruppo OH, ed un gruppo O chetonico tipico degli ormoni.  Mineralcorticoidi : possiedono un gruppo aldeidico in più  Glucocorticoidi : possiedono un gruppo OH al carbonio di attacco dell'etanale Ormoni sessuali : possiedono sul colesterolo un gruppo OH standard invece che il gruppo acetato dei corticoidi  Androgeni : sono caratterizzati dal classico gruppo OH e da un gruppo chetonico O  Estrogeni : sono caratterizzati dal classico gruppo OH e da un secondo gruppo OH che consente un anello aromatico. Ormoni progestinici : possiedono un gruppo etanale sull'anello pirroli, ed il classico O sull'anello caratteristico. CINETICA DELL'AZIONE ORMONALE E TRASPOSRTO DEGLI ORMONI : Trasporto degli ormoni : gli ormoni liposolubili, come gli ormoni steroidei e aminoacidici (esclusi adrenalina e noradrenalina) vengono trasportati legati a proteine plasmatiche specifiche o aspecifice, per poi essere liberati nei tessuti d'azione; mentre gli ormoni idrosolubili, come gli ormoni peptidici e 2 ormoni aminoacidici : adrenalina e noradrenalina, vengono trasportati in forma libera disciolta nel plasma, in modo da essere direttamente ed immediatamente utilizzabili. Cinetica del legame trasportatore ormone : per tutti gli ormoni che necessitano di un legame ad un trasportatore poiché scarsamente idrosolubili nel plasma umano vi è una costante di dissoluzione specifica per l'ormone e per un determinato tipo di trasportatore caratterizzata da una velocità di adsorbimento e da un adsorbimento massimo direttamente porporzionale alla concentrazione plasmatica della sostanza, e da una velocità di rilascio e da una concentrazione minima invesamente proporzionali alla concentrazione plasmatica della sostanza. 

Tampone della concentrazione ormonale a rapida azione : siccome gli ormoni prima di agire necessitano di essere liberati e siccome gli ormoni liposolubili sono disciolti nei propri trasportatori con una cinetica costante, allora lo stoccaggio nel plasma in forma legata rappresenta un tampone di biodisponibilità in grado di mantaenere una costante concentrazione di ormone attivo liberamente disciolto.



Lentezza nel rilascio ormonale : essendo il rilascio inersamente proporzionale alla concentrazione plasmatica dell'ormone, in ogni caso, essa causa un livello di ormone circolante sempre minore rispetto all'ormone legato.



Competizione per il trasportatore : in caso di ormoni con trasporto in proteine plasmatiche non specifiche il la frazione di ormoni adsorbita dallo stesso trasportatore generico sarà uguale alla frazione della conentrazione degli ormoni liberi nel plasma.

Eliminazione ei vari ormoni : gli ormoni nel plasma sono soggetti ad un'eliminazione per modifica chimica più o meno radicale dello stesso ormone - catabolismo o inattivazione - o per meccanismi di eliminazione dal sangue per escrezione renale o intestinale, eventualmente accentuata dall'azione detossificante del rene o del fegato (in particolari dai vari citocromi della catena di ossidazione)

124



Catabolismo degli ormoni peptidici o proteici : vengono, in genere, idrolizzati in aminoacidi liberi nel tessuto d'azione, in modo da trasformarli in mattoni a rapido riciclo nel metabolismo cellulare, diminuendone al contempo l'azione.



Eliminazione degli ormoni steroidei : vengono in genere, solubilizzati nel plasma mediante esterificazione con l'acido glucuronico o con l'acido solforico e successivamente espulsi tramite bile (sali biliari) oppure filtrati dal rene.

Emivita di un ormone : tqmpo sufficiente perché la concentrazione plasmatica di un ormone diminuisca del 50% tramite azione dei mezzi di catabolismo ormonale o dei mezzi di escrezione dello stesso. Clearence di un ormone : volume di plasma nell'unità di tempo, in questo caso minuto, ripulito totalmente dalla concentrazione dell'ormone dagli organi responsabili del suo catabolismo o della sua escrezione 

Clearence = velocità di escrezione dell'ormone/concentrazione plasmatica dell'ormone

MECCANISMO D'AZIONE DEGLI ORMONI : gli ormoni determinano un'azione fisiologica specifica in una specifica cellula in base alla specificità ormonale del recettore della cellula e alle vie di trasduzione che questo recettore fa partire. Cinetica della formazione del complesso ormone-recettore : la concentrazione dei complessi ormone recettore presenti all'interno so sulla superficie di una cellula è direttamente proporzionale alla concentrazione di ormone libero e di recettore, ed inversamente proporzionale alla costante di dissociazione del complesso recettore-ormone [H] + [R] --k--> [HR] Variazione della saturazione del recettore a N di recettori costante : la saturazione dei recettori di una cellula all'aumentare della concentrazione di ormone aumenta in modo esponenziale sino a raggiungere un plateau di massima saturazione , determinato dalla quantità di recettori nella cellula e dalla costante di dissociazione del complesso recettore-ormone. 



Variazione dell'effetto biologico al variare della quantità di ormone : l'effetto biologico, all'aumentare della cocnentrazione di recettore aumenta lentamente sino ad un valore di soglia minima, al quale si ha l'attivazione dell'effetto biologico, per poi aumentare esponenzialmente e velocemente sino ad un valore di effetto massimo, al quale si ha la massima saturazione dei recettori, dopo di che vi è un plateau di invariabilità dell'effetto fisiologico. Affinità dell'ormone per il recettore : concentrazione di ormone nel plasma al quale si ha la saturazione della metà dei recettori presenti sulla cellula.

Modifica dell'effetto biologico a parità di concentrazione ormonale : Modifica della concentrazione di recettori sulla cellula : riesce a variare l'effetto biologico massimo di un ormone e la veocità di aumento dell'effetto a parità di concentrazione ormonale.  

Downregulation : si ha una diminuzione del contenuto di recettori causante una desensibilizzazione della cellula ad una prolungata simolazione con il medesimo ormone. Upregulation : si ha un aumento del contenuto di recettori causante una sensibilizzazione della cellula ad una assente stimolazione co il medesimo ormone.

Competizione di molecole antagoniste : quando un'altra molecola con una maggiore affinità per il medesimo ormone ma con uno scarso o nullo effetto fisiologico viene posta assieme al medesimo ormone di partenza, vi sarà una diminuzione della saturazione dei recettori con un conseguente calo della fuznione fisiologica a parità di concentrazione ormonale. MECCANISMI D'AZIONE DEGLI ORMONI PEPTIDICI E DELLE CATECOLAMINE (ormoni idrosolubili ad azione rapida)

125

Meccanismo associato ai recettori 7TM : i recettori 7TM sono recettori composti da vari passaggi di alfa eliche transmembrana (normalmente 7) con una porzione extracelulare C-terminale in grado di legare l'ormone con una tasca d'interazione specifica e con una porzione intracellulare/citosolica N-terminale in grado di attivare allostericamente una G-protein trimerica o monomerica (per tutto il tempo di associazione del complesso recettore-ormone) che scambia GDP con GTP per andare ad attivare un enzima in grado di amplificare la trasduzione del messaggio con la produzione di un secondo messaggero : calcio o cAMP 

Via del cAMP intracitosolico : via di segnalazione modificante più comunemente l'assetto metabolico della cellula piuttosto che la sua espressione genica, caratterizzata da un'azione effettrice affidata ad una chinasi cAMP dipendente - PKA - in grado, di fosforilare e regolare bersagli di segnalazione specifici e differenti per ogni tipologia di cellula, attivata ed amplificata dalla concentrazione cAMP intracitosolico, aumentato mediante un'adenilato-ciclasi attivata da proteine G stimolanti - Gs - o diminuito mediante una fosfodiesterasi attiva costitutivamente o attivata da proteine G inibenti - Gi o o

Prima amplificazione : produzione del cAMP Seconda amplificazione : fosforilazione di massa della PKA

Proteine Gs --> attivano l'adenilato ciclasi --> aumenta il cAMP --> PKA attivata --> fosforilazione dei bersagli Spegnimento del segnale : Fosfodiesterasi --> diminuzione del cAMP --> PKA disattivata --> defosforilazione dei bersagli (fofatasi) Proteine Gi --> inibizione dell'adenilato ciclasi --> diminuzione del cAMP --> PKA disattivata --> defosforilazione dei bersagli Spegnimento del segnale : Adenilato ciclasi --> aumento del cAMP --> PKA attivata --> fosforilazione dei bersagli 

Via del fosfatidilinositolo/Ca : via di segnalazione modificante più comunemente l'assetto metabolico della cellula piuttosto che la sua espressione genica e regolata dalla presenza di prostaglandine nella cellula, caratterizzata da un'azione effettrice finale affidata all'attivazione di una chinasi calcio dipendente - PKC - in grado di fosforilare e regolare bersagli specifici da cellula a cellula, attivata sia dalla produzione di diacilglicerolo DAG (solubile in membrana), che ne aumenta la sensibilità al calcio, sia dalla produzione di inositolo 3P (solubile nel ciosol), che aumenta la concentrazione di Ca citoplasmatico agendo sui canali del calcio ligando dipendente del reticolo endoplasmico liscio e della membrana extracellulare , entrambi prodotte dall'idrolisi del fosfatidilinositolo da parte di una fosfolipasi C attivata dall'ormone. o o o

Prima amplificazione : produzione di DAG e I3P Seconda amplificazione : ingresso del calcio nel citosol Terza amplificazione : fosforilazione di massa della PKC

Proteina Gp --> attivazione della fosfolipasi C --> produzione di DAG e I3P --> ingresso di Ca e sensibilizzazione di PKC --> PKC attiva 

Via della Ca-calmodulina : via di segnalazione modificante più comunemente l'assetto metabolico della cellula piuttosto che la sua espressione genica, caratterizzata da un'azione effettrice legata al compleso calmodulina-Ca, in grado si legare e modificare la funzionalità di vari enzimi cellulari, tramite l'aumento della concentrazione del calcio intracitsolico effettuato con attivazione di canali del calcio della membrana plasmatica o del reticolo endoplasmatico liscio, mediante contatto con una proteina G attivata dal recettore. o

Prima amplificazione : ingresso di Ca nel citosol

Proteina G --> attivazione canali transmembrana --> ingresso del calcio --> formazione complesso Cacalmodulina --> regolati bersagli Meccanismo associato alla tirosina chinasi : i recettori tirosina-chinasici sono dei recettori transmembrana possedenti un dominio extracellulare in grado di catturare ed interagire con una molecola ormonale e con un

126

dominio intracellulare possedente un domidio MIK in grado di essere fosforilato sulle proprie tirosine per dare via ad una cascata chinasica di segnalazione, sia tramite un dominio autochinasico attivato dal legame con l'ormone (tramite dimerizzazione di due recettori uguali)o tramite il reclutamento per modifica conformazionale di altre chinasi assimilabili, al fine di modificare sia l'espressione genica della cellula, sia il suo assetto metabolico istantaneo. 

Prima amplificazione : cascata di chinasi

Recettori TIR attivati --> fosforilazione del dominio MIK citosolico --> cascata chinasica di segnalazione --> espressione o metabolismo MECCANISMI D'AZIONE DEGLI ORMONI STEROIDEI E TIROIDEI (ormoni liposolubili) : Recettori interagenti co il DNA : recettori sempre interni al citoplasma cellulare, presenti nel nucleo o nel citosol, caratterizzati da una struttura monomerica e spesse volte soggetta a fosforilazione regolatoria, composta da un dominio C-terminale di legame con l'ormone e attivazione del recettore, un dominio centrale di legame specifico al DNA ed un dominio N-terminale di dimerizzazione o di regolazione tramite fosforilazione dello stesso recettore, che, una volta attivati allostericamente dal legame con l'ormone liposolubile vanno ad agiscono nel nucleo cellulare per variare l'espressione genica della cellula. Amplificazione : questi recettori non possiedono alcun meccanismo di amplificazione ma un azione canalizzata 1recettore:1via 

Recettori per ormoni steroidei : sono dei recettori con struttura omodimerica presenti nel citoplasma della cellula in forma monomerica inattivata e non legata all'ormone che, inseguito a cambiamento conformazionale allosterico per legame all'ormone, dimerizzano in un regolatore della trascrizione genica che trascloca nel nucleo della cellula per andare a legarsi direttamente al DNA o a regolatori preesistenti della trascrizione (già presenti nel nucleo) andando a regolare l'espressione genica di particolair sequenze.



Recettori per gli ormoni tiroidei : sono dei recettori con una struttura monomerica presenti nel nucleo cellulare in forma inattiva e non legata all'ormone che, in seguito a cambiamento allosterico conformazionale allosterico per legame all'ormone, attivano il prorpio dominio di legame al DNA in modo da legarsi a particolari sequenze di DNA regolandone l'espressione genica della cellula.

SECREZIONE DEGLI ORMONI IPOFISARI : IPOFISI STRUTTURA ANATOMOFUNZIONALE : piccolo organo di forma tondeggiante, appeso all'eminenza mediana dell'ipotalamo mediante un sottile cilindretto di materia grigia - peduncolo ipofisario - e sospeso dentro alla sella turcica, coperto superiormente da un cercine di dura - diaframma ipofisario - suddivisibile funzionalmente e filogenicamente in una porzione anteriore - adenoipofisi - di origine endodermica (originata dalla tasca di Rathke) disivibile a propria volta in una porzione anteriore, caratterizzata da una pars distalis basale ed una pars tuberalis peduncolare, ed in una porzione intermedia - lobo intermedio - centrale all'ipofisi, e composta da 5 tipologie di cellule endocrine cordonali (di tipo epiteliale) , e da una porzione posteriore di origine nervosa, in diretta continuazione con l'eminenza mediana dell'ipotalamo - lobo posteriore o neuroipofisi - composto da una porzione formante il peduncolo ipofisario - peduncolo infundimbolare - e dalla parte posteriore del corpo dell'ìpofisi - lobo posteriore - e caratterizzata da folrissimi gomitoli capillari fenestrati - corpi del growing sui quali terminano gli assoni dei neuroni del nucleo paraventricolare e sopraottico dell'ipotalamo. IRRORAZIONE SANGUIGNA DELL'ASSE IPOTALAMO IPOFISARIO : circolo sanguigno che diparte dall'eminenza mediana della neuroipofisi con un fitto gomitolo di vasi sanguigni fenestrati irrorati dalle arterie ipofisarie superiori, all'interno dei quali i neuroni dell'ipotalamo riversano inibine o stimuline, drenati attraverso il peduncolo ipofisario e nellal pars tuberalis tramite vene portali ipofisarie lunghe, sino a terminare nella pars distalis dell'adenoipofisi anteriore in un secondo fitto gomitolo di capillari sanguigni che bagnano le cellule endocrine dell'adenoipofisi, portandovi le stimuline e le inibine secrete dall'ipotalamo nell'eminenza mediana, drenata da due sistemi venosi : le vene ipofisarie laterali, che drenano il sangue con gli ormoni dall'adenoipofisi alla circolazione sistemica, e le vene ipofisarie brevi, che drenano il sangue dal circolo dell'adenoipofisi sino al circlo dei corpuscoli del Growing dell'ipofisi posteriore, irrorati dall'arteria ipofisaria inferiore e drenati dalle vene ipofisarie posteriori.

127

ORMONI IPOTALAMICI INFUENZANTI LA SECREZIONE ADENOIPOFISARIA : nono tutti ormonipeptidici prodotti dal clivaggio di prepropeptidi dai neuroni dei nuclei ipotalamici, secreti tramite la regolazione di un ritmo pulsatile basale e permanente, capaci di indurre la secrezione ad una sola o tutte le cellule adenoipofisarie e la regolazione a feedback positivo - up-regulation - o negativo - down-regulation. Ormone stimolante la secrezione di tireotropina - TRH : ormone tripeptidico prodotto dai neuroni della porzione parvicellulare del nucleo paraventricolare come un prepropeptide GLT-HIS-PRO-GLY poi modificato che :  

Agisce sulle cellule tireotrope stimolando la tireotropina Agisce sulle cellule mammotrope stimolando la prolattina (funzione inibita dalla dopamina)

Ormone stimolante il rilascio di adrenocorticotropo - CRH : ormone peptidico di 41 aminoacidi prodotto dai neuroni della porzione parvicellaulare del nucleo paraventricolare e dalle cellule del sistema immunitario che :   

Agisce sulel cellule adrenocorticotrope stimolando l'ormone adrenocorticotropo Agisce sulle cellule sui neuroni liberanti ormone liberante gonadotropine inibendo il rilascio di gonadotropine Agisce sui neuroni del sistema ortosimpatico causando aumento di pressione e rilascio di citochine

Ormone stimolante il rilascio di gonadotropine - GnRH : ormone decapeptidico prodotto dai neuroni originati dall'organo vomeronasale e migrati al nucleo arcuato e della zona preottica dell'ipotalamo che : 

Agisce sulle cellule gonadotrope stimolando maggiormente il rilascio di LH e in minore misura il rilascio di FSH

Imp : l'ormone follicolostimolante FHS possiede una regolazione che esula, in parte, dall'attività secernente dell'ormone GnRH Ormone stimolante il rilascio di ormone somatotropo - GHRH : ormone peptidico di 40 o 44 amioacidi, secreto dai neuroni del nucleo arcuato e ventromediale che : 

Agisce sulle cellule somatotrope dell'adenoipofisi stimolando l'ormone somatotropo o GH

Somatostatina : ormone peptidico di 14 aminoacidi, secreto dai neuroni della porzione paraventricolare anteriore che :      

Agisce contrastanto l'effetto della GHRH sulle cellule somatotrope riducendo la secrezione di somatotropina Agisce inibendo la secrezione di prolattina Agisce inibendo la secrezione di tiraotropina Agisce inibendo la secrezione di adrenocorticotropo Agisce sul pancreas endocrino inibendo la secrezione di insulina e glucagone Agisce sul sistema digerente inibendo la secrezione di gastrina e secretina.

Fattore inibente la prolattina : fattore rappresentato da semplice dopamina, prodotta dei neuroni del nucleo arcuato che : 

Agisce sulle cellule mammotrope inibendo la prolattina (azione della dopamina)

ORMONI DELL'IPOFISI ANTERIORE : TIREOTROPINA : ormone eterodimerico composto da una subunità α di 96 aminoacidi e 2 catene glucidiche, e da una subunità β di 110 aminoacidi ed una sola catena glucidica, prodotta nelle cellule tireotrope dell'adenoipofisi, occupanti il 3-5% della popolazione totale, tramite una sintesi nel reticolo endoplasmico, una glicosilaizone ed assemblamento nel golgi e nelle vescicole sinaptiche, attivate mediate meccanismo calciodipendente. 

Emivita plasmatica di 50 minuti

128

Regolazione della secrezione della tireotropina : possiede una secrezione pulsatile basale di 0,2-5 mU/L che puà essere variata dall'azione di TRH, somatostatina, cortisolo e ormoni tiroidei. 

TRH [+] : tramite un recettore 7TM va ad attivare la via della fosfolipasi C e della calmodulina-Ca provocando un aumento di calcio intracellulare con rilascio del neurotrasmettitore e l'induzione della sintesi.



Ormoni tiroidei (triiodotironina) [-] : va ad interagire con recettori nucleari delle cellule tireotrope permettendo una diminuzione dell'espressione degli ormoni di sintesi della catena α e β e down-regolando la sensibilità delle cellule bloccando la sintesi dei recettori per il TRH, e delle cellule ipotalamiche di produzione dell'ormone TRH andando a ridurre la sintesi ipotalamica di TRH



Cortisolo [-] : esercita un'azione negativa sulla secrezione di TRH



Ormone somatotropo [-] : esercita un'azione negativa sulla liberazione di TSH



Somatostatina e dopamina [-] : esercitano un azione negativa sulla sintesi di TSH

Meccanismo di azione sulle cellule bersaglio : va ad agire su recettori 7TM di 764 aminoacidi accoppiati con l'adenilato ciclasi, a bassa soglia, o accoppiati con la fosfolipasi C, ad alta soglia, stimolando a seconda della concentrazione la via del cAMP o della fosfolipasi C; effettuando sia un'azione metabolica e genica sulla sintesi e sul rilascio di ormoni tiroidei sia sul trofismo dei tireociti. 

Azione genetico metabolica sulla secrezione degli ormoni tiroidei : viene attuata mediante un aumento genetico e metabolico della formazione di tireoglonulina iodata, tramite aumento della iodazione delle tirosine tramite meccanismo di captazione e ossidazione (perossidasica) dello iodio, un aumento della captazione e distruzione della tiroglobulina in ormoni tiroidei, tramite aumento degli pseudopodi tireocitici verso il follicolo di colloide,



Azione genetica di trofismo : viene attuata tramite aumento dell'espressione genica generale dei treociti al fine di aumentarne l'attività metabolica.

ORMONE ADRENOCORTICOTROPO : ormone monomerico composto da 39 aminoacidi e prodotto dalle cellule andrenocorticotrope dell'adenoipofisi, che costituiscono il 20 % della popolazione della sua porzione anteriore, tramite produzione nell'ER di una proopiomelanocortina poi scissa nelle vescicole secretorie in un mix di ACTH, βlipotropina, e γ-MSH, poi liberati tamite meccansimo calciomediato. 

Emivita plasmatica di 7-15 minuti

Regolazione della secrezione dell'ACTH : la secrezione di ormone adrenocorticotropo presenta un ritmo basale di 23 scariche secretive di 10-20 minuti ciascuna, in media ogni ora, con una variazione di tipo cicardiana caratterizzata da un minimo notturno (dalle 24 alle 4) e da un picco massimo mattutino (dalle 4 alle 12) riflessa dalla regolazione ipotalamica ed a feedback negativo della stessa secrezione; tale secrezione è maggiore nell'uomo, con scariche più frequenti e lunghe. 

CRH [+] : permette di stimolare un recettore 7TM in grado di attivare la via dell'adenilato ciclasi provocando sia il rilascio dell'ACTH dalle cellule corticotrope, sia l'espressione genica della proopiomelanocortina.



Ormone antidiuretico [+] : rilasciato dalle cellule ipotalamiche assieme all'ormone CRH, permette di stimolare un recettori 7TM in grado di attivare la via della fofolipasi C provocando sia il rilascio dell'ACTH, sia la upregolazione dei recettori 7TM per CRH



Cortisolo [-] : è il prodotto finale della segnalazione ipotalamo-ipofisi-surrene e permette di inibire il rilascio di CRH dall'ipotalamo, sia tramite inibizione del suo rilascio che tramite l'espressione genica del suo gene, e di inibire per down-regulation del suo recettore l'azione del CRH sulle cellule corticotrope; a grandi concentrazioni inibisce l'espressione del gene per la proopiomelanocortina nelle cellule corticotrope.

129



ACTH [-] : va ad effettuare una regolazione a feedback inibendo la secrezione di CRH dalla cellula.

Meccanismo di azione dell'ACTH sulla corteccia surrenale : va a stimolare dei recettori 7TM accoppiati all'andenilato ciclasi in modo da segnalare attraverso l'aumento del cAMP intracitosolico sia una variazione nella secrezione di ormoni glucocorticoidi, sia un aumento del trofismo cellulare. 

Azione genetico metabolica sul'aumento della secrezione di glucocorticoidi : viene attuato un aumento metabolico dell'attività di captazione, idrolisi e trasformazione del colesterolo, per via di una velocizzazione dell'idrolisi degli esteri del colesterolo e del meccanismo di trasporto al citocromo P450, sia un aumento genetico dell'uptake di colesterolo e del meccansimo di trasformazione mediante un aumento dell'espressione genica dei recettori.



Azione trofica genetica : va a stimolare l'espressione genica legata allo sviluppo strutturale e metabolico delle cellule della corteccia surrenale e sui loro mitocondri.

GONADOTROPINE IPOFISARIE (LH e FHS) : sono due ormoni peptidici molto simili eterodimerici composti da una subinità α uguale per entrambi, comoposta da una catena di 96 aminoacidi con catene glucidiche, e da subunità β caratteristiche : una subunità β della LH, composta da 121 aminoacidi e dalla subunità β della FSH, composta da 110 aminoacidi, prodotte dalle cellule gonadotrope, specifiche per ogni ormone, componenti il 10-20 % dell'adenoipofisi tramite un processo di sintesi proteica del reticolo endoplamsmico rugoso e di glicosilazione ed assemblamento nel Golgi e nelle vescicole. 

Emivita plasmatica circa 60 min (per entrambi gli ormoni)

Regolazione della secrezione di Gonadotropine : la secrezione delle gonadotropine LH ed FSH varia in quantità ed in qualità (rapporto tra LH e FSH) in modo cicardiano ma differentemente tra uomo e donna nel periodo fertile (per opera di regolazione a feedback positive e negative e per l'azione del GnRH), infatti, mentre nell'uomo, per azione del testosterone nello sviluppo, la concentrazione di gonadotropine è di uguale tra LH e FSH a 3-12 u/L con una secrezione ad alta pulsatilità e quasi continua (per secrezione continua del GnRH)nella donna la concentrazione di gonadotropina è pulsatile ma variabile con il ciclo mestruale con maggiore componente luteinica (tramite regolazione a feedback negativo/positivo tra estrogeni e secrezione di GnRH) presentando nella fase follicolare un rapporto 3-15 LH/3-15FSH, nella fase ovulatoria un rapporto 10-40LH/30-120FSH e nella fase luteinica un rapporto 10-30LH/4-20FSH 

GnRH [+/- ; LH/FSH] : agisce su recettori 7TM sulla superificie cellulare che attivando la via della fosfolipasi C vanno ad attivare la PKC mediante calmodulina-CA determinando un diverso effetto secretorio a seconda della frequenza di pulsazione della sua secrezione, sia modificando genicamente il rapporto LH/FSH, sia up regolando o down-regolando i propri recettori, sia modificando metabolicamente la sintesi di LH/FSH. Frequenza di GnRH nulle : vanno a deprimere l'espressione dei recettori GnRH causando una caduta a 0 della secrezione di LH e FSH Frequenza di GnRH di 1pulsazione/h : va ad aumentare l'espressione dei recettori GnRH causando un aumento della secrezione di LH e FSH in uguale misura. Frequenza di GnRH di 3pulsazione/h : va ad aumentare la secrezione di FSH con la diminuzione della secrezione di LH Frequenza di GnRH di 5 pulsazioni/h : va a down-regolare i recettori per GnRH con dissociazione dal sistema di trasduzione, causando una diminuzione o annullamento della secrezione ipofisaria.



Stimulina [+FSH] : va ad aumentare la secrezione di FSH mediante una accelerazione delle scariche ipotalamiche di GnRH



Estradiolo e testosterone [-] : tramite un processo a feedback negativo vanno a ridurre la produzione di LH e FSH tramite un rallentamento delle scariche ipotalamiche di GnRH, una down-regulation dei recettori per GnRH sulla superificie delle cellule gonadotrope ed una inibizione genica della sintesi di LH/FSH nelle cellule gonadotrope.

130



Progesterone [-] : tramite un processo di feedback negativo va a ridurre la produzione di LH e FSH mediante un rallentamento della produzione delle scariche ipotalamiche di GnRH



Estrogeno a concentrazione massima [+ +LH] : nella donna, tramite un processo di feedback positivo, una concentrazione di estrogeni superiori a 200pg/ml un piccol estremamente elevato di LH causante l'ovulazione, andando a stimolare una maggiore produzione di LH con conseguente maggiore produzione di estrogeni e conseguente maggiore produzione di LH.



LH [-] : tramite un meccanismo a feedback breve va ad inibire la sintesi di gonadotropine mediante rallentamento delle scariche ipotalamiche di GnRH.



Inibina [-FSH] : va a diminuire la secrezione dell'FSH mediante un inibizione della pulsatilità dell'ipotalamo per GnRH, una down-regulation dei recettori per GnRH sulle cellule gonadotrope ed una inibizione genica della sintesi di FSH nelle cellule gonadotrope, mediante effetto della CRH.



CRH [-] : va ad inibire la sintesi di gonadotropine mediante rallentamento delle scariche di GnRH dall'ipotalamo.



Prolattina [-] : va ad inibire la sintesi generica delle gonadotropine mediante rallentamento elle scariche di GnRH

Variazione dei livelli di gonadotropine con la crescita dell'individuo : nel periodo prepuberale, per una bassa maturazione dei neuroni secernenti GnRH i livelli di ormoni gonadotropi sono bassi e stabili, nel periodo puberale, si ha una secrezione di GnRH pulsatile, caratterizzata da intensi picchi notturni, che, nel periodo della maturità sessuale si regolarizza ad un ritmo continuo di secrezione pulsatile; durante la senescienza, nell'uomo si ha un rallentamento della frequenza di GnRH, con conseguente minore produzione di LH e FSH che, tuttavia, non cessa mai, nella donna, invece, si ha uno spiccato aumento, in menopausa, di gonadotropine ipofisarie con una magiore secrezione di FSH su LH ed una nulla produzione di estrogeni. Meccanismo d'azione delle gonadotropine : tramite interazione con un recettore 7TM vanno ad attivare la via dell'adenilato ciclasi, determinando una regolazione della 'attività endocrina e gametogenetica delle gonadi; inoltre, LH può essere coadiuvato dalle prostaglandine e up-regolato dall'FSH che ne aumenta i recettori. 

Aumento dell'attività endocrina delle gonadi : nell'uomo in seguito a presenza di LH, coadiuvato da FSH, si ha la produzione di testosterone; mentre nella donna, in seguito alla presenza di FSH e LH si ha la produzione di estradiolo, mentre in seguito alla presenza di LH solamente si ha la produzione di progesterone.



Normalizzazione dell'attività gametogenetica : nella donna, FSH stimola la maturazione del follicolo ovarico, mentre LH stimola l'ovulazione, la maturazione finale del follicolo e la formazione del corpo luteo; nell'uomo, FSH da inizio alla spermiogenesi, mentre il testosterone intratesticolare prodotto dalle cellule del Leyd in risposta all'LH permette il completamento della spermiogenesi.

ORMONE SOMATOTROPO : ormone peptidico monomerico composto da 191 aminoacidi in sequenza speciespecifica, sintetizzato dalle cellule somatotrope componenti il 50-40% dell'adenoipofisi, tramite la secrezione di un proormone dall'ergastoplasma delle cellule, un suo successivo clivaggio del peptide di segnalazione amonoterminale, ed un suo invio tramite Golgi ai granuli di secrezione, liberato in modo calciodipendente. 

Emivita della somatotropina in circolo legata alle proteine plasmatiche simili al suo recettore è di 20 minuti

Meccanismo di regolazione della secrezione : la secrezione dell'ormone GH possiede una frequenza di pulsazione secretiva di tipo circadiano, tuttavia, variante a seconda dell'invecchiamento dell'individuo, che durante l'accrescimento possiede un picco ogni 4 ore, con un livello medio >2,5ug/ls, mentre, durante il periodo postaccrescimento possiede pochi picchi concentrati solo durante il sonno ad onde lente, con un livello medio Ps x FPR = Us x V -> FPR = (Us x V)/Ps = Cs Calcolo dell'FPR con il PAI : essendo il PAI l'unica molecola conosciuta ad essere rimossa al 90% dal flusso plamsatico renale, la perdita di PAI con l'urina in un determinato minuto rispetto alla densità del PAI nel sangue, mi permetterà di trovarmi il 90 % del totale volume di plasma passato in quel minuto nel rene; quindi, dividendo quel valore per 0,9 otterrò il vero volume di plasma passato in quel momento nel rene, cioè l'FPR. FPR = Cs/ frazione di estrazione (90%) Valore medio del FPR : 650 mL/minuto Frazione di estrazione : frazione della quantità di soluto scorrente con il plasma nel rene che viene traslocata nel glomerulo. E = (Concentrazione nelle arterie - concentrazione nelle vene)/Concentrazione nelle arterie) FRAZIONE DI FILTRAZIONE : frazione del volume di plasma passante per il rene in un minuto che effettivamente attraversa il glomerulo all'interno del filtrato glomerulare. Misurazione PAI e Inulina : FF = VGFinulina/FPRpai = 125mL/min/650mL/min = 0,9 CLEARENCE OSMOLARE : quantità di soluzione plasmatica passante per un minuto in grado di essere depurata completamente da qualsiasi soluto dal nefrone; in condizioni di normalità uguale a 2 mL.

307

Cosm = (Uosm x V)/Posm Imp : la clearence osmolare non tiene conto del volume minimo al quale tutte le velocità massime di eliminazione di soluti sono saturate, poiché esse sono dissimili fra loro, e possono non avere un volume di saturazione univoco; piuttosto è il volume minimo che satura anche la velocità di eliminazione nefronica più alta di un soluto rispetto agli altri del plasma. CLEARENCE DELL'ACQUA LIBERA : quantità acqua secreta o riassorbita dal tubulo renale per consentire una determinata clearence osmotica. Cacqua = Flusso urinario - Clearence osmolare = V - Cosm 

Clearence dell'acqua libera positiva : il flusso urinario è maggiore del flusso plasmatico filtrato per ottenerne la sua velocità di escrezione, quindi, una certa quantità di acqua libera viene secreta dal tubulo diluendo l'urina - in diuresi pressoria.



Clearence dell'acqua libera negativa : il flusso urinario è minore del flusso plasmatico filtrato per ottenerne la sua velocità di escrezione, quindi, una certa quantità di acqua libera viene riassorbita dal tubulo concentrando l'urina - tipico in presenza di ADH.

VALUTAZIONE DELLA RIELABORAZIONE TUBULARE NELL'ESCREZIONE DI UNA SOSANZA : se la velocità di escrezione urinaria di una sostanza è differente dalla velocità di filtrazione glomerulare della stessa si è verificata o un riassorbimento tubulare o una secrezione tubulare. 

Se la velocità di escrezione urinaria è minore della velocità di filtrazione glomerulare allora si ha avuto un riassorbimento tubulare.



Se la velocità di escrezione urinaria è maggiore della velocità di filtrazione glomerulare allora si ha avuto una secrezione tubulare.

MECCANISMI DO CONTROLLO DELL'OSMOLARITA' DEL LIQUIDO EXTRACELLULARE REGOLAZIONE DELL'OSMOLARITA' DEL LIQUIDO EXTRACELLULARE : il corpo tenta di far permanere l'osmolarità del fluido extracellulare ad un valore sempre costante per favorire la normale funzionalità di tutte le cellule; a questo fine agisce tramite la regolazione dell'assunzione di sali e acqua e tramite la regolazione del volume e della concentrazione delle urine. Meccanismi che regolano l'assunzione - meccanismo della sete :  

Sete Fame di sale

Meccanismi che regolano l'escrezione renale - sistema a feedback osmocettori-ADH  

Regolazione del volume dell'urina Regolazione della concentrazione dell'urina Concentrazione extracellulare di sodio = 140 - 145 mEq/L con una media di 142 mEq/L Osmolarità del plasma (= liquido extracellulare) = 282 mOsm/L +- 2% (corretto per interazioni ioniche) 300 mOsm/L semplificato.

Importanza della percezione osmolare del plasma mediante concentrazione di sodio : siccome il e gli anioni ad esso associati rappresentano il 94 % dei soluti osmoticamene attivi dei liquidi extracellulari, mentre il restante 4-5 % è rappresentato da glucosio e urea, la concentrazione del sodio (e degli anioni associati) determina a maggioranza l'osmolarità del liquido extracellulare, e quindi per monitorare l'osmolarità extracellulare bisogna regolare la concentrazione di sodio.

308

Calcolo dell'osmolarità dalla concentrazione plasmatica di sodio : essendo la concentrazione plasmatica di sodio la principale determinante dell'osmolarità plasmatica, posso calcolarmela a partire dalla prima. Osmolarità sanguigna = 2,1 x concentrazione sodio (mEq/L) CENTRALIZZAZIONE NERVOSA DEL CONTROLLO DELLA SETE E DELL'ATTIVITA RENALE ADH DIPENDENTE : nella regione anteroventrale del 3° ventriolo - area AV3V - c'è una zona di materia grigia, composta da due centri nervosi privi barriera ematoencefalica e permeabili ai soluti del liquor - superiormente l'organo sottofornicale, inferiormente dall'organo vascolare - in grado di controllare la composizione osmolare del sangue, a da una zona centrale ad essi - nucleo preottico mediano - in grado di integrare tutte le informazioni pressorie, giungenti dal nucleo solitario del nervo vago, e osmolari, giungenti dall'organo pressorio e sottofornicale, al fine di elaborare una risposta stimolante o o inibente il rilascio di ADH dalle terminazioni nervose ipofisarie del sistema producente ADH. MECCANISMI DI ATTIVAZIONE DEL CENTRO AV3V : Meccanismo osmocettivo di attivazione del centro AV3V : nell'organo vascolare e nell'organo sottofornicale sono presenti dei piccoli ormoni sensibili ai cambiamenti di osmolarità sanguigna - osmocettori - che si raggrinziscono attivandosi appena l'osmolarità aumenta dell'1% andando ad attivare il nucleo preottico mediano

Regolazione normale per osmocettività : il senso di sete e l'attivazione della secrezione di ADH, a volumi di sangue normale, è soprattutto eseguita mediante percezione delle differenze di osmolarità, in quanto esse sono molto più efficienti ad avviare piccole risposte ipertensive del centro AV3V : una variazione di 1% nell'osmolarità del sodio attiva poco il centro AV3V Meccanismo bacocettivo di attivazione del centro AV3V : tutte le afferenze barocettive dall'aorta, dal glomo carotideo e dall'atrio destro, si dirigono assieme al nucleo solitario mediante il nervo vago; il nucleo solitario, quindi, invia afferenze attivartici al nucleo AV3V. Regolazione eccezionale per barocettività : il senso della sete e, maggiormente, la secrezione di ADH a volumi di sangue pericolosamente ridotti sono molto più potentemente ed efficientemente attivate dal riflesso barocettivo, che si presente molto più efficiente ad attivare risposte elevate alle estreme variazioni di volemia plasmatica : una variazione del 10% del volume plasmatico è appena sufficiente ad attivare il nucleo AV3V tuttavia lo attiva potentemente. Altri meccanismi secondari di attivazione : l'attività del centro AV3V può essere stimolata anche dal forte senso di nausea, generalmente dopo un conato di vomito, o regolata da sostanze psicoattive. Sostanze neuroattive stimolanti :  Morfina  Nicotina  Ciclofosfamide Sostanze neuroattive inibenti :  Alcool  Clonidine  Aloperidolo NOTA MEDICA ! Aumento di volume urinario con l'aumento del tasso alcolemico Data la discreta soppressione del centro AV3V da parte dell'alcool, in tassi alcolemici sufficientemente elevati si ha una soppressione della produzione di ADH, ciò porta alla estrema diluizione delle urine e quindi ad un urinazione molto frequente. STIMOLAZIONE DELLA REGOLAZIONE RENALE DELL'OSMOLARITA' EXTRACELLULARE : sistema di riduzione della diminuzione volemica e pressoria tramite regolazione della natriuresi e della diuresi nel tubulo renale attivato

309

mediante riflessi osmocettivi truncali, mediante riflessi barocettivi, mediante riflessi nervosi da nausea e ipossia o mediante sostanze attive come nicotina, alcol e ciclofosfamide, clonidine o alloperidolo, nel quale si ha la sintesi dell'ADH nell'ipotalamo e la sia secrezione nell'ipofisi posteriore. Formazione e stoccaggio dell'ADH : l'ADH viene continuamente prodotto dai neuroni magnocellulari del nucleo paraventricolare - 1/6 di tutta l'ADH - e del nucleo sovraottico - 5/6 di tutta l'ADH; per poi essere trasportato tramite i loro assoni alle sinapsi pericapillari dei corpuscoli del Growing dell'ipofisi posteriore dove è immagazzinato. Liberazione di ADH : quando i neuroni magnocellulari del nucleo paraventricolare e sovraottico vengono stimolati dal vucleo AV3V attivato, il loro potenziale d'azione raggiunge le sinapsi pericapillari andando a causare l'apertura deicanali del calcio voltaggiodipendenti, che permettono l'ingresso di molto calcio nelle sinapsi, andando a causare il rilascio dell'ADH dentro l'endotelio dei corpuscoli del Growing. Azione dell'ADH : l'ADH va a massimizzare l'espulsione di sodio e soluto minimizzando la perdita d'acqua nel processo, quindi, massimizza la clearence osmolare minimizzando la clearence di acqua libera; questo permette un aumento della diluizione del sangue con un'azione molto rapida sui tubuli renali STIMOLAZONE DELLA RISPOSTA DEI CENTRI DELLA SETE : risposa mediata dal centro della sete che stimola il desiderio del bere in modo da portare il soggetto ad innalzare completamente i propri livelli di acqua andando ad aumentare la volemia extracellulare diminuendo la sua osmolarità. Centro della sete : piccolo nucleo di neuroni posto anterolaterale al nucleo sovraottico, stimolabile mediante aumento diretto della prorpria osmolarità o tramite fibre eccitatorie dal nucleo AV3V, ed avente la funzione di stimolare (se attivo) il desiderio di bere. Stimoli che ragolano il centro della sete : attraversouna serie sensori gastro-faringo-esofagei, osmocettivi e barocettivi il soggetto assume sempre una quantità d'acqua perfettamente sufficiente a soddisfare il proprio fabbisogno. 

Osmolarità del liquido extracellulare : l'aumento dell'osmolarità del plasma va a stimolare il centro della sete mediante raggrinzimento diretto dei neuroni del centro della sete e raggrinzimento dei neuroni dell'organo vascolare della lamina terminale. Soglia della sete : l'aumento di solo 2mEq/L di concentrazione di sodio extracellulare causa sete.



Ipotensione per calo volemico : un eventuale minore volume di sangue, anche in seguito a emorragie, causa l'attivazione del centro della sete mediato dall'attivazione barocettiva del nucleo AV3V.



Secrezione di angiotensina II : l'angiotensina II, secreta in condizioni di bassa volemia per rendere più efficiente l'escrezione di soluti urinari con meno acqua, va a stimolare direttamente il centro della sete provocando desiderio di bere.



Secchezza di fauci ed esofago : generalmente va ad acuire la stimolazione del centro della sete, tuttavia sono sensazioni importanti per inibire momentaneamente la sensazione di sete dopo aver bevuto, in modo da evitare l'iperidratazione.



Distensione faringea e/o gastrica : generalmente vanno ad inibire il centro della sete, in modo da inibire la sensazione di sete subito dopo aver bevuto, andando a evitare l'iperidratazione.

Durata dello stimolo del bere : lo stimolo del bere viene inibito completamente quando l'osmolarità del liquido extracellulare torna normale, tuttavia, l'ingestione di acqua porta all'inibizione, per riflessi faringo-esofago-gastrici, della sensazione di sete per 30-60 secondi andando ad evitare l'iperidratazione. RISPOSTA RENALE ALL'ADH NEL CONTROLLO OSMOTICO : il rene può eliminare un grande volume di urine diluite oppure un piccolo volume di urine concentrate in modo da regolare la perdita dell'acqua mantenendo la medesima funzionalità di escrezione dei composti in eccesso e dannosi tramite l'azione dell'ormone antidiuretico ADH.

310

Azione dell'ormone ADH : permette la modulazione del riassorbimento dell'acqua senza modificare la secrezione dei soluti dal tubulo in modo da modificare il volume ma non il numero di equivalenti contenuti nelle urine (cioè, anche se le urine sono molto diluite sono molte di più e consentono di espellere la stessa quantità di sostanze) 

A bassa osmolarità dei liquidi dell'organismo : l'ipofisi posteriore non secerne l'ADH permettendo la produzione di più urina ma meno concentrata.



Ad alta osmolarità dei liquidi dell'organismo : l'ipofisi posteriore secerne l'ADH permettendo la produzione di meno urina ma più concentrata.

DILUIZIONE DELLE URINE IN ASENZA DI ADH : senza questo ormone si ha una diluizione dell'urina sino a 20 L/die alla concentrazione di 50 mOsm/L per via di un continuo riassorbimento attivo di soluti da parte dell'epitelio tubulare appaiato a una sostanziale impermeabilità del tubulo al riassorbimento dell'acqua (per via della presenza di giunzioni molto strette e di poche acquaporine) Andamento della diluizione dell'urina nel tubulo renale : 







Tubulo prossimale : la concentrazione del filtrato glomerulare appena in ingresso nel tubulo prossimale è isoosmotica per il fenoneno di filtrazione glomerulare, successivamente, il tubulo prossimale assorbe in egual proporzione soluti e acqua in modo che all'inizio dell'anda di Henle il filtrato è ancora isoosmotico 300 mOsm/L Tratto discendente sottile dell'ansa di Henle : siccome possiede un epitelio tubulare permeabile all'acqua e l'ambiente interstiziale è molto ipertonico - circa 4 volte il plasma - allora il tratto discendente dell'ansa di henle assorbe molta acqua determinando un filtrato 4 volte più osmotico del plasma - 600 mOsm/L Tratto ascendente dell'ansa di Henle : soprattutto il segmento spesso possiede un avido assorbimento di soluti (cloro, sodio, magnesio, calcio, potassio) tuttavia indipendentemente dall'ADH possiede un epitelio impermeabile all'acqua; si ha, quindi, un impoverimento di soluti senza (anche in assenza di ADH) un riassorbimento di acqua, causando la formazione di un filtrato con un osmolarità 3 volte minore di quella del plasma - 100 mOsm/L Tratto terminale del tubulo distale e collettori : peste porzioni possiedono un elevato assorbimento di soluti (sodio, potasio, calcio e magnesio) tuttavia una quasi totale impermeabilità con l'assenza di ADH, causando la formazione di un filtrato con un osmolarità 6 volte minore di quella del plasma - 50 mOsm/L

Diluizione dell'urina con basso sodio : l'aumento dell'ormone ADH comporta un grande volume dell'urina con una bassa quantità di sodio poiché esso influenza solo la permeabilità all'acqua. CONCENTRAZIONE DELLE URINE IN PRESENZA DI ADH E MIDOLLARE IPEROSMOTICA : con questo ormone si può avere la concentrazione dell'urina sino a 0,5 L/die a 1200-1400 mOsm/L ossia 4-5 volte l'osmolarità plasmatica per via di un iperosmolarizzazione dell'interstizio della midollare, appaiato ad una sostanziale permeabilità del tubulo al riassorbimento dell'acqua (mediante rilascio da acquaporine nelle cellule tubulari) 

La funzione di concentrazione delle urine è fondamentale per assicurare una completa purificazione del plasma umano con il minimo fabbisogno di acqua. Volume urinario minimo giornaliero : considerando che un uomo di stazza media deve espellere al giorno, in media, circa 600 mOsm di soluti, e che il rene umano ha una capacità di concentrazione massima di 1200 mOsm/L allora per poter assicurare una completa espulsione dei soluti accumulati ogni giorni l'uomo deve poter espellere minimo 500 ml/die di acqua a 1200 mOsmg. Peso specifico dell'urina : il peso specifico dell'urina varia a seconda della concentrazione di soluti al suo interno considerando costante il suo volume; in particolare, la densità media dell'urina è compresa tra 1002 1028 g/L e può variare di 0,001 g/L per ogni variazione 35-40 mOsm.

Meccanismo di iperosmolarizzazione dell'interstizio della midollare - moltiplicatore controcorrente ionico : meccanismo sfruttante, le pompe ioniche Na/K dell'ansa di Henle ascendente (spessa e sottile) e la sua assoluta impermeabilità all'acqua, per attuare un accumulo iperosmolarizzante di cloruro di sodio e altri ioni giungenti dal

311

tubulo prossimale direttamente nell'interstizio, provocando una moltiplicazione della concentrazione osmolare sino a 6 volte il valore plasmatico, ossia 1200-1400 mOsm/L. Caratteristiche salienti del processo : 

Segmento ascendente (spesso e sottile) dell'ansa di Henle : questo segmento presenta un elevata quantità di Na/K ATPasi ed il cotrasporto sodio-cloro-potassio, in grado di consentire una grande concentrazione di cationi osmociti dal lume del tubulo nell'interstizio, ed una sostanziale impermeabilità all'acqua, in grado di impedire il la permeazione interstizio-tubulo di piccoli ioni e acqua, in grado di consentire (entrambi) la formazione di un gradiente osmolare apri a 200 mOsm tra tubulo ed interstizio.



Tubulo prossimale : presenta una grande permeabilità essenzialmente all'acqua in grado di far passare osmoticamente solvente dal lume del tubulo stesso, all'interstizio, andando ad uguagliare la concentrazione del tubulo con quella dell'interstizio.

Passaggi fondamentali del processo : 

 

 

 

Il ramo scendente dell'ansa di Henle che pompa il sodio, il cloro ed il potassio dal tubulo all'interstizio va a diminuire l'osmolarità del filtrato glomerulare da 300 a 200 mOsm/L, andando ad aumentare l'osmolarità del liquido interstiziale da 300 a 400 mOsm/L Il tubulo prossimale permette la filtrazione osmotica dell'acqua dal tubulo all'interstizio andando ad aumentare l'osmolarità del filtrato glomerulare da 300 a 400 mOsm/L, uguagliandolo all'interstizio. Il filtrato glomerulare con osmolarità 200 mOsm/L esce nel tubulo distale, il filtrato con osmolarità 400 mOsm/L entra nel ramo ascendente dell'ansa, il filtrato glomerulare con osmolarità 300 mOsm/L entra dal glomerulo nel tubulo prossimale. Il filtrato glomerulare con osmolarità Il ramo ascendente dell'ansa di Henle che pompa il sodio, il cloro ed il potassio dal tubulo all'interstizio va a diminuire l'osmolarità del filtrato glomerulare da 400 a 300 mOsm/L andando ad aumentare l'osmolarità del liquido interstiziale da 400 a 500 mOsm/L Il tubulo prossimale permette la filtrazione osmotica dell'acqua dal tubulo all'interstizio andando ad aumentare l'osmolarità del filtrato glomerulare da 300 a quasi 500 mOsm/L, uguagliandolo all'interstizio. Vengono ripetuti i punti da 3 a 6 sino a che nell'interstizio non ci sia un'osmolarità di 1000-1200 mOsm/L

Imp : nella realtà quando il tubulo prossimale permette l'uguagliamento della concentrazione tra interstizio e filtrato glomerulare, la concentrazione tubulare aumenta, mentre la concentrazione interstiziale diminuisce, in modo da raggiungere un valore di concentrazione intermedio ma, comunque, più elevato. Meccanismo di iperosmolarizzazione dell'interstizio della midollare - ricircolo dell'urea : fenomeno che consente di determinare il 40-50% dell'iperosmolarità dell'interstizio midollare - 500-600 su 1200 mOsm/L tramite un processo promosso dall'elevata permeabilità ADH dipendente a acqua e urea del dotto collettore, durante il quale l'80% dell'urea glomerulare ricircola molte volte tra urina del collettore, interstizio e tubulo distale dell'ansa di Henle creando un flusso di acqua netto uscente dal dotto collettore. Caratteristiche salienti del processo : 

Permeabilità ADH dipendente all'acqua del tubulo distale e collettore : il tubulo distale d il tubulo collettore possiedono un elevata permeabilità all'acqua per meccanismo ADH dipendente ed una sostanziale impermeabilità all'urea per mancanza di trasportatori; essi quindi concentrano l'urina assorbendone l'acqua rispettivamente nella midollare esterna e nella corticale; questo è importante poiché non diluisce l'iperosmolarità della midollare interna.



Permeabilità ADH dipendente all'urea e all'acqua del dotto collettore : il dotto collettore nella midollare interna presenta sulla propria membrana canali AQP-2 indotti dall'ADH per il passaggio dell'acqua e trasportatori facilitanti UTA-1 e UTA-3 (indotto dall'ADH) per il riassorbimento dell'urea, attuando un processo di riassorbimento di acqua e urea per via transcellulare nella midollare interna, aumentandone l'iperosmolarità.

312



Secrezione di urea e riassorbimento di acqua nel segmento sottile dell'ansa di Henle : il segmento sottile dell'ansa di Henle, essendo posto nella midollare interna iperosmolare per l'urea, avendo una discreta permeabilità all'acqua ed una permeabilità all'urea per trasportatori facilitanti UTA-2 permette il riassorbimento di acqua dall'urina ed il trasferimento passivo di urea dall'interstizio all'urina.

Passaggi fondamentali del processo : 

Nel tubulo prossimale avviene il riassorbimento passivo del 40-50% di urea e quello osmotico di acqua nell'interstizio della corticale esterna andando ad aumentare l'osmolarità di urea dell'urina da 4,5 a 7 mOsm/L e a diminuire l'osmolarità di urea dell'interstizio midollare esterno a 30 mOsm/L. Percentuale del carico glomerulare di urea nell'urina : 40-50% del carico originale Concentrazione di urea nell'urina : 7 mOsm/L



Nel segmento sottile dell'ansa di Henle avviene il riassorbimento passivo di acqua (nel segmento discendente) nella midollare esterna, e la secrezione del 60-50% di carico d'urea dalla midollare interna andando ad aumentare l'osmolarità dell'urina da 7 a 30 mOsm/L e a diminuire l'osmolarità della midollare esterna a 30 mOsm/L Percentuale del carico glomerulare di urea nell'urina : 100% del carico originale Concentrazione di urea nell'urina : 30 mOsm/L

3. Nel segmento spesso dell'ansa, nel tubulo distale e collettore avviene il riassorbimento osmotico di acqua rispettivamente nell'interstizio della midollare esterna e della corticale andando ad aumentare la concentrazione di urea dell'urina da 30 a 300 mOsm/L Percentuale del carico glomerulare di urea nell'urina : 100% del carico originale Concentrazione di urea nell'urina : 300 mOsm/L 4. Nel dotto collettore avviene il riassorbimento passivo dell'80% di urea e il combinato riassorbimento osmotico di più acqua nell'interstizio della midollare interna andando ad aumentare la concentrazione (ma non la quantità) di urea dell'urina da 300 a 550 mOsm/L ed ad aumentare la concentrazione e la quantità di urea dell'interstizio della midollare interna da 300 a 500 mOsm/L; infatti l'aumento della concentrazione dell'urina è perché diffonde più acqua di urea nell'interstizio. Percentuale del carico glomerulare di urea nell'urina : 20% del carico originale Concentrazione di urea nell'urina : 550 mOsm/L 5. Vengono ripetuti i passaggi da 2 a 5 NOTA MEDICA ! Proteine alimentari e capacità di concentrare l'urina Persone che sostengono una dieta carica di proteine avranno anche una maggior concentrazione di urea nel sangue, e quindi, nel filtrato glomerulare; questo determina una maggiore iperosmolarità dell'interstizio renale, con la capacità di concentrare massimamente l'urina; viceversa, chi ha denutrizione proteica, avrà un bilancio dell'azoto molto basso ed una basa quantità di urea nel sangue e nel filtrato glomerulare, questo porta ad una minore capacità di concentrare l'urina e ad un maggiore disidratazione urinaria. Mantenimento circolatorio dell'iperosmolarità interstiziale nella midollare interna : il lento flusso ematico dei vasa recta e la loro particolare forma anatomica ad U permette loro di apportare il nutrimento necessario all'attività di concentrazione dell'urina con il mantenimento di un uguale iperosmolarità interstiziale attraverso il prelievo per movimento di massa del solo riassorbito in eccesso nell'interstizio rispetto alla situazione di equilibrio. 

Lento flusso ematico dei vasa recta : i vasa recta possiedono un flusso ammontante a solo il 5% del flusso ematico renale totale, quindi estremamente risotto, in modo da permette lenti scambi osmolari con l'interstizio.

313



Anatomia ad U dei vasa recta : è estremamente importante perché mentre nel tratto discendente il sangue si concentra da 300 a 1200 mOsm/L (agli apici delle papille renali) tramite passaggio di soluti interstizio-plasma e passaggio di acqua plasma interstizio, nel tratto ascendente il sangue di diluisce nuovamente da 1200 a 300 mOsm/L, andando ad espellere i soluti prima accumulari ed ad assorbire l'acqua prima persa nell'interstizio; in questo modo l'ininterstizio rimane iperosmolare.

Effetti dell'aumentato flusso nei vasa recta : 

Diminuzione della resistenza delle arteriole glomerulari : provocano un aumento di flusso nei vasa recta comportando un sequestro di soluti dall'interstizio e quindi una diminuzione della sua osmolarità e della sua capacità di concentrare l'urina.



Aumento della pressione arteriosa idrostatica : provoca a propria volta un aumento del flusso dei vasa recta comportando un sequestro di soluti dall'interstizio e quindi una diminuzione della sua osmolarità e della sua capacità di concentrare l'urina.

Meccanismo di concentrazione osmotica dell'urina - trasporto controcorrente : meccanismo sfruttante l'estrema permeabilità ADH dipendente del tubulo collettore e dei dotti collettori per concentrare l'urina prima nell'interstizio della corticale, in modo da mantenere quello della midollare ancora iperosmotico, e successivamente nell'interstizio midollare, in modo da rendere l'urina definitivamente iperosmotico; permettendo così un elevatissimo riassorbimento di acqua urina interstizio. Importanza della locazione anatomica : la costituzione anatomica del nefrone juxtamidollare nel trasporto controcorrente è la lunghezza d'interazione sviluppata tra capillari, dotti collettori e ansa di Henle che scorrono paralleli per tutta la lunghezza del cono midollare renale. 

Nel tubulo collettore corticale l'urina per mezzo della permeabilità ADH dipendente l'urina viene concentrata nell'interstizio corticale da 100 mOsm/L a 600 mOsm/L, uguagliando la concentrazione dell'interstizio, mentre tale eccesso di acqua interstiziale passa subito nei capillari peritubulari. Imp : il fatto che questo step avvenga solamente nell'interstizio corticale permette di "annacquare" tale interstizio senza alcuna ripercussione sull'iperosmolarità dell'interstizio midollare.



Nel dotto collettore corticale l'urina per mezzo della permeabilità indotta dall'ADH, l'urina viene concentrata dell'interstizio midollare da 600 a 1200 circa mOsm/L, uguagliando la concentrazione dell'interstizio. Imp : l'importanza di questo step è che la maggior parte di acqua dall'urina è stata già rimossa dall'interstizio della corticale, in questo modo l'iperosmolarità della midollare non è più di tanto influenazata.

Concentrazione dell'urina in disidratazione da iponatremia : quando c'è poco sodio il rene può concentrare l'urina utilizzando l'urea come soluto osmoticamente attivo nell'interstizio producendo urine concentrate con poco sodio. RIEPILOGO DELLE MODIFICAZIONI URINARIE NEL TUBULO RENALE : 1. Tubulo prossimale : elevata permeabilità ADH indipendente all'acqua ed elevato trasporto dei soluti, operazione in corticale Assorbe il 65% di soluti e acqua Mantiene l'osmolarità a 300 mOsm/L Diminuisce il volume di urina da 125 a 44 mL 2. Ramo discendente sottile dell'ansa di Henle : elevato riassorbimento ADH indipendente di acqua e minore riassorbimento di cloruro di sodio; opera nella midollare esterna-interna con osmolarità dipendente da ADH Assorbe il 20% di acqua

314

Diminuisce il volume di urina da 44 a 25 mL Con ADH : Concentra l'osmolarità a quella midollare interna a 1200 mOsm/L Senza ADH : Conentra l'osmolarità a quella midollare interna a 800 mOsm/L 3. Ramo ascendente sottile dell'ansa di Henle : elevata impermeabilità ADH indipendente all'acqua, riassorbimento del cloruro di sodio, secrezione dell'urea; opera nella midollare interna con osmolarità dipendente da ADH. Assorbe parte del cloruro di sodio passivamente Mantiene il volume urinario a 25 mL Diluisce di 300 mOsm/L l'urina sia in presenza che in assenza di ADH 4. Ramo ascendente spesso dell'ansa di Henle : elevata impermeabilità ADH indipendente all'acqua, elevato riassorbimento di cloruro di sodio e ioni; opera nella midollare esterna con osmolarità dipendente da ADH. Assorbe il 20% del carico di cloruro di sodio Mantiene il volume a 25 mL Diluisce di 300 mOsm/L l'urina sia in presenza che in assenza di ADH 5. Porzione di diluizione del tubulo distale : elevata impermeabilità ADH indipendente all'acqua, elevato riassorbimento di ioni, controllo dell'acidità urinaria; opera nella corticale. Assorbe piccole quantità di ioni Mantiene il volume a 25 mL Diluisce di 100 mOsm/L l'urina sino a 200-100 mOsm/L 6. Porzione terminale del tubulo distale e collettori : riassorbimento dell'acqua ADH dipendente, basso riassorbimento dell'urea; opera nella corticale. Con ADH : Riassorbe molta acqua ma poca urea Diminuisce il volume dell'urina da 25 a 8 mL Eleva l'osmolarità dell'urina da 200 a 300 mOsm/L Senza ADH : Riassorbe pochissima acqua e urea ma riassorbe ioni Mantiene il volume invariato a 25 mL Diminuisce l'osmolarità a 50 mOsm/L

315

7. Dotti collettori della midollare interna : riassorbimento di acqua ADH dipendente, riassorbimento dell'urea ADH dipendente, impermeabilità al cloruro di sodio; opera nella midollare interna con osmolarità dipendente da ADH. Con ADH : Riassorbe acqua ad equilibrio osmotico con l'interstizio Riassorbe urea ad equilibrio osmotico co interstizio Diminuisce il volume da 8 a 0,2 mL Aumenta l'osmolarità a quella dell'interstizio a 1000-1200 mOsm/L Senza ADH : Riassorbe poca acqua Riassorbe poca urea Diminuisce il volume da 25 a 20 mL Mantiene l'osmolarità a 50 mOsm/L REGOLAZIONE DELLA QUANTITA' PLASMATICA DI ALTRI IONI : REGOLAZIONE DELLA KALIEMIA : la quantità media di potassio nel plasma ammonta a 4,2 mEq/L e al fine di mantenere l'omeostasi tissutale non deve variare mai oltra a +- 3 mEq/L; la sua concentrazione quindi è regolata da due sistemi differenti : la regolazione dell'escrezione renale del potassio e la regolazione del tampone intracellulare del potassio. Distribuzione del potassio nell'organismo : nell'organismo sono presenti, in media, 3979 mEq di potassio dispersi in 3920 mEq nei liquidi intracellulari e solo 59 mEq nei liquidi extracellulari. TAMPONE INTRACELLULARE DEL POTASSIO : meccanismo attraverso il quale le cellule dell'organismo possono immagazzinare via Na/K ATPasi potassio nel citoplasma, quand'esso è in eccesso oppure rilasciare tramite canali e trasportatori potassio nel liquido extracellulare, quand'esso è in difetto; questo processo, in genere, permette di tamponare un'eventuale eccessiva assunzione di potassio fintantochè i reni non entrano in funzione per eliminarlo Stimoli ormonali-autonomi principali regolanti il tampone intracellulare :   

  

Insulina aumenta l'assunzione : l'ormone insulina secreto dopo i pasti stimola le cellule ad introiettare potassio in modo da limitare la concentrazione extracellulare. Aldosterone diminuisce la kaliemia : l'aldosterone, non appena la concentrazione di potassio aumenta nel plasma, aumenta l'assorbimento cellulare del potassio. Stimolazione autonoma beta-adrenergica : l'attivazione del sistema ortosimpatico umorale - midollare del surrene - mediante secrezione di adrenalina va a stimolare i recettori beta2 causando un aumento nell'assorbimento del potassio intracellulare. Lisi cellulare : aumenta la liberazione di potassio per liberazione del citosol cellulare Intensa attività muscolare : va a causare la liberazione extracellulare del potassio nei potenziali d'azione causa l'aumento del potassio nel plasma Aumento dell'osmolarità del fluido extracellulare : l'aumento dell'osmolarità del fluido extracellulare porta ad una concentrazione del fluido intracellulare, con conseguente diffusione con gradiente del potassio attraverso le membrane.

316

VELOCITA' DI SCREZIONE RENALE DEL POTASSIO : la kalemia può essere regolata finemete attraverso l'escrezione nefronica del potassio dal plasma la cui velocità di escrezione finale, influenzata da velocità di filtrazione glomerulare, velocità di riassorbimento e secrezione tubulare, ammonta all'assunzione giornaliera media di potassio ossia 92 mEq/die. Velocità di secrezione glomerulare : filtrazione passiva del potassio da parte dei capillari glomerulari direttamente proporzionale alla VGF e alla concentrazione plasmatica di potassio ed ammontante, per un'assunzione di 92 mEq/die a 756 mEq/die. VGFk = VGF x Pk = 180L/die x 4,2 mEq/L = 756 mEq/L Regolazione della VGFk e dell'escrezione renale : la VGFk è regolabile indirettamente tramite la pressione netta di filtrazione della membrana glomerulare e la concentrazione plasmatica stessa del potassio (costante a 4,2 mEq/L) (supponendo la costante di filtrazione glomerulare come invariabile a rene sano) è possibile affermare che la filtrazione glomerulare non permette di regolare flessibilmente l'escrezione del potassio Velocità di riassorbimento tubulare : fenomeno avvenente nei tubuli prossimali mediante scambiatore passivo H/K e nelle cellule del segmento spesso dell'ansa di Henle tramite cotrasportatore sodio-cloro-potassio e (solo in caso di ipokaliemia) nelle cellule intercalate del tubulo distale terminale e collettore mediante la pompa ATPasi H/K, mantenendo un riassorbimento quasi costante, per un assunzione giornaliera di 92 mEq/die, di 695 mEq/die ovvero il 92 % del carico filtrato dal glomerulo. Percentuali e velocità si riassorbimento nei tratti di tubulo :  

Tubulo prossimale : 65 % del carico filtrato dal glomerulo e quindi per una VGFk di 756 mEq/die è 491 mEq/die Tratto spesso dell'ansa di Henle : 27% del carico filtrato dal glomerulo e quindi per una VGFk di 756 mEq/die è 204 mEq/die

Regolazione del riassorbimento e dell'escrezione renale : il riassorbimento del potassio a normali o alti livelli di kaliemia è abbstanza costante indipendentemente dal carico glomerulare filtrato, esso può essere regolato attivamente in modo lieve e quindi non influenza più di tanto l'escrezione giornaliera del potassio, tuttavia, subisce un brusco aumento per attivazione delle cellule intercalate dei tubuli distali terminali e collettori in caso d'ipokaliemia. Velocità di secrezione tubulare : fenomeno avvenente nelle cellule principali dei tubuli distali terminali e collettori, per via delle pompe Na/K ATPasi della membrana basolaterale e della permeabilità potassiospecifica canale-mediata delle loro membrane luminali, che può essere regolato attivamente a seconda del livello di kaliemia, fissandosi ad una velocità media per assunzione giornaliera di 92 mEq/die del 4% del carico glomerulare, ossia di 31 mEq/die. Regolazione della secrezione e dell'escrezione renale : a normali o alti livelli di kaliemia è regolato attivamente in modo elevato mediante modulazione dell'attività delle Na/K ATPasi e mediante modulazione della permeabilità luminale delle cellule principali, andando così a modulare in modo estremamente ampio l'escrezione di potassio dal rene.  

In caso di iperkaliemia : la secrezione può superare la velocità di filtrazione glomerulare In caso di ipokaliemia : la secrezione può diminuire sino all'1% della filtrazione glomerulare.

FATTORI INFLUENZANDO LA VELOCITA' D'ESCREZIONE RENALE : considerando che l'escrezione renale del potassio è determinata in massima parte dalla velocità si secrezione dello stesso, allora tutti i fattori che influenzano la secrezione del potassio mi influenzano la sua escrezione. Fattori che stimolano la secrezione e quindi l'escrezione :   

Aumento del flusso tubulare Aumento della kaliemia Aumento della secrezione di aldosterone

317

Fattori che inibiscono la secrezione e quindi l'escrezione : 

Aumento dell'acidità plasmatica

Aumento della kaliemia sulla secrezione : un aumento della kaliemia appena sopra i 4,1 mEq/L va ad aumentare la secrezione tramite due effetti diretti : un aumento della concentrazione intracitosolica del potassio per attivazione delle Na/K ATPasi, una diminuzione della retrodiffusione citosol-interstizio tramite aumento della concentrazione citosolica, ed un effetto indiretto : un aumento della secrezione di aldosterone. Feedback dell'aldosterone : un aumento della kaliemia di 3 mEq/L causa l'attiva secrezione dell'aldosterone dalla surrenale, che a propria volta aumenta l'escrezione del potassio, determinando una diminuzione della kaliemia e, quindi, una diminuzione della produzione di aldosterone. 

Valori medi : un aumento di 3 mEq/L della concentrazione di potassio causa un aumento della concentrazione di aldosterone da 0 a 60ng/100ml.

Effetto aldosterone dipendente sulla secrezione : un aumentata secrezione dell'aldosterone provoca un aumento della secrezione tramite due effetti diretti sulle cellule principali : aumenta l'attività delle pompe Na/K ATPasi delle membrane basolaterali, aumenta l'attività dei canali potassio delle membrane luminali Effetto dell'aumento della velocità di flusso tubulare sulla secrezione : una aumento del flusso tubulare, causato dall'aumento della filtrazione glomerulare, provoca un aumento della secrezione tubulare per diminuzione della retrodiffusione interstiziale degli oni del tubulo; infatti, riducendo la velocità nel liquido tubulare, automaticamente, ho un maggiore tempo di permanenza degli ioni sulla parete epiteliale; e quindi, una maggiore probabilità che mi retrodiffondano nell'interstizio. Tamponamento emodinamico dell'effetto natremico sulla kaliemia : fenomeno nel quale la regolazione natremica della velocità del flusso tubulare permette di tamponare la variazione natremica dei livelli di aldosterone, e quindi, dei livelli di secrezione tubulare. 

Ipernatremia : determina una diminuzione della produzione di aldosterone, con conseguente diminuzione di escrezione di potassio, tuttavia determina un aumento della VGF, tramite diuresi pressoria, e quindi un'aumento del flusso tubulare, causando un aumento della secrezione del potassio; andando, quindi, a bilanciare la variazione di escrezione di potassio.



Iponatremia : determina un aumento della produzione di aldosterone, con conseguente aumento di escrezione del potassio; tuttavia, determina una diminuzione della VGF e del flusso tubulare, andando a diminuire la secrezione del potassio; causando, quindi, un bilanciamento della variazione di escrezione di potassio.

Effetto dell'acidosi plasmatica sulla velocità di secrezione : uno stato di acidosi acuta porta ad una diminuzione dell'attività della pompa Na/K ATPasi della membrana basolaterale delle cellule principali causando una diminuzione della concentrazione citosolica e della secrezione del potassio, uno stato di acidosi cronica, invece, posta ad una marcata riduzione del riassorbimento tubulare del cloruro di sodio, associata ad un forte aumento di volume del filtrato tubulare e ad un forte aumento del flusso tubulare; questo, a propria volta, causa l'aumento della secrezione del potassio. REGOLAZIONE DELLA CALCEMIA : il calcio nel fluido extracellulare assume una concentrazione media di 4,8 +- 0,5 mEq/L, variabile solamente per pochi punti percentuali tramite 3 meccanismi differenti : rilasciamento del calcio dalle protene chelanti, tampone di osteoide, ed escrezione intestinale o renale. Distribuzione del calcio nell'organismo : il calcio totale dell'organismo è disposto al 99% nelle ossa, allo 0,9 % del fluido intracellulare, e solamente allo 0,1 % all'interno del fluido extracellulare del quale : 50% come calcio libero ionizzato e osmoticamente attivo, al 40% come calcio chelato da proteine e al 10% come calcio non solubile (complessato con anioni citrato o fosfato)

318

TAMPONE PROTEICO DA PH EXTRACELLULARE : variazione del pH del fluido extracellulare possono variare la ritenzione del calcio da parte delle proteine plasmatiche, promuovendone il rilascio in caso di acidosi metabolica e promuovendone la ritenzione in caso di alcalosi metabolica. TAMPONE EXTRACELLULARE OSSEO PTH DIPENDENTE : l'osteoide rappresenta la più grande riserva di calcio del corpo che può riassorbirlo dal liquido extracellulare in caso di ipercalcemia oppure rilasciarlo nel liquido extracellulare in caso di ipocalcemia, tramite la stimolazione o la non stimolazione da parte dell'ormone paratiroideo PTH ESCREZIONE DEL CALCIO DPH MEDIATA : possiede il ruolo di mantenere un bilancio con il calcio assimilato dalla dieta, in media 1000 mg/die tramite una maggiore escrezione fecale da parte dell'intestino tenue e crasso - 900 mg/die - ed una minore escrezione renale - 100 mg/die - entrambe modulate dall'azione dell'ormone paratiroideo PTH. Velocità di escreizone intestinale del calcio : è in grado d'influenzare ampiamente la concentrazione del calcio ionizzato e di quello complessato alle proteine espellendolo con una velocità controllabile mediante attivazione PTH dipendente della vitamina D3. Velocità di escrezione renale del calcio : essa è in grado di influenzare la concentrazione solo del 50% del calcio ionizzato, espellendolo con una velocità direttamente dipendente dalla velocità di filtrazione glomerulare e dal riassorbimento attivo da parte del tubulo renale, poiché il calcio non viene secreto dai tubuli del nefrone. Velocità di riassorbimento tubulare : processo in grado di rassorbire in media il 99% del carico glomerulare filtrato tramite un riassorbimento del 65% del calcio nel tubulo prossimale, del quale l'80% per via paracellulare a trascinamento di solvente e per il 20% per via transcellulare attraverso una diffusione semplice tubulo-citoplasma ed un pompaggio attivo citosol-interstizio mediante pompe Ca ATPasi e scambiatori Na/Ca, un riassorbimento del 25-30% nell'ansa di Henle, del quale il 50% per via paracellulare passiva (per la carica positiva del tubulo) ed il 50% per via transcellulare attiva PTH dipendente, ed un riassorbimento del 4-9% nei tubuli distali e colletori, interamente mediato da trasporto transcellulare attovo PTH dipendente. Fenomeni in grado di condizionare l'escrezione renale del calcio : anche se il rene è capace di modulare solamente una piccola parte di escrezione di calcio, la sua velocità di escrezione è totalmente dipendente dalla velocità di riassorbimento; quindi, tutti i fattori che variano la velocità di riassorbimento variano anche la velocità di escrezione. 

Regolazione tramite secrezione di PTH : la secrezione di PTH è stimolata dalle paratiroidi in caso di ipocalcemia in grado di andare ad influenzare il riassorbimeno di calcio nel segmento spesso dell'ansa di Henle e nel tubulo distale. Alto PTH : si ha una bassa escrezione di calcio renale per via di un elevato riassorbimento nel segmento spesso dell'ansa di Henle e nel tubulo distale Basso PTH : si ha un'alta escrezione di calcio renale per via di un basso riassorbimento nel segmento spesso dell'ansa di Henle e nel tubulo distale.



Regolazione tramite pressione arteriosa : la pressione arteriosa può regolare attivamente l'escrezione del calcio e del sodio regolando il loro riassorbimento lungo il tubulo prossimale. Alta pressione arteriosa : in presenza di un aumentato volume plasmatico o pressione arteriosa si sviluppa una diminuzione del riassorbimento di sodio e calcio nel tubulo prossimale, con conseguente aumento dell'escrezione del calcio renale. Bassa pressione arteriosa : in presenza di un diminuito volume plasmatico o pressione arteriosa si sviluppa un aumento del riassorbimento del sodio e del calcio persso il tubulo prossimale con una conseguente diminuzione dell'escrezione del calcio renale.

319



Regolazione mediante concentrazione dei fosfati nel liquido extracellulare : un elevata concentrazione di fosfati va a stimolare la secrezione di PTH mentre una ridotta concentrazione di fosfati riduce la secrezione di PTH; in questo modo i fosfati influenzano direttamente il riassorbimento e l'escrezione del calcio renale.



Regolazione attraverso il pH sanguigno : la concentrazione di ioni idrogeno nel fluido extracellulare permette la regolazione dell'assorbimento del calcio sul tubulo distale Acidosi metabolica : permette un maggiore riassorbimento del calcio andando a ridurne l'escrezione Alcalosi metabolica : permette un minore riassorbimento del calcio andando aa aumentarne l'escrezione

REGOLAZIONE RENALE DEL FOSFATO NEL LIQUIDO EXTRACELLULARE : la velocità di escrezione del fosfato dipende dalla misura rispetto alla quale la VGF del fosfato supera la sua velocità costante di riassorbimento tubulare meccanismo a tracimazione - con un valore medio di 1mmol/min regolabile tramite PTH VELOCITA' DI RIASSORBIMENTO TUBULARE : è il solo parametro condizionabile a determinarmi la soglia di concentrazione plasmatica di fosfato alla quale esso viene escreto - normalmente fissa a 0,8 mmol/l - determinata al 75-80% dal riassorbimento del tubulo prossimale, tramite passaggio transcellulare tubulo-citosol mediato da un cotrasportatore Na/PO4 e da una diffusione passiva citosol-interstizio facilitata, e al 10% dal riassorbimento del tubulo distale; la velocità di riassorbimento tubulare è in genere di 0,1 mmol/min con una regolazione mediata dal PTH. REGOLAZIONE PTH DIPENDENTE DELL'ESCREZIONE DEL FOSFATO RENALE : il paratormone PTH in genere aumenta la quantità di fosfato escreato attraverso i reni (e l'intestino) tramite liberazione di grosse quantità di fosfato dalle ossa, diminuzione della velocità massima di riassorbimento e della soglia di escrezione. REGOLAZIONE DEL MAGNESIO NEL LIQUIDO EXTRACELLULARE : la concentrazione di magnesio libero nel plasma è 1,8 mEq/l, del quale il 50% è legato alle proteine ed il 50% è ionizzato e osmoticamente attivo; la sua quantità è regolata finemente tramite tampone osseo e tramite escrezione renale. Disposizione del magnesio tissutale : il magnesio viene principalmente contenuto nelle ossa, una minore percentuale nelle cellule ed un 1% nelle fluido extracellulare. ESCREZIONE RENALE DEL MAGNESIO : per mantenere in bilancio con un assunzione giornaliera media di 250-300 mg/die (dei quali solo la metà è assorbita per via intestinale) il rene deve escretare 125-150 mg/die tramite un processo regolato principalmente dal riassorbimento (poiché tale ione non viene secreto) Riassorbimento del magnesio : maggiore elemento di regolazione della velocità di escrezione del magnesio, nel quale il tubulo prossimale riassorbe il 25% del filtrato, l'ansa di Henle riassorbe il 65%, ed il tubulo distale e collettore riassorbono meno del 5% per un totale di riassorbimento dell'85-90% del filtrato glomerulare. Fattori che regolano il riassorbimento (e quindi l'escezione del magnesio)   

Concentrazione del magnesio nel fluido extracellulare Aumento della pressione arteriosa e extracellulare Aumento della concentrazione di calcio nel fluido extracellulare

Equilibrio renale della volemia ed osmoalrità del fluido extracellulare : l'escrezione di acqua e sali bilancia con estrema precisione la quantità di essi assorbita dalla dieta. Infatti : Siccome il livello di assunzione di acqua e sali è dipendente dagli stili di vita e dalle abitudini dei soggetto, allora, il rene per mantenere un volume extracellulare constane deve adattarsi agli stili di vita. Meccanismi di bilanciamento intrinseco dell'escrezione : anche se piccoli aumento della VGF o diminuzioni anche lievi del riassorbimento tubulare possono far variare drammaticamente la quantità di acqua e sodio escreti, il rene va a regolare tale escrezione mediante 2 fenomeni differenti :

320

 

Feedback glomerulotubulare : permette di aumentare il riassorbimento tubulare del sodio e dell'acqua in caso di un aumentata VGF, per aumenti della volemia o della pressione arteriosa. Feedback della macula densa : risposta avviata dall'aumentata quantità di cloruro di sodio nelle urine che permette di costringere le arteriole afferenti causando un'immediata variazione della VGF.

FEEDBACK RENE-LIQUIDI CORPOREI : sistema che tramite l'adattamento circolatorio ad una variazione di volemia sanguigna per variazione nell'assunzione di soluzioni saline con cloruro di sodio, permette la regolazione dell'escrezione di sodio tramite diuresi pressori al fine di mantenere costante la medesima volemia sanguigna. Diuresi pressoria : fenomeno caratterizzato da un diretto controllo della volemia e della concentrazione di sodio nelle urine da parte della pressione arteriosa, tramite una variazione della VGF ed una variazione del riassorbimento tubulare. 



   

 

VGF : è direttamente proporzionale alla pressione idrostatica del plasma (pressione arteriosa) ed al flusso di plasma attraverso i capillari glomerulari, a loro volta condizionate dalla pressione arteriosa e dalla resistenza arteriolare dell'apparato juxtaglomerulare. Velocità di riassorbimento : è inversamente proporzionale alla pressione idrostatica del plasma e direttamente proporzionale al flusso sanguigno; entrambi influenzati dalla pressione arteriosa e dalla resistenza arteriolare dlel'apparato juxtaglomerulare. Se l'assunzione di liquido salino supera la velocità istantanea di escrezione renale allora i liquidi si accumulano nel fluido extracellulare che aumenta di volume l'aumento di volume del fluido extracellulare va ad aumentare la pressione media di riempimento. Un aumento della pressione media di riempimento va ad aumentare il gradiente tra pressione venosa e pressione atriale effettiva causando un aumento del ritorno venoso. Un aumentato ritorno venoso nell'atrio destro va ad aumentare la funzione di pompa cardiaca, causando un ulteriore diminuzione della pressione atriale vera e quindi un aumento del gradiente pressione venosapressione atriale; con un secondo aumento del ritorno venoso. L'aumentato ritorno venoso causa un aumento nella pressione arteriosa, permettendo un aumento della pressione idrostatica nei capillari glomerulari. L'aumentata pressione glomerulare causa un repentino aumento della VGF ed una diminuzione del riassorbimento renale, permettendo un aumento nella escrezione renale di acqua e sodio.

Variazioni acute nella volemia sanguigna : causano una variazione della natriuresi pressoria con una pendenza moderata, principalmente a causa del tono di fondo del sistema renina-angiotensina II/aldosterone che limitano la VGF ed amplificano il riassorbimento di acqua e sodio. Variazioni croniche nella volemia sanguigna : causano una variazione molto ripida della natriuresi pressoria ad opera dell'inibizione completa del tono di fondo del sistema renina angiotensinaII/aldosterone, quindi una disinibizione dell'aumento di VGF e un aumento del riassorbimento tubulare. Rapidità ed estremo intervallo di correzione del sistema feedback rene liquidi corporei : una piccola variazione nella volemia sanguigna, mi causerà una grande variazione nella gittata cardiaca, che a sua volta determinerà una grande variazione nella pessione arteriosa, che, anche per minimi valori d'aumento, causerà una grande variazione nella natriuresi pressoria; si avrà quinid un sistema a reazione estremamente amplificata e veloce che permette di rispondere ad un ampia forbice di variazione di volemia sanguigna,. EFFETI DI UN AUMENTATA VOLEMIA SULAL DISTRIBUZIONE DEI LIQUIDI PLASMATICI : sistema di spazi interstiziali agisce come un tampone pressorio plasmatico in seguito ad aumenti della volemia, che consentendo di dissipare con un proprio aumento di volume un eventuale aumento di pressione arteriosa in seguito all'aumento del volume sanguigno; l'entità del tamponamento viene regolata dall'entità dell'aumento di volemia e può raggiungere un massimo di 20-30 L di plasma. 

Fattore di sicurezza interstiziale contro l'edema : il liquido interstiziale, per le forze elastiche presenti tra i tessuti, possiede una pressione minima in grado di opporsi (per poco) ad un aumento della pressione netta di filtrazione di capillari sistemici quantizzato, andando ad impedire l'edema entro certi limiti.

321

Piccoli aumenti della volemia : si avrà una moderata distribuzione all'interstizio - 70-80% - del fluido immesso - ed una minore distribuzione per aumentare il volume del plasma - 20-30% 

Grandi aumenti della volemia : siccome un elevata distensione degli spazi interstiziali porta ad una diminuzione della loro resistenza elastica, allora si avrà un superamento netto del fattore di sicurezza interstiziale all'edema, con lo sviluppo di una massiva fuoriuscita di acqua dai capillari, responsabile della distribuzione prevalente della volemia agli spazi interstiziali.

EFFETTI ORMONALI AUTONOMI SUL CONTROLLO DEL SISTEMA FEEDBACK RENE-LIQUIDI CORPOREI : il sistema nervosoautonomo e particolari ormoni endocrini e neuroendocrini possono permettere un aumento od una diminuzione dei meccanismi di natriuresi pressoria al fine di adattare la volemia e la natremia a seconda di stimoli diversificati o al fine di potenziare e rendere più efficiente la risposta feesback intrinseca del rene. Tipica successione di risposte all'aumento della natriemia e della volemia :  





Disattivazione del sistema ortosimpatico : aumenta VGF e diminuisce il riassorbimento tramite vasodilatazione della arteriole glomerulari e calo della pressione sanguigna Soppressione della sintesi di angiotensina II : aumenta VGF tramite inibizione della vasocostrizione arteriolare efferente ed afferente angiotensina mediata , diminuisce il riassorbimento di sodio e acqua dei doti collettori mediante inibizione delle Na/K ATPasi. Azione dei sistemi natriuretici : l'aumento della volemia causa l'aumento della secrezione di ANP generante una diminuzione del riassorbimento tubulare ed un aumento della VGF andando assieme all'angiotensina/aldosterone ad stimolare la diminuzione del volume plasmatico. Piccoli aumento della pressione arteriosa per la lentezza della risposta antiipertensiva del sistema rene-liquidi corporei.

SISTEMA ORTOSIMPATICO : viene genericamente stimolato dall'aumento del metabolismo muscolare, dagli enagrammi mentali d'attacco/fuga e dalla diminuzione dello stiramento dei barocettori aortici, carotici, polmonari e atriali, agendo tramite aumento della costrizione delle arteriole afferenti ed efferenti del glomerulo, un aumento della pressione arteriosa sistemica ed un aumento della concnetrazione di renina-angiotensina II, al fine di diminuire la natriuresi pressoria tramite diminuzione della VGF ed aumento del riassorbimento tubulare. SISTEMA RENINA/ANGIOTENSINA II : ormone prodotto in tutto il sistema endoteliale dopo la liberazione di renina dall'apparato juxtaglomerulare in seguito ad aumenti di sodio e acqua nel filtrato glomerulare, in grado di ridurre la natriuresi renale fissandone il bilancio assunzione-escrezione al livelli pressori più elevati, tramite riduzione della VGF e potenziamento del riassorbimento tubulare in seguito a costrizione delle arteriole afferenti del glomerulo e alla sintesi di aldosterone. 



Curva natriuresi/pressione arteriosa nel sistema renina angiotensina : in presenza di una sistema reninaangiotensina modulabile in base alla pressione arteriosa (quindi normale) la curva di variazione della natriuresi riapetto alla variazione della pressione è molto ripida, ossia bastano piccole variazioni della pressione sistemica per provocare grandi variazioni della natiuresi. Attività dell'angiotensina II sulla volemia : un elevatissima secrezione di renina incontrollata mi porta ad un innalzamento delle pressioni di equilibrio assunzione-escrezione andando a spostarmi la curva natriuresi/pressione arteriosa a detsra.

Aumento della volemia sanguigna per assunzione di sodio : il sistema renina angiotensina II viene inibito, andando ad abbassare la pressione arteriosa necessaria a possedere un elevata natriuresi (equilibrio assunzione-escrezione), facilitando la natriuresi in base alla pressione ed andando a mantenere la pressione ed il volume sistemico invariato. Diminuzione della volemia per carenza di sodio : il sistema renina angiotensina II viene attivato, causando un aumento della pressione arteriosa necessaria a possedere una elevata natriuresi, facilitando la natriuresi in base alla pressione; questo determina un mantenimento della pressione e del volume del sistema

322

Ruolo dell'aldosterone indotto per via angiotensinica : l'aldosterone possiede il ruolo di aumentare il riassorbimento tubulare di sodio, quindi di acqua, e la secrezione del potassio tramite attivazione delle Na/K ATPasi della membrana basolaterale delle cellule; esso quindi agisce parallelamente e potenziando le variazioni di natriuresi indotte dalle variazioni dell'angiotensina II. SISTEMA DI REGOLAZIONE ADH DIPENDENTE : l'ormone antidiuretico viene secreto dall'ipofisi posteriore se il fluido extracelllare è iperosmolare, e possiede il ruolo di diliure il liquido extacellulare tramite massimizzazione dell'escrezione renale del sodio minimizzazione della perdita di volume ematico durante il processo, ottenuti tramite aumento del riassorbimento tubulare dell'acqua tramite trasporto controcorrente. ADH nella diluizione del medesimo volume di liquido extracellulare : essendo funzione di ADH, essenzialmente, l'aumento dell'attività di riassorbimento idrico tubulare controcorrente, ed essendo la velocità di escrezione glomerulare del sodio proporzionale alla sua concentrazione nel liquido extracellulare, ad un aumentata produzione di ADH si ha una del sodio normale diminuzione del sodio circolante ed una lenta diminuzione del solvente del fluido extracellulare causando una diluizione di un volume sanguigno quasi identico a quello iniziale. SISTEMA DI REGOLAZIONE CON IL PEPTIDE NATRIURETICO ATRIALE O ANP : questo peptide viene prodotto da specifiche cellule neuroendocrine del miocardio atriale destro in seguito a stiramento pressorio delle sue pareti e possiede il ruolo di ridurre la volemia del plasma attraverso aumento della diuresi e natriuresi pressoria, mediante un aumento modesto della VGF ed una diminuzione più marcata del riassorbimento di sodio e acqua tubulare. L'azione dell'AMP può essere tamponata dalla regolazione intrinseca renale : quando si ha un ipersecrezione di AMP la volemia cala rapidamente finantochè la ridotta pressione non blocca del tutto la VGF, mentre con un iposecrezione di AMP la volemia aumenta sino a trovare una nuova pressione di equilibrio assunzione escrezione. SISTEMA DI REGOLAZIONE ACIDO BASE DELL'ORGANISMO : REGOLAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE DI IONI IDROGENO DEL LIQUIDO EXTRACELLULARE : gli ioni idrogeno sono in grado di influenzare a bassissima concentrazione le funzioni enzimatiche e la struttura stessa delle proteine (alcaline) interagendo con qualsiasi funzione dell'organismo, la loro concentrazione media nel fluido extracellulare - 40 nEq/L o pH7,a - deve rimanere costante, e può variare normalmente solo per piccole percentuali - 3-5 nEq/L; la loro regolazione è effettuata con 3 sistemi differenti e complementati : la regolazione a tampone plasmatico, la regolazione respiratoria e la regolazione a escrezione renale.  

Acidosi : concentrazione di ioni idrogeno eccedente i 40 nEq/L con un limite di sopravvivenza a 160 nEq/L o pH = 6,8 Alcalosi : concentrazione di ioni idrogeno minore di 40 nEq/L con un limite di sopravvivenza a 10 nEq/L o pH =8

Concentrazione degli ioni idrogeno nel corpo : 

Sangue venoso e liquido interstiziale : possiede un pH lievemente infeirore alla norma - 7,35 - per via della presenza di sostanziali concentrazioni di ioni H



Liquido intracellulare : possiede un pH molto più basso di quello sanguigno per via della presenza di elevate concentrazioni di acido carbonico intracellulare - tra 6 e 7,4.

SISTEMI DI MANTENIMENTO DEL PH SISTEMICO : il pH sistemico deve essere mantenuto estremamente stabile attraverso 3 sistemi differenti a differente tempistica di reazione. SISTEMI DI TAMPONAMENTO DEL PH : sono i primi sistemi che impediscono (una seppur limitata) variazione del pH, con una velocità di reazione pressochè immediata, tramite un meccanismo di sequestro o liberazione molecolare degli ioni idrogeno, finalizzato al mantenimento del pH caratteristico di quella molecola, agendo, tuttavia, senza variare la quantità potenziale totale di protoni dissociabili del corpo.

323

Principio isoidrico : siccome tutti i sistemi tampone del corpo attingono da uno stesso pool di ioni idrogeno, allora, la concentrazione di ioni idrogeno viene mantenuta contemporaneamente da tutti i tamponi e quindi vi è un tutti i tamponi si influenzano a vicenda in unico valore di concentrazione di ioni idrogeno - pH di equilibrio - al quale tutti i tamponi si scambiano un uguale numero di ioni idrogeno fra loro. TAMPONE BICARBONATO : tampone chimico attivo trifasico, composto da una soluzione di anidride carbonica libera, acqua, bicarbonato di sodio dissociato e ioni idrogeno, in grado di mantenere la medesima concentrazione di ioni idrogeno all'interno del liquido extracellurare andando a sequestrare idrogeni aggiuntivi mediante reazione deidratazione della CO2 o ristabilire ioni idrogeno aggiuntivi mediante idratazione della CO2. 

Reazione di idratazione della CO2 : reazione estremamente lenta e con una costante di equilibrio estremamente bassa, attraverso la quale l'anidride carbonica nell'acqua forma acido carbonico, la cui concentrazione può esser ediminuita, diminuendo un aumento di acidità del plasma, tramite escrezione di anidride carbonica dal sistema respiratorio.



Reazione di dissociazione dell'acido carbonico : reazione estremamente lenta, con una costante di dissociazione acida estremamente bassa, attraverso la quale l'acido carbonico forma una costante quantità ioni idrogeno liberi (cioè acidità) e di anioni bicarbonato sequestrabili dal rene per tamponare un aumento di basicità del sangue.

Reazione di bilanciamento del tampone : reazione trifasica caratterizzata da una costante di equilibrio di pK = 6,1 Limiti del sistema tampone bicarbonato : per la legge di Henderson-Hasselback il tampone bicarbonato tenderà a mantenere una piccola variazione del pH dal valore di equilibrio - pK = 6,1 - anche in confronto di grandi variazioni nella concentrazione degli ioni H o HCO3, qualora esse fossero ancora comprese nell'intervallo di massima funzione tampone pK + - 1, agendo sia attraverso una rimozione degli ioni H+ in eccesso, con liberazione di CO2 e H2O, sia attraverso una ricostituzione degli ioni H+ in difetto, con dissoluzione di maggiore CO2 

Legge di Henderson - Hasselback :

[

]

Interazione con il sistema renale : l'attività escretiva renale tende a mantenere la costante tendenza del sistema tampone a rigenerare la quantità di H+, persa in caso di aumento della basicità, tramite la regolazione della quantità di HCO3 e H+ nel sangue, e quindi della dissociazione di H2CO3, utilizzando un antiporto sodio/tre ioni bicarbonato (HBC) in grado di espellere il bicarbonato in eccesso. 

Ruolo del rene nell'alcalosi : in seguito ad un aumento di basicità sanguigna oltre al valore pK +1 viene generato moltissimo HCO3, in seguito ad un'aumentata produzione di H+, in grado di far aumentare la basicità del sangue tramite riduzione della dissociazione dell'H2CO3; questo è evitato dalla secrezione renale dell'eccesso di HCO3- e dalla ritenzione di H+ in modo da ristabilire il pH nell'intervallo di massimo tamponamento. Alcalosi metabolica : aumento del pH sanguigno per diminuzione dell'attività escretoria renale di HCO3- o aumento dell'attività escretoria di H+



Ruolo del rene nell'acidosi : in seguito ad un aumento di acidità oltra al valore pK -1 viene consumato moltissimo HCO3-, in grado di permettere un accumulo di H+ liberi aumentanti l'acidità sanguigna; questo è rallentato dal blocco dell'escrezione renale di HCO3 e dall'escrezione di H+, in modo da ristabilire il pH nell'intervallo di massimo tamponamento. Acidosi metabolica : diminuzione del pH sanguigno per aumento dell'attività escretoria renale di HCO3- o diminuzione dell'attività escretoria di H+

Interazione con il sistema respiratorio : il sistema respiratorio tende a mantenere la costante tendenza del sistema tampone a sottrarre ioni H+ in eccesso regolando la pCO2 nel sangue, quindi la quantità di H2CO2 presente.

324



Ruolo del sistema respiratorio nell'acidosi : in seguito ad un aumento dell'acidità sanguigna oltre al valore pK -1, viene generato moltissimo H2CO3 indissociato che, a propria volta, genera moltissima CO2 plasmatica (per disidratazione dell'anidride), in grado di rallentare la riassociazione dell'H2CO3 e quindi il sequestro di ioni H+, si ha quindi un escrezione di CO2 da parte del sistema respiratorio, finalizzata ad impedire l'accumulo di H+ ristabilendo il pH nell'intervallo di massimo tamponamento. Acidosi respiratoria : diminuzione del pH sanguigno per diminuzione dell'attività escretoria del polmone, e quindi, accumulo di CO2 e H+



Ruolo del sistema respiratorio nell'alcalosi : in seguito ad un aumento della basicità sanguigna oltre al valore pK +1, viene sottratta moltissima CO2 dal sangue che riduce la formazione di H2CO3, e quindi, di H+ tamponanti, permettendo un aumento della basicità plasmatica; questo viene rallentato dal blocco dell'escrezione polmonare di CO2, finalizzata ad impedire un difetto di CO2 e di H+, ristabilendo il pH nell'intervallo di massimo tamponamento. Alcalosi respiratoria : aumento del pH per aumento dell'attività escretoria del polmone, e quindi, carenza di CO2 e H+.

Attività plasmatica del tampone bicarbonato : il tampone bicarbonato si interfaccia con un aumbiente extracellulare a pH ben superiore al suo intervallo di massimo tamponamento - 7,4, tuttavia consente lo stesso di mantenere costante il pH sanguigno per 2 motivazioni : 

E' il sistema di ioni più concentrato nel corpo.



E' attivamente regolato a concentrazione costante nei suoi componenti dal sistema renale e respiratorio.

TAMPONE FOSFATO : tampone chimico attivo bifasico composto da una soluzione di ioin bisfosfato e di ioni fosfato, in grado di tendere a mantenere una medesima concentrazione di ioni idrogeno nel plasma, nell'ambiente intracellulare e nel filtrato glomerulare tramite una reazione di dissociazione acida del bisfosfato in fosfato, donante ioni idrogeno, o una reazione di idrazione del fosfato in bisfosfato, sottraente gli ioni idrogeno. Reazione di dissociazione reversibile del bisfosfato : reazione molto lenta, con una costante di equilibrio molto bassa - pKa = 6,8 - attraverso la quale il bisfosfato libera idrogeno e fosfato. Limiti del sistema tampone fosfato : per la legge di Henderson ed Hasselback tenderà a mantenere una piccola variazione di pH dal suo valore di equilibrio - pKa = 6,8 - anche di fronte ad ampie variazioni della concentraizonei di H+ e PO4, fintantochè la variazione di ioni idrogeno rimane nell'intevallo pK +- 1; agendo sia per ricostituire la concentrazione di H+ tramite dissociazione di più bifosfato, sia per diminuire la concentrazione di H+ tramite rigenerazione di nisfosfato. 

Legge del pH :

[ [

] ]

Reale utiliità del tampone fosfato nel sangue : il tampone fosfato possiede un ruolo marginale rispetto al tampone bicarbonato nel mantenimento del pH sanguigno, questo, nonostante l'estrema vicinanza del pH plasmatico , si verifica per la sostanziale bassa concentrazione del fosfato nel plasma - circa l'8 % della concentrazione del tampone bicarbonato Reale utilità del tampone fosfato nel tubulo renale : il filtrato glomerulare nel tubulo del nefrone possiede una concentrazione estremamente alta di tampone fosfato e possiede un pH lievemente acido, quindi più vicino al pK del tampone, donando al tampone fosfato un enorme capacità di mantenere la medesima acidità all'interno dei tubuli renali. Reale utilità del tampone fosfato nel citosol : il fluido intracellulare possiede un elevata concentraizone di tampone fosfato (per l'attività di fosforilazione e defosforilazione delle molecole biologiche), ed è caratterizzato da un pH lievemente acido e più vicino al pK del tampone fosfato; questo permette al tampone un elevata attività nel regolare il pH del fluido intracellulare.

325

TAMPONE PROTEICO : essendo le proteine delle molecole zwitterioniche consentono di mantener epressochè costante la quantità di ioni idrogeno del fluido intracellulare, sia attraverso un assorbimento degli idrogenioni, consentendo un riabbassamento del pH, sia attraverso un assorbimento delle cariche negative o basi, consentendo un aumento del pH; il tutto caratterizzato da una costante di equilibrio pK. Reale utilità del tampone proteico nel citosol cellulare : avendo il liquido intracellulare una grandissima concentrazione di proteine, ed un pH molto vicino al pK della maggior parte di esse, è possibile un grandissimo effetto tampone intracellulare delle proteine con neutralizzazione delle cariche positive e negative penetranti dalla membrana plasmatica o generate nella cellula; il fluido intracellulare è responsabile del 60-70% dell'effetto tampone dell'organismo. REGOLAZIONE RESPIRATORIA DEL PH PLASMATICO : essendo la pressione parziale della CO2 in grado d'influenzare l'acidità del plasma, tramite la reazione di idratazione della CO2 in acido, ed essendo il sistema respiratorio in grado di regolare a produzione metabolica supposta costante la pressione parziale di CO2 nel plasma, allora il grado d'attività del sistema respiratorio è in grado d'influenzare il pH plasmatico. 

Alta attività espiratoria a metabolismo costante : viene espulsa molta CO2 plasmatica provocando una diminuzione della pCO2 plasmatica, provocando una diminuzione del pH. Aumento di 2 volte il volume di aria respirata : si ha un aumento del pH di 0,23



Bassa attività espiratoria a metabolismo costante : viene espulsa poca CO2 plasmatica che si accumula, provocando un aumento della pCO2 plasmatica, ed un conseguente aumento di pH plasmatico. Riduzione ad 1/4 del volume di aria respirata : si ha una diminuzione del pH di 0,45

REGOLAZIONE DEL TAMPONE RESPIRATORIO : siccome l'attività respiratoria può variare di 15 volte il suo valore normale può influenzare molto l'acidità plasmatica, essa deve essere regolata per mantenere costante la concentrazione di ioni H nel plasma e per mantenere efficiente il tampone bicarbonato Regolazione a feedback negativo per pH plasmatico : sistema che permette di eccitare il centro respiratorio in caso di aumento del pH e di deprimerlo in caso di diminuzione del pH al fine di causare una variazione di pH uguale e contraria a quella appena verificatasi; il sistema a feedback respiratorio possiede un guadando di 1/3 volte la variazione originale, ovvero, una variazione di una determinata velocità t scatena una risposta che riporta la situazione alla norma in una velocità massima di t/3  

Aumento del pH : va a stimolare il centro respiratorio che aumenta la CO2 espulsa diminuendo il pH. Diminuzione del pH : va ad inibire il centro respiratorio andando ad diminuire la CO2 espulsa aumentando il pH.

Efficienza del tampone respiratorio a normalizzare il pH : il sistema respiratorio consente di far ritornare il pH a 5075% del suo valore originario se la variazione originale è causata da un cambiamento esterno al polmone. Valori di esempio : se il pH varia da 7,4 a 7,0 la reazione respiratoria è in grado di riportarlo in 3-12 minuti a 7,2-7,3 massimo. Maggiore efficienza della regolazione a pH acidi : la variazione di volume espiratorio rispetto ad unità di variazione di pH è molto meggiore per pH inferiori al fisiologico 7,4, per via dell'azione nervosa congiunta della risposta per aumentata acidità e della risposta da diminuita pO2. Ampiezza di risposta del tampone respiratorio : il tampone respiratorio possiede una potenza doppia rispetto a tutti gli altri sistemi tampone del fluido extracellulare; quindi può ammortizzare variazioni doppie di ioni H+ rispetto agli altri tamponi chimici. TAMPONE RENALE DEL PH PLASMATICO : il rene permette di mantenere costante il pH sanguigno, quindi la sua composizione in ioni H+ e bicarbonato, tramite una continua azione di espulsione degli ioni H+ generati in eccesso

326

da acidi non volatili - circa 80 mEq/die - di riassorbimento degli ioni bicarbonato persi con il filtrato glomerulare circa 4320 mEq/die - e di produrre nuovi tamponi bicarbonato per il sangue attraverso la conversione della glutammina e della CO2, in un processo estremamente regolato dalla concentrazione di ioni idrogeno nel plasma, sia intrinsecamente che estrinsecamente. Ciclo di riassorbimento per titolazione del bicarbonato con idrogenioni : reazione ciclica di riassorbimento nel plasma della perdita giornaliera netta di ioni bicarbonato dalla VGF - 4320 mEq/die - tramite un processo utilizzante (teoricamente) l'espulsione e il riassorbimento ciclico di un atomo di idrogeno per veicolare gli ioni HCO3- del lume del tubulo, come CO2 + H2O nel citosol, espulsi poi come HCO3- nel plasma sanguigno, capace di riassorbire con un processo di titolazione precisa H:HCO3 = 1:1 il 95% del bicarbonato filtrato dal glomerulo del quale l'85 % (3672 mEq/die) avviene nel tubulo prossimale ed il 10% (432 mEq/die) avviene nel tratto ascendente spesso dell'Henle. 

Espulsione di un H dalla cellula nel tubulo : la cellula acquisisce dall'ambiente tubulare un combinazione di H2O e CO2, con una anidrasi carbonica produce H2CO3 indissociato; successivamente, l'acido carbonico si dissocia nella cellula formando H+ e HCO3-, l'idrogenione viene espulso dalla cellula nel tubulo renale con un trasporto di tipo secondario accoppiato sodio-idrogeno, mentre l'acido carbonico viene espulso dalla cellula nel plasma sanguigno. Guadagno di un idrogeno nel fluido tubulare Rigenerazione di un HCO3- perso dal glomerulo nel plasma



Cattura e riciclo di un HCO3 dal tubulo al plasma : lo ione bicarbonato sintetizzato attraversa il circolo sanguigno e viene filtrato dal glomerulo, quindi, nell'ambiente tubulare va a reagire con lo ione idrogeno liberato in precedenza, formando una miscela di CO2 + H2O, che entrano nel citosol delle cellule tubulari. Perdità di un idrogeno dal fluido tubulare Perdita di un bicarbonato da parte del plasma

Fattore feedback di sicurezza per l'alcalosi e l'acidosi : una variazione dell'escrezione di ioni idrogeno porta ad un'uguale e parallela variazione del riassorbimento degli ioni bicarbonato, causando un parallelo e uguale aumento della quantità di ioni bicarbonato nel plasma sanguigno; questo consente di mitigare de differenze tra le due specie chimiche e quindi di mantenere il pH prossimo a quello di massima tamponabilità. 

Fattore di feedbacki n seguito ad acidosi : in seguito ad un aumento di ioni idrogeno nel plasma sanguigno si ha un aumento degli ioni idrogeno all'interno del filtrato glomerulare, con conseguente aumento dell'attività di riassorbimento tubulare degli anioni bicarbonato e, quindi, dello loro concentrazione plasmatica; questo va tamponare il maggior numero di idrogenioni con un maggior numero di ioni bicarbonato.



Fattore di feedback in seguito all'alcalosi : in seguito ad un aumento degli ioni bicarbonato nel plasma sanguigno, si ha una diminuzione degli ioni idrogeno all'interno del filtrato glomerulare, che esita in una diminuzione dlel'attività di assorbimento degli ioni bicarbonato dal fluido tubulare, generando, conseguentemente una loro maggiore escrezione ed un loro rapido calo nel torrente plasmatico; questo va ad tamponare il minor numero di ioni idrogeno con un minor numero di ioni bicarbonato.

Acidosi ed alcalosi metaboliche come una variazione nella titolazione : normalmente un determinato numero di moli al minuto di ione bicarbonato vengono tamponate con un uguale numero di moli al minuto di ioni idrogeno, in modo da ottenere un'escrezione uguale di entrambi gli elementi; tuttavia una modifica nel pH del plasma può comportare l'escrezione prevalente di solo uno dei due componenti, sino al completo pareggiamento della concentrazione. 

Fattore di sicurezza a straripamento nell'acidosi : quando vi è un eccesso di ioni idrogeno all'interno del plasam sanguigno, si ha un loro eccesso anche all'interno del filtrato glomerulare, con conseguente massima assimilazione dei bicarbonato nell'urina; questo permette di mantenere un libello minimo di perdita di ioni idrogeno, che, alla lunga, provoca l'abbassamento della concentrazione di H all'interno del plasma

327



Fattore di sicurezza da straripamento dell'alcalosi : quando vi è un eccesso di ioni bicarbonato ce n'è anche un eccesso all'interno del filtrato glomerulare, questo porta ad un lor assorbimento incompleto con una costante perdita netta di ioni con le urine; terminante, in breve, con il pareggio degli ioni idrogeno sugli ioni bicarbonato, alzando nuovamente il pH all'interno del plasma sanguigno.

Secrezione attiva degli ioni idrogeno in eccesso del corpo : fenomeno avvenente all'interno della porzione terminale dei tubuli distali e collettori, per mezzo delle cellule principali, in grado di trasformare le molecole di CO2 acida all'interno del plasma in molecole di HCO3- basica, in grado di abbassare il pH del liquido extracellulare, tramite una conversione anidrasi dipendente della CO2 percepita dal plasma in acido carbonico, un trasporto passio dell'HCO3 all'interno del plasma ed un trasporto attivo (tramite pompa H ATPasica) dell'idrogeno all'interno del tubulo renale; questo fenomeno è in grado di rilasciare nuovi ioni bicarbonato basico all'interno del plasma, capaci di neutralizzare uno ione idrogeno positivo in più del sangue, ed è in grado di acidificare l'urina 900 volte in più di quello che fanno i tubuli prossimali, sino ad un pH terminale di 4,5 Sistemi tampone per il chelaggio degli ioni idrogeno nell'urina in caso di acidosi : essendo l'acidosi uno stato nel quale l'eccesso di ioni idrogeno nel plasma provoca una totale assenza di anioni bocarbonato all'interno del filtrato glomerulare, tutti gli ioni idrogeno che vengono prodotti dalle cellule non ricatturano gli ioni bicarbonato del filtrato glomerulare (poiché inesistenti) ma vengono chelati da altre molecole tampone; tuttavia, essendo la loro creazione indissolubilmente collegata alla produzione di nuovi gruppi bicarbonato da immettere nel sangue si ha una trasformazione netta di una CO2 acida in un HCO3- basico (quindi un guadagno di uno ione bicarbonato) per ogni idrogenione catturato dal sistema tampone tubulare. 



Sistema tampone fosfato : sistema tampone estremamente attivo all'interno del filtrato tubulare per via dell'estrema concentrazione degli ioni fosfato all'interno dell'urina e per via dell'estrema vicinanza tra pH dell'urina e pK complessivo del sistema di ioni del tampone fosfato, è un tampone che sottrae anidride carnbonica per produrre bicarbonato plasmatico. Sistema tampone ammonio : sistema tampone composto dalle molecole di ammoniaca che dal plasma fluiscono nel filtrato glomerulare, caratterizzato dal sequestro degli ioni idrogeno da parte dell'ammoniaca a formare ione ammonio poi espulso con le urine e dalla trasformazione di una CO2 plasmatica i uno ione bicarbonato basico.

Sistema tampone glutamina-ammonio : sistema enzimatico che permette di degradare intracellularmente una molecola di glutamina catalizzando la formazione di due ioni bicarbonato da immettere come carica netta all'interno del plasma e la formazione di due ammoniache da immettere nel filtrato tubulare per adsorbire l'eccesso di idrogenioni formando ioni ammonio; questo sistema è l'unico riporta il pH nella norma senza la trasformazione di molecole di CO2 in molecole di bicarbonato, ma copn la formazione netta diretta dello stesso. SISTEMI DI CONTROLLO DELLA SECREZIOEN DI IONI IDROGENO : siccome la secrezione di ioni idrogeno determina l'assorbimento degli ioni bicarbonato e l'escrezione degli acidi volatili deve essere regolata in modo fine per consentire un pH compatibile con la vita. Sistemi di controllo di tipo intrinseco : Sistemi che aumentano la secrezione di ioni idrogeno : 





Aumento pH plasmatico : un aumento nella concentrazione degli idrogenioni nel plasma provoca un discreto flusso degli stessi, attraverso le cellula tubulari, direttamente all'interno dei tubuli renali per consentire sia la diminuzione del pH sia la cattura di tutt il bicarbonato possibile Aumento della concentrazione di CO2 : un aumento dell'anidride carbonica porta ad una maggiore attività dell'anidrasi carbonica delle cellule tubulari, principalmente per un'aumentata quantità di substrato ad essa disponibile; questo porta contemporaneamente ad un aumento nella secrezione di ioni idrogeno, e quinid nella captazione degli ioni bicarbonato, ed in un aumento della produzione di nuovi ioni bicarbonato tamponanti nel plasma. Diminuzione del volume extracellulare : una diminuzione del volume extracellulare porta ad una concentrazione del sodio extracellulare con la conseguente maggiore attività dell'antiporto sodio-idrogeno

328



responsabile dell'assorbimento del sodio e dell'espulsione dell'idrogeno nel tubulo prossimale e nel segmento spesso dell'ansa di Henle. Ipokalemia : poco potassio extracellulare significa una maggiore concentrazione di potassio intracellulare che, a porpria volta, scalza l'idrogeno al di fuori delle cellule vista la medesima carica del protone singolo degli idrogenioni

Sistemi che diminuiscono la secrezione di ioni idorgeno 







Diminuzione del pH plasmatico : una diminuzione nella concentrazione degli idrogenioni nel plasma diminuisce il flusso degli stessi, attraverso le cellula tubulari, direttamente all'interno dei tubuli renali permettendo un accumulo di ioni idrogeno nel plasma ed una diminuzione del riassorbimento degli ioni bicarbonato all'interno del plasma Diminuzione della concentrazione di CO2 : una diminuzione nella concentrazione dell'anidride carbonica porta ad una minore attività dell'anidrasi carbonica delle cellule tubulari, principalmente per una diminuita quantità di substrato ad essa disponibile; questo porta contemporaneamente ad una diminuzione nella secrezione di ioni idrogeno, e quindi nella captazione degli ioni bicarbonato, ed in un diminuzione nella produzione di nuovi ioni bicarbonato tamponanti nel plasma. Aumento del volume extracellulare : un aumento del volume extracellulare porta ad una diluizione del sodio extracellulare con la conseguente minore attività dell'antiporto sodio-idrogeno responsabile dell'assorbimento del sodio e dell'espulsione dell'idrogeno nel tubulo prossimale e nel segmento spesso dell'ansa di Henle. Iperkalemia : molto potassio extracellulare significa una minore concentrazione di potassio intracellulare che, a porpria volta, permette agli idrogenioni la permanenza all'interno delle cellule tubulari

Sistemi di controllo di tipo ormonale : 



Aldosterone : l'aldosterone avendo un'azione stimolante sulla secrezione di H+ dalle cellule intercalate del tubulo distale e del dotto collettore permette un controllo sulla secrezione degli ioni idrogeno, sul riassorbimento e la neogenerazione degli ioni bicarbonato. Angiotensina II : l'angiotensina II avendo un azione stimolante sull'attività dello scambiatore sodio-idrogeno possiede un diretto controllo sulla secrezione dell'idrogeno, sul riassorbimento e sulla neogenesi degli ioni bicarbonato.

RISPOSTE COMPESATORIE INTEGRATE RENE-SISTEMA RESPIRATORIO : Acidosi respiratoria : stato nella quale si ha un aumento della concentrazione di ioni idrogeno a causa di un aumento nella PCO2.  

Risposta respiratoria : aumento dell'espulsione di CO2 per diminuire la quantità di acido carbonico firmato Risposta renale : trasformazione della CO2 in ioni bicarbonato immessi nel sangue ed in ioni idrogeno immessi nellurina

Acidosi metabolica : stato nella quale si ha una diminuzione della concentrazione degli ioni idrogeno a causa di un aumento della filtrazione renale.  

Risposta renale : trasformazion della CO2 in ioni bicarbonato immessi nel sangue ed in ioni idrogeno immessi nell'urina. Risposta respiratoria : aumento dell'espulsione della CO2 per diminuire la quantità di acido carbonico formato.

Acidosi cronica : si ha un aumento del sistema di trasformazione della CO2 in acido carbonico, immesso nel plasma, ed in idrogeno, immesso nel tubulo, e la stimolazione del sistema di tampone ammoniacale tramite ciclo della CO2 o catabolismo della glutamina. Alcalosi respiratoria : stato nel quale si ha un una diminuzione della concentrazione di ioni idrogeno a causa di una diminuzione della PCO2 (iperventilazione) 

Risposta respiratoria : diminuzione dell'espulsione della CO2 per aumentare la formazione di acido carbonico

329



Risposta renale : aumento del carico filtrato di ione bicarbonato in eccesso rispetto agli ioni idrogeno.

Alcalosi metabolica : stato nel quale si ha un aumento della concentrazione di ioni bicarbonato a causa di una diminuzione della sua escrezione.  

Risposta respiratoria : diminuzione dell'espulsione della CO2 per aumentare la formazione di acido carbonico. Risposta renale : aumento del carico filtrato di ione bicarbonato in eccesso rispetto agli ioni idrogeno.

FUNZIONALITA RESPIRATORIA : File estratto riorganizzando essenzialente le lezioni di Rubini

FUNIZIONE RESPIRATORIA : funzione molto importante svolta dai polmoni e dalle vie respiratorie, che consente di sostituire l'aria arricchita di anidride carbonica ceduta dal sangue venoso tramite il setto alveolare, con aria ricca di ossigeno che viene ceduto al sangue venoso - arterializzazione del sangue - tramite il setto alveolare, al fine di espellere dal corpo la CO2 creata e fornire al corpo la O2 consumata durante il suo metabolismo energetico.  

Inspirazione : internalizzazione di aria ricca di ossigeno all'interno dei polmoni - 20% in media Espirazione : espulsione di aria ricca di anidride carbonica - in media 4-5%

Fattori che regolano principalmente la funziona respiratoria :  Controllo nervoso della quantità di ossigeno e CO2 in circolo  Caratteristiche intrinseche della fisiologia polmonare  Caratteristiche fisiche dei gas inspirati LEGGI CHE GOVERNANO I GAS LEGGE ID BOYLE MARIOTTI LEGGE DEI GAS PERFETTI : ricordarsi di accennare alla densità di molecole per volume LEGGE DI GAY LUSSAC : ricorfìdars che la relazione volume a 0 e volume a temperatura è linbeare per via della proporzionalità lineare della legge dei gas perfetti e che betaè uguale a T1/T2 sempre per tale legge LEGGE DI AVOGADRO LEGGE DI DALTON LEGGE DI HENRY LEGGE DI FICK : il flusso di un soluto fluido attraverso una membrana permeabile da un compartimenti ad un altro è direttamente proporzionale al gradiente di pressione parziale tra i due compartimenti e alla superficie che permette al soluto di essere assorbito, mentre è inversamente proprorzionale alla distanza di percorso tra i due compartimenti; tutto secondo una costante di proporzionalità D determinata per ogni sostanza.

Coefficiente di diffusione D : è tipico per ogni tipo di sostanza, direttamente proporzionale alla solubilità di tale sostanza ed inversamente proprozionale alla radice quadra dellasua massa molecolare. √ Scambi gassosi alveolari per diffusione : siccome il setto alveolare è estremamente fino, composto solamente da un epitelio alveolare monostratificato pavimentoso, da una lamina basale, e da un endotelio, permette la libera

330

diffusione dei gas secondo il loro gradiente di pressione parziale; di ha quindi un passaggio di ossigeo nei capillari ed un passaggio di anidride carbonica negli alveoli, sino all’eguagliamento completo della pressione parziale dei gas in entrambi i i compartimenti. -

Diffusione dell’ossigeno : l’ossigeno possiede un gradiente pressorio positivo – 100 mmHg nell’aria fresca, 40mmHg nel sangue – e possiede un ridotto coefficiente di diffusione – 0,3/5,65 = 0,053 – quindi è sottoposto ad una diffusione proporzionale a 3,18

-

Diffusione dell’anidride carbonica : l’anidride carbonica possiede un gradiente pressorio negativo – 40 mmHg – 46 mmHg – e possiede un grande coefficiente di diffusione – 6,9/6,63 = 1 – quindi è sottoposta ad una diffusione maggiore di quella dell’ossigeno di 7,18

Fattore di sicurezza per l’arterializzazione del sangue dei capillari : siccome la diffusione dei gas respiratori avviene con una velocità molto elevata l’arterializzazione intera del sangue avviene già ad1/3 della lunghezza del capillare, consentendo un avanzo di 2/3 della lunghezza del capillare sfruttata in condizioni di bassa diffusione dei gas respiratori. VIE AEREE FUNZIONI DELLE VIE AEREE : le vie aeree possiedono la funzione di condurre l'aria agli alveoli, di purificare l'aria, e di umidificare e riscaldare l'aria. Conduzione dell'aria da parte delle vie aeree : i condotti delle vie aeree sono un albero a 17-18 ordini di ramificazione, possedente la caratteristica di trasportare l'aria agli alveoli senza attuare il processo di scambio gassoso che, costantemente, avviene nei primi alveoli comparsi presso la 17° diramazione bronchiale. Aria dello spazio morto : è l'aria contenuta nell'albero delle vie aeree dopo l'inspirazione e dopo l'espirazione che non viene per nulla variata in composizione gassosa dall'epitelio respiratorio, essa corrisponde al 30% della d'aria di ogni respiro (in condizioni di riposo) circa 150 ml 

Aria dello spazio morto a fine inspirazione : è rappresentata dall'aria alla composizione ambientale di gas (anche se alla temperatura di 37 C° e satura di acqua) che esce per prima alla successiva espirazione, seguita dalla vera aria alveolare.



Aria dello spazio morto a fine espirazione : è rappresentata dall'aria alla composizione alveolare di gas, che viene inspirata per prima dalla successiva inspirazione, seguita dall'aria ambientale.

Purificazione dell'aria : funzione che viene svolta da tutte le via aeree, ma in particolare dai bronchioli lobulari e terminali per la loro elevata sezione totale e la bassa velocità dell'aria che li percorre, che consente l'eliminazione della maggior parte della particelle nocive dell'aria all'interno dello stomaco o all'esterno della cavità orale tramite una produzione di muco viscoso e il battito ciliare. 

Produzione di muco viscoso : il muco viene prodotto dalle cellule caliciformi mucipare di tutt le vie respiratorie, e presenta la capacità di catturare al proprio interno tutte le particelle trasportate dall'aria, soprattutto quelle con bassa energia cinetica (rallentate) dei bronchioli terminali e lobulari.



Battito unidirezionale delle ciglia : le ciglia delle cellule ciliate pseudostatificate dell'epitelio respiratorio si muovono ritmicamente nella stessa direzione, andando a creare un flusso netto di muco - 1 cm/s - risalente verso l'adito laringeo per essere deglutito o espettorato dalla bocca.

Velocità dell'aria passante all'interno delle vie respiratorie : essendo direttamente proporzionale al flusso di aria ed inversamente proporzinale alla sezione totale della via respiratoria, dopo il 5° ordine di ramificazione bronchiale la diminuzione della velocità diviene esponenziale. Condizionamento ed umidificazione dell'aria : possedendo una superficie interna estremamente grande ed essendo tale superficie interamente coperta da uno strato di fluido alla temperatura costane di 37 C° - temperatura del NIC -

331

l'aria viene riscaldata alla temperatura del nucleo interno caldo e subisce un umidificazione sino a saturazione di vapor acqueo - a 47 mmHg. Efficienza del processo di riscaldamento ed umidificazione : l'aria che giunge agli alveoli è costantemente a 37C° e satura di vapor acqueo anche a temperature inferiori o superiori allo 0 di 40 C° Fonazione : processo che permette l'induzione di una vibrazione nella colonna d'aria contenuta nelle vie aeree attraverso l'attività delle corde vocali. CARATTERISTICHE FISIOLOGICHE DELLE VIE RESPIRATORIE : CIRCOLO SANGUIGNO DELLE VIE RESPIRATORIE : sono servite da un sistema di arterie bronchialli che prelevano dall'aorta la gittata cardiaca, riversandola nel letto di capillari peribronchiolari, e da un sistema di vene bronchiali che scaricano il sangue nel sistema della azygos e dell'emiazygos, quindi nella vena cava superiore e nell'atrio sinistro, e nel sistema delle vene polmonari, quindi nell'atrio destro, creando uno shunt pomonare. Shunt polmonare : riversamento del 5 % della gittata cardiaca in sangue venoso all'interno del sangue arterioso sistemico senza il processo di arterializzazione in grado di abbassare la pO2 del sangue arterioso da 100 a 97-98 mmHg a valle dello shunt. 

Shunt come circoli veloci : gli shunt possiedono un basso tempo di percorrenza del sangue che passa velocemente dal lato venoso al lato arterioso della piccola circolazione, senza incontrare nessun letto capillare intermezzo.

INNERVAZIONE AUTONOMA DELLE VIE RESPIRATORIE : le vie respiratorie possiedono una ricca innervazione autonoma in grado di determinarne in ogni momento lo stato di broncocostrizione o broncodilatazione in risposta a vari stimoli di tipo nervoso o a riflessi ambientali. 

Cambiamento di tono nel ciclo respiratorio : durante l'inspirazione si ha una broncodilatazione parasimpatica, mentre durante l'espirazione, si ha una broncocostrizione parasimpatica.

Innervazione dell'ortosimpatico : il sistema nervoso ortosimpatico presenta un effetto broncodilatatore specialmente per effetto della noradrenalina sui recettori beta-2 del muscolo licio. Innervazione parasimpatica : il sistema nervoso parasimpatico presenta un effetto broncodilatatore specialmente per effetto dell'acetilcolina sui recettori del muscolo licio, sino a causare asma. INNERVAZIONE SENSITIVA DELLE VIE AEREE : permettono l'instaurarsi d'importanti riflessi nervosi in grado di preservare l'integrità del sistema respiratorio. Recettori da stiramento : sono recettori che mi permettono di monitorare lo stato di espansione del sistema respiratorio al fine di limitare eccessive variazioni del suo volume andando a scaricare direttamente sul centro inspiratorio. Riflesso di Hering-Breuer : sono due riflessi nervosi attivati dall'estrema distensione o collassamento delle vie respiratorie in grado di inibire un ulteriore inspirazione od espirazione; nell'uomo tuttavia sono poco sviluppati, mentre negli animali sembrano avere un ruolo preponderante.  

Inspirazione profonda : viene inibito il centro inspiratorio per impedire un estrema distensione dei polmoni Espirazione profonda : viene attivato il centro inspiratorio per impedire un estremo collassamento dei polmoni.

Recettori J : sono recettori in grado di attivarsi in seguito al danneggiamento delle pareti delle vie aeree (soprattutto in seguito ad edema polmonare), andando ad aumentare la frequenza e ridurre la profondità dei segnali provenienti dal centro respiratorio, provocando il fenomeno della tachipnea (respiri corti e molto frequenti)

332

Recettori da irritazione : recettori presenti sulla parete delle vie respiratorie alte o basse, andando a percepire la presenza di molecole irritative o sostanze estranee ed in grado di stimolare le risposte dello starnuto (in caso di sostanze nel naso) o della tosse (in caso di sostanze nelle vie faringo-tracheo-bronchiali al fine di espellere la sostanza irritante o occludente; essi mandano i loro assoni tramite nervo vago al centro della tosse del midollo alungato. Riflesso della tosse : riflesso molto importante attivato dal centro della tosse nell'eliminare sostanze estranee o irritanti nel sistema bronco-tracheo-faringeo in grado di indurre un flusso d'aria dotato di grande energia cinetica nelle vie respiratorie, tamite un'azione di inspirazione profonda e compressione espirativa dei gas alveolari. 

Centro della tosse : nucleo di neuroni del midollo allungato, posto vicino, ma non coincidente, con il nucleo respiratorio, in grado di ricevere afferenze sensitive irritative dal tutte le vie respiratorie (tranne quelle nasali) tramite nervo vago, e di emettere fibre efferenti motorie attivatrici verso gli alfa neuroni del corno anteriore del nervo frenico e dei muscoli addominali ed intercostali.

1. Stimolazione dei muscoli inspiratori ed induzione di un ampia inspirazione. 2. Stimolazione dei muscoli della rima della glottide determinando la chiusura della glottide e la messa in pressione del sistema polmonare. 3. Stimolazione di muscoli espiratori primari e accessori, tra i quali il principale è la parete anteriore dell'addome, determinando la compressione dell'aria polmonare sino ad una pressione di 100 cm di acqua. 4. Inibizione dei muscoli della glottide con apertura pressoria della rima glottidea e conseguente flusso estremamente rapido di aria tramite le vie bronco-tracheali. Moto turbolento e rumore della tosse : siccome la velocità del flusso d'aria in uscita dalle vie respiratorie è estremamente elevato, esso supera di molto il numero di Reinolds, causando una turbolenza rumorosa. Controllo volontario del riflesso della tosse : siccome i centro della tosse accetta anche fibre afferenti dalla corteccia motoria, noi possiamo indurre la tosse in modo volontario. Riflesso dello starnuto : è molto simile al riflesso della tosse, sempre finalizzato ad eliminare sostanze irritanti e oggetti estranei dalla mucosa dei turbinati nasali, tramite un processo di abbassamento del palato molle una volta indotto il grande flusso di aria in uscita dal polmone, per creare una colonna d'aria ad elevata energia cinetica nel naso. MUSCOLI INSPIRATORI ED ESPIRATORI : MUSCOLI INSPIRATORI : muscoli che tendono attivamente ad aumentare il volume della cassa toracica al fine di far diminuire per la legge Boyle-Mariotti la pressione alveolare al livello subatmosferico consentendo una risucchio dell'aria all'interno degli alveoli e quindi il normale processo inspirazione. Processo inspiratorio : questo processo è rigorosamente attivo e controllato dai centri nervosi inspiratori (a differenza di quello espiratorio) sia durante l'inspirazione normale, sia durante l'inspirazione forzata caratterizzato dalla stimolazione contrattile di una diversa quantità di muscoli a seconda della richiesta volumetrica del sistema. 

Resistenza all'espirazione : processo di lento esaurimento dell'attività contrattile dei muscoli inspiratori anche durante l'espirazione al fine di consentire un passaggio più dolce e meno brusco dalla tensione espansiva dell'inspirazione al ritorno elastico dell'espirazione.

MUSCOLI INSPIRATORI PRIMARI : Diaframma : muscolo striato a forma di cupola con convessità rivolta cranialmente, ad area di 250-300cm2 ed innervato dal nervo frenico, in grado di abbassarsi durante la sua contrazione sino a 6-7 cm, inducendo una pressione negativa subatmosferica dentro la cassa ed una pressione positiva superatmosferica nella cavità addominale, consentendo all'un ingresso di circa 2 l massimo di aria dall'ambiente esterno nei polmoni e andando a soddisfare circa l'80% dell'espansione di volume nella respirazione normale e circa il 50% dell'espansione polmonare nella respirazione forzata.

333



Forza del diaframma e raggio di curvatura : per la legge di Laplace si può intuire che un maggior raggio di curvatura diminuisce la forza massima che la tensione delle fibre del diaframma possono indurre sul volume della cavità toracica; quindi, un parziale abbassamento del diaframma per espansione polmonare (patologica o fisiologica) riduce la capacità del diaframma di opporsi alle resistenze dell'sistema respiratorio.



Forza ed accorciamento delle fibre : come tutti muscoli scheletrici la forza che il diaframma può generare è direttamente proporzionale alla trazione delle sue fibre prima dello sforzo; se infatti una qualche espansione polmonare accorcia il diaframma, essa accorcia anche le sue fibre contrattili e li fa perdere forza contrattiva.

NOTA MEDICA ! Disturbi COPD I disturbi con ostruzione cronica delle vie respiratorie esitano spesso in un aumento del volume inspirato dai polmoni, con un conseguente slittamento del ciclo respiratorio a volume estremamente maggiorati; questo per la legge di Laplace e della relaizone distensione-forza del diaframma comporta una perdita dell'efficienza del muscolo frenico nell'indurre un adeguata espansione polmonare. Diaframma nel processo di lento rilasciamento espiratorio : durante le prima fasi dell'atto espiratorio passivo si può notare come permanga una certa piccola attività elettrica del muscolo diaframma che ammortizza il ritorno elastico espirativo. MUSCOLI INSPIRATORI SECONDARI : Muscoli intercostali esterni : piccoli muscoli obliqui tesi tra le costole in grado di far ruotare le costole in alto e all'esterno, provocando un'espansione della cassa toracica, entrando in funzione solo durante l'inspirazione forzata, e permettendo di aumentare il volume massimo inspiratorio sino a 4 l MUSCOLI INSPIRATORI ACCESSORI : Muscoli scaleni, deltoidi e SCM : sono piccoli muscoli annessi alla colonna cervicale, in grado di alzare il manubrio sternale facendolo ruotare in avanti, in modo da espandere la cassa toracica, entranti in funzione solo durante gli sforzi fisici intensi, portando il volume massima inspiratorio sino a 6,9 l. MUSCOLI ESPIRATORI : muscoli che tendono ad assecondare la naturale tendenza del ritorno elastico toracopolmonare nel collassamento della cassa toracica, in modo da permettere un ulteriore aumento per la legge di boyle-mariotti della pressione polmonare ad un livello ben superiore alla pressione atmosferica, consentendo un velocissimo flusso in uscita dell'aria polmonare. Processo espiratorio : processo di collassamento e svuotamento alveolare all'interno delle vie respiratorie, normalmente passivo, basato sul ritorno elastico del sistema toracopolmonare, o in caso di espirazione forzata attivamente assecondato dall'attività dei muscoli espiratori. MUSCOLI ESPIRATORI PRIMARI : Muscolo retto, obliquo e trasverso dell'addome : sono muscoli attivati solamente durante la compressione addominale (per minizone o defecazione e vocalizzazione) o durante l'espirazione forzata in grado di comprimere i visceri addominali a spingere cranialmente il diaframma. MUSCOLI ESPIRATORI SECONDARI ; Muscoli intercostali interni : muscoli attivati solamente durante le estreme espirazioni forzate caratterizzati da un movimento di rotazione inferiore ed allontanamento delle coste che porta ad una diminuzione del volume della cassa toracica. DINAMICA DELL'ATTO RESPIRATORIO : CICLO RESPIRATORIO NORMALE : il sistema respiratorio compie in condizioni di riposo 12 atti respiratori al minuto, caratterizzati ciascuno da una durata media di 5 secondi : 2 secondi per l'inspirazione e 3 secondi per l'espirazione

334

VOLUME CORRENTE : volume che ad ogni atto respiratorio viene contenuto dal sistema respiratorio in toto, composto dal volume di aira contenuta negli alveoli e dal volume di aria contenuta nello spazio morto; in condizioni normali ammonta a 0,5L

Volume dello spazio morto : possiede un valore costante pari al 30% del volume corrente, ossia 0,15 L

-

Aumento del volume corrente per iperventilazione (volontaria) : viene raggiuntro tramite una maggiore espansione della cassa toracica ad opera della messa in moto anche dei muscoli accessori della respirazione.

FLUSSO RESPIRATORIO : Flusso inspiratorio ed espiratorio secondo moto laminare (poseuille) : è la velocità attraverso il quale il volume d’aria corrente passa attraverso le vie respiratorie, per riempire o svuotare i polmoni, che determina la durata dell’inspirazione e dell’espirazione e quindi del ciclo respiratorio; esso viene condizionato dalla resistenza delle vie respiratorie – Raw – e dal gradiente pressorio Pr dalla bocca agli alveoli che muove l’aria; possiede un valore medio normale di 0,25 L/s.

Flusso respiratorio secondo moto tracheo-bronchiale (Rohrer) : siccome il moto dell’aria attraverso le vie aeree ha caratteristiche sia turbolente sia laminari allora la dipendenza dalla pressione segue una legge differente con un aumento logaritmico del flusso all’aumentare del gradiente pressorio

Coefficiente K1 : dipende dalla densità dell’aria e cambia valore a seconda della temperatura e della miscela dei gas respiratori. Resistenza respiratoria Raw : gradiente pressorio necessario al sistema respiratorio per provocare un unità di flusso d’aria al secondo, inversamente porprorzionalee al raggio d’espansione bronchiale, aumentante in seguito ad espansione polmonare e direttamente proporzionale alla viscosità dell’aria, aumetentante all’aumentare della temperatura, con un valore iniziale di 4-6 cmH2O/L/s.

335

Gradiente pressorio ∆P : è la differenza di pressione tra la bocca e gli alveoli polmonari, che propelle l’aria nella respirazione, variante solamente tramite la pressione alveolare, essendo la pressione della bocca sempre fissa a quella atmosferica. dove Pb = 1 atm -

Variazione della presione avoleolare durante l’atto respiratorio : durante l’espansione della cassa toracica, o la sua costrizione forzata, si avrà un accorciamento dei muscoli agonisti che perderanno forza e capacità di generare la pressione alveolare iniziale, che, quini, varierà nel tempo. Variazione del flusso espiratorio durante l’espirazione e l’inspirazione : il flusso respiratorio sarà massimo al massimo volume toracico e sarà minimo al minimo volume della cassa toracica.

VENTILAZIONE POLMONARE : la quantità di aria che viene assorbita ed espulsa dal sistema respiratorio(polmoni + vie respiratorie) ad ogni minuto ed è direttamente prorporzionale al volume respiratorio corrente VT ed al flusso respiratorio (quindi inversamente proporzionale alla durata dell’atto respiratorio); il suo valore in condizioni di riposo è 6L/min

-

Aumento della ventilazione polmonare in condizioni di respirazione forzata :in determinate consizioni di respirazione forzata può aumentare a valori prossimi a 150-160L/min tramite due tipologie di modifiche. Aumento della VT : tramite un aumento della profondità d’inspirazione generato dall’attivazine di più muscoli respiratori. Diminuzione del tempo del ciclo respiratorio : mediante un aumento del flusso respiratorio per aumento della pressione alveolare e quindi del gradiente pressorio.

Ventilazione dello spazio morto : volume di aria che ad ogni minuto staziona all’interno dello spazio morto, ammontante in media a 1,8L/min Ventilazione alveolare : volume di aria che ad ogni minuto staziona all’interno dei capillari, ammntante in media a 4,2L/min VALORI STANDARD E TECNICHE SPIROMETRICHE DI MISURAZIONE CARATTERISTICHE SPIROMETRICHE : informazioni raccolte monitorando con un o spirometro i volumi, le pressioni ed i flussi dei gas respiratori uscenti ed entranti nel sistema respiratorio di un paziente chiedendogli di eseguire una prima serie di respiri tranquilli, seguiti da una massima inspirazione e da una successiva massima espirazione; in questo caso si suppone sempre lo stato ATPS di misurazione (T ambientale, pressione atmosferica, e aria satura di vapor acqueo) Volume di riserva inspiratoria : volume di aria inspirata tra la fine di un'inspirazione tranquilla e la fine di un'inspirazione massimale; è la quantità che il soggetto può ancora aspirare la più alto volume polmonare tranquillo in caso di sforzo massimale. Valore medio : 2,5 litri Volume di riserva espiratoria : volume di aria espirata tra la fine di un'espirazione tranquilla e la fine di un'espirazione massimale ossia alla capacità funzionale residua, è la quantità di volume d'aria che il soggetto può ancora espirare dal minimo valore tranquillo di volume polmonare in caso di sforzo massimale; esso corrisponde al 40% della capacità vitale totale, cioè al punto di minima pressione alveolare - punto di equilibrio elastico del sistema respiratorio Valore medio : 1-1,5 litri

336

Capacità inspiratoria : volume d'aria inspirata tra la fine di una espirazione tranquilla e la fine di un'inspirazione massimale; può essere considerata come la somma del volume corrente con il volume di riserva inspiratoria. Capacità vitale : è la massima escursione volumetrica che può compiere il sistema respiratorio di un soggetto con un solo atto massimale. Valore medio : 4,5-5 litri Capacità funzionale residua : è il volume che permane nel polmone alla fine di un'espirazione tranquilla; può corrispondere alla somma tra volume di riserva respiratoria e volume residuo. Volume residuo : volume di aria non espirabile da parte del polmone, che permane all'interno del sistema respiratorio dopo un'espirazione massimale, avente il ruolo di tamponare differenze tra pressioni parziali di ossigeno e di anidride carbonica tra aria alveolare e aria inspirata. Misurazione del volume residuo con diluizione dell'elio : metodo basato sulla diluizione di un certo numero di equivalenti di elio contenuti in una camera a volume noto, tramite aumento del volume totale del sistema per l'aggiunta di una nuova camera vuota - la capacità funzionale residua del polmone - collegata alla prima per mezzo di un tubo spirometrico; per poi calcolare il volume aggiunto tramite valutazione della variazione di concentrazione di elio nel sistema.

Infatti : se prima avevo una certa concentrazione di elio, e adesso ne ho un'altra (sapendo che gli equivalenti di elio sono sempre gli stessi) posso valutarmi il volume che li ha diluiti. 1. Chiedo al paziente di fare un'espirazione normale in modo da ottenere la capacità funzionale residua. 2. Chiedo al paziente di reiniziare la nuova inspirazione nel boccaglio della camera chiusa, a volume noto V1, con una concentrazione C1 di elio. 3. Ad ogni inspirazione fornisco una concentrazione ottimale di ossigeno puro e ad ogni espirazione rimuovo l'anidride carbonica generata. 4. Dopo un po’ di respiri, quando l'elio si diffonde a tutto il volume polmonare allora stoppo e misuro la concentrazione C2 di elio rimasta nella mia camera. Capacità polmonare totale : è la quantità totale di aria che il sistema può contenere per intero, ossia la somma della capacità vitale con il volume residuo. Valore medio : 5,5-6 litri MISURE DEL FLUSSO ESPIRATORIO : è estremamente predittivo per la resistenza del sistema respiratorio nella conduzione di un flusso d'aria e per la funzionalità dei muscoli respiratori; permette quindi di designare uno stato generale di salute del sistema respiratorio. FEV o VEMS o capacità vitale forzata : è una curva volume espirato/tempo che mi esprime la capacità di espellere il massimo volume polmonare - capacità vitale - nel minimo tempo possibile, caratterizzata da una curva di variazione del volume rispetto al tempo. Come si misura : prima si deve lasciare il soggetto a fare due respiri normali, dopo di che gli si chiede di espelle il massimo volume possibile di aria nel minor tempo possibile. 

FEV-1 : è il massimo volume espulso dal sistema respiratorio entro un secondo dall'inizio dell'espirazione; ed in media ammonta all'80% della capacità vitale.



MEV 25-75 : volume medio espirato dalla espirazione forzata della capacità vitale tra il 25% ed il 75% della capacità vitale; da una buona valutazione della capacità vitale dinamica.

337

Flusso espiratorio caratteristico della FEV (moto laminare): è il flusso attraverso il quale un individuo riesce ad espellere la sua capacità vitale nel minor tempo possibile, tendente a diminuire asintoticamente all'approssimarsi della capacità funzionale residua poiché, essendo un flusso d'aria passante per le vie aeree la sua intensità segue la legge di Poseuille : è direttamente proporzionale alla pressione alveolare, che diminuisce durante l'espirazione per indebolimento da accorciamento dei muscoli espiratori, ed è inversamente porprorzionale alla resistenza delle vie aeree, che aumenta durante l'espirazione per occlusione progressiva del lume delle vie respiratorie. Come si misura : si misura dall'inclinazione della tangente alla curva volume tempo in un determinato dT della misurazione. 

PEF : picco di massimo flusso espiratorio durante la capacità vitale forzata, raggiunto in un periodo diverso da zero per via dell'inerzia della sistema respiratorio e della colonna d'aria al suo interno; questo valore dipende dalla conformazione e dallo stato fisiologico dei polmoni del paziente essendo, in questo stato, le vie respiratorie alla massima loro espansione, e quindi, alla minima loro resistenza.

MISURE DELLA RESISTENZA ESPIRATORIA Misurazione della resistenza totale per espirazione tranquilla : il riempimento delle cavità polmonari con un volume di aria corrispondente alla capacità vitale - circa 1L - e il rilascio dell'occlusione del boccaglio per monitorare la variazione del flusso ai diversi volumi polmonari mi da la possibilità di valutare la resistenza massima delle vie respiratorie (secondo il moto laminare) e la variazione della resistenza del sistema durante la sua variazione di volume (secondo il moto tracheo-bronchiale) 

Resistenza minima totale alla respiratorie tramite equazione di poiseuille : la resistenza delle vie respiratorie pienamente espanse è di 4-6 cmH2O/L/s e viene misurata attraverso il riempimento dei polmoni con un determinato volume di aria, misurandone la pressione elastica alveolare ed il loro svuotamento per ritorno elastico, misurandone il flusso istantaneo uscente alla loro massima espansione.



Variazione dinamica della resistenza totale alla respirazione - equaizone di Rohrer : sa riempie un sistema respiratorio della sua capacità vitale, dopo di che lo si fa sgonfiare a piccoli gradini, occludendo e rilasciando più volte il boccaglio, in questo modo si misura mano a mano il flusso espirato la pressione che lo ha generato (ovvero la pressione subito prima al rilasciamento del boccaglio) andando sucessovamente a valutare la resistenza per ogni gradino di volume polmonare. Curva flusso-pressione secondo l'equazione di Rohrer : la variazione della resistenza è data dalla variazione del coefficiente angolare del grafico; in questa misurazione è possibile notare come la resistenza segua una funzione logaritmica aumentando progressivamente all'aumentare del flusso respiratorio ed al diminuire del volume del sistema respiratorio stesso, sino a giungere ad un asintoto presso il flusso massimo di espulsione di aria dai polmoni.

338

FORZE DETERMINANTI LA PRESSIONE ALVEOLARE PRESSIONE ALVEOLARE FINALE : la pressione aveolare finale, ovvero la endenza a sviluppare un gradiente pressorio di spinta dell'aria, è determinata da due fattori : la forza di ritorno elastico del sistema respiratorio (cassa toracica inclusa) e le forze di tensione dei muscoli respiratori. FORZE DI RITORNO ELASTICO : determinano la pressione alveolare ad un determinato volume polmonare a muscoli respiratori rilassati e non stimolati, e viene determinata dal ritorno elastico polmonare e della cassa toracica. 

Utilità in clinica : permettono di monitorare lo sforzo che i muscoli inspiratori devono compiere per dilatare il polmone, e quindi lo sforzo respiratorio.

Ritorno elastico del polmone : il polmone tende costantemente a collassare, avendo un volume di equilibrio elastico pari a 0', esercitando una pressione positiva crescente all'aumentare del volume alveolare. Come si misura : a polmone paralizzato, per paralisi flaccida dei muscoli respiratori, il polmone viene gonfiato con volumi via via crescenti di aria, misurando dopo ogni riempimento il volume stazionario raggiunto dal sistema polmonare. Ritorno elastico della cassa toracica : avendo un volume di equilibrio elastico (a potenziale elastico 0) pari al 55% delle capacità vitale del soggetto esso, esercita una pressione positiva a volumi oltre il 55% della VC, ed una pressione negativa a volumi minori di 55% della VC GRAFICO PRESSIONE-VOLUME : curva sigmoide che mi misura la variazione di volume polmonare rispetto alla variazione di pressione dello alveolare, ottenuta insufflando aria, per la misurazione delle pressioni alveolari positive oltre alla capacità funzionale residua, o aspirando aria, per la misurazione delle pressioni alveolari negative per volumi minori della capacità funzionale residua, nel polmone a muscoli respiratori rilassati, che mi consente di calcolare la variazione della compliance rispetto alla variazione del volume alveolare come variazione dell'inclinazione della funzione rispetto alla pressione, o come la variazione della velocità di variazione del volume, rispetto alla pressione. 

Punto di flesso verso la capacità funzionale residua (volume 40%): il volume polmonare varia molto di più a variazioni vicine al volume di equilibrio elastico del polmone, ovvero, la compliance è maggiore a volumi vicini al quello del 40% della VC, ovvero, con la medesima pressione ottengo un maggior volume.

Compliance dell'intero sistema respiratorio - Ctot : volume che il polmone (NEL TORACE) deve avere per esercitare 1 cmH2O di pressione o negativa sugli alveoli ovvero, la velocità di aumento del volume in relazione all'aumento unitario della pressione alveolare; essa è il risultato della somma delle pressioni da ritorno elastico polmonare - Pl - e da ritorno elastico della cassa toracica - Pcw - sviluppandosi come una funzione sigmoide con valore massimo di 100 ml/cmH2O attorno al volume di equilibrio elastico del sistema destinato a diminuire con l'aumento e la diminuzione del volume dal valore di equilibrio. Calcolo della compliance : è direttamente proporzionale alle compliance del polmone più la compliance del torace.



Volume di pressione alveolare 0 o equilibrio elastico del sistema : corrisponde alla capacità funzionale residua - 40% della capacità vitale - ovvero alla somma del volume di riserva espiratorio con il volume residuo polmonare, alla quale la pressione positiva da collassamento polmonare bilancia la pressione negativa di espansione della cassa toracica generando una pressione netta alveolare uguale a quella ambientale (pressione relativa 0 mmHg)

Infatti : per gonfiare di 1 litro il polmone a condizioni di equilibrio impiego una differenza pressoria maggiore di quella per gonfiare il polmone ai 1 litro a volumi maggiorati.

339

Utilità clinica della compliance : mi permette di prevedere la pressione, ossia lo sforzo, che i muscoli inspiratori devono esercitare per gonfiare il polmone ad un determinato volume. 

Pressione per raggiungere il volume corrente VT : per gonfiare il polmone di 0,5 L necessito di una pressione negativa di 5 mmHg ossia :

SEPARAZIONE DELLE COMPONENTI ELASTICHE POLMONARI E DEL TORACE : la pressione elastica netta effettuata dal sistema respiratorio ad un determinato volume di riempimano - pressione alveolare elastica netta - sarà uguale alla somma del ritorno elastico della cassa toracica e del ritorno elastico del polmone a quel determinato volume.

Interposizione dello spazio pleurico nella separazione delle pressioni : la cavità pleurica, possedendo un volume costante, permette il collegamento pressorio diretto tra forza elastica del torace e forza elastica del polmone, infatti, la forza elastica de torace determina la pressione pleurica e la pressione pleurica determina, assieme alla pressione elastica del polmone, la pressione alveolare effettiva. 

Pressione elastica del polmone - Pl : immaginando il sistema alveolo-parete polmonare-pleura come un sistema isolato, è la pressione netta che la forza elastica del polmone imprime sugli alveoli, pari alla pressione degli alveoli meno l'influenza pressoria della pleura.



Pressione elastica del torace - Pw : immaginando il sistema parete-pleura-atmosfera come un sistema isolato, è la pressione netta che il torace imprime sulla cavità della pleura, quindi è pari alla pressione della cavità pleurica meno l'influenza pressoria dell'ambiente esterno

Abbassamento della pressione pleurica durante la funzionalità respiratoria : quando la pressione pleurica si abbassa, vuol dire che o i muscoli toracici o l'elasticità toracica va a controbilanciare la pressione elastica del polmone facendolo espandere o, al minimo, mantenendolo espanso. Determinazione delle curve pressione-volume delle pressioni elastiche polmonari e toraciche : con la misurazione della variazione della pressione pleurica, tramite tecnica del palloncino esofageo di Milic-Emili, rispetto alla variazione del volume polmonare, io posso misurare la variazione della pressione elastica netta polmonare e della pressione elastica netta toracica in modo separato al variare del volume polmonare.

Curva pressione-volume della cassa toracica : è un graficoesponenziale translato sulla sinistra rispetto a quello del polmone, e presenta un incrocio con l'asse di pressione 0 - punto di equilibrio elastico della cassa toracica -

340

solamente al 55%-60% della VC, quindi a volumi maggiori del punto di equilibrio elastico del sistema respiratorio 40 %. 

Compliance delle pareti elastiche separate : possiedono una compliance doppia ed un'elasticità doppia rispetto al valore totale del sistema respiratorio.

Valore della pressione toracica al volume di equilibrio elastico del sistema pespiratorio - CFR 40% : siccome è ben al di sotto del volume di equilibrio elastico della cassa toracica la pressione generata sugli alveoli sarà negativa e uguale a quella del polmone. 

Compliance della cassa toracica : presenta un valore variabile al variare del volume polmonare, con un picco massimo di 200ml/cmH2O presso il volume massimo del polmone - CV - che decresce alla diminuzione del volume polmonare.

Curva pressione-volume del polmone : è un grafico logaritmico translato sulla destra rispetto a quello del polmone, che tende ad incrociare l'asse della pressione 0 al tendere del volume polmonare a 0 (quindi qualsiasi sia il suo volume possiede una pressione generata). Valore della pressione elastica polmonare a volume di equilibrio elastico del sistema respiratorio - CFR 40% : siccome è ben al di sopra del volume di equilibrio del polmone la sua pressione sarà positiva e uguale a quella della cassa toracica. 

Compliance del polmone : presenta un valore variabile al variare del volume polmonare, con un picco massimo di 200ml/cmH2O presso il volume minimo del polmone, che decresce all'aumentare del volume del polmone.

SURFACTANTE NELLA MODIFICA DELLA COMPLIANCE POLMONARE : il Surfactante, una soluzione lipidica composta in maggioranza da dipalmitoil lecitina e secreta dagli pneumociti di II tipo negli alveoli polmonari, permette di ridurre la pressione necessaria a vincere la tensione superficiale nell'espansione polmonare, innalzando la compliance polmonare, e di stabilizzare gli alveoli alla medesima grandezza. Riduzione della tensione superficiale dell'espansione polmonare : avendo gli alveoli polmonari una grandissima superficie di contatto con l'aria, ed essendo tale superficie ricoperta da un sottile velo di acqua, la forza di tensione superficiale che l'acqua esercita su ogni alveolo, tendente al collassamento degli alveoli stessi, non permetterebbe una pressione di espansione compatibile con la vita; la presenza di un tensioattivo di superficie, quindi, consente di ridurre la tensione superficiale sino al normale valore di 1/3 dello sforzo inspirativo. Stabilizzazione del volume alveolare : siccome la pressione di un alveolo, per la legge di Laplace, aumenta al diminuire del diametro alveolare, nel polmone senza surfactante si avrebbe uno svuotamento degli alveoli più piccoli ed il riempimento di pochi e grandi alveoli; tuttavia, essendo presente nell'alveolo sempre la stessa quantità di surfactante indipendentemente dalle sue dimensioni allora al variare del diametro alveolare varia anche la concentrazione di surfactante, essendo così : 

Maggiore negli alveoli piccoli : permettendo una minore pressione di quella prevista dalla legge di Laplace



Minore negli alveoli grandi : permettendo una maggiore pressione di que3lla prevista dalla legge di Laplace

Isteresi polmonare : per gonfiare un polmone si necessita di una variazione di pressione maggiore della variazione di pressione nel suo clllassamentio del polmone, vi è quindi una modifica della risposta elastica alla variazione di volume a seconda del verso della variazione del volume; questo è dovuto principalmente alla perdita di elasticità delle fibre polmonari. 

Per gonfiare un polmone dovrò impegare più forza di quella che ottengo dal suo rilassamento

FORZA NETTA DI TENSIONE DEI MUSCOLI RESPIRATORI : è la pressione massima generata dai soli muscoli inspiratori o espiratori sugli spazi alveolari a determinati volumi polmonari di partenza, escludendo matematicamente le

341

pressioni generate dalle forze elastiche toracopolmonari, che ha la caratteristica di variare in funzione dei volumi di riempimento polmonare. 

Valenza clinica : in seguito a particolari patologie respiratorie la forza massima che i miei muscoli possono generare varia considerevolmente, questo metodo mi permette di valutarne la variazione.

Pressione generata dai muscoli inspiratori - Pmus sinistra : siccome i muscoli inspiratori vengono tesi dalla diminuzione del volume polmonare, e sono muscoli striati, per la legge della forza-lunghezza tali muscoli esercitano una pressione negativa crescente sull'alveolo al diminuire del volume polmonare o diminuiscono la propria pressione all'aumentare del volume polmonare, con un valore massimo di oltre -100 cmH2O presso il volume residuo - VR Pressione generata dai muscoli espiratori - Pmus destra: siccome i muscoli espiratori vengono tesi dall'aumento del volume polmonare, e sono muscoli striati, allora per la legge della forza-lunghezza tali muscoli esercitano una pressione positiva crescente sull'alveolo al crescere del volume polmonare o diminuiscono la propria pressione al diminuire del volume polmonare, con un valore massimo di 150 cmH2O presso il volume della capacità vitale - VC

Calcolo della curva di forza netta dei muscoli respiratori : si chiude la valvola del boccaglio del soggetto, e gli si chiede di attuare una serie di sforzi inspirativi massimali a volumi polmonari crescenti, segnando la variazione della pressione tracheale risultante ad ogni volume polmonare; in egual modo, si chiede al soggetto di attuare una serie di sforzi espirativi massimali a volume polmonari decrescenti, segnando la variazione della pressione tracheale risultante ad ogni volume polmonare; fatto ciò ai valori di pressione tracheale risultante delle serie inspiratorie ed espiratorie, vi si sottrae il valore noto di pressione elastica a quel determinato volume; in questo modo si ottengono 2 curve che mostrano la variazione della pressione netta muscolare inspiratoria rispetto al volume polmonare, e la variazione della pressione netta muscolare espiratoria rispetto al volume polmonare. METODO UNIFICATO PER IL CALCOLO DELLA COMPLIANCE POLMONARE E DELLE RESISTENZE TOTALI DEL SISTEMA RESPIRATORIO : PROCEDIMENTO PRINCIPALE : a muscoli respiratori anestetizzati si immette un flusso costante di aria dentro la trachea per gonfiare i polmoni con un volume noto, dopo di che si stoppa l'immissione di aria osservando le variazioni di pressione ed lo stato volumetrico-pressorio stabilizzato finale del sistema repiratorio.

342

Misurazione della resistenza delle vie respiratorie Raw dal primo picco pressorio : appena si stoppa l'isuflazione si sviluppa una caduta istantanea di pressione tracheale ΔP1 dalla pressione di riempimento ΔPtr-max alla pressione di riposo ΔPtr-i a polmoni riempiti; questa differenza pressoria equivale alla pressione che necessita il flusso d'aria per raggiungere gli alveoli polmonari, quindi posso utilizzarla per calcolarmi la resistenza delle vie aeree :

Misurazione della stress relaxation : dopo un breve periodo dal picco ΔP1, la pressione tracheale comincia a scendere lentamente lungo una scaletta sinusoidale, creata dall'attività della pompa cardiaca, sino alla pressione stabile di ritorno elastico del polmone - Priemp - formando una seconda variazione di pressione più lenta della prima ΔP2 che posso utilizzare in relazione al volume che la crea per calcolarmi la stress relaxation.



Stress relaxation : pressione necessaria al flusso insuflativo per vincere le resistenze viscose nell'espansione del polmone al fine di mantenere il medesimo flusso di riempimento.

Misurazione della resistenza totale del sistema respiratorio al suo riempimento : è la resistenza che si oppone a qualsiasi flusso insuflativo in ingresso nel polmone, ed è uguale alla somma delle resistenza delle vie respiratorie Raw e della resistenza da strass-relaxation.

Misurazione della compliance del sistema respiratorio ad un certo volume : appena il sistema raggiunge la pressione di equilibrio in riempimento - ΔP3 - rispetto a quella atmosferica, considerando il volume d'aria contenuto all'interno dello stesso polmone, si può calcolare la compliance del sistema respiratorio per quel determinato volume.

RIASSUNTO DEI FATTORI DETERMINANO LA RESISTENZA TOTALE RESPIRATORIA : il gradiente di pressione transpolmonare necessario al movimento di un certo flusso di aria attraverso il sistema respiratorio è determinato dalla somma della resistenza tracho-brochiale del movimento dell'aria nelle vie aeree, della resistenza all'espansione della cassa toracica, della resistenza all'espansione del polmone. RESISTENZA ALL'ESPANSIONE DEL POLMONE : questa resistenza è una somma della pressione necessaria a vincere le forze elastiche del polmone - 2/3 della resistenza polmonare - e della pressione necessaria a vincere la tensione

343

superficiale degli alveoli polmonari - 1/3 della resistenza polmonare, si può interpretare come il reciproco della compliance polmonare. Forma del grafico pressione-flusso : questa resistenza è pressochè costante istituendo una reazione lineare pressione-flusso RESISTENZA ALL'ESPANSIONE DEL TORACE : questa resistenza è la pressione necessaria ad vincere la resistenza elastica del torace in modo da espandere la cassa toracica; si può interpretare come il reciproco della compliance toracica. Forma del grafico pressione-flusso : questa resistenza è costante per la perfetta relazione elastica dilatazioneresistenza RESISTENZA AL MOVIMENTO DELL'ARIA NELLE VIE AEREE : resistenza totale del sistema respiratorio determinata dalla legge del flusso tracheo-bronchiale all'interno delle vie aeree (unendo K1 e Raw in un unico coefficiente) e dalla resistenza da stress relaxation durante l'inspirazione, rappresentante la pressione donata al flusso d'aria poiché possa entrare-uscire dagli alveoli polmonari   

Aumenta all'aumentare della velocità di flusso, per aumento della turbolenza dello stesso aggiungendo una componente K1V^2 alla legge di poseuill Aumenta all'aumentare della viscosità e della densità dei gas respiratori Aumenta al ridursi del volume toracico per collasso delle vie aeree.

Forma del grafico pressione-flusso : questa resistenza segue una forma logaritmica tendendo ad aumentare sempre di più all'aumento del flusso sino a raggiungere un asintoto verticale verso la velocità di flusso fisico massimo del sistema. Forma del grafico flusso-volume : questa resistenza aumenta al diminuire dell'espansione polmonare andando a far diminuire il flusso all'aumentare dell'espansione polmonare per via del collasso delle vie respiratorie. Fattori che aumentano la resistenza delle vie aeree :    

Respirazione attraverso le narici ed i turbinati nasali : anche in condizioni normali per avere il medesimo flusso respiratorio dovrò aumentare i gradienti pressori. Effetti broncocostrittori : diminuiscono il raggio delle vie respiratorie Collasso polmonare : diminuisce il raggio delle vie aeree per diminuzione della forza elastica che le teneva pervie Iperventilazione : un aumento del flusso respiratorio causa un aumento della resistenza che vi si oppone

Fattori che diminuiscono la resistenza delle vie aeree :    

Respirazione attraverso la bocca Effetti broncodilatatori Espansione polmonare Ipoventilazione

ANALISI DEL LAVORO RESPIRATORIO RESPIRAZIONE E VARIAZIONI DI PRESSIONE : PRESSIONI POLMONARI ALLA CFR : al 60 % della capacità vitale del polmone si ha che la forza transpolmonare di compressione degli alveoli, generata dal ritorno elastico dei polmoni (che tendono a collassare sino a CFR 0%) va bilanciare perferttamente la forza transtoracica di dilatazione degli alveoli, generata dal espansione elastica della cassa toracica; la pressione alveolare sarà pari a 0 Pressione pleurica : nello stato di CFR a equilibro elastico si ha una pressione pleurica subatmosferica di -5mmHg.

344

-

Pressione elastica transpolmonare : per evitare l’espansione degli alveoli essa deve essere tale da contrastare totalmente la pressione negativa pleurica – 5 mmHg

-

Pressione elastica transtoracica : per non essere in grado di espandere gli alveoli deve contrastare completamente la pressione negativa pleurica - -5mmHg

VARIAZIONE DI PRESSIONE E VOLUME DURANTE LA RESPIRAZIONE : PRESSIONE INTRAPLEURICA : la variazione di pressione intrapleurica dai -5 mmHg di partenza, in CFR, sino agli -8 mmHg all’arrivo del Vt (circa 0,5l) segue una curva composta da due componenti : pressione elastica transpolmonare e la pressione resistiva Pressione elastica del polmone : è la curva riempimento polmonare-pressione che seguirebbe la pleura se, in condizioni statiche, i muscoli respiratori dovessero contrastare solamente il ritorno elastico del polmone; calcolando, infatti, le vie aeree con resistenza nulla. -

Pressione che i muscoli inspiratori devono fare per far espandere la parete degli alveoli polonari ossia, per vincere la pressione transpolmonare

Curva della pressione elastica del polmone in inspirazione : la pressione pleurica diminuisce in modo quasi lineare per via del lento aumento della forza elastica del ritorno del polmone, opposta alla forza espansiva dei muscoli inspiratori, presenta una leggera curvatura parabolica all’aumentare del volume polmonare per via dell’effetto di Laplace (che riduce la forza opposta dal polmone all’aumentare del suo volume) e per via della diminuzione della forza contrattiva dei muscoli respiratori all’aumentare del loro accorciamento. Pressione resistiva polmonare : è la curva riempimento polmonare-pressione pleurica che esegue la pressione pleurica nel sistema dinamico di scorrimento dei fluidi nelle vie respiratorie; ovvero, è la pressione che i muscoli respiratori devono imporre per ottenere un flusso di aria negli alveoli vincendo la resistenza delle vie aeree. -

Extrapressione che i muscoli respiratori devono fare per consentire un flusso di un fluido qualsiasi all’interno dell’alveolo vincendo le resistenze delle vie respiratorie.

Curva della pressione resistiva del polmone in inspirazione : 1. Inizialmente la velocità di diminuzione della pressione pleurica supera quella della semplice resistenza elastica polmonare, questo perché la pressione negativa generata dai muscoli espande l’alveolo, per il valore di resistenza Raw, non consente un flusso d’aria in grado di pareggiare l’aumento di volume, andando ad aumentare la pressione negativa alveolare netta (aggiungendoci negatività) sino a di -0,6/0,7 mmHg, che si sommano alla pressione pleurica. Volume polmonare : il volume polmonare è aumenta velocemente già quasi a 0,25 L Flusso alveolare : è in aumento lento ma ha ancora il minimo valore possibile Pressione alveolare : è in diminuzione veloce con un valore di -0,6/0,7 mmHg 2. Nel mezzo dell’inspirazione la velocità di diminuzione della pressione pleurica uguaglia quella della semplice resistenza elastica del polmone, poiché la pressione negativa generata nell’alveolo, di 1 mmHg, è in grado di generare un flusso di aria in ingresso, per la resistenza Raw, tale da eguagliare la variazione di volume dell’alveolo indotta dai muscoli inspiratori; quindi, la pressione alveolare rimane stabile a -1mmHg, mentre, la pressione negativa imposta dall’elasticità del polmone fa diminuire linearmente la pressione pleurica. Pressione pleurica effettiva : la pressione pleurica effettiva nel momento di stabilizzazione della minima pressione alveolare, è sempre maggiore (in negatività) della pressione generata dal ritorno elastico del polmone; questo perché la pressione negativa dell’alveolo negativizza maggiormente la pressione della pleura. Volume polmonare : aumenta velocemente ad un valore di 0,35 L Flusso alveolare : aumenta lentamente ad il valore massimo

345

Pressione alveolare : viene stabilizzata al suo valore massimo di -1mmHg 3. Al finire dell’inspirazione la velocità di diminuzione della pressione pleurica diventa minore di quella della semplice resistenza elastica del polmone, poiché la l’espansione polmonare diminuisce la resistenza Raw delle vie aeree, consentendo u n flusso in ingresso a parità di pressione negativa molto maggiore dell’espansione volumetrica dell’alveolo (mentre prima la pareggiava solamente) consentendo un abbassamento della pressione alveolare sempre più veloce, per diminuzione della resistenza delle vie aeree, sino a raggiungere una pressione atmosferica ad espansione terminata, e cioè, lasciando a determinare la pressione negativa della pleura solamente il ritorno elastico del polmone. Volume polmonare : aumenta lentamente sino al valore funale di 0,5 L Flusso alveolare : diminuisce lentamente sino al suo valore 0 Pressione alveolare : diminuisce lentamente sino al suo valore 0 Imp : la pressione resistiva del polmone diminuisce durante l’innalzamento del volume polmonare poiché è la resistenza stessa che diminuisce durante l’espansione delle vie aeree, consentendo un flusso che supera l’espansione volumetrica al secondo dell’alveolo stesso Curva della pressione resistiva del polmone in espirazione : 1. Inizialmente la velocità di aumento della pressione pleurica diventa maggiore di quella data dalla semplice diminuzione del ritorno elastico del polmone contro la resistenza della tensione dei muscoli inspiratori, poiché, anche se la Raw è abbastanza ridotta (a polmoni espansi) deve essere vinta la pressione resistiva per consentire il flusso in uscita e l’inerzia locomotiva della colonna d’aria che riempiva le vie aeree, consentendo un flusso d’uscita dagli alveoli molto minore rispetto alla loro diminuzione pressoria, accumulando dentro gli alveoli una pressione positiva, di 0,6/0,7 mmHg, che si somma alla pressione negativa di resistenza (o frenaggio) elastica della tensione residua dei muscoli inspiratori, riducendo la negatività della pressione pleurica a -7 mmHg Volume polmonare : diminuisce lentamente sino al volume di 0,3 L Flusso alveolare : aumenta lentamente sino al valore massimo Pressione alveolare : aumenta velocemente sino al valore di 0,6-0,7 mmHg 2. Nel mezzo dell’espirazione la velocità di aumento della pressione pleurica uguaglia quella data dalla semplice diminuzione del ritorno elastico del polmone contro la resistenza della tensione dei muscoli inspiratori; poiché, l’inerzia del fluido è già stata vinta (è già in movimento), mentre l’aumento della Raw e consente un rallentamento del flusso in uscita dagli alveoli, consentendo un aumento della pressione alveolare sino a 1 mmHg, al quale il flusso di aria in uscita si stabilizza come uguale alla velocità di collasso volumetrico dell’alveolo, stabilizzando la pressione dell’alveolo a 1mmHg lasciando alla sola variazione della pressione resistiva elastica negativa dei muscoli inspiratori (che sta diminuendo) l’aumento della pressione pleurica a 6 mmHg Volume polmonare : diminuisce velocemente sino al volume di 0,1 L Flusso alveolare : rimane stazionario presso il suo massimo Pressione alveolare : rimane stazionare presso il suo massimo di 1 mmHg 3. Alla fine dell’espirazione la velocità aumento della pressione pleurica diminuisce rispetto a quella del semplice collasso del polmone contro al collasso non contenuto del torace; tuttavia, anche se per collasso del polmone va ad aumentare la Raw, la minore forza compressiva del torace causa una velocità di collasso dell’alveolo molto minore rispetto al flusso uscente da esso; si ha quindi una caduta pressoria alveolare a 0 mmHg, con lo svuotamento dello stesso, ed una pressione pleurica data solamente dal rapporto tra ritorno elastico del polmone (quasi costante) e quello esterno della cassa toracica – 5mmHg. Volume polmonare : diminuisce lentamente sino al volume 0,0 L Flusso alveolare : diminuisce lentamente sino al suo valore 0 Pressione alveolare : diminuisce velocemente sino al suo valore 0

346

Imp : durante tutto il periodo di collasso della cassa toracica, la negatività costante della pressione pleurica è data dalla costante e più veloce tendenza del polmone al collasso; mentre l’aumento della pressione pleurica sta nella lenta minore forza di collasso del polmone nei confronti di un’ancora più minore tendenza al collasso della cassa toracica; a sua volta frenata dalla tensione rsidua dei muscoli inspiratori. Pressione sostenuta dai muscoli respiratori : pressione che devono garantire i muscoli per attuare una respirazione, pari alla somma della pressione elastica del tessuto polmonare – pressione trasnpolmonare – e della pressione resistiva delle vie aeree che si oppongono alla prima – pressione resistiva; dipenderà direttamente dalla resistenza R, dal flusso F e dal volume V, mentre dipenderà inversamente dalla compliance del sistema respiratorio C.

Imp : per il calcolo della pressione resistiva abbiamo semplificato il diagramma flusso/pressione, ponendo la resistenza come dipendente dalla legge lineare di Poseuille, ma non da quella di Rohrer

-

Considerazioni sul grafico: -

Un soggetto con compliance ridotta (per es. fibrosi), avrà bisogno di una pressione elastica aumentata, a parità di volume introdotto.

-

Un soggetto con una resistenza delle vie aeree aumentata (per es. COPD o asma) avrà bisogno di una pressione resistiva più alta, a parità di flusso in ingresso.

-

Un soggetto con iperventilazione in condizioni fisiologiche ha compliance e resistenza normali, mentre aumentato il volume e i flussi. In tal modo aumentano sia la componente elastica che quella resistiva, che devono essere bilanciate dalla contrazione dei muscoli inspiratori.

Domanda: I flussi non diminuiscono sia in fibrosi che in COPD? Risposta: Sì, è corretto. Quello che dice lei fa riferimento a quello che si osserva nella curva di capacità vitale forzata. Lì si misura la massima capacità di flusso che si può produrre. L’elemento chiave qui è l’aumento della resistenza. Se la resistenza aumenta, i muscoli devono produrre più pressione per mantenere lo stesso flusso. Altrimenti in presenza di un aumento della resistenza si ha una riduzione del flusso, anche nel respiro a riposo.

347

VARIAZIONE DI PRESSIONE PLEURICA E LAVORO RESPIRATORIO : LAVORO MECCANICO DEI MUSCOLI RESPIRATORI : carico di lavoro sostenuto dai muscoli respiratori al fine di far variare ciclicamente il volume dei polmoni, con una curva di inspirazione ed una curva di espirazione, composto dal lavoro per superare la resistenza elastica, dal lavoro per superare la resistenza della compliance ed il lavoro per superare la resistenza dei tessuti; questo parametro è variato dalla compliance, dal volume, dal flusso e dalla resistenza dell’apparato respiratorio.

Utilità clinica del parametro del lavoro meccanico resporatorio : siccome mi descrive al meglio lo sforzo energetico che devono compiere i muscoli respiratori, è il parametro meccanico che meglio descrive il rischio di insufficienza dei muscoli stessi, in caso di carico troppo elevato rispetto alla forza imprimibile dai muscoli. NOTA MEDICA ! Insufficienza respiratoria scompensata Stato di aumentato carico respiratorio in confronto al massimo lavoro non faticoso eseguibile dai muscoli respiratori, che può far nascere un processo di condizionamento delle performance respiratorie dei muscoli stessi – fatica – portante alla lunga all’incapacità di raggiungere una ventilazione polmonare compatibile con la vita. LAVORO IN RELAZIONE ALLA PRESSIONE PLEURICA : siccome la pressione pleurica riassume in se stessa tutte le pressioni che si oppongono alla pressione dei muscoli respiratori – pressione resistiva, pressione elastica e pressione compliante – allora la variazione della pressione pleurica durante la variazione del volume mi da il lavoro del ciclo respiratorio. Grafico pressione pleurica/volume : questo grafico mi permette di visualizzarmi le varie rette di variazione volume/pressione secondo le varie resistenze che si oppongono al cambiamento di volume del polmone, sopra le quali è sotteso il lavoro necessario per compiere tale variazione. -

Lavoro della compliance (area nero scuro) : questo è il lavoro che compiono i muscoli respiratori (in questo caso inspiratori) per vincere la resistenza elastica del sistema; come per la legge dell’energia elastica essa è linearmente ma direttamente proporzionale al volume, formando la maggiore fetta di lavoro.

Aumenta all’aumentare della compliance Aumenta all’aumentare del volume -

Lavoro dell’elasticità dei tessuti (area bianca) : questo è il lavoro che compiono i muscoli respiratori (in questo caso inspiratori) per vincere la resistenza viscosa ed elastica dei tessuti attorno e dentro il sistema respiratorio e spostarli dalla loro posizione; la sua intensità segue un grafico lievemente esponenziale, ma tuttavia inversamente proporzionale al volume. ∫

-

Lavoro della resistenza delle vie aeree (area grigia) : questo p il lavoro che compiono i muscoli respiratori (in questo caso inspiratori) per garantire un flusso attraverso il canale respiratorio; la sua intensità segue un andamento esponenziale, ed diminuisce all’aumentare del volume polmonare.

348

Considerazioni sul grafico: I.

Un soggetto a compliance ridotta la retta pressione-volume sarà spostata verso il basso a destra poiché si avrà bisogno di abbassare ulteriormente la pressione, a parità di volume, e di conseguenza il lavoro elastico sarà aumentato.

II. Un soggetto che lavora ad elevato volume ( per esempio se fosse di un litro invece che di mezzo litro) dovrebbe sviluppare una maggiore energia per contrastare il ritorno pressorio del sistema respiratorio. III. Se invece dovessimo avere un aumento di resistenza o un aumento di flusso, come in iperventilazione, sarebbe la curva delimitata da frecce nere a spostarsi in basso a destra, e si avrebbe così un aumento del lavoro resistivo.

LAVORO RESPIRATORIO E FREQUENZA RESPIRATORIA : il lavoro respiratorio varia al variare della frequenza respiratorio dalla frequenza fisiologica di 12 respiri al minuto, sia per l’aumento dei volumi di lavoro, sia per l’aumento della velocità di rempimento e svuotamento dei polmoni. Frequenza respiratoria fisiologica : è la cadenza di respiri al minuto che consente di avere la massima ventilazione possibile, con la minima spesa energetica, e cioè : la minima espansione volumetrica con la minima velocità d’inspirazione ed espirazione -

Aumento della frequenza respiratoria : porta in genere ad un aumento del flusso attraverso le vie respiratorie, e quindi, ad un aumento della pressione necessaria a vincere la resistenza al flusso

-

Diminuzione della frequenza respiratoria : porta, in genere, ad un aumento del volume di espansione del polmone, e quindi ad un aumentata pressione di compliance.

Iperventilazione : comportando una maggiore differenza volumetrica ed una maggiore frequenza respiratoria, l’iperventilazione aumenta il lavoro compliante ed aumenta il lavoro resistivo aumentando di molto il lavoro totale. -

Attivazione dei muscoli espirativi nell’iperventilazione : quando espando maggiormente il polmone nell’iperventilazione, l’energia elastica di ritorno non mi è sufficiente ad espellere tutta l’aria dal sistema; la variazione pressione-volume, infatti cardà oltra la linea di equilibrio elastico del polmone, ossia deve essere propulsa dai muscoli espiratori.

Grafico Vt/Pendoesofagea del ciclo respiratorio nell’iperventilazione : ponendo il ciclo respiratorio di inspirazione ed espirazione in un diagramma che mi unisca la variazione del volume polmonare con la variazione della pressione pleurica, si può vedere come : -

Un aumento nel ΔV e nel ΔP : porta ad un allontanamento delle curve del grafico che andranno a comprendere una maggiore area (lavoro) al loro interno. Espirazione attiva : siccome le curve delle espirazione vanno a cadere oltre la linea di equilibrio elastico respiratorio, allora diviene necessario l’apporto dei muscoli espiratori

-

Mantenimento della ΔVt e della ΔP fisiologica : permette l’avvicinamento massimo delle due curve, con la minore area (lavoro) al loro interno. Espirazione passiva : siccome la curva di espirazione cade prima della linea di equilibrio elastico, allora l’energia elastica immagazzinata dall’inspirazione è sufficicnte ad espellermi tutta l’aria.

349

Analisi del grafico Vt/P endoesofagea (pleurica) : In questo diagramma è indicato in ascissa l’abbassamento della pressione esofagea, equivalente alla pressione pleurica, e in ordinata la variazione di volume dei polmoni; e le aree sottese dalle curve ABCD indicano l’estensione del lavoro meccanico quando il volume corrente aumenta e quando aumenta il flusso inspiratorio. Linea A : retta V/P della compliance dei polmoni Linee curve : lavoro fatto dalle resistenze dei tessuti e delle vie aeree -

L’area A-b1-B : corrisponde a quella del grafico precedente, con le due componenti di lavoro elastico e resistivo, rispettivamente a destra e a sinistra della curva di pressione-volume, in condizioni d’inspirazione ed espirazione tranquilla. Espirazione : è sufficiente a consentire l’espirazione. Con la dilatazione dell’apparato respiratorio ad opera dei muscoli inspiratori, infatti, si accumula sufficiente energia elastica da consentire l’espirazione per semplice ritorno elastico.

-

La curve A-C e A- D: rappresenta quello che succede in iperventilazione : Aumenta il volume corrente : che invece di fermarsi a poco più di mezzo litro (come in B) raggiunge più di un litro, e quindi aumenta il lavoro elastico fissando un nuovo punto sulla linea A. Aumenta il flusso respiratorio : aumenta anche il lavoro resistivo, cioè le aree sottese dalle curve, che a seconda della velocità del flusso fanno più o meno variare la pressione in base al volume. Questo accade ancora più marcatamente quando l’iperventilazione è maggiore, come nella curva A-D, con un volume corrente di 1,5 L. Espirazione : il lavoro dell’espirazione non può essere esaurito dall’energia accumulata durante l'inspirazione. Le curve in diminuzione del volume (cioè in espirazione, indicate dalle frecce con la punta verso il basso) di queste curve cadono infatti al sinistra della retta di equilibrio elastico nell’area che rappresenta l'energia aggiuntiva non fornita dall’energia elastica accumulata nell’inspirazione precedente e che deve essere fornita invece dalla contrazione dei muscoli espiratori.

FATTORI CHE MI MODIFICANO IL LAVORO RESPIRATORIO : COMPLIANCE DINAMICA : volume di aria entrata nei polmoni ad una determinata variazione unitaria di pressione pleurica, calcolando come non nulla la resistenza complessiva delle vie respiratorie, prima che il sistema respiratorio abbia il tempo necessario a stabilizzare la pressione in tutte le sue parti.

350

Diminuisce all’aumentare della frequenza respiratoria : l’induzione di tachipnea accorcia il periodo utile agli alveoli per riempirsi completamente e svuotarsi completamente, quindi, per la frazione di alveoli con resistenza aumentata il flusso dovrebbe aumentare come tutti gli altri alveoli; ma, essendo la pressione alveolare uguale per tutti gli alveoli, flusso in questi sarà minore del richiesto, con conseguente minore riempimento a parità di pressione di una frazione del polmone; quindi la compliance complessiva cala Cioè : iminuisce il riempimento di volume polmonare con la medesima ΔP se aumenta la frequanza respiratoria Compliance dinamica nella pratica linica : la diminuzione della compliance durante tachipnea è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di alveoli mal funzionanti o poco pervi rispettoad un polmone normale; quindi tale polmone è molto disomogeneo e poco sano. Aumenta all’aumentare del volume del polmone : quando si aumenta il volume polmonare, per via della dilatazione del sistema respiratorio, di ha una diminuzione della resistenza, che, quindi tampona la diminuzione della compliance statica per aumento della resistenza elastica del polmone. MISURAZIONE DELLA COMPLIANCE DINAMICA NEL DIAGRAMMA P/V : nel diagramma della variazione del volume corrente rispetto alla variazione della pressione endoesofagea, la compliance è la rapidità con la quale il volume varia alla variazione unitaria della pressione; ossia è l’inclinazione istantanea della curva del lavoro respiratorio – derivata della curva. Relazione Compliance/Lavoro (Diagramma P/V) : la compliance dinamica rappresenta la velocità variazione del volume rispetto alla variazione di pressione, quindi, minore è la compliance maggiore sarà la pressione che devo imprimere per ottenere il medesimo ΔV; una maggiore ΔP però, per il medesimo ΔV mi porta ad un aumento del lavoro del sistema. Analisi secondo la curva P/V : essendo la compliance dinamica pari al coefficiente angolare della linea nella curva di variazione ciclica P/V, allora una maggiore compliance mi restringerà l’area (lavoro) tra le due linee curve, spostandomi la linea in inspirazione in alto a sinistra, mentre una diminuzione della compliance mi aumenterà l’area (lavoro) tra le due linee curve, spostandomi in basso a destra la linea di inspirazione.

SPAZIO MORTO FISIOLOGICO : volume di aria inspirata del sistema respiratorio che non ottiene contatto con attua scambi gassosi con il sangue capillare alveolare; questo comprende sia lo spazio morto anatomico, sia lo spazio morto alveolare. Spazio morto anatomico : viene rappresentato dal volume d’aria contenuto in tutte le vie aeree; ossia in tutte quelle parti del sistema respiratorio non dotate di barriera per scambio gassoso capillare-gas inspiratorio, esso è normalmente il 30% del volume corrente, cioè 0,15L Spazio morto alveolare : è rappresentato dal volume di tutto il gas alveolare che non attua uno scambio gassoso con i capillari alveolari; esso è rappresentato da tutti gli alveoli dove la perfusione è minore della ventilazione – alveoli senza perfusione o alveoli iperventilati. -

-

Variazione nell’aria alveolare : sarà povera di anidride carbonica rispetto al sangue arterioso. In un polmone ideale il sangue arterioso è messo in equilibrio con i gas alveolari, ma negli alveoli sovraventilati rispetto alla perfusione, Variazione nel sangue arterioso : risulterà avere una pressione di CO2 più alta rispetto all’aria alveolare.

CALCOLO DELLO SPAZIO MORTO FISIOLOGICO :

351

Metodo di Bohr : metodo che permette di misurare lo spazio morto fisiologico, ovvero tutto lo spazio che non mi fa scambio gassoso con l’aria ambientale, come proporzionale alla frazione della pCO2 alveolare con la quale differisce la pCO2 alveolare dalla pCO2 dell’aria espirat, ossia pari al volume diluito per le volte con cui che la concentrazione è scesa.

Acquisizione spirometrica dei dati : Vs : volume espirato tranquillamente dal soggetto pCO2t : concentrazione finale del volume espirato del soggetto pCO2alv : concentrazione della CO2 nell’aria che esce per ultima dal polmone Dimostrazione : La quantità di anidride carbonica – VCO2 - all’interno del volume espirato corrente – Vt – sarà uguale alla sua concentrazione V/V – [CO2t] per il volume espirato corrente. [ -

]

per la legge di Henry : la frazione VV di un gas su di un altro gas è equivalente alla frazione della pressione parziale che quel gas da alla pressione totale della miscela. [

]

Supponendo Ptot = 1 atm [

]

Tuttavia il volume della CO2 del volume corrente sarà uguale anche al volume della CO2 immesso dall’aria alveolare + il volume di CO2 immesso dall’aria dello spazio morto -

Volume di CO2 dell’aria alveolare : L’aria alveolare partecipa con una certa frazione al volume complessivo, quindi la frazione del volume complessivo dato dall’aria alveolare è :

La frazione della concentrazione di CO2 con il quale il volume alveolare partecipa alla concentrazione di CO2 del volume espirato, sarà :

-

Volume della CO2 dell’aria dello spazio morto : L’aria dello spazio morto partecipa con una certa frazione al volume complessivo, quindi la frazione del volume complessivo dato dall’aria morto è :

La frazione della concentrazione di CO2 con il quale il volume morto partecipa alla concentrazione di CO2 del volume espirato, sarà :

352

Tuttavia : la pCO2 dello spazio morto è quella atmosferica che, visto il suo valore di 0,0003 mmHg, viene posta uguale a 0

Quindi :

Essendo :

Variazione del metodo di Bohr sulla pCO2 arterioso : essendo la pressione parziale della CO2 nell’aria alveolare complessiva come la pressione pCO2 arteriosa allora il volume di diluizione dello spazio morto è proporzionale alla frazione della pCO2 arteriosa con la quale diminuisce la pCO2 del volume corrente

Infatti : Nel polmone gli alveoli sono iperventilati o ipoventilati; tuttavia un alveolo iperventilato non può decarbossilare più del sangue che lo perfonde, ma solo una parte, instaurando un limite nell’ossigenazione; negli alveoli ipoventilati, tuttavia, decarbossilano parte del sangue di perfusione, mantenendo una quota di sangue ipercapnico. Quando il sangue, quindi, si mescola all’interno delle vene polmonari; l’ossigenazione del sangue giungente all’atrio sinistro non sarà mai uguale all’ossigenazione degli alveoli iperventilati o normoventilati, tuttavia tenderà in varie proporzioni (dipendenti dallo quantità di alveoli ipoventilati o spazio morto alveolare) ad uguagliare la pCO2 degli alveoli ipoventilati. Concludendo : siccome la Pco2 arteriosa è superiore alla Pco2 dell’aria espirata allora è presente una certa frazione di alveoli ipoventilati – spazio morto alveolare – che mi aumentano la venosità del sangue, ovvero che mi aumentano la Pco2 nel sangue dell’atrio destro; questo determina uno spazio morto fisiologico maggiore dello spazio morto polmonare della misura dello spazio morto alveolare. Importanza del metodo di Bohr nella salute polmonare : se non ci fosse spazio morto alveolare allora sia la pCO2 alveolare sarebbe uguale alla pCO2totale, sia la pCO2 arteriosa sarebbe uguale alla pCO2 totale.

353

CALCOLO DELLO SPAZIO MORTO ANATOMICO Metodo flower ad analisi del respiro singolo : il volume dello spazio morto anatomico viene misurato tramite il monitoraggio della lentezza dell’aumento fella frazione di azoto dell’aria espirata, subito prima di aver inspirato una soluzione al 100% di ossigeno. Curva del metodo flower : viene in ordinata valutata la concentrazione percentuale di azoto, mentre in ordinata il volume totale fuoriuscito dal polmone, si va quindi a valutare la variazione di concentrazione di azoto durante l’espulsione del volume polmonare di aria. 1. Per la prima parte del primo terzo dell’espirazione di verifica una stasi a 0 del livello di azoto nell’aria espirata poiché, tale livello corrisponde al primo spazio morto anatomico 2. Per la seconda parte del primo terzo si osserva un aumento progressivo della quantità di azoto per il progressivo miscelamento dell’aria delle vie aeree (con ossigeno) e dell’aria alveolare (contenente l’azoto sanguigno) 3. Per il secondo e terzo terzo, si ha un plateau del livello di azoto nell’espirato, per via del’espulsione dell’aria alveolare con massima concentrazione di azoto. Calcolo dello spazio morto anatomico : lo spazio morto anatomico sarà equivalente all’area sottesa dalla curva, dall’inizio dell’espirazione all’arrivo del plateau. ∫ Imp : questo metodo può essere utilizzato anche con un apparecchio più diffuso dell’analizzatore di azoto, ovvero il capnografo, che analizza la concentrazione di CO2. Il concetto come si può facilmente intuire è lo stesso, cambia il gas analizzato. VARIAZIONE DEI GAS ATMOSFERICI DURANTE LA RESPIRAZIONE :

354

DATI PRATICI DEI GAS RESPIRATORI Tabella Aria atmosferica Aria umidificata

Aria alveolare

N2

78,00%

78,00%

75,50%

O2

21,00%

21,00%

13,00%

CO2

0,04%

0,04%

5,3%

Aria espirata

H2O 0,50% 47 mmHg 6,2% (descrive la composizione di diversi tipi di aria implicati nella fisiologia degli scambi gassosi, i dati a sinistra sono pressioni parziali in mmHg calcolati con la legge di Dalton). Aria Atmosferica : L'O2 rappresenta quasi il 21%, la gran parte della composizione dell'aria inspirata è rappresentata dall'azoto (quasi l'80%). La CO2 è quasi trascurabile (0,04%). L'aria cambia proporzioni quando raggiunge gli alveoli, diventa aria umidificata. -

Aria atmosferica umidificata : aria che giunge agli alveoli dopoil processo di riscaldamento e umidificazione delle vie aeree superiori ed inferiori; essa possiede la medesima composizione dell’aria atmosferica, tuttavia una saturazione d’acqua a tensione di vapore 47mmHg.

Aria Alveolare: presenta all'incirca gli stessi valori di azoto (N), ma è soggetta ad un processo di scambio gassoso in grado di apportare significativi cambiamenti dell'ossigeno e della CO2. Variazione della composizione nello scambio gassoso :la composizione dell'aria alveolare dipende dal bilancio tra la ventilazione dell'aria fresca che raggiunge gli alveoli (tende a far aumentare l'ossigeno e a ridurre la CO2) e la perfusione sanguigna (sottrazione/riduzione dell'ossigeno da parte del flusso sanguigno polmonare e l'aggiunta/aumento di CO2 da parte dello stesso flusso). -

Uguaglianza pX sangue-aria alveolare : la pressione parziale dei gas respiratori nell'aria alveolare determina la pressione parziale degli stessi gas nel sangue che esce dagli alveoli cioè nel sangue arterializzat Sangue arterializzato che esce dai capillari polmonari : la PCO2 è intorno ai 40 mmHg e la PO2 intorno ai 100 mmHg PCO2 104mmHg (nel guyton), o 100mmHg (valore standard).

Aria Espirata: vi è presente sia aria alveolare che aria dello spazio morto (ricca di ossigeno e povera di CO2 perché non ha partecipato agli scambi gassosi) quindi avrà più ossigeno e meno CO2 rispetto all'aria alveolare. -

La differenza in composizione tra aria espirata e aria alveolare ha direttamente a che fare con l'estensione dello spazio morto.

VARIAZIONE DELLA pX DEI GAS DURANTE LA RESPIRAZIONE : VARIAZIONE DELLA pO2 NELL’ALVEOLO IN INSPIRAZIONE : sono delle oscillazioni di pochi mmHg nella pO2 alveolare, valutate secondo calcolo teorico, che comprendono un iniziale discesa della pO2 per ingresso dell’aria dello spazio morto, una successivo aumento per ingresso di aria fresca ed un successivo costante calo per assorbimento capillare dell’O2 VARIAZIONE DELLA pO2 NELL’ALVEOLO IN IPERVENTILAZIONE : quando un soggetto aumenta la ventilazione alveolare e aumenta l'ingresso di aria fresca; di conseguenza, se la velocità con cui il sangue toglie l'ossigeno rimane invariata c’è un aumento della pressione pO2 nell'aria alveolare e quindi un aumento nella pO2 nel sangue arterioso Sottrazione sanguigna dell’ossigeno < apporto ventilativo dell’ossigeno

355

-

Ad una ventilazione alveolare di 4,2 l/min : corrisponde una pO2 alveolare di circa 100mmHg (punto A della figura)

Limite dell’aumento di pO2 in seguito ad aumento ventilatorio : siccome a qualsiasi livello ventilativo permane un certo assorbimento alveolare di ossigeno allora (come per Ulisse e la tartaruga) la pO2 alveolare non potrà mai raggiungere la pO2 dell’aria fresca. VARIAZIONE DELLA pO2 NELL’ALVEOLO IN IPOVENTILAZIONE : quando un soggetto subisce una riduzione della propria ventilazione polmonare nei confronti della proprio assorbimento sanguigno di ossigeno (anche aumento dell’assorbimento di ossigeno alla medesima ventilazione) si ha un minore apporto apporto di ossigeno rispetto alla sottrazione polmonare, provocando una diminuzione della pO2 alveolare e quindi una diminuzione della pO2 arteriosa Sottrazione sanguigna dell’ossigeno > apporto ventilativo dell’ossigeno Ipossia : qualsiasi fenomeno che abbassa la ventilazione polmonare o che innalza l’assorbimento sanguigno di ossigeno senza alzare la ventilazione polmonare provocando l’abbassamento della pO2 alveolare e della pO2 arteriosa. -

Occlusione delle vie aeree mediante un oggetto esterno

-

Aumento dell’assorbimento di O2 con aumento dell’attività muscolare : può aumentare il consumo di ossigeno di 200 a 1000 volte il valore standard.

VARIAZIONE DELLA pO2 NELL’ALVEOLO IN INSPIRAZIONE : : sono delle oscillazioni di pochi mmHg nella pO2 alveolare, valutate secondo calcolo teorico, che comprendono un aumento iniziale in seguito all’ingresso dell’aria dello spazio morto, una diminuzione intermedia per l’ingresso dell’aria fresca ed un nuovo lento e costante aumento in seguito ad arricchimento di CO2 dal sangue.

VARIAZIONE DELLA pCO2 NELL’ALVEOLO IN IPERVENTILAZIONE : se un soggetto iperventila si ha un aumento della ventilazione alveolare con conseguente aumento dell’ingresso di aria fresca che, con la medesima cessione di CO2 da parte del sangue alveolare, provoca una diminuzione della pCO2 nell’alveolo, e quindi una diminuzione della pCO2 nel sangue arterioso. Immissione sanguigna dell’ossigeno < sequestro ventilativo dell’ossigeno -

Bilancio in situazione di riposo : condizione nella quale si ha un valore normale a riposo della produzione di CO2 di 200ml/min con una ventilazione di 4,2l/min ma ad una PCO2 alveolare di circa 40mmHg.

VARIAZIONE DELLA pCO2 NELL’ALVEOLO IN IPOVENTILAZIONE : quando un soggetto subisce una riduzione della propria ventilazione alveolare o un aumento della propria cessione sanguigna di CO2 senza un aumento della ventilazione alveolare, ho un aumento della pCO2 alveolare, e quindi, un aumento della pCO2 arteriosa.

356

Ipercapnia : aumento della pCO2 alveolare e quindi del sangue arterioso che determina acidosi respiratora con una parallela depressione del sistema nervoso respiratorio. VENTILAZIONE E PERFUSIONE NEI POLMONI : RAPPORTO VENTILAZIONE/PERFUSIONE : unico fattore di reale importanza nello studio degli scambi gassosi, poiché segnala il bilancio tra apporto e sequestro di gas respiratori ed immissione ed assorbimento degli stessi. Variazione del rapporto nel parenchima polmonare : la distribuzione della ventilazione e della perfusione nei polmoni (organo di circa una trentina di cm) non è omogenea, esistono parti meglio ventilate che perfuse (rapporto ventilazione/perfusione alto) e parti meglio perfuse che ventilate (rapporto ventilazione/perfusione basso). Questo stato di cose si osserva anche in condizioni fisiologiche ed ha importanti conseguenze sull'efficacia del polmone come scambiatore di gas. EFFETTO DELLA GRAVITA’ SULLA VENTILAZIONE : siccome gli alveoli tendono ad avere una pressione compressiva pleurica maggiore scendendo dall’alto verso il basso, indipendentemente dalla loro elasticità uguale per l'omogeneità elastica di tutto il polmone, le loro dimensioni caleranno scendendo lungo l’altezza del polmone, questo determina un minor volume di partenza inspiratoria e quindi un maggiore aumento frazionale di volume in caso d’inspirazione; si avrà quindi che gli alveoli basali possiederanno una ventilazione maggiore di quelli apicali. 

Comportamento semisolido/semifluido del polmone : I polmoni sono una via di mezzo tra una struttura liquida ed un a struttura solida perchè non possiedono una uguale pressione dappertutto ( se fossero completamente solidi, non si parlerebbe di pressione alla base né di pressione all'apice) e possiedono un lieve aumento pressorio idrostatico lungo la loro altezza (se i polmoni fossero completamente liquidi, avremo un aumento di 1cmH20 / 1cm di dislivello, circa 30cmH20 alla base)

Variazione della pressione pleurica lungo il polmone : la pressione pleurica aumenta dall'apice alla base di frazioni di cmHg/cm (lungo una linea teorica verticale) con una quantità intermedia1 tra ciò che si verificherebbe in un liquido e ciò che si verificherebbe in un solido, con un effetto comunque importante perché la maggiore positività della pressione pleurica alla base del polmone determinerà una minore la pressione distendente2 degli alveoli basali rispetto a quella degli alveoli apicali (durante l’inspirazione)  

Pressione pleurica apicale : ammonta a -2,5mmHg e la pressione distendente netta sarà di 2,5cmH20 alla base e di 10cmH20 all'apice. Pressione pleurica apicale : ammonta a 10cmH20 all'apice

VENTILAZIONE E POSIZIONE DEGLI ALVEOLI NEL POLMONE : EFFETTO DELLA GRAVITA’ SULLA PERFUSIONE SANGUIGNA (soggetto in piedi) : (come spiegato già precedentemente) la pressione idrostatica del sangue, che si comporta esattamente come un liquido, e cioè, aumenta di quasi 1cmH2O/cm di altezza permettendo la formazione di una pressione maggiore nei capillari basali di 30 mmHg a quella del cuore ed una pressione negli alveoli apicali minori di 10mmHg rispetto al cuore; questo, a parità di resistenza capillare , permette una per fusione sanguigna alveolare aumentante allo scendere in altezza nel polmone. 

soggetto disteso : presenta una per fusione sanguigna estremamente disomogenea, variante quasi esclusivamente per i singoli effetti elastico-tonici di costrizione vasale locale.

VARIAZIONE DEL RAPPORTO VENTILAZIONE/PERFUSIONE Ve/Q : siccome, la ventilazione e la perfusione polmonare aumentano scendendo nel polmone, ma, rispetto alla medesima variazione di altezza nel polmone, la ventilazione 1

I polmoni sono una via di mezzo tra una struttura liquida ed un a struttura solida perche, se fossero completamente solidi, non si parlerebbe di pressione alla base ne di pressione all'apice, ci sarebbe un'uguale pressione dappertutto e, se i polmoni fossero completamente liquidi, avremo un aumento di 1cmH20 / 1cm di dislivello, circa 30cmH20. 2 La pressione distendente è la differenza tra la pressione alveolare e la pressione pleurica

357

polmonare varierà meno velocemente e intensamente della perfusione polmonare, allora, il rapporto medio ventilazione/perfusione alveolare tenderà a diminuire da un valore maggiore di 1 all’apice polmonare ad un valore minore di 1 alla base dei polmoni con un grafico di tipo esponenziale. •

Rapporto ventilazione perfusione medio del polmone : 4,2/5 = 0,82

Aumento del rapporto ventilazione/perfusione : si ha con l'aumentare dell'altezza nel polmone poiché si ha una diminuzione della perfusione molto maggiore della diminuzione della ventilazione, questo porta ad un eccesso di ventilazione sulla perfusione, questo porta ad un gas alveolare più simile a quello dell'aria fresca, con una pO2 maggiore, ed una pCO2 alveolare, e quindi ad una maggiore arterializzazione del sangue. • •

Alveoli apicali : sono quelli che producono sangue alla più elevata arterializzazione, tuttavia, sono quelli che possiedono un minore flusso in uscita, e quindi, un minore effetto sulla composizione finale dell'emogas Alveoli basali : sono quelli che producono sangue alla minore arterializzazione, tuttavia, sono quelli che possiedono un maggiore flusso in uscite e quindi un maggiore impatto sull'emogas finale.

Stuazioni limite : •



Embolia alveolare : questo fenomeno patologico esclude totalmente la prefusione sanguigna di un alveolo, causando un aumento del rapporto ventilazione/perfusione sino all'infinito; in questo caso la composizione dei gas alveolari sarà identica a quella dei gas atmosferici. Anossia alveolare : in questo fenomeno una ridotta ventilazione dell'alveolo provoca una diminuzione a 0 del rapporto ventilazione/perfusione, causando una composizione dei gas alveolari identica a quella del gas venoso

DIFFERENZA ALVEOLO/ARTERIOSA : considerando che la ventilazione varia secondo una forbice meno ampia rispetto alla perfusione polmonare, e che diparte a valori più alti della variazione della perfusione; allora, la composizione dei gas alveolari è più simile a quella dell'aria fresca, mentre la pressione degli emogas è più simile a quella dei gas venosi; c'è quindi una differenza alveolo arteriosa tra gas aveolari e gas del sangue.

-

PO2 arteriosa minore della pO2 alveolare pCO2 arteriosa maggiore della pCO2 alveolare

Fattori che variano la differenza alveolo-arteriosa : • •

posizione eretta : va ad aumentare il gradiente pressorio e quindi ad aumentare la differenza. posizione distesa : va a diminuire il gradiente idrostatico e quindi ad aumentare la differenza.

IPOSSIA ARTERIOSA: L'IPOSSIA : carenza di ossigeno nel sangue arterioso causata dall'aumento per diminuito flusso ematico o dalla diminuzione per diminuita ventilazione del bilancio ventilazione/perfusione totale medio del polmone. • • •

Grave diminuzione dell'irrorazione sanguigna Grave diminuzione della ventilazione polmonare Discrepanza tra distribuzione dell'areazione e distribuzione dell'irrorazione

broncopolmonite : distribuzione di aree perfuse ma non ventilate COPD : distribuzione di aree ventilate ma non perfuse •

Fenomeni di shunt artero-venoso

Shunt fisiologico : percentuale del sangue giungente al polmone (di tipo venoso) che non viene ossigenata efficientemente dal polmone, facendo diminuire di qualche mmHq la pO2 ed aumentare di qualche mmHg la pCO2;

358

questa quantità comprende lo shunt alveolare e lo shunt anatomico bronchiale. •

Shunt alveolare : quando vi è una discreta quantità di alveoli con rapporto ventilazione basso ed ipossemico, si sviluppa un frazione maggiore di sangue venoso dalle arterie alle vene polmonari, provocando una marcata deossigenazione del sangue uscente dal polmone.



Shunt anatomico : piccolo passaggio della gittata cardiaca dalle arterie bronchiali alle vene polmonari, con un aumento della pressione nelle stesse di 3-4 mmHg, equivalente a circa il 2-3%sufficiente però ad abbassare di qualche mmHg la PO2 nel sangue arterioso rispetto a quella dell'aria alveolare

Percentuale di sangue oggetto di shunt fisiologico : rappresenta la frazione di sangue giungente al polmone che viene deviata attraverso lo shunt, e viene calcolata come la frazione dell'innalzamento della pO2 nel sangue capillare persa nel sangue delle vene polmonari; poiché, per la legge della conservazione di massa, se la concentrazione diminuisce vuol dire che il volume aumenta.. (Qs/Qt) = (Cc'O2 – CaO2)/(Cc'O2 – CvO2) • • • • •

Qs : quantità di sangue che viene deviato nella shunt Qt : quantità di sangue che perfonde gli alveoli Cc'O2 : pO2 dei capillari alveolari CaO2 : pO2 delle arterie sistemiche CvO2 : pO2 delle vene sistemiche

Lo schema mostra in basso a sinistra l’arteria

Tutte le variabili dell'equazione sono misurabili: • CaO2 può essere misurato da un campione di sangue prelevato da un arteria qualsiasi, in genere l’arteria radiale. • CvO2 può essere misurata su un campione di sangue venoso misto prelevato introducendo un catetere da una vena periferica facendolo avanzare fino al cuore destro e poi nell'arteria polmonare. •

CcˈO2 viene derivata misurando la PO2 (pressione parziale) nell'aria alveolare, che si è equilibrata con la PO2 del sangue capillare, tramite un prelievo di aria alveolare alla fine della espirazione.

Tecnica all'ossigeno puro per misurare lo shunt anatomico e alveolare : facendo respirare ad un soggetto ossigeno puro iperbarico, si ha che, vista l'elevatissima PO2 raggiunta in tutti gli alveoli viene consentita la saturazione totale dell'emoglobina che passa anche per gli alveoli iperperfusi, in questo modo viene annullato lo shunt alveolare dallo shunt fisiologico che, quindi, viene determinato solamente dallo shunt anatomico. Schema rappresenta l’andamento della diffusione dell’O2 nel tempo lungo il capillare polmonare : •

Normalmente : il sangue entra nei capillari polmonari con una PO2 di circa 40 mmHg e nel soggetto normale già in 0,25 secondi la PO2 raggiunge l’equilibrio con la PO2 alveolare.



Scambio gassoso alterato : a causa di un inspessimento delle pareti alveolari in un soggetto con fibrosi polmonare, il raggiungimento dell’equilibrio completo tra alveolo e sangue necessiterà di un tempo maggiore.

Fattore di sicurezza all'ipossia da ostacolo alla diffusione alveolare : siccome la diffusione può contare su una riserva funzionale di circa 2/3 di lunghezza alveolare è comunque difficile che la malattia rappresenti un ostacolo effettivo

359

alla diffusione.

FLUSSO DI GAS TRAMITE MEMBRANA ALVEOLO-CAPILLARE : il flusso dei gas attraverso la membrana alveolo-capillare è governata dalla Legge di Fick, quindi dipende direttamente dalla superficie di passaggio – S, dal coefficiente di diffusibilità – D e dal gradiente pressorio a cavallo della membrana, mentre è inversamente proporzionale allo spessore della membrana capillare. VX = ∆(PA – PC)x · · D Fattori che variano la diffusione : • Aumento dello spessore della membrana alveolo-capillare ES : fibrosi polmonare • Riduzione della superficie di scambio ES : invasione massiva del lume alveolare da parte di liquido essudatizio o trasudatizio (rispettivamente eventi infiammatori o edematosi) Coefficiente di diffusione DL: misura l'efficienza della membrana traspirante e sarà uguale al rapporto tra volume del gas che passa e la differenza di pressione parziale (concentrazione) che lo fa passare, comprende sia i fattori chimico-fisici del gas in oggetto sia quelli strutturali relativi i polmoni.

PA o pX nel gas alveolare : per misurarlo basta misurare un campione di aria alveolare alla fine dell’espirazione Problema PC o pX nel sangue capillare : misurarla non è affatto agevole poiché non è possibile prelevare del sangue capillare e, qualora fosse anche possibile, tale pressione cambiando nel tempo durante il periodo di equilibrio, rende impossibile la sua rilevazione. Ignoriamo la pX con la tecnica del CO : facciamo respirare al soggetto piccole quantità di CO (che è tossico ma sopportabile in piccole quantità) che passa attraverso la membrana alveolo-capillare come l'ossigeno ma si scioglie nel sangue con estrema facilità; tanto da dare incrementi della pressione parziale di CO nel sangue capillare (PcCO) di frazioni di mmHg, quindi praticamente trascurabili. •

Coefficiente di diffusione del CO alveolo-capillare : capacità di sostenere la diffusione del gas nei polmoni di un dato soggetto, sfruttando la diffusione di un gas modello – CO – che mi semplifica l'equazione annullandomi i dati non misurabili. DLCO = VCO / PACO VCO è invece il risultato della sottrazione tra il CO che entra ed esce durante un ciclo respiratorio ed è

360

espresso come ·



·

VI · FICO : volume di aria che entra per la concentrazione di CO in ingresso (tenuta sempre bassa a causa della sua tossicità) VE · FECO : il volume di aria che esce per la concentrazione di CO nell’aria espirata. Trovare DLo2 da Dlco : siccome la diffusibilità dell'ossigeno è 1,23 di quella del monossido di carbonio allora :

DLCO più bassi della norma :indica la presenza di un ostacolo alla diffusione generale dei gas attraverso la barriera alveolare DLCO normale o superiore alla norma : indica che la capacità diffusoria dei polmoni è mantenuta o persino più alta della media. CALCOLO DELL'ASSORBIMENTO DI O2 e CO2 : il consumo di ossigeno e la produzione di CO2 dell'organismo ad ogni respiro è pari al volume di ossigeno che il polmone trattiene, ed il volume di CO2 che il polmone espelle, tra inspirazione ed espirazione, calcolato come volume di ossigeno (o CO2) inspirato meno il volume di ossigeno (o CO2) espirato, che in media ammonta in condizioni basali a 250 ml per l'O2 consumato e 200 ml per la CO2 prodotta. – Imp :questo calcolo viene eseguito supponendo le riserve corporee di ossigeno come stabili e non soggette a diminuzione od aumento.

361

SUDDIVISIONE DELLA PERFUSIONE CAPILLARE SANGUIGNA SECONDO WEST : siccome l’arteria polmonare e la vena polmonare si allacciano al polmone circa a metà della sua altezza, ovvero a 10 cm di profondità dall’apice ed a 20 cm di altezza dalla base, la differenza d’altezza dei queste due zone dall’ilo del polmone determina una differenza nella pressione idrostatica arteriosa, venosa, e quindi capillare degli alveoli di queste due zone. 

Salendo dall’ilo : si ha una diminuzione della pressione arteriosa, della pressione venosa e quindi una diminuzione della pressione capillare.



Presso l’ilo del polmone : si ha la pressione arteriosa ventricolare – 15-25 mmHg – e la pressione venosa polmonare – 0 mmHg – quindi una pressione capillare funzionale di 17 mmHg.



Scendendo dall’ilo : si ha un aumento della pressione arteriosa, della pressione venosa e quindi un aumento della pressione capillare.

Zona 1 di west : zona caratterizzata da una pressione capillare minore di quella alveolare, per l’effetto di una pressione arteriosa sistolica ed una pressione venosa minori quella atmosferica, indebolite dalla pressione idrostatica negativa della colonna sanguigna sottostante; tale zona presenta un rapporto ventilazione perfusione tendente all’infinito ed una composizione di gas alveolari uguale a quella atmosferica. 

Posizione nel polmone : la zona 1 non si trova quasi mai nel polmone sano, ma si può verificare in caso di aumentata resistenza vascolare o in caso di diminuita gittata sistolica.



Stato circolatorio : Patm > Pi sistolica > Pi venosa



Zona 1 di west = spazio morto alveolare = Rapporto V/P → ∞

NOTA MEDICA ! aumento della zona 1 in seguito a ventilazione artificiale La ventilazione artificiale prevede l’immissione all’interno dei polmoni di una pressione attiva in grado ddi far espandere dall’interno gli alveoli; questa metodica, però, aumenta sia la pressione alveolare, sia quella pleurica (per resistenza elastiche delle strutture) generando una compressione a sandwitch della membrana alveolare, responsabile della comparsa e dell’espansione della zona 1 di west a buone porzioni del polmone. Zona 2 di west : zona caratterizzata da una pressione capillare alternativamente maggiore o minore alla pressione atmosferica, per via di una variazione sisto-diastolica della pressione arteriosa, indebolita dalla colonna sanguigna sottostante, e di una pressione venosa sempre minore di quella alveolare; tale zona presenta un rapporto ventilazione perfusione molto simile ad 1, ed una composizione di gas alveolari intermedia tra quella dell’aria e quella delle arterie. 

Posizione nel polmone : varia in base alla posizione del polmone, tuttavia rappresenta la minoranza del parenchima nel polmone sano.

Polmone verticale : corrisponde ad una zona dall’apice del polmone a 10 cm sopra il suo ilo. Polmone orizzontale : non viene riscontrata poiché è tutta zona 3 

Stato circolatorio : Sistolico : Psistolica > Patm > P venosa Diastolico : Patm > Pdiastolica > P venosa



Zona 2 di west = Rapporto V/P ≈ 1

Fenomeno di vascular waterfall : in realtà nella zona 2 di West l’abbassamento saltatorio di pressione capillare non è dato solamente dall’abbassamento idrostatico della pressione del sangue arterioso, ma dalla pressione negativa che lo svuotamento venoso impone allo stesso capillare : essendo tale svuotamento molto veloce, dopo un riempimento

362

siststolico, al quale il flusso arterioso supera quello venoso, si determina presto una nuova pressione negativa (con collasso) in condizioni diastoliche, con flusso venoso superiore a quella arterioso. Zona 3 di West : zona caratterizzata da una pressione capillare sempre maggiore di quella atmosferica, per via di una pressione arteriosa in diastole ed una pressione venosa maggiori di quella alveolare; tale zona presenta un rapporto ventilazione/perfusione tendente allo 0, ed una composizione dei gas alveolari simile a quella arteriosa polmonare. 

Posizione nel polmone : è la condizione più comune in condizioni di salute e corrisponde maggioranza del parenchima polmonare. Polmone verticale : una zona da 10 cm sopra all’ilo del polmone ala base del polmone Polmone orizzontale : comprende tutto il parenchima del polmone (salvo patologie)



Stato circolatorio : P diatolica > P venosa > P atm



Zona 3 di west = Rapporto V/P → 0

RESISTENZA E MODIFICA DEL FLUSSO POLMONARE : RESISTENZA DEL CIRCOLO POLMONARE : il circolo polmonare è un circolo a bassa resistenza, ovvero la distensibilità dei vasi polmonari, data dalla loro sottile tonaca fibrosa e muscolare, e la loro estrema brevità, permettono di ridurre la resistenza a 1/6 – 1/8 della resistenza del circolo sistemico – 3mmHg/L/min; questo permette al cuore di spingere una gittata di 4L/min con un ∆P di solo 12mmHg. Calcolo della resistenza dei capillare polmonare : essendo il flusso di angue per il polmone inversamente proprorizonale alla resistenza e direttamente proporzionale al gradiente pressorio si può calcolarla resistenza tramite legge di Poseuille avendo la misurazione della gittata cardiaca, e della differenza pressoria arteria polmonare destraatrio sinistro.

Misurazione della pressione dell’arteria polmonare : la pressione in arteria polmonare si può misurare introducendo un catetere da una vena periferica e facendolo avanzare fino alla radice dell’arteria polmonare. 

Pressione dell’arteria polmonare : è una pressione pulsatile in dipendenza della contrazione ritmica del ventricolo dx ed oscilla tra 20 mm Hg (massima o sistolica) e 15 mm Hg (minima o diastolica) con una media di 17 mm Hg. Precisazione: la pressione media è più vicina alla diastolica che alla sistolica, perché la diastole dura più a lungo della sistole.

Misurazione della pressione nell’atrio sinistro (tecnica dell’incuneamento) : introdotto il catetere nell’arteria polmonare, è possibile farlo avanzare di qualche decina di centimetri introducendolo in un piccolo ramo dell’arteria polmonare e, sfruttando il lume del catetere, si può gonfiare un palloncino vicino alla punta che aderisce alla parete endoteliale del ramo dell’arteria polmonare occludendone il flusso, e creando una situazione in cui a valle del palloncino il flusso è fermo fino all’atrio sx e la pressione che si misura è uguale alla pressione dell’atrio sx. 

Pressione media nell’atrio sinistro : varia a seconda dell’attività contrattile dell’atrio e di aspirazione del ventricolo, e misura in media 2 mmHg. Precisazione : la pressione media di incuneamento è una sovrastima della pressione appartenente all’atrio destro, poiché, ad essa, partecipa anche la compliance vasale ed un eventuale pressione idrostatica maggiore del polmone.

363

Calcolo della resistenza polmonare : In generale sostituendo l’equazione precedente con dati indicativi normali (ΔP =15 mmHg; Q=5 Lt/min) possiamo trovare la resistenza:

FATTORI MECCANICI CHE INFLUENZANO LA RCP (resistenza del circolo polmonare) GITTATA CARDIACA (o pressione intravascolare) : resistenza vascolare del circolo polmonare si riduce (cm H2O/l/min) quando aumenta la gittata cardiaca, poichè l’aumento della pressione intravascolare determina distensione di vasi precedentemente pervi ed il reclutamento di vasi precedentemente occlusi, andando ad aumentare la sezione totale trasversale dei vasi polmonari e quindi a ridurre la resistenza vasale al medesimo flusso; I vasi polmonari, infatti, sono particolarmente distendibili, e quindi sensibili all’aumento della pressione intravascolare. Vantaggio cardiaco della distensione da aumento di gittata : grazie alla distensibilità vascolare, il gradiente pressorio necessario a spingere il flusso sanguigno attraverso il polmone cambia di poco nonostante l’aumento della gittata cardiaca; questo consente al ventricolo dx di generare una resistenza più bassa rispetto a quanto si verificherebbe se la pressione cambia di poco nonostante l’aumento della gittata cardiaca e questo consente al ventricolo dx di lavorare di generare una pressione più bassa rispetto a quanto si verificherebbe se la resistenza non si riducesse.

Analisi della curva pressione intravasale e resistenza vascolare : La RCP in paragone a RCS (circolo sistemico) è particolarmente bassa e suscettibile ad ulteriore diminuzione quando aumenta la gittata cardiaca. VOLUME POLMONARE : nei mammiferi la RCP aumenta sia quando il volume polmonare si riduce(a sinistra) sia quando aumenta (nella slide a destra) oltre ad un certo volume limite di minima resistenza. Volume di minima resistenza : la RCP minima si ha a volumi polmonari intermedi ai quali si ha la minore resistenza totale tra capillari alveolari ed extraalveolari; questi corrispondono ai valori intorno a cui si respira normalmente, cioè al volume corrente (FCR) -

-

Aumento del volume oltre al CFR : si sviluppa una trazione dei capillari alveolari ed extra-alveolar determina sia una diminuzione della sezione capillare, sia un aumento della lunghezza capillare; questo determina un aumento della resistenza per legge di Poseuille.

che

Diminuzione del volume sotto al CGF : si sviluppa un accorciamento dei capillari alveolari ed extra alveolari, tuttavia solo i vasi alveolari aumentano il proprio diametro, mentre i vasi extraalveolare riducono il loro diametro maggiormente; siccome la riduzione della sezione degli extra-alveolari è maggiore del loro accorciamente, e siccome i vasi extraalveolari sviluppano più resistenza di quelli alveolari, allora la resistenza complessiva vascolare del polmone aumenta

Interpretazione dei resistenza polmonare/volume : quando VP aumenta, si hanno effetti di trazione sui vasi extra alveolari (quelli rappresentati con un profilo rotondo) che decorrono nei grossi setti connettivali all’interno del parenchima polmonare: questi aumentano il loro diametro in modo analogo a quanto si verifica per il diametro dei bronchi. (Si possono immaginare delle molle elastiche che trazionano le pareti dei vasi con l’aumento del VP);

364

contemporaneamente vengono compressi i vasi che decorrono nei setti alveolari e giustificano l’aumento di R; quando il volume polmonare si riduce, i vasi extra alveolari riducono il loro diametro mentre i vasi alveolari hanno un lume più ampio, riducendo la R dei vasi extra alveolari ed aumentando quella dei vasi alveolari; la somma delle due variazioni di resistenza assume un aspetto ad “U”.

PRESSIONE PARZIALE DEI GAS RESPIRATORI : i vasi del circolo polmonare, a differenza di quelli del circolo sistemico, sono altamente sensibili alla mancanza di ossigeno, che aumenta di molto la Rc - vasocostrizione ipossica - al fine di limitare i circolo sanguigno agli alveoli poco ossigenati e di potenziare il fluso sanguigno agli alveoli più ossigenati; in questo modo viene modulato il rapporto Vent/Perfusione per ottimizzare l’ossigenazione del sangue, andando a ridurre al minimo gli effetti dello spazio morto sull’arterializzazione del sangue. Vasocostrizione ipossica dei vasi polmonari : fenomeno vascolomotore che coinvolge solamente il lato arterioso della vascolarizzazione capillare polmonare – arterie, arteriole e sfinteri precapillari – attivato dalla presenza di appositi recettori sulla parete vasale in grado di reagire a segnalatori dell’ipossia. NOTA MEDICA ! Inibitori della vasocostrizione e peggioramento della differenza artero-venosa. Anche nel polmone sano l’inibizione della vasocostrizione ipossica con i calcio-antagonisti (Verapamile), peggiora l’efficacia dei polmoni come scambiatori di gas. TRASPORTO DEI GAS RESPIRATORI : TRASPORTO DELL’OSSIGENO ALL’INTERNO DEL SANGUE : nel sangue viaggiano 20 ml di O2 a 100mmHg di pO2 attraverso un trasporto a saturazione lineare e a basso carico – ossigeno disciolto nel plasma – e tramite un trasporto a d alto carico ed a saturazione variabile – ossiemoglobina – entrambi influenzati dalla pressione parziale di ossigeno alveolare e quindi arteriosa. TRASPORTO PLASMATICO DELL’OSSIGENO : tutto il plasma del corpo può disciogliere linearmente una quantità massima di 0,3 ml O2 a 100 mmHg di pO2 sui 20 ml trasportati globalmente dal sangue. Curva di saturazione plasmatica : il plasma possiede un livello di saturazione variabile linearmente con la variazione di pO2 sanguigno tramite una coefficiente di dissoluzione D pari a 0,3ml/100ml/100mmHg. TRASPORTO EMOGLOBINICO DELL’OSSIGENO : tutto l’emoglobina del corpo può disciogliere inmodo non lineare 19,7 ml di O2, quindi quasi la totalità dell’ossigeno sanguigno. -

Volume di ossigeno per grammi di Hb satura : ogni grammo saturo di emoglobina può trasportare 1,36 ml di O2 puro

Curva di saturazione emoglobinica : la concentrazione di O2 presente nell’emoglobina degli eritrociti – saturazione emoglobinica - aumenta con l’aumento della pO2 del plasma sanguigno, tramite una curva sigmoide *Ossiemoglobina+/pO2 (curva ad “S” italica) che consente il rilascio di 5mml di O2 ogni 100 ml di sangue nei distretti ipossici e l’assorbimento di 5mm di O2 ogni 100 ml di sangue negli alveoli.

365

-

Basse pO2 : si ha un abbassamento della saturazione dell’emoglobina in modo da stimolare il rilascio di O2 ed inibire il reuptake di O2 nei tessuti ipossici. Sangue venoso misto (pO2 = 40 mmHg) : presenta una concentrazione di ossigeno di 15ml/100ml di sangue ed una saturazione emoglobinica del 75% con una quantità di Hg desaturata di 3,75 g Cianosi : colorito della pelle bluastro dato dall’elevata quantità di emoglobina desaturata, maggiori o uguali a 5mg.

-

Alte pO2 : si ha un aumento della satirazione dell’emoglobina in modo da stimolare il reuptake di O2 ed inibire il rilascio di O2 nei capillari alveolari ventilati. Sangue arterioso sistemico (pO2 = 100 mmHg) : presenta una concentrazione di O2 di 20ml/100ml di sangue.

Cooperazione positiva delle subunità globiniche e grafico sigmoide : l’emoglobina è una proteina tetramerica nella quale, ogni monomero saturato dall’ossigeno aumenta l’affinità per l’ossigeno degli altri monomeri; si ha quindi una coomperazione positiva allosterica, attraverso la quale l’affinità per l’ssigeno dell’emoglobina aumenta all’aumentare della sua saturazione. -

pO2 0-20 mmHg : le prime molecole di ossigeno legano con bassa affinità poche subunità dei tetrameri dell’emoglobina poiché sono prima completamente desaturati. Aspetto della vurva : la curva partendo da valore di pO2 0 a quello di 20 mmHg dimostra un lento aumento della velocità di saturazione.

-

pO2 20-50 mmHg : le ulteriori molecole di ossigeno legano le altre subunita dei tetrameri di emoglobina parzialmente saturata con un’affinità sempre più elevata, andando ad aumentare a propria volta l’affinità dell’emoglobina. Aspetto della curva : la curva subisce un a sempre maggiore impennata con un sempre più veloce aumento della velocità (accelerazione dell’accelerazione)

-

pO2 50-100 mmHg : per via dell’aumento della concentrazione di emoglobina completamente saturata e della diminuzione della concentrazione di emoglobina parzialmente desaturata si ha una diminuzione della velocità di aumento della saturazione dell’emoglobina. Aspetto della curva : la curva subisce una diminuzione della propria impennata andando a tendere verso un valore di plateau presso i 100mmHg di pO2

NOTA MEDICA ! gravità della variazione dell’ipossia Una lieve ipossia, che mi riduca la pO2 dal valore di 90, al valore di 80, non mi crea particolari disordini poiché più dell’80% dellemoglobina contiene ancora ossigeno; tuttavia una diminuzione della pO2 da 60 a 50 mmHg può procurarmi un danno molto grave, poiché l’emoglobina, in quel territorio di variazione della pO2, comincia a desaturarsi in modo molto veloce. CALCOLO DEL VOLUME DI O2 IN UN DETERMINATO VOLUME DI SANGUE : la quantità di ossigeno in un determinato volume di sangue, dipende direttamente dalla concentrazione di emoglobina saturata, dalla concentrazione di emoglobina nel sangue, dal volume del sangue, tutto sommando la concentrazione dell’ossigeno nel plasma direttamente proporzionale al coefficiente di solubilità ed alla pressione parziale dell’ossigeno.

366

[

]

FATTORI CHE INFLUENZANO LA CURVA DI DISSOCIAZIONE DELL’Hb :Esistono alcuni fattori in grado di modificare la posizione della curva di dissociazione emoglobinica, spostandola a destra o a sinistra; cioè rendendola più o meno saturata a parità di pO2 locale Si considera l’effetto dell’aumento della temperatura, che sposta la curva a destra, dell’aumento della PCO₂, che sposta la curva a destra e in basso, e della riduzione del pH, che sposta la curva a destra e in basso. Queste variazioni sono importanti. Spostamento a destra della curva : significa che con la stessa PO₂ è presente nel sangue una quantità di O₂ più bassa e si avrà una saturazione dell’Hb minore; ovvero il sangue rilascia O2 nei tessuti. -

Aumento della temperatura : spostamento della curva a destra. Aumento della pCO2 (effetto Margaria-Green): spostamento della curva a destra ed in basso che permette una cessione del 25% della saturazione di ossigeno dell’emoglobina ai tessuti ipossici. Diminuzione del pH (effetto Bohr): spostamento della curva a destra ed in basso 2,3 Difosfoglicerato (2,3DPG) : metabolita del metabolismo dei globuli rossi, la cui quantità negli stessi globuli rossi aumenta nell’arco di qualche ora di ipossia, determinante uno spostamento a destra della curva di dissociazione NOTA MEDICA ! conservazione del sangue ed efficacia nell’ossigenazione dei tessuti E’ stato notato che nel sangue conservato, a differenza di quello intero, diminuisce la capacità dei globuli rossi di sintetizzare 2,3DPG; questa diminuzione causa uno spostamento a sinistra fisso, di qualche unità, della curva di dissociazione dell’Hb, provocando un minore rilascio di O2 nei tessuti ipossici.

Utilità dello spostamento a destra e in basso nell’economia metabolica : nei tessuti che ricevono più flusso sanguigno arterioso proporzionalmente alla loro attività metabolica, si avrà non solo l’abbassamento della PO₂, ma anche un aumento della PCO₂, della di temperatura, ed una tendenza alla riduzione del pH, favorendo la cessione di O₂ da parte dell’Hb. ES : Se contemporaneamente all’abbassamento della PO₂ a 40 mmHg, come nel sangue venoso misto si verifica anche uno spostamento a destra della curva, vuol dire che l’Hb ha ceduto ai tessuti più O₂, e si è desaturata maggiormente.

367

Definizione della P50 : pressione parziale dell’O₂ che comporta il 50% di saturazione dell’emoglobina circolante ed aumenta con lo spostamento a destra ed in basso della curva; la saturazione dell’emoglobina è pari a 1/P50. -

Più alta è la P₅₀ più alta è la pressione parziale che determina il 50% di saturazione, minore è l’affinità dell’Hb per l’O₂: se ci vuole più pressione parziale di O₂ per avere la saturazione del 50%, vuol dire che l’Hb lega l’O₂

Nel sangue normale : la P50 è di circa 23-26 mmHg con un 50% di saturazione intorno ai 26 mmHg di PO₂. CARATTERISTICHE DI ALTRI TIPI DI EMOGLOBINE : Hb Fetale : ha caratteristiche chimiche diverse dall’Hb adulta poiché contiene tetrameri diversi dalle subunità α e β dell’Hb adulta. Una P₅₀ più bassa dell’Hb adulta : quindi ha una maggiore affinità per l’O₂ che comporta una saturazione a 50% ad una pO2 minore di quella adulta (q uando l’Hb adulta è satura del 50% l’Hb fetale è infatti satura più del 50%) favorendo la cessione di O₂ dall’Hb adulta materna a quella fetale al livello dei vasi placentari durante la vitaintrauterina. Mioglobina (curva tratteggiata) : proteina globinica monomerica (e non tetramerica come l’Hb), localizzata nei muscoli, in grado di acquisire O₂ dal sangue e di cederlo poi ai mitocondri dei miociti che stanno lavorando. Curva della satuazione della mioglobina nell’economia muscolare : la struttura monomerica della mioglobina non le consente un legame allosterico cooperativo positivo con l’O2; questo le permette di acquisire una curva di dissociazione esponenziale, con una velocità di saturazione molto maggiore di quella dell’Hb; consentendole, a parità di pO2, il sequestro dell’O2 dall’emoglobina nei tessuti ipossici ed il rilascio dell’O2 solamente a bassisima pO2, cioè alla pO2 sarcoplasma metabolicamente attivo.

del

TRASPORTO DELLA CO2 : Carbossiemoglobina : è una molecola di Hb legata con il monossido di carbonio (CO) ed incapace di legare l’ossigeno per il suo trasporto. Curva della carbossiemoglobina nell’intossicazione da monossido di carbonio : l’emoglobina possiede ha un’affinità estremamente elevata per il monossido di carbonio, circa 250 volte quella dell’O2, possedendo una curva di saturazione estremamente spostata a sinistra ed in alto, che ne consente una saturazione quasi totale (con CO) anche a bassissime pCO. NOTA MEDICA ! tossicità da monossido ed ossigenoterapia iperbarica Siccome una concentrazione di solo 7 o 8 mmHg consente una saturazione quasi completa dell’emoglobina circolante; apparecchi ossidanti carbonio in modo incompleto (vecchie stufe poco areate, motori a combustione interna, ecc) possono causare gravi ipossie per saturazione quasi totale dell’Hb circolante; queste possono essere curate e contrastate con la somministrazione di ossigeno iperbarico (a 3, 4, 5 atmosfere) per rendere il legame con

368

l’ossigeno dell’emoglobina più frequente che con il CO. Curva di dissociazione dell’anidride carbonica : la velocità di saturazione dipendente dalla pO2 all’aumentare della saturazione e della pO2, tuttavia, non possedendo la un trasportatore completamente saturabile nel sangue (come l’Hb per l’O₂) la sua saturazione cresce esponenzialmente, senza mai (virtualmente) raggiungere un plateau di saturazione. Modalità di trasporto della CO2 nel sangue : -

Disciolta nel plasma : è sempre proporzionale al coefficiente di solubilità α della CO2 (23 volte quello dell’O2) e rappresenta il 5% della CO2 circolante.

-

Legata all’Hb : viaggia chelata dai carbammino-composti delle proteine plasmatiche circolanti e della Hb, e rappresenta il 5% della CO2 circolante.

-

Sotto forma di ione bicarbonato : grazie all’anidrasi carbonica può disciogliersi nel plasma come HCO3-, consentendo il trasporto del 90% della CO2 del sangue.

Differenza artero-venosa e rilascio di CO2 : siccome alla pCO2 = 46mmHg del sangue venoso misto (o tissutale), la CO2 nel sangue è 50-52 ml/100ml, mentre alla pCO2 =40 mmHg del sangue alveolare, la CO2 nel sangue è 48-46 ml/100ml, essa, ad ogni passaggio polmonare preleva dai tessuti e libera negli alveoli 4 ml di CO2 ogni 100ml di sangue.

Effetto Haldane di spostamento della curva di idissociazione CO2 plasmatica : siccome nei globuli rossi è presente anidrasi carbonica e siccome l’emoglobina Hg deossigenata è lievemente basica, nei tessuti deossigenati viene spostato l’equilibrio di sintesi del bicarbonato tramite tamponamento degli idrogeni prodotti dalla reazione, consentendo un aumento della solubilità plasmatica della CO2 e quindi un so maggiore assorbimento dal sangue deossigenato. -

Reazione di Haldane : quando la CO2 entra nell’eritrocita viene subito idratata in acido carbonico che, vista la basicità dell’Hb deossigenata, comincia a dissociarsi rapidamente in maggiori quantità di ione bicarbonato.

Amplificazione del trasporto di CO2 sanguigna dell’effetto Haldane : questo effetto consente, nei tessuti ipossici, un aumento della dissoluzione di CO2 contemporaneo alla cessione di O2 al tessuto; e negli alveoli polmonari, una aumento della cessione di CO2contemporaneo all’assorbimento di O2 dall’alveolo; con un effetto complessivo di amplificazione della differenza artero-venosa di CO2. Interpretazione del grafico : -

Ad una pCO2 venosa di 45mmHg : si ha un innalzamento della curva di dissoluzione della CO2 nel plasma, sino ad un valore di concentrazione, non corrisponsdente alla curva sottostante, di 52,5 ml/100ml di aria.

369

-

Ad una pCO2 arteriosa di 41mmHg : si ha un abbassamento della curva di dissoluzione della CO2 nel plasma, sino ad un valore di concentrazione non corrispondnete alla curva soprastante, di 48 ml/100ml di aria.

Effetto Haldane e aumento dell’ematocrito del sangue venoso : siccome per la reazione di tamponamento dell’acido carbonico, per ogni CO2 disciolta nel citoplasma, la carica positiva in più dell’emoglobina viene tamponata con un Cl- od un HCO3-; la pressione osmolare intracitosolica eritrocitaria aumenta, causando un rigonfiamento delle cellule con aumento dell’ematocrito totale. REGOLAZIONE DELLA RESPIRAZIONE : REGOLAZIONE DELLA RESPIRAZIONE : l’ingresso di O2 e l’eliminazione di CO2 tramite il sistema respiratorio deve essere regolato, tramite modulazione della frequenza e della profondità respiratora, a seconda dell’intensità del metabolismo, utilizzando diversi fattori di segnalazione in grado di agire sui centri nervosi che regolano l’attivazione dei muscoli in/espiratori. CENTRI RESPIRATORI DEL TRONCO ENCEFALICO : Sono composti da neuroni collegati da circuiti d’inibizione reciproca, impedenti una simultanea attivazione di muscoli in-ed-espiratori, caratterizzati da una modalità di scarica neurale definita a rampa; ossia una frequenza di scarica che aumenta nel tempo sino ad un treshold, dopo la quale cade a 0 e si arresta; questi neuroni sono regolati da segnali inibitori ed ecctatori provenienti dai nuclei pontini ed inviano fibre discendenti diretti agli alfa motoneuroni del nucleo frenico del midollo (C3-C5) -

Circuito d’inibizione laterale : i neuroni di ogni nucleo, espiratorio o inspiratorio, fanno molte sinapsi eccitatorie fra loro, in modo d’amplificare la propria attività di scarica, e molte sinapsi inibitorie con i neuroni dei nuclei antagonisti, in modo da inibirne l’attività antagonista; in questo modo ogni nucleo mantiene la propria attività nel tempo, impedendo una coesistenza di inspirazione ed espirazione.

-

Segnale a rampa dell’inspirazione : segnale motorio particolare inviato agli alfa neuroni motori primari del nervo frenico, caratterizzato da un primo e graduale aumento d’intensità durante 2 secondi (nella respirazione normale) sino a raggiungere una soglia treshold, dopo la quale viene silenziato per 3 secondi; questo segnale ha il vantaggio di provocare un aumento di volume progressivo senza stimolazioni spasmodiche.

Centro inspiratorio dorsale (DRG): gruppo di neuroni contenuto all’interno del nucleo solitario, ricevente afferenze sensitivo-regolatorie dai chemocettori periferici, dai barocettori (tramite nervi vaghi e glossofaringeo) e dal nucleo apneustico; possedente la funzione di regolare la frequenza e la profondità inspiratoria, agendo sugli alfa neuroni frenici del mielomeri C3-C5 e controllando (attraverso di essa) la frequenza respiratoria e la profondità del respiro. Centro respiratorio ventrale (VRG): nucleo di neuroni ad attività prevalentemente espiratoria che, normalmente inattivo durante la respirazione tranquilla, consente la potente attivazione dei muscoli espiratori primari e secondari durante l’iperventilazione. CENTRI DI CONTROLLO DELLA RESPIRAZIONE : Centro apneustico : centro localizzato nel tronco encefalico, subito sotto al centro pneumotassico, inibito dalle afferenze vagali del nucleo solitario e del nucleo pneumotassico, possedente la funzione di stimolare il nucleo Inspiratorio dorsale, mediante un rallentamento della velocità d’incremento del segnale a rampa, e mediante un aumento della soglia di treshold di cessazione dell’inspirazione; in questo modo riesce a diminuire la frequenza ed aumentare la profondità inspiratoria; un’intensa azione del nucleo apneustico può aumentare la durata dell’inspirazione sino ai 5 secondi. Nervi vaghi (riflesso Hering-Breuer) : i nervi vaghi hanno l’abilità di stimolare indirettamente un riflesso d’inibizione dell’atto inspiratorio e di aumento della frequenza inspiratoria, in seguito allo stiramento dei recettori di parete dei polmoni per volume superiori a 1-1,5 L, tramite inibizione del centro apneustico.

370

Nucleo pneumotassico : nucleo localizzato nella porzione superiore del ponte, e possedente il ruolo specifico di limitare indirettamente ampiezza dell’inspirazione, aumentandone la frequenza, andando ad interrompere precocemente l’ascesa del segnale a rampa tramite inibizione dell’azione incrementante del nucleo apneustico; una stimolazione intensa del nucleo pneumotassico può provocare una durata dell’inspirazione di soli 0,5s.

Effetto delle varie resezioni del tronco encefalico e del midollo spinale cervicale : -

Taglio al limite tra parte superiore del ponte e mesencefalo (A) : il ritmo ed i respiri non vengono influenzati, cioè, il diencefalo ed il neoencefalo non hanno influenza sulla respirazione.

-

Taglio della porzione inferiore del ponte : si ha un’interruzione totale dei segnali regolatori pontii della respirazione con lo sviluppo di una variazione casuale di profondità e frequenza della respirazione.

-

Taglio dei nervi vaghi :l’ampiezza dei respiri aumenta ed la frequenza respiratoria si riduce; viene infatti tolto il riflesso che normalmente limita l’escursione inspiratoria riflesso di Hering-Breuer.

-

Taglio nella parte centrale del ponte (B) : aumenta della profondità dei respiri e si riduce la frequenza respiratoria (anche con i nervi vaghi intatti)

-

Taglio dei vaghi e della parte centrale del ponte : si ottiene un atteggiamento di inspirazione spastica per eliminazione totale delle influenze inibitorie dell’inspirazione, con un inspirazione costante.

NOTA MEDICA ! lesione spinale tra i mielomeri cervicali C3-C5 Provoca la distruzione o l’interruzione totale della comunicazione motoria dei nuclei inspiratorio ed espiratorio del centro frenico con i corrispettivi muscoli (tramite il nervo frenico) causando un apnea permanente e il necessario ricorso alla respirazione artificiale PRINCIPALI INFLUENZE DI CONTROLLO SUI CENTRI REGOLATORI :

371

Controllo corticale cosciente : la corteccia cerebrale può eseguire un controllo volontairo sull’attività respiratoria, accentuandola o inibendola, un controllo associato all’attività motoria, tramite contatti tra la corteccia motoria ed i centri pontini oppure, un controllo associato allo stato emotivo, tramite contatti tra il lobo limbico ed i centri pontini. Influenza tossica o farmacologica sulla respirazione :, alcuni anastetici, sedativi, sonniferi, l’alcool, la CO2 e gli oppiacei (compresa l'eroina), possono inibire i centri inspiratori ed espiratori. Temperatura corpora : l’eccitabilità dei neuroni respiratori è direttamente proporzionale alla temperatura corporea quindi, un aumento della temperatura porta ad un incremento della frequenza respiratoria, mentre una diminuzione ad una sua soppressione. Riflessi sensoriali viscerali : la stimolazione di recettori dolorifici viscerali è in grado di influenzare il ritmo respiratorio Segnali propriocettivi dinamici dalle articolazioni : la stimolazione dei propriocettori dinamici delle articolazioni con movimenti passivi porta ad un aumento della frequenza e della profondità respiratoria. Lo stato di vigilanza reticolare : una diversa stimolazione dello stato di attività generico della corteccia, sonno o stati di vigilanza, provoca un’inibizione od una stimolazione dell’attività respiratoria. CONTROLLO CHEMORECETTORIALE SULLA RESPIRAZIONE : i chemocettori sono degli organelli nervosi – chemocettori centrali e chemocettori periferici – in grado di percepire direttamente ed indirettamente gli effetti dell’ipoventilazione sulla composizione chimica del sangue al fine di regolare la ventilazione aumentando o diminuendo il proprio effetto eccitatorio sui centri respiratori pontini. Chemocettori perifeirci o glomi (principale regolazione) : sono 5 piccoli organelli altamente vascolarizzati (i tessuti con più alto rapporto vascolarizzazione/peso) e dalla massa di pochi grammi, disposti due sulle carotidi e tre sull’arco aortico, in grado di percepire le variazione della pO2 disciolta nel plasma, della pCO2 e del pH sanguigno; comunicanti, tramite nervo vago, un treno di frequenze eccitatorie ai centri respiratori pontini -

Sensibilità diretta alla pCO2 : regolazione più intensa e principale dei glomi, in grado di far aumentare linearmente con la pCO2 la loro frequenza di scarica, e quindi, la ventilazione polmonare.

Analisi della curva ventilazione/pCO2 : la ventilazione aumenta secondo una velocità costante nel tempo all’aumentare della pressione parziale di CO2 nel plasma; ovvero vi è un unico coefficiente di proporzionalità Utilità della regolazione a pCO2 immediata : la risposta all’ipercapnia è molto più veloce della risposta all’ipossia, che, invece, causa una risposta accettabile solamente ad elevati livelli di carenza di ossigeno -

Sensibilità ausiliaria alla pO2 : regolazione secondaria della frequenza di scarica dei glomi in grado di far aumentare la variazione di scarica eccitatoria dei glomi a parità di variazione di pCO2, ossia, in grado di aumentare la sensibilità chemorecettoriale all’ipercapnia. Analisi della curva ventilazione/pCO2 per pO2 : ad un aumento della pO2 corrisponde un aumento della velocità d’incremento della ventilazione rispetto alla variazione di pCO2; in particolare, la pO2 aumenta il coefficiente di proporzionalità, impennando la retta.

372

Insensibilità dei glomi alla saturazione dell’emoglobina : i glomi carotidei e dell’aorta non sono sensibili alla percentuale di saturazione dell’emoglobina ma sono sensibili solamente alla pO2 dell’ossigeno disciolto. NOTA MEDICA ! anemici ed invariata pO2 sanguigna Essendo i chemocettori sensibili esclusivamente alla pO2 del plasma, un eventuale diminuzione dell’emoglobina circolante, come accade nei soggetti anemici, non pregiudica la regolazione respiratoria della pressione parziale di ossigeno -

Sensibilità ausiliaria al pH : regolazione secondaria della frequenza di scarica dei glomi in grado di far aumentare la frequenza di scarica eccitatoria basale, senza aumentare la sensibilità dei glomi, in modo inversamente proporzionale al pH del sangue; ciò causa un ampliamento della finestra di risposta eccitatoria alla pCO2. Scarsa efficienza del controllo a pH ematico : siccome il sangue è dotato dai ampi sistemi tampone pH, attivi e passivi, un aumento generale della risposta per diminuzione del pH è attivabile solo ad intensi ed immediati squilibri acido base del plasma. Analisi della curva pCO2/pH : una diminuzione del pH causa uno spostamento a sinistra della linea d’incremento della ventilazione rispetto alla variazione di pCO2, facendo partire la stimolazione basale da frequenze più elevate.

Chemorecettori centrali o nuclei chemosensibili (regolazione marginale) : piccoli nuclei di neuroni anatomicamente vicini e connessi con fibre eccitatorie ai centri repiratori, in grado di modulare l’attività dei centri respiratori

373

regolando la propria frequenza di scarica in base al pH del liquor cerebrospinale, influenzato, indirettamente, dalla concentrazione plasmatica di pCO2. -

Sensibilità indiretta alla pCO2 : i chemocettori centrali non percepiscono la concentrazione di CO2 del plasma, bensì, percepiscono la diminuzione del pH nel liquor cerebrospinale indotta dall’accumulo di CO2 per sua diminuita diffusione al plasma.

Assuefazione all’ipercapnia dei chemorecettori centrali : in presenza di un aumento cronico della concentrazione di CO2 o del pH sanguigno, si ha una desensibilizzazione progressiva dei chemorecettori centrali agli aumenti di CO2; provocando, a propria volta, una dipendenza esclusiva del sistema di regolazione dagli stimoli ipossici di tipo periferico. NOTA MEDIA ! depressione respiratoria in seguito ad ossigenoterapia iperbarica Nei soggetti affetti da insufficienza respiratoria cronica, con quadri permanenti di ipercapnia ed ipossia, l’unico stimolo ancora rimasto a compensare la loro condizioni cianotica è l’aumento di ventilazione per stimolazione da carenza di pO2; se noi somministriamo a questi pazienti un elevata concentrazione di ossigeno, la loro stimolazione ipossica crolla immediatamente, causando una depressione respiratoria anche grave; l’ossigeno va somministrato, quindi, per gradi.

374

View more...

Comments

Copyright ©2017 KUPDF Inc.
SUPPORT KUPDF